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UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ

IL GABBIANO FELICE n°69

Maggio 2016

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Bernardino Loschi (1460-1540).

Ritratto di Aldo Manuzio

Come scritto nell’articolo a pagina quattro questo numero de

Il Gabbiano Felice

vuole essere un omaggio al grande tipografo, editore e umanista Aldo Manuzio, in occasione del cinquecentenario della sua morte che, grazie alla sua illuminata opera, fece diventare Venezia la capitale dell’editoria.

Molti gli illustri personaggi che animarono la sua Accademia Aldina, a pochi passi dal convento dei Frari a Venezia, dove aveva lo studio il francescano Luca Pacioli autore del “

De Divina Proportione”

(1497) con all’interno, tra l’altro, le celebri incisioni dovute a Leonardo da Vinci e raffiguranti suggestive figure poliedriche.

In quel libro di geometria compare anche il progetto del “lettering” riprodotto nella nostra copertina e dove ogni lettera porta i dati di come essa è costruita. Se seguirete le linee verdi e scriverete la lettera dentro la casellina alle quali rimandano, potrete risolvere il nostro nascosto augurio.

Un altro esempio per “il nostro SUHVWLWRJUDࣾFRHGLWRULDOHչªVWDWRTXHOOյ+\SQHURWRPDFKLD 3ROLSKLO\GL)UDQFHVFR&RORQQD"VWDPSDWRPDJLVWUDOPHQWH GDO0DQX]LRFKHIXGHࣾQLWRLOYHUREHVWVHOOHUGHOULQDVFLPHQWR

Numero 69 Maggio 2016 ŽůůĞƫŶŽŶŽŶ periodico a cura ĚĞůů͛hŶŝƚƌĞĚŝDĞƐƚƌĞͲ sĞŶĞnjŝĂĂĚŝīƵƐŝŽŶĞ ŝŶƚĞƌŶĂŐƌĂƚƵŝƚĂ

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S o m m a r i o

1

Editoriale

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Cari soci, cari amici

Ěŝ^ĂůǀĂƚŽƌĞ'ƌĂǀŝůŝ 4

L’uomo che inventò il libro che stava in una mano sola

Ěŝ^ĂŶĚƌŽ'ĂůĂŶƚĞ 9

Poesie

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ĚŝůĞŶĂ 10

Liguria

ĚŝDĂƌŝůĞŶĂĂďĂƚŽ'ƌŝĞŶƟ 14

Carissimi compagni di viaggio

ĚŝůĞŶĂ

14

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15

L’innocenza

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16

DŝŐƌĂŶƟǀĞĐĐŚŝĞŶƵŽǀŝ

Ěŝ'ŝĂŶĨƌĂŶĐŽWŽŶƚŝŶŝ

18

A Venezia nel 1944

ĚŝŝŶŽƵĐĐŝ

22

Tai Chi (energia suprema)

ĚŝĂŶŝĞůĂDŝŶƵƚ

24

Libri

-

ĂĐƵƌĂĚŝEŝŬLJ

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-

ĂĐƵƌĂĚŝŶŶĂŵĂƌŝĂ hŶŝǀĞƌƐŝƚăĚĞůůĂ dĞƌnjĂƚă ǀŝĂĂƌĚŝŶĂůDĂƐƐĂŝĂ 30170 sĞŶĞnjŝĂͲDĞƐƚƌĞ dĞůĞĨŽŶŽ͗ 041.95.08.44

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E D I T O R I A L E

on questo numero si chiude la pubblicazione del

Gabbiano Felice

per l’anno 2015-16.

Auguriamo a tutti i nostri amici dell’Unitre una felice estate e rivolgiamo loro un caloroso arrivederci.

Siamo un’importante Associazione; vado ad occhio ma non dovrei sbagliare: 1100 iscritti e più di cento corsi. Una grossa fabbrica della quale garantire la produttività. Per chi ne porta la responsabilità vuol dire avere tutte le mattine chiara la situazione: calendario GHLFRUVLSUHVHQ]DGHLGRFHQWLHGHJOLDVVLVWHQWLGLVSRQLELOLW¢GHOODDXOHHௗFLHQ]D dei sussidi necessari allo svolgimento delle lezioni.

Poi al pomeriggio una folla felice di stare insieme si riunisce nelle rispettive aule o aule magne e a tutti sembra naturale che la porta sia aperta, l’aula pulita, il microfono sul tavolo e via discorrendo.

Pochi pensano a quanto lavoro una tale struttura comporti. Ma non è tutto perché siamo un’associazione di volontariato ed esistono precisi 1

2

. .

. . . . . .

. .

.

obblighi di legge, amministrativi e contabili da adempiere.

Poi c’è la gestione del sito, l’organizzazione dei viaggi, lunghi e brevi, del soggiorno estivo, i rapporti con gli istituti che ci ospitano...

Mi fermo qua per arrivare al dunque del mio dire: le persone che rendono possibile tutto ciò sono poche e si accollano un carico di lavoro molto pesante.

Il Consiglio di Gestione non è un organo operativo e pertanto non solleva la gestione del quotidiano a quelle persone (assistenti) incaricate a gestire l’apertura della sede. Ogni tanto il venticello del malcontento serpeggia, diavoletto, SHU DXOH H FRUULGRL PD QHVVXQR VL R௔UH GL FROODERUDUH SHU superare le criticità. Presto ci saranno le iscrizioni, di sicuro si troverà da ridere sul sistema prescelto ma nessuno si chiederà se, date le forze in campo, non sia già così un mezzo miracolo.

Di recente chi scrive ha chiesto in più occasioni la collaborazione di persone perfettamente in grado di dare un contributo di lavoro e di idee: una sola, ripeto una sola, ha accettato. L’Università della Terza Età è un bene pubblico: una quota sociale risibile garantisce la frequenza ai corsi senza sbarramenti o spese aggiuntive. Le persone escono dalla gabbia della loro casa, socializzano, realizzano desideri di conoscenza che non hanno potuto VRGGLVIDUH TXDQG֢HUDQR LQ HW¢ VFRODUH 5D௔RU]DQR DQWLFKH relazioni sociali, ne creano di nuove. Ci sono corsi frequentati da numeri vicini al centinaio; l’incredibile YDULHW¢ GHOO֢R௔HUWD FXOWXUDOH GHOO֢8QLYHUVLW¢ ª VRWWR JOL RFFKL GL tutti: basta andare sul suo sito. Ma è azzardato fare sempre le nozze FRL ௕FKL VHFFKL VROR LO Il

Gabbiano Gabbiano

riceve qualche collaborazione spontanea perché seduce molti l’idea di poter comunicare agli altri i loro pensieri o i loro ricordi. E va bene così.

però non riesce ad essere compiutamente la voce dell’Università perché nessuno né dalla direzione, né dai corsi comunica mai al suo direttore quello che sta facendo o ha fatto. Viviamo tutti come tante monadi senza porte e senza ௕QHVWUH E non va bene così. Vogliano, il prossimo anno, provare a rimediare?

Gianfranco Pontini

Questo giro l’editoriale lo vorrei firmare (dato che sarà l’ultimo del mio mandato)

. .

. . . . . .

. .

.

Cari soci, cari amici

a pubblicazione del numero del dell’annata 2015-2016, mi offre l’opportunità per una ULIOHVVLRQH b VXOO֢DQGDPHQWR dell’UNI3 da quando, nell’ormai lontano 2014, si è insediato il nuovo Direttivo.

Gabbiano Felice

Dopo la breve iniziale sorpresa della mia elezione DOOD3UHVLGHQ]DPLVRQRVXELWRbUHVRFRQWRFKHWDOH incarico non sarebbe stato una passeggiata e che il mio impegno, spontaneo e gratuito come tutti gli incarichi all’interno della nostra associazione richiedono, sarebbe stato messo duramente alla prova. Una delle prime cose che parve evidente a tutto il Direttivo, era la necessità impellente di una gestione contabile al passo con i tempi, quasi all’altezza di XQ֢֥LPSUHVD֦VRFLDOHODVFLDWHPLGH௕QLUODFRV®bXQD Associazione con oltre mille iscritti, una settantina di docenti e un centinaio di corsi. necessita di XQDVHULHGLFULWHULDPPLQLVWUDWLYLSL»VSHFL௕FLSHU fronteggiare i bisogni. L’altro problema che subito saltava agli occhi era quello relativo alla sede: un vero e proprio luogo operativo nel quale, oltre a gestire la normale amministrazione, poter dare visibilità alla nostra UNI3 con incontri, dibattiti e, soprattutto, mostre degli elaborati prodotti dai nostri associati, durante o alla fine dei corsi. Ecco quindi emergere la scelta discussa, ponderata e comunemente accettata di disporre di una propria sede in modo da poterla rendere sempre operativa, di utilizzarla senza impedimenti in tutti i 365 giorni dell’anno, concretizzatasi poi nella agevole sede di via Cardinal Massaia, centrale e facilmente raggiungibile.

