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Venerdì 30 Settembre 2016
ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
La Corte costituzionale di Karlsruhe ha dato ragione a un pensionato accanito fumatore
In casa uno fuma quanto vuole
Ma il tutto è stato rinviato al tribunale di Dusseldorf
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
H
err Adolfs è l’eroe del
giorno per il 25% dei
tedeschi, o il 26, forse
perfino per il 30. Ma i
soliti anti Germania stiano attenti, non esultino commentando «ecco, i soliti nazisti, i tedeschi non cambiano». C’è una «s»
in più, rispetto al Führer, e poi
si tratta del cognome e non del
nome. Ammetto che la battuta
è facile, e neanche divertente,
ma tutta la storia è un po’comica, almeno per me. Non ho mai
fumato, neppure una sigaretta
in vita mia, quindi ritengo di
essere obiettivo.
Dopo una vertenza durata
tre anni, a Herr Friedhelm
Adolfs è stato permesso di continuare a fumare in casa sua.
Almeno per il momento, dato
che il processo dovrà ricominciare da capo. Anche la giustizia tedesca, a volte, diventa
lenta come la nostra, o quasi.
Intanto, il signor Friedhelm,
pensionato di 78 anni, si gode
la sua gloria. Ha preso il posto
di Helmut Schmidt nel cuore
dei fumatori tedeschi, che sono
appunto circa un quarto della
popolazione, una ventina di milioni. L’ex cancelliere era l’unico
a cui fosse ancora concesso di
fumare alla Tv durante le interviste e i talk shows. È scomparso lo scorso 28 dicembre, a
97 anni, tanto per fare l’ultimo
dispetto ai proibizionisti. E
il suo ultimo libro, a quattro
mani con il direttore della Zeit,
l’italotedesco Giovanni Di Lorenzo, è intitolato «Die letzte
Zigarette», l’ultima sigaretta.
Friedhelm abita da 43
anni in una casa popolare di
Düsseldorf, nell’ex alloggio del
portiere, lavoro che ha svolto
fino a quando non è andato in
pensione. È un fumatore accanito, una sigaretta dopo l’altra, e il fumo impesta le scale
condominiali fino al quarto e
ultimo piano. Invano i vicini
hanno cercato di indurlo alla
moderazione: chi fuma vive in
media quattro anni di meno, e
così via. Lui ha sempre risposto a muso duro, come Schmidt,
che era soprannominato Die
Friedhelm Adolfs
Schnautze, il grugno: «A casa
mia faccio quel che voglio». Infine, è stato sfrattato. Lui si è
opposto, ed è iniziato un processo dall’esito contraddittorio.
In prima istanza, ha vinto la
padrona di casa. Friedhelm ha
fatto appello e nel giugno del
2014 ha perso di nuovo. Ma nel
febbraio dell’anno scorso, il suo
avvocato è riuscito a segnare
un punto.
La questione, ha obiettato, riguarda la Corte costitu-
zionale: ammesso
che il fumo eccessivo del suo cliente possa disturbare i vicini, la
legge non si può
intromettere tra
le quattro mura
del minuscolo
appartamento di
Herr Adolfs. La
vertenza è passata alla Corte
costituzionale di
Karlsruhe, e l’ex
portiere emulo
di Schmidt è diventato un caso
nazionale. Mercoledì i giudici
costituzionali hanno annullato
la sentenza e quindi lo sfratto.
Ma per un vizio di forma, hanno preferito non entrare nel
merito. Una vittoria parziale.
Tutto è stato rinviato al tribunale di Düsseldorf, ma intanto il fumatore può rimanere a
casa sua, e continuare ad appestare le scale del palazzo. «È
disgustoso», si lamenta Norbert H., inquilino del quarto
piano, «il fumo è insopportabile». Dovrà sopportarlo almeno
per un paio d’anni, tra nuova
sentenza ed appello. Un giudizio che farà scuola: la Germania sarà un paese tollerante e
democratico, o proibizionista?
Per il momento Friedhelm ha
festeggiato con un sigaro Avana offerto dagli ammiratori.
Per le statistiche, i tedeschi fumano 79,5 miliardi
di sigarette all’anno, sempre
meno, nel 2009 erano 86 miliardi. Ci guadagna la salute
ma lo Stato non ci perde: le
tasse sul fumo rimangono costanti poco sopra i 14 miliardi
di euro. Meno si fuma e più
aumentano: da 7,5 centesimi
a sigaretta si è passati a 15.
