la famiglia nella vita e nell`opera di p. antonio e p. marco cavanis (1)

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ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA
LA FAMIGLIA
NELLA VITA DI P. ANTONIO E P. MARCO CAVANIS, NELLA
STORIA DELLA CONGREGAZIONE DELLE SCUOLE DI
CARITÀ E NELL’OGGI DELL’ “AMORIS LAETITIA”
P. Diego Spadotto
“Coraggio famiglia, speranza dell’umanità” e “Famiglia, sei forte!”, sono i Ltoli di due opuscoli che
riguardavano la situazione della famiglia, una decina di anni fa. Nonostante i Ltoli di incoraggiamento, la
situazione delle famiglie è tuQ’altro che migliorata e, oggi, l’aQenzione sulla famiglia è stata richiamata nella
Chiesa da due Sinodi e dall’ Esortazione Apostolica “Amoris LaeLLa” di Papa Francesco. Scorrendo le pagine
di questo bellissimo documento, si riscoprono i moLvi di gioia e di speranza, ma anche le problemaLche e le
sfide che la famiglia affronta ai nostri giorni. Per quanto riguarda l’isLtuzione “famiglia” conLnua “un
comploQo di parole e di comportamenL”, che rende difficile il discernimento secondo verità. Dire “Amoris
LaeLLa”, significa dire: coraggio vita di coppia uomo/donna, paternità e maternità; coraggio dialogo, fiducia
reciproca, fedeltà; coraggio genitori e figli, educazione del cuore, vita e futuro; coraggio scuola, educatori e
insegnanL. Vale la pena occuparsi decisamente della famiglia, come isLtuzione, per tentare di far chiarezza
dentro la manipolazione linguisLca e ideologica in cui è caduta. Compito non facile. Oltre che prendersi cura
della famiglia in se stessa, c’é bisogno conLnuamente di difenderla contro le strumentalizzazioni e le
irresponsabilità dei vari poteri che determinano i desLni della società. Bisogna fare questo non per
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opportunismo o per ricevere applausi dalle masse manipolate, le cui opinioni sono tenute al guinzaglio
dalle mode e dalle emozioni passeggere.
IERI
La famiglia di origine dei Cavanis era una famiglia serena, educatrice secondo i valori umani e
crisLani. I genitori, Giovanni e CrisLna, amavano i figli, dando loro il necessario per la crescita fisica e
intelleQuale; formavano il loro “cuore” con saggezza e lungimiranza, incamminandoli al lavoro e alla
responsabilità, fin da giovani. Armonioso era il rapporto di amore e sLma dei genitori, tra loro e i figli e dei
figli tra di loro. Il buon clima familiare si esprimeva aQraverso colloqui affeQuosi tra tu\ i membri della
famiglia. L’esperienza posiLva della paternità e maternità, ha preparato Antonio e Marco a diventare
“veramente padri” di tanL ragazzi, che non avevano la grazia di sperimentare il calore di una famiglia e
“come è buono il Padre Celeste”. “I pii genitori, Giovanni e CrisLna, educarono i figli con rara sensibilità
pedagogica e crisLana; e i figli impararono da loro l’amor di Dio, lo zelo per le anime, l’amore ai poveri.
Ancor piccoli cominciarono a frequentare le funzioni religiose, ad accostarsi ai sacramenL, a occupare
uLlmente il tempo fuggendo l’ozio, a essere leali con se stessi e con gli altri” (Pos. VI). Così, Antonio e Marco
sono cresciuL affe\vamente sensibili e solidali: “Si sconcertavano per la profonda disuguaglianza sociale
che li circondava e assillavano il padre con mille domande: perché esistono pochi ricchi e molL poveri?
Perché si disprezzano i poveri? Perché i bambini poveri non vanno a scuola? Che colpa ne hanno loro?… Essi
vogliono sapere chi ha la colpa … Però, se tu\ facessero come il papà, Venezia sarebbe una ciQà più giusta
… In uno slancio di sintonia fraterna, entrambi dicono quasi la stessa frase: in futuro voglio amare come
papà e mamma … amare i figli degli altri” (Afonso de Santa Cruz, Os dois leões de Veneza).
