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ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
Giovedì 21 Luglio 2016
È quello ritratto da Heinrich Wilhelm Tischbein ed esposto allo Städel Museum di Francoforte
Un Goethe con due piedi sinistri
La manomissione fu fatta (forse) da un ladro napoletano
mento romano di via del Corso, oggi trasformato nel museo
Casa di Goethe, e si può dire
che ricopriva il ruolo di fotografo di scorta. Al compagno
non interessava che creasse
capolavori ma che sapesse ritrarre con fedeltà paesaggi e
rovine, e in fondo era meglio
come disegnatore che come
pittore.
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
G
oethe ha due piedi sinistri? Colpa del solito
napoletano. È tempo di
vacanze, e, incredibile,
ci sono ancora tedeschi che vengono nel Belpaese con il tasca
Il viaggio in Italia. Scendono
in una pensione del Teutonengrill, come viene soprannominata con autoironia la Riviera
Adriatica, e cercano l’Arcadia.
Il quadro di Goethe nella
campagna romana, dell’amico
e compagno di viaggio Heinrich Wilhelm Tischbein, è il
simbolo del rapporto antico e
travagliato tra i nostri due paesi, come «Italia e Germania»,
le due fanciulle una bionda e
l’altra bruna, mano nella mano,
ritratte da Overbeck. È un po’
la Mona Lisa tedesca, osserva
sulla Frankfurter Allgemeine
Felix Krämer, curatore della
collezione dello Städel Museum,
che conserva la tela. Niente affatto un capolavoro, ammette,
questo al pubblico non importa,
come i visitatori del Louvre che
trascurano decine di opere d’arte per ammassarsi intorno alla
misteriosa dama sorridente.
Goethe nella campagna romana, ritratto dall’amico Heinrich
Wilhelm Tischbein. L’opera originale è rimasta incompiuta.
A completarla sarebbe stato un pittore napoletano
che ha sbagliato dipingendogli due piedi sinistri
E pochi conoscono il
nome dell’artista: Tischbein
non era un genio, è vero, ma
non proprio così incapace da
ritrarre il suo famoso amico
con due piedi sinistri. Possibile che abbia commesso un
errore marchiano di cui, va
precisato, nessuno si accorge?
Il quadro viene riprodotto su
cartoline, poster, tazze da caffè, piatti, magliette, è sempre
il souvenir più venduto. Goethe, turista nella campagna,
è il quadro più famoso dello
Städel. Tischbein lo dipinse
nel 1787, all’età di 36 anni. Divideva con il poeta l’apparta-
La coppia si divise a Napoli. Goethe volle proseguire
per la Sicilia, e la traversata, al
tempo, era rischiosa a causa dei
pirati saraceni. L’artista preferì
rimanere anche perché sedotto dai ragazzini partenopei.
Ma il ritratto non era finito. E
i restauratori si stupiscono: la
parte superiore, il volto del genio, che ostenta un grande cappellaccio, il busto, il mantello,
il paesaggio sullo sfondo, sono
molto curati, come era tipico
per Tischbein. I piedi no: quello destro è una copia piuttosto
mal rifinita del sinistro.
Cosa accadde? Tischbein
si affrettò a lasciare Napoli
quando arrivarono i francesi.
Molte delle tele le lasciò nel
suo atelier e se le fece spedi-
re successivamente a casa in
Germania. Ma mancava il
ritratto del poeta. Nel 1822,
Goethe chiedeva ancora al
vecchio amico di mandargli
l’originale, dove era rimasto?
Krämer ricostruisce la storia
della tela, simbolo dell’amicizia travagliata italo-tedesca.
Il quadro sarà stato rubato, e
poi venduto al console danese
Christian Hermann Heigelin nel 1846, diciassette anni
dopo la morte di Tischbein.
Probabilmente il ladro doveva
essere a sua volta un pittore, e
completò la tela per spuntare
un prezzo migliore. Poi il quadro passò nelle mani di Carl
Mayer von Rothschild, e
infine la figlia Adele lo donò
allo Städel di Francoforte, città
natale di Goethe. «È probabile
che né Goethe né Tischbein
abbiano mai visto la versione
definitiva con due piedi sinistri», conclude Krämer. Che
cosa attendersi da un artista
napoletano dalla mano lesta
ma non molto accorta? Due
piedi sinistri. Turisti state attenti quando venite da noi, vi
rifilano una patacca. Non sempre, ma spesso.
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TREND IN AUMENTO DAL 2014. QUEST’ANNO SUPERERÀ I 35,6 MILIARDI DEL 2015, MA I COSTRUTTORI CAMBIANO ROTTA
La Francia importa più automobili di quelle che produce
Il paradosso è che sono Renault e Citroën fabbricate in mezzo mondo
DI
CAMILLO ADINOLFI
L
e auto francesi vanno bene, benissimo. Nei primi sei mesi di
quest’anno le due grandi case
automobilistiche, la Renault
e la Psa-Citroën hanno venduto più
di un milione di vetture in Europa
con un balzo dell’8,3%, superando le
performance dei costruttori tedeschi
(1,8 milioni di vetture ma una crescita
ridotta del 7,1%) e allineandosi ai risultati del gruppo italo-americano Fca
(Fiat-Chrysler) che ha venduto, come
i francesi, un milione di auto ma ha
superato tutti grazie a un tasso di crescita più che doppio, il 19,2%, rispetto
al primo semestre 2015.
