Scafati. Il Gip respinge gli arresti: "è però corruzione elettorale". IL

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Transcript Scafati. Il Gip respinge gli arresti: "è però corruzione elettorale". IL

Scafati. Il Gip respinge gli
arresti: "è però corruzione
elettorale".
IL
DOSSIER
COMPLETO
Per vincere gli appalti oppure semplicemente avere degli
affidamenti diretti dal Comune, basta trovare il sistema
giusto: Loreto nel verbale dell’11 marzo disse di aver
iniziato a maturare l’interesse per gli appalti pubblici
proprio a seguito dell’instaurazione dei suoi rapporti con la
famiglia Aliberti. Era stato il sindaco Pasquale Aliberti a
fargli venire la voglia di fare affari con la politica. Il gip
del Tribunale di Salerno, Donatella Mancini lo scorso 28
giugno ha deciso di rigettare le misure cautelari per il
sindaco di Scafati Angelo Pasqualino Aliberti e Maurizio Nello
Aliberti, suo fratello, oltre a Gennaro e Luigi Ridosso. Ma,
nella documentazione si legge senza ombra di dubbio che nelle
elezioni del 2013, ci fu un patto tra clan e politica per
favorire l’elezione di Pasquale Aliberti. La “moneta” di
cambio erano gli appalti nelle partecipate e nell’ente
pubblico, oppure posti di lavoro per le persone indicate dal
sodalizio criminale Ridosso-Loreto. Ma come si fa a vincere
una gara d’appalto in un comune attenzionato come quello di
Scafati? L’11 marzo del 2016 Loreto Jr, figlio del pentito
Pasquale, ex boss della Nuova famiglia, lo racconta ai pm
Russo e Cardea, oltre che allo stesso Montemurro. Seguendo le
direttive provenienti dallo stesso sindaco, Loreto Jr spiega
che Pasquale Aliberti aveva consigliato loro di creare una o
più società composte da persone incensurate. Ditte che
avessero però una sede fuori Scafati alla quale avrebbe
affidato i lavori di pulizia e manutenzione dei capannoni
dell’area ex Copmes di Scafati. Così nacque la Italy Service
di Castellammare di Stabia e intestata ad una testa di legno,
Mario Sabatino. Il cda presieduto da Ciro Petrucci, vista la
scadenza naturale del contratto di appalto con la precedente
affidataria del servizio (la Maxiclean) stabilì di affidare la
pulizia Acse alla Italy Service. Ma, di fatto fu la Maxiclean
a continuare la gestione in proroga (poi attraverso la società
Gima) infatti la Italy service, seppur sollecitata, non
produceva quanto necessario ad iniziare i lavori. E nemmeno
l’Ex Copmes risolse la vicenda: lì però l’appalto non fu
concesso perchè i Ridosso e Loreto furono arrestati prima
dell’ok. Insomma, per il Gip il patto con la camorra c’è,
l’arresto per adesso no: gli Aliberti restano liberi ma sono
politicamente compromessi, sul Comune di Scafati dal 2008 e
nel 2013 padroneggiava la camorra. Per il pm Montemurro,
Gennaro e Luigi Ridosso erano i capi del clan Ridosso Loreto –
insieme al pentito Alfonso Loreto, il sindaco Pasquale
Aliberti, con l’intermediazione di suo fratello Nello, avevano
stipulato un “patto di scambio politico elettorale mafioso con
cui il clan gli procacciava i voti in favore della coalizione
politico amministrativa facente capo al sindaco, il quale a
sua volta prometteva e si impegnava – a fronte dello
svolgimento della campagna elettorale del 2013 e – secondo
l’accusa – anche per le elezioni regionali del 2015 (per la
candidatura della moglie Monica Paolino) la concessione di
appalti pubblici in favore di società controllate dal clan.
