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Venerdì 30 Settembre 2016
3
No definitivo del Campidoglio alle Olimpiadi, ma M5s vuole comunque 4 miliardi
Roma nel caos, Raggi batte cassa
Referendum, Renzi: destra decisiva. Insorge la minoranza pd
DI FRANCO ADRIANO
E EMILIO GIOVENTÙ
N
o alle Olimpiadi, ma
M5s vuole comuqnue i soldi. La seduta straordinaria sul
ritiro della candidatura di
Roma alle Olimpiadi 2024,
infatti, si è chiusa con l’approvazione dell’ordine del giorno
del M5S che impegna
comunque la sindaca
a portare avanti la
richiesta al governo
di stringere un Patto
per Roma da 4 miliardi. L’indirizzo è stato
approvato con 31 voti
favorevoli, della maggioranza, la sindaca e
Stefano Fassina, contrari nessuno, astenuti
nessuno. Insomma, la
sindaca deve «adottare
ogni specifica iniziativa ed atto nei confronti
del Governo nazionale
per le seguenti finalità: gli stanziamenti - 4
miliardi di euro (previsti dall’esecutivo in
caso di candidatura
alle Olimpiadi, ndr) destinati alla pianificazione di programmi
pubblici per il periodo
dal 2017 al 2023, possano essere effettivamente
destinati ad interventi di riqualificazione degli impianti
sportivi esistenti nella Capitale e di ogni altra infrastruttura alle medesime finalità
dedicata; gli stessi fondi possano essere distribuiti, più in
generale, su un programma
più ampio ed esteso di provvedimenti ed azioni di rigenerazione urbana della città
di Roma». Chissà che ne dirà
Matteo Renzi e soprattutto il ministro dell’Economia
Pier Carlo Padoan. Intanto, la sindaca ha lasciato
l’aula tra acclamazione di
alcune fan che la incitavano
gridando il suo nome: «Virginia, Virginia». In aula e fuori
sono state scintille. La miccia
è stata accesa dalla decisione comunicata dal presidente Marcello De Vito di non
accettare interventi esterni,
in primis quello di Diana
Bianchedi, del comitato promotore per Roma 2024 che ha
allora improvvisato una conferenza con i cronisti in sala
stampa. L’atleta ha ribadito
che «non è corretto imputare
un miliardo di debiti ai giochi
del 1960» e che «i consiglieri
avrebbero dovuto leggere il
dossier. Io», ha spiegato, «oggi
mi sarei rivolta ai consiglieri,
perché la sindaca ha espresso già la sua opinione. Gli si
chiede di mettere la firma su
un progetto che non conoscono». E il consigliere Roberto
Giachetti ha sottolineato
che «i rappresentanti del
Coni vengono umiliati per la
seconda volta», alludendo al
mancato incontro prima della
conferenza con cui Raggi ha
annunciato il «no» ufficiale
alla candidatura di Roma.
La seduta è stata interrotta
a causa di un blitz dei consiglieri di Fdi che hanno esibito
cartelli con su scritto: «Prima
grillini, adesso coniglietti»,
agitando carote». L’Aula ha a
lungo applaudito l’intervento
esperto di lotta in casa, fratricida, citofonare a Romano
Prodi». In serata, a Perugia,
durante un comizio Matteo
Renzi, con questa battuta,
rende bene il clima interno al
Pd. Il referendum avrà «delle conseguenze», qualunque
sia il risultato, ma bisogna
fare una campagna per il sì
«con il sorriso» e non cadere
Vignetta di Claudio Cadei
del consigliere Sara Seccia
di M5S in sostegno del no
alla candidatura di Roma.
Gli applausi sono giunti dai
consiglieri pentastellati. Ma
la questione scottante: quella della conservazione dei
finanziamenti, l’ha sollevata il capogruppo capitolino
M5S, Paolo Ferrara. «C’è
una mozione depositata che
chiede un patto per Roma»,
ha affermato, «non dobbiamo
strumentalizzare e non diciamo che i soldi non ci sono più,
perché una parte importante
di quei soldi sono ancora a
disposizione e possono essere
usati, se c’è buon senso, anche da parte del governo». Sul
no alle Olimpiadi «si è fatta
una figuraccia a livello internazionale», ha detto per ora
Renzi, «il fatto sconvolgente
è che si dice che non si fanno
le Olimpiadi per il malaffare.
Un politico serio fa arrestare
i ladri». «Migliaia di posti di
lavoro persi sull’altare della
rassegnazione», ha concluso,
«noi eravamo in pole position.
Los Angeles e Parigi stanno
brindando». «Dire no è stato
un atto di coraggio: ci vogliono gli attributi per fare una
scelta di questo tipo di cui i
romani un giorno ci ringrazieranno», ha replicato Luigi Di
Maio.
Quotidiana guerra nel Pd
sul referendum
«Massimo D’Alema ha
un obiettivo politico: quello
di distruggere una persona e
un’esperienza politica. È un
nel tranello di «chi vuole la
rissa». «Non è referendum
banale, ha delle conseguenze
sia nel caso del sì, sia nel caso
del no. Non bisogna sottovalutare, ma nemmeno avere
l’atteggiamento che gli altri
vorrebbero», ha aggiunto. «Ci
diranno di tutto, che siamo
schiavi delle lobby, delle banche, delle realtà plutocratiche
economiche... Diranno che
vogliamo aumentare i poteri
del premier: falso, siamo nel
paese in cui il primo ministro
ha i poteri più bassi di tutti.
