Osservazioni Piano reg rifiuti26092016

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CALABRIA
Osservazioni al Piano Regionale dei Rifiuti
Documento redatto da:
Francesco Falcone, Presidente Legambiente Calabria
Aldo Perrotta, Comitato Scientifico Legambiente Calabria
Pasquale Allegro, Zero Waste Calabria
Cosenza, 04/10/2016
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1. Premessa
Un’emergenza rifiuti che ci trasciniamo dagli anni ’90 senza alcun percepibile miglioramento. Un
commissariamento iniziato nel 1997, che ha registrato tanti fallimenti nei mancati obiettivi di
raccolta differenziata, nello sperpero del denaro pubblico e nella gestione poco efficace e
trasparente con un contenzioso economico di milioni di euro e di conflittualità con le comunità e le
istituzioni. Una situazione impiantistica a dir poco imbarazzante con carenze di impianti di
smaltimento finale, con un inceneritore a Gioia Tauro assolutamente sovradimensionato, con
impianti di trattamento meccanico biologico inadeguati al compito per cui sono stati costruiti, con
una drammatica carenza di impianti per produrre compost di qualità. Un’assenza totale di politiche
per la prevenzione dei rifiuti. Questo è lo scenario che abbiamo oggi sotto gli occhi in Calabria,
confermato anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al
ciclo dei rifiuti: una situazione che i calabresi vogliono lasciarsi alle spalle, ma servono decisioni
coraggiose e politiche adeguate che ad oggi non si intravedono.
Già le linee guida del 28 gennaio 2013 approvate dalla precedente Giunta regionale non
sembravano andare in questa direzione. Anche nelle linee guida dell’attuale Giunta, riprese dal
Piano Regionale dei Rifiuti sembrano confermati gli errori nella programmazione dei precedenti
piani rifiuti, a partire da un obiettivo di raccolta differenziata fissato incredibilmente al 33%, con un
sistema di finanziamento che continua a concentrare gli investimenti su pochi impianti di
trattamento e smaltimento finali.
Le osservazioni alle linee guida presentate alla Giunta hanno puntato ad evidenziarne le carenze con
l’obiettivo di avviare un confronto con l’Amministrazione Regionale per modificarle radicalmente e
per permettere di realizzare anche in Calabria quella rivoluzione del ciclo dei rifiuti concretizzatasi
anche in altre regioni, a partire dalla Campania. Serve il contributo di tutte le migliori energie di
questa Regione - dagli enti pubblici ai soggetti privati, dal mondo del lavoro alle associazioni di
categoria e dei cittadini - che hanno dimostrato che si può fare bene con atti concreti e non solo a
parole, per convincere la Regione a cambiare la strada imboccata finora. Solo così ci lasceremo alle
spalle gli errori e gli orrori del passato nel ciclo dei rifiuti calabresi.
2. La condanna della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite
connesse al ciclo dei rifiuti sull’emergenza calabrese
La relazione della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei
rifiuti approvata nella seduta del 19 maggio 2011 rappresenta una fotografia inquietante dello stato
dei rifiuti in Calabria. È la conferma istituzionale dello sconfortante quadro che emerge in una
regione che riesce addirittura a peggiorare le sue performance (secondo Ispra nel 2008 la
percentuale di raccolta differenziata era al 12,7 mentre nel 2009 e nel 2010 è scesa al 12,4%)
quando nel panorama nazionale si sono affermate realtà che una volta erano ultime della classe e
oggi sono diventate un esempio da seguire: è il caso della Sardegna che nel 2004 era al 5% di
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raccolta differenziata e ad oggi ha ormai superato il 50%, attestandosi sulle prestazioni delle
migliori esperienze delle regioni settentrionali (dati Ispra).
Secondo la Commissione “la raccolta differenziata stenta da avviarsi nonostante una corposa
iniezione di risorse finanziarie comunitarie messa in campo dalla Regione Calabria”. Le cifre
sperperate sono state davvero ingenti: “Nella relazione del Comando carabinieri per la tutela
dell’ambiente - gruppo Napoli - si riferisce che nel periodo 1998 - 2006 sono state gestite ingenti
risorse economiche dall’ufficio del commissario, pari a circa 700 milioni di euro, risorse che, ad
oggi, sono lievitate a ben oltre il miliardo di euro, a fronte degli insufficienti risultati ottenuti”.
Il documento dei Carabinieri, citato dalla Commissione, è spietato anche sull’istituto del
commissariamento iniziato nel 1997: “Lo stato emergenziale nella Regione Calabria (…) ha
rappresentato un sistema di potere, da tutelare e prorogare ad ogni costo e per più tempo possibile,
basato sugli appalti, sulle consulenze esterne e su tutti quei meccanismi di potere che in alcuni casi
ha creato più danni di quelli rinvenuti all’atto dell’insediamento o del subentro in luogo di alcune
amministrazioni locali”.
La Commissione cita anche un documento della Corte dei conti (deliberazione n. 1/2005/G)
secondo il quale il commissariamento: “ha prodotto precisi effetti negativi determinati dall’assenza
di forme di confronto democratico con le realtà locali e dalla mancata applicazione della
normativa sulla concorrenza nell’affidamento degli appalti, con conseguente violazione delle
regole della trasparenza, imposte dalle normative comunitarie e nazionali”.
La relazione della Commissione parlamentare evidenzia “la problematicità della scelta del grande
appalto affidato a un unico soggetto imprenditoriale (nel caso di specie, incaricato sia della
realizzazione, sia della gestione di tutta l’impiantistica per lo smaltimento dei rifiuti in Calabria),
che prefigura una situazione di potenziale rischio o complessità, non per ragioni di mera legalità o
legittimità, ma perché è evidente che le eventuali difficoltà – di carattere economico-finanziario o
imprenditoriale – di tale unico soggetto rischiano di fatto di mettere in ginocchio l’intero sistema
regionale”.
Nella relazione della Commissione si parla anche della schizofrenica localizzazione degli impianti
(“rifiuti che viaggiano da un capo all’altro della regione, prima e dopo il loro trattamento, dal
momento che le discariche di servizio non sono localizzate nelle vicinanze degli impianti di
trattamento”), della fallimentare esperienza delle quattordici società miste (“fallite o comunque in
stato di insolvenza sia per assunzione di personale in esubero, sia per il mancato versamento delle
quote consortili da parte dei comuni interessati, che a loro volta non riscuotono i relativi tributi
dagli utenti”), delle modalità per la selezione del partner industriale adottate dal Commissario (“la
gara è stata svolta a metà, e cioè solo per selezionare imprese private locali, mentre la scelta più
importante, quella del socio “industriale”, è stata effettuata dallo stesso commissario delegato,
senza gara alcuna, in deroga alla normativa vigente a livello comunitario e nazionale”) e del
sovradimensionamento dell’impianto di combustione rifiuti di Gioia Tauro (“appare evidente la
superfluità del raddoppio dell’impianto di incenerimento di Gioia Tauro (…) al quale tuttavia non
è possibile sottrarsi per non dover pagare forti penali in forza del concluso contratto di appalto”).
