Ricostruire questo fragile Paese, secondo Renzo Piano

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Ricostruire questo fragile Paese, secondo Renzo Piano | 1
giovedì 29 settembre 2016, 17:30
Tecniche di Ricostruzione
Ricostruire questo fragile Paese, secondo Renzo Piano
Il progetto di lunga durata di messa in sicurezza del Paese, cantieristica leggera, tecniche innovative
di Laura Sottosanti
Ricostruzione. Dal 24 agosto è diventato il tormentone italiano, la priorità politica per eccellenza. Ma la Ricostruzione
cos’è? Ed ha per tutti lo stesso significato? Evidentemente no. Conosciamo tutti, gli esiti di un modello di ricostruzione come
quello adottato all’Aquila, dove questo termine ha significato la costruzione ex-novo di una cosiddetta ‘New Town’,
riconosciuta da nessuno ed estranea a tutti. Ma come si fa a ricostruire una comunità che ha subito un disastro come un
terremoto? Come si fa a ricostruire l’identità di una comunità ferita che da un giorno all’altro si è trovata senza casa?
Stefano Boeri, architetto ed urbanista, creatore del premiato ‘Bosco Verticale’, ci viene incontro, «Esiste un tempo del
‘far presto’ e un tempo del ‘fare bene’ » «Abbiamo modelli da non seguire: Gibellina, città fantasma, modello
dell’Aquila, spazi mai sentiti come città. Modelli positivi invece come la ricostruzione del Friuli, da temporanei
sono diventati definitivi perché di alta qualità sin da subito, o il modello del Giappone». Ma Boeri non è il solo
architetto a parlarci di come ricostruire e quanto importante farlo bene, un altro parere autorevole ci arriva da Renzo Piano
archistar tra le più famose, incaricato direttamente dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi di occuparsi della
ricostruzione delle zone che hanno subito il terremoto. La filosofia di Piano è chiara e inequivocabile «L’anima dei luoghi
non si può cancellare. Chi ha subito un trauma terribile deve poter tornare a vivere dove è sempre stato. Né container
né tendopoli». E proprio Renzo Piano oggi è stato protagonista, in Senato, del dibattito sulle mozioni e gli ordini
del giorno sul progetto 'Casa Italia' presentato le scorse settimane dal Governo, e che in Aula il Premier Matteo Renzi
ha illustrato. «Io ho un progetto e direi che è un po' forte», ha esordito Renzo Piano, progetto «di lunga durata….», «un
progetto generazionale, che deve durare forse due generazioni, cinquant'anni. ….. il progetto di salvaguardare il Paese
e il suo patrimonio residenziale dal sisma». La casa, ha detto Piano, è il centro di questo progetto. Ma qual è questo
progetto?. L'architetto Senatore a vita lo racconta così: «tutto deve cominciare con la diagnostica» che «consente subito di
passare ad una cantieristica leggera», «ci vogliono i cantieri leggeri, che sono fatti con degli strumenti
diversi». Vi assicuro, ha proseguito Piano, «che si possono fare delle chiavi, che rinforzano gli edifici, senza distruggerli e
spaccare tutto.…. Benvenuti nel mondo della contemporaneità. Sul tema della casa, bisogna passare dal mondo
leggermente medioevale in cui viviamo ad un mondo che ci appartiene». Perché è, dunque, così importante questa
diagnostica e perché è importante fare i cantieri leggeri? «C'è una ragione umana, molto importante: in tal modo non si
devono allontanare le persone dalle loro case. Questa è la verità ed è qui che entra in gioco l'elemento inventivo. …. Non
allontanare le persone dalla casa significa immediatamente avere la possibilità di abbassare i costi di
intervento: costi fisici, economici ma anche quelli umani». Nella sostanza «propongo di fare dieci prototipi». Bisogna
«costruirli lungo l'arco dell'Appennino, bisogna scegliere attentamente tra il patrimonio vetusto della casa -mi sto
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su
http://www.lindro.it/ricostruire-questo-fragile-paese-secondo-renzo-piano/
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concentrando sulla casa, e chiamo vetusto il patrimonio più anziano di settant'anni- e quello più recente, che è quello che è
stato costruito nel Dopoguerra, settant'anni fa. Occorre partire da queste due famiglie e poi naturalmente bisogna parlare
di tecniche costruttive: la pietra, il laterizio, la struttura mista, il cemento. …. fare questi 10 prototipi è molto importante.
