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Congresso Internazionale di studio
sul problema delle aree arretrate
Scritto di Le Corbusier tratto dal patrimonio archivistico
di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
Il Congresso Internazionale di studi sulle aree arretrate mi ha incaricato di intervenire alla seduta del 14 ottobre 1954 sui problemi dell’urbanistica.
Venti minuti di tempo per esporre il tema. Per contro, è consentito rimettere
un prospetto di note tecniche. Lo faccio senz’altro, e sotto una forma particolare,
la sola che secondo il mio punto di vista possa inquadrare la questione nel debito
modo.
L’urbanistica è una chiave. L’urbanistica esprime la maniera d’agire di
un’epoca. È la conseguenza di un modo di pensare introdotto nella cosa
pubblica da una tecnica dell’azione.
Come dire che l’urbanistica spazia in un campo immenso.
Siccome oggigiorno siamo in periodo di mutazione, non è possibile proporre
determinati principi su un frammento del problema senza evocarne l’assieme.
Ora, ciò è assolutamente impossibile nei limiti di un congresso. Quindi ho pensato di allineare in undici pagine undici titoli di capitolo evocati da rapidi schemi e alcune note lapidarie. Ho completato l’esposto con una sola dozzina di pagine di testo supplementari, ma in stile telegrafico e che si richiama a ciascuno
dei titoli di capitolo.
In mezzo a questa materia profusa appare l’elemento considerato: Le aree arretrate.
L’urbanistica è un modo di pensare odierno che si oppone a un modo di pensare
di ieri. Tale conflitto esige la comparsa di una dottrina dell’urbanistica.
La zona arretrata non riguarda soltanto i selvaggi della foresta vergine; può riguardare anche i territori delle città tentacolari. Lo stato retrogrado può essere
tanto conseguenza di una superfluità che di una penuria.
La superfluità del moderno periodo di meccanizzazione può, condurre a ec-
cessi di cui non si valutano abbastanza le ripercussioni fatali sul comportamento -futuro delle società (eccesso. di macchinario adibito al trasporto e alla circolazione, con relative. conseguenze, ed eccesso di macchinario domestico, con relative. conseguenze): La saggezza potrebbe sconsigliare di tendere alla superfluità.
La penuria, che in primo luogo può essere causa di ritardo. nella marcia del
progresso, ha almeno il vantaggio di non aver-creato situazioni inestricabili
dovute alla superfluità che oggi congestiona certi luoghi. Si potrebbe porre
questo interrogativo: le aree arretrate non sarebbero per caso favorite dalla fortuna?
Ben altra Penuria, in seno alle società moderne organizzate,. è la penuria di comando; essa promana dal disordine, dall’egoismo,. dall’abitudine inerte, dalla paura,
dalla stoltezza, dall’ignoranza.
L’autorità non possiede una dottrina urbanistica. L’autorità è strozzata dalla
violenza degli interessi. particolari.
Priva di dottrina, l’autorità ha- organizzato sistemi di controllo e di organizzazione sfocianti in regolamenti che spesso nuocciono alla verità delle soluzioni.
L’«Uomo urbanizzato» compare sotto la forma familiare, creatrice del focolare. Formula lapidaria: l’Uomo — il Fuoco — il Focolare — la Famiglia.
L’«uomo urbanizzato» vive in un appartamento. Ma non c’è. che un solo tipo di appartamento per sopperire alla funzione. E l’«uomo urbanizzato» è talvolta un individuo solo, talvolta. una coppia, o una coppia con un figlio, o due
figli, o cinque figli, etc... Poi la famiglia si disperde: sciama. Minane allora una
coppia attempata, o un vedovo o una vedova. Sono le età della vita, che abbisognano di focolari di volta in volta adeguati. L’illusione è quella di voler costruire la casa «familiare», che è un controsenso, uno spreco. Il mondo attuale
è fatto di «nomadi». Questi. nomadi occupano agglomerati. Passano da un alloggio all’altro, nel corso della loro vita. Il problema è dunque di costituire
l’attrezzatura di una società nomade: la gamma di alloggi che risponda ai suoi
bisogni.
Questi nomadi sì raggruppano (semplicemente per poter vivere: lavorare, nutrirsi, difendersi, amarsi, divertirsi). Raggruppati, realizzano un fenomeno collettivo
con le sue risorse […].
Il nostro nomade (una famiglia) comporta un uomo, una donna, ragazzi e fanciulle. Ciascuno di essi è un individuo. Bisogna che possano- radunarsi nei momenti
idonei della loro giornata, e isolarsi in altri.
I momenti della giornata messi in fila costituiscono le 24 ore solari, avvenimento fondamentale che ritma la vita degli uomini alternanza quotidiana di
notte e giorno. La vita è implacabilmente quotidiana. Fra due aurore si snodano le felicità o le infelicità della vita. Si possono enunciare le condizioni necessarie o sufficienti dell’alloggio, atte ad assicurare la felicità, quotidiana — questo termine ottimista che arresta i suoi effetti alla soglia del «Destino», il quale in definitiva impera implacabile. Queste condizioni sono soddisfatte o meno
dal dispositivo interno dell’alloggio e dal dispositivo esterno all’alloggio.
