Immigrazione, la Corte Suprema Usa ferma

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CORRIERE CANADESE • GIOVEDI 6 OTTOBRE 2016
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PRIMO PIANO
LO SCONTRO
Immigrazione, la Corte Suprema Usa ferma Obama
FRANCESCO
VERONESI
TORONTO - Approvare una serie di programmi per permettere a milioni di clandestini di avviarsi verso un percorso a tappe fino alla definitiva regolarizzazione. È stato questo il tentativo del presidente americano Barack Obama bocciato da una sentenza della corte Suprema Usa. Una decisione, quella emessa questa settimana dal massimo tribunale statunitense, che è stata osservata con particolare attenzione
anche qui in Canada, dove prosegue il dibattito su come risolvere
l’annoso problema del lavoratori
stranieri senza documenti.
Ma cosa proponeva l’inquilino della Casa Bianca? Obama aveva, attraverso un ordine esecutivo,
cercato di dare una prima concreta risposta alla necessità di avviare un processo di regolarizzazione
degli immigrati senza documenti:
nel progetto gli stranieri avrebbero avuto la possibilità di emergere dalla loro situazione di clandestinità, fare una richiesta legittima
per poter lavorare regolarmente e
poter ricevere i contributi previsti dalla legge per gli altri lavoratori in regola.
Allo stesso tempo nel programma di Obama si dava una risposta
concreta a un’altra urgenza, quel-
Il presidente americano Barack Obama
la rappresentata dai figli degli immigrati non in regola.
A loro doveva venir concesso
un visto che permetteva loro di
rimanere legalmente negli States
per tre anni e di poter prolunga-
re in seguito la loro permanenza,
usufruendo di quella “road map”
verso la regolarizzazione utilizzata dai genitori.
Le proposte del presidente democratico, però, avevano trova-
to nei mesi scorsi una forte resistenza sia al Congresso sia in molti Stati.
Il braccio di ferro istituzionale era quindi arrivato in tribunale,
con il Texas e altre 25 amministra-
zioni statali che avevano denunciato l’illegittimità degli ordini esecutivi di Obama.
A giugno la Corte Suprema si era spaccata e il voto 4-4 aveva in
sostanza dato torto al presidente
americano. Questa settimana è arrivata la seconda e definitiva bocciatura per il presidente.
Insomma, il tentativo di Obama
- che aveva registrato il massimo
sostegno di Hillary Clinton e che,
allo stesso tempo, si era attirato le
critiche pesanti del candidato repubblicano Donald Trump - non
ha portato ad alcun risultato. Dopo otto anni di presidenza, il problema dei lavoratori stranieri non
in regola rimane irrisolto.
Qui in Canada dobbiamo affrontare una situazione abbastanza simile, seppur logicamente il
numero dei lavoratori senza documenti sia molto più basso.
Negli anni è stata più volta chiesta una sorta di sanatoria o amnistia per poter regolarizzare le centinaia di migliaia di stranieri che
vivono e lavorano in Canada ma
che non sono a posto con i documenti dell’Immigrazione. Tutte le
proposte sono state via via bocciate e la situazione, invece di migliorare, con il passare del tempo
è peggiorata.
A Ottawa si continua a discutere su una possibile soluzione a
un problema estremamente complesso. L’unica ipotesi da non augurarsi è quella dell’immobilismo
che non conviene a nessuno.
BREXIT
E Londra vuole il giro di vite sui lavoratori stranieri
LONDRA - Il governo inglese alza la posta nella spinosa trattativa
per la Brexit, la fuoriuscita dall’Unione Europea dopo il referendum
del 23 giugno. Mentre il premier
Theresa May ha fatto sapere di
volere un accordo per operare in
«piena libertà nel mercato unico»,
dal governo arriva un giro di vite
contro i lavoratori stranieri.
Il ministro dell’Interno britannico, Amber Rudd, ha infatti annunciato che l’esecutivo intende
chiedere alle imprese di rivelare
il numero dei dipendenti stranieri per favorire l’assunzione di sudditi di Sua Maestà. «Non chiamatemi razzista» per questo ha detto
Rudd che intende «stanare quelle
società che abusano delle regole esistenti e spingerle a comportarsi
meglio».
I primi a criticare l’idea sono
stati gli imprenditori mentre, riferisce la Bbc, almeno un deputato conservatore - Rudd è intervenuta ieri alla conferenza del partito a Birmingham - ha deinito la
proposta del ministro come «controversa».
Rudd, nominato all’Interno al
posto del premier May a luglio, ha
spiegato che i freni extra ai lavoratori e agli studenti stranieri potrebbero essere necessari «per
cambiare la tendenza» dell’opinione pubblica sull’immigrazione alla luce del voto sulla Brexit (il referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Ue).
Il ministro ha accusato le aziende di «sfuggire alle loro responsabilità» non addestrando un numero suicienti di lavoratori britan-
NUOVA
nici e ha aggiunto che andrebbe irrigidito l’attuale sistema che obbliga le società a pubblicizzare i posti disponibili nel Regno Unito solo per 28 giorni prima di rivolgersi
fuori dal Paese».
In base alle proposte avanzate
da Rudd - che durante la campagna per il referendum era peraltro
contro la Brexit, come il grosso dei
conservatori - le società che assumono fuori dal Regno Unito dovranno dimostrare cosa hanno fatto «per incoraggiare prima i candidati locali» e quale sia l’impatto
delle scelte dei candidati stranieri
sul mercato del lavoro locale.
Secondo il ministro, l’attuale sistema non dà alle aziende «un
chiaro incentivo» a considerare
correttamente i meriti dei candidati britannici e a spendere di più
per addestrarli a fare i lavori di cui
hanno bisogno.
Rudd ha detto di essere pronta - «anche se non abbiamo ancora deinito i particolari», ha chiarito - a «rivelare i nomi e puntare
il dito»contro quelle società che
non dovessero rispettare i nuovi
vincoli.
«C’è ancora un giovane su 10 disoccupato tra i 18 ed i 24 anni nel
Regno Unito».
«I voglio che il mondo degli affari pensi prima a persone istruite
localmente, dove possibile e collaborare con noi per fare in modo da
avere una forza lavoro locale più
preparata».
Intanto la May ha anche chiarito
la sua strategia per la Brexit. Il famigerato “cherry picking” (prendere solo il meglio o buttare il re-
sto) dall’Ue - che Angela Merkel
aveva chiarito non sarebbe stato consentito a Londra - è invece
quello cui punta il numero uno di
Downing Street.
Il premier conservatore ha annunciato che vuole un accordo
con Bruxelles che le ofra la «massima libertà» per operare all’interno del mercato unico ma intende
anche avere il controllo esclusivo sulle sue frontiere e, soprattutto, «tenere fuori la Corte di Giustizia» europea, vista da Londra come un nemico con le sue regole.
«Voglio dare alle compagnie
britanniche la massima libertà per
operare all’interno del mercato unico e consentire alle società europee a fare lo stesso qui» ha detto May alla conferenza del partito
Conservatore a Birmingham.
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