L'idea è di costruirli nei prossimi anni, non nei prossimi cinquant'anni, in tempi brevi. Abbiamo la competenza per
poterlo fare». Tutto questo, secondo Piano, si può fare, ma ci vogliono due o tre cose; «un'organizzazione, che però è
possibile. Il nostro non è un Paese in rovina. …. stiamo parlando di un patrimonio di 10 milioni di case. …., questo patrimonio
di 10 milioni di edifici può essere messo in sicurezza …. con un costo che ovviamente è limitato grazie al fatto che ho
spiegato poco prima. Non entro nel dettaglio di quanti soldi ci vogliono, ma sono soldi che possono essere trovati
facilmente nei bilanci di ogni anno. Sono soldi che rientrano immediatamente in circolazione: è come dare
ossigeno, perché sono microfinanziamenti, microimprese, microcantieri». «Si tratta di cominciare e non smettere più»,
dice Piano «Dobbiamo tutti abbandonare il terreno oscuro e medievale della fatalità», e poi prendere coscienza di «quella
che definirei una responsabilità collettiva». «Ho l'impressione», afferma Piano, «che in Italia ci si sia assuefatti alla bellezza
del nostro Paese. C'è una sorta di assuefazione per cui non ce ne rendiamo più conto. Forse gli italiani non si rendono più
conto di che patrimonio abbiamo. …. È una bellezza che non appartiene a noi, ma al mondo. È patrimonio dell'umanità. Me lo
sento dire molto spesso. Non vi sembra di essere dei custodi leggermente disattenti di tanto patrimonio? … Siamo dei
custodi di una bellezza straordinaria che ci viene invidiata …. l'abbiamo ereditata e dobbiamo portarla ai nostri figli e nipoti.
Per questo ci vuole un progetto di lunga durata» Però, conclude l'architetto Senatore, «vedete, la bellezza è fragile. Il
nostro è un Paese bellissimo ma fragilissimo al tempo stesso…». La discussione in Senato si è conclusa con l'approvazione di
due ordini del giorno che impegnano il Governo a completare rapidamente il riordino della Protezione civile, a
pianificare il fabbisogno di risorse pubbliche e private per la messa in sicurezza degli edifici, a dare continuità al
bonus per l'efficientamento energetico e ad estenderlo agli interventi di adeguamento antisimico; a prevedere che la
ricostruzione dei paesi colpiti avvenga nei medesimi siti, coinvolga l'Autorità anticorruzione, e sia scongiurato il
rischio di appalti assegnati a ditte improvvisate o legate alla criminalità organizzata. Impegna inoltre a negoziare maggiore
flessibilità con le istituzioni europee e a prevedere la possibilità di un'assicurazione obbligatoria sulla casa -tema
scottante tanto da far desistere i precedenti governi-, assicurazione che si ritiene debba essere interamente detraibile, che
copra i rischi di calamità naturali, e a prevedere forme specifiche di assistenza per le persone con disabilità. Cantieristica
leggera, tecniche costruttive innovative, con l'utilizzo di pietra, il laterizio, la struttura mista, il cemento come dice
Renzo Piano, e non solo. Ma quali potrebbero essere i ‘modelli del bene’ ai quali guarda anche Piano? Un Paese famoso per
dover fare, purtroppo troppo spesso, i conti con i terremoti è sicuramente il Giappone. A seguito di un disastroso terremoto
avvenuto nell’Est del Giappone l’11 Marzo 2011, un team di architetti capeggiati da Toyo Ito, Kazuyo Sejima e Riken
Yamamoto hanno creato un’organizzazione fatta da giovani architetti volontari con l’obiettivo di aiutare, facendo la
differenza, a costruire le case-comunità nelle zone distrutte. Il progetto prende il nome di ‘Home-for-All’ e rappresenta un
insieme di strutture con diverse funzioni, con la finalità di creare abitazioni temporanee e porti per la pesca. Finanziate da
privati, le strutture hanno la funzione sia di creare punti di raccolta per gli abitanti, passando dalla creazione di spazi gioco e
centri educativi per bambini e ragazzi, allo sviluppo di aree volte a ricostruire l’agricoltura e la pesca del luogo. Un esempio
in particolare è la Casa/Tenda costruita ad Heita –Kamaishi. Essa rappresenta uno spazio di raccolta per gli abitanti dove è