È la prova che le auto francesi vanno
bene, benissimo (tra l’altro, la Renault
ha fatto ancora meglio: ha venduto 1,5
milioni di automobili in tutto il mondo
superando, per 30mila vetture appena,
il grande rivale Psa-Citroën), come certificano i dati forniti proprio in questi
giorni dall’Acea, l’Association des constructeurs européens d’automobiles.
Se, però si cambia prospettiva
(non più il fatturato aggregato delle
case automobilistiche, ma il saldo della
bilancia commerciale automobilistica)
e il fornitore dei dati (non più l’associazione dei costruttori, ma l’ufficio
statistico delle Dogane) si scopre che
l’industria automobilistica francese va
male, malissimo.
E non da ora. Ma da almeno un decennio.
Già nei primi cinque mesi di
gli ultimi anni con punte ancora maggiori dopo il 2013 quando il sindacato
metalmeccanico ha firmato accordi di
produttività prima impensabili); più
si produce e meno si vende all’estero?
Non è un nuovo paradosso francese, ma
l’effetto ottico di una rilevazione statistica aggregata (la bilancia commerciale) che conta sì le auto che arrivano
dall’estero e che quindi
vengono classificate
alla voce import, ma
non considera che nello
stock delle importazioni c’è un gran numero
di… auto francesi. Di
Renault Scenic o di Peugëot 308 prodotte negli
Un anno nero che,
stabilimenti esteri dei
comunque, non ha
due gruppi e importafatto altro che conte in Francia così come
fermare un trend nes’importano le Fiat 500
gativo che dura, come si
italiane o le Mercedes o
diceva prima, da almeno
le Smart tedesche.
un decennio. Nel 2007
Laurent Gasnier
E allora, facendo la
s’importavano auto per
35,8 miliardi di euro e se ne esportava- dovuta scrematura, togliendo il 29% di
no per 35,1 miliardi ed è stato l’anno autovetture tedesche (Mercedes, Bmw,
migliore per l’industria francese, quello Volkswagen), il 7% di auto in arrivo
con un saldo negativo di appena 700mi- dalla Gran Bretagna (soprattutto Mini
lioni di euro. Dal 2008 in poi il saldo e vari modelli di Toyota assemblati nelnegativo della bilancia commerciale del le officine inglesi) e il 7% dall’Italia (i
settore ha oscillato tra i 4,8 miliardi di vari modelli delle scuderie Fiat e Alfa
euro del 2008 e gli 8,5miliardi del 2011, Romeo), si scopre che la gran parte delquando si sono vendute all’estero auto le auto importate in Francia (per 35,6
per un controvalore di 26,7 miliardi ma miliardi di euro l’anno scorso, per 31,8
nel 2014 e per una cifra ancora più alta
se sono importate per 35,2 miliardi.
Ma come si spiega? Più si produce alla fine di quest’anno come fa capire il
(la crescita misurata nelle grandi usine trend dei primi cinque mesi del 2016)
dei due marchi francesi, la Renault e sono auto francesi.
la Peugëot è stata in media del 5% neCostruite negli stabilimenti che Re-
quest’anno il deficit, cioè il differenziale tra esportazioni e importazioni,
tra auto vendute all’estero e auto importate dall’estero, è salito a 4 miliardi
di euro, quasi il doppio rispetto al saldo
(2,5 miliardi di euro) dello stesso periodo dell’anno scorso: il che fa pensare,
come spiega Laurent Gasnier, responsabile dell’ufficio studi delle Dogane, che il 2016 sarà ben
peggiore del 2015 che si
è chiuso con un differenziale negativo di ben 7,7
miliardi (27,9 miliardi
di export contro 35,6
miliardi di import).
nault e Psa Citroën hanno impiantato
in tutta Europa e in mezzo mondo. Per
esempio, le Renault Captur, le Citroën
C4 Picasso arrivano dalla Spagna
(anzi, la Spagna copre il 20% dell’import automobilistico francese). Le Renault Twingo arrivano dalla Slovenia,
la Peugëot 208 dalla Slovacchia, la Renault Clio dalla Turchia, tutti i modelli
Dacia, ovviamente, dalla Romania.
Insomma, la bilancia commerciale
non fa altro che fotografare, con numeri e cifre a prima vista impressionanti,
gli effetti del decentramento produttivo e della delocalizzazione dell’automotive.
Anche se nell’ultimo periodo
sembra si stia consolidando il fenomeno inverso: i costruttori che
portano o riportano la produzione in
Francia. Come la Renault che costruisce le nuove Scenic e le nuove Espace
nell’impianto di Douai, nella Piccardia,
e le piccole a marchio Nissan nello stabilimento di Sandouville, nella Senna
Marittima. Mentre il gruppo Psa-Citroën ha assicurato ai sindacati che il
milione di auto che mancano per arrivare a quota 4milioni di vetture saranno costruite tutte in Francia. E anche
le case straniere seguono l’esempio: la
Toyota, per esempio, ha spostato la sua
Yaris nello stabilimento di Valenciennes e la Daimler fa le sue Smart ad
Hambach, nella regione della Mosella.
Milioni di auto made in France, anche
se non basteranno a far invertire i due
piatti della bilancia commerciale.
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