Normativa Regolamenti - Università del Salento

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Redazione
Direzione Generale
Coordinamento Scientifico:
Dr. Alessandro Quarta
Newsletter | Direzione Generale
Comitato Scientifico:
Avv. Eliana Gennaro
Avv. Francesca Giannuzzi
Avv. Rosa Maria Mariano
6-7/2016
Normativa Regolamenti
LEGGE 22 giugno 2016, n. 112 - Disposizioni in materia
di assistenza in favore delle persone con disabilità grave
prive del sostegno familiare. (in G.U. n. 146 del 24
giugno 2016; in vigore dal 25 giugno 2016).
AVVISO DI RETTIFICA (in G.U. n. 164 del 15 luglio 2016)
- Comunicato relativo al decreto legislativo 18 aprile
2016, n. 50, recante: «Attuazione delle direttive
2014/23UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione
dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle
procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori
dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali,
nonché per il riordino della disciplina vigente in materia
di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture».
(Decreto legislativo pubblicato nel Supplemento
ordinario N. 10/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale
- n. 91 del 19 aprile 2016).
LEGGE 6 giugno 2016, n. 106
Delega al Governo per la riforma del Terzo settore,
dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile
universale. (16G00118) (GU Serie Generale n.141 del 186-2016; in vigore dal 03/07/2016).
DECRETO LEGISLATIVO 25 maggio 2016, n. 97
Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia
di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza,
correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi
dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in
materia di riorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche (GU Serie Generale n.132 del 8-6-2016; in
vigore dal 23/06/2016).
LEGGE 7 luglio 2016, n. 122
Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge
europea 2015-2016 (GU Serie Generale n.158 del 8-72016; in vigore dal 23/07/2016).
CAMERA DEI DEPUTATI - DELIBERA 14 giugno 2016
Istituzione di una Commissione parlamentare di
inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione
delle pubbliche amministrazioni e sugli investimenti
complessivi riguardanti il settore delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (in G.U. n. 142
del 20 giugno 2016).
DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2016, n. 127
Norme per il riordino della disciplina in materia di
conferenza di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della
legge 7 agosto 2015, n. 124. (In G.U. n. 162 del 13 luglio
2016;in vigore dal 28/07/2016).
DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2016, n. 126
Attuazione della delega in materia di segnalazione
certificata di inizio attività (SCIA), a norma dell’articolo 5
della legge 7 agosto 2015, n. 124. (GU n.162 del 13-72016).
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9
maggio 2016, n. 105
Regolamento di disciplina delle funzioni del Dipartimento
della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio
dei ministri in materia di misurazione e valutazione della
performance delle pubbliche amministrazioni. (in G.U.
n. 140 del 17 giugno 2016; in vigore dal 2 luglio 2016).
DECRETO LEGISLATIVO 20 giugno 2016, n. 116
Modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell’articolo 17, comma 1,
lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di
licenziamento disciplinare. (in G.U. n. 149 del 28 giugno
2016; in vigore dal 13 luglio 2016).
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 4
aprile 2016, n. 95
Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente
della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, concernente
il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per
l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma
dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (GU
Serie Generale n.130 del 6-6-2016; in vigore dal
21/06/2016).
DECRETO-LEGGE 24 giugno 2016, n. 113
Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il
territorio. (in G.U. n. 146 del 24 giugno 2016; in vigore
dal 25 giugno 2016).
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MINISTERO DELL’INTERNO - DECRETO 30 marzo 2016,
n. 104
Regolamento concernente l’istituzione della nuova
figura dell’esperto per la sicurezza. (in G.U. n. 139 del 16
giugno 2016; in vigore dal 1° luglio 2016).
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - DECRETO
13 maggio 2016, n. 94 - Regolamento recante attuazione
dell’articolo 1, comma 154, della legge 28 dicembre
2015, n. 208 (Canone Rai in bolletta in G.U. n. 129 del 4
giugno 2016; in vigore dal 5 giugno 2016).
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI 18 aprile 2016
Criteri di determinazione degli oneri per i rinnovi
contrattuali, ai sensi dell’articolo 1, comma 469, della
legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016
-GU n.132 del 8-6-2016).