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Non mancano altre critiche agli impianti costruiti in regione: “gli impianti di trattamento
meccanico-biologico sono mal distribuiti sul territorio e sono caratterizzati da una eccessiva
produzione di scarti, che raggiungono la percentuale del 40% dei rifiuti solidi urbani in entrata, a
fronte di una media nazionale che vede scarti in uscita dagli impianti di trattamento, che si
attestano intorno al 23-24 per cento”. “In teoria gli impianti di trattamento meccanico-biologico
sono destinati a selezionare i rifiuti tal quale (…); tuttavia, nella realtà, tali impianti si limitano ad
effettuare una semplice «vagliatura» dei rsu, con conseguente produzione di prodotti di pessima
qualità”.
La Calabria risulta “del tutto priva di quegli impianti che, in base all’attuale evoluzione delle
tecnologie ad applicazione industriale consolidata e diffusa, maggiormente garantiscono lo
smaltimento dei rifiuti urbani”. E ancora “Il mancato decollo della raccolta differenziata spiega i
motivi per cui nella regione Calabria è molto scarso il «compost di qualità», (…), la cui raccolta è
molto carente”. Non mancano infine i riferimenti alle discariche da bonificare: “I problemi
principali della Calabria sono costituiti da (…) molte discariche comunali, il più delle volte “non a
norma” in quanto non adeguatamente impermeabilizzate né dotate di sistemi di captazione del
biogas”.
PIANO Regionale gestione Rifiuti Aggiornamento 2016
Il piano (per comodità PGRG) avrebbe dovuto :
Raffigurare la situazione di gestione dei rifiuti attuale:
a) Fotografando la produzione di rifiuti urbani in ambito regionale attuali;
b) Riportando I DATI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA attuali;
c) EVIDENZIANDO LA GESTIONE ATTUALE DEI RIFIUTI URBANI IN AMBITO
REGIONALE.
Dopo di che avendo chiara la situazione di gestione dei rifiuti avrebbe dovuto proporre un PGRG:
a) Fissando gli obbiettivi del piano;
b) Proponendo un programma di prevenzione della produzione di rifiuti;
c) Pianificando l’organizzazione della raccolta differenziata;
d) Progettando la nuova offerta impiantistica regionale e definendo i criteri per la sua
localizzazione;
e) Indicando un programma riduzione RUB conferiti in discarica;
f) Proponendo un piano di gestione degli imballaggi;
g) Indicando la dotazione finanziaria per l’attuazione del PGRG;
h) Proponendo una gestione del periodo transitorio;
i) Definendo la gestione dei rifiuti nella nuova pianificazione assegnandone funzioni e i ruoli.
Infine per quanto riguarda i rifiuti speciali avrebbe dovuto:
a) Raffigurare la situazione di gestione dei rifiuti attuale;
b) Definire un piano di gestione;
c) Affrontare la gestione di particolari categorie di rifiuti speciali.
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3.1 SITUAZIONE DI GESTIONE DEI RIFIUTI ATTUALE
Il PGRG al paragrafo 4 affronta la produzione dei rifiuti sulla base dei dati dell’anno 2014.
Riporta che in controtendenza rispetto al trend nazionale, la Regione Calabria nel 2014 ha fatto
registrare una riduzione della produzione complessiva dei rifiuti pari a circa -2,4%, passando dalle
829.792 t del 2013 alle 809.974 t del 2014 con una produzione media pro-capite pari a circa 410 kg
per abitante per anno e non tiene conto della popolazione fluttuante legata, ad esempio, ai flussi
turistici.
A decorrere da tale data il trend ha registrato un progressivo calo fino a toccare il valore di 409,77
kg/ab. x anno nell’anno 2014. Il calo che si è registrato dal 2006 al 2014 ha determinato una
diminuzione della produzione annua pro capite del 15,17%.
Risulta particolarmente interessante l’andamento del dato di produzione di rifiuti urbani mese per
mese, che evidenzia l’entità della fluttuazione estiva, accentuata in particolare nel mese di agosto.
La raccolta differenziata a livello regionale nel 2014 (possibile che il Piano debba basarsi sui dati
del 2014?!? Questo purtroppo è frutto della mancanza di dati. I comuni hanno già fatto i MUD con
le dichiarazioni sulla produzione dei rifiuti del 2015) si attesta attorno a valori inferiori al 20%
(18,59%, comunque in crescita rispetto al 14,8% del 2013). Il valore di raccolta differenziata pro
capite in ambito regionale, anno 2014, si attesta attorno ai 76 kg per abitante per anno.
I dati del 2014 sono riportati in modo molto approssimativo ed impreciso.
In particolare, nelle figure da 7-4 a 7-8, Confronto tra la produzione totale di RSU e la RD,
mancano le tabelle delle province di Catanzaro e Vibo Valentia.
I dati che rappresentano la raccolta dei rifiuti in Calabria sono vecchi e contraddittori.
Alle pagine 48, 62, 63 e 64 la quantità di rifiuti indifferenziati prodotti è pari 659.433 t., nella
tabella 8-1 in cui si riportano gli impianti che hanno trattato o smaltito i rifiuti la quantità scende a
655.264 t.. Nessuna spiegazione viene data di questa incongruenza. Oltre 4.000 t di rifiuti risultano
non smaltiti in impianti autorizzati.
In tutto il paragrafo si rappresentano i dati del 2014, mentre da tempo, la Regione dispone già
dei MUD del 2015 e che tra l’altro sono stati pubblicati.
Da una prima analisi dei MUD del 2015 risulta una produzione di rifiuti indifferenziati di 591.078 t.
con una diminuzione del ricorso alle discariche di 58.652 t da 650.433 t a 591.078 il che porta la
RD al 27%.
Nel 2015 quasi il 68% della popolazione calabrese attuava la raccolta differenziata anche se alcuni
comuni come Reggio Calabria non attuava la raccolta porta a porta e Catanzaro aveva appena
iniziato.
