Omelia Ammissione ordini sacri, Filippo Balducci

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Transcript Omelia Ammissione ordini sacri, Filippo Balducci

SANTA MESSA
CON IL RITO DELL’AMMISSIONE
AGLI ORDINI SACRI DEL DIACONATO E PRESBITERATO
di
FILIPPO BALDUCCI
BASILICA CATTEDRALE
di
SAN CERBONE
Massa Marittima, 17 settembre 2016
Fratelli e sorelle carissimi,
viviamo nella speranza una gioia grande, oggi, davanti al popolo santo di
Dio e a me, vescovo di Massa Marittima, Piombino e l’Elba, il nostro
Filippo chiede di essere accolto tra i candidati all’Ordine Sacro, ad
assumere nella Chiesa il ministero, che a suo tempo gli sarà conferito per
mezzo del sacramento dell’Ordine, per servire questa nostra Diocesi.
Tu sai bene, carissimo Filippo, che la vocazione è prima di tutto uno stare
con il Signore; un vivere un’intimità che, senza quasi che ce ne
accorgiamo, giorno dopo giorno ci trasforma, ci plasma, ci fa suoi.
Ogni battezzato è chiamato a questa intimità, ma c’è una chiamata
particolarissima, che totalizza la nostra vita, un non poter fare a meno di
Dio, quasi sedotti da Lui.
Sì, il Signore ci seduce. Quante volte ho sentito mie le parole del Profeta:
«Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza
e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si
fa beffe di me. Quando parlo, devo gridare, devo proclamare: “Violenza!
Oppressione!”.
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Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di
scherno ogni giorno. Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più
in suo nome!”. Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso
nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo» (Ger 20,7-9).
E quanti ostacoli poi, quante barricate ha messo sulle nostre strade.
Quanti ritardi, incomprensioni, emarginazioni siamo stati costretti a
subire e a vivere con amarezza.
Quanti uomini e donne, che noi non abbiamo e non avremmo mai scelto,
sono nostri compagni di viaggio. Che precarietà a tutto tondo è la vita del
prete. La povertà che siamo chiamati a vivere ci fa conoscere la nostra
miseria, senza nascondimenti, in tutta la sua nudità; non di rado ci
scopriamo peggiori di quanti abbiamo criticato e mal tollerato.
Umanamente parlando è una scelta quasi incomprensibile.
Ma questa via non l’abbiamo scelta, né la percorriamo da soli, il Signore
è con noi, ci ha chiamato e liberato facendoci uscire dalle nostre strade
buie, anguste e tortuose. Abbiamo sentito la sua presenza che ci
custodisce e ci consola, e così la nostra risposta povera, fragile,
debolissima, da incomprensibile si fa giorno dopo giorno, passo dopo
passo comprensibilissima fino a farci esclamare che è la nostra strada, la
nostra gioia e pace. Come sono vere, come si addicono a te e a noi queste
bellissime invocazioni di Sant’Agostino che troviamo nelle Confessioni:
«O verità, lume del mio cuore, non vorrei che fossero le mie tenebre a
parlarmi. […] Non sia io per me la mia vita: di me vissi male, fu morte
per me, e in te rivivo: parlami, ammaestrami» (10,10.27).
La nostra follia, dunque, è una follia santa. La tradizione ortodossa, di cui
sappiamo con semplicità e autenticità dai RACCONTI DI UN PELLEGRINO
RUSSO, è resa ricca e preziosa da questi folli di Dio, gli юродство
Jurodivy, che seguono Cristo umiliato e sofferente, condannato dalla
sapienza del mondo. Scrive Paolo: «Infatti, nel disegno sapiente di Dio il
mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio. […] Perché ciò
che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza
di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1,21.25).
Ma tutto questo ti si svelerà giorno dopo giorno alla luce del Cristo
crocifisso-risorto, a quella luce e per sua grazia ti sarà dato di godere del
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tuo sacerdozio, un dono meraviglioso che il Signore ti offre: stare con
Lui.