AGID CIRCOLARE N.2 DEL 24 GIUGNO 2016
Modalità di acquisizione di beni e servizi ICT nelle more
del la definizione del “Piano triennale per l’informatica
nella pubblica amministrazione” previsto dalle
disposizioni di cui all’art.1, comma 513 e seguenti della
legge 28 dicembre 2015, n.208 (Legge di stabilità 2016).
Dalla lettura della circolare resta confermato quanto già
evidenziato dall’Ufficio Studi nel commento alla Legge
di Stabilità.
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E
DELLA RICERCA - DECRETO 7 giugno 2016 n. 120 – (in
G.U. n.155 del 5 luglio 2016)
Regolamento recante criteri e parametri per la
valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione
dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla
prima e alla seconda fascia dei professori universitari,
nonché le modalità di accertamento della qualificazione
dei Commissari, ai sensi dell’articolo 16, comma 3,
lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e
successive modifiche, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5,
del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile
2016, n. 95.
DECRETO INTERMINISTERIALE 8 APRILE 2016 N.242
Piano straordinario 2016 per la chiamata di professori di
prima fascia Registrato alla Corte dei Conti il 14/06/2016.
Circolari, Comunicati e Direttive
AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL
MERCATO - DELIBERA 18 maggio 2016
Modifica alla delibera 16 novembre 2004, in materia di
risoluzione dei conflitti di interessi. (in G.U. n. 136 del 13
giugno 2016).
AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE
AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE - DELIBERA
31 maggio 2016 n. 620 (depositata il 9 giugno 2016) Oggetto: criteri per la nomina dei componenti delle
commissioni giudicatrici nelle procedure bandite
dall’ANAC per l’aggiudicazione di contratti pubblici di
appalto.
Comunicato del Presidente del 31 maggio 2016
Oggetto: Procedimenti per l’iscrizione nel casellario
informatico di cui all’art. 80, comma 5, lett. g) del d.lgs.
n. 50/2016.
Pareri
CONSIGLIO DI STATO, COMMISSIONE SPECIALE, 13
LUGLIO 2016, N. 1640: PARERE IN MATERIA DI SILENZIO
ASSENSO FRA LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI.
Il parere, articolato e puntuale, è stato reso in risposta a
quesito formulato dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, Ufficio legislativo su alcuni problemi
applicativi dell’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990,
n. 241, introdotto dall’articolo 3 della legge 7 agosto
2015, n. 124.
La Commissione speciale del Consiglio di Stato - come
ricordato nel parere - è stata istituita dal Presidente del
Consiglio di Stato, al fine di integrare la Sezione
consultiva per gli atti normativi con altri magistrati in
servizio presso l’Istituto, ed assicurare una visione
unitaria di tutti i provvedimenti attuativi della riforma e
la specializzazione dei magistrati coinvolti.
La Commissione esprime condivisione sulla modalità
operandi del Governo di richiedere il parere del Consiglio
di Stato quale “sostegno in progress riferito a una
policy, a un progetto istituzionale, piuttosto che
esclusivamente a singoli provvedimenti individuati”
così dimostrando consapevolezza della “consapevolezza
[…] della rilevanza cruciale della fase attuativa delle
riforme e l’utilità che, in questo contesto, può svolgere
la funzione consultiva del Consiglio di Stato”.
Tanto in accoglimento del suggerimento offerto dalla
stesso Consiglio di Stato di attivare una costante
interlocuzione istituzionale proprio attraverso un ricorso
sistematico al flessibile strumento dei quesiti, ed in
considerazione del fatto che il ricorso alle funzioni
consultive anche nella c.d. fase attuativa delle riforme è
in grado di ridurre gli oneri di comprensione,
interpretazione, pratica applicazione, da parte di tutti i
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destinatari, con particolare riferimento ai cittadini e alle
imprese, perseguendo in tal modo il risultato di
prevenire il contenzioso.