Nel 2015 avevano appena iniziato la raccolta differenziata, grandi comuni come Catanzaro con
90.840 abitanti che nel 2016 ha attuato la raccolta differenziata porta a porta su tutto il territorio
comunale e grandi aree come il soveratese con quasi 39.000 abitanti in cui la raccolta differenziata
porta a porta è stata applicata a Soverato, Davoli, Satriano, San Sostene, Isca sullo Ionio, Badolato,
Santa Caterina, Chiaravalle, Badolato, Guardavalle. Altri grandi comuni come Siderno 18.120
abitanti, Serra S. Bruno 6.773 abitanti, hanno iniziato la raccolta differenziata così come i Comuni
della Locride in primis di Marina di Gioiosa Jonica.
Nel 2016 la popolazione della Regione Calabria che attua la raccolta differenziata è passata al 72%.
I comuni della Regione Calabria sono 409, di cui quelli che hanno meno di 5.000 abitanti sono 323
e rappresentano 631.814 abitanti pari al 32% della popolazione e 375 quelli che ne hanno meno di
10.000 e rappresentano 985.761 abitanti pari al 50% della popolazione.
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Questi dati confermano l’assoluta necessità di potenziare le raccolte differenziate domiciliari e di
realizzare una adeguata impiantistica di supporto finalizzata a valorizzare detti flussi (frazioni
secche riciclabili e frazioni biodegradabili).
Nel corso dell’anno 2013, oltre il 40% del rifiuto urbano raccolto in maniera indifferenziata è stato
smaltito direttamente in discarica, senza alcun trattamento preliminare. Detta possibilità di conferire
in discarica il tal quale è preclusa dal novembre 2014, poiché il Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare, in occasione dell’emissione della quarta Ordinanza contingibile ed
urgente, non ha concesso la necessaria intesa prevista dall’art. 191 del D.lgs. n. 152/2006. Dal
novembre 2014, pertanto, in discarica vengono conferiti solo scarti e residui della lavorazione del
rifiuto urbano indifferenziato.
Con l’incremento della capacità di trattamento degli impianti pubblici e il contestuale utilizzo di
quelli privati dichiarati di interesse pubblico, è stato arginato il collasso del sistema nel periodo
invernale. Con l’arrivo della stagione estiva, sono state attivate ulteriori azioni, quali la
sottoscrizione di intese con altre regioni (Regione Campania, nel corso dell’estate 2014, e Regioni
Campania e Toscana, nel corso dell’estate dell’anno 2015). “Che hanno continuato a sversare il tal
quale senza alcun pre-trattamento”
Nel dettaglio, per effetto delle menzionate azioni – Ordinanza n. 53/2015 e successive – in ordine
all’offerta di trattamento e smaltimento dei RU, si registra una situazione, nel 2014 così articolata:
n. 9 impianti per il trattamento meccanico biologico del RUr (Rifiuti urbani residui) , di cui 7
pubblici e 2 privati;
n. 7 impianti di compostaggio della frazione organica derivante da RD (Raccolta differenziata), di
cui 4 pubblici, 2 privati e 1 fuori Regione;
n. 1 impianto pubblico di incenerimento del CSS (combustibile solido secondario) proveniente dal
ciclo di gestione dei rifiuti;
n. 5 impianti di discarica, di cui 1 pubblico, 3 privati e 1 fuori Regione.
In particolare, la gestione dei RUr (655.264 t nel 2014) è stata effettuata attraverso:
1. trattamento meccanico biologico in impianti del sistema pubblico-privato regionale (64%)
2. smaltimento diretto in discarica, senza pretrattamenti (34%);
3. trasferimento dei rifiuti in altre Regioni (2%).
Pertanto, circa 1/3 del quantitativo di RUr prodotti in ambito regionale è stato smaltito in
totale assenza di pretrattamenti. Un ulteriore elemento di riflessione che emerge dall’analisi dei
dati di gestione dei RUr porta alla considerazione che l’intero ciclo dei rifiuti in ambito regionale è
stato improntato principalmente allo smaltimento in discarica, in un contesto di pressoché totale
assenza di recupero/riciclo. Infatti, nel 2013, tra conferimenti diretti e scarti di processo, è finito in
discarica il 67% dei rifiuti urbani prodotti in ambito regionale, mentre nel 2014 tale quantità si
è ridotta al 59%.
Infine nel PGRG si evidenziano gli impianti pubblici della Regione Calabria (vedasi tabella 8-1
Impianti utilizzati per la gestione dei RUr in ambito regionale anno 214) con quelli della tabella 8-2
Impianti pubblici – capacità autorizzate, mentre non vi sono tabelle che riportino come sono stati
trattati i rifiuti. Nella tabella 8-1 non sono riportate le quantità di rifiuti organici trattati né queste
quantità sono rintracciabili in alcuna parte del PGRG, ci si pone, quindi, una domanda: che fine
hanno fatto i rifiuti organici differenziati, sono forse finiti in discarica?
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Catanzaro
Crotone
Gioia Tauro
Rossano
Reggio Calabria
Siderno
Lamezia Terme
Capacità
tratt. Quantità trattata
Rur
93000
82726
51000
44184
40000
37187
40000
41554
35000
678
40000
45478
107000
90440
%
utilizzo trasferenza
impianto
88,95%
5149
86,64%
25595
92,97%
13403
103,89%
9482
1,94%
95321
113,70%
5006
84,52%
39252
Da questa comparazione risulta che solo gli impianti di Rossano e Siderno hanno funzionato al
100% mentre gli altri impianti hanno funzionato al 92,97% come l’impianto di Gioia Tauro e quello
di Sambatello che praticamente non ha funzionato. Tutto ciò in presenza di rifiuto indifferenziato
che in quantità superiori alle quantità residue è stato trasferito altrove, forse per essere trattato in
impianti privati?
La capacità attuale del sistema impiantistico pubblico regionale per il trattamento dei RUR è pari a
406.000 t/a, incrementata grazie alle diverse Ordinanze sopra citate, fino a 514.500 t/a.
L’impianto di termovalorizzazione di Gioia Tauro (RC) riceve frazione secca e CSS derivanti dal
trattamento dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali. Le quantità trattate dall’impianto nel 2014 sono
state pari a circa 47.000 t derivanti da RU e 26.000 t da RS, mentre la capacità autorizzata è pari a
120.000 t/a, (vengono trattate 73.000 t e quindi utilizzato per circa il 60,8%) che, però non può
essere sfruttata, nelle more di un intervento di efficientamento (cosa conferiamo viste le previsioni
di riduzione e diminuzione dei rifiuti? A cosa serve efficientare e spendere altre risorse?
Importeremo rifiuti per sfruttare le capacità di termovalorizzazione?). Pertanto, non potendo
soddisfare l’intera domanda, parte del CSS prodotto dai TMB (Trattamento meccanico biologico)
finisce anch’esso in discarica.
