Gruppo di lavoro per INCLUSIONE SC.PRIMARIA

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Transcript Gruppo di lavoro per INCLUSIONE SC.PRIMARIA

MIUR – UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA CALABRIA
Istituto Comprensivo Statale “ A. Vespucci”
Via Stazione snc, 89900 Vibo Valentia Marina Tel. 0963/572073
E-mail [email protected] - PEC: [email protected]
Sito Web
http://www.icsamerigovespuccivibo.it/
Gruppo di lavoro per l’inclusione
"Interventi a favore degli alunni diversamente abili della scuola primaria “
Coordinatore Funzione strumentale Attisani Antonia
Gruppo di lavoro per l’inclusione "Interventi a favore degli alunni diversamente abili della
scuola primaria “.
Coordinatore Funzione strumentale Attisani Antonia
Dal vecchio concetto di integrazione (consentire e facilitare all’alunno con disabilità la maggiore
partecipazione possibile alla vita scolastica) si è gradualmente passati a quello di inclusione nel
senso di strutturare i contesti educativi in modo tale che siano adeguati alla partecipazione di tutti,
ciascuno con le proprie potenzialità. Calare questi principi nella realtà scolastica non è cosa semplice
perché spesso la logica dell’inclusione viene delegata agli insegnanti di sostegno quando invece
dovrebbe essere una logica sistemica. Nell’attuale visione pedagogica al centro dell'azione didattica
non è più il lavoro del docente ma quello degli allievi, dunque le metodologie d'insegnamento
dovranno prevedere strumenti, tecniche e strategie focalizzate su di essi e dovranno rendersi
flessibili e ricche, in modo da contenere le proposte più adeguate per ciascun allievo, affinché possa
seguire le vie più agibili verso il proprio apprendimento.
Si potranno adottare quindi:

attività diversificate,

laboratori didattici,

ambienti di apprendimento costruiti con il supporto delle tecnologie informatiche,

prodotti didattici multimediali ed interattivi ecc..
Ma tra le metodologie che sortiscono proficui risultati… vogliamo sottolineare i lavori di
gruppo.
L'APPRENDIMENTO COOPERATIVO prevede lo scambio di contenuti e conoscenze, la messa a
disposizione di abilità diverse, di competenze maturate, a supporto dell'apprendimento altrui e per il
rafforzamento del proprio.
Nell’ apprendimento cooperativo ciascun allievo attua un proprio processo di apprendimento e si
sforza nei termini delle sue possibilità per costruire conoscenza insieme agli altri. Ciascuno è al
tempo stesso artefice, responsabile del proprio apprendimento e supporto per i compagni, aiuta l'altro
nelle difficoltà e viene da quest'ultimo aiutato nelle proprie (peer tutoring).
COOPERATIVE LEARNING Per cooperative learning si intende la metodologia di insegnamento
attraverso la quale gli studenti apprendono in piccoli gruppi, si aiutano a vicenda e si sentono
corresponsabili del reciproco percorso.
Il docente avvia il lavoro, chiarisce le condizioni di esso, offre le direttive fondamentali ma poi
osserva, sostiene, indirizza, chiarisce, lascia spazio agli allievi e alle loro possibilità di risoluzione dei
problemi, intervenendo dove l'autonomia è più fragile ma non nelle situazioni in cui grazie al
tutoraggio tra pari si riescono a superare le difficoltà. L’insegnante “facilita” ed organizza le attività,
crea ambienti di apprendimento in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo,
trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di “problem solving di gruppo”,
conseguendo obiettivi la cui realizzazione richiede il contributo personale di tutti.
Vantaggi:

Migliori risultati degli studenti

Relazioni più positive tra gli studenti

Maggiore benessere psicologico:
Che cosa rende efficace la cooperazione

L’interdipendenza positiva, per cui gli studenti si impegnano per migliorare il rendimento di
ciascun membro del gruppo, non essendo possibile il successo individuale senza il successo
collettivo;

La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è responsabile del raggiungimento dei
suoi obiettivi

L’interazione costruttiva;

L’attuazione di abilità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno del
piccolo gruppo: creazione di un clima di collaborazione e fiducia reciproca.

