IL RUOLO DELLE PROFESSIONI

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PROFESSIONI

COMPETITIVITÀ E CRESCITA: IL RUOLO DELLE PROFESSIONI NEL TERZIARIO

Roma, 12 ottobre 2016

Intervento della Responsabile Confcommercio Professioni Anna Rita Fioroni

Grazie a tutti i presenti ed in particolare al Presidente Sangalli che ha voluto che la Confcommercio puntasse sulle professioni nella consapevolezza che è sempre più importante rafforzare e consolidare la rappresentanza in tutti i settori del lavoro autonomo.

Per questo Confcommercio si sta impegnando a far riconoscere le professioni come protagoniste per la crescita del paese, al fine di recuperare un’attenzione che manca da troppo tempo in Italia da parte degli interlocutori istituzionali nei confronti di questi settori.

Nel mercato infatti è cresciuto nel tempo il bisogno dei servizi e l’esigenza di specializzazione, sono aumentati i servizi professionali.

Il quadro di contesto ci disegna una realtà fatta, oltre che da professioni organizzate in ordini e collegi, cosiddette tradizionali, anche da nuove professioni che in continua evoluzione acquisiscono nel tempo identità, caratteristiche peculiari e distinguibili. L’ Europa considera ormai le professioni imprese intellettuali, produttrici di servizi e chiede sempre più azioni volte alla liberalizzazione e all’abolizione di tariffe e riserve.

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Il libero professionista in Europa è parificato all’impresa. Con il piano europeo per le libere professioni del 2014 sono individuate le azioni da intraprendere per rafforzare i professionisti dal lato della competitività ( istruzione e formazione all’imprenditorialità, riduzione del carico amministrativo, accesso al credito, accesso ai mercati, rafforzamento della rappresentanza e partecipazione a livello europeo..).

In Italia ci sono i primi segnali che fanno sperare nella piena attuazione di questo tipo di approccio, si sono fatti passi avanti per uniformarsi a dettato europeo e considerare le attività professionali assimilabili ad attività di impresa. Ricordo tra gli altri interventi, la Legge 4/2013 che definisce la professione non organizzata in ordini e collegi come attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere, ed introduce garanzie di qualità per il cliente. Inoltre per la prima volta con la Legge di stabilità 2016 i lavoratori autonomi professionali sono equiparati alle PMI per l’accesso ai piani operativi nazionali e regionali a valere sui fondi strutturali europei; anche questa una grande conquista che richiede però un’ attività di programmazione dei bandi adeguata per interpretare al meglio le esigenze dei professionisti e per farne esprimere le potenzialità.

I numeri della ricerca che abbiamo appena visionato ci fotografano una realtà economica in crescita per i servizi e soprattutto per le attività di lavoro autonomo, cosiddette non ordinistiche, con partita iva che crescono al contrario di tutte le altre occupazioni.Sono aumentate del 48,8 per cento dal 2009 al 2014 e sono le uniche che hanno creato maggior reddito di impresa nel periodo esaminato.

Molte delle attività professionali svolte dagli oltre 300.000 professionisti di cui si parla nello studio oggi presentato, creano prospettive vere occupazionali per le quali la professionalizzazione è elemento qualificante.

Sulla base di ciò la prima considerazione da fare è che dovremo superare la ricorrente distinzione tra professionisti iscritti ad ordini e non, regolamentati o non regolamentati, quando si pensa alla competitività.

Dovremo, prendere anche atto che per tutti il mercato è sempre più complesso ed incerto e gli effetti recenti della crisi si traducono nel progressivo impoverimento di tutte le professioni. Va trovata pertanto una risposta univoca per tutte le professioni che favorisca qualità, qualificazione, innovazione e che determini maggiore produttività. 2

Il compito di una classe politica e sindacale è quello di individuare le azioni da intraprendere per favorire la crescita delle professioni in cui il capitale umano qualificato è riconoscibile, risponde alle esigenze di consumatori ed imprese e crea valore. Per questo abbiamo voluto pensare insieme ad un documento snello che riassumesse la nostra idea in punti che abbiamo ritenuto chiave per il professionista nell’evoluzione moderna. Consapevoli del fatto che troppo spesso ancora interpretiamo con canoni superati una realtà che è profondamente mutata, riteniamo che sia importante un cambiamento culturale che dovremo indurre ed accompagnare.

