Abuso di informazioni privilegiate e procedimento

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Abuso di informazioni privilegiate e procedimento sanzionatorio della
Consob: la Cassazione interviene in tema di contestazione dell’illecito e di
garanzia del contradditorio tra principi CEDU e normativa nazionale
Autore: Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia, Gabriele Magrini, Sapienza
Università di Roma
Categoria Provvedimento: Autorità di vigilanza, Market abuse
Con la sentenza in commento la Suprema Corte interviene in tema di procedimento
sanzionatorio della Consob per abuso di informazioni privilegiate, sancendo alcuni importanti
principi, anche alla luce della recente ed innovativa giurisprudenza elaborata dalla Corte CEDU.
In particolare, il ricorrente ha proposto impugnazione contro la sentenza della Corte di appello
di rigetto dell’opposizione dal medesimo espletata ai sensi dell’art. 187 septies d.lgs. 58/1998
(t.u.f.) avverso il provvedimento con il quale l’Autorità di vigilanza aveva irrogato nei suoi
confronti specifiche sanzioni amministrative per abuso di informazioni privilegiate.
In via preliminare, la Corte respinge la richiesta di rimessione in termini effettuata dal ricorrente
con motivi aggiunti per essere la sanzione stata irrogata senza la previa trasmissione
all’interessato della relazione finale e senza la possibilità per lo stesso di difendersi davanti alla
Commissione in violazione del contradditorio, rilevando che nel caso di specie non può trovare
applicazione il principio del ne bis in idem, per gli stessi fatti, sancito dalla CEDU nella nota
pronuncia Grande Stevens ed altri c. Italia, nel rapporto tra procedimento penale e
procedimento sanzionatorio Consob, in quanto la richiesta è finalizzata a proporre, dopo la
scadenza del termine per l’impugnazione, una censura – quale quella relativa all’omesso rilievo
dell’illegittimità della delibera impugnata derivata dalla illegittimità del Regolamento sul
procedimento sanzionatorio della Consob per contrasto con gli articoli 187 septies e 195 t.u.f. –
che la parte avrebbe potuto proporre nel ricorso principale.
Nel merito, dopo aver rilevato che la Corte territoriale ha correttamente verificato il rispetto del
principio di tempestività della contestazione ex art. 14 l. 689/1981 da parte della Consob,
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escludendo ingiustificate inerzie nell’azione amministrativa, il Collegio respinge la censura del
ricorrente di violazione del contradditorio per avere l’Autorità di controllo fatto riferimento alla
condotta contestata in un provvedimento anteriore nei confronti di altri soggetti senza aver dato
la possibilità al medesimo di esporre le proprie difese, ed applicando una impostazione
sostanzialistica della tutela del contradditorio richiama il suo costante orientamento secondo il
quale le censure relative alla violazione del diritto al contradditorio presuppongono la deduzione
di una lesione concreta ed effettiva del diritto di difesa specificatamente conculcato o compresso
nel procedimento sanzionatorio.
La Suprema Corte, respinge, altresì, le censure relative all’acquisizione dell’informazione
privilegiata da parte del ricorrente, sottolineando che il ragionamento svolto dal giudice
territoriale non sarebbe motivato per relationem alle difese della Consob avendo lo stesso, al
contrario, effettuato una propria autonoma argomentazione immune da vizi logici ed
adeguatamente motivata. Al contempo, rileva che il mancato riferimento a talune circostanze
fattuali non implica il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, in quanto, secondo il consolidato orientamento della sua giurisprudenza, in tema di
prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza,
di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, nonché di escluderne talune senza essere
obbligato, per ogni mezzo istruttorio, ad esporre le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ai fini
del proprio convincimento.
Analoghe considerazioni sono svolte dal Collegio con riferimento alla sussistenza della gravità,
precisione e concordanza delle presunzioni utilizzate dalla Corte di appello riguardo alla prova
dell’utilizzo dell’informazione privilegiata da parte del ricorrente ove precisa che il vizio di
motivazione non è configurabile quando vi sia difformità rispetto alle tesi ed alle deduzioni
della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudicante agli elementi delibati,
risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’ammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e del convincimento del medesimo finalizzato a ricevere una nuova pronuncia sul
fatto, non ammissibile con il giudizio di legittimità.
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