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Giovedì 19 Maggio 2016
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Il partito può anche essere liquido e più o meno chic ma i voti si conquistano con il porta-a-porta
Renzi riscopre le feste dell’Unità
Lo sforzo sarà fatto soprattutto in Emilia, Toscana e Marche
DI
CARLO VALENTINI
S
nobbate, ridotte, a
volte cancellate. Sono
le feste dell’Unità.
Non amate dal segretario Matteo Renzi perché
lontane anni luce da quel
partito liquido da lui spesso
teorizzato tanto che a Roma,
dalla storica sede dei Giubbonari in giù non c’è una
sezione che funzioni dopo la
cura Renzi-Orfini-Barca.
Ma anche in politica vi sono
i ritorni di fiamma, magari
interessati. Ed è quanto sta
avvenendo tra Renzi e le feste dell’Unità.
Il segretario le ha riscoperte. Ha bisogno di convincere a
votare sì al referendum sulla
riforma costituzionale e quindi questi raduni politico-gastronomici-canori dal sapore
popolare che calamitano centinaia di migliaia di italiani
diventano nella strategia di
Renzi l’arma per sfondare
il fronte del no e portarsi a
casa la vittoria. Lui penserà
a bucare il video, con un Tg e
un talk al giorno. Il riscoperto partito organizzato dovrà,
nelle feste, spiegare a ciascuno dei partecipanti perché
votare sì.
Una giravolta. Il partito liquido, tutto tv e web, fa
scic nei salotti, ma i voti si
conquistano col porta-a-porta
e tra la gente, soprattutto se
si tratta di quesiti complessi.
Lo scorso anno Renzi non salì
sul palco della festa di Roma e
ruppe la tradizione di chiudere la festa della città-simbolo,
Bologna, lasciando l’onore a
Pier Luigi Bersani ma di
fatto disdegnando l’evento.
Questa volta invece batterà le
feste principali a una a una e
chiuderà quella nazionale, che
si svolgerà in Sicilia. Lo ha
detto in direzione l’altro ieri,
sorvolando sul cambiamento
d’opinione: «Le feste saranno il privilegiato per informare sul
nostro cavallo di battaglia per merito delle riforme messe a
la vittoria referendaria». Lo punto dal partito democratico
slogan, comune a tutte, sarà: e per spiegare le ragioni del sì
C’è chi dice sì. Con buona pace al referendum». Il bello è che
dei bersaniani e dei cuperliani quasi in contemporanea l’Anche sulla riforma hanno il mal pi locale, cioè l’associazione dei
di pancia e invece saranno fo- partigiani un tempo costola del
tografati, obtorto collo, sotto gli Pci, ha annunciato l’adesione
striscioni che inneggiano al sì. al comitato per il no. «PazienIl fatto di puntare sulle feste za», commenta Calvano, che
dell’Unità (mentre i giornalisti aggiunge: «Le feste dell’Unità
sono in agitazione sindacale devono essere tutte impostate
perché vi è incertezza sul fu- con un’indicazione chiara di
turo del quotidiano) risponde promozione del sì a una legge
anche, dati
che abbiamo
alla pano, a un
discusso al
calcolo eletnostro intertorale. Nella
no, arrivando
prospettiva di
a un’approvaun’affluenza
zione che nei
alle urne certadiversi pasmente più alta
saggi ha pordi quella regitato a maggiostrata al referanze del 57%
rendum sulle
in parlamento,
trivelle, ma al
percentuali
di sotto della
che penso pospercentuale
sano essere
delle elezioni
anche superioMatteo
Renzi
politiche, deciri nel Paese se
sivo potrebbe
facciamo tutti
risultare quanto succederà nel- il lavoro che dobbiamo fare».