Quanto ho risparmiato non
avendo mai fumato? Evito
i calcoli perché mia moglie
penserebbe che la metto sotto
accusa. Lei fuma cinque sigarette al giorno, non fino in fondo, precisa. E a me, ovunque
fumi, perfino in auto, non dà
fastidio. Sono un non fumatore democratico. O non fondamentalista. Vietare va bene,
purché non si esageri.
© Riproduzione riservata
Il colosso francese dell’hotellerie fa concorrenza a Airbnb Due mln di posti nel prossimo decennio
Accor lancia il suo Jo&Joe Usa, lavoratori
Dormire a Parigi con 25 € dalla Germania
DI
ANGELICA RATTI
N
Una stanza dell’innovativo hotel sotto l’insegna Jo&Joe per i giovani. Aprirà a Parigi nel 2018
DI
A
SIMONETTA SCARANE
ccor, il colosso francese dell’hotellerie, lancia il suo nuovo marchio
innovativo Jo&Joe per l’ospitalità
chip (25 euro a notte) ma di design,
dedicata ai giovani dai 15 ai 35 anni. Stanze
grandi, vivibili, con letti singoli, o a castello.
Camere capaci di accogliere fino a 6 persone,
dove ognuno deve rifarsi il letto da solo (le
lenzuola sono incluse, l’asciugamano no). Wifi e spese ridotte al minimo: menù da 10 euro
e 5 per la colazione, 24 ore su 24 (da bar e
ristorante deriverà il 35-40% del fatturato).
Ogni Jo&Joe avrà anche una stanza con un
letto gigante. Così Accor intende fare concorrenza al fenomeno Airbnb, agli ostelli o allo
scambio casa. Con il brand Jo&Joe, Accor si
inventa un nuovo concetto di ospitalità che è
una rivoluzione rispetto al tradizionale ostello della gioventù, offrendo stanze di design
firmate da Lee Penson (che ha progettato gli
uffici di Google e di YouTube in Inghilterra)
concepite per chi viaggia in coppia, in gruppo e anche per chi si sposta in solitario. Lo
scopo è conquistare la fetta di pubblico che
va dai Millennials, i ragazzi non ancora maggiorenni, fino ai trentacinquenni, che all’albergo tradizionale preferiscono l’ospitalità
di Airbnb, che con la sua piattaforma online
offre brevi soggiorni in case dei privati. Accor aprirà 50 strutture con l’insegna Jo&Joe
entro il 2020, principalmente in Francia. La
prima, a Parigi, nel 2018, vicino alla città
universitaria. Inoltre, Accor ha spinto ancora
di più sull’innovazione creando una comunità
Jo&Joe su Internet.
© Riproduzione riservata
egli Stati Uniti gli
imprenditori fanno
fatica a trovare manodopera specializzata, qualificata, da impiegare
nell’industria. E stanno guardando alla Germania per superare il gap di competenze e di
formazione professionale. Due
milioni di posti resteranno senza copertura
nell’industria manifatturiera americana nel
prossimo decennio, anche per il fatto che non
c’è il tempo sufficiente
per formarli, secondo gli
esperti dell’Istituto per
la manifattura un’organizzazione no profit affiliata
all’Associazione nazionale dei
produttori e servizi professionali di Deloitte Llp.
Mentre l’amministrazione
Obama ha speso milioni di dollari per promuovere competenze basate sulla formazione, gli
Stati Uniti rimangono il paese
dove la migliore via per trovare
un lavoro ben pagato è prendersi un diploma universitario.
L’ufficio di statistica ha rivelato
che due terzi dei diplomati dei
college nel 2015 hanno scelto
di frequentare l’università con
corsi di studio di quattro anni.
In Germania non è così.
Circa la metà dei ragazzi che
escono dalle scuole superiori
sceglie di seguire corsi di apprendistato molto qualificati
piuttosto che proseguire negli
studi. E hanno ben chiaro un
unico obiettivo: quello di trovare un impiego sicuro. Gli apprendisti tedeschi passano trequattro giorni la settimana in
una impresa e un paio di giorni
in una scuola professionale a
spese dell’azienda. Una volta
terminati i corsi, molti di loro
restano a lavorare in azienda.
Il consorzio Icatt per la formazione nelle tecnologie avanzate, che ha sede a Chicago, e ha
collaborazioni con la camera
di commercio Usa-Germania,
sta cercando di replicare negli
Usa il modello formativo tedesco per coprire il deficit di competenze altamente qualificate
e l’industria degli Stati Uniti
sta cercando di certificare una
uniformità degli standard per
l’apprendistato.
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