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06/10/2016
Ottobre è sempre stato un mese speciale per il sottoscritto, non soltanto perché è quello del mio
compleanno, ma perché durante la mia infanzia sanciva quella che di fatto era la fine del ‘vecchio
anno’, e l’inizio del ‘nuovo’, con un taglio netto rispetto al più recente passato.
Finivano le lunghe vacanze estive al mare dai nonni, prolungate fino a settembre inoltrato, con
giornate di sole caldo e avvolgente, e arrivava il clima autunnale di Milano, con le prime
malinconiche ed affascinanti giornate di nebbia o pioggia, e mucchi di foglie ingiallite e castagne
selvatiche cadute dagli alberi ai lati del marciapiede davanti alla mia scuola (che a quei tempi
cominciava il primo ottobre); terminava anche il mio personale ‘anno anagrafico’, col compleanno
che portava con sé un numerino in più facendomi sentire più grande (quindi, figo); e per finire,
niente più partite di allenamento estivo (quei bellissimi 10-1 alle rappresentative tirolesi, senza
scomode, deleterie ma remunerative tournée dall’altra parte del mondo) né partite minori di
Coppa Italia affrontando Ternana, Spal e Monza, ma finalmente il campionato di serie A,
con le partite ‘vere’. Parlo dell’Inter, naturalmente, perchè se eri sull’altra sponda del Naviglio ti
poteva capitare di esordire nel tuo secondo campionato di Serie B, pareggiando a San Siro contro la
Sambenedettese.
*Gli squadroni di una volta: Sambenedettese 1982-83
Oggi sono cambiate tante cose: il numero degli anni che ad ottobre aumenta mi fa ancora sentire più
grande (quindi, vecchio), ma la scuola inizia già prima di metà settembre, e la preparazione al
campionato di serie A si fa giocando a Pechino o New York con 36° e il 90% di umidità,
contro i panchinari del Real Madrid o del Manchester United, fra un preliminare di Coppa in
Salkazzistan e un acquisto del calciomercato del 31 Agosto.
Ma anche questi tempi moderni e meno romantici sono
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caratterizzati da piccoli avvenimenti che si ripetono di anno in anno, piccole ‘tradizioni’ come quelle
sopra descritte, ma molto meno piacevoli. Fra queste, una particolarmente fastidiosa, e
fondamentalmente inutile, si ripete immancabilmente da circa TRENTA anni intorno alla seconda
settimana di ottobre: la pausa per la Nazionale di calcio, con conseguente interruzione del
campionato di Serie A e dei maggiori campionati europei e mondiali, per disputare partite di
qualificazione e/o amichevoli di preparazione.
Partite che, possiamo dirlo anche senza l’ausilio di inutili sondaggi che lo confermino, suscitano
davvero poco interesse in quasi tutti i tifosi di calcio. Non in assoluto, certo – dato che il tifo per la
Nazionale del proprio paese continua ad essere vivo per la stragrande maggioranza di tifosi in tutti i
paesi – ma non in quel preciso istante, all’inizio di ottobre.
Un sondaggio inutile
Il tifo per la squadra italiana è ancora molto acceso e, tralasciando eventuali situazioni di
antipatia a seconda dell’allenatore del momento o del ‘modus operandi’ dello stesso e della
Federazione, gli italiani sono capaci di cantare a squarciagola l’inno (in un rigurgito di
patriottismo che, a quanto pare, solo lo sport è in grado di risvegliare), di sventolare vessilli e
bandiere tricolori in strada o dai balconi, e di fermare qualunque tipo di attività (si, qualunque…),
ma solo quando si tratta di fasi finali di competizioni importanti, come Europei o Mondiali,
con poche eccezioni per eventuali, rare, partite di qualificazione decisive.
In tutti gli altri casi, che si tratti della prima pausa del nuovo anno calcistico (a inizio settembre,
altra devastante ‘tradizione’) o di altre tappe che prevedono partite di qualificazione o amichevoli
contro squadre affascinanti come Albania, Macedonia o Lituania, i tifosi italiani (e non)
maledicono la pausa-per-la-nazionale a suon di imprecazioni.
E anche fra i pochi tifosi che comunque gradiscono guardare queste partite, nessuno vuole davvero
interrompere il campionato (e il Fantacalcio…) dopo una sola giornata e dopo averlo atteso per due o
tre mesi, o quando è in pieno svolgimento una fase decisiva, o addirittura c’è in atto un’avvincente
sfida scudetto o qualificazione di coppa. E per le società di calcio non è diverso, considerando che
ogni partita delle Nazionali può causare infortuni ai loro fuoriclasse, con conseguenti danni sportivi
ed economici.
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Montolivo infortunato in Nazionale: danno sportivo ed economico per la sua squadra di club?
