Il centrodestra di governo non può essere

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ESCLUSIVA Gabriele Albertini: “Il centrodestra di governo non
può essere demagogico e populista”
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Pubblicato: 11 Ottobre 2016
“Quest’uomo dall’apparente remissività, persino umile, che mai alzerebbe la voce o pesterebbe il pugno sul
tavolo, di un’ingenuità quasi fanciullesca, è un duro che si spezza ma non si piega né tanto meno si
impiega.”
Così scrisse di lui – allora Sindaco di Milano – Indro Montanelli in un suo celebre pezzo del 2001. A suo
modo, per chi voleva capire, segnò il fatto che Gabriele Albertini era (ed è) un uomo libero con un legame
molto stretto con la realtà. Fin da giovane ricoprì cariche in Confindustria per poi approdare, del tutto
inaspettato, a Sindaco di Milano per due mandati, deputato europeo e infine Senatore (vedi biografia in
fondo, Ndr) . Ultimamente ha appoggiato Stefano Parisi nel tentativo di costruire un Centrodestra di governo
e inclusivo. Lo abbiamo incontrato nel suo studio di Milano.
La situazione del Centrodestra è molto complicata. Trovare un punto di sintesi è, di conseguenza,
difficile: crede sia un’operazione possibile?
La diagnosi è impietosa ma vera. Siamo diventati come tante palline di mercurio che corrono su un tavolo:
ci vuole una mano che le unisca. Ci sono tante destre, qualche centro, ma non c’è più il Centrodestra. Parlo
di quella coalizione messa insieme da Silvio Berlusconi nel 1994. L’alleanza con la Lega e il partito post­
fascista rigenerato a Fiuggi con quell’articolazione nord­sud, è stata una “genialata” del Cavaliere. Aveva
rivitalizzato una nuova linea politica, una nuova aggregazione sulle ceneri dell’arco costituzionale che era
sopravvissuto per decenni; soprattutto, si era inserito in quel varco che è stata tangentopoli che aveva
cancellato un intero ceto politico, lasciando invece sopravvivere i post­comunisti.
Ora è sceso in campo Stefano Parisi. Può essere lui la mano che unisce?
Metto subito i piedi nel piatto e tengo a sottolineare che si tratta di un’opinione personale che non ho
concordato con nessuno e tantomeno con Parisi. E’ però l’auspicio che faccio ed è anche, per certi versi,
una previsione che vorrei si avverasse. Credo che il Centrodestra, come lo vedo io, debba aspirare alla
responsabilità di governo perché l’equilibrio tra l’economia libera e la giustizia sociale è un aggregato di
interessi, di valori, di umanità, di varie categorie sociali che deve quasi ontologicamente aspirare a una
linea di governo. Perché questo avvenga, occorre che la responsabilità delle scelte prevalga sulla facilità
della propaganda, della facile demagogia, dell’alimentazione del risentimento e delle paure che invece è
tipica di quella componente dichiaratamente di destra dell’aggregato.
Operazione per nulla semplice, visti i tempi in cui viviamo, non crede?
La criticità di questa linea è data dalla presenza di alcuni eventi storici. Ne cito due in particolare: una crisi
economico finanziaria epocale, che ormai dura da 7 anni, e il fenomeno globale delle migrazioni. Questi
elementi mettono in gioco gli stessi elementi della democrazia, cioè la capacità di discernere e di fare una
scelta consapevole. Questo scenario così cangiante, magmatico direi, s’interseca con un cambiamento dei
sistemi di comunicazione che ha fatto sì che si avverasse la profezia di McLuhan, che vede il mezzo diventare
contenuto. Per ciò lo spot pubblicitario, la battuta in televisione, il tweeter di 140 caratteri fanno la
leadership, a prescindere dal contenuto.
Una tendenza che, quindi, sembra favorire la leadership di Salvini?
Se fosse così, sarebbe una tragedia. Nel senso che si dà corpo e peso al niente, cioè all’istinto, alla pancia, a
qualcosa di irrazionale che può solo zavorrare una scelta consapevole e, soprattutto, cancellare il nostro
futuro.
Ha un giudizio molto severo sul segretario della Lega Nord…
Non ce l’ho con Salvini come persona, ma come antagonista. Lui – e più ancora di lui Grillo o altri – fa leva
con sagacia, ma anche con cinismo e spregiudicatezza, su argomenti reali, tralasciando di dare risposte.
Ecco la differenza fra la propaganda e il governo.
A proposito di Salvini, quando parla di “mummie” farebbe bene a guardare non tanto alla sua data di
nascita ma alla sua anagrafe politica. Ha avuto l’accortezza di riuscire a passare dal Leoncavallo a
Casapound con grande naturalezza, essendo un movimentista puro e quindi adeguandosi con una sagacia
impagabile all’istinto che, di volta in volta, coglieva. L’ho conosciuto come Consigliere al Comune di
Milano, quando – allora trentenne – non aveva la nozione della differenza tra azioni e obbligazioni. In
occasione della privatizzazione Aem, il mio capo di Gabinetto di allora Aldo Scarselli ha dovuto
spiegargliela per bene. E’ preoccupante che ci sia una classe politica che ha carenze così grandi delle
nozioni elementari su cui deve decidere.
Ma è tempo delle persone di contenuto? Mi spiego meglio: Parisi è un uomo di contenuto, ma ha la
leadership necessaria in questo momento?