possibile stare insieme e parlare attorno al fuoco. La luce soffusa con funzione addizionata di riscaldamento arriva dal ‘tetto
a lanterna’ che illumina chiunque vi sia dentro. Tra le abitazioni temporanee di Heita, al centro del progetto vi è il
padiglione Tenda con funzione bar, aperto anche la notte. Lo si può scorgere perfino dalle autostrade vicine , è visibile
da ogni dove ad Heita. Il progettista voleva favorire l’interazione tra gli abitanti, modulando gli spazi in modo
tale che per loro fosse facile incontrarsi e parlare con qualcuno anche quando non riescono a dormire. Il
rivestimento della tenda è stato scelto permeabile ai raggi solari cosicché durante il giorno all’interno del bar vi è
luce naturale, ma allo stesso tempo il tendaggio fa da filtro evitando sia eccedenza di calore sia l’abbagliamento. È molto
esplicativa la frase di Riken Yamamoto, l’architetto ideatore della Tenda che parlando del lavoro fatto ad Heita, con poche
parole ci fa capire l’approccio lungimirante usato nella progettazione: «Che ne dite di dare un nome ad ogni strada? Ho
parlato con gli abitanti, seduti attorno al focolare. Molti di loro era d’accordo a dare alle strade nomi di fiori. Ora ogni strada
ha il nome di un fiore». Un altro esempio del ‘bene’ per interventi nell’immediato ce lo dà questa volta uno studio italiano,
Barberio Colella ARC, vincitore di una competition online per la ricostruzione a seguito di un terribile terremoto in Nepal. Il
progetto, chiamato ‘Just a Minute Home’ ‘Casa in un minuto’ lascia di stucco per la sua semplicità, versatilità ed
immediatezza di impiego. Lo studio ha progettato una struttura temporanea in modo da «Farne una casa che possa essere
costruita velocemente, leggera ma compatta, duratura ed economica». Costituita da sei tipi di materiali del luogo: Pannelli
OSB (pannello a lamelle di legno differentemente orientate), bambù, bambù lamellare, juta bianca, lana riciclata e
membrana al vapore. Vi è stata una volontà prestabilita di ricercare materiali facili da reperire ed economici,
questo ha fatto sì che la casa potesse venire costruita senza la necessità di un laboratorio specializzato o attraverso l’uso di
complesse tecnologie. La struttura, progettata per ospitare dalle 4 alle 10 persone, è stata pensata per essere pre-fabbricata
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e portare dove vi è necessità. Per rendere più facile e veloce il processo di trasporto delle case, i progettisti hanno creato un
punto di rotazione tra la struttura verticale e orizzontale del bambù, facendo sì che la casa di dimensioni pari a 4 metri per
11,7 metri si trasformi istantaneamente in una scatola di misure molto più maneggevoli ,di soli 2,5x 4 metri. Dato che la
casa è già fabbricata al momento in cui arriva sul luogo, la cosiddetta ‘Istallazione’ richiede davvero pochi volontari, una
volta che la struttura è aperta, l’annessa lana che serve da isolamento termico deve essere inserita all’interno del doppio
strato di juta. È così la volta della membrana al vapore che troverà il suo posto fra i distanziali in modo tale da garantire
protezione dagli agenti atmosferici permettendo allo stesso tempo alle stanze di respirare. Le facciate laterali sono
fabbricate con pannelli in policarbonato montati sopra la struttura in bambù, inoltre canne di bambù più sottili possono
essere utilizzate come ulteriore schermatura dai raggi solari. Una volta sul luogo le case modulari possono essere combinate
tra loro in modo da creare spazi più grandi se necessario. Dopo aver parlato di ciò che l’Architettura contemporanea offre
come esempi di corretti interventi da mettere in opera nell’emergenza di dare un’abitazione alle vittime di una catastrofe
come quella di un terremoto, parliamo di ciò che invece si può fare sul costruito al quale Renzo Piano guarda per il 'suo'
progetto, quali tipologie di intervento adottare per mettere in sicurezza la propria casa prima di un sisma. Taro
Yokoyama, Professore associato al Shibaura Institute of Technology ha esposto la sua opinione riguardo il patrimonio