Dopo un’accurata istruzione ed una posiLva esperienza di lavoro nella Segreteria della Repubblica
Veneta, Antonio e Marco, abbandonarono l’idea di formarsi una famiglia naturale e scelsero di vivere la
vocazione alla paternità spirituale, dedicandosi ai ragazzi più poveri della loro ciQà. La Carità del Padre
celeste diventerà, progressivamente, missione educaLva di aiuto alle famiglie, e “finirà solo quando
finiranno le necessità dei poveri e dei piccoli”. Vedendo la triste situazione delle famiglie e di tanL ragazzi
che erano “come pecore senza pastore”, si convinsero che il male trionfava perché “i buoni incrociavano le
braccia…l’omissione dei così de\ buoni e il degrado della famiglia provocavano un’orrenda strage della
gioventù”. Nella Venezia della prima metà del secolo XIX, la povertà e la decadenza dei costumi avevano
penalizzato fortemente tuQe le struQure della società e, in parLcolare, le famiglie della ciQà e delle
campagne: “…siamo in tempi in cui, almeno nella ciQà di Venezia ed in altre ancora, non vi è più educazione
né pubblica né privata, sicché crescendo i giovani senza pascolo e senza freno evidentemente sovrasta uno
spaventoso avvenire. Che manchi comunemente la disciplina domesLca è cosa assai manifesta, visto che si
è resa tanto comune nei genitori l’ignoranza, la scostumatezza e la povertà; che manchi ancora la pubblica
educazione si può conoscere, ad evidenza, quando si rifleQa come sia impossibile sperare tuQo questo dalle
Pubbliche Scuole, visto che è certo che non l’hanno nemmeno proposta, perché, dicono, che le Pubbliche
Scuole sono state isLtuite solo per il semplice insegnamento, e non per occuparsi di dare paterna
educazione crisLana, cioè avere cura diligente dei giovani, vigilare sulle loro passioni nascenL, procurare di
correggerle, dar loro sempre gli aiuL più opportuni, incamminandoli finalmente alla praLca della
Religione…” (EMM I 553).
Scrive P. Marco: “Cerchiamo qui di supplire a quelle molteplici cure di cui vengono defraudaL i
miseri adolescenL dalla trascuratezza o dall’impotenza dei genitori” (EMM II 71). L’impotenza era legata,
sopraQuQo, alla povertà dilagante; la trascuratezza, invece, alla mancanza di un minimo di istruzione,
all’assenza di preoccupazione educaLva del potere pubblico e del clero locale. Alle famiglie e ai ragazzi, fin
dall’inizio, chiesero libera adesione al loro progeQo di aiuto: “le necessarie istruzioni, la provvida vigilanza,
un’amorevole disciplina, uLli scuole, allegri giochi, aiuL opportuni anche per imparare e poi cercare un
lavoro in cui con le loro faLche possano guadagnarsi il giornaliero sostentamento… è importante che gli
apprendisL siano collocaL in una boQega dove il padrone sappia tenere gli occhi aperL sui ragazzi e vederli
come figli, altrimenL si trovano esposL a chiari pericoli di rovina. E’ da notarsi inoltre che molL padroni nel
lungo tempo di prova non danno ai loro garzoni che poco o niente, proprio quando i giovani più avrebbero
bisogno di un giornaliero aiuto”” (EMM II 81). Hanno dovuto loQare contro le intromissioni e lo statalismo
napoleonico e asburgico, per esercitare la libertà di aiutare la gioventù e le famiglie.