Superando lo spartiacque tra professioni regolamentate e non, perché come detto, sono accomunate da temi soprattutto legati alla competitività e alla crescita e tutte insieme possono ritrovarsi all’interno del nostro Coordinamento.

Vogliamo lavorare per un’identità e per valori condivisi e per questo il

Manifesto per la competitività

si rivolge alle associazioni di professionisti regolamentati e alle associazioni professionali non regolamentate che si impegnano per l’affermazione sociale della professione attraverso sistemi di certificazione di qualità del servizio in una logica di mercato.

Con il Manifesto per la competitività i professionisti di Confcommercio: • identificano le sfide del futuro che dovranno affrontare legate all’evolversi dei bisogni dei consumatori, alla diffusione di nuovi domini di conoscenza, al mutamento del contesto competitivo e all’ emersione di forme di concorrenza sleale; • pensano a come i professionisti possano riprendere protagonismo e ruolo nella società e nel mercato come attori primari nella società post industriale della conoscenza, protagonisti nella tenuta occupazionale dell’economia dei servizi; • puntano a rafforzare la loro capacità di operare per basare il proprio lavoro su di una reputazione misurabile • e tracciabile, per fare del digitale una delle loro competenze chiave, per innovare nei modelli organizzativi; e chiedono che cambino le regole e le modalità di approccio rispetto ai professionisti, con regole del gioco e politiche di incentivazione fatte a loro misura.

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A queste riflessioni si aggiungono quelle

legate alla tutela del lavoro autonomo

in una realtà economica e sociale in cui quando si pensa al mercato del lavoro lo si fa ancora con il solo riferimento al lavoro dipendente. Invece le trasformazioni del lavoro ormai progressive legate alle nuove piattaforme del capitalismo digitale, all’economia collaborativa, alle reti richiedono nuovi paradigmi e strategie sociali, economiche ed istituzionali che guardino anche alle occupazioni che hanno natura diversa dal lavoro dipendente e salariato. Allo stesso tempo non si può ostacolare una realtà sempre più diffusa ed una tendenza in atto, per cui una stessa persona in modo libero può svolgere attività in diverse forme con molteplici appartenenze a sistemi fiscali e previdenziali o diversi rapporti di lavoro. Un punto di riferimento comune che segue la persona in tutti questi percorsi è sicuramente il valore della professionalizzazione.

Questa constatazione costituisce una sfida per la rappresentanza abituata ai canoni classici e ha bisogno di analisi approfondite e proposte condivise da tutti gli attori economici e sociali. È certo che comunque va tutelata la scelta consapevole di mettersi in proprio come lavoratori autonomi con adeguate misure anche sotto il profilo del welfare.

Anche perchè la scelta di lavorare per se stessi rappresenta una concreta possibilità di sbocco per moltissimi giovani intraprendenti e preparati. Appropriarsi o riappropriarsi della libertà di fare e di sbagliare, della facoltà di scegliere e di rischiare, rispetto ad un sistema talvolta sordo all’innovazione può essere un elemento di forte motivazione personale per i giovani verso la scelta del lavoro autonomo.

Mettersi in proprio o fare impresa mette in gioco competenze che solo in parte si sviluppano in azienda e questo aspetto, oltre che rappresentare di per sé una via di speranza in tempi di crisi, significa anche allenarsi a sviluppare competenze specifiche in modo da poter affrontare il cambiamento che si vuole ottenere e agire con consapevolezza e soddisfazione.

Il Governo per la prima volta con il Disegno di Legge ora all’esame del Senato, presenta una serie di proposte volte a costituire un quadro regolatorio sul lavoro autonomo professionale. Lo abbiamo accolto con favore 4

ma in prima battuta ci è sembrato che con quest’ approccio molto generalista non abbia distinto rispetto alle esigenza di ciascuna categoria, autonomi liberi professionisti e i cosiddetti co.co.co . Sarebbe stato meglio distinguere le tutele con particolare riferimento al lavoro autonomo e professionale puro e genuino.