Perché non si cercano soluzioni alternative? Fifa e Uefa hanno un potere economico e politico
superiori a qualunque società, ed evidentemente questo sistema porta loro vantaggi tali da
voler mantenere lo status quo, ma non è detto che altre opzioni non possano portare comunque
benefici per tutti: società, organismi calcistici internazionali, federazioni, e tifosi. Vediamo come.
Malgrado i continui (ed eccessivi) ‘allargamenti’ dei vari tornei a sempre più squadre, per favorire
televisioni ed arricchire i relativi contratti di vendita dei diritti alle stesse, la durata media delle
competizioni per nazionali è sempre stata di circa un mese, dalla partita di inaugurazione
alla finale.
Quindi, poiché i tornei principali (Mondiali, Europei e parzialmente Coppa America) si svolgono
alternativamente ogni quattro anni, fino ad oggi abbiamo assistito a una routine che prevede di
dedicare un mese tra giugno e luglio, ogni due anni, a queste fasi finali. Ma allora perché non
dedicare alle nazionali questo mese ogni anno, facendo disputare le partite di
qualificazione nello stesso periodo, e solo in quello, senza insopportabili interruzioni negli altri
11 mesi?
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Prendiamo un esempio concreto come le qualificazioni ai prossimi Mondiali in Russia, appena
cominciate.
Per selezionare le squadre europee che parteciperanno sono stati composti nove gironi, di cui sette
di sei squadre, e due di cinque.
Le squadre in un girone da sei, come l’Italia, dovranno disputare dieci partite ciascuna, attualmente
distribuite nell’arco di poco più di un anno, da settembre 2016 a fine 2017, suddivise in sette
‘interruzioni’ nello stesso arco di tempo (compresa una in giugno 2017, a stagione di club ormai
conclusa), alle quali aggiungere un paio di test amichevoli nel 2018.
Perché non far giocare tutte le dieci partite di qualificazione nell’arco di un mese o poco
più, fra giugno e luglio 2017? Si tratterebbe di scendere in campo una volta ogni tre o quattro
giorni circa, come già avviene durante le fasi finali di Mondiali o Europei e durante l’anno nei periodi
di coppa. Ancora meglio sarebbe aumentare il numero di gruppi in modi da avere cinque squadre in
ognuno, con sole otto gare da disputare a testa; ma anche considerando la suddivisione attuale, un
progetto del genere prevederebbe per l’Italia (e quindi tutte le altre squadre) un calendario di
questo genere:
Sabato 10 Giugno Italia-Israele
Mercoledì 14 Giugno Italia-Spagna
Sabato 17 Macedonia-Italia
Mercoledì 21 Giugno Albania-Italia
Sabato 24 Giugno Italia-Liechtenstein
Mercoledì 28 Giugno Israele-Italia
Domenica 2 Luglio Spagna-Italia
Mercoledì 5 luglio Italia-Macedonia
Sabato 8 Luglio Italia-Albania
Mercoledì 12 Luglio Liechtenstein-Italia
Un mese, come accade normalmente per le fasi
finali, con spettacolo concentrato, partite ed emozioni ravvicinate, e senza le distrazioni dei
più avvincenti campionati e coppe. Per diminuire eventuali disagi di lunghi viaggi a distanza
ravvicinata, si potrebbe decidere di giocare mini blocchi di due partite giocate in casa
consecutivamente, oppure in paesi geograficamente vicini (Macedonia e Albania, per esempio)
Sottolineiamo che, in assenza di pause per la Nazionale, tutti i campionati finirebbero notevolmente
prima (la Serie A a fine Aprile o inizio Maggio, per esempio), dando modo di disputare anche un paio
di amichevoli (oltre alla preparazione) ed eventuali spareggi, allargando di due settimane la finestra
temporale, se necessario, ma sempre e solo in quel periodo ben definito.
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In questo modo verrebbero soddisfatti tifosi e società,
che non si vedrebbero private di giocatori importanti durante i campionati (che a loro volta non
verrebbero mai interrotti), ma anche le stesse Fifa e Uefa, che potrebbero vendere un
‘pacchetto calcio’ molto più appetibile al pubblico e soprattutto alle tv. Un evento del genere,
infatti, delimitato entro un periodo breve ma esclusivo, porterebbe un carattere di ‘rarità’ (in fondo,
vorrebbe dire vedere la Nazionale solo una volta all’anno, anche se per un mese), con conseguente
riscontro e successo di pubblico superiori al sistema attuale.
Il calcio romantico degli anni 70 e 80 è finito, e con loro anche le piacevoli tradizioni che in
qualche modo il bambino che è in me rimpiange; ma sono terminati anche gli anni 90 e 00, e se
siamo ormai entrati nel calcio del futuro, con giocatori e club che spostano centinaia di milioni con
uno spot o un’amichevole in Asia, e calciatori che sono di proprietà non più soltanto delle singole
società ma, talvolta, di banche, fondi finanziari e agenti, magari è anche il momento di voltare
pagina con le nazionali.
30 anni sono fin troppi…
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