Già nel 2008 il sindaco infatti – per l’Antimafia –
intratteneva rapporti con i Campagnuoli, i fratelli
Sorrentino. Già all’epoca attraverso il comune di Scafati si
consentiva l’attribuzione di appalti e servizi a società
collegate al clan in cambio dell’appoggio elettorale.
Un’accusa che potrebbe già costare lo scioglimento del comune
di Scafati per infiltrazioni camorristiche.
Gennaro Avagnano
ANDREA RIDOSSO ASSUNTO AL PDZ
Aliberti non mantiene tutte le promesse fatte al clan però
“grazie all’interessamento del sindaco intanto – secondo
Loreto Jr – Andrea Ridosso fu assunto dal Piano di zona di
Nocera Inferiore”, si legge nel dispositivo del Gip Mancini. A
casa di Aliberti, a conferma di ciò, nell’armadio, era stato
trovato un curriculum di Andrea Ridosso, lo scorso 18
settembre. Inoltre i tabulati telefonici documentano numerose
chiamate tra Aliberti Jr, Luigi e Gennaro Ridosso (oltre che
con Roberto Barchiesi), nonché tra il sindaco e Andrea
Ridosso. Tutto era iniziato molto prima, nel periodo pre-voto
del 2013. Loreto propose la candidatura di Andrea Ridosso,
figlio del pregiudicato Salvatore, un giovane lontano dal
malaffare. “Un ragazzo pulito”. Così nel corso di un incontro
che si sarebbe tenuto – secondo il racconto di Loreto Jr – a
casa del sindaco ( a cui parteciparono Andrea Ridosso e
Raffaele Lupo, ex consigliere comunale e provinciale,
interessato a costruire una lista in sostegno al primo
cittadino – “Grande Scafati”). Aliberti gli suggerì di
scegliere un candidato dal cognome meno pesante di quello di
Andrea Ridosso per “evitare un attacco frontale che gli
sarebbe venuto dalla stampa e dalle forze politiche
contrapposte”. Così il sindaco promise che in caso di elezione
del loro candidato, gli avrebbe garantito un grosso appalto.
Fu allora che gli proposero di candidate Roberto Cenatiempo
(che gestiva gli appalti del clan) ma scelsero alla fine
Roberto Barchiesi, parente dell’ex moglie di Loreto Jr.
Barchiesi fece il primo della lista con i suoi 300 voti,
procurati dal clan e da Lupo e Luigi Ridosso.
Gennaro Avagnano
GLI INTERMEDIARI
Nonostante gli “accordi” pre-elettorali, Aliberti secondo
Loreto Jr non gli aveva garantito il “grosso appalto” che
avrebbe fatto fare al clan il “salto di qualità” rispetto ai
Sorrentino (Campagnuoli). Fu a questo punto che Luigi Ridosso
si rivolse a Nello Longobardi, noto imprenditore della zona
che vantava una particolare influenza sul sindaco: infatti
riuscì ad ottenere la nomina di Ciro Petrucci, suo caro amico,
alla carica di vicepresidente dell’Acse.
Stesso scenario
anche con Nello Aliberti e Giovanni Cozzolino (staffista del
sindaco non indagato in questo procedimento): anche loro erano
intermediari.
IL SISTEMA DELLA MEDIAZIONE
L’importanza di chiamarsi Aliberti e di poter “mediare” con le
ditte dove svolgeva l’attività di medicina sul lavoro per far
ottenere appalti alle società del clan Ridosso-Loreto: questo,
condito da minacce di morte che il fratello minore del sindaco
Pasquale Aliberti aveva avuto dal clan, fu determinante per la
scelta di non denunciare ed anzi, di collaborare. Inizialmente
infatti a Nello Maurizio Aliberti, fratello piccolo del
sindaco, fu chiesta dai Ridosso-Loreto una mano per ottenere
l’appalto delle pulizie nella ditta L’Igiene Urbana srl .