Il compito del Direttivo, però, non doveva essere solo di tipo amministrativo e burocratico: doveva cercare di creare qualcosa di innovativo, di più al passo con i tempi, in sostanza organizzare e spronare le eccellenti competenze dei vari docenti per operare non solo di comune accordo, ma fondare quel rapporto collaborativo e di interscambio che qualifica una società moderna, dove il meglio di ciascuno si affianca al meglio degli altri per ottenere la sinergia ideale per dare i migliori frutti. In poche parole, “fare squadra”.

Come tutti voi avrete potuto notare, la nostra associazione si chiama sempre UNI3, ma tale acronimo ha recentemente assunto un nuovo significato: non più Università della Terza Età, bensì Università delle Tre Età, e tale cambiamento lo ritengo assai significativo perché non è l’anagrafe che ci deve determinare, ma la nostra voglia di apprendere, di confrontarci, di sperimentare nuove occasioni culturali. La vita oggi si è allungata, lo sappiamo tutti, e la possibilità di allungare ed espandere il nostro naturale desiderio di cultura e di interesse è cresciuto in parallelo FRV®FRPHO֢DPSLH]]DbGHLQRVWULVRFLVLDVWXGHQWLFKH GRFHQWLbVLªDOODUJDWDLQFRQVHJXHQ]DVHGDSSULPDHUD limitato solo a persone un po’ in là negli anni, oggi è composto anche da persone relativamente giovani perché sia un ottantenne che un quarantenne hanno il medesimo desiderio di cultura.

La nostra rimane sempre un’associazione di volontariato, con tutti i suoi pregi ma anche tutti i suoi limiti: bisogna però non pretendere attese impossibili o eccessive rispetto alle nostre possibilità, tuttavia sono certo, e lo sto toccando con mano, che i nostri corsi sono gestiti e diretti con impegno e dedizione e frequentati con applicazione ed affetto e ciò ci riempie di gioia e soddisfazione.

Ora, però non mi resta che farvi, insieme a tutto il Direttivo, gli auguri più sinceri di buone vacanze estive e un arrivederci altrettanto concreto e sincero per settembre, mese in cui di QXRYRbULSUHQGHUHPRO֢LQGLVSHQVDELOHH comune terapia che tanto ci apre la mente e l’animo: la Cultura.

Salvatore Gravili presidente Unitre

3

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Ritratto di Laura da Pola

(1543-44).

Olio su tela, 90x75. Pinacoteca di Brera, Milano

COPERTINA, IMPAGINAZIONE E CARATTERE USATO PER QUESTO NUMERO DEL

GABBIANO FELICE

VOGLIONO ESSERE UN OMAGGIO AD ALDO MANUZIO DI CUI CORRE IL CINQUECENTENARIO DELLA MORTE.

I CAPOLETTERA, INVECE, SONO TRATTI DALLA DIVINA PROPORTIONE DI FRA LUCA PACIOLI

4

L’UOMO CHE INVENTÒ IL LIBRO CHE STAVA IN UNA SOLA MANO

di Sandro Galante ڃڃڃ ڃ

iamo in molti a pensare che i libri realizzati da Aldo Manuzio sono fra i più belli al mondo, di ieri e di oggi, grazie agli altissimi livelli imposti dall’editore-tipografo per i contenuti e per il creativo, innovativo

graphic design

che la sua produzione ebbe. Basti pensare che ancora oggi, nella libreria dei font del nostro computer ci sono caratteri da stampa che fanno preciso riferimento a lui o alla sua Accademia Aldina. In casa di Aldo Manuzio, quella in Sant’Agostin a Venezia, si parlava spesso in greco ma non solo lì. In quella lingua, LQIDWWL LO QRVWUR PDJQL௕FR LPSUHQGLWRUHHGLWRUHWLSRJUDIR si esprimeva anche con la trentina di lavoranti (legatori, LQFLVRULDSSUHQGLVWLWLSRJUD௕VXRFHURH௕JOLFRPSUHVLQHOOD FHOHEUH VRWWRVWDQWH WLSRJUD௕D ( LO JUHFR H LO ODWLQR HUDQR parlati anche durante le riunioni che si facevano presso quell’Accademia Aldina, sempre da lui fondata, che vedeva tra i suoi associati intellettuali, scrittori, poeti, del calibro di Erasmo da Rotterdam, Pietro Bembo, Pico della Mirandola con i suoi nipoti, principi di Carpi, Lionello Pio e Alberto III.

Ma come mai un laziale doc - nato nel 1449 a Bassiano, Velletri - arriva a Venezia? Credo di essere nel giusto quando lo attribuisco alla volontà di essere a contatto con la cultura classica come in nessun’altra città avrebbe potuto. Che a Venezia esistesse un consolidato e numeroso gruppo di genti greche era cosa conosciuta e radicata nel tempo: già attorno all’anno mille gruppi di mosaicisti, con famiglie al seguito, furono reclutati per lavorare nel cantiere della San Marco del doge Pietro Orseolo. Ma non erano certamente i primi visto che furono preceduti da quelli che operarono a Grado e, soprattutto, 7RUFHOOR,O௖XVVRPLJUDWRULRGLTXHVWHJHQWLYHUVR9HQH]LD sollecitato dall’imminente dissoluzione dell’Impero di Bisanzio (1204 con la IV Crociata), portò in città qualche centinaio di persone, tra questi non pochi eruditi, che bene s’integrarono con i veneziani. A sottolineare questa integrazione tra greci e veneziani mi piace ricordare quel passaggio che, nella

“Grande Illustrazione del Lombardo Veneto

(1857) lo storico Cesare Cantù ci dà:

“…il vestire

[in città]

arieggiava al greco; ampia tunica, larghe maniche, cappuccio e la barba pettinata; tutti lo vedeste nella maschera di Pantalone.”

In campo letterario abbiamo già ampie e importanti dispute WUD L JUHFL H L YHQH]LDQL L SULPL RVDQQDYDQR OD ௕ORVR௕D GL Dall’alto.

La lapide posta in facciata della casa abitata da Aldo Manuzio. La casa gotica in in calle Rio Terà Secondo.

con bottega sottostante, quasi LQDࣽDFFLRDFDPSR Sant’Agostin.

Aldo Manuzio (incisione) con, dietro, il suo marchio di editore Una pagina di una Edizione Aldina in lingua greca foggiata secondo una delle accattivanti forme tipiche di quelle edizioni.

Chiude la pagina il marchio del Manuzio con ancora HGHOࣾQRVLJODWRFRQ AL - DUS

5

6 In queste due pagine.

Esempi della modernità dell’impaginato della

Hypnerptomachia Polipyli.

Il libro, forse scritto dal frate domenicano Francesco Colonna del convento dei SS.Giovanni e Paolo di Venezia, viene pubblicato nel dicembre del 1499. Si tratta di un romanzo allegorico che racconta il FRPEDWWLPHQWRDPRURVRFKH3ROLࣾORKDLQVRJQR Composto da 38 capitoli ha, nelle sue 467 pagine EHQPDJQLࣾFKH[LORJUDࣾHGLDXWRUHLJQRWR

Platone, i secondi più quella di Aristotele e i Peripatetici. E di queste dispute, non sempre verbali, se ne dovette occupare anche il Consiglio dei Dieci promulgando severe sanzioni per frenare le parti avverse. Un ruolo fondamentale QHOO֢RSHUD SDFL௕FDWRULD OR HEEH TXHOOD JUDQGH H FDULVPDWLFD ௕JXUD GHO FDUGLQDOH JUHFR %HVVDULRQH 4XHOOR FKH IHFH TXHVWR LOOXPLQDWR XPDQLVWD PDJQL௕FR FROOH]LRQLVWD di numerosi e fondamentali manoscritti in lingua greca, sarà importante non solo per Venezia, ma per la storia della cultura in genere. Egli donò alla Repubblica (1468) la sua straordinaria biblioteca ricca di manoscritti unici, soprattutto in lingua greca, che divenne il nucleo fondativo della Biblioteca Marciana già allora pensata come pubblica!

“ Venezia, negli intenti del Bessarione, avrebbe dovuto costituire il baluardo contro il Turco, un porto sicuro per quel mondo bizantino del quale si sentiva erede, mentre auspicava che divenisse anche luogo di incontro e di dialogo tra le culture”

(BNMV- Lascito bessarioneo).

