Sperimentazione architettonica - Puglia In

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Sperimentazione architettonica: i templa.
La mostra “Alle sorgenti del romanico - Puglia XI secolo”, pensata e voluta nel 1975 da Pina Belli D’Elia
allora direttrice della Pinacoteca Provinciale ove venne realizzata l’esposizione, creò scompiglio nel mondo
degli studiosi. Vennero presentate una gran serie di opere romaniche, sia scultoree che architettoniche,
site in varie città della regione, alcune riportanti gli autori come Romualdo e Acceptus.
Dopo quell’evento epocale per la Puglia si sono moltiplicate le ricerche. Si fecero scavi e restauri nelle
cattedrali permettendo di meglio comprendere le forme artistiche ed architettoniche preromaniche. Si
eseguirono riletture e si adottarono le tecniche più avanzate per definire e comprendere le opere di quel
travagliato e particolare secolo in cui la Puglia diventa attore di primo livello con propria fisionomia nel
complesso quadro della storia artistica d’Italia.
L’evoluzione artistica pugliese non è racchiusa solo nelle opere costruite in quanto una serie di monumenti
subdiali segnalano aspetti ancora poco approfonditi ma di grande importanza per la storia dell’arte e per la
storia liturgica e si vedono i pugliesi in prima linea nella sperimentazione di nuove forme architettoniche
ricercate, approntate per seguire l’affermarsi della riforma dela Chiesa di Roma e il consolidarsi delle linee
fortemente spirituali della Chiesa d’Oriente.
A questo proposito è bene ricordare come la Puglia, ponte tra i due mondi, divenne centro d’incontri e
scontri e quale sede di Concilii a cui parteciparono certamente i vescovi della regione e abati e monaci di
entrambe le Chiese e laici con alte cariche politiche cittadine.
L’eredità del X secolo vedeva la contrastata supremazia tra il papato e Costantinopoli sulle Chiese pugliesi,
ossia tra i longobardi con la Chiesa beneventana interessata alla Puglia settentrionale; mentre per la Puglia
centrale la Chiesa salernitana appoggiava il vescovato di Acerenza contro Otranto quale sede metropolita
voluta da Niceforo Foca, che emarginava l’attività longobarda con la creazione di nuovi vescovadi a Tursi,
Gravina, Matera e Tricarico, poste nell’areale di Acerenza come linea di frontiera anti latina.
Alla fine della prima metà dell’XI secolo la Puglia viene occupata dai Normanni ponendo fine alla
dominazione longobarda e prendendo il loro posto quali avversari dei bizantini. La loro presenza e le loro
conquiste di territori greci comportò anche problemi per l’unità della Chiesa. Nella battaglia di Civitate,
svoltasi il 17 giugno del 1053, le truppe papali mentre erano in attesa delle truppe greche guidate da Argiro
vennero distrutte dai normanni. Ugualmente alla fine del 1053 Leone IX riuscì ad organizzare un Concilio a
Bari in cui si esaminò la diattriba sollevata dalla lettera dell’arcivescovo di Ocrida spedita all’arcivescovo di
Trani Giovanni in cui denunciava le erronee usanze latine. La delegazione romana inviata poi a
Costantinopoli finì con la tristemente famosa scomunica contro il Patriarca Michele Cerulario del 16 luglio
1054. In tutta questa vicenda, comprese quelle ecclesiali, risalta la figura del barese Argiro, figlio del noto
Melo, noto personaggio per intrighi politici, che visse diversi anni a Costantinopoli ed eaveva forti contrasti
con il patriarca Michele tanto da influenzare negativamente le trattative con l’alto prelato bizantino.
A Melfi venne celebrato un Concilio alla presenza di Nicolò II° nel luglio del 1059 in cui Roberto Guiscardo si
dichiara suddito del papa e giura di porre tutti i territori a lui assoggettati l’autorità della Chiesa di Roma,
immediata fu la destituzione dell’arcivescovo di Trani filogreco Giovanni. Poco dopo, nel 1063, venne
eseguito un sinodo a Bari davanti alla chiesa di S. Nicola de Episcopis con la presenza del vicario del papa
l’arcivescovo di Cosenza Arnulfo.
L’ XI secolo si conclude con il Concilio di Bari del 1098, tenuto nella nuova basilica dedicata a S. Nicola, in cui
si tentò di ricucire l’unione tra le due Chiese con la partecipazione diretta del papa Urbano II.