Aliberti Jr però si tirò indietro. Quelle ditte “non avevano i
requisiti” e non accettò di aiutare gli uomini del clan fino a
che non ricevette delle minacce di morte che gli fecero
cambiare comprensibilmente idea e fecero scattare il piano B:
la mediazione del solito Nello Longobardi che riappacificò
Nello Aliberti con i Ridosso-Loreto. La tregua fu siglata
nella fabbrica di Longobardi a Rione Ferrovia a Scafati – ex
quartier generale dei Loreto – davanti all’immancabile
staffista del sindaco Giovanni Cozzolino (non indagato in
questo procedimento). Insomma, la pace fu fatta ben presto e
tra gli Aliberti e i Ridosso-Loreto tornò il sereno, almeno
per un po’.
NELLO ALIBERTI, DA MINACCIATO A PROCACCIATORE DI AFFARI
Da uomo minacciato, ben presto Nello Aliberti presentò il suo
ramoscello d’ulivo a Luigi Ridosso e Alfonso Loreto: in segno
di pace, davanti al paciere Longobardi e al testimone
Cozzolino, propose agli uomini del clan di intercedere presso
le industrie conserviere della zona. Una sorta di
procacciatore d’affari. Gli propose un altro patto: di
intercedere presso le industrie conserviere della zona – in
particolare la Giaguaro (Sarno) e la Condea (S. Egidio del
Monte Albino) – dove lui svolgeva le mansioni di medico del
lavoro (senza essere medico?), per far si che concedessero a
Luigi, Gennaro Ridosso oltre a Alfonso Loreto – o meglio alle
loro ditte – appalti per i lavori di pulizie, con guadagni che
avrebbero superato la ragguardevole cifra di 100mila euro. Ma,
secondo la ricostruzione fornita da Loreto Jr e
dall’Antimafia, neppure tale offerta incontrò il favore del
clan più che altro per una sorta di “questione di principio”,
essendo essi interessati a che fossero rispettati i patti
elettorali, che prevedevano la concessione di appalti
pubblici. I Ridosso-Loreto avevano oramai assaggiato il
nettare del denaro pubblico e capito le potenzialità: del
resto anche papà Loreto (Pasquale Loreto ndr), aveva
consigliato ad “Alfonsino” di immischiarsi con la politica per
rendere il loro, il clan più forte.
LE MANI DEL CLAN SULLE NOMINE, ALIBERTI DIVISO FRA GLI
EQUILIBRI
La consigliera Carmela Berritto, una dei surrogati che erano
entrati in consiglio comunale nel 2013 dalle liste di Pasquale
Aliberti, fu il motivo per cui il sindaco non accettò di
nominare come vice presidente dell’Acse, Alfredo Berritto,
l’avvocato che il clan aveva indicato come il suo “uomo”
all’interno della partecipata comunale che gestisce i servizi
cimiteriali, dei rifiuti e del verde pubblico. Lei, quasi
eletta – entrata a seguito della scelta degli assessori di
Forza Italia e civiche – cugina del legale Berritto, si era
scagliata contro quella nomina per la forte antipatia tra i
due. La consigliera, già finita nel mirino qualche anno fa
quando il fratello era stato assunto – tramite bando –
all’Aipa (società che gestiva i parcheggi) e poi passato alla
Publiparking, aveva promesso battaglia su quel nome. Quindi
Aliberti era stato costretto perciò a dire “no” al clan su
quella nomina che lascia molti dubbi e che poteva mettere a
rischio la risicata maggioranza del sindaco. Ecco quindi che
era entrato in ballo, suo malgrado, Nello Longobardi (zio
dell’attuale assessore di Aliberti, Diego Chirico). Longobardi
ha ammesso infatti di aver mediato tra Aliberti e Ridosso per
la nomina della “seconda scelta” del clan alla vicepresidenza
dell’Acse: Ciro Petrucci. Sul caso sono stati interrogati
anche altri teste che hanno confermato il ruolo chiave del
clan nella scelta dei “posti di potere” nelle partecipate o
nei “giochi” politici scafatesi. In particolare, i tre
interrogati, ovvero la collaboratrice di giustizia Antonella
Mosca (ex compagna di Ridosso), Nello Longobardi e Raffaele
Lupo avevano confermato degli episodi. Longobardi stesso aveva
fatto da mediatore per l’appalto nella ditta dei rifiuti a
Scafati per la società di Loreto-Ridosso che Nello Aliberti
non era riuscito a procurargli. Una cosa che aveva creato non