Si è comunque tentato di introdurre misure per la competitività valide per tutti i professionisti permettendo, ad esempio, la deducibilità integrale delle spese per la formazione e l’aggiornamento professionale ( entro10.000 euro anno), anche se ancora non è chiaro se nella deduzione sono comprese le spese di viaggio e soggiorno che spesso sono la quota più rilevante. Voglio aggiungere che deve essere altresì chiaro che si devono poter dedurre anche le spese sostenute per la certificazione professionale, la cui diffusione segnerà sempre di più il passaggio verso standards uniformi per le professioni.

Inoltre la formazione dovrà essere coerente con gli obiettivi di qualità e con le esigenze di certificazione dei professionisti in risposta ad un mercato formativo che spesso non rispecchia le concrete necessità. Per questo ci preoccupiamo che Il Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali (di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13) che si va formando, e che è richiamato anche dal Piano nazionale delle Professioni Regolamentate notificato alla Commissione europea, corrisponda a queste esigenze. A questo proposito voglio sottolineare che è importante il coinvolgimento delle associazioni e del nostro Coordinamento nell’individuazione dei singoli profili professionali. Il tutto in coerenza con gli obiettivi Europei per cui si sono attivati da tempo processi volti a favorire l’armonizzazione del riconoscimento di capacità e meriti lavorativi e professionali.

Ricordo che ruolo fondamentale per promuovere formazione e certificazione lo ricoprono per le professioni non regolamentate, non organizzate in ordini o collegi, le associazioni professionali iscritte al registro del Mise impegnate nel valorizzare le competenze degli associati e nel garantire il rispetto delle regole deontologiche, ai sensi della la Legge 4/2013. Di questa Legge voglio anche ricordare la non esclusività per l’esercizio della professione, volta proprio a lasciar liberi i lavoratori autonomi professionali nella scelta di associarsi o no. Una legge che va però potenziata, per fare in modo che si possano sempre meglio valorizzare le prospettive occupazionali delle singole professioni che le associazioni rappresentano, puntando sul valore della qualificazione che deriva dall’appartenere ad un’associazione. 5

Sempre sul fronte della competitività, un passo avanti da apprezzare è costituito dall’estensione a tutti i professionisti dell’accesso agli appalti pubblici. A questo proposito vogliamo sottolineare un passaggio importante del DDL lavoro autonomo, cosi come modificato in Senato, che consiste nell’introduzione del contratto di rete per i professionisti. Abbiamo chiesto con insistenza questa misura e ci auguriamo che possa portare frutti. Infatti, stiamo sperimentando che la rete porta opportunità di sviluppo anche per il terziario, e abbiamo sempre sostenuto che i lavoratori autonomi professionali devono potersi aggregare ed accedere al contratto di rete, per dare spazio anche alle reti di competenza e per meglio sfruttare le nuove opportunità di mercato anche legate agli appalti pubblici e ai fondi strutturali europei. Purtroppo però ancora permangono limitazioni e difficoltà applicative nella possibilità di aggregazione per iniziative di collaborazione nella prestazione di servizi tra professionisti e tra professionisti e imprese.

Bene infine che si siano introdotte misure per riqualificazione ricollocazione e per l’orientamento dei lavoratori autonomi. Ma dovrà essere chiarito come effettivamente opereranno gli sportelli anche perché non sono state stanziate risorse dedicate. Aver previsto accordi operativi tra centri per l’impiego ed ordini e associazioni o organizzazioni rappresentative non sarà sufficiente.

Se queste appena dette sono misure che denotano l’avvio di un percorso legislativo positivo che rafforza la competitività dei professionisti, diciamo che ancora c’è molto da fare per il welfare dei lavoratori autonomi.

Una piccola conquista si è avuta certo con l’introduzione della indennità di maternità, indipendentemente dall’effettiva astensione della lavoratrice autonoma dalla propria attività, (facendo così venire meno l’obbligo di astensione che incideva in maniera significativa sul reddito).