L’incontro di Aldo Manuzio con la Serenissima è un evento di assoluta importanza, non solo per la storia del libro. Senza l’intelligenza inventiva di Aldo l’editoria veneziana non avrebbe mai conquistato, con tanta rapidità e autorevolezza, il suo primato europeo (oltre 150 stampatori in città), tanto che autorevoli storici ebbero a scrivere che:

“…. in nessun altro luogo del mondo il suo progetto sarebbe cresciuto tanto in fretta e avrebbe trovato le strade già pronte SHU GLࣽRQGHUVL RYXQTXH VHQ]D RVWDFROL R UHVLVWHQ]Hչ

Il Manuzio arrivò in città, per restarci, nel 1489-90 e ben presto andò a bottega del tipografo Andrea Torresani che ne diventerà prima suocero e poi socio visto che comincerà ben presto l’attività in proprio: animato dal desiderio di far conoscere, ai più, i grandi classici, pubblicherà nel giro di tre anni, l’opera completa di Aristotele. A questa seguirono quelle di Tucidite, Aristofane, Erodoto, Sofocle, Euripide, Senofonte, Demostene e Platone. (JOLYROHYDSRUWDUHLOOLEURDVWDPSDDGXQDGL௔XVLRQHWDOHGD pensarlo in ogni libreria di uomo colto, erudito, studente o professore che fosse. Ed è per questo che inventa l’edizione in “ottavo”, un libro piccolo, agile, in formato “tascabile”. Con questa grande intuizione, giusto al giro di boa del secolo, inizierà a stampare i classici latini ed italiani, inaugurando una

forma di stampa assolutamente innovativa, di una modernità incredibile, cristallina: una forma di impaginazione che ogni

graphic designer

d’oggi deve conoscere per la sua straordinaria creatività. E’ una forma che prevede per la prima volta in assoluto l’uso del corsivo, simile alle lettere dei manoscritti greci dai quali erano copiati i libri a stampa. Per ottenere quel carattere si avvale del più celebre intagliatore di caratteri del WHPSR )UDQFHVFR *UL௔R FKH JOL UHDOL]]D TXHO FDUDWWHUH FKH gli permetterà di ridurre di molto lo spazio usato dal testo: questa geniale idea farà realizzare al Manuzio le edizioni “tascabili” ante litteram! Una curiosità? Se ci mettiamo alla tastiera di un computer per scrivere un qualunque testo, troveremo che il pulsante per scrivere in corsivo che ci compare sul nostro programma di scrittura ha, come icona, la lettera

I

maiuscola (oggi, in Italia, sostituita dalla

C

). Come mai? Semplice: quella

I

è lì perché gli inglesi chiamano “

Italics”

la scrittura corsiva e, ciò, vale persino per i francesi (

Italiques

,Q௕QH SHU JOL VSDJQROL VL FKLDPHU¢

“letra grifa”

GHULYDWDFLRªGDOFDUDWWHUHUHDOL]]DWRGDO*UL௔R

.

C’è bisogno d’altro?

l 1499 per Manuzio è anche l’anno dell’uscita de

L’Hypnerotomachia Poliphili

(la battaglia d’amore QHO VRQQR GL 3ROL௕OR GL IRUVH - Francesco Colonna. Il libro sarà un vero e proprio

best seller

e sarà stampato più volte, anche dopo la morte di

Umberto Eco farà discutere la tesi di laurea alla protagonista del romanzo

֥/DPLVWHULRVD௕DPPD della regina Loana”

proprio sull’Hypnerotomachia Poliphili ed è anche stato usato nella prima scena GHOࣾOPGL5RPDQ3RODQVN\ո

La nona porta”

(1999).

$OGR JUD]LH DO ௕JOLR 3DROR WLSRJUDIR D VXD YROWD Il testo del

3ROLࣾOR

- per brevità e consuetudine - fu attribuito a diversi illustri autori come l’Alberti, /RUHQ]R LO 0DJQL௕FR 3LFR GHOOD 0LUDQGROD LO Manuzio stesso. Tuttavia l’acrostico formato dalle spettacolari lettere iniziali all’inizio dei trentotto capitoli porta a darlo a Francesco Colonna che, con una certa probabilità rimanda a un frate domenicano dei SS Giovanni e Paolo che così si chiamava; quell’acrostico recita, appunto: POLIAM FRATER FRANCISCVS COLVMNA PERAMAVIT

(“Fratello Francesco Colonna amò intensamente Polia”)

. E, mistero per mistero, posso aggiungere FRPH OH FHQWRQRYDQWDVHL [LORJUD௕H FKH LOOXVWUDQR splendidamente quelle pagine siano ancora di autore ignoto ma che nei secoli siano state variamente attribuite, proprio per 7

8 *஗Ђசக஗Ђ஘Ͻ (1478?-1510?) La Tempesta.

2OLRVXWHOD[FP Venezia, Gallerie dell’Accademia.

Fra tutte le opere del pittore di Castelfranco questa è quella che maggiormente ha fatto scrivere e discutere proprio per cercare di interpretarne l’arcano soggetto.

A metà dell’800 era, o La famiglia di Giorgione, o La Nuda.

Con il ‘900 arrivarono le prime interpretazioni a carattere mitologico.

Ecco che diventa un passo della Tebaide di Stazio o Mercurio e Iside, Il ritrovamento di Mosè, Deucalione e Pirra fuggiti dal Diluvio. E poteva mancare Ovidio

la loro bellezza, ad autori della portata di Mantegna, Dürer o, più recentemente individuato in quel Benedetto Bordon colto umanista ed esso stesso editore in quel di Padova.

4XHVWROLEURFRQOHVXH[LORJUD௕HªVWDWRWDOPHQWHLPSRUWDQWHH GL௔XVRFKHVSHVVRªLQGLFDWRTXDOHIRQWHG֢LVSLUD]LRQHGLTXHOOH opere di pittura, soprattutto rinascimentali e ancora oggi “oscure”, che popolano musei e collezioni di tutto il mondo e delle quali non si riesce ancora a svelarne completamente il titolo (soggetto). La più celebre di queste è senza dubbio

La Tempesta

di Giorgione dipinta nel 1506-8 (Gallerie dell’Accademia di Venezia) che critici e storici dell’arte del dopoguerra accostarono con non poca ragione alla

Hypnerotomachia Poliphily.

Grazie Aldo per tutto quello che hai fatto per il libro e per tutti noi.

ڃڃڃ ڃڃڃڃڃڃ ڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃڃ

con le Metamorfosi o l’allegoria della Armonia. Poi nel 1933 lo storico Marangoni cominciò DGDFFRVWDUORDO3ROLࣾOR e così fu da tutti (o quasi) accettata quela indicazione per moltissimi decenni.

Nel 1978, in occasione del cinquecentenario della nascita del Giorgione, ci fu un rinnovato interesse per La Tempesta portando molti importanti studiosi a interessarsi della sua interpretazione, del suo soggetto. Tutti però convennero che il titolo doveva rimanere quello con il quale fu descritto dal Michiel nel 1530:

“..el paeseto con la tempesta, la cingana et el soldà”

Per te che mi leggi …

L’onda del mare nel suo rotolare, onda []WVLIKQI^^WTOM]V[WٻWKPMXWZ\ITMJZMbbILMTT¼IUWZM Giunge da lontano e come un tocco di una mano QV\MZ^QMVMNZITMXQMOPMLMTK]WZM Il sole dell’aurora illumina il giorno e come QTXZWN]UWLQ]VÅWZMKWOTQT¼M[[MVbILMTTI^Q\I 4I[IT]\MMT¼IUWZMvKWUM]V[]KKM[[WKPM ZIKKWV\ITI[\WZQILQWOV]VWLQVWQ 4¼IUWZMvKWUM]VÅWZMKPMVWVKWVW[KM[\IOQWVQ [XZQOQWVINWZbIM[MV\QUMV\QMI^IVbIKWUM ]V¼WVLIVMT[]WXMZNM\\WQV[QMUM +PQ]LQOTQWKKPQMI[KWT\I" XMZZQKWZLIZMKPQ[QIUIKWVTINWZbILMTT¼IUWZM KQLoQTKWZIOOQWXMZ[WXZI^^Q^MZM ITLWTWZMKWV[MV\QUMV\WKPMLI[MZMVQ\o XMZVWV[\Z]OOMZ[QM I^MZM[MUXZMQTK]WZMQVXIKM

/QWZOQW8MVbW

Torino, città indimenticabile

“ ...Da Oriente a Occidente l’agile carovana presto raggiunge Torino “romana”. Finalmente a destinazione ecco dinnanzi a noi la “Rivelazione”! Porta Palatina, Porta Decumana il grande possente Palazzo Madama. Poco dappresso Palazzo Reale: veramente non ve n’è d’uguale. Va il pensiero alla Grande Ostensione, del grande Sudario della Sindone, che quivi attirò milioni di persone. Questo è il cuore della Grande Città, è la testa, è il suo cervello che si sposterà da Piazza Castello nel bel Parlamento di Carignano. Da qui Camillo con il bicchiere in mano saluta il suo Oste una volta al dì e vi sorseggia il suo “Bicerin”. Ecco ora siamo sul Decumano e presto raggiunto il fiume Eridano volgiamo lo sguardo alla Collina, al centro Taurino invece le terga, per ammirare il bel volto di Superga. Saliti al “Belvedere”, uno dei più belli miriamo la Guglia dell’ Antonelli. Nel cielo proietta la sua stella dorata, verso altre stelle che brillan da tanto: si son formate dal “Terribile Schianto”! Delizie Sabaude, delizie d’Italia, delizie d’Oriente, ammiriamo i resti del Faraone Dormiente. Udine, Vittorio, Treviso, Padova e Venezia Viva la Patria, viva l’Italia!...”

