un divieto che piace alle turiste arabe ma soprattutto

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Transcript un divieto che piace alle turiste arabe ma soprattutto

Losone, 8 ottobre 2016
Da gennaio a agosto aumento dello 0,7% dei pernottamenti dai Paesi del Golfo
Burqa : un divieto che piace alle turiste arabe
ma soprattutto ai turisti europei
Dopo la votazione popolare del 22 settembre 2013, quando il 65,4% dei votanti approvò l’iniziativa
che chiedeva di iscrivere nella Costituzione cantonale il divieto di dissimulare il volto in pubblico, il
presidente della sezione ticinese di hotelleriesuisse, Lorenzo Pianezzi , e il presidente degli
esercenti ticinesi,
Massimo Suter, assecondati dai commercianti del Foxtown, hanno a più
riprese pubblicamente deplorato la decisione di non prevedere delle eccezioni per le turiste arabe,
paventando un calo delle presenze di turisti provenienti dai Paesi arabi ( e relative ripercussioni
economiche negative per alberghi, ristoranti e commerci).
Turismo arabo : catastrofiche previsioni non avveratesi
Per mesi e mesi i giornali e le televisioni locali e d’oltre Gottardo hanno dato un notevole spazio a
questi piagnistei, come se l’aspetto più importante della questione fosse d’ordine finanziario ,
dimenticando che il divieto di nascondere il viso in pubblico poggiava su principi legati soprattutto
a una scelta di società a viso aperto oltre che a motivi di sicurezza. Le stesse reazioni si erano del
resto verificate anche quando il popolo svizzero, alla fine del 2009, approvò il divieto di costruire i
minareti. Eppure da allora il numero di pernottamenti di turisti arabi in Svizzera è aumentato di
almeno sette volte, a dimostrazione del fatto che gli arabi in visita nel nostro Paese si fan meno
problemi di noi ( e degli integralisti islamici locali) ad accettare decisioni democraticamente prese
dal Popolo.
Sembra proprio che anche il divieto antiburqa, in vigore in Ticino dal 1. luglio scorso, non abbia
avuto le conseguenze catastrofiche paventate da certi operatori turistici. E’ vero, in agosto le
presenze dei turisti provenienti dai Paesi del Golfo sono diminuite del 4,8 % , ma esse erano
aumentate di ben il 15,6% nel mese di luglio , e nei primi otto mesi dell’anno hanno fatto
registrare un aumento dello 0,7% rispetto all’anno precedente . La crescita è stata sì inferiore a
quella degli ultimi anni, ma non vi è neppure stata la temuta flessione. Tanto tuonò che… non
piovve !
Un divieto che ha attirato la simpatia di molti turisti
Per non parlare poi della massiccia impennata di turisti d’ogni provenienza registrata nei mesi di
luglio
(+ 11,7%) e agosto (+ 10,4% ) , che è stata ancor più sorprendente se si considera che
nello stesso periodo nel resto della Svizzera si è registrato un calo dell’ordine dell’1% al mese .
Personalmente sono convinto che almeno in parte questo aumento sia dovuto al divieto
antiburqa, la cui notizia aveva fatto il giro del mondo all’inizio di luglio (la principale TV germanica
ARD 1 era giunta a Locarno il 1. luglio per dedicarvi un servizio) ed era stata accolta con grandi
consensi e simpatia sui blog germanici e confederati.
Ecco ad esempio un messaggio email che avevo ricevuto il 3 luglio da un simpatizzante di lingua
tedesca : „Il turismo ticinese dovrebbe darle una medaglia. Su BLICK, 20MIN, e altri quotidiani
esteri , tante altre testate Internazionali, c’e approvazione per il Ticino. Dicono testualmente: ecco
un’altra ragione per passare le vacanze in Ticino“.