A tale scopo - ha ricordato la Commissione - soccorre
anche la complementarietà, stabilita dalla Costituzione,
delle funzioni consultive con quelle giurisdizionali: le
problematiche affrontate chiamano direttamente in
causa anche la giurisdizione, e in particolare la
giurisdizione amministrativa, che è attraversata dai
problemi affrontati dalla riforma, poiché è chiamata in
ultima istanza a risolvere le questioni che l’azione
dell’amministrazione non è stata in grado di risolvere.
Giurisprudenza
SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE N. 179 DEL 15
GIUGNO 2016
Resa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.
133, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera f), del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione
dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante
delega al governo per il riordino del processo
amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo
regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, nel
procedimento vertente tra il Comune di XXXXX e la
società XXXX, con ordinanza del 6 agosto 2015, iscritta
al n. 290 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie
speciale, dell’anno 2015.
E’ stata denunciata l’illegittimità costituzionale delle
surriportate norme (art.133, comma 1, lettera a), numero
2), e lettera f), del d.lgs. n. 104 del 2010) nella parte in cui
devolvono alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo anche le controversie instaurate su
iniziativa della pubblica amministrazione.
La questione di legittimità costituzionale è stata ritenuta
dalla Corte non fondata nel merito per gli argomenti di
seguito sinteticamente riportati.
La Corte ha rilevato che sebbene gli artt. 103 e 113 Cost.
siano formulati con riferimento alla tutela riconosciuta
al privato nelle diverse giurisdizioni da ciò non deriva
affatto che tali giurisdizioni siano esclusivamente
attivabili dallo stesso privato, né che la giustizia
amministrativa non possa essere attivata dalla pubblica
amministrazione; tanto più ove si consideri che essa
storicamente e istituzionalmente è finalizzata non solo
alla tutela degli interessi legittimi (ed in caso di
giurisdizione esclusiva degli stessi diritti), ma anche alla
tutela dell’interesse pubblico, così come definito dalla
legge.
Nella sentenza è richiamata la costante giurisprudenza
della Corte Costituzionale che ha identificato i criteri che
legittimano tale giurisdizione in riferimento esclusivo
alle materie prescelte dal legislatore ed all’esercizio,
ancorché in via indiretta o mediata, di un potere pubblico
(sentenze n. 191 del 2006 e n. 204 del 2004).
Ai fini della compatibilità costituzionale delle norme di
legge devolutive di controversie alla detta giurisdizione
– ha ricordato la Corte - è necessario che: - vi siano
coinvolte situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di
interesse legittimo strettamente connesse; - il legislatore
assegni al giudice amministrativo la cognizione non di
“blocchi di materie”, ma di materie determinate; l’amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come
autorità e cioè attraverso la spendita di poteri
amministrativi, che possono essere esercitati sia
mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante
moduli consensuali, sia mediante comportamenti,
purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio
di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri
comportamenti materiali avulsi da tale esercizio
(sentenza n. 35 del 2010).
In considerazione di tali principi, l’interpretazione offerta
dalle magistrature superiori in ordine al fondamento del
criterio di riparto della giurisdizione in materia di accordi
procedimentali risulta - secondo la Corte - coerente con
l’evoluzione complessiva del sistema di giustizia
amministrativa, il quale – da giurisdizione sull’atto –
sempre più spesso si configura quale giurisdizione sul
rapporto amministrativo.
D’altra parte, ha rilevato la Corte, l’ordinamento non
conosce materie “a giurisdizione frazionata”, in funzione
della differente soggettività dei contendenti. Basilari
ragioni di coerenza e di parità di trattamento esigono,
infatti, che l’amministrazione possa avvalersi della
concentrazione delle tutele che è propria della
giurisdizione esclusiva e che quindi le sia riconosciuta la
legittimazione attiva per convenire la parte privata
avanti il giudice amministrativo.