La nostra posizione non è un’avversione strumentale o ideologica, ma basata su dati e proiezioni,
non commettiamo gli errori commessi a Gioia Tauro nel passato volendo realizzare una seconda
linea che era già sovradimensionato rispetto ai dati 2002.
Abbiamo sin da subito condannato la scelta di raddoppiare l’impianto di Gioia Tauro, in quanto già
da allora confermava – come oggi molti si affannano a denunciare - l’incapacità dell’Ufficio del
Commissario straordinario nell’affrontare e risolvere il problema dei rifiuti nella regione.
Fin dalla fase iniziale di predisposizione del Piano per lo smaltimento dei rifiuti (1998), abbiamo
criticato aspramente l’intenzione di voler realizzare due impianti di incenerimento in Calabria. Tale
scelta è stata sempre ritenuta inutile e sbagliata per il territorio.
I responsabili dell’Ufficio l’hanno sempre difesa sostenendo che la realizzazione di due impianti,
localizzati uno nel bacino Calabria Nord (inizialmente previsto in provincia di Cosenza) ed uno nel
bacino Calabria Sud (Gioia Tauro), avrebbero consentito di abbassare i costi di gestione della
raccolta e smaltimento dei rifiuti per effetto della riduzione dei costi di trasporto. Con la decisione
di realizzare un solo inceneritore, quindi cadde l’alibi di chi aveva pensato di risolvere il problema
dei rifiuti intervenendo esclusivamente sulla realizzazione degli impianti.
L’impianto programmato per Gioia Tauro per 120.000 tonnellate di rifiuti l’anno è più che
sufficiente a soddisfare le reali esigenze di smaltimento della Calabria, per quella quota parte di
rifiuti che possono essere solamente avviati all’incenerimento. Pensare di costruire un ulteriore
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impianto fino a smaltire 240.000 tonnellate di rifiuti l’anno (come previsto nel raddoppio di Gioia
Tauro) è insensato e fuori da qualsiasi logica tecnica.
Un esempio a prospettiva lungimirante tangibile: Città di Treviso, 80.000 abitanti, quasi da città
capoluogo, con pendolarismo; introduce la raccolta differenziata con dato di progetto di
perseguimento il 75%, si arriva all’85% grazie alla mancanza di consapevolezza dei trevigiani che,
alla fine, ben volentieri, superano l’obiettivo previsto, smentendo perciò di gran lunga l’attuale 65%
nazionale e secondo una riduzione netta del costo trasferito all’utenza ma, soprattutto, con
l’aumento del numero di addetti alla raccolta, concorrendo così, non solo al bene dell’ambiente, non
solo all’opportunità di risparmiare (pur essendo contenti dell’invarianza di costo), ma soprattutto
trasferendo il baricentro dei costi di gestione del sistema (dal costo d’uso del capitale inceneritori o
da quello dell’ambiente e delle discariche) ma ottenendo la remunerazione di posti di lavoro.
Pertanto, in un’Europa, in cui discariche ed incenerimento costano sempre di più importando il
sistema, progressivamente, il concetto economico dell’internazionalizzazione degli impatti
ambientali, i trent’anni di responsabilità economica nella gestione del post discarica, l’obbligo di
pretrattamento dei rifiuti che devono conferire nella stessa, riduzione progressiva dei limiti alle
emissioni degli inceneritori, tra le tante!-, allora, inviare a riciclaggio e digestione
anaerobica/compostaggio fa risparmiare molto denaro. Tra l’altro, negli ultimi appalti per
l’assegnazione della gestione del RUR, la quota è stata aggiudicata tra le 60-70 Euro/t: il che può
andar bene per un risparmio da parte dei Comuni ma, per l’imprenditore di un impianto
d’incenerimento, tanto più se è rappresentato da un soggetto pubblico affidatario diretto o indiretto
delle concessioni del caso, diventa alta la possibilità di bancarotta! In più, in un’ottica di rientro
dalle procedure d’infrazione, addebitate dalla Comunità Europea, l’elemento più dirimente diventa
la temporalità, dovendolo fare nel più breve tempo possibile e che, mediamente, in Italia, i tempi di
costruzione e/o revamping di un inceneritore vanno dai 7 agli 8 anni, mentre quelli di un TMB dai 2
ai 3 anni. Davanti a queste ed altrettante dimostrabili soluzioni tecnologiche alternative, perché
allora non considerare l’applicazione del principio di decommissionig, come già avvenuto con
successo in Lombardia (addirittura in anticipo rispetto al piano di ammortamento previsto), nel caso
dell’inceneritore del Consorzio Accam? Perché non aumentare, fin da subito (considerando
potrebbe trattarsi di un intervento più immediato e a basso impatto economico, dalle poche
centinaia di migliaia di euro a fronte di un valore impiantistico di milioni di euro), la sovraccapacità
degli impianti esistenti di TMB, trasformandoli esclusivamente in Fabbriche dei Materiali, a favore
del recupero del RUR, piuttosto che puntare alla produzione di CSS, provando ad abbattere la
pressione su discariche e, appunto, incenerimento.
Anche gli impianti di compostaggio pubblici non soddisfano la domanda regionale, e quindi vi è la
necessità di ricorrere a impianti privati o extraregionali, senza i quali anche la frazione umida da
RD sarebbe stata riversata nel tal quale indifferenziato e smaltita in discarica, vanificando così gli
sforzi che stanno compiendo i comuni per rilanciare la RD. Non ci pare che siano previsti interventi
per la realizzazione di impianti di compostaggio, secondo il principio di prossimità.
Nell’attuale sistema gestionale, la cronica carenza impiantistica riguarda in massima parte gli
impianti pubblici di smaltimento. L’offerta pubblica delle discariche di servizio è praticamente
inesistente.
Se continuiamo a non realizzare impiantistica pubblica a supporto della raccolta differenziata la
Regione e i calabresi saranno sempre sotto scacco della mano privata.
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3.2 NUOVA PIANIFICAZIONE
La nuova pianificazione, paragrafo 9, parte dalla “GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI NELLA
NUOVA PIANIFICAZIONE” e suddivide il territorio regionale in 5 Ambiti Territoriali Ottimali,
coincidenti con le cinque province:
ATO n.1 – Provincia di Cosenza
ATO n.2 – Provincia di Catanzaro
ATO n.3 – Provincia di Crotone
ATO n.4 – Provincia di Vibo Valentia
ATO n.5 – Provincia di Reggio Calabria.