le aree tradizionalmente rosse,
Proprio dall’Emilia partì
cioè Emilia, Toscana e Marche. la richiesta, nel 2014, di torQui vi sarebbero le potenziali- nare alla vecchia titolazione di
tà per una corsa alle urne e un feste dell’Unità quelle che sulla
massiccio voto per il sì. Uno scia dell’entusiasmo per l’Ulivo
zoccolo duro in grado di can- erano state ribattezzate feste
cellare un eventuale consenso Ds e poi feste Pd. Renzi accolper il no in altre parti d’Italia. se la perorazione e nel giugno
Ma perché le tre regioni rispon- 2014 emise l’editto del ritorno
dano c’è bisogno della mobili- alla tradizione. L’inizio è fatto
tazione e quindi delle feste risalire al 1945 quando a Mapoiché le sezioni si sono, anche riano Comense il Pci radunò i
qui, rarefatte e impigrite. Non militanti per festeggiare con
a caso è stato subito convocato vino e salsiccia la liberazioun summit, a Modena, col go- ne. Anna Tonelli, docente di
vernatore della Regione, Stefa- storia contemporanea a Urbino Bonaccini, e il segretario no, nel libro «Falce e Tortello»
regionale Pd, Paolo Calvano, (Laterza) ha ricostruito la blaentrambi di stretta osservanza sonata storia di queste feste.
renziana, in cui è stato appro- Scrive che agli albori «come i
vato un documento che afferma Soviet, la festa rende omag«l’opportunità di caratterizzare gio alla ‘madre Russia’ con
le feste de l’Unità come luogo l’esposizione dei simboli (falce
e martello e bandiera rossa) e
dei padri storici del comunismo
(Lenin e Stalin). Poi arrivano
le esigenze del mercato a trasformare le manifestazioni in
feste commerciali con stand,
spettacoli, lotterie, ristoranti,
concerti a pagamento. Una
storia che attraversa oltre sessant’anni: il post-Liberazione
con giornate di «serena felicità» e i concorsi di Miss stellina; il miracolo economico con
i nuovi consumi (cucine a gas
e frigoriferi) e il beat; il ’68 con
le marce dei giovani e il trionfo
della cosmonauta Valentina;
gli anni ’70 con i cantautori e le
manie di ‘gigantismo’; gli anni
’80 fra riflusso e voglia di disco
music fino al ‘tramonto’ della
festa dell’Unità con il cambio
del nome in festa democratica.
L’unica costante che non cambia mai riguarda i veri protagonisti della festa: i ‘compagni’
volontari che costruiscono le
cittadelle o lavorano agli stand,
con il traino della ‘fede rossa’
a creare senso di comunità”.
A cui si può aggiungere un’osservazione che fece Alberto
Moravia, secondo il quale le
feste combinano le tre grandi
idee presenti in Italia (Moravia scrive nel 1976), cioè l’idea
del mercato, quella del Soviet
e della festa cattolica. E infine
una recente dichiarazione del
senatore Pd, Ugo Sposetti : «Il
partito deve alle sue feste molto più di quanto le feste devono
al partito».
Con la mobilitazione
per il referendum le feste
dell’Unità vivranno una seconda giovinezza. Lo storico organizzatore, Lino Paganelli, è
stato sostituito da Barbara
Ceruleo. È lei che ha guidato la kermesse nazionale dello
scorso anno a Milano e che si
appresta alla nuova avventura, in Sicilia, a Palermo, da fine
agosto a fine settembre. Oltre
a Renzi sono annunciati tutti i
ministri Pd, a cominciare dalla più gettonata, Maria Elena
Boschi. «Sì, la festa nazionale
dell’Unità sarà in Sicilia- dice
il segretario regionale Pd, Fausto Raciti. - Per la prima volta
nel Mezzogiorno e per di più in
un anno importante, nel cuore
della battaglia referendaria.
Noi, come al solito, ce la metteremo tutta. Affronteremo
molti temi ma ovviamente in
primo piano vi sarà il referendum e i motivi per il sì. Questa
legge riconosce l’autonomia
delle Regioni a statuto speciale, consente un rapporto con le
Regioni attraverso un Senato
che diventa una vera e propria
Camera delle autonomie. Significa mettere fine a una stagione
lunghissima in cui tra Camera,
Senato e Regioni ha vinto l’incertezza».
