Transcript Vita Nova

“Vita Nova” fu scritto dopo la morte di Beatrice, nel 1294, di getto. Prima di essa scrisse “Rime
petrose” di linguaggio chiuso e provenzale, molto simile allo stile del trovatore Arno Daniel; scrisse
tre sonetti dal contenuto comico e in tenzone con l’esponente del partito dei guelfi neri, Farese
Donati.
In questa sua fase giovanile, Dante è uno sperimentalista provando, per l’appunto, differenti generi
che confluiranno nella “Divina Commedia”.
L’opera citata rappresenta un unicum, ovvero un’opera singolare, un prosametro: un’unione tra
prosa e metrica costituita da 42 capitoli in prosa che commentano in prevalenza 31 poesie, tra
sonetti e canzoni, ma anche un racconto d’amore per Beatrice rifacendosi a testi e fonti provenzali: i
razos, poesie, e le vidas, commenti in prosa.
“Vita Nova” racconta l’amore per Beatrice che, come lui stesso afferma, è stata un’esperienza
straordinaria che lo ha cambiato profondamente dandogli una nuova vita.
Incipit
Dante inizia la sua opera con una metafora: immagina di aprire il libro della sua memoria.
Trama
Alquanto complessa, Dante racconta di aver incontrato Beatrice per la prima volta all’età di 18 anni
e di essersi innamorato di lei per un suo saluto. All’improvviso sogna Beatrice nelle braccia
dell’Amore col suo cuore; Beatrice lo mangia e poi viene trascinata dall’Amore in cielo. Dante
cerca una spiegazione razionale tra i fedeli d’amore (i suoi amici) senza riuscirvi. Dopo il sogno
cerca di proteggere il suo sentimento salutando altre donne (donne dello scherno). Beatrice,
arrabbiata, nega il saluto a Dante che cade in disperazione ed egli comprende che l’amore consiste
nella lode disinteressata della donna, nella dedizione assoluta (capitolo XVIII, Rime della lode).
Infine, Beatrice muore e la disperazione di Dante è totale e cerca consolazione in un’altra donna.
Tuttavia, la rivede in sogno, in cielo tra gli angeli.
Dante rinuncia a parlare di Beatrice se non in un’opera degna quanto lei (si riferisce alla “Divina
Commedia”).
“Vita Nova” è soprattutto un’opera allegorica; Beatrice stessa è l’allegoria di Cristo. Infatti, come
Lui, anche Beatrice è venuta sulla Terra per compiere un miracolo: nella parte finale ella è definita
“benedetta” e l’opera stessa è stata considerata dalla critica quasi un’agiografia ( “biografia sulla
vita di un santo” ).
La critica ha distinto tre fasi in cui può essere suddivisa l’opera:
fase guinizzelliana, la donna vista come un angelo;
fase cavalcantiana, l’amore visto come un tormento;
fase dantesca, la donna come strumento di elevazione verso Dio.
Nel XX secolo il critico letterario americano Charles Singleton affermò come Dante delineò
l’amore come un viaggio mistico, chiamato iter mentis in Deum, diviso in tre fasi:
- extra nos (fuori di noi): amare Dio attraverso le sue creature (p.e.: lode di San Francesco); è
il momento in cui Beatrice scende sulla Terra a compiere il miracolo di migliorare l’Uomo;
- intra nos (dentro di noi): amare Dio interiormente; l’amore permette la felicità e permette di
amare senza le Sue creature. Dante decide di amare Beatrice senza nulla in cambio e
conosce la felicità nella lode);
- super nos (al di sopra di noi): quando l’Uomo supera l’esperienza terrena. In questo caso si
parla di esperienza transumana: un’estasi che avviene grazie all’amore interiore per
Beatrice; per conseguenza, l’amore diviene una contemplazione di Dio perdendo ogni
carattere fisico.