A sua volta gli ATO sono suddivisi in sottoambiti Aree di Raccolta Ottimali ARO, che sono i
seguenti:
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Nella tabella 10-2 gli ARO sono indicati con tutte le società miste che sono, in larga maggioranza,
fallite e che hanno dimostrato la totale incapacità di un tale sistema di gestire il ciclo integrato dei
rifiuti. Non possiamo consentire che si compia l’ennesimo fallimento della gestione della raccolta
dei rifiuti. La gestione della raccolta dei rifiuti deve essere costruita dopo aver progettato il sistema
di raccolta dei rifiuti e, non prima.
La riproposizione di quanto aveva fatto la gestione commissariale attraverso la costituzione delle
società miste, con società private e con sindaci e loro delegati, non è sopportabile e condivisibile.
Sappiamo che la gestione dei rifiuti muove ingenti risorse e attira gli interessi anche delle ecomafie,
ma non possiamo permettere che il territorio sia ulteriormente devastato da affaristi di ogni genere
che hanno già per tutta la gestione commissariale sperperato un miliardo di euro senza portare ad
una gestione accettabile della raccolta degli RSU.
La gestione associata può dare solo benefici ai Comuni e quindi alla cittadinanza. In alcune aree le
società miste erano poche (vedi provincia di Reggio Calabria) e in altre troppe (vedi le 6 della
provincia di Cosenza). Il modello in sé non è criticabile, ma la gestione invece si. Purtroppo la
differenza sta nel come si governa il processo di gestione, di pianificazione e dell’individuazione
dei sub-ambiti che poi sono gli ambiti di gestione associata. Tutte le regioni stanno andando in
questa direzione (vedi Puglia, Campania). C’è la necessità di monitorare il processo di
pianificazione dell’ATO. Nel redigere il piano d’ambito l’elemento che deciderà la costituzione dei
sub-ambiti dovrà essere la convenienza economico-finanziaria e la sostenibilità del piano industriale
e dovrà essere il piano industriale a decidere quali sono i comuni che devono mettersi insieme nella
gestione e non l’amicizia politica tra sindaci.
Occorre delimitare gli ambiti territoriali ottimali sulla base delle migliori condizioni per la
sostenibilità tecnica, economica ed ambientale del ciclo dei rifiuti, non condizionati da ripartizioni
geo-politiche ed equilibri di altra natura. Deve quindi essere previsto un sistema di controllo a cui
sia soggetto tutto il sistema di gestione del ciclo dei rifiuti. Occorre, dunque, istituire un soggetto
esterno, non politico, che controlli l’efficienza, l’economia e la trasparenza della gestione
dell’intero ciclo dei rifiuti. Il soggetto può essere anche un istituto di ricerca e, seppure di nomina
politica, deve essere civilmente e penalmente responsabile delle procedure sotto il suo controllo.
Nel passato la mancata istituzione della commissione ispettiva, tenuta a verificare la funzionalità
delle 14 società, ha dimostrato il non trasparente rapporto pubblico-privato che avrebbe dovuto
tutelare e servire l’interesse collettivo dei cittadini. Tale assenza ha determinato un inefficace
sistema di controlli, dovuto a quel continuo intrecciarsi fra pubblico e privato che ha reso pressochè
immanente al sistema una situazione di conflitto di interessi.
Gli obiettivi imposti dalle leggi nazionali sono chiari, già da tempo avremmo dovuto conseguire una
RD al 65%, ma riteniamo accettabili gli obiettivi di:
- riduzione del 5% della produzione di RUr per unità di PIL, garantendo tuttavia almeno il 3%
in relazione alle specifiche condizioni di partenza del territorio regionale;
- riduzione del 10% della produzione di rifiuti speciali pericolosi (RSP) per unità di PIL;
- riduzione del 5% della produzione di rifiuti speciali non pericolosi (RSNP), garantendo
tuttavia almeno il 3% in relazione alle specifiche condizioni di partenza del territorio
regionale, per unità di PIL;
- raggiungimento del 30% di RD entro il 2016;
- raggiungimento del 45% RD entro il 2018;
- raggiungimento del 65% RD entro il 2020;
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raggiungimento del 50% recupero/riciclo rifiuti domestici (carta, metalli, plastica, legno,
vetro, organico) entro il 2020;
raccolta di RAEE al 65% rispetto alle AEE immesse sul mercato nei tra anni precedenti,
ovvero raccolta di RAEE all’85% rispetto ai RAEE prodotti entro il 31/12/2018;
incremento del recupero della frazione organica per la produzione di compost di qualità;
intercettazione almeno del 50% del quantitativo di RUb totale prodotto entro il 31/12/2016;
contenimento entro il limite di 81 kg/anno per abitante del conferimento di rifiuti urbani
biodegradabili in discarica a decorrere dal 31/12/2018;
recupero energetico delle frazioni di rifiuto per le quali non è possibile alcun recupero di
materia;
minimizzazione dello smaltimento, a partire dal conferimento in discarica, ridotto al 20%.
4. Programma di prevenzione della produzione dei rifiuti
Il programma di prevenzione della produzione dei rifiuti proposto al paragrafo 11 al di là di una
dichiarazione di principio che bisogna diminuire la produzione di rifiuti non propone alcuna azione
concreta per la prevenzione, nemmeno quelli a costo zero. Ad esempio la pubblicazione sulle
bollette dell’acqua delle analisi chimiche effettuate, permetterebbe agli utenti di sapere che acqua
bevono e, in alcuni casi, dove l’acqua distribuita è particolarmente buona, metterebbe gli utenti
nella possibilità di scegliere tra il consumo dell’acqua dell’acquedotto e quella minerale in bottiglia
con duplice risparmio sulla spesa e sulla produzione dei rifiuti che vedrebbe meno bottiglie d’acqua
da smaltire. Ad esempio, ancora, il compostaggio della frazione umida se incentivato sia a livello
familiare, di comunità e di comuni fino a 10.000 abitanti. Debbono essere previsti sgravi nella
tariffa per chi attua il compostaggio, ad esempio il risparmio di spesa nello smaltimento deve essere
utilizzato per abbassare la tariffa.
5. L’ORGANIZZAZIONE DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA
IL PRGR rispetto all’organizzazione della raccolta dei rifiuti premette:
Rispetto alle diverse opzioni possibili occorrerà individuare, per ogni specifico contesto territoriale
regionale, la migliore forma di raccolta differenziata da adottare tenendo conto, nel rispetto di
quanto introdotto nel quadro normativo nazionale dalla Direttiva 2008/98/CE, delle diverse
variabili (demografiche, urbanistiche, geografiche, specifiche di settore, ecc.).
