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- Copyright - Il Pensiero Scientifico Editore downloaded by IP 78.47.19.138 Sun, 15 May 2016, 22:30:45
Editoriale
Le migrazioni e le nuove sfide per la salute mentale
Migration and mental health: new challenges
LORENZO TARSITANI*, MASSIMO BIONDI
*E-mail: [email protected]
Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma
SUMMARY. Migration is an important risk factor for the development of common and severe mental disorders. Nevertheless, in Europe, immigrants are less likely to access community mental health care and to adhere to treatments, with consequent emergency referrals, involuntary admissions, and traumatic coercive measures. At a clinical level, changes in practices and cross-cultural skills of mental health professionals might be crucial in addressing this challenge.
L’Europa negli ultimi anni è meta di crescenti flussi migratori da paesi a medio e basso reddito. La migrazione è caratterizzata da una serie di variabili socio-ambientali interagenti che possono mettere seriamente a rischio la salute
mentale. Nonostante le difficoltà metodologiche legate prevalentemente all’eterogeneità migratoria, etnica e culturale
dei migranti, la letteratura scientifica ha dimostrato nei migranti un aumento dell’incidenza di disturbi mentali comuni
e gravi, come disturbi psicotici, disturbi dell’umore e d’ansia
e disturbi post-traumatici1. Le affascinanti sindromi legate
alla cultura, spesso accostate alla psichiatria delle migrazioni,
hanno un impatto clinico trascurabile. Il rischio aumenta per
i migranti di prima generazione provenienti da paesi a basso
reddito, perché distanze geografiche e culturali dal paese
d’origine e il passaggio da ambienti rurali alle metropoli sono cruciali nel determinare l’intensità dello stress migratorio.
I rifugiati e le persone che richiedono asilo rappresentano il
gruppo più svantaggiato psicologicamente perché costretti a
migrare dal paese d’origine e per la frequente esposizione a
gravi eventi traumatici2.
Tra i fattori di rischio, i più importanti sono la mancata
realizzazione del progetto migratorio, lo stress transculturale, la perdita di stato sociale, la discriminazione e le separazioni2. La presenza di connazionali è un fattore protettivo,
anche se, nel caso di gruppi tendenzialmente chiusi, può rappresentare un ostacolo all’integrazione, minacciando un
buon adattamento nel lungo termine. Ciò nonostante, le persone immigrate in Europa sono particolarmente svantaggiate nell’accesso ai servizi di salute mentale e alle cure3, a causa di barriere sociali, linguistiche, culturali e, da parte dei
paesi ospiti, organizzative. In Italia, la presenza di molti centri di alto livello non sembra compensare alcune inadeguatezze strutturali dei servizi di salute mentale e una diffusa penuria di competenze linguistiche e culturali da parte degli
operatori.
Il mancato approdo ai servizi psichiatrici nella comunità
può causare il peggioramento dei disturbi e il frequente ricorso ai servizi psichiatrici d’urgenza. E i migranti ospedalizzati per episodi acuti sembrano maggiormente esposti a trat-
tamenti obbligatori e interventi coercitivi rischiosi e traumatizzanti4. Oltre alla gravità delle manifestazioni cliniche non
trattate precocemente, le differenze etniche e le difficoltà di
comprensione e comunicazione possono spiegare questo fenomeno che inficia ulteriormente il successivo ricorso ai servizi territoriali, creando pericolosi circoli viziosi. I migranti
che comunque hanno accesso ai servizi ambulatoriali sono
più a rischio di dropout, anche in Italia5. In alcune etnie e culture, la tendenza alla somatizzazione6 può favorire il ricorso
alla medicina generale, dove tuttavia le stesse problematiche
assistenziali possono ostacolare l’invio ai servizi di salute
mentale.
Probabilmente le sfide più importanti riguardano le politiche sanitarie, ma alcuni cambiamenti nell’attività clinica
potrebbero migliorare gli esiti dei migranti. La costruzione di
una relazione terapeutica adeguata è sempre facilitata da
un’attenta esplorazione del progetto migratorio, delle aspettative riposte, dei significati attribuiti e dell’impatto sulla sofferenza della persona. Per comprendere i pazienti e i loro atteggiamenti nei confronti della sofferenza, delle cure e dei
curanti le competenze transculturali sono cruciali. Difficili da
improvvisare, derivano esclusivamente da formazione di alta
qualità, aggiornamento ed esperienza. Preparazione a parte,
l’esplorazione dell’effetto dell’arrivo in Italia, delle nuove
abitudini, della presenza di connazionali e di eventuali discriminazioni subite può avere di per sé un importante effetto sulla relazione terapeutica. E quindi sugli esiti. Il ricorso a
mediatori culturali, quando disponibili, è utilissimo. Come
seconda scelta, parenti e amici possono tradurre e mediare,
inficiando tuttavia la privatezza e la libertà di espressione del
paziente. È comunque fondamentale (e purtroppo abbastanza raro) assicurare nei servizi una conoscenza adeguata delle principali lingue coloniali. L’affiancamento dei servizi sociali è spesso essenziale nel progetto terapeutico.
I migranti affetti da disturbi mentali in Italia e in Europa
rappresentano un’emergenza per i servizi sanitari, da riconoscere e affrontare a diversi livelli. Nella pratica clinica, il miglioramento delle conoscenze e delle abilità sulla migrazione
potrebbe ottimizzare l’efficacia dell’assistenza.
Riv Psichiatr 2016; 51(2): 45-46
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