pochi problemi ad Aliberti Jr. Lupo invece, dal canto suo, ha
confermato la composizione della lista con la nomina di
Barchiesi invece che di Andrea Ridosso. Anche l’ex compagna di
Romolo Ridosso ha confermato gli accordi elettorali tra il
clan e Aliberti con cui il sindaco si era impegnato ad
elargire ai Ridosso l’aggiudicazione di appalti pubblici,
soprattutto nel settore di loro interesse, quello della
gestione degli ausiliari del traffico. Sul 2015, però Mosca
non è a conoscenza dei fatti ma ha riferito all’Antimafia di
aver sentito parlare della Paolino come della loro
“candidata”. Per il Gip però è “del tutto indimostrato che
tale patto fosse stato replicato anche in occasione delle
elezioni regionali del 2015 che videro eletta alla carica di
consigliere regionale la moglie di Aliberti, Monica Paolino
(non indagata in questo procedimento)”. Inoltre, pure Loreto
non avrebbe detto molto sulle elezioni della Paolino: il
pentito avrebbe parlato solo dell’organizzazione di comitati
elettorali in favore della donna arrivando a sostenere di aver
fatto anche propaganda alla fazione avversa, ovvero
organizzando un comizio al candidato Pasquale Coppola dopo
l’incontro con lui e il consigliere Pasquale Vitiello, sembra
smentire l’ipotesi di accusa. “Se gli accordi fossero stati
fatti, li avrebbero riferiti all’Ag quando hanno scelto di
collaborare” dice la Mancini. “Senza dire che l’ipotesi
accusatoria trova una ulteriore smentita in considerazioni di
natura logica se infatti, come sembra chiaro, il clan
scafatese non aveva conseguito gli appalti promessi dal
sindaco Aliberti nel 2013, è difficile ipotizzare che avesse
raggiunto un analogo accordo con lo stesso sindaco nel 2015”.
PESCE: “HO VINTO IO LE ELEZIONI NEL 2013
“Ho vinto io le elezioni comunali del 2013” una dichiarazione
un po’ provocatoria e tipica del suo temperamento, quella
rilasciata da Nicola Pesce, consigliere comunale di
opposizione ed ex sindaco di Scafati per due consiliature, già
due settimane fa. Oggi quelle parole assumono ancora più senso
se si pensa che il patto politica e camorra per la vittoria di
Pasquale Aliberti alle comunali del 2013, è “indubbio” secondo
il Gip del Tribunale di Salerno Donatella Mancini. Eppure,
nonostante il clan, Aliberti non vinse al primo turno ma al
ballottaggio. “E’ evidente che in una partita di pugilato chi
ha il ferro di cavallo nascosto nel guantone può vincere più
facilmente, ma io sono garantista e penso che la magistratura
debba fare il suo corso senza intromissioni politiche”
commentava l’ex sindaco. Eppure quando gli è stato chiesto se
si sentiva parte lesa, Pesce ha commentato: “L’unica parte
lesa sarebbe la città di Scafati ed i suoi cittadini che
saranno costretti, qualora ci fosse davvero uno scioglimento
per camorra, a pagare i danni fatti da questa amministrazione”
spiegava Nicola Pesce. L’ex sindaco aveva anche raccontato le
elezioni 2013: “C’erano state delle anomalie che furono
opportunamente denunciate, i toni comunque di quella campagna
elettorale erano stati molto accesi ed anche nello stesso
comitato elettorale nel centro cittadino c’erano persone che
attualmente sono finite sotto inchiesta. Ma al di là di questi
episodi indiziari noi abbiamo sempre trattato il lato politico
della vicenda lasciando alla magistratura il compito di
indagare su eventuali altre responsabilità. Io posso solo dire
che il candidato Pasquale Aliberti nel 2013 ha fatto di tutto
per vincere ed è addirittura arrivato ad accusare il mio
figlio di aver commesso un abuso edilizio quando di fatto,
relativamente a quella struttura è stato poi accertato dagli
stessi uffici comunali che non poteva essere stato mio figlio
ad aver commesso quella abuso edilizio perché aveva solo 4
anni. C’era un clima davvero molto teso”. (Valeria Cozzolino)
LE RISPOSTE DI ALIBERTI SU LORETO, RIDOSSO E LUPO
A salvare i fratelli Aliberti dalla misura coercitiva degli
arresti è la non esistenza di tale reato nel momento in cui è
stato consumato. Questo è quanto osserva il Gip Mancini.