KWVIٺM\\W-TMVI

9

L I G U R I A

di Marilena Babato Grienti

10 A BUONA SISTEMAZIONE A LAVAGNA, A METÀ STRADA TRA LA SPEZIA E GENOVA, IN UN GRAZIOSO E CURATISSIMO ALBERGO VISTA MARE A CONDUZIONE FAMILIARE, DOVE CI HANNO LETTERALMENTE COCCOLATO, HA CONTRIBUITO A FARE DEL TOUR UNA BREVE, PIACEVOLE VACANZA. A Lavagna, dove è naturale vedere i neri tetti di ardesia, c’è un D௔ROODWLVVLPR SRUWLFFLROR WXULVWLFR /D FLWW¢ ª SXOLWD RUGLQDWD HFRQVHUYDPHVFRODWLDOPRGHUQREHJOLHGL௕FLD௔UHVFDWLHLQ stile liberty. La cattedrale, in cima a un’alta scalinata, è un bel colpo d’occhio, specialmente con l’illuminazione notturna. La Spezia, seconda città per grandezza dopo Genova, ha un po’ deluso. Non s’è vista la parte antica, troppo in alto per essere raggiunta a piedi e, in quella bassa, pianeggiante, tra JLDUGLQL ULJRJOLRVL GL ௖RUD PHGLWHUUDQHD HG HGL௕FL GL SUHJLR

del passato, ci sono troppi, grandi, brutti caseggiati tirati su nel secondo dopoguerra senza regole e senza stile. Penalizzata dalla presenza del grande arsenale militare è stata vittima di devastanti bombardamenti. I borghi marinari delle cinque terre meritano la fama che hanno. Nel passato, pur situati su FRVWHFRV®FRPSOLFDWHGDUHQGHUOLGLGLௗFLOHDFFHVVRVRQRVWDWL esposti a frequenti razzie da parte dei pirati di varia provenienza. Patiti dell’automobile, che non volete mai sollevare le terga dal sedile, levatevi le illusioni, ௕QTXLQRQFLSRWHWHDUULYDUH Manarola, Monterosso, Vernazza, Riomaggiore, paesi aggrappati alla montagna, sospesi su strapiombi e aperti su porticcioli e mare da cartolina, sono dei veri gioiellini. Il mare molto mosso non ha permesso trasferimento e attracco in barca, perciò si è usato solo il treno. Niente di male se lo stesso problema non l’avessero avuto anche gli escursionisti di due grosse navi da crociera ancorate a La Spezia. Migliaia di persone di tutte le età si sono trovate imbottigliate sui marciapiedi e nei sottopassi di stazioncine minuscole, tra ordini, contrordini e guide turistiche in tilt. L’inconveniente, comunque, non ci ha toccato più di tanto. Un’intera giornata è stata dedicata a Genova, città della “Lanterna”, da sempre porto di incontro tra popoli, saperi e religioni. Genova è una città senza terra, tutta protesa sul mare, con la montagna che le cade addosso, con gli stretti, antichi carrugi che scendono FRPH WDQWL ௕XPLFLDWWROL H che, quando piove un po’ più del previsto, lo diventano davvero. Colpisce dovunque ODYHUWLFDOLW¢GHJOLHGL௕FLPROWLVHQ]DDVFHQVRUHODPDQFDQ]D di spazio, di piazze grandi. La chiesa di San Pietro è stata costruita al primo piano, sopra una serie di negozi, e le antiche 11

12 dimore signorili aprivano i portoni uno di fronte all’altro, per far arrivare lo sguardo un po’ più in là, nel giardinetto o cortile del dirimpettaio. Ci sono comunque bei palazzi, FRPH LO 6DQ *LRUJLR VSHVVR D௔UHVFDWL R GLSLQWL D ֥WURPSH l’oeil”. La cattedrale, come molte chiese liguri, ha la facciata a strisce orizzontali, in bianco di Carrara e ardesia. In epoca contemporanea il genovese Renzo Piano ha dato la sua impronta a quello che un tempo era il cuore commerciale pulsante ed ora è il turistico Porto vecchio. Attorno alla piazza, ex banchina di scarico, sono stati recuperati ad altri usi i depositi marittimi e, sul mare, sono state inserite nuove strutture: il Bigo, la Biosfera, il Neptune, il Galata, il sommergibile Nazario Sauro S518 e l’acquario. Il Bigo è un ascensore cilindrico sospeso, con visione panoramica a 360 gradi. Progettato per le Colombiadi del 1992, porta a 40 metri di altezza, prende il nome e ripropone, in scala ingrandita, le gru montate sulle navi. La ”Biosfera”, chiamata anche “La bolla”, originale grande palla di vetro, è una serra con piante e animali della foresta pluviale tropicale. Il Neptune, galeone perfettamente funzionante, FRVWUXLWRQHOSHULO௕OP֥,SLUDWL֦ª arrivato da Cannes. Il Galata, museo del PDUHSUHQGHLOQRPHGDOO֢HGL௕FLRGRYHVL costruivano e riparavano le galee. Nelle ampie sale allestite in modo moderno e accattivante c’è di tutto: strumenti nautici, antiche mappe marine atlantiche, plastici del porto, lanterne, polene, arredi d’epoca, ricostruzioni di galee a grandezza naturale con manichini di soldati, schiavi, galeotti: cinque secoli di vita sul mare. Nella sala di Colombo un ௕OPDWRLQIRUPDFKHLQVRPPDQRQªSRL così certo che Cristoforo fosse genovese. E se fosse davvero nato a Barcellona e si fosse chiamato Cristobal, com’ è scritto sul grande monumento che quella città gli ha dedicato? Mah, queste sono solo rivalità campanilistiche, l’importante è che, nel nuovo mondo, c’è arrivato davvero. La SDUWH௕QDOHGHOPXVHRFLLPPHUJHLQXQDGHOOHWDQWHQDYLFKH portavano gli emigranti nelle “Meriche”: nei piani bassi erano stipati in ambienti poverissimi ma, più su, cenavano tra cristalli

e porcellane, in abito da sera. Niente di nuovo sotto il sole! Ultimo nell’elenco, ma primo per importanza, l’acquario. Il vasto complesso, che fa pensare a una nave stilizzata attraccata alla banchina, merita da solo un viaggio; è un mondo incantato che ti attrae con la moltitudine e la varietà di pesci e creature marine provenienti da tutto il mondo: dai GROFLVVLPLGHO௕QLFKHYHQJRQRDVWUR௕QDUVLDOGLO¢GHOYHWUR sulla tua mano, agli allegrissimi pesci multicolore che fanno pensare al carnevale, agli squali che ti mettono un po’ di ansia (mamma mia, ma questi vetri tengono?), alle leggerissime, piccole meduse bianche che sembrano bomboniere o veli ondeggianti, ai cavallucci marini che danzano e si attorcigliano ai rami con la coda, ai pesci sega, alle razze che si possono accarezzare con la mano… Tra porto antico e città vecchia corrono i 6 km della strada sopraelevata, che passa all’altezza del terzo, quarto piano dei palazzi, sopra la passeggiata con le palme. La struttura lascia perplessi perchè non è certo bella ma lo spazio non c’era; coniugare passato, presente e futuro è sempre un’impresa ardua e i miracoli li fanno solo i santi. L’alternativa, per unire le espansioni urbane est-ovest, sarebbe stata una galleria che sventrasse la montagna sotto o alle spalle della città. La strada con le gambe lunghe è il male minore! Tra le ultime bellezze abbiamo visto, tra Lerici e Porto Venere, il golfo dei poeti: lord Byron, David Lawrence, George Sand, Percy Shelley sono capitati da queste parti e, bontà loro, si sono trovati bene. Dall’elegante Lerici, con un battello che ci ha fatto ballare parecchio ma ci ha anche consentito di vedere la varietà della costa e le isole, siamo arrivati a Portovenere. Da un posto che prende il nome della dea nata dalla schiuma del mare, cosa ci si può DVSHWWDUH",OPHJOLRGHOPHJOLROXQJRPDUHPXUDIRUWL௕FDWH porte, castello dei Doria, stradine più o meno ripide su cui si aprono bei negozietti e, molto in alto, due belle chiese. P.S.