Ma su questo tema siamo in attesa di un riordino complessivo della previdenza per il lavoro autonomo professionale, occorre definire una proposta che consideri le difficoltà dei lavoratori autonomi da un punto di vista previdenziale con riguardo alla Gestione separata Inps. Infatti, le aliquote contributive nella Gestione Separata, fissate dalla Legge Fornero, sono attualmente tra le più elevate in assoluto (in forza della scelta compiuta dalla legge n. 92/2012, sono addirittura destinate a toccare il 33% nel 2018). La Legge di stabilità per il 2016, reiterando il provvedimento di sospensione degli aumenti varato per scongiurare gli effetti della Legge Fornero, ha previsto una (pur sempre temporanea) riduzione della loro crescita per quanto riguarda i c.d. professionisti senza cassa iscritti in via esclusiva alla Gestione. Ora ci vuole almeno la riduzione strutturale 6

dei contributi per allinearli agli altri lavoratori autonomi. Una volta per tutte occorre ridurre il prelievo contributivo dando spazio con agevolazioni fiscali alla previdenza integrativa volontaria.

Un primo passo per trovare adeguate soluzioni sarà la netta distinzione tra i professionisti titolari di partita IVA e lavoratori parasubordinati, anche attraverso una specifica evidenza contabile per i professionisti.

Il Governo sì è intanto impegnato a ridurre l’aliquota contributiva pensionistica della gestione separata, ma già si parla di un incremento del contributo destinato al finanziamento delle prestazioni temporanee che non è di buon auspicio.

Con riguardo al welfare dobbiamo ricordare che Confcommercio ha fatto la sua parte istituendo per l’assistenza sanitaria di imprenditori e lavoratori autonomi un apposito Fondo sanitario che offre importanti opportunità.

Sul piano fiscale chiare le nostre proposte che oggi sosteniamo : • definire, anche alla luce delle ultime sentenze della Corte di Cassazione, in modo inequivocabile le caratteristiche dei lavoratori autonomi che sono esclusi dal pagamento dell’IRAP per l’assenza dell’autonoma organizzazione.

• Operare un ulteriore adeguamento della deduzione Irap attualmente spettante ai lavoratori autonomi in relazione alla base imponibile, elevando l’importo ora riconosciuto di 13.000 euro nel più congruo importo di 20.000 euro.

• E’ anche giunta l’ora di cambiare passo e di abbandonare completamente l’utilizzo degli studi di settore come strumento di accertamento e valorizzare, invece, le potenzialità dello stesso come elemento di “compliance”. Da ultimo, ma non perché non siano fondamentali, anzi sono alla base delle politiche per la competitività, va detto che è necessario ripristinare al più presto normali condizioni nell’erogazione del credito per i professionisti, individuare strumenti in grado di favorire l’accesso al credito e superare distinzioni e appesantimenti burocratici che determinano incertezza in questo ambito.

Tra questi segnaliamo che occorre chiarire una volta per tutte che tutti i professionisti possono accedere ai Confidi, purtroppo infatti ancora circolano interpretazioni restrittive che impediscono alle P.iva professionali di fruirne.

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Concludo con l’impegno che il nostro lavoro proseguirà con l’intento di contribuire a ridisegnare la rappresentanza del lavoro autonomo professionale in un’ottica moderna per rispondere alle esigenze dei consumatori e partecipare in modo costruttivo, collaborando con le istituzioni coinvolte, a definire interventi di riordino e riforma in favore del progresso delle professioni. Lo faremo cercando di condividere al massimo con tutte le nostre associazioni problemi e istanze e trovando le sintesi opportune. Per il prossimo anno è previsto l’avvio del percorso che ci porterà alla Federazione delle associazioni delle professioni all’interno di Confcommercio, una tappa importante per consolidare la nostra attività . Il mondo dei servizi appartiene non solo alle imprese ma anche alla professioni e Confcommercio lo ha capito e guarda al futuro con ottimismo e coraggio. Un orientamento che il nostro Presidente con gli organi direttivi ci trasmette costantemente.

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