Mentre la bozza di riforma
fatta da D’Alema nel ‘98 e
quella di Silvio Berlusconi
nel 2005 avevano cambiato i
poteri del premier, in questo
caso non c’è un solo articolo in
cui si parli dei poteri del premier. Mi spiace quasi. Diranno che vogliamo ridurre gli
spazi di democrazia. Noi non
stiamo riducendo gli spazi di
democrazia ma le poltrone.
Penso si possa fare democrazia anche con meno gente
pagata dai cittadini». Non basta. Votare no al referendum
significa bloccare le riforme
«per decenni» e non bisogna
credere a chi dice che poi si
può fare una bicamerale e riprendere il discorso... Perché
c’è chi vuole rifare la bicamerale, non gli è bastata...». Ma
la vera pietra dello scandalo
nel Pd è stata l’affermazione
di Renzi secondo la quale al
referendum i voti di destra
saranno decisivi. Per Roberto Speranza: «Tante persone
di sinistra che non sono convinte vogliono votare no». Per
Gianni Cuperlo dopo il 4 dicembre verrà l’ora di farala finita: «Se perde si dimetta, poi
la parola a Sergio Mattarella». «Inutile girarci intorno:
i voti di destra saranno decisivi al referendum», aveva
detto precisamente Renzi, «la
sinistra, oramai, è in larghissima parte con noi. Direi che
la stragrande maggioranza è
con noi. La questione
vera oggi è la destra.
E l’elettore di destra,
oggi, si trova davanti
a due scelte: votare
sul merito, non votare
sul merito. Se la scelta diventa votare sul
merito, vota Sì e sono
certo che alla fine andrà così». Per Miguel
Gotor le parole di
Renzi «confermano il
sospetto che il fronte
del sì e i relativi comitati al di fuori del Pd
costituiscano la futura
architrave di un nuovo
schieramento che punta a trasformare il Pd
in un partito della nazione neo-centrista».
«Il tema è che tanti
puntano non a un’Italia migliore ma a far
cadere Renzi», ma
«tanto non c’è alternativa a questo governo», ha
chiosato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano.
Casa Italia, il Senato
approva il piano
L’aula del Senato ha approvato l’ordine del giorno della
maggioranza sul progetto
«Casa Italia» in relazione
al terremoto che ha colpito
il centro Italia il 24 agosto
scorso. I sì sono stati 122, i
no 26; 49 gli astenuti. Prima
della votazione, il premier si
era raccomandato: «Questo
lavoro è da fare tutti insieme». Il senatore a vita Renzo
Piano, ha tenuto un discorso
«molto bello, di grande respiro, che abbraccia più generazioni e tutto il Paese, non solo
la maggioranza, il governo, le
singole componenti», ha detto
Renzi. La mozione impegna
il governo ad orientare la ricostruzione secondo ben precise linee: qualità massima,
con rispetto dell’identità dei
luoghi e degli edifici; democrazia, attraverso responsabilizzazione delle comunità
locali; trasparenza, nella
gestione di tutte le risorse
e rendicontazione puntuale
e continua degli interventi;
legalità, mediante meccanismi per il controllo puntuale e continuo delle imprese
incaricate dei lavori; equità,
ovvero corresponsione del dovuto ai cittadini, alle imprese, agli enti delle comunità
colpite. La ricostruzione del
tessuto urbanistico richiede
l’imprescindibile recupero di
una profonda coesione sociale.
Ma per il leghista e vicepresidente del Senato Roberto
Calderoli: «Per Renzi e per il
suo governo la ricostruzione
delle zone terremotate è una
priorità solo a parole, giusto
il solito spot elettorale, peccato che i fatti dimostrino il
contrario, anzi i voti. Oggi la
maggioranza ha votato contro
il mio ordine del giorno, su cui
ovviamente il foverno aveva
dato parere contrario, con cui
chiedevo al governo di impegnarsi a utilizzare le risorse
del poco verosimile ponte sullo Stretto, in tutto circa oltre
8 miliardi, per la ricostruzione delle aree devastate dal sisma (oltre 4 miliardi) e nella
restante parte per la prima
messa in sicurezza dei territori a rischio. Il governo e la
maggioranza hanno risposto
picche, meglio usare questi 8
miliardi per il faraonico ponte sullo Stretto». C’è poi M5s
che accusa l’esecutivo di «impegnarsi a parole a stanziare
fondi e promettere interventi straordinari, ma nei fatti
rimane fermo, riparandosi
dietro ai dinieghi dell’Unione Europea», ha affermato il
senatore M5S Carlo Martelli. «Il piano Casa Italia è un
foglio bianco che profuma di
presa in giro», ha concluso il
pentastellato.
© Riproduzione riservata
PILLOLE
di Pierre de Nolac
Renzi: «I voti di destra
decisivi al referendum».
E pure al Pd.
***
D’Alema: «Berlusconi
ha fatto scuola».
Con l’alunno
che supera il maestro.
***
Orfini è per «un modello
alla greca».
Si parla di legge elettorale.
***
Campidoglio, si dimette
anche il ragioniere
generale.
Nessuno vuole fare
i conti con la Raggi.
***
Roma 2024, no definitivo
del Campidoglio.
Fine dei giochi.
***
Bollette, da ottobre
sale il gas.
Vuol dire che sarà
un inverno freddo.