Sulla base di concrete esperienze nazionali risulta comunque evidente che per raggiungere
significativi livelli di raccolta è preferibile operare attraverso una raccolta di tipo domiciliare
(porta a porta), ma nel Piano ci si affretta a precisare: “Tuttavia non si escludono altre possibili
forme di raccolta differenziata che, fermo restando il rispetto degli obiettivi fissati dalla presente
pianificazione, consentano di perseguire condizioni di risparmio introducendo modalità di raccolta
meno dispendiose valutate in relazione alle specifiche condizioni operative di riferimento”.
Non condividiamo tale impostazione, in quanto se si vogliono raggiungere gli obbiettivi fissati dal
PRGR l’unico modo di effettuare la raccolta differenziata è la raccolta differenziata domiciliare
porta a porta.
I costi derivanti dalle dichiarazioni dei Comuni campione dell’anno 2015, registrano una spesa pro
capite €/abitante pari a 133,48 € per la gestione dell’attuale ciclo integrato dei rifiuti.
Se la quantità di RUR dovesse rimanere importante, dovendo questa essere gestita comunque,
farebbe aumentare i costi di gestione dell’intero ciclo dei rifiuti.
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Con la raccolta differenziata diminuisce significativamente il costo totale pro capite annuo. I
BENEFICI PER I CITTADINI CHE PAGANO LE TASSE POSSONO FACILMENTE
ESSERE CONTABILIZZATI.
In particolare, passando da uno scenario con una %RD compresa tra il 20% ed il 40% ad uno
scenario con una %RD superiore al 60%, risulta che, per i comuni con popolazione fino a 5.000
abitanti, il costo totale pro capite annuo decresce da 143,07 a 115,93 euro/abitante per anno.
Passando alle altre classi di popolazione, il costo totale pro capite annuo per i comuni tra i 5.00010.000 abitanti diminuisce da 167,27 a 128,15 euro/abitante per anno. Nei comuni compresi nella
classe di popolazione da 10.000 a 50.000 abitanti il costo decresce da 167,27 a 149,60 euro/abitante
per anno all’aumentare del livello di raccolta.
Per i comuni con una popolazione compresa tra i 50 ed i 150 mila abitanti, il campione di indagine è
costituito solamente da 5 comuni con un livello di raccolta differenziata superiore al 40%, il costo
indicativo, scende da 178,78 a 152,06 euro/abitante per anno.
Infine, per i comuni con popolazione superiore a 150 mila abitanti, il costo pro capite annuo
diminuisce da 202,20 a 192,00 euro/abitante.
Qualsiasi altro tipo di raccolta differenziata diverso dalla raccolta domiciliare porta a porta, già
sperimentato in Regione e fuori Regione, ha dato risultati pessimi in termini di RD.
Il PRGR deve chiaramente indicare che dopo l’approvazione del Piano tutti i comuni debbono
attuare la raccolta differenziata domiciliare porta a porta.
Quindi, nei paragrafi da 12.4 a 12.7 dovrebbe essere prevista solo la raccolta differenziata
domiciliare porta a porta.
Nel paragrafo 12.8 Metodo di calcolo della percentuale di raccolta differenziata, il compostaggio
deve essere tenuto in conto.
Deve essere chiaramente previsto che la frazione organica (umido + verde) comprende anche le
quantità compostate; altrimenti la frazione compostata non essendo un rifiuto non viene computata
nella quantità di RD. I comuni che attuano misure di prevenzione dei rifiuti invece di essere
premiati finirebbero per essere penalizzati.
Inoltre le strutture a supporto della raccolta differenziata debbono essere realizzate, ma non è
ammissibile che attualmente ci siano: 88 centri di raccolta realizzati - 90 in corso di realizzazione 10 da revocare/te - 26 non avviate - 2 avviati, per un totale di 213.
Occorre attivare tutti gli strumenti per terminare i centri di raccolta i cui lavori di costruzione non
sono stati terminati sostituendo i tecnici e le imprese che non sono stati capaci e costruire i centri
nei comuni che non li hanno ancora previsti.
Tutti i centri di raccolta debbono essere in grado di accogliere i rifiuti derivanti da demolizioni
edilizie.
Premialità e regime sanzionatorio
E’ condivisibile l’impostazione sulle premialità e sul regime sanzionatorio, non troviamo corretto
che il PRGR preveda una tariffa di smaltimento determinato in € 147/t che potrebbe variare. Il
PRGR dovrebbe proporre un metodo per la determinazione della tariffa di smaltimento: chi sono i
soggetti che formulano il costo di smaltimento e quale è la procedura per l’approvazione della
tariffa di smaltimento.
Proponiamo che nel Piano si prevedano le premialità e il regime sanzionatorio come percentuale
della tariffa di trattamento del rifiuto tal quale.
Per esempio al fine di favorire il rilancio della RD, saranno previste le seguenti
agevolazioni/sanzioni: per i comuni che raggiungono un livello di RD pari o maggiore del 65% è
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previsto uno sconto tariffario del 30% ; per i comuni che raggiungono un livello di RD compreso tra
il 50% e il 65% è previsto uno sconto tariffario del 20%; per i comuni che raggiungono un livello di
RD compreso tra il 35% e il 50% è previsto uno sconto tariffario del 10%; per i comuni che
raggiungono un livello di RD minore del 25% è previsto uno aumento tariffario 20%.
Analogamente anche la determinazione della tariffa per lo smaltimento della frazione organica
avverrà in analogo modo.
La tariffa per il conferimento dell’organico è oggi differenziata in funzione dell’impianto di
conferimento, e comunque non bilanciata rispetto alle quantità effettivamente trattate, pertanto
necessita di una ridefinizione, che è stata stimata pari a 91,34 €/t su base regionale. Tale tariffa
potrà comunque essere riconosciuta solo per frazioni merceologiche che presentino una “purezza”
fino al 10%, altrimenti il rifiuto sarà considerato tal quale.
Inoltre, quei Comuni che raggiungeranno gli obiettivi di RD indicati dal Piano, avranno
priorità nei bandi per l’accesso a fondi regionali.
Riorganizzazione del sistema impiantistico
La Regione deve portare a termine entro il 2018 la riorganizzazione del sistema impiantistico
pubblico, gli ATO devono affidare sia il servizio di raccolta che il servizio di gestione degli
impianti.
La riorganizzazione del sistema impiantistico prevede di realizzare delle piattaforme integrate,
trattamento RD/RUr, che possano funzionare come Centro Comprensoriale o Centro di Selezione
Spinta convenzionati con CONAI, al cui interno oltre che ai flussi provenienti dalla raccolta
differenziata possano essere trattati anche i rifiuti urbani residui (RUr) con l’obiettivo, in entrambi
i casi, di produrre materie prime seconde da avviare alle filiere del recupero e del riciclaggio.