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OGGI
La situazione della famiglia e della società, presentata nell’Amoris LaeLLa, per quanto riguarda il
valore dato alla famiglia nella società, i rapporL di coppia donna/uomo, le relazioni dei genitori con i figli e il
mondo dell’infanzia e dell’adolescenza nella società, è realista, non pessimista. La famiglia sembra non
essere più una isLtuzione naturale orientata alla paternità e maternità e un ambiente di educazione, quanto
piuQosto luogo di sofferenza, di disagio e di violenza nei rapporL di coppia e tra genitori e figli. É il
fallimento dell’autorità familiare come ambiente di crescita, è un grido di esasperata carenza. Varie modalità
di violenza colpiscono la famiglia, la donna e i bambini in ogni società e cultura. Ridare valore e credibilità
alla famiglia, alla paternità e maternità, sia nei Paesi del mondo occidentale economicamente privilegiaL,
come nei Paesi provaL dalla povertà o da forL condizionamenL culturali, è un compito difficile ma possibile,
secondo Papa Francesco, a condizione di riscoprire la Misericordia e dando a Dio la possibilità di sanare
situazioni escludenL: “Sono duemila anni che aspe\amo di sapere se il fratello maggiore della parabola
evangelica si sia deciso o meno di entrare in casa”. Con la sua Esortazione invita tu\, chi è uscito di casa e
chi non si trova bene nella casa del Padre, a riscoprire l’Amoris LaeLLa.
“Nella famiglia, più che altrove giochiamo il nostro desLno, nel reinventare, ognuno nei limiL della
propria condizione, dei piccoli passi quoLdiani, un’esistenza che dia speranza, amore e gioia a chi ci sta
accanto … La vocazione più importante oggi è quella dell’amore coniugale, perché è la più difficile … E poi
l’ansia di ogni ma\na, quando l’uscio si chiude alle spalle dei ragazzi che si accingono ad aQraversare le
strade del mondo e della storia con il loro bagaglio di insicurezze, di sradicamenL, di fragilità, di persuasioni
occulte, di modelli che spengono l’anima e illudono il corpo”. Sono da prendere seriamente in
considerazione le famiglie e, dentro le famiglie, “quelli che hanno conosciuto il dolore di un matrimonio
fallito; quelli che si trovano soli a reggere il peso di una famiglia da crescere; quelli la cui vita familiare è
caraQerizzata da tragedie o da mala\e mentali o fisiche”. Recuperare la missione della coppia e l’impegno
della famiglia nell’educazione è il compito più urgente e necessario. E’ urgente che la famiglia creda di
nuovo in se stessa e nella sua libertà di azione in tu\ i segmenL della società, superando una specie di
confliQualità fisiologica che si è creata tra genitori ed educatori, tra la famiglia e il potere pubblico.
La sfida che la famiglia deve affrontare non è di natura religiosa, ma fondamentalmente
antropologica: non esiste più una verità ogge\va sulla vita, sull’uomo, sulla famiglia. Essa è spezzata,
uomini e donne sono deviaL dal ruolo paterno e materno e per conseguenza scade la coesione sociale.
Padri e madri spesso si trovano a fare i conL con il mantenimento dei figli, con povertà, disagio sociale,
fragilità affe\va, droga, anoressia, bulimia, tragedie esistenziali e sessuali, mercificazione della donna,
disumanità con cui si traQano anziani e bambini: “tu\ sintomi di una mala\a che ha colpito l’anima della
nostra società fino a renderla incapace di idenLficarsi nella sua valenza comunitaria”. I segni di speranza,
che pur ci sono, devono essere sostenuL da un forte impegno educaLvo da parte delle isLtuzioni della
società e della Chiesa. La situazione delle famiglie è precaria in qualsiasi paese del mondo. Per fare un
esempio: in Brasile il 37,3% dei nuclei familiari sono soQo la responsabilità di una donna sola. Se poi si
aggiunge a questo dato il faQo che anche quando l’uomo è fisicamente presente è quasi sempre totalmente
disinteressato dell’educazione dei figli e, più in generale della gesLone della vita familiare, allora risulta
chiaro quale può essere il desLno della maggior parte dei giovani.