$EELDPRPDQJLDWRSHVFHWUR௕HFROSHVWR mesciva, farinata, focaccia e risottini vari… ڃڃڃ A nessuno è successo niente e Carla se l’è sbrogliata alla grande.

ڃڃڃ Anche il tempo è stato dalla nostra parte: sole e temperatura gradevole quel tanto che basta. ڃڃڃ E il tempo libero? Centellinato al minuto ma, si sa, la perfezione non è di questo mondo!

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Carissimi compagni di viaggio

1RQSRVVHJJRIRWRGDFRQGLYLGHUHbVFDWWLGDUHJDODUH ma un’ impressione vi voglio lasciare e vi dedico queste parole a memoria di un viaggio che per me ha VLJQL௕FDWRPROWLVVLPRXQDEEUDFFLRDWXWWLYRL

“...Bari luis, fertile terra d’Armenia!

&LKDLDFFROWRFRQJUDQGHFDORUHLOWXRVLPERORbODࣾRULWD&URFH Di Te ci rimane il sapore di un passato crudele e feroce: macchia infame che reclama giustizia!

Ma il futuro, rispetto al passato, porterà nuovamente VSHUDQ]DHDEERQGDQ]DDऀQFKªFLULWRUQLLOFRORUHGHO sanguigno tuo melograno, della dolce e solare albicocca e dell’umile vite ramata, la tua musica forte rieccheggia anche in questa lontana nostra stanza.

E nel ricordo non ancora sbiadito, risplende imbiancata, possente si staglia come un’alta sicura muraglia, la Grande Montagna incantata: Ararat!

Culla del Popolo che per sempre ti adorerà...

Bari luis, Armenia...e merci...”

&RQWDQWRD௔HWWR Elena

I NOSTRI NIPOTI SCRIVONO

14 Sopra.

Tema scritto da Giacomo Schiavon classe V elementare

D௕DQFR

Gabriele Comelato classe VA scuola elementare Renier Michiel, Venezia

L’INNOCENZA

(storiella vera)

di Elsa Docupil ianluca è un bimbetto di neanche tre anni, con il nonno Diego ha un rapporto del tutto speciale perché trova in lui la mamma, il papà e il miglior compagno di giochi. Con amore e fantasia il nonno ha fatto appassionare il piccolo alla pesca mettendo a sua disposizione la vasca da bagno di casa propria nella quale ha sistemato dei pesciolini di plastica galleggianti.

Il piccolo Gianluca ogni giorno si allenava con la canna completa di occhiello e cercava in tutti i modi di agganciarne qualcuno e quando ci riusciva gridava con gioia: “L’ho preso!!! L’ho preso!!!” Era un piacere vederlo così felice.

Così il nonno premuroso ha pensato bene di comperare un piccolo acquario con quattro pesciolini rossi per la gioia di Gianluca. Un giorno uno di loro morì, il nonno allora chiamò il nipotino e gli disse che nella notte c’era stato un piccolo incidente: Memo si era sentito male e l’ho portato all’ospedale, ma non era nulla di grave.

Il giorno seguente Gianluca disse al nonno che voleva andare all’ospedale per vedere come stava 0HPR $UULYDWL VXO SRVWR LO QHJR]LDQWH ௕QWR dottore che aveva capito tutto, mostrò al bimbo un pesciolino grigio dato che di rossi non ne aveva più. ”Ma no, disse Gianluca, non è il mio Memo, questo è tutto scuro!!” Allora prontamente il nonno disse che era scuro perché aveva preso l’abbronzatura. Acquistato per otto euro fu messo nell’acquario ma gli altri tre pesciolini lo UL௕XWDYDQRPRUGHQGROR Cercando una soluzione il nonno disse al nipotino di fare la guardia, cioè quando si ripeteva l’aggressione di picchiettare con le manine sull’acquario in modo da intimorire i pesciolini cattivi.

Finalmente dopo vari giorni Memo fu accettato nei loro giochi.

Morale: anche i pesci sono disponibili all’integrazione.

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Migranti vecchi e nuovi

16 ed operosa.

EMPO FA, UN SABATO SERA, HO INVITATO UN MIO CARO AMICO A BERE UN BICCHIERE DOPO CENA A CASA IN CAMPAGNA. I NOSTRI ANTENATI DI TRE, QUATTRO GENERAZIONI FA, ERANO CUGINI, TANT’È CHE LUI HA LO STESSO COGNOME DELLA MIA NONNA MATERNA, NATIVA DEL PAESE.

E’ un uomo solido, anziano ma non vecchio, che ora, in pensione da operaio, fa il contadino nella sua non piccola proprietà: pianta il grano, coltiva le viti, si tiene in ordine la sua bella casa, va a far legna nel suo bosco. Aggiungi la pensione e ne vien fuori una bella vita tranquilla Ma non è sempre stato così: nel 1950 in Friuli c’era una miseria da far spavento così suo padre prese il coraggio a due mani: si PLVHFRQPRJOLHH௕JOLRGLGRGLFLDQQLVXOODFRUULHUDPHQWUHOD QRQQDVWDYDDSSRJJLDWDFRQODJXDQFLDDO௕QHVWULQRSLDQJHYD e morì di crepacuore dopo pochi mesi, e partì per la Francia.

Giunse nei Vosgi, regione di Epinal, lago di Gerardmère, in un piccolissimo paese dove fece il minatore per dodici anni, beccandosi una silicosi che lo mandò al Cretore prima dei VHVVDQWD0DLVROGLHUDQRVHPSUHSRFKLFRV®DQFKHLO௕JOLRGL dodici anni dovette darsi da fare e fu impiegato, a giornata che ben s’intende, in cimitero a scavare le fosse per i morti e ad esumare le salme da mandare al crematorio.

A dodici anni! Parlando con questo carissimo amico ciò che più gli è rimasto impresso non è tanto il ricordo del suo lavoro di piccolo becchino quanto quello della cattiveria e dell’inospitalità dei francesi.

In paese nessuno li salutava e sulla porta dell’unica osteria c’era il famigerato cartello che vietava l’ingresso ai cani ed agli immigrati:

LQWHUGLWDX[FKLHQVHWLWDOLHQV

Vivevano in una stamberga priva di acqua corrente e di energia elettrica che tutti in paese avevano e la madre doveva andare alla fontana e spaccare il ghiaccio per poi metterlo nel secchio da portare a casa.

Suo padre si alzava alle quattro del mattino e scendeva centinia di metri sottoterra ad estrarre il carbon fossile senza

nessuna protezione, respirando polvere di carbone per otto ore al giorno.

Uno sfruttamento crudele dei padroni; non così, a dire il vero, del governo francese che vigilava che venisse pagato regolarmente e gli versassero i contributi. Grazie a questo tornato in italia nel 1960, quando la Zanussi portò lavoro e relativo benessere nella zona di Pordenone, si vide riconosciuta una discreta pensione da emigrante ed una più piccola da invalido del lavoro per via della silicosi.

Il mio parente-amico mi dice che se la sua famiglia ebbe un aiuto, soprattutto nei primi tempi, fu da altri poveri emigranti come loro, tunisini e algerini, che li sostennero con un po’ di pane, pasta e riso, qualche tocco di legno per accendere il IXRFRSHUFXFLQDUHDOPHQR௕QFK«QRQDUULY´LOSULPRVDODULR di suo padre.

Con quegli altri poveretti come loro si accese una solidarietà, XQD௔HWWRFKHPDLV֢LQFULQ´QHLOXQJKLGLHFLDQQLGLODYRUR in miniera.

Poi tornarono e la loro vita migliorò subito anche se la silicosi non restò in Francia ma venne in Friuli.

