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CONSIGLIERE PALLAVICINI (SPP)
Grazie Presidente. Ovviamente non posso che intervenire sui fatti che
hanno interessato la nostra città nella settimana appena trascorsa, fatti gravissimi,
di una gravità che non si porta a memoria negli ultimi decenni: un morto per uno
sciopero, nel nostro paese, nella nostra città. Come dico spesso, ogni tanto la
realtà irrompe anche in questa sala e anche sulla stampa, sulla informazione,
nella cosiddetta “opinione pubblica – che cosa orribile! – locale”.
Soltanto gli
ignoranti si possono stupire quando irrompe, perché vuol dire che costoro hanno
scelto selettivamente di non guardare una parte di città, una parte di mondo.
So che è uno sforzo senza speranze quello di provare ad argomentare sulla
realtà operaia in questa sede, ma io tante volte ci ho provato a portare quella
realtà qua dentro. Oggi piangiamo un morto che – come dicevo – non ha
precedenti da decenni in Italia, e un morto che nasce in un contesto di una realtà
che sembra davvero viaggiare su binari paralleli che mai si incrociano con la
vostra realtà. Ci vuole il morto, ci vuole lo shock per far parlare di un argomento e
per far prendere delle posizioni.
Io penso che l’interessamento di tanti adesso, in questo momento, sia un
po’ lacrime di coccodrillo, sia piangere sul latte versato, sia anche un po’ ipocrita
quando è da anni che non parlo di altro qui dentro. Da anni! Ricordo che nel
programma di coalizione del “fu” centro-sinistra, che poi è rimasto solo centro, la
componente che qui rappresento (Sinistra Per Piacenza) chiese l’adozione di
misure drastiche per quel che riguardava il lavoro nel Polo Logistico; io stesso
chiesi, alla prima seduta, che si procedesse con dei fatti e non con delle parole, e
invece tutto venne sempre ridotto al fare delle grandi dichiarazioni, al fare dei
grandi programmi di collaborazione con gli stessi soggetti responsabili del mal
lavoro nel Polo Logistico e non si concluse niente, e tutto venne sempre
demandato (e forse per fortuna che è così) alla forza della classe operaia, che ha
lottato e contrattato solo con la forza dei propri muscoli, dei propri numeri, delle
proprie convinzioni. Tanti bei tavoli, tanti impegni, tanti rappresentanti del
padronato
sindacati
che parlavano. Ma poi, quando non c’erano i riconoscimenti dei
effettivamente
rappresentativi?
Da
quei
banchi,
dai
banchi
dell’Amministrazione, ma non solo quelli, dai banchi di tutte le Istituzioni cittadine
(non sto a elencarle perché ci sono tutte) si è sempre condannato quelli che erano
definiti strumenti di lotta “violenti”, “intollerabili” … L’unica cosa di intollerabile a chi
così li definiva era che si colpivano i profitti di chi quelle condizioni di lavoro
determinavano. C’erano delle prese di posizioni parziali e chiare e nette contro il
movimento operaio che adesso piange il suo morto.
Sapete dove sono stato stamattina? Sono stato a rimandare uno sfratto di
un facchino licenziato, parte di questo movimento, lo scorso anno, nella vertenza
Inalca, qua, a neanche quattro chilometri da questo palazzo, vertenza con la quale
si contestava l’applicazione dell’introduzione del Jobs Act, che permetterà
licenziamenti scriteriati. Licenziato, e adesso verrà sfrattato con la famiglia. E
allora che senso ha che le Istituzioni rappresentanti di partiti implicati nella
produzione del quadro normativo in materia del lavoro che ci troviamo a portare
sul groppone, spendano parole, esprimano cordoglio e solidarietà, nel momento in
cui avvallano e promuovono, dentro le stanze dove si fanno le leggi, quelle leggi
che determinano le condizioni di sfruttamento della classe operaia anche nella
nostra città? È assolutamente una contraddizione ed è assolutamente un fatto
ipocrita, grida vendetta. Ma tanto è inutile parlarne qui dentro, quindi andiamo
avanti.
Veniamo al corteo e alla manifestazione che c’è stata, una delle più grandi,
insieme a quella dei fogli di via che vennero comminati nel 2013; una delle più
grandi che ha attraversato la nostra città: 4-5.000 persone, peraltro assolutamente
civili e pacifiche, ma civili e pacifiche non perché bisognava fare un favore a lor
signori delle Istituzioni o a lor signor padroni; pacifiche e civili perché noi abbiamo
voluto che fosse così. Ci si è complimentati. Bene, se non andava civile e pacifica,
bisognava complimentarsi lo stesso, perché sarebbe stato quello che quella parte
di mondo, esclusa e dimenticata, avrebbe deciso. Abbiamo deciso diversamente;
si troveranno altri metodi di lotta più incisivi dopo il dovuto momento del dolore
dell’altro giorno, a partire dai blocchi davanti alle aziende, a partire da quello che si
era fatto, la sera stessa, con l’occupazione dei binari alla stazione. Non è certo per
fare un favore, ma perché noi abbiamo ritenuto che quel giorno fosse giusto sfilare
in quella maniera.