La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di lavorare e si
pone degli obiettivi di miglioramento
L'aiuto del compagno e la possibilità di fornire ad esso supporto stimolano la formazione di
personalità definite e la crescita dell'autostima, nonché il senso di appartenenza e la condivisione.
Qui, saltano tutte le differenze, perché non vi è più una normalità cui adeguarsi. La differenza,
infatti, è essa stessa normalità, è accolta come ciò che è più proprio. Diventa perciò anche superfluo
specificare l'accoglienza della disabilità, perché essa appare come una delle tante modalità di
esistenza che, come tutte la altre, è portatrice di aiuto per la crescita della comunità.
IL TUTORING E IL PEER TUTORING
La strategia del Tutoring, come tutte le tecniche basate sulla collaborazione tra alunni, crea
opportunità straordinarie per l’educazione di ogni alunno, compresi (anzi soprattutto) quelli
classificati “a rischio” o in situazione di handicap.
Questo metodo permette un’educazione individualizzata e, contemporaneamente, persegue degli
obiettivi sociali di integrazione.
Il termine Tutoring (alla lettera “Tutoraggio”) viene tradotto come “aiuto reciproco”, può essere
considerato come una strategia pratica, uno strumento per massimizzare i risultati cognitivi e socioaffettivi degli alunni.
Strutturazione del Tutoring
Questa proposta di pratica pedagogica è nata dall’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa
le difficoltà di apprendimento e alla diversità per un’integrazione degli allievi in situazione di
handicap o comunque con difficoltà relazionali e/o di apprendimento.
L’elemento centrale di questa strategia didattica è appunto, il considerare gli allievi come portatori
di esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al percorso formativo, tenendo presente
che l’assunzione di ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.
Infatti il mutuo insegnamento si è rivelato assai proficuo per l’alunno che ricopre il ruolo dell’
”allievo”, ma ha anche sorprendentemente rivelato effetti estremamente positivi sul bambino
che funge da tutore.
Si stabilisce, infatti, un intenso scambio tra “Tutor” e “tutee” sia affettivo-relazionale che cognitivo.
Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un progetto di aiuto reciproco
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro;
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo;
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento in classe con l’intera scolaresca;
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività;
5. Un alunno con un certo tipo di difficoltà che aiuta un compagno con deficit.
Elementi del Tutoring (secondo Baptista)

Il Tutore (Tutor): ha una posizione di responsabilità e deve cercare le strategie per
insegnare. Pertanto anche lui dovrà imparare quel che insegna. Per rendere più
proficua l’adozione di questa strategia per entrambi i soggetti occorre che, ad insegnare
a quelli in situazione di difficoltà, siano proprio gli alunni non molto bravi ad insegnare.

L’Allievo (Tutee): può essere seguito in maniera più individualizzata, partecipando alla
definizione delle regole che sostengono il lavoro.

Contratto: è necessaria una fase di preparazione per individuare gli obiettivi,
preparare l’allievo che funge da tutore e stabilire con gli alunni, anche in forma di
contratto scritto, gli accordi presi collettivamente.

Adulto (l’insegnante): deve predisporre il materiale, coordinare il lavoro, osservare,
avere un atteggiamento non direttivo cercando di favorire l’iniziativa dei bambini.
Durante gli incontri l’adulto è si presente, ma apparentemente coinvolto in una sua
attività.

Ambiente: possibilmente fuori dalla classe, in uno spazio non disturbato e che
trasmetta l’idea che il lavoro è serio ed importante. Si devono evitare cambiamenti di
posto.

Tempi: gli incontri solitamente sono settimanali o bisettimanali con una durata dai 30 ai
45 minuti. E’ preferibile mantenere sempre lo stesso orario.

Strumenti: un diario compilato dal tutore alla fine di ogni incontro; un diario
compilato dall’insegnante che coordina il lavoro; materiali adeguati agli obiettivi che
siano diversi da quelli usati in classe o comunque diversi da quelli già conosciuti dai
partecipanti.