Aggiunge il presidente
della direzione siciliana del
Pd, Giuseppe Lupo: «Anche
grazie alla festa dell’Unità la
Sicilia parteciperà massicciamente alla campagna a sostegno del sì al referendum. Da
oltre trent’anni si discuteva
del nuovo assetto costituzionale ma nessun governo era
mai riuscito a far approvare in
parlamento una legge che gli
italiani chiedevano a gran voce.
Quello che, fino a qualche tempo fa, era solo argomento per
demagogia e campagne elettorali, oggi è legge. In autunno
gli elettori saranno chiamati a
dire il proprio sì al futuro della democrazia italiana e dalla
Sicilia arriverà un grande contributo partecipativo».
Proprio la Sicilia potrebbe
esprimere il primo presidente
del nuovo Senato, il sindaco
pidiessino di Catania, Enzo
Bianco. Il suo principale antagonista sarà Piero Fassino
se, come sembra dai sondaggi,
sarà rieletto sindaco di Torino.
Twitter: @cavalent
© Riproduzione riservata
IL CORSIVO
Chi ricorda più la devoluscion, il mattarellum, i girotondi,
gli indignati nonchè l’articolo 18 per todos i lavoratori?
DI
I
ISHMAEL
nsieme alla memoria dei leader della seconda repubblica,
di cui si ricordano a malapena
i nomi, svanisce anche la memoria delle cause per cui si battevano. Che fine ha fatto, per esempio,
l’articolo diciotto? C’è ancora? Non
c’è più? Non saprei dirlo, l’ho dimenticato. Come ho dimenticato il nome
di battesimo di Bertinotti (Mario?
Luigi? Mario Luigi?) e persino come
si chiamasse esattamente il partito
di Bertinotti che aveva per bandiera
l’articolo diciotto senza limiti e por
todos i lavoratori. C’entra magari
anche l’età, con i buchi di memoria
che ne derivano, ma più che altro
c’entra l’estrema insignificanza delle ultime faccende italiane, fatte per
essere subito dimenticate.
Qualcuno ricorda ancora la
«devoluscion»? O il «mattarellum»? E «i girotondi»? Adriano
Celentano? Il «popolo viola»? Il
Ponte di Messina? Gl’«Indignati»?
Eppure per anni non s’è parlato
d’altro. Carlo Azeglio Ciampi...
chi era costui?
Eppure, se cercate «Ciampi» su
Google, scoprirete che è stato presidente della repubblica. Basterebbe
una ricerca su Google, un secondo
d’attesa e via, per venire a capo
anche di tutte le altre questioni del nome di battesimo di Bertinotti
come del destino dell’articolo diciot-
to - ma la verità è che c’è una ragione se di tutte le crisi di cartapesta
scoppiate negli ultimi venticinque
anni, come pure di tutti i guappi di
cartone che ne sono stati i protagonisti, ci si ricorda a malapena, o non
ci si ricorda affatto.
Se un tempo, negli anni ottanta, la vita era «tutta un quiz», come
cantava Renzo Arbore quando degli affari italiani ci si ricordava ancora, da Tangentopoli in poi la vita
è diventata tutta un talk show, dove
ogni «questione di vita o di morte»
non è meno effimera delle domande
di Lascia o raddoppia.
Leader famosi per un giorno, soluzioni immaginarie di problemi inesistenti, zuffe, baruffe, ogni match
televisivo e parlamentare (puf) una
bolla di sapone, Beppe Grillo, le
felpe di Matteo Salvini, i magistrati rivoltatori di calzini. Sempre più
vago, sempre più nebbioso, svanisce
anche il ricordo dell’epopea bauscia
di Silvio Berlusconi, l’unico tra i
leader effimeri degli ultimi cinque
lustri che abbia legato il proprio
nome a una fase della nostra storia
e che si sia fatto notare per qualcosa (il bunga bunga).
Decenni interminabili di talk
show e al paese non è rimasto niente in testa (e ancor meno sotto le
unghie). Niente, a parte le serate
eleganti e la bandana (anche la
bandana rimane).
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