edilizio italiano, affermando che «L’importante è rafforzare le divisioni verticali in maniera adeguata in caso di
ristrutturazione. In particolare, per le abitazioni più basse la resistenza ai terremoti è determinata dal comportamento
dei muri». Va da sé che qualsiasi intervento che si progetti su un edificio deve essere mirato alla conservazione
strutturale del medesimo, senza dimenticare gli aspetti impiantistici, che non devono mai essere lasciati da parte. Ora,
per cercare di capirci meglio, possiamo semplificare gli interventi sull’esistente in due categorie: Rinforzo: rinforzare gli
elementi già esistenti, aumentando la loro resistenza e rigidezza; Inserimento nuovi elementi: inserire nuovi elementi,
come pilastri, controventi, nuovi muri portanti, in maniera da favorire il miglioramento complessivo della struttura. Paolo
Bazzurro, Professore di Tecnica delle Costruzioni allo IUSS di Pavia afferma che «Per migliorare la sicurezza può bastare
poco, dalle semplici piastre per aggiungere vincoli, ad esempio tra pilastro e trave, alla posa di tiranti d’acciaio all’aggiunta
di elementi di rinforzo come archi o puntelli». Cerchiamo di vedere meglio nello specifico di cosa si tratta… Per quanto
riguarda esclusivamente il cemento armato, si procede per esempio rendendo i pilastri più resistenti, attraverso un
vero e proprio cappotto di calcestruzzo. Per favorire un elevato grado di connessione tra i muri, facendo sì da evitare il
ribaltamento delle pareti, un accorgimento è l’utilizzo di tiranti ancorati alle murature. Si può inoltre operare
attraverso l’inserimento di smorzatori o dissipatori sismici, che assorbono l’energia prodotta dalle oscillazioni sismiche
convertendola in calore. Un elemento strutturale utilissimo per dissipare le forze spingenti orizzontali è il controvento. Non
è altro che una struttura reticolare o a croce che si inserisce nei muri e/o nei solai in maniera da renderli più
resistenti. Per quanto riguarda la muratura, le cerchiature esterne con materiale metallico costituiscono un’ottima
soluzione per favorire il collegamento tra le murature per edifici di dimensioni ridotte come nelle abitazioni. L’utilizzo dei
cordoli in seno alla muratura costituisce una perfetta soluzione per collegare le pareti, specialmente là dove la muratura è
meno coesa. Infine ‘last but not least’, bisogna sincerarsi che solai e coperture siano connessi solidamente, questo
fa sì che nel caso di oscillazioni le travi evitino di sfilarsi con il conseguente crollo del solaio. Nel caso di piani intermedi, le
travi possono essere ancorate alla muratura tramite elementi ancora sul pavimento opposto. Insomma, tenendo a mente
che è sempre meglio prevenire anziché curare, la chiave per una giusta Ricostruzione è trovare immediatamente una
sistemazione agli abitanti dei luoghi coinvolti, l’immediatezza non deve significare però scarsa qualità, è solo la
qualità di qualsiasi intervento che ci garantisce una riuscita sostenibile sia da un punto di vista economico che
umano, rendendo possibile un successivo riutilizzo dei fabbricati come è stato il caso del Friuli, i materiali devono essere
leggeri, a portata di mano e maneggevoli. Ma la ricostruzione non deve essere solo un soliloquio tecnico, il suo fine
deve essere quello di mettere in sicurezza gli abitanti, restituendo loro la dignità, attraverso l’interazione e lo sviluppo di
attività di comunità e nel frattempo che la comunità si ricostruisce attraverso la creazione di nuove o la ripresa di vecchie
abitudini, ricostruire la città distrutta com’era e dov’era, non importa se quello che si ha oggi sono solo macerie. «Se
cerchi un uomo c’è sempre una casa. Bisogna ricostruire tra le pietre, le soglie e la gente che la abita». Che alla fine è
esattamente quanto l'Architetto Senatore Renzo Piano ha detto e ha conquistato subito l'ammirazione degli addetti ai lavori,
e, probabilmente, dato una grossa mano alla positiva affermazione presso l'opinione pubblica del progetto 'Casa Italia' del
Governo.
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