Questo perché nel 2013, epoca delle elezioni comunali, la
legge sul voto di scambio richiedeva anche il passaggio di
denaro tra le parti, cioè, doveva consumarsi. Solo nel 2014 il
legislatore ha voluto configurare il reato anche con la sola
promessa di favori. Da qui la derubricazione del reato a
“corruzione elettorale”, che sanziona con la reclusione fino a
4 anni il candidato che per ottenere il voto offre, promette,
o somministri denaro, valori o qualsiasi altra utilità. E per
tale reato non è prevista la custodia in carcere, anche
perché, non essendoci elezioni nella prospettiva breve, non
c’è rischio di recidiva. Secondo la Procura Antimafia guidata
dal Pm Montemurro, Pasquale Aliberti nel 2013 incontrò a casa
sua Raffaele Lupo e Andrea Ridosso. In questa sede il primo
cittadino accettò il sostegno elettorale dei suoi
interlocutori, suggerendo però di trovare un altro candidato
di riferimento, che non fosse il Ridosso. In cambio la
promessa di un grosso appalto. Fu così che il clan optò per
Roberto Barchiesi, poi eletto (si legge ancora nell’ordinanza)
grazie ai voti di Raffaele Lupo e dei Ridosso. Quanto emerge
non corrisponde con quanto Pasquale Aliberti ha dichiarato a
Cronache il 14 luglio scorso, e che riproponiamo. “Tutte le
liste sono state composte e da me elaborate. Per “Grande
Scafati” ho un ricordo particolare: il simbolo è stato
disegnato con i colori a pastello davanti al mare nell’estate
del 2012 da mia figlia Rosaria. L’avv. Maranca; Espedito De
Marino; Angelo Romano; Francesco Abenante; Arturo Desiderio;
Ilaria Iovino; Angelo Porpora; Christian Ruotolo; Stefano
Sensale; Annunziata Strasso; Giuseppe Tono; Roberto Barchiesi
e Maria Gallo, mi avevano espresso già mesi prima la volontà
di candidarsi – spiegava il primo cittadino – Loreto non l’ho
mai visto e sentito in vita mia e con Ridosso, che ho scoperto
solo qualche anno dopo appartenente ad un clan, avrò scambiato
il saluto in luoghi pubblici forse non più di tre volte a mia
memoria”. E su Raffaele Lupo: “Mai abbiamo fatto un percorso
politico comune. Alle provinciali del 2009 lo contrastai anche
con durezza politica per sostenere l’allora vice sindaco
Salvati. Alle comunali con Santocchio Sindaco me lo ritrovai
in lista con l’ex consigliere D’Alessandro sotto la regia
degli Scarlato; e alle ultime regionali mi dicono fosse a
sostegno del Presidente del Consiglio Coppola”.