Valutazione: la valutazione è concepita come una serie di momenti nei quali vi è la
richiesta di riflettere sullo svolgimento e la partecipazione di ogni soggetto. Sono
consigliabili: i colloqui di verifica tra adulto e tutore dopo lo svolgimento delle
sedute e dopo la stesura del diario da parte del tutore; le riunioni tra alunni che avevano
ruoli di tutore in coppie diverse; le riunioni di verifica in cui partecipano il tutore, l’allievo
e l’adulto, nelle quali si considerano gli obiettivi e gli atteggiamenti e si rivalutano le
regole. In queste riunioni, è importante prendere in considerazione il diario steso dal
tutore e le osservazioni di tutti i coinvolti.
Ruolo dell’insegnante (Coordinatore)
L’insegnante ricopre un ruolo fondamentale.
- Innanzitutto deve curare la scelta degli obiettivi i quali devono essere adeguati alle realistiche
potenzialità dell’alunno, non tanto in termini di conoscenze già possedute, quanto d’interesse verso
l’attività, di capacità di inserirsi in un percorso di scoperta e di affrontare la sfida caratterizzata
dalla gestione dell’esperienza.
- Deve poi definire l’abbinamento tra allievi per garantire che ci sia un confronto che permetta
nuove situazioni di equilibrio; bisognerebbe evitare l’eccessiva distanza tra i partecipanti, cioè non
sceglierne uno troppo bravo ed uno troppo in difficoltà; evitare di abbinare due bambini che
presentino modalità d’interazione conflittuale, che abbiano la tendenza al confronto competitivo o
che siano troppo timidi.
- Pur vigilando sulle modalità d’interazione Tutor-allievo, l’insegnante non deve interferire nel ruolo
del tutore che, come già detto, deve essere il solo ad occuparsi dell’allievo. Lavorando con allievi in
difficoltà, spesso si verifica che l’attenzione del tutore sia eccessivamente rivolta a se stesso e che
l’allievo venga trascurato. L’insegnante deve quindi richiamare il tutore alle sue responsabilità,
spingendolo così ad un cambiamento attraverso il riconoscimento delle proprie capacità e di una
aspettativa condivisa che le tiene in conto.
- L'insegnante deve saper intervenire nei momenti di crisi, fare un passo indietro nei momenti in cui
la coppia funziona, deve saper dare dei feedback appropriati e gratificazioni pertinenti.
Vantaggi per il “bambino-Tutore” (Tutor)
I vantaggi si evidenziano sia sul piano cognitivo che affettivo:
1. POTENZIA IL SUO APPRENDIMENTO.
L’alunno-Tutor, scoprendo meccanismi del processo insegnamento-apprendimento, acquista
maggiori conoscenze, una migliore organizzazione ed un migliore uso degli strumenti. Egli rivede e
consolida conoscenze già acquisite, colma lacune, individua altri significati e riformula le proprie
conoscenze in nuovi contesti concettuali, ma soprattutto è probabile che, dovendo utilizzare le
conoscenze per uno scopo specifico, le assimili meglio.
2. MIGLIORA L'AUTOSTIMA.
Per l’alunno-Tutor, l’essere prescelti per svolgere un lavoro importante al servizio dei coetanei, è
determinante per il consolidamento della fiducia in se stessi; egli acquisisce un maggior senso di
sicurezza e di responsabilità, un atteggiamento più positivo nei confronti dell’apprendimento e della
struttura scolastica e, infine, sviluppa un senso comunitario.
3. AUMENTA LA MOTIVAZIONE VERSO LA SCUOLA.
Il tutor tende a essere più interessato verso le attività scolastiche, ad essere più attivo e propositivo
rispetto al contesto scolastico.
Vantaggi del Tutoring
4. FAVORISCE IL RISPETTO DELLE REGOLE.
Coloro che ricoprono il ruolo di tutor tendono generalmente a interiorizzare le regole scolastiche
con più facilità.
Vantaggi per il “bambino- Alunno”(Tutee)
1. POTENZIA IL SUO APPRENDIMENTO
In un rapporto personale, l’apprendimento può essere maggiormente individualizzato: è possibile
selezionare i compiti più adeguati ed il ritmo della presentazione può essere costantemente
calibrato in modo da ottimizzare l’apprendimento. Inoltre, mentre l’insegnante, assillato dal tempo, è
spesso costretto a limitarsi a spiegazioni verbali, il peer
tutoring offre l’occasione di dimostrare il comportamento richiesto. Il “bambino alunno”
riceve un feedback regolare e partecipe sulla correttezza dei propri sforzi ed è soggetto ad
un attento monitoraggio che porta a massimizzare il tempo dedicato all’attività.
2. MIGLIORA LE CAPACITÀ RELAZIONALI
La vicinanza di età fra tutor e tutee crea un’identificazione che gioca a favore della
relazione anche al di fuori della diade stessa.
IL CIRCLE-TIME
Si tratta di un metodo di lavoro, pensato per facilitare la comunicazione e la conoscenza
reciproca nei gruppi. In ambito scolastico trova un’ottima applicazione: gli alunni si posizionano su
sedie disposte in cerchio, cosicché ciascuno possa vedere ed essere visto da tutti, lasciando
libero lo spazio al centro, sotto la guida di un adulto (preferibilmente un insegnante della classe).
