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Fonte: La Sicilia | Data: 03/10/2016 | Pagina: 20 | Categorie: A.Ge.S.C.
psiche & società
IL MALE FATTO DA QUEI GENITORI
CHE AI FIGLI DICONO SEMPRE DI SÌ
ROBERTO CAFISO
U
Roberto Cafiso,
psico-terapeuta,
è direttore
all’Asp di
Siracusa
dell’area
dipendenze
patologiche e
coordina il
dipartimento
salute mentale
na straordinaria commedia di Edoardo, Ditegli sempre di sì, racconta di un
uomo dimesso dal manicomio che,
tornato in famiglia, non si adatta alla
vita e alla comunicazione di tutti i giorni e recidiva. I folli, si diceva un tempo, vanno assecondati, non contraddetti, per evitare il peggio. E’
anche vero che in tal modo un delirio resta intatto e il malato non lo cureremo mai.
Uno dei problemi educativi oggi è il dire di
no ai figli. E’ diventata una vera e propria emergenza. I genitori e, talvolta, i docenti a
scuola hanno difficoltà a negare ai ragazzi
qualcosa, persino di fronte a richieste spropositate. Dire no è la seconda opzione a una
istanza e a volte è opportuno, o necessario,
esercitarla. Al contrario, l’adulto finisce
spesso col cedere. Ciò succede perché non
regge il dissenso: di una persona cara, in particolare. O perché la disapprovazione contiene elementi talmente “sconfermanti” che la
si evita concedendo ciò che si ritiene sbagliato. L’educazione del bambino, divenuto poi
genitore e centrata sui sensi di colpa, può essere decisiva per gli yes parents incapaci di
sopportare l’idea di non essere amati.
La leva su cui certi figli agiscono è proprio
questa: mostrarsi infelici e negare l’amore a
papà e mamma. Per ogni essere umano sentirsi amato è importante. Ciò stabilizza l’autostima ed è un rinforzo importante nella vita di relazione. Solo che alcuni vogliono essere amati “momento per momento” e hanno
bisogno di conferme continue.
Non reggere il malumore dei figli diventa
intollerabile e mette a nudo insicurezze e aspettative. Qualsiasi segnale di ribellione diventa un momento di crisi che può risultare
intollerabile. Di qui l’assenso alla richiesta.
La dinamica non passa inosservata ai figli
che, avendo scoperto il tallone d’Achille dei
genitori, non esitano a pizzicare certe corde
emotive sapendo di potere far breccia.
L’educazione, invece, è un processo longitudinale che raccoglie i suoi frutti a medio e a
lungo termine. Non è utile basarsi sull’approvazione, qui e ora, del ragazzo perché
l’architettura di certe regole, finalizzate a
chiari obiettivi, non sono per lo più colti dai
figli che sovente sono guidati dal principio
della soddisfazione immediata.
Quanto più ci si abitua a ottenere tutto,
Documento generato da Giusi Vianello il 03/10/2016 alle 16:15:05
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tanto più difficile diventa rinunciare a qualcosa. Di qui molti conflitti tra genitori e figli.
Ma l’errore non dovrebbe essere reiterato
solo perché la tolleranza al diniego è scadente da parte dell’interlocutore. Un buon allenamento educativo deve prevedere anche il
pianto, la rabbia, lo sconforto: tutti stati d’animo da imparare a gestire da parte di un ragazzo. Un vecchio adagio siciliano recita: “Cu
ti voli beni ti fa chianciri e cu ti voli mali ti fa
arridiri” (chi ti vuol bene ti fa piangere, chi ti
vuol male ti fa ridere ). Solo crescendo i figli
capiranno gli insegnamenti degli adulti, le
rinunce vissute e i divieti loro imposti. Niente applausi, in altre parole, per i genitori più
responsabili. Magari silenzi o, addirittura, fischi. Poco male; chi vivrà vedrà. La formazione di una coscienza ha tempi lunghi e non è
tutta rose e fiori per nessuna delle due parti.
Il gesto d’amore è sempre lungimirante. La
coerenza affettuosa, l’onestà intellettuale e
il rispetto delle regole pagano nel tempo.
Non si spiegherebbero le feste di riconoscenza che si fanno a insegnanti in pensione da
parte di molti ex-alunni oggi grati dei loro
modelli, ma all’epoca percepiti come professori insopportabili.
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