Sembra di poter dire che molti di noi oggi abbiano dimenticato GLHVVHUH௕JOLHQLSRWLGLHPLJUDQWL)DUHEEHULGHUHVHQRQIDFHVVH DUUDEELDUHVHQWLUHLWDQWLDUUX௔DSRSROLFRQDFFHQWRFDODEUHVHR pugliese venuti al nord in quegli stessi anni, sbraitare contro i PLJUDQWLGLPHQWLFDQGRVLGLHVVHUH௕JOLHQLSRWLGLSHUVRQHFKH volevano fuggire alla misera ed allo sfruttamento del caporalato delle campagne, per cercare una vita migliore.

Solo che allora si fuggiva dalla fame e dalla dispoccupazione; oggi chi rischia la vita in mare cerca di fuggire dalla tortura, dai bombardamenti, dalla morte, prima che dalla fame, che è pur sempre una brutta bestia!

Quale abisso di disperazione deve spingere una madre a mettere da solo un bambino di otto anni su un gommone?

Ma i nostri difensori della Patria dicono prima gli italiani, come un tempo in Francia si diceva prima i francesi: solo che i francesi non volevano rispedire indietro gente che forse, andava a morire, ma erano mossi solo dalla paura che portassero loro via il lavoro.

,RPLUL௕XWRGLFUHGHUHFKHODSLHW¢HODVROLGDULHW¢VLDPRUWD checché ne dicano e facciano quegli uomini e quei Paesi che in Europa vorrebbero respingere esseri umani in fuga dalla fame e dalla morte.

La solidarietà europea ne sta venendo fuori molto male! Eppure un mezzo, infallibile ci sarebbe: caro Paese dei Campanelli, alzi un muro sulla tua frontiera per respingere i fuggitivi? Bene! ( O֢(XURSD GHL SRSROL DO]HU¢ XQ EHO PXUR VXL ௕QDQ]LDPHQWL europei che ti salvano dalla miseria economica.

9RUUHLYHGHUHFRPHDQGUHEEHD௕QLUH 17

“Ha notato il nome di questo posto? Sa che in passato il suo nome era Riva dell’Impero e solo dopo

A VENEZIA NEL 1944

di Dino Bucci 18

ODࣾQHGHOODJXHUUD fu sostituito con quello di Riva dei sette martiri in memoria di un evento drammatico accaduto durante la guerra in questo luogo?”

È UNA BELLA GIORNATA DI PRIMAVERA INOLTRATA, IL SOLE È BASSO SULL’ORIZZONTE E ALLUNGA LE OMBRE CHE SEMBRANO MODIFICARE LA DIMENSIONE DELLE COSE, L’ARIA PROFUMATA E LA TEMPERATURA GRADEVOLE SEMBRANO INVITARE AD UNA SOSTA SULLE PANCHINE DISPOSTE SU QUELLA PARTE DI VENEZIA CHE GUARDA L’ISOLA DI S. GIORGIO.

Dietro le panchine i fabbricati e su un muro vicino al ponte della Veneta Marina una lapide e una scritta “Riva dei sette martiri“. Il luogo è silenzioso, solo una donna non più giovane FKHDSSDUHD௔DWLFDWDVFHJOLHGLVHGHUVLVXXQDSDQFKLQD(֢XQD turista in visita a Venezia e ha tra le mani una guida, deve aver camminato molto per campi e calli e quindi ora desidera riposarsi e godere della visione del tramonto sulla laguna che

sembra suggerirle pensieri gradevoli. Ad un tratto una voce la sorprende. “Le piace la tranquillità di questo posto?” La donna non risponde subito e guarda il suo interlocutore che non conosce, nota che è un signore molto anziano ma ha lo sguardo vivace e il fare cordiale che denota il desiderio di comunicare perchè senza attendere una risposta riprende a parlare.

“Ha notato il nome di questo posto? Sa che in passato il suo nome HUD5LYDGHOO֢,PSHURHVRORGRSROD௕QHGHOODJXHUUDIXVRVWLWXLWR con quello di Riva dei sette martiri in memoria di un evento drammatico accaduto durante la guerra in questo luogo?” La donna prova un leggero imbarazzo non si aspettava una domanda così diretta ma pensa che l’anziano, forse un vecchio gondoliere, è probabilmente abituato a fornire informazioni su Venezia e la sua storia e anche lei sa che Venezia è una città dove calli, campi e ponti portano spesso un nome che ricorda avvenimenti accaduti in quel luogo e quindi risponde.

“Sì il posto è bello ma non conosco i fatti, anche se devo ammettere che il riferimento ai martiri colpisce la mia immaginazione”. L’uomo sembra felice per la curiosità che ha suscitato e prosegue. “Se desidera conoscere le particolari circostanze e gli eventi tragici di quel giorno io sono in grado di farlo”. La donna intuisce che probabilmente la persona che ha di fronte conosce gli avvenimenti lontani che hanno motivato il cambiamento del nome e incuriosita acconsente.

Prima di riprendere e parlare l’uomo sembra concentrarsi come per attingere a ricordi lontani, poi con tono deciso inizia a raccontare.

Durante l’ultima guerra e più precisamente dopo gli avvenimenti del 8 settembre 1943 che avevano portato alla dichiarazione dell’armistizio, l’Italia era nel caos e divisa tra nord e sud e Venezia, come gran parte del nord, era occupata dai tedeschi e dalle formazioni fasciste ricostituitesi dopo la liberazione di Mussolini. Nel nostro territorio, come da tante altre parti, erano presenti e operavano formazioni partigiane. Nella notte tra l’1 e il 2 agosto 1944 si fece grande festa con abbondanti bevute sulle navi della marina militare tedesca - la Kriegsmarine - ormeggiate su questa riva che allora era denominata Riva dell’Impero e scomparve un marinaio che giorni dopo, recuperato il corpo, risultò annegato perche ubriaco ma il comando tedesco pensò subito ad un attentato partigiano H QRQRVWDQWH OD 5HVLVWHQ]D YHQH]LDQD GD VXELWR UL௕XWDVVH RJQL addebito, ordinò che sette prigionieri politici o renitenti alla leva

Riva dei Sette Martiri con, sullo sfondo, il ponte della Veneta Marina. A destra, addossata al muro della casa d’angolo con via Garibaldi, la lapide posta in memoria dell’eccidio.

La costruzione della Riva dell’Impero iniziò nel 1931 e GXU´FLQTXHDQQLࣾQR all’inaugurazione del 23 Marzo 1937.

(foto archivio Giacomelli)

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1937 Venezia Inaugurazione della Riva dell’Impero (poi Riva dei sette martiri).

Attraccata alla riva la nave della Marina Militare “Cigno”.

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Il monumento alla Partigiana Veneta, realizzato da

Augusto Murer

nel 1961. L’opera in bronzo in FXLOյDUWLVWDUDऀJXUDLO corpo di una partigiana uccisa, vuole ricordare le donne del Veneto che parteciparono alla lotta per la liberazione dal nazifascismo. Il basamento fu progettato da

Carlo Scarpa

, che pensò come il modo più corretto e spontaneo di osservare l’opera fosse quello di posizionarla in un punto più basso rispetto all’osservatore. La soluzione prescelta fu quella di realizzare un cassone galleggiante in ferro-cemento con ODVXSHUࣾFLHVXSHULRUH rivestita in lastre di rame su cui poggia il bronzo dell’artista in modo da far apparire la statua quasi adagiata sul pelo dell’acqua; dal bordo della Riva dei Giardini, grazie a una sapiente interruzione nel parapetto in mattoni, il passante può entrare nell’area del monumento.

di Salò fossero subito fucilati. I sette furono prelevati dalle carceri di Santa Maria Maggiore e alle sette del mattino del 3 agosto furono legati uno all’altro tra i primi due lampioni di questa riva mentre le truppe tedesche rastrellarono 500 abitanti del quartiere per costringerli ad assistere alla fucilazione. In quel tragico mattino nel silenzio creato dal terrore si sentirono solo i comandi SHUHQWRULGHOO֢XௗFLDOHFKHGLVSRQHYDLVROGDWLSHUO֢HVHFX]LRQHPD c’era ansia e spavento anche tra chi era stato fermato per assistere SHUFKHO֢XௗFLDOHRUGLQ´FKHWXWWLJXDUGDVVHURODVFHQDHLVROGDWL puntarono le armi anche verso di loro per costringerli a guardare.

Si percepiva un’atmosfera drammatica, tutti i fermati erano consapevoli di dover assistere a un evento di inumana crudeltà mentre nel gruppo dei condannati i volti erano impietriti e disperati perche coscienti che pur senza colpe, nulla avrebbe fermato la violenza bruta che si stava abbattendo su di loro.