Adriano Falanga
COPPOLA: PRONTO A CHIARIRE
Scelse di candidarsi in lista Ncd Pasquale Coppola, alle
regionali del 2015, lista che già aveva sostenuto alle
europee, assieme all’amico e consigliere comunale Pasquale
Vitiello, che nello stesso partito centrista fu candidato alle
provinciali. Il presidente del consiglio comunale com’è noto,
è cugino del senatore NCD Pietro Langella. Alfonso Loreto
sostiene di averlo aiutato nel 2015, quando Coppola e Vitiello
entrarono in collisione e rivalità con Pasquale Aliberti, che
sosteneva la ricandidatura della moglie Monica Paolino. A
Coppola andarono 1850 dei 2061 voti raccolti dall’Ncd a
Scafati. Loreto lo avrebbe supportato organizzando una
riunione elettorale nei pressi del suo domicilio a Mariconda.
“I comizi fanno parte delle campagne elettorali, e ricordo di
averne tenuto uno anche nelle palazzine nel 2015, organizzato
dai miei sostenitori – spiega il presidente del Consiglio
comunale, già destinatario anche di un proiettile il 13
dicembre scorso –mai chiesto appoggio a personaggi poco
raccomandabili. Resto sereno e sicuro del mio operato, pronto
a chiarire questa spiacevole vicenda”.
Adriano Falanga
SALVATI: NEL 2013 SCONFITTA DIGNITOSA
“Resto soddisfatto del mio risultato elettorale del 2013 con
una sconfitta dignitosa, di fronte ad una vittoria inquinata
dal malaffare e dalla camorra”. Cristoforo Salvati fu
candidato per Fratelli D’Italia, dopo la rottura avvenuta
pochi mesi prima, quando lasciò la maggioranza dimettendosi
dalla carica di vicesindaco. “Alla luce della richiesta di
arresto del sindaco non convalidati dal GIP Daniela Mancini
che ha però confermato il patto corruttivo con la camorra,
chiediamo un’accelerata alla commissione d’accesso in quanti
manca da tempo l’agibilità politica – aggiunge Salvati – Ai
garantisti della poltrona chiediamo un sussulto di orgoglio
finale insieme al loro capo con le dimissioni di massa per
scongiurare dopo venti anni il secondo disonore alla nostra
amata città”.
Adriano Falanga
D’ALESSANDRO: ORA INTERVENGA IL PREFETTO
“Alla luce dei fatti che emergono quello fu e resta un
risultato straordinario frutto dell’entusiasmo di un gruppo di
compagni ed amici a cui va, ancora oggi, il mio personale
ringraziamento”. Così Vittorio D’Alessandro, candidato per il
Pd – Con il tempo ci siamo accorti che quello che gridavamo
dai palchi era una minima parte della realtà ed ora spero che
si ponga fine, al più presto, a questo calvario per il bene
della nostra Scafati. Intervenga subito il Prefetto senza
ulteriori indugi”. Fa eco il partito: “uno scenario politico
inquietante, all’interno del quale si muovevano e si muovono
tuttora con arroganza e protervia, soggetti ed amministratori
capaci di condizionare la vita della Città. Chiediamo
audizione al Prefetto per esternare tutte le nostre
preoccupazioni, tenendo presente che nei prossimi giorni sarà
convocato un consiglio comunale per gli assestamenti di
bilancio”.
