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Sudafrica: l’Università contro Zuma | 1
giovedì 13 ottobre 2016, 18:00
Dopo l'annuncio dell'aumento delle rette
Sudafrica: l’Università contro Zuma
Il regime, sempre più odiato dalle masse nere, ha risposto aumentando la repressione
di Fulvio Beltrami
Kampala - In Sudafrica è riesplosa la rivolta studentesca dopo che il Ministro dell’Educazione Blade Nzimande
(Segretario Generale del Partito Comunista Sudafricano) ha annunciato lo scorso 20 settembre un aumento annuo della
retta universitaria pari al 8%. Per attenuare la misura sono stati introdotti dei “sussidi” che serviranno a coprire
l’aumento. I beneficiari saranno gli studenti delle famiglie con reddito annuo inferiore ai 600.000 Rands (38.700 Euro). A tale
scopo è stato istituito uno schema nazionale di aiuti finanziari agli studenti denominato NSFAS. Un attento esame dello
schema di finanziamento rivela che gli aiuti governativi agli studenti poveri sono in realtà prestiti da rimborsare
dopo gli studi. Il fatto che i tassi di interesse siano molto inferiori a quelli applicati dalle banche non cambia la situazione,
anzi l’aggrava. In un paese dove la disoccupazione giovanile è del 26% gli studenti provenienti dalle classe più disagiate
inizieranno a lavorare con alle spalle un consistente debito da rimborsare. Blade Nzimande ha provocato una ondata di
indignazione tra la base del Partito Comunista nel cui programma, ironicamente, sono inserite la difesa della scuola pubblica
e la sua gratuità. Una dimostrazione lampante di come la dirigenza del PC si sia associata a quella del African
National Congress per partecipare al sistema elitario di privilegi e corruzione creato dal presidente Jacob
Zuma. Sistema che beneficia direttamente gli imprenditori bianchi e la nuova borghesia nera. La selezione di classe
proposta dal Segretario Generale del Partito Comunista Sudafricano corrisponde agli interessi della minoranza bianca ed è
studiata come una prova di forza per spezzare l’opposizione popolare sempre più orientata verso il ritorno alle idee
originarie socialiste del African National Congress riassunte nel manifesto di fondazione del partito: la Freedom Charter (la
Carta della Libertà). L’attuale protesta studentesca è la continuazione del Movimento: Fees Must Fall (università gratuita)
scoppiato nell’ottobre 2015. All’epoca due opposte ideologie si contrapposero con manifestata violenza e
determinazione. L’educazione classistica da una parte e l’educazione gratuita intesa come diritto universale. Dopo vari mesi
di violenti scontri il presidente Zuma fu costretto a congelare la proposta di legge relativa agli aumenti delle
rette universitarie. Proposta ripresa lo scorso febbraio riaccendendo la protesta studentesca con epicentro
presso l’Università di Cape Town già teatro di un duro confronto sociale e ideologico. Nel aprile 2015 presso questa
università nacque il movimento Rhodes Must Fall nato per rimuovere la statua di Cecil John Rhodes, ideatore del
sistema di apartheid nello Zimbabwe, all’epoca della Rhodesia. Sistema caduto sotto la spinta rivoluzionaria guidata da
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Robert Mugabe. Il passaggio da una protesta localizzata (Università di Cape Town) a una protesta nazionale fu facilitato dal
secondo tentativo del Presidente Zuma di introdurre la selezione classistica dell’educazione tramite l’aumento continuo delle
rette scolastiche tese ad escludere le masse proletarie e piccolo borghesi. Il terzo tentativo è ora portato avanti da Blade
Nzimande, rinnegando il suo background comunista e di giustizia sociale. Un tentativo che ha fatto scattare proteste
coordinate presso le principali università del Paese: Cape Town, Witwatersrand, Pretoria, KwaZulu-Natal, Free State,
Stellenbosch, Nelson Mandela Bay, Nelson Mandela Metropolitan, Wits, Tshwane Tecnology, North West. L’epicentro della
protesta è l’Università di Wits a Johannesburg. Il regime, sempre più odiato dalle masse nere, ha risposto aumentando
la repressione. Violenti scontri con armi da fuoco sono diventati quotidiana realtà. La polizia funge da agente
provocatore e forza repressiva: non vi è traccia di dialogo. Entrambe le parti vogliono la vittoria totale. Il movimento
studentesco è maturato politicamente grazie alle esperienze delle precedenti proteste. Si è assicurato l’alleanza dei
lavoratori, in primis i docenti, ricercatori e personale ausiliario delle università. Una alleanza che assicura grandi
possibilità di vittoria contro un governo attaccato su tutti i fronti sia dalle masse nere che lo accusano di aver
svenduto gli ideali originali del ANC sia dalla minoranza bianca che lo accusa di debolezza nel difendere i privilegi del