Nonostante il continuo susseguirsi di guerre e cambiamenti di regimi e riforme della Chiesa i pugliesi
continuarono a costruire cattedrali e chiese, le maestranze svolgevano il loro lavoro specializzandosi
sempre di più e gli artisti avevano la possibilità di estrinsecare meravigliosamente la loro fantasia.
Monumenti rupestri.
In particolare si nota che le aree diocesane di Matera, Mottola, Taranto e Monopoli sono quelle con
maggiore concentrazione di monumenti riguardanti quest’epoca. In particolare Mottola conserva il maggior
numero di esempi con serie di variazioni indicanti differenti epoche di realizzazione. Matera, putroppo,
presenta molte chiese rupestri con molteplici interventi di ampliamenti e/o rifacimenti che hanno
apportato pesanti sconvolgimenti del progetto originario; comunque conserva esempi di grande
importanza architettonica.
La realizzazione di una chiesa rupestre richiedeva due importanti figure con funzioni diverse: il progettista
generalmente aggiornato ed esperto dell’archiettura ecclesiale e un maestro specialista nel disegnare i
particolari architettonici facendoli eseguire da semplici operai. L’importanza della figura del progettista è
data dall’immaginare le innovative forme architettoniche legate all’evolversi della liturgia e dal pensiero
teologico che nell’XI secolo coinvolge sia la Chiesa di Roma che quella d’Oriente.
Mottola, Bufalo Petruscio.
L’evoluzione architettonica la si nota in particolar modo nel setto divisorio tra aula e presbiterio. Prima con
arco a tutto sesto arricchito da profonda ghiera e dalla armoniche proporzioni.
Matera, Cripta della Scaletta.
In seguito l’altezza dell’arco si abbassa facendo risaltare il muretto.
Monopoli, S. Basilio.
Fasano, S. Lorenzo, prima fase.
Nel secondo quarto dell’XI secolo l’arco sparisce; il passaggio inserito nel muretto diventa una porta con ai
lati ampie finestre.
Monopoli, Chiesa dei SS. Andrea e Procopio.
La sperimentazione porta a realizzare un templon con due porte.
Matera, S. Luca a Vitisciulo.
Le finestre del templon gradualmente diventano sempre più piccole a partire dagli ultimi anni del’XI secolo.
Matera, S. Nicola a Saraceno, a circa 100 metri da S. Luca di Vitisciulo.
Massafra, S. Simone in Pantaleo.
Taranto, S. Chiara.
Taranto, S. Chiara, ricostruzione.
Nella seconda metà del XII secolo le finestrelle sono ancora più ridotte e le pareti formano così l’iconostasi. Gli spazi del setto
divisorio vengono utilizzati per apporvi affreschi. Nel caso di Taranto, S. Croce, si nota la trasformazione dell’originale muretto con
arco nella costruzione della iconostasi a conci.
In Cappadocia.
Solo nella provincia bizantina della Cappadocia si riscontra una serie di variazioni architettoniche che testimonia l’evoluzione del
muretto con la fase intermedia del templon sino alla creazione dell’iconostasi.
Tipologie delle divisioni tra aula e presbiterio proposto da Neslihan Asutay Fleissing in “Templonanlagen in den Honlenkirchen
Kappadokiess”.
Selime, cappella n. 3.
Goreme.
Mustafapasha, Derin dere Kilisesi. Viene creata una porta sormontata da arco a sesto pieno appoggiato direttamente sul muretto.
Acik Saray, chiesa n. 1.
Lo sviluppo verticale delle chiese cappadocesi permette la realizzazione di templa lasciando libero lo spazio
al di sopra dell’architrave, cosa impossibile per la ridotta altezza nelle chiesi pugliesi, differenziandole in
questo particolare, ove l’architrave coincide con il soffitto.
Goreme, chiesa n. 25.
Soganli, Geyikli Kilise.
Goreme, S. Barbara.
Goreme, chiesa n. 17, Kizlar Kilise. I plutei di base del templon sono decorati con croci.
In conclusione. Le caratteristiche fisiche della roccia in cui sono scavate le chiese rupestri hanno permesso
la conservazione dei particolari architettonici permettendo così di farci conoscere l’evoluzione della
suddivisione tra aula e presbiterio passando dal semplice muretto al templon e, quindi all’iconostasi.
Queste testimonianze sono presenti unicamente in due regioni poste ai limiti estremi di quello che fu
l’impero bizantino tra il X e il XII secolo, entrambe le regioni vennero perse con l’invasione normanna per la
Puglia e dei selgiuchidi, dopo la disfatta di Manzicerta, per la Cappadocia nel 1071.
Franco dell’Aquila
Puglia In-Difesa
1.10.2016