Lei dice bene. Il problema di Parisi è quello: deve farla crescere. Parisi ha certamente le qualità per la parte
razionale della leadership – e anche concettuale – senza essere un intellettuale freddo e cerebrino alla
Monti. Ha una grande esperienza. Ma la prevalenza della forma sul contenuto è il problema del Paese, come
dell’intero Occidente.
Non mi dica che Parisi rappresenta tutto l’Occidente?
In quest’accezione, sì. Stiamo parlando del fatto che sembra sempre più che il consenso si ottenga con
l’emotività, con l’irrazionalità, con gli aspetti superficiali, con la demagogia e il populismo, mentre il
governo si deve realizzare, attuare con il contenuto, con le scelte ragionevoli, con l’equilibrio tra
l’ottenimento del consenso e la decisione adeguata alla realtà delle cose. Il confronto con la realtà è molto
più impietoso di una battuta.
Sta definendo un percorso in salita per il federatore del Centrodestra. Forse è troppo solo nel suo
compito?
Parisi rappresenta quella parte di Centrodestra che vuole governare e costruire risposte per il futuro.
Uomini come Confalonieri, Gianni Letta, un certo mondo che sta intorno al Cavaliere, la parte di Berlusconi
che ancora ha le sue radici in uno scenario di governo. Il Cavaliere ha, però, dovuto evolvere verso una
dimensione più demagogica, populista, occhieggiando a quella Destra di cui parlavamo. E’ il segno della
nostra difficoltà. Ma io non ho un’altra alternativa di scelta: sono per il buon padre di famiglia che governa,
non per il monello che le spara grosse e ha tanti “mi piace” in rete. E poi ci sono i milioni di elettori che si
sono allontanati dal Centrodestra proprio perché non portava proposte che li rappresentassero.
Romani e Brunetta un giorno elogiano Parisi e il giorno dopo lo attaccano. Deve fare come Renzi, con
la sua minoranza, o deve tacere e aspettare?
Parisi non ha altra scelta ma dev’essere abbastanza abile da cercare di includere piuttosto che escludere,
però deve farlo non imitando (o addirittura copiando) come alcuni epigoni. Brunetta – con tutto il rispetto –
ha qualità intellettuali e culturali innegabili, però come linea politica la trovo pazzesca: è un fertilizzatore
del populismo più bieco e con una sorta di sudditanza di linguaggio e obiettivi ai concorrenti interni del
centrodestra. E’ come se si consegnasse a Salvini e a quel mondo, fatto che trovo inconcepibile per chi ha la
sua storia.
Solo politica o anche aspetti psicologici?
C’è un elemento psicologico e politico nel dissidio dei colonnelli di Forza Italia e Parisi. Lui è antagonista a
quello che era il loro profilo e alle loro aspirazioni di successione. Questo forse è un argomento che sembra
marginale, ma può essere centrale. A Giulio Andreotti –certamente un grande gestore del potere –
giovanissimo chiesi che consiglio mi potesse dare per conservare il successo per tanti anni, come aveva fatto
lui. La risposta fu lapidaria e illuminante: “A un certo livello di successo, la cosa più importante è sopire
l’invidia dei colleghi”.
Secondo lei, la Destra lepenista e populista è davvero così marginale?
È marginale nel momento in cui la si fa diventare marginale. Per fare questo occorre una grande alleanza
tra le forze ragionevoli e pensanti del Paese e, quindi, per essere chiaro, ci vuole un’alleanza tra la Sinistra
moderata e la Destra moderata, il centro della Destra deve essere più forte della Destra del centro.
Quindi sì al referendum?
Assolutamente sì al referendum.
Non è d’accordo con Parisi?
Sul referendum, no. Sono d’accordo – se quello è il suo disegno – sulla linea Confalonieri che, tatticamente,
può prevedere un contrasto con Renzi sul referendum per negoziare un Nazareno2 da posizioni di forza e non
di debolezza. In Francia, i socialisti si mettono d’accordo con i gollisti per tenere fuori Le Pen; da noi, deve
essere fatta la stessa cosa per tenere fuori Grillo, che è una componente marcatamente demagogica e
populista. La minoranza di Renzi è molto diversa dalla sua maggioranza, Renzi rappresenta un partito
socialdemocratico. Gli altri sono ancora post comunisti.
E se vince il sì con ampio margine?
Non può vincere bene, nel momento in cui tutte le forze di opposizione sono per il no. E’ chiaro che se FI
fosse stata con il sì come per le riforme, allora sarebbe stato molto difficile non pensare a un margine
elevato.
Gabriele Albertini (Milano 1950), imprenditore, ha ricoperto numerose cariche in Confindustria e
Assolombarda. Sindaco di Milano per due mandati, dal 1997 al 2006, è stato eletto al Parlamento Europeo
nel 2004. Membro di diverse commissioni europee, tra cui quella per i Trasporti e il Turismo, di cui è stato
vicepresidente, e quella per l’Industria, la ricerca e l’energia. È stato inoltre vicepresidente della delegazione
del Parlamento Europeo per le relazioni con la Nato. Rieletto per la seconda volta eurodeputato nel giugno
2009, è stato Presidente della Commissione Affari Esteri al Parlamento Europeo, organo cui spetta l’indirizzo
di politica estera dell’Europa nelle relazioni e con tutti gli Stati a livello mondiale. Senatore della Repubblica
dal marzo del 2013, inizialmente membro della Commissione Difesa e Affari Costituzionali, attualmente in
Commissione Giustizia, Presidente della Sottocommissione Pareri.
di Dario Tiengo © Tribunapoliticaweb.it quotidiano online aderente al network retewebitalia.net