Nella luce ancora incerta del giorno sette persone attesero quindi XQ֢HVHFX]LRQHVRPPDULDHO֢LQHYLWDELOH௕QHPDWXWWLLSUHVHQWL poterono però assistere anche a un comportamento di grande umanità perche il più anziano tra i condannati, con fare paterno si rivolse al più giovane di 19 anni che ripeteva “Non voglio PRULUH֦HJOLGLVVH֥&RUDJJLRWUDSRFRVDU¢WXWWR௕QLWR֦ In quell’atmosfera cupa nel gruppo dei condannati un attimo prima della scarica dei fucili si udì un “Viva l’Italia libera” “Vendicateci” e la voce del ragazzo che diceva: “Sono giovane non voglio morire adesso !!!!” Il vecchio s’interrompe per la profonda emozione ma poi prosegue.

/֢XௗFLDOH RUGLQ´ SHUHQWRULR ֥ 0LUDWH֯)XRFR֦ 6HJX® XQ rumore assordante e nell’aria l’odore della polvere da sparo mentre i corpi cadevano scompostamente sulla banchina. Alla sparatoria seguirono attimi di sinistro silenzio mentre O֢XௗFLDOHHVWUDWWDODULYROWHOODVLDYYLFLQ´DLFRUSLLQVDQJXLQDWL per accertarsi della loro morte. Il ragazzo si lamentava, era DQFRUDYLYRHO֢XௗFLDOHJOLVLDYYLFLQ´HSXQWDWDO֢DUPDDOOD testa esplose due colpi.

I cadaveri vennero lasciati esposti per diversi giorni a titolo di monito e sorvegliati a vista dai soldati tedeschi per impedirne la rimozione, fu quindi un dramma per tutti coloro che vissero quell’esperienza assistendovi impotenti.

La donna è commossa e guarda con intensità il punto indicato dove si era svolta l’esecuzione e immagina i corpi insanguinati stesi per terra, il volto implorante del ragazzo poi diventato silenzioso nella rigidità della morte prematura. Sente forte il disgusto per l’atrocità dell’evento e pensando al dolore dei famigliari dei caduti e alla disperazione dei genitori del ragazzo percepisce un coinvolgimento profondo e si gira per condividere l’emozione e la sensibilità con l’anziano ma non lo trova, non è più seduto accanto a lei, al suo posto la panchina è vuota.

E’ sorpresa e si guarda attorno, non può essere lontano pensa, e VSLQJHORVJXDUGRVXOSRQWH௕QRLQIRQGRDOODVWUDGDPDQRQ lo vede, non riesce a capire una sparizione tanto improvvisa e pensa, non era un giovane ma solo una persona molto anziana che deve anche aver vissuto momenti tragici e gli torna alla mente il racconto e il particolare di quella persona che pur vicina alla morte aveva trovato la generosità di confortare il SL» JLRYDQH H UL௖HWWH IRUVH VROR RUD FRJOLH LO VHQVR GL TXHO desiderio di far conoscere l’evento e un pensiero si fa strada, ricorda l’emozione del vecchio e il suo descrivere l’evento con tanta chiarezza e ricchezza di particolari e pensa. Forse anche lui era presente quel giorno?

Sente nella mente mille pensieri, vorrebbe poter parlare con l’anziano e si rammarica per la sua assenza ma poi torna a riflettere formulando un’ipotesi che le sembra accettabile, forse il tempo che ha trascorso in silenzio nel vivere l’emozione del racconto è durato a lungo senza che lei ne avesse una percezione cosciente e la persona può quindi aver avuto il tempo di allontanarsi silenziosa. Parzialmente rasserenata la donna si avvia lentamente verso il ponte ma i suoi occhi si soffermano istintivamente sulla lapide posta nella casa di fronte con sopra la scritta Riva dei sette martiri.

Inevitabile quindi il suo ripensare alla crudeltà dell’evento, alle parole del ragazzo che le sembra quasi di udire e sente sorgere forte un’emozione dal cuore, un moto spontaneo di ribellione che sintetizza con rabbia “Maledetta guerra”.

Si rende conto però che non deve essere stato un moto silenzioso perche dei ragazzi che scendono dal ponte devono averla sentita, si sono fatti silenziosi e la guardano con curiosità. La donna prova un leggero imbarazzo ma poi sorride pensando, inutile spiegare il mio sfogo, sono persone giovani, allegre e per fortuna non hanno conosciuto le atrocità della guerra.

Prosegue quindi per la sua strada e nel suo ritornare al presente sente che le fa piacere ricordare che nella Costituzione Italiana all’articolo 11 è contenuta una frase importante che recita:

չ/յ,WDOLDULSXGLDODJXHUUDFRPHVWUXPHQWRGLRࣽHVD alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”

. Si volta, torna ancora a guardare i ragazzi e pensa, una dichiarazione che ha contribuito ad un lungo periodo di pace ed è quindi giusto che tutti si debba operare e sperare perchè sia sempre così. Forse gli anziani sono a volte dei preziosi testimoni oculari ed è quindi bene ascoltarli quando ricordano anche piccole porzioni della nostra storia comune e questo non solo per cogliere una testimonianza storica quanto perché il loro ricordare è l’espressione di una personale interpretazione emotiva e sentimentale di quei tragici eventi lontani.

I sette martiri sono: Bruno De Gasperi di 20 anni, di Trento.

Girolamo Guasto di 25 anni, di Agrigento.

Alfredo Gelmi di 20 anni, di Trento.

Luciano Gelmi di 19 anni, di Trento.

Gino Conti di 46 anni, di Cavarzere.

Alibrando Armellini di 24 anni, di Vercelli.

Alfredo Vivian di 36 anni, di Venezia. Vivian, comunista dalla giovinezza e operaio alla Breda di Marghera tra il 1930 e il 1932. Nel 1936 emigrò in Francia. Tra il ‘37 e il ‘39 fu volontario nella guerra civile spagnola, dove rimase ferito. &RQODVFRQࣾWWDGHOOD5HSXEEOLFDVSDJQRODIX arrestato e tradotto in un campo di concentramento francese dove rimase per 2 anni e mezzo. Nel ‘41 fu consegnato dai francesi ai fascisti e fu condannato a DQQLGLFRQࣾQRD9HQWRWHQH Dopo il 25 luglio ‘43 fu liberato. Organizzò e costituì un GAP denominato “Venezia”, operante nella città lagunare e nella provincia, in particolare a San Donà di Piave. Arrestato Vivian, grazie ad un tranello tesogli dai fascisti, fu torturato più volte ed atrocemente, ma lui non parlò mai.

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FREQUENTO DA QUALCHE ANNO L’UNI3 PERCHÉ DA QUANDO SONO RIMASTA A CASA (PRECOCEMENTE) DAL LAVORO, HO POTUTO DEDICARE DEL TEMPO AI MIEI INTERESSI CHE DA UNA PARTE SONO INTELLETTUALI (NON METTERE IL CERVELLO IN PENSIONE) E DALL’ALTRA FISICI (ARIA APERTA, GIARDINAGGIO, ANIMALI).

&LVRQRHQRQXOWLPLXQPDULWRHGHL௕JOL 'XUDQWHbODSULPDbYDFDQ]DHVWLYDGDOODVFXRODPLªFDSLWDWRSHU le mani un volantino arancione che parlava di un corso estivo (gratuito) di Tai Chi Chuan. Beh cos’è sta roba? A mio marito XQ௕VLDWUDDYHYDFRQVLJOLDWRGLIDUH7DL&KLSHUOLPLWDUHLOPDOGL M schiena, io avevo visto delle sequenze in un film (Calendar girl’s) che una collaboratrice del Dr. Saggioro ci aveva proposto durante il corso di Medicina; altro non sapevo. Andiamo a vedere!

Mi si è aperto davanti un mondo sconosciuto ed pratica di lunga vita e in sostanza, che mi fa stare bene.