Viceversa, secondo la Corte, la soluzione prospettata dal
rimettente introdurrebbe effetti disarmonici e
irragionevoli. In primo luogo, la concentrazione delle
tutele e l’adeguamento alla giurisprudenza costituzionale
e delle giurisdizioni superiori costituivano criteri direttivi
imposti al legislatore delegato dall’art. 44, comma 2,
lettera a), della legge delega n. 69 del 2009, con la
conseguenza che una scelta di segno opposto – nel
senso indicato dal rimettente – si sarebbe posta in
contrasto con i criteri della delega e quindi con l’art. 76
Cost. Inoltre, una volta esclusa la possibilità di agire
dinanzi al giudice ordinario, l’intervento richiesto dal
rimettente porterebbe ad un sistema in cui
l’amministrazione, anche quando abbia stipulato un
accordo sostitutivo o integrativo del procedimento,
potrebbe reagire all’inadempimento del privato soltanto
in via di autotutela amministrativa, essendole preclusa
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la via della tutela giurisdizionale dinanzi al giudice
amministrativo.
L’accertamento
giudiziale
dell’inadempimento della parte privata finirebbe per
essere condizionato alla previa instaurazione del
contenzioso da parte del privato. L’oggetto stesso del
giudizio verrebbe unilateralmente determinato dal
privato mediante i motivi di ricorso, non potendo
l’amministrazione modificarlo o ampliarlo attraverso
una domanda riconvenzionale. Tutto ciò è difficilmente
compatibile, secondo la Corte, con i principi di cui agli
artt. 24 e 111 Cost.
CORTE DI GIUSTIZIA UE, SEZ. X, SENTENZA 20/07/2016
- N° C-341/15 – NORMATIVA NAZIONALE PUBBLICO
IMPIEGO – INDENNITÀ PER FERIE MATURATE E NON
GODUTE PRIMA DELA CESSAZIONE DEL RAPPORTO.
I lavoratori hanno diritto, ogni anno, ad almeno quattro
settimane di ferie, indipendentemente dallo stato di
salute. In caso di cessazione del rapporto di lavoro,
anche su richiesta del dipendente pubblico, questi ha
comunque diritto a un’indennità per le ferie maturate e
non godute.
La Corte UE è stata chiamata a pronunciarsi sulla
compatibilità della normativa nazionale (Vienna) con i
principi della direttiva Ue 2003/88.
Secondo i giudici della Corte la direttiva 2003/88/Ce
(direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del
4.11.2003 concernente taluni aspetti dell’organizzazione
dell’orario di lavoro) prevede all’art. 7 par. 2, non solo
che ogni lavoratore debba beneficiare di un periodo di
ferie annuale retribuito di almeno quattro settimane, ma
altresì che il periodo minimo di ferie non possa essere
sostituito da un’indennità «salvo in caso di fine
rapporto». A giudizio della Corte, quindi, il legislatore
comunitario, nel prevedere comunque l’erogazione di
tale indennità alla cessazione del rapporto lavorativo
abbia considerato del tutto irrilevante il motivo per cui il
rapporto di lavoro si sia risolto. Pertanto
all’amministrazione pubblica non è concesso privare il
lavoratore delle ferie per il periodo in questione e che,
dato che il rapporto di lavoro è cessato a causa della
domanda di pensionamento, al lavoratore spetta la
relativa indennità per ferie annuali non godute. Tanto in
ragione della circostanza che le ferie erano state
maturate, ma il lavoratore, per via del collocamento in
pensione, non era stato in grado di usufruirne in misura
piena prima della fine del rapporto a causa dello stato di
malattia.
CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV DEL 20.7.2016 N. 3252 –
PUBBLICO
IMPIEGO
–
RESPONSABILITA’
AMMINISTRATIVA PER OMESSA O RITARDATA
ASSUNZIONE – LIQUIDAZIONE DEL DANNO SUBITO IN
VIA EQUITATIVA E NON PER EQUIVALENTE –
INSUSSISTENZA
DEI
PRESUPPOSTI
PER
IL
RICONOSCIMENTO DEL DANNO DA PERDITA DI
CHANCE.
Nella decisione il Consiglio di Stato ha richiamato lo jus
receptum (per tutti, Cons. St., VI, 26 gennaio 2000 n. 653;
id. Consiglio di Stato III, 2 marzo 2015 n.1029) che, nelle
controversie sul lavoro subordinato pubblico e, in
particolare, le assunzioni, la restitutio in integrum agli
effetti economici (oltre che a quelli giuridici) spetta al
pubblico dipendente solo nel caso di sentenza che
riconosca l’illegittima interruzione di un rapporto già in
corso e non anche nel caso di giudicato che riconosca
illegittimo il diniego di costituzione del rapporto stesso.