Fin d’ora fatti assiduo e instancabile cercatore del Signore.
Ancora un anno di preparazione che ti permetterà di riflettere e meditare
sulla tua scelta, che oggi formalizzi in questa celebrazione.
Sia un periodo di fedele preghiera e di studio attento. Non fuggire la
fatica di ascoltare e far tua la santa Tradizione della Chiesa riguardo alla
vita e alla missione del prete. Piuttosto fuggi i creativi e le cangianti
proposte che vorrebbero ridurre il prete a semplice funzionario. Un prete
a ore. Papa Francesco si domanda come sia possibile evitare questo. «Lo
stile», è la risposta di Francesco, «è farsi tutto a tutti». Lo stile è «andare e
condividere la vita degli altri, accompagnare; accompagnare nel cammino
della fede, far crescere nel cammino della fede» (Omelia a Santa Marta,
9.9.2016).
Ma questo è più grande di noi; solo la grazia può vincere il nostro
egoismo così da poter uscire da noi stessi, andare verso il Signore e con
Lui farsi tutto a tutti. Senza questa intimità che cosa sarebbe il nostro
servizio? A che cosa serviremmo? Saremmo sale che perde il suo sapore
e che non serve se non a essere gettato e calpestato dagli uomini (Cfr. Mt
5,13).
Cresci nella fede, nella speranza e nella carità di Cristo per essere ben
addestrato a servire gli uomini e le donne del nostro tempo.
Fuggi l’illusione di essere di Cristo e di giovare ai fratelli se manchi di
«quelle virtù che sono giustamente molto apprezzate nella società
umana, come la bontà, la sincerità, la fermezza d'animo e la costanza, la
continua cura per la giustizia, la gentilezza e tutte le altre virtù che
raccomanda l'apostolo Paolo quando dice: “Tutto ciò che è vero, tutto ciò
che è onesto, tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è
degno di amore, tutto ciò che merita rispetto, qualunque virtù,
qualunque lodevole disciplina: questo sia vostro pensiero “ (Fil 4,8)»
(Presbyterorum Ordinis, n. 3).
Quante volte papa Francesco ci ha detto che la Chiesa non è una Onlus e
dunque il sacerdote non è l’amministratore di una qualsiasi associazione,
di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei membri.
È il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far
crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro. Diceva papa
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Benedetto rivolgendosi ai seminaristi: «Per questo, cari amici, è tanto
importante che impariate a vivere in contatto costante con Dio. Quando il
Signore dice: “Pregate in ogni momento”, naturalmente non ci chiede di
dire continuamente parole di preghiera, ma di non perdere mai il
contatto interiore con Dio. […] Che gli diciamo i nostri desideri e le
nostre speranze, le nostre gioie e sofferenze, i nostri errori e il nostro
ringraziamento per ogni cosa bella e buona, e che in questo modo Lo
abbiamo sempre davanti ai nostri occhi come punto di riferimento della
nostra vita. Così diventiamo sensibili ai nostri errori e impariamo a
lavorare per migliorarci; ma diventiamo sensibili anche a tutto il bello e
il bene che riceviamo ogni giorno come cosa ovvia, e così cresce la
gratitudine. Con la gratitudine cresce la gioia per il fatto che Dio ci è
vicino e possiamo servirlo» (Lettera ai seminaristi, 18 ottobre 2010).
Servire Dio è servire gli ultimi.
La PRIMA LETTURA di questo giorno è una parola “forte” del profeta Amos
contro coloro che comprano con denaro gli indigenti, dunque coloro che a
motivo della propria povertà sono alla mercé, in balia dell’uomo, merce
di scambio. Noi dobbiamo non trafficare gli uomini, ma servirli,
specialmente gli ultimi.