Sono delle tecniche che fanno riprendere coscienza del proprio corpo, che vanno a sbloccare le contratture dovute a posture sbagliate e ad abitudini scorrette, che fanno scoprire la ho imparato varie tecniche mentali di rilassamento, di consapevolezza e di gestione della mente e delle emozioni 22 ŚĞŶŐDĂŶŚ͛ŝŶŐ ǀŝĞŶĞƌŝĐŽŶŽƐĐŝƵƚŽ ĐŽŵĞƵŶŽĚĞŝƉŝƶ ŐƌĂŶĚŝDĂĞƐƚƌŝĚŝdĂŝŚŝ ŚƵĂŶĚĞůyyƐĞĐŽůŽ͘ WĞƌƐŽŶĂůŝƚăĚŝĞŶŽƌŵĞ ƐƉĞƐƐŽƌĞƵŵĂŶŽĞ ĐƵůƚƵƌĂůĞ͕ŚĞŶŐDĂŶ Ś͛ŝŶŐğƐƚĂƚŽĐĂƉĂĐĞ ĚŝƌĂŐŐŝƵŶŐĞƌĞůĞƉŝƶ ĂůƚĞǀĞƩĞŝŶĐŝŶƋƵĞ ĚŝƐĐŝƉůŝŶĞĚŝīĞƌĞŶƟ͗ WŝƩƵƌĂ͕WŽĞƐŝĂ͕ DĞĚŝĐŝŶĂdƌĂĚŝnjŝŽŶĂůĞ͕ ĂůůŝŐƌĂĮĂĞdĂŝŚŝ ŚƵĂŶ͘ĂƋƵŝŝů ŶŽŵŝŐŶŽůŽĚŝ͞DĂĞƐƚƌŽ ĚĞůůĞŝŶƋƵĞĐĐĞůůĞŶnjĞ͟ ĐŚĞůŽĂĐĐŽŵƉĂŐŶžƉĞƌ ƚƵƩĂůĂǀŝƚĂ͘ LQGLYLGXDOHGLRJQLVLQJRODSHUVRQDSHURWWHQHUHLEHQH௕FLHGL risultati che più le confanno, ma non avevo ancora conosciuto WHFQLFKH௕VLFKHFDSDFLGLDUULYDUHDOODPHQWHDOOHHPR]LRQLDOO֢LR più profondo (cose che in genere fanno le tecniche orientali).

Il Tai Chi Chuan mi ha permesso di avere questo tipo di approccio: cioè passare attraverso il corpo per arrivare all’interno di me.

Un’arte marziale? Sì il Tai Chi Chuan non è una tecnica di attacco, ma di uso della forza dell’altro contro lui stesso; non è XQDWHFQLFDGLR௔HVDPDGLbSDFL௕FD]LRQHQRQKDQLHQWHDFKH YHGHUHFRQOHLPPDJLQLGLTXHL௕OPLQFXLLYDULRULHQWDOLbVL legnano, saltano, urlano e fanno la faccia cattiva.

Ma è attraverso la marzialità che i movimenti hanno un senso ed uno scopo altrimenti, come dice il mio maestro, si muove l’aria.

Il Tai Chi è dolce, è lento, sembrerebbe una cosa da vecchietti, HbLQH௔HWWLL&LQHVLFKHVLYHGRQRDOPDWWLQRSUHVWRQHLFDPSLD 9HQH]LDRQHLSDUFKLD0HVWUHVRQRDQ]LDQLPDªGDQRQbPROWR che la Cina ha riscoperto le tecniche antiche, quando ha dovuto fare i conti con i costi della sanità di stampo occidentale, ha tolto

dall’oblio quelle tecniche di autoguarigione che prima di Mao, hanno usato.

Tecniche di autoguarigione? Sì se il passaggio GHOO֢HQHUJLD DOO֢LQWHUQR GHO FRUSR ª ௖XLGR VLJQL௕FD responsabilità di ciò che si è e di ciò che ci circonda si moltiplica.

1RQVRQRWXWWHURVHH௕RULOHFULVLFLVRQRPDPL LQVHJQDQRFKHFULVLLQJUHFRVLJQL௕FDVXSHUDPHQWRH che gli ostacoli non ci sono o sono stati rimossi; un esempio per tutti può essere quello di tenere le mascelle contratte, dopo un po’ fa male il collo in sede cervicale, poi la schiena e così via. Se si rilassano le mascelle, pian piano questa sequenza va a cessare FRQFRQVHJXHQWHVHQVRGLEHQHVVHUH4XDQWLVR௔URQR di mal di schiena o alle articolazioni si sono mai ascoltati quando camminano e si muovono?

Il Tai Chi permette questo tipo di ascolto, di individuazione delle contratture e di ricostruzione di un benessere che molti si sono dimenticati.

Nella nostra vita, da piccolini, s’impara a muoversi, a camminare e a coordinarsi, ma nessuno ce l’ha insegnato è il corpo stesso che esprime questa abilità. Poi cominciano a dirti: “Stai dritto, petto in fuori, pancia in dentro, non sudare, non correre, non...” e pian piano ci si ferma, ci si DOORUDFRQORVJXDUGRULYROWRDOO֢REELHWWLYR௕RULVFRQR OHURVHHGL௕RUL Il Tai Chi Chuan è una pratica fatta da una serie GL PRYLPHQWL LQ b SLHGL 3HU FKL ª DELWXDWR DG DOWUL sport suona decisamente strano, per non parlare degli sport asimmetrici! Eppure, vi posso assicurare che si riescono a prendere in considerazione tutte le DUWLFROD]LRQLbLPXVFROLLWHQGLQLOHRVVDHWXWWRFL´GL

TAI CHI (Energia suprema)

di Daniela Minut blocca, ci si intristisce e si hanno un sacco di dolori. Ma più si sta fermi, più fa male e anche la stasi a livello mentale è deleteria e pian piano ci si dimentica di essere delle persone uniche, meravigliose, inimitabili.

Ma costa fatica! Sì ma mi riapproprio della mia vita!

,O7DRFKHªOD௕ORVR௕DLQFXLLO7DL&KL&KXDQWUDH le sue origini, è rappresentato da un portatore d’acqua con i due secchi all’estremità di un bastone, per non rovesciare l’acqua bisogna mantenerli in equilibrio: mettere il pieno dove c’è il vuoto, il positivo dove c’è il negativo, per portare ad un continuo divenire, ad volte inciampiamo!

cui siamo fatti.

Con movimenti lenti ed armoniosi, facili se lasciamo lavorare il corpo con quell’abilità e maestria di cui è FDSDFH GLௗFLOL VH FL VIRU]LDPR razionalmente di eseguirli e cominciamo a pensare: metto questo qua, faccio quello lì, respiro così o cosà; tant’è vero che è una pratica che si fa per imitazione.

Il Maestro esegue l’esercizio e contemporaneamente gli allievi fanno lo stesso permettendo e non pretendendo, lasciandosi andare e facendo. Il mio Maestro fa spesso l’esempio GHOPLOOHSLHGLDFXLYLHQHbFKLHVWRFRPHIDDPXRYHUOL tutti e qual è la sequenza corretta, quando quello, invece che camminare e basta ha cominciato a pensare, è inciampato. Proviamo a pensare a quante Imitando, pian piano il corpo comincia a prendere la SURSULDSRVL]LRQH௕VLRORJLFDHYLWDQGROHFRQWUDWWXUH OHULJLGLW¢HDOOD௕QHFLULQJUD]LD 3HUVRQDOPHQWHKRDYXWRGHLEHQH௕FLQRWHYROLFKH VLYHGRQRbHGªSHUTXHVWRFKHSL»GLXQDSHUVRQD XQD FRQWLQXD WUDVIRUPD]LRQH GRYH ௕QLVFH LO JLRUQR LQL]LD OD QRWWH GRYH ௕QLVFH OD QRWWH LQL]LD LO JLRUQR mi ha chiesto cosa stessi facendo perciò è in questa forma che sto rispondendo aggiungendo che si impara solo facendo.

per portarmi al mio massimo e poi arrivare al minimo e ricominciare spostando in avanti questi equilibri in una continua crescita.

3HUQRQIDUHOHVFXVHSRVVRQRHVVHUHbVYDULDWHQRQKR &UHVFLWD௕VLFDHFUHVFLWDLQWHULRUHPDDQFKHODFUHVFLWD ௕VLFD ª FUHVFLWD LQWHUQD LO FRUSR VL ULDUPRQL]]D JOL organi riprendono i loro spazi, il Chi (energia) inizia più l’età... oramai... ma chi me lo fa fare che mi sono abituato... costa fatica... costa danaro...

Posso concludere dicendo: tutto ha un prezzo, anche non scegliere di cambiare.

Buon Chi a tutti.

D ௖XLUH OD FRQVDSHYROH]]D DXPHQWD HG LO VHQVR GL 23

medico.

Medicus

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Gli intrusi

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Le lacrime di Nietzsche

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FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

a cura di Anna Maria

STAGIONE LIRICA e BALLETTO 2015 - 2016

TEATRO LA FENICE

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FOYER DELL’HOTEL DANIELI

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TEATRO MALIBRAN

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John Axelrod

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TEATRO LA FENICE

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Juraj Valcuha

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STAGIONE SINFONICA 2015 - 2016

TEATRO LA FENICE

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Saluti da Bassiano (LT) la città natale ad Aldo Manuzio