E, nel caso dell’accesso alla dirigenza — ove il
superamento implica l’acquisizione d’un nuovo e
diverso status di lavoro (vera e propria novazione
oggettiva: cfr. Cass., sez. lav., 28 ottobre 2014 n. 22835)
—, non v’è un parametro facilmente definibile per la
liquidazione del risarcimento e, certo, non quello della
retribuzione tabellare della dirigenza. Secondo principio
da tempo enunciato dalla Sezione (Cons. St., IV, 11
novembre 2010 n. 8020) in materia di quantificazione
per equivalente del danno a causa dell’omessa o della
ritardata assunzione in posto di pubblico impiego, detto
danno non s’identifica nella mancata erogazione della
retribuzione e della contribuzione, elementi, questi, che
al più possono rilevare soltanto sotto il profilo della
responsabilità contrattuale. Bisogna dunque riferirsi ad
una liquidazione equitativa da valutare caso per caso e
giammai all’importo meramente differenziale tra la
retribuzione in atto e quella, futura, da dirigente (arg. ex
Cons. St., V, 10 maggio 2010 n. 2750). Ciò vale a più forte
ragione per la dirigenza nel rapporto di pubblico impiego
privatizzato, per la quale, in caso di ritardata assunzione,
spetta al vincitore del concorso di tipo dirigenziale non
una restitutio in integrum (di cui ha titolo il lavoratore
subordinato pubblico in tutti i casi d’indebita sospensione
o risoluzione d’un rapporto in atto: cfr., p. es., Cass., sez.
lav., 25 novembre 2013 n. 26287), bensì il risarcimento
del danno, salvo che la P.A. non dimostri (ma non è
questo il caso) che il ritardo è stato determinato da
impossibilità della prestazione, derivante da causa ad
esso non imputabile (cfr. Cass., sez. lav., 20 gennaio
2009 n. 1399; id., VI, 14 giugno 2012 n. 9807).
Ne consegue, secondo il Consiglio di Stato, che per la
quantificazione del danno risarcibile deve farsi
riferimento ad una liquidazione equitativa da valutare
caso per caso e giammai all’importo meramente
differenziale tra la retribuzione in atto e quella, futura,
da dirigente (arg. ex Cons. St., V, 10 maggio 2010 n.
2750) accogliendo in parte qua l’appello proposto.
Il Collegio, inoltre, in applicazione del principio ex art.
34, c. 4, c.p.a., ha reputato opportuno indicare
all’Amministrazione datoriale i criteri-base per compiere
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la predetta liquidazione, partendo dall’importo
differenziale come mera base di calcolo e non tenendo
conto di quanto liquidato per interessi e rivalutazione.
Il Collegio ha invece condiviso la statuizione del TAR sul
rigetto della pretesa risarcitoria per la perdita di chance,
dichiarando per l’effetto l’infondatezza del gravame
incidentale.
In proposito il Consiglio di Stato ha richiamato recente
pronuncia di altra Sezione (cfr. Cons. St., III, 9 febbraio
2016 n. 559) con cui è stato ribadito che la risarcibilità
del danno da perdita di chance è riconoscibile nelle sole
ipotesi in cui l’illegittimità dell’atto ha provocato, in via
diretta, una lesione della concreta occasione di
conseguire un determinato bene della vita e quest’ultima
presenti un rilevante grado di probabilità (se non di
certezza) di ottenere l’utilità sperata.
Applicato detto principio al caso concreto il Collegio ha
ritenuto anche alla luce della lettura dell’art. 19 del Dlg
165/2001, laddove è fissata la divaricazione tra la
posizione del dirigente ed il conferimento delle funzioni
dirigenziali, che la copertura di altro incarico dirigenziale
da parte del ricorrente, pur possibile, non è assistita da
una probabilità seriamente superiore al 50%, in quanto
esso comunque è la risultante, basata su taluni dati
professionali propri dell’interessato, della valutazione
ampiamente discrezionale di tutti i parametri di cui al
citato art. 19, c. 1.
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