Prendo un altro minuto e me ne scuso. Io credo che se fossi un
commerciante del centro inizierei subito a raccogliere le firme per fare una classaction contro tutte le Istituzioni che hanno sparso terrorismo mediatico con il solo
evidente scopo di disincentivare la partecipazione nelle ore e nei giorni precedenti
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al corteo. Io è questo che farei, se fossi un commerciante; non prendermela con
chi ha manifestato perché c’è un morto, ma una class-action contro chi ha sparso
il terrore.
Un ultimo appunto sulla repressione che questo movimento spesso
subisce. Non si tratta soltanto del fatto che spesso veniamo colpiti (anche a me
hanno puntato un machete alla gola una volta, fate voi) o schiacciati dai camion,
ma ci sono le denunce,
lo denunciavo proprio qua, lunedì scorso: altri due
ragazzi, me compreso, e altri sono stati denunciati per la vertenza a XPO
Logistics, la settimana scorsa. E su questo non si dice mai niente. Quando un
segretario
nazionale
del
sindacato
maggiormente
rappresentativo
viene
allontanato dalla città, come capitò al segretario nazionale del S.I.Cobas Milani,
non si dice niente.
Ho letto invece le dichiarazioni di Cristina Dodici, che mi pare essere
caposezione della logistica di Confindustria. Lei chiede una recinzione sul modello
di Castel San Giovanni del Polo Logistico. Cos’è? Dobbiamo disciplinare la classe
operaia? È quello il problema o sono le condizioni di lavoro? Milza, invece, di
Confcooperative centra un obiettivo, ovvero il fatto che c’è questo problema delle
cooperative spurie che con gli appalti al massimo ribasso determinano queste
condizioni. Verissimo, ma occhio che le cooperative di Lega Coop e di
Confcooperative spesso sono ancora più zelanti nel non riconoscere i sindacati
realmente rappresentativi all’interno di quelle aziende, a partire dal S.I.Cobas. È
facile denunciare e scaricare, ma non è che di là si vada tanto meglio. Ricordiamo
che la vertenza Ikea nacque in quel contesto. Non parliamo dei confederali che, a
cadavere ancora caldo, hanno detto che era colpa dei S.I.Cobas “che hanno reso
la situazione ingovernabile”. Poi si spiega perché siano spariti dal settore e in
generale dai settori produttivi del lavoro vivo.
Chiudo con questa cosa. Io credo che nel
nostro paese ci sia un
grossissimo problema di cultura del lavoro; quella cultura del lavoro che ha reso
grande e ricco il nostro paese e la nostra Emilia Romagna, la nostra città, è venuto
completamente meno negli ultimi 40 anni, con un concorso di colpa che va dai
sindacati ufficiali istituzionalizzati ai soggetti politici e sociali che hanno promosso
un quadro normativo filopadronale e appunto possono arrivare a contemplare
quello che, al di là di come andrà l’esito processuale, si configura come un
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omicidio padronale. In questo senso esprimo una nota negativa verso chi già ha
emesso la sentenza quando evidentemente il video non dimostra niente, sapete a
chi mi riferisco …
PRESIDENTE FIAZZA
Consigliere, Le chiedo cortesemente …
CONSIGLIERE PALLAVICINI (SPP)
Ho finito. Al di là di quello che sarà l’esito processuale, io credo che ci sia
un problema di cultura del lavoro, se si arriva a pensare che il problema sia chi
sciopera e non chi per fretta, per necessità di fare profitto, incentiva delle
situazioni di tensione che poi possono arrivare anche alla tragedia siamo messi
male. Non solo è legittimo lo strumento del picchetto, ma in un paese civile un
camion non deve essere autorizzato a uscire dal magazzino in presenza di un
picchetto! Io non mi stupisco che si sia arrivati alla tragedia, perché in quel mondo
ci vivo dentro, ma evidentemente quel mondo è una realtà separata dalla
cosiddetta sfera dell’opinione pubblica bianca e borghese di questa città. C’è
davvero poco altro da dire.
Noi andremo avanti con più determinazione di prima e con Abd Elsalam nel
cuore. Grazie.
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