CARITÀ PATERNITÀ/MATERNITÀ GRATUITÀ
“La Congregazione delle Scuole di Carità, di fronte alle carenze e alle difficoltà dell’educazione e ai
pericoli che la gioventù incontra nella sua crescita, è stata isLtuita principalmente per esercitare verso i
giovani i doveri non tanto di maestro quanto di padre, in aiuto all’azione educaLva della famiglia, con la
scuola o altre iniziaLve compaLbili con il progeQo dei Fondatori” (Cost. 2). Questa famiglia religiosa, i
Cavanis l’hanno modellata sulla loro famiglia: la famiglia educatrice di mente e cuore, gli educatori come
padri e madri, e i ragazzi “cari figlioli”. Ora, la quesLone più radicale e urgente per la Congregazione delle
Scuole di Carità, è ripensare forme e cammini che risveglino il gusto di formare “famiglie del Signore”, che
abbiano il coraggio di essere e di dirsi crisLane, tesLmoniando nella misericordia la missione della famiglia:
Amoris LaeLLa. Questa missione non è per superficiali. Quando un’opera di misericordia tocca la carne
vince ogni resistenza, ogni paura, e lascia dietro di sé il profumo di Dio, quello stesso che i Cavanis hanno
lasciato facendosi poveri con i poveri, con “l’odore delle pecore”, in una insalubre “caseQa”, vero “ospedale
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da campo”. Veramente padri di famiglia, hanno messo come fondamento la Carità, il donarsi con gratuità e
fiducia illimitata nella Provvidenza:“I giovani e le famiglie ritrovano l’idenLtà Cavanis non sulle carte, nelle
mozioni dei convegni e delle assemblee, ma negli educatori che stanno e vivono con loro e per loro. La vera
pedagogia, padri più che maestri, non fa sconL: se l’educatore non è presente, i giovani migrano da soli; se
l’educatore non arriva prima o con loro, raccoglierà solo i cocci; se arriverà fuori tempo massimo, sarà
emergenza”.
I Cavanis di oggi possono aiutare le famiglie a riscoprire la “disciplina”, cioè chiarezza e metodo
formaLvo, autorevolezza paterna e materna. Le conseguenze dell’assenza della famiglia nel campo
educaLvo e della fuga dall’esercizio dell’autorità paterna e materna, creano generazioni disorientate e
vuote, senza strumenL di difesa davanL all’arroganza della società. “La gioventù perisce perché si lascia
perire” (EMM 435). Uno dei disagi che la famiglia affronta è l’offuscamento o la perdita del senso
dell’educazione integrale dentro la famiglia e nel percorso scolasLco. Alla scuola viene richiesta la funzione
limitata all’informazione, quasi di Lpo nozionisLco. Sui valori, sugli orientamenL di vita, è invitata a
mantenere una neutralità educaLva. Per i Cavanis “il molto sapere senza la re\tudine del cuore” diventa
pericoloso per la persona e per la società. L’anima della vera cultura non è la mera erudizione o la tecnica
ma la capacità di giudizio, il vaglio delle informazioni, l’intuizione criLca per affrontare le “mala\e
dell’anima giovanile”, le solitudini, le domande inevase di senso, di cui le nuove generazioni si fanno
portatrici, i comportamenL anomali e devianL segnaL dalla violenza, l’interesse per le problemaLche di
fondo: la pace, lo sviluppo sostenibile, la dignità dei popoli, la solidarietà nel diriQo e nella giusLzia, i bisogni
dei più deboli, l’uguaglianza.
Nella Venezia della prima metà del XIX secolo, quando i poliLci e saggi del tempo ritenevano che era
inuLle educare e istruire i figli della “feccia della plebe”, o che bastava un’ istruzione elementare, i Cavanis,
pur avendo un quadro di riferimento sociale disastroso, non si sono lamentaL fermandosi ai “se” o ai “ma”.
Come buoni samaritani, sono scesi dalle altezze delle ideologie e delle opinioni e hanno tentato di aggredire
il male alla radice, radunando la “povera gioventù dispersa”: “se vuoi un buon raccolto semina nel tempo
giusto e semina buone semenL”. Dicevano e facevano. Fare uno studio antropologico, sociologico o
psicologico della paternità/maternità umana può servire ai fini dell’educazione. I Cavanis non hanno
imboccato questa strada, anche se non hanno escluso quesL approfondimenL. Hanno proposto come primo
rimedio per i ragazzi e le famiglie, “l’amore paterno e gratuito di Dio che vede e provvede e ci fa suoi figli”.