Un’approvazione annunciata, dunque, e poi confermata dalle cifre. Del resto da qualche tempo in
Svizzera crescono a ogni livello i consensi per il divieto ticinese. Alcune settimane fa, ad esempio,
un sondaggio dei giornali domenicali Le Matin Dimanche e SonntagsZeitung , eseguito su un
campione di circa 15‘000 persone, aveva evidenziato che il 71 % degli interpellati era favorevole a
estendere il divieto in tutta la Svizzera. Il 30 giugno il quotidiano di lingua tedesca „20 Minuten“
aveva lanciato via internet un sondaggio sul tema del burqa : il giorno dopo, su 9‘500 partecipanti,
il 74% si era espresso a favore del divieto, con la motivazione principale che occorreva difendere i
nostri valori e proteggere la Svizzera dall’islamizzazione .
E difatti i pernottamenti dei turisti confederati sono aumentati del 13,4% in luglio e dell‘8,8% in
agosto e quelli dei turisti germanici – dopo qualche anno di risultati deludenti - sono aumentati
dell’11,7% in luglio e del 10,4% in agosto ! Ma in agosto sono sorprendentemente cresciuti anche i
pernottamenti dei turisti francesi ( + 11,9%) e olandesi (8,7%), ossia guarda caso due Paesi che
hanno già introdotto il divieto antiburqa (Francia) o stanno pensando di introdurlo (Olanda) :
reazione di simpatia ?
In Germania si é iniziato a discutere di un eventuale divieto antiburqa nel mese di agosto, dopo
che la cancelliera Angela Merkel, forse preoccupata per l’avanzata nei sondaggi elettorali del
partito antislamico AfD (Alternative für Deutschland), aveva ammesso che il burqa non facilita
l’integrazione. E il 1. settembre, a dimostrazione di questo accresciuto interesse, il settimanale
germanico Die Zeit ha dedicato un ampio servizio di Sarah Jäggi al divieto entrato in vigore in
Ticino, con interviste al sottoscritto , a Norman Gobbi e a Lorenzo Pianezzi.
Insomma, non si può negare che tutta questa pubblicità gratuita su un tema molto sentito e
condiviso a livello europeo abbia contribuito ad attirare l’attenzione, la curiosità e la simpatia di
molti turisti confederati ed europei verso il nostro Cantone. Non si spiegherebbe altrimenti il
„boom“ registrato proprio a partire da luglio, perché pur ammettendo che molti turisti sono alla
ricerca di mete meno esposte al pericolo di attentati, va considerato che nello stesso periodo si é
registrato un calo di pernottamenti nel resto della Svizzera, dove il grado di sicurezza é simile a
quello ticinese. D’accordo, il Ticino é favorito essendo il Cantone più a sud, ma allora perché questi
turisti non sono andati in Italia , in Croazia o in Grecia , dove pure il pericolo di attentati é basso ,
dove c’é il sole e il mare e dove la vita é meno cara ?
Tocca all’Occidente aiutare i musulmani a evolversi
Il tanto discusso divieto, insomma, non solo non ha nuociuto al settore turistico, ma gli ha dato un
bell’impulso. Tornando alle turiste arabe va anche detto che il divieto, paradossalmente, ha forse
contribuito a rendere il Ticino una meta ancor più ambita ed “eccitante” per quelle donne
musulmane che nei loro Paesi (specie quelli del Golfo) sono costrette a coprirsi il viso e che per
una volta sono ben contente di essere invece obbligate a girare in pubblico in maniera un po’ più
libera.