Il nuovo sistema impiantistico regionale dovrà, nelle intenzioni del PRGR, realizzare:
•
il potenziamento degli attuali sistemi della raccolta differenziata;
•
la previsione di realizzare una serie di ecodistretti, ossia poli impiantistici dedicati
al recupero/riciclo che possano operare sia sui flussi provenienti dalla raccolta
differenziata che sui rifiuti urbani che residuano (RUr);
•
il riefficientamento delle piattaforme esistenti ed in buono stato conservativo.
Il PRGR in pratica si è attivato per affidare i progetti per la ristrutturazione degli impianti di
trattamento previsti nel nuovo assetto e per dare inizio alle relative procedure di istruttoria e di
valutazione, a valle delle quali si potrà procedere con l’affidamento delle attività di realizzazione
degli stessi. Nel dettaglio, ad oggi, per gli impianti di Rossano (CS), Catanzaro e Sambatello (RC)
sono in corso le procedure di verifica dei progetti preliminari, già oggetto di Conferenza di Servizi
con esito positivo. Per gli impianti previsti in ATO 1 – sito da localizzare, a Crotone, a Siderno
(RC), a Lametia Terme (CZ) e a Gioia Tauro (RC), invece, i progetti sono in fase di
perfezionamento e saranno a breve istruiti in Conferenza di Servizi.
La riorganizzazione di cui si parla nel Piano, è la riproposizione dell’organizzazione messa in atto
dalla gestione commissariale e che tanti danni ha portato alla gestione dei rifiuti e, quindi ai
cittadini calabresi.
A servizio di questi impianti il Piano dice che dovrà essere organizzato un piano delle discariche
che prevede:
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Nel Piano si prevede ancora l’attivazione della discarica di Melicuccà sottoposta a sequestro
rispetto alla quale non ne condividiamo le ragioni di riattivazione stante le problematiche
ambientali che il sito pone.
Gli impianti cambiano nome e diventano “ECOCENTRI”, come se bastasse cambiare nome per
diventare un diverso modo di riorganizzare la dotazione impiantistica al servizio della raccolta
differenziata.
Il sistema di creare degli ecodistretti non risponde alle necessità e alla situazione della Regione.
Come visto la Calabria è caratterizzata da piccoli comuni sparsi su una superficie abbastanza vasta.
Creare degli ecodistretti concentrati aumenta i costi, diminuisce l’attenzione nei luoghi di
produzione dei rifiuti e diminuisce l’efficienza.
Il sistema di valorizzazione dei rifiuti deve essere distribuito a livello territoriale, i centri di raccolta
e selezione a livello comunale o di unione di comuni debbono essere il cuore della raccolta
differenziata e debbono conferire alle piattaforme convenzionate con il CONAI e diffuse sul
territorio.
Un sistema fondato sugli ecodistretti concentrati non è in grado di far nascere alcuna start-up in
quanto la mancanza di un mercato, cioè una pluralità di soggetti ma un unico gestore della materia
prima affonda qualsiasi ipotesi di far nascere nuove imprese, crea posizioni dominanti e favorisce la
corruzione.
6. Dotazione finanziaria per l’attuazione del PGRG
Il PRGR individua che l’investimento complessivo necessario per l’ammodernamento e il
completamento dell’impiantistica pubblica per il trattamento dei RU ammonta a circa 235 M€,
mentre non individua risorse per effettuare il compostaggio nei comuni al di sotto dei 10.000
abitanti, per sostenere la raccolta differenziata sia attraverso l’impiantistica distribuita sul territorio,
sia attraverso campagne informative che attraverso strutture tecniche di supporto ai comuni e ai
cittadini.
Tuttavia, il Piano individua la spesa di 5 M€ per il potenziamento del Dipartimento Politiche
dell’Ambiente, che non è specificato in che modo, anche se, probabilmente, serviranno per
finanziare un Team tecnico che dovrà essere formato da personale qualificato, attingendo anche a
figure professionali operanti nelle aziende del settore aderenti a Unindustria Calabria che hanno
dimostrato di aver ottenuto risultati significativi nello sviluppo della raccolta differenziata nei
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comuni gestiti. Vorremmo che il PRGR dicesse quali sono gli indicatori da utilizzare per dimostrare
di aver conseguito risultati positivi debitamente riscontrabili e misurabili.
7.Gestione del periodo transitorio
Il PRGR prevede entro agosto 2016 l’avvio delle gare per la nuova impiantistica, il che non è
avvenuto e un generico supporto ai comuni per l’avvio della RD.
Proponiamo che la Regione sostenga lo sviluppo dell’autocompostaggio nei comuni al di sotto dei
10.000 abitanti con un incentivo finanziario, con la semplificazione delle procedure autorizzative ed
il completamento dei centri di raccolta, oltre al compostaggio domestico d a quello di comunità.
8. Gestione della raccolta differenziata
Il PRGR deve prevedere che la raccolta dei rifiuti urbani sia differenziata domiciliare e “porta a
porta”, sia gestita dai comuni singoli o associati. La Regione deve favorire la libera associazione dei
comuni per favorire le economie di scala. Nessuna rigida divisione del territorio deve essere
precostituita.
Gli ATO devono avere anche il compito di raccogliere i dati e diffondere le informazioni sulla
raccolta dei rifiuti nel territorio di competenza, devono avere il compito di indirizzare i comuni
singoli o associati nelle scelte senza nessun ruolo di gestione.
9. Rifiuti da costruzione e demolizione
Il piano deve prevedere gli obblighi circa il corretto smaltimento per i comuni e delle imprese in
materia di produzione e smaltimento dei rifiuti da costruzione e demolizione. Tutti i lavori debbono
essere comunicati al comune e nella comunicazione deve essere indicata la modalità di smaltimento.
Il comune deve chiedere alla fine del lavoro i MUD dello smaltimento.
10. Rifiuti contenenti amianto
Il piano non dice nulla. Occorre prevedere modalità di eliminazione semplificate per le piccole
opere in amianto come ad esempio serbatoi domestici, piccole tettoie inferiori a 15 mq o canne
fumarie, ecc.
11. Proposte di azioni
Riordino del sistema e trasparenza nella gestione degli impianti.
Dopo il fallimento, economico e politico, delle esperienze delle società miste è quanto mai urgente
approvare un piano che metta mano all’organizzazione e alle forme di gestione che dovranno
ripartire replicando le esperienze positive messe in campo dalle gestioni pubbliche, coinvolgendo
quelle realtà private virtuose da scegliere secondo criteri di trasparenza e legalità, con gare ad
evidenza pubblica, rilanciando tutto il ciclo dei rifiuti sui principi di economicità, efficienza ed
efficacia. Un piano che ponga le basi per una idonea ed efficace pianificazione, che governi il ciclo
integrato dei rifiuti e definisca gli ambiti territoriali ottimali.