Ma come potremo servire gli ultimi? Chi ci darà occhi per vederli e un
cuore, non dico per amarli, lasciamo questo agli ipocriti del mondo, ma
per fuggire il far finta di non vederli e così soccorrerli come preti, come
amici di Dio che vedono in loro la presenza di Cristo, e senza farsi
vedere, senza umiliarli, senza farsene un vanto, un trofeo da mostrare
alle tristi parate dei nostri giorni, sforzarci di accoglierli nella nostra vita
e poi imparare dal Signore ad amarli?
Sarà Lui, il Signore Gesù, che tu incontrerai ogni giorno nel Santo
Sacrificio dell’altare, che ti illuminerà, ti sosterrà e trasformerà la tua vita
per farla dono ai tuoi fratelli. È quello che chiederemo per tutti noi, ma
per te in modo particolare in questo giorno, con le parole della
DOPO LA COMUNIONE:
PREGHIERA
«Guida e sostieni, Signore, con il tuo continuo aiuto il
popolo che hai nutrito con i tuoi sacramenti, perché la redenzione operata
da questi misteri trasformi tutta la nostra vita».
Solo una vita trasformata continuamente dall’ascolto della Parola e dai
Sacramenti può servire quelle povertà più difficili a vedere e a soccorrere
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rendendoci uomini di misericordia, e «la misericordia non è», come dice
papa Francesco, «una parola astratta, ma è uno stile di vita: una persona
può essere misericordiosa o può essere non misericordiosa; è uno stile di
vita».
L’infinita misericordia di Dio ha risollevato l’uomo. Così abbiamo
acclamato con le parole del SALMO RESPONSORIALE:
Benedetto il Signore che rialza il povero.
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo.
Tu, carissimo Filippo, sei chiamato soprattutto a far sperimentare
l’infinita misericordia di Dio con il tuo ministero di domani attraverso
l’annuncio della Parola, la tua testimonianza, il dono della tua vita.
Ricorda che la povertà non è solo mancanza di denaro, ma anche la
mancanza di salute, la solitudine affettiva, lo scacco professionale,
l’assenza di relazioni, gli handicap fisici e mentali, le miserie familiari e
tutte le frustrazioni che provengono dall’impotenza a integrarsi nel
gruppo umano più prossimo. Il povero è forse in definitiva colui che non
conta, che non è mai ascoltato, di cui si dispone senza interpellarlo, e che
sprofonda in un isolamento così dolorosamente risentito che può andare
talora fino a gesti irreparabili di disperazione (cfr. Aa. Vv., Les pauvres dans les
sociétés riches, Lyon 1971, 5; in ABI Evangelizare Pauperibus, ATTI DELLA XXIV
SETTIMANA BIBLICA, Brescia, 1978, pp. 12-13).
Il Signore confermi il tuo proposito e sostenga il tuo cammino.
Accogli e medita, in questo anno che ti separa dall’ordinazione, come
una luce per il tuo ministero futuro quanto il grande vescovo e martire,
Policarpo di Smirne scrive nella sua Lettera ai Filippesi: «I presbiteri
siano inclini alla compassione, misericordiosi verso tutti, riconducano gli
erranti, visitino tutti gli infermi, non trascurando la vedova o l’orfano o il
povero; sempre invece solleciti del bene davanti a Dio e agli uomini,
astenendosi da ogni ira, preferenza di persone, giudizio ingiusto, stando
lontano da ogni avarizia, non pensando facilmente male di qualcuno,
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non troppo severi nel giudizio, sapendo che noi tutti siamo debitori del
peccato» (VI, 1: ed. F. X. Funk, Patres Apostolici, I, p. 273).
È questo il mio paterno augurio per oggi e per ogni giorno del tuo
pellegrinare sulle vie del mondo verso l’eternità beata.
La Vergine Santissima sia stella che ti guida, e in ogni momento di
tristezza, di amarezza e di dubbio, come esorta a fare san Bernardo di
Chiaravalle: «Respice stellam, voca Mariam».
+ Carlo, vescovo
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