Capitale e della Finanza. I lavoratori delle università si trovano compressi a livello salariale e condizioni lavorative causa il
progressivo calo dei finanziamenti pubblici (ora giunto all'imbarazzante 0,7% del PIL). Questo calo è stato volutamente
attuato per aumentare il finanziamento del settore privato che sta introducendo riduzione di personale, salari e qualità del
lavoro. Le prime vittime sono state le fasce più deboli e meno qualificate dei lavoratori universitari: cuochi,
camerieri, addetti alla pulizia, giardinieri, autisti in quanto i servizi logistici sono stati affidati a ditte private per ridurre i
costi. Un obbiettivo non raggiunto visto i costi esorbitanti degli appalti. L’unica riduzione (drastica) si è registrata nei posti di
lavoro. Segnali di conflittualità tra i lavoratori universitari erano stati evidenziati nel novembre 2015 presso l’Università
di Wits a Johannesburg colpita da scioperi selvaggi tesi a bloccare l’appalto di servizi essenziali a ditte private. Scioperi che
durarono tre mesi obbligando l’Amministrazione a non firmare gli appalti. La vittoria dei lavoratori andò oltre ogni
aspettativa sindacale. Il governo firmò un accordo che prevedeva entro il giugno 2017 la fine di tutti gli appalti a
ditte private precedentemente stipulati. La vittoria di Johannesburg dimostrò che un fronte compatto con una
dirigenza sindacale sotto stretto controllo dei comitati di sciopero poteva ottenere importanti vittorie in un breve
periodo di tempo. Una lezione che potrebbe essere ora replicata su scala nazionale grazie alla alleanza con il movimento
studentesco. La maggioranza dell’opinione pubblica sudafricana appoggia l’ondata di scioperi e proteste nelle
università deplorando senza riserve la brutale repressione della polizia ordinata da una classe dirigente sempre più corrotta
e isolata dalla popolazione. L’unione con i lavoratori e l’appoggio dell’opinione pubblica ha fatto fallire il piano di
Nzimande che, deliberatamente, tentava di isolare gli studenti dipingendoli come provocatori e holligans. Il suo errore
strategico è stato di definire irrealistica la rivendicazione del movimento studentesco per una università di qualità
inter classistica completamente gratuita, cioè finanziata dal sistema fiscale nazionale con il principio di solidarietà
sociale. Questo rifiuto ha fatto comprendere anche ai militanti del partito comunista che Nzimande lavora al soldo della
classe imprenditoriale bianca per trasformare il diritto all’educazione in un privilegio di soli ricchi. In Sudafrica questo
privilegio si trasforma automaticamente in una pericolosa discriminazione razziale. La cieca determinazione del
presidente Zuma di vincere a tutti i costi il movimento studentesco ha peggiorato la fragile situazione all’interno del African
National Congress. Lo scorso 8 ottobre i veterani della guerra di liberazione contro il regime Boero, hanno
lanciato un appello a Jacob Zuma intimandolo di dimettersi dalla carica presidenziale. I veterani si sono
raggruppati in un cartello denominato “Save South Africa” (salviamo il Sud Africa) unendosi alla protesta studentesca. Tra
essi l’ex ministro delle finanze Trevor Manuel. In un comunicato stampa i veterani hanno chiesto le dimissioni di Zuma
reo di dividere il Paese creando pericolose tensioni sociali e razziali. I veterani rivendicano una nuova leadership del ANC
capace di assicurare al Sud Africa, stabilità, pace sociale, giustizia e sviluppo inclusivo. Gli esperti politici nazionali
interpretano questa ribellione come un tentativo di salvare il partito di Nelson Mandela e di bloccare la crescita progressiva
del partito marxista Economic Freedom Fighters - EFF (Combattenti per la Libertà Economica) capeggiato da Julius
Malema. L'EFF sta raccogliendo i frutti della sua astuta scelta politica di non formare alleanze post elettorali con il ANC o il
Partito Democratico, dimostrando una coerenza ideologica esemplare nel Paese. L'African National Congress versa in un
deplorevole stato, evidenziato dalla colossale sconfitta subita alle amministrative. Questo spiega la brutale repressione
ordinata alle forze dell’ordine che ricorda per molti aspetti il massacro di Marikana. La dirigenza del ANC sta perdendo
credibilità e autorità morale. Non è più riconosciuta come guida delle masse nere povere ed è dilaniata da lotte politiche
intestine. Questa situazione rende impossibile un fronte unico della dirigenza ANC contro il movimento studentesco. Una
situazione assai catastrofica per il partito di Nelson Mandela e il suo alleato (partito comunista) dinnanzi alla prova elettorale
del 2019.
di Fulvio Beltrami
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