Adriano Falanga
MEDIATORE PER COSTRIZIONE, LONGOBARDI SOTTO ESTORSIONE
Sarebbe stato mediatore tra il clan Loreto Ridosso e gli
Aliberti. Ma non lo avrebbe fatto per volontà ma per
costrizione. Questo quanto si riesce a comprendere dalle
parole
dell’avvocato
Giovanni
Annunziata,
legale
dell’imprenditore scafatese, che, raggiunto a telefono ha
rilasciato una breve dichiarazione, dopo non poche difficoltà
e driblig per evitare di incorrere nella violazione del
segretorio istruttorio. Afferma Annunziata: «In riferimento
alla posizione del mio assistito Nello Longobardi, più volte
richiamato negli articoli di stampa, mi corre l’obbligo di
precisare che il signor Longobardi è stato indicato come
persona offesa, in ipotesi di estorsione ai suoi danni, dal
collaboratore di giustizia Loreto Alfonso. Il mio assistito,
sentito dalla Direzione Distrettuale Antimafia nella qualità
di testimone assistito, ha confermato tali episodi. Pertanto,
gli episodi riportati dagli articoli di stampa e nei quali
viene richiamata la presenza del signor Nello Longobardi,
potranno essere correttamente interpretati solo alla luce di
tali considerazioni». Nella vicenda, l’imprenditore era stato
ascoltato dagli inquirenti come imputato di procedimento
connesso (da qui la presenza dell’avvocato Annunziata). I
fatti da chiarire riguardavano gli “accordi” pre-elettorali
del sindaco Pasquale Aliberti che,
secondo Loreto Jr, non
aveva garantito a “Funzin” il “grosso appalto” che avrebbe
fatto fare al clan il “salto di qualità” rispetto ai
Sorrentino (Campagnuoli). Fu a questo punto che Luigi Ridosso
si rivolse a Nello Longobardi, noto imprenditore della zona
che vantava una particolare influenza sul sindaco: infatti
riuscì ad ottenere la nomina di Ciro Petrucci, suo caro amico,
alla carica di vicepresidente dell’Acse.
Stesso scenario
anche con Nello Aliberti e Giovanni Cozzolino (staffista del
sindaco non indagato in questo procedimento): anche loro erano
intermediari. La mediazione di Nello Longobardi sarebbe
servita a riappacificò Nello Aliberti con i Ridosso-Loreto. La
tregua fu siglata nella fabbrica di Longobardi a Rione
Ferrovia a Scafati – ex quartier generale dei Loreto – davanti
all’immancabile staffista del sindaco Giovanni Cozzolino (non
indagato in questo procedimento). Dagli interrogatori di
Alfonso Loreto e di Longobardi sarebbe emerso che
l’imprenditore era sotto estorsione dei Loreto Ridosso che gli
imponevano l’affidamento fittizio delle pulizia della sua
azienda. Un pizzo da 200mila euro.
In questo clima di
soggezione sarebbe maturata anche la sua mediazione, stante la
difesa dell’imprenditore.
L’IDENTIKIT
Aniello Longobardi è un imprenditore molto noto in città e
nell’Agro nocerino e nel vesuviano. Ha una grande pasione, che
va oltre alla sua ditta Conserve Longobardi, ed è il basket.
L’imprenditore, infatti, è il patron della squadra di basket
“Givova” che milita in serie A2.
Molto in vista in città
anche per altre sue iniziative, Longobardi è anche zio
dell’attuale assessore del Comune di Scafati, nominato da
Aliberti, Diego Chirico. Nel corso degli anni è stato più
volte presidente e vicepresidente dell’Acse impegnandosi in
politica sia con l’amministrazione Aliberti che con quelle
precedenti di centrosinistra. Qualche anno fa, nel 2012, fu
coinvolto nell’inchiesta Overline ma poi assolto nel 2014.
L’appalto finito nel mirino era quello assegnato dall’Acse nel
2011: non avendo ricevuto alcuna segnalazione da parte della
Prefettura di Salerno, in merito ad alcuna interdizione della
società Over Line, i dirigenti della partecipata affidarono la
gara all’imprenditore di Casapenna, Antonio Fontana. La misura
interdittiva antimafia a suo carico fu però emessa nel 2012
dalla Prefettura di Caserta a seguito di un indagine nella
quale Fontana risultò essere vicino ai Casalesi.