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28 settembre 2016 delle ore 08:02
Treti Galaxie presenta "Tiziano e Giorgione". A
Torino un progetto dedicato all'amicizia e alla
morte, incarnato dagli artisti Alessandro Di Pietro
e Michele Gabriele
Lo spazio Barriera di Torino si rivela scenario
ideale per "Tiziano e Giorgione", a cura di
Matteo Mottin - Treti Galaxie - fornendo la
giusta atmosfera cupa, industriale e periferica,
a un progetto che interpreta il tema dell'amicizia
proiettandola nell'incertezza della morte. Il
titolo stesso allude al patto stipulato fra i due
grandi pittori veneti per cui, alla morte dell'uno,
l'altro ne avrebbe completato le opere. Immersi
in una dimensione spazio temporale che dilata
emozioni e pensieri, le opere dei due artisti
Alessandro Di Pietro e Michele Gabriele si
aprono ad un confronto che si svolge sulla stessa
parete, presentandosi come un dittico che si
dispiega lontano dallo sguardo del visitatore.
Lo spazio espositivo è infatti tagliato per tutta
la sua larghezza da due file di mattoni al cui
interno si trova dell'acqua. Il novello Lete, parte
del display curatoriale, disegna un'importante
suddivisione spaziale, imponendo all'osservatore
la contemplazione di una pseudo realtà
oltremondana, di cui partecipano le due opere
in mostra. Se quindi l'attenzione è rivolta al
concetto del limite e al suo superamento, l'idea
curatoriale gioca una parte preponderante
nell'intreccio che dà vita alla mostra,
suggerendo ulteriori sviluppi, come il dialogo
con lo spazio di Barriera, contenitore di eventi
temporanei, ma anche deposito di opere d'arte
e, in quanto tale, possibile "mondo dei mortiā€
cui tendono i lavori di Di Pietro e Gabriele.
Auto-investendosi a eredi di Tiziano e
Giorgione, gli artisti danno vita a un vortice di
eclettismo e finzione. C'è tempo fino al 2 ottobre
per visitare la mostra. (Alessandra Franetovich)
Foto sopra, Alessandro Di Pietro, intervento
per Tiziano e Giorgione, courtesy Treti Galaxie,
2016, photo Marco Cappelletti Foto home,
Tiziano e Giorgione installation view, courtesy
Treti Galaxie, 2016, photo Marco Cappelletti
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