Saida Keller-Messahli, fondatrice e presidente del Forum per un Islam progressista in Svizzera,
favorevole fin dall’inizio al divieto antiburqa, dopo aver parlato con alcune donne saudite che
hanno soggiornato in Ticino, ha confermato alla stampa ( cfr. “Le Matin Dimanche” dell’11
settembre e Telegiornale della RSI di inizio agosto) che il divieto di nascondere il viso è stato da
loro assai gradito. A dimostrazione del fatto che questa misura si è rivelata provvidenziale anche
per aiutare le donne arabe a emanciparsi, e ciò grazie ai promotori dell’iniziativa e non certamente
grazie a certi operatori turistici interessati solo ai soldi delle turiste arabe o a quelle femministe
nostrane di sinistra che, per motivi ideologici, si sono battute contro il divieto e per la libertà (!) di
indossare il velo integrale…
Certi operatori turistici se ne infischiano dell’emancipazione delle donne arabe : a loro interessano
solo i soldi dei turisti arabi (vedi foto dello sceicco El-Ghir). Del resto, a una trasmissione di Falò dello
scorso 7 gennaio , il direttore dell’Agenzia turistica ticinese, Elia Frapolli, aveva detto che “dal punto di
vista economico un turista arabo vale come tre turisti germanici”. E Lorenzo Pianezzi aveva ribadito
il concetto proprio sul settimanale tedesco “Die Zeit” del 1. settembre scorso, dicendo che un turista
di Amburgo o di Amsterdam spende in media 155 euri al giorno mentre che uno del Kuweit ne spende
fino al triplo… Chissà come l’avranno presa gli orgogliosi tedeschi, da decenni colonna portante del
nostro turismo , a sentirsi dire dal presidente degli albergatori ticinesi che valgono 1/3 di un arabo ?
E’ l’Occidente che deve aiutare i musulmani a evolversi e a uscire dal loro Medio evo, come noi
siamo usciti dal nostro, e non è certamente importando in casa nostra certe usanze tribali e
misogine e tollerando l’attività di quei fanatici islamisti che operano per sostituire la democrazia
con la sharia, che si inviano i segnali giusti a chi di dovere. Le femministe locali dovrebbero
semmai schierarsi a fianco di quelle coraggiose donne musulmane che nei loro Paesi si battono per
togliere i veli imposti da società maschiliste o per ottenere maggiori libertà, come ad esempio
l’attivista saudita Aziza al-Yousef, che nel luglio scorso aveva lanciato una petizione ( firmata da
14'700 persone !) con la quale si chiedeva al re Salman di non più mettere le cittadine del regno
sotto la tutela degli uomini.
Il Ticino ha fatto da cavia
Si può ben dire che, facendo da apripista in Svizzera e facendo in un certo senso da cavia , il Ticino abbia
dimostrato che non vi sono più validi argomenti per opporsi all’estensione del divieto antiburqa in tutta la
Svizzera, e anzi in tutta l’Europa. E colgo l’occasione per invitare chi ancora non l’avesse fatto a firmare
l’iniziativa federale antiburqa lanciata lo scorso 15 marzo (formulario su www.ilguastafeste.ch) . Soltanto in
certi ambienti politici rossoverdi ci si batte ancora contro un divieto che è ormai sgradito solo ai fanatici
islamisti del Consiglio centrale islamico svizzero e agli imam finanziati dagli altrettanto fanatici salafiti e
Fratelli Musulmani.
A livello nazionale si moltiplicano invece le prese di posizione a favore di un divieto generalizzato in tutto il
Paese : ultima in ordine di tempo quella del Consiglio nazionale che, con 88 voti contro 87 , ha approvato
un’iniziativa parlamentare in tal senso del deputato Udc Walter Wobmann. Ma mi ha fatto piacere anche
l’editoriale di Bettina Weber apparso sulla SonntagsZeitung del 7 agosto scorso, ove si leggeva che “invece
di definire i ticinesi come dei razzisti o degli intolleranti dobbiamo congratularci con loro per il coraggio
dimostrato. Si potrebbe dire che sono all’avanguardia. E si potrebbe pensare a come sarebbe se tutti i Paesi
occidentali ne seguissero l’esempio”. Dopo tonnellate di critiche piovute addosso ai promotori al momento
del lancio dell’iniziativa (nel 2011) , ora decisamente il vento sta cambiando. Anzi è già cambiato…
Giorgio Ghiringhelli, promotore dell’iniziativa antiburqa in Ticino