Le une e le altre debbono risolvere programmi la cui reazione è di natura
psicofisica. Riassumo questi programmi sotto la breve formula: ARIA-SUONOLUCE. Sono tre elementi che reagiscono in modo totale sulla psiche e sul fisico.
Sono fattori antropocentrici per eccellenza. Affermarlo significa, riconoscere la
possibilità di soluzioni aventi natura di costanti, appellandosi di conseguenza a
esperienze moltiplicate e suscettibili di apportare una normalizzazione di queste
soluzioni.
Dal momento in cui si parla di normalizzazione si abbandona il fatto individuale’ ed egoistico per appigliarsi al generale e quindi appellarsi alla collaborazione, al lavoro creativo degli inventori, dei produttori e di coloro che amministrano.
Nelle mie note tecniche io mi sono permesso di citare il Modular, creazione risalente al 1942 che si sta facendo molta strada nel mondo. E’ uno strumento di lavoro
semplice ed. efficace, utile come ausilio a studiare e risolvere i problemi di tecnica e
d’industria connessi all’urbanistica, cioè il campo di costruzione.
Lo slogan ARIA-SUONO-LUCE interessa in modo particolare.
l’alloggio: afflusso e sgombero d’aria — venti dominanti — caldo e freddo;
— silenzio o canto di uccelli; — distribuzione della luce solare e gioco per o
contro il sole (a volte amico, a volte nemico. secondo la latitudine e le stagioni).
Interessa del pari l’esterno. dell’alloggio; ne costituisce i prolungamenti (i prolungamenti dell’alloggio): spazio e orientamento. Si enuncia allora un nuovo slogan: SOLE-SPAZIO-VERDE.
L’urbanistica deve assicurare la libertà individuale e al tempo stesso profittare, impadronirsi, dei benefici dell’azione collettiva.
Interviene qui il raggruppamento degli individui in giusta, proporzione, e in
quantità giusta, in determinate «Unità» dette di Grandezza conforme. Prudenza o
paura, saggezza o coraggio possono condurre a soluzioni diverse e valide: la dispersione in città orizzontali o la concentrazione in unità verticali attorniate da
vasti spazi. Il lavoro sperimentale si sta oggi attuando in varie località del globo, con esempi più o meno validi.
La soluzione di urgenza richiesta dalla vita nomade che è oggi chiamata a vivere la società moderna è l’instaurazione dei servizi comuni che permettano di allevare l’infanzia, di liberare la padrona di casa dalle angustie schiaccianti della vita
domestica: approvvigionamento, pulizia, allevamento dei bambini e degli adolescenti (nidi d’infanzia, scuole materne, palestre, circoli, etc…).
I mezzi di circolazione si sviluppano su piani verticali e orizzontali. Oggi siamo in pieno disordine. L’esame della situazione ci ha permesso di formulare una
regola di circolazione moderna intitolata: «La regola dei 7 V» (le sette vie = 7
V). Mediante questa regola, il cammino del pedone può venir separato dalle velocità meccaniche. Questa regola merita di essere qui ricordata perché instaura
una rete organica che dall’arteria principale conduce alla porta di ciascuna casa
col tramite .delle sette vie armonizzate. Se si pensa all’urbanistica delle zone arretrate, la regola dei 7 V vi sarà sottintesa, in guisa di consentire i mutamenti
futuri o anche le future metamorfosi su una rete opportunamente dimensionata
fin dall’inizio.
In definitiva, uno sguardo panoramico ai doveri dell’urbanistica sbocca nella
giusta occupazione del territorio da parte degli strumenti necessari al lavoro umano. L’ASCORAL ha fornito una proposta nel libro edito dalle sue Sezioni 5 e 5b
(«Una civiltà del lavoro»)(1).. Questo libro prende in esame le tre aggregazioni
funzionali umane, che sono: l’Unità di sfruttamento agricolo, la Città lineare industriale, la Città radioconcentrica degli scambi. Questa classificazione fonda-
mentale permette di riesaminare l’occupazione del territorio. Offre il prezioso
vantaggio di aprire una via d’uscita dal vicolo cieco delle città tentacolari moderne col minaccioso fenomeno concomitante dell’abbandono delle campagne.
L’orientamento del lavoro moderno in luoghi ridivenuti autentici apporta il riassorbimento del male che occupa appunto l’attenzione di questo Congresso: le zone arretrate.
Le tecniche moderne, lo spirito di invenzione, la scoperta dei mezzi per
equilibrare la vita moderna conducono a un atteggiamento costruttivo: lo spirito di saggezza parte alla ricerca delle condizioni necessarie e sufficienti. Questo spirito di saggezza ci mette in guardia contro la frenesia di una meccanizzazione che abbrutisce, domestica o urbanistica che sia. Noi viviamo sulle
scorie di una civiltà sopravanzata dal macchinismo, I tempi moderni sono in vista,
ma non iniziati: noi siamo ancora in piena cacofonia. Non ci sono questioni grandi o
piccole. Il problema delle zone arretrate implica e impone il primato di
un’urbanistica moderna attiva e costruttrice, espressione del modo di essere di
un’epoca mediante una tecnica dell’azione.
(1) Les Tpois Etablissemenis ebe:r, Denoel, pubbl. nel 1945.