Poveri o ricchi, tu\ figli nella famiglia del Padre Nostro. “Padre” e “Madre” sono le parole più anLche e più
usate. Esse ricordano la nostra radice. Quando l’essere umano chiama Dio “Padre”, manifesta la sua fede
umana nella “radice del suo essere e del suo esistere”; quando ricerca questa radice, non lo fa perché vuole
crescere e vivere “senza il padre, feLccio inventato dalla faLca umana di vivere come adulL”, ma perché la
radice, il Padre, si manifesta come ragione di vita prima, ulLma e definiLva, incontro necessario per la
crescita. Relazione fondamentale che progeQa l’essere umano come essere di relazioni. La gratuità
dell’amore del Padre è la caraQerisLca peculiare dell’azione dei Cavanis. Senza gratuità non c’è amore
paterno, materno e filiale. Gratuitamente si riceve e gratuitamente si dona.
Padre e madre sono «sacramenL» di Dio. Dio, Padre/Madre si è manifestato in P. Antonio come
tenerezza, misericordia, accoglienza, serenità; in P. Marco come azione coraggiosa, futuro, forza,
dinamismo, creaLvità. La semplice paternità o maternità fisica senza la componente spirituale e l’amore
perenne, è una negazione o una caricatura della paternità e della maternità. Paternità/maternità e filiazione
sono interdipendenL. Dove c’è un figlio c’è un padre, una madre, anche se non sempre c’è vera paternità e
maternità. Essere figli rivela un mistero profondo, significa riconoscere l’origine, acceQare un’eredità. Non
acceQare la filiazione divina significa non acceQare la paternità divina, è tentare di costruire un mondo
anarchico, con difficoltà d’acceQare le proposte eLche. È voler essere figlio senza avere un padre o madre,
senza farsi figlio. Sono molte le modalità che si usano per rigeQare il Padre, lui non è un avversario che
bisogna eliminare o fingere che non esista, né un fatuo ideale da usare in tempo di crisi. Oggi il problema
nell’educazione non è l’assenza di guide, ma l’eccesso di “guide” che non si riferiscono al Padre, e l’eccesso
di proposte educaLve con quasi nullo contenuto o punL di riferimento autorevoli. Nella società odierna,
caraQerizzata dalla quasi totale assenza di “paternità responsabile” i figli, però, conLnuano ad esser visL
come estensione del padre, quasi una terra di conquista da possedere.
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Il futuro della famiglia e di ogni persona dipende dalla capacità di acceQare dei limiL struQurali, di
auto regolarsi e di lasciarsi regolare dalla responsabilità dell’educazione familiare e comunitaria, che
permeQa di uscire dalla spirale di una educazione intesa in forma “cumulaLva” di successo economico o di
informazione enciclopedica. La vera educazione familiare e sociale è prima di tuQo uno sLle di vita che sa
disLnguere tra bisogni reali e bisogni indo\ e a volte imposL ai figli, è un modo di organizzare la vita a
livello colle\vo e individuale per garanLre a tu\ il soddisfacimento dei bisogni primari e fondamentali
legaL al corpo, agli affe\ e allo spirito, legaL al cuore. Per causa della diffusa crisi di “genitorialità matura”,
si abbandona facilmente questa responsabilità nell’educazione, optando per un banale formalismo affe\vo.
Incapaci di acceQarci, amarci, ascoltarci, di non sopraffarci, si imbocca la strada della violenza morale e
fisica: “I focolai non sono più nelle trincee, ma nelle retrovie, nei rapporL interpersonali sempre più osLli,
nelle famiglie, dove guerre nascoste lacerano e rendono nemici fra di loro padri, madri, figli, fratelli e
sorelle”. Padri e madri che non solo generano, ma hanno a cuore il desLno dei figli, comunicano un senso
alla vita, sono presenza significaLva, non danno risposte ingannevoli, interessaL solo al possedere, al
successo e ad una visione strumentale delle persone.