La comunicazione avviene secondo regole condivise all’inizio e finalizzate a promuovere l’ascolto
attivo e la partecipazione di tutti (può essere utile, per esempio, stabilire che i turni di parola siano
ritualizzati dal passaggio di un oggetto).
Il “tempo del cerchio” ha una durata fissa all’interno della quale possono essere proposte delle
attività strutturate guidate dall’insegnate oppure lasciata libertà di discussione (a seconda della
fase del gruppo e delle specifiche esigenze della classe) su tematiche proposte dagli stessi alunni.
All’interno del cerchio, l’insegnante ricopre il ruolo di facilitatore della comunicazione evitando di
assumere posizioni centrali (per esempio fornendo soluzioni o risposte agli alunni): l’obiettivo è
facilitare la cooperazione fra tutti i membri del gruppo-classe, la creazione di uno spazio in cui
ciascuno è incluso e chiamato a partecipare, sebbene con le proprie modalità e i propri tempi, in
modo da soddisfare sia il proprio bisogno di appartenenza che di individualità.
E’ importante che la cadenza del circle-time sia fissa, affinché la classe abbia la sicurezza di avere
un suo spazio di gruppo e impari quindi ad usarlo, a seconda dei bisogni che andranno emergendo
di volta in volta. Si può pensare a incontri settimanali o quindicinali della durata di 60/75 min,
guidati sempre dallo stesso insegnante (che potrebbe essere quello di sostegno) o
meno. L’importante è che ci sia una programmazione, ossia che il gruppo docente senta questa
attività come parte integrante della vita di classe (al di là di qual è l’insegnante che la porta avanti)
e che, fungendo da “mente di gruppo”, la pensi ed elabori: una strategia che può aiutare gli
insegnanti a lavorare meglio è proprio l’organizzazione di spazi in cui condividere l’esperienza in
corso che, quindi, diventerà un’attività che riguarda l’intero corpo docente, un’opportunità per tutti.
La prassi ci dice che gli alunni si appassionano a quello che sperimentano come un
piacevole e necessario momento di confronto, tanto da chiedere loro stessi che venga
fatto e che le regole siano rispettate.
Dunque il circle-time:
• Consente agli alunni di esprimersi e conoscersi meglio, valorizzando le differenze
•Facilita l’inclusività
• Permette agli insegnanti di conoscere meglio i propri studenti e la classe
• Può essere uno strumento di prevenzione e gestione della conflittualità
LE CLASSI APERTE
Altra prerogativa per migliorare la didattica con tutti gli allievi e con gli alunni con problemi in
particolare è l’ utilizzo delle “ classi aperte”. La possibilità di lavorare per classi aperte parte dalla
legge 517 per poi passare al “Regolamento dell’autonomia scolastica” al “ Decreto Ministeriale 19
luglio 1999 ecc. Dalla predetta normativa si evince che le classi aperte sono “classi” che di tanto in
tanto, con frequenza più o meno assidua, vengono aperte per costituire gruppi di alunni provenienti
da classi parallele oppure da classi verticali, ciascuno dei quali:
a) persegue particolari obiettivi (diversi da quelli che debbono perseguire tutti gli alunni della
classe)
oppure
b) segue percorsi di apprendimento diversificati in base ai livelli, ai ritmi ed agli stili di
apprendimento degli alunni che fanno parte del gruppo.
Le classi aperte non prevedono la definitiva abolizione delle classi per tutte le attività oppure che si
proceda ad un nuovo raggruppamento degli alunni in classi diverse da quelle di provenienza.
Le classi aperte permettono la coesione tra studenti in difficoltà e studenti “virtuosi” creando un
clima di didattica partecipata e collaborativa.

aiutano a combattere l’individualismo e l’isolamento.

permettono di liberare energie creative, sia negli insegnanti sia negli studenti.

permettono di differenziare i percorsi e di effettuare potenziamento e recupero in maniera
programmata, senza risorse aggiuntive.
Una scuola siffatta è una scuola inclusiva.
Riferimenti normativi relativi alle classi aperte :
“Regolamento dell’autonomia scolastica” (Art. 4 2. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le
istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole
discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A
tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono
opportune e tra l’altro: l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da
diverse classi o da diversi anni di corso;)ed al “ Decreto Ministeriale 19 luglio 1999, n. D.M.
179/1999” prevede che Art. 1 ter ( 1. Le istituzioni scolastiche sono autorizzate a sperimentare, in
particolare:
c) articolazione flessibile del gruppo classe, delle classi o sezioni, anche nel rispetto del principio
dell’integrazione scolastica degli alunni con handicap (normativa di riferimento: Legge n. 517/1977,
Legge n. 148/1990, art. 14 Legge n. 104/1992; artt. 5, 7, 10, 126, 128, 167, 491 del D. Lgs,
297/1994; art. 2 Legge. n. 352/1995).