In questa logica andrà ricondotto anche il percorso di affidamento futuro dell’impiantistica
realizzata nel passato da Veolia.
Raccolta differenziata “porta a porta” e sostegno economico e tecnico ai Comuni.
Occorre incrementare le attuali irrisorie percentuali regionali di riciclo attraverso la raccolta “porta
a porta” con particolare attenzione agli scarti alimentari e alla frazione umida, senza prevedere
anche «campane e cassonetti stradali predisposti per il conferimento di carta, vetro, lattine,
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plastica, vegetali, che però a regime dovrebbero essere gradualmente rimossi per affidarsi soltanto
al “porta a porta”».
Com’è noto i sistemi misti sono risultati fallimentari in molte parti d’Italia, anche alla luce della
tendenza consolidata a trasformare i cassonetti in aree di conferimento di rifiuti di ogni tipo. Al
momento della partenza della nuova raccolta differenziata domiciliare i vecchi cassonetti devono
essere tolti dalle strade immediatamente per non disorientare i cittadini rispetto alle modalità di
conferimento dei rifiuti.
Impianti di gestione della frazione organica
Per aumentare in poco tempo le quantità (oltre alla qualità) dei rifiuti riciclabili raccolti in modo
separato occorre puntare alla frazione organica dei rifiuti (pari ad almeno un terzo del totale dei
rifiuti urbani prodotti, con territori dove la percentuale supera anche il 40%) e agli imballaggi,
prodotti in ambito domestico.
Alla luce della evidente carenza di impianti per trattare le frazioni compostabili dei rifiuti per la
produzione di compost di qualità e facendo una stima sommaria, e considerando che circa un terzo
dei rifiuti urbani prodotti sono costituiti da frazione compostabile, c’è necessità impianti di
compostaggio per i comuni al di sotto di 10.000 abitanti e di almeno 10 impianti, distribuiti su tutto
il territorio regionale, per trattare circa 300.000 tonnellate all’anno di rifiuti biodegradabili (senza
considerare che a questi impianti potrebbero essere conferiti anche altri rifiuti come quelli
agroindustriali, i reflui zootecnici, i fanghi di depurazione).
La leva fiscale per fermare l’utilizzo delle discariche e incentivare le virtuosità di Comuni e
cittadini
Se la discarica non diventa l’opzione di gestione dei rifiuti più costosa non si raggiungerà mai
l’obiettivo di riduzione dei conferimenti di rifiuti agli impianti di smaltimento finale. Per far questo
è fondamentale utilizzare la leva economica, mentre per incoraggiare la diffusione delle buone
pratiche di gestione dei rifiuti fondate su efficienti sistemi di intercettazione a monte dei rifiuti con
le raccolte domiciliari è altrettanto importante utilizzare un criterio di premialità nei confronti dei
Comuni virtuosi (priorità negli investimenti e nella partecipazione a bandi regionali) e dei cittadini
virtuosi che producono pochi rifiuti indifferenziati (con sconti sulla tassa/tariffa/tares pagata dalle
utenze domestiche o produttive).
Occorre far leva anche sull’ecotassa regionale per lo smaltimento dei rifiuti in discarica (che si
aggiunge al costo di conferimento fissato dal gestore dell’impianto) che dovrebbe essere aumentata
alle cifre massime consentite dalla legge per i Comuni che non rispettano gli obiettivi di legge sulla
raccolta differenziata (65% al 2012), mentre si dovrebbero prevedere sconti sulla tassa per chi
invece li ha raggiunti. I proventi dell’ecotassa dovrebbero essere utilizzati per incentivare i Comuni
che vogliono abbandonare il sistema di raccolta differenziata stradale per intraprendere quello
domiciliare.
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12. Considerazioni finali
Un ulteriore obiettivo della legge nazionale, inserito dopo il recepimento della nuova direttiva
europea sui rifiuti approvata nel 2008, prevede che si avvii a riciclaggio almeno il 50% dei rifiuti
urbani entro il 2020.
Ci sono due potenti lobby che lavorano per fermare la rivoluzione dei rifiuti in atto nel paese: ci
sono i "signori delle discariche" che continuano a condizionare pesantemente le politiche locali per
continuare a smaltire in grandi quantità i rifiuti sotto terra, spesso a prezzi stracciati che sbaragliano
ogni altra ipotesi di gestione, e i “signori dell'incenerimento” che vorrebbero continuare a costruire
nuovi impianti, o ad ampliare e ammodernare i vecchi, in uno scenario nazionale ormai
completamente cambiato e saturo sotto questo punto di vista.
Contro il modello praticato da queste due lobby occorre agire per concretizzare politiche di
prevenzione e di massimizzazione del riciclaggio dei rifiuti.
Sappiamo che è possibile trattare la parte residua del rifiuto urbano senza accendere nuove linee di
termovalorizzazione e riducendo l’inquinamento.
Sono 166 i Comuni ricicloni della Campania che nel 2014 hanno superato il 65% di differenziata
finalizzata al riciclaggio (erano 143 nel 2013). Le amministrazioni riciclone diventano 298 se
consideriamo la soglia del 55% di differenziata (erano 230 l'anno precedente). Superano il 65%
anche capoluoghi come Benevento e Salerno, mentre Caserta e Avellino sfiorano il 50%. Ormai la
Campania è diventato uno dei territori più avanzati sulla raccolta differenziata a livello nazionale, e
la stagione dell'emergenza e delle montagne dei rifiuti in strada è alle spalle. Anche nella nostra
Regione si affermano tanti Comuni ricicloni che superano il 65% di raccolta differenziata come
Casole Bruzio, Saracena, Roccella Jonica e tanti altri ancora.
Anche se serve chiudere il ciclo con gli impianti di trattamento dell'organico differenziato, ancora
carenti sul territorio regionale, anche per evitare di alimentare ulteriormente il trasporto su gomma
dei rifiuti in tutta Italia, un settore da sempre a rischio sotto il punto di vista criminale.
Occorrono impianti di compostaggio per i comuni al di sotto di 10.000 abitanti digestori
anaerobici finalizzati alla produzione di biogas e al compostaggio di qualità; realizzazione di
stazioni di trasferenza o per i centri intercomunali di raccolta, utili per migliorare la logistica dei
rifiuti riciclabili.
Bonifica delle tante discariche non a norma, chiuse ma senza alcuna azione di risanamento.
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