Le relazioni sono diventate fragili, roQe, negate, precarie, sporadiche, senza alcuna stabilità, senza
regole eLche: genitori senza figli e figli senza genitori, uomo e donna senza paternità e maternità, marito
senza sposa e sposa senza marito, preferendo funzioni di compagni/e e amanL. Una società senza nessun
simbolo di “unione durevole”, senza regole e disciplina non costruisce relazioni solide, fraternità,
uguaglianza, ma loQa per la supremazia. I giovani sono “orfani” e “dispersi” senza riferimenL “parentali”
profondi e senza senLmenL di appartenenza a qualcuno. L’esperienza di paternità/maternità e filiazione
non più ancorata a Qualcuno più solido, progressivamente si svuota di senso e responsabilità. I Cavanis
propongono un lavoro educaLvo che é vigilare, vegliare su quesL meccanismi che snaturano le famiglie e la
società: “Vigila e veglia nella società civile chi coglie prontamente i segni del degrado, chi si erge contro la
corruzione dilagante che deride il bene comune, chi non si rassegna alla deriva delle sue isLtuzioni
pubbliche e alla casualità dei suoi ritmi vitali, che poi significano sempre il trionfo dei prepotenL e dei furbi”.
Questo impegno educaLvo suppone la virtù della perseveranza. “Quando nel 1835 i Cavanis riceveQero una
circolare, indirizzata dal governo austriaco a tu\ i maestri privaL con la quale si obbligavano i maestri a
presentare semestralmente i bambini delle prime due classi elementari per un esame di stato, insorsero
coraggiosamente. Come potevano le tante loro famiglie povere pagare le propine di esame, cioè quaQro
fiorini annui per bambino? I Cavanis sospesero le due classi, tennero duro fino alla viQoria, cioè al
riconoscimento della pubblicità delle due classi e all’equiparazione alle scuole comunali”.
Una rassegna nella storia delle famiglie religiose che hanno più profondamente segnato la vita della
Chiesa, mostra che sono state quelle che si sono caraQerizzate non per opere grandiose ma per un progeQo
di vita spirituale ed evangelica vissuto e portato avanL nei secoli, con perseveranza. Se i Cavanis, religiosi e
laici, vogliono “rinascere”, è necessario che recuperino il progeQo di vita spirituale ed evangelica che
risponde alla missione di evangelizzare la famiglia e la gioventù aQraverso l’educazione paterna, nella
gratuità del dono di se stessi. Questo sembra l’unico modo per esserci ancora nel futuro della Chiesa e della
società. Il progeQo di vita spirituale ed evangelica, così come lo presentano i Padri Antonio e Marco, è di
sinergia e comunione, vissuta tra loro stessi, le famiglie e i “cari figlioli”; tra tu\ coloro che come loro, si
sono dedicaL e si dedicano al ministero dell’educazione paterna della gioventù; tra quanL nella
Congregazione lavorano in seQori differenL o appartengono a realtà culturali diverse; tra le opere e il
territorio dove le opere desLnate all’educazione sono situate; tra passato e presente; tra efficienza ed
efficacia nell’azione pastorale; tra formazione al servizio educaLvo e formazione personale; tra giovani e
anziani, tra famiglie e Scuola. La tentazione di prendere altre scorciatoie, è forte. E non da oggi. La paura
brucia in freQa e lascia solo cenere. Il vero problema non è se vale la pena dedicarsi all’educazione o se la
vita religiosa è ormai finita, ma come riscoprire la passione educaLva e la centralità responsabile della
famiglia. La sinergia e la comunione, molte volte, portano alla croce. Quelli che rischiano la vita
nell’educazione della gioventù, in sinergia e comunione, portano nel loro corpo le “piaghe” del Signore:
“vigilanza, pazienza, sollecitudine, speranza di fruQo, orazione”, conservando “perfeQa leLzia” che è “non
conturbarsi, come dice San Francesco, “se in un giorno di freddo, arrivando a casa affamaL e feriL, non si è
riconosciuL dai fratelli”.