La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 10 maggio 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Cgil Fvg, Belci lascia: «Torno in Regione» (M. Veneto)
Il part time fa crescere la disparità tra i sessi (Piccolo, 2 articoli)
Unioni a un passo dalla pace (Gazzettino)
Un esercito di trentenni apre il concorsone scuola (Piccolo)
Inps, 100mila lavoratori senza diritto agli sgravi (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Tagli in arrivo alla Wärtsila, Razeto lascia dopo vent'anni (Piccolo Trieste, 3 articoli)
Dal maestro al farmacista, il Comune assume i precari (Piccolo Trieste)
L'auto blu inguaia il direttore dell'Inps (Piccolo Trieste)
Pediatria "dimezzata", Gorizia non ci sta (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Vigili urbani, coperta corta. «A Gorizia sono soltanto 29» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
O-I, veleni tra i lavoratori, Cgil non ritira la denuncia (M. Veneto Pordenone)
Tarvisio, giovedì riapertura del supermercato ex Coopca (M. Veneto Udine)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Cgil Fvg, Belci lascia: «Torno in Regione» (M. Veneto)
di Maura Delle Case UDINE La Cgil regionale si prepara a eleggere il suo nuovo segretario. Conclusi
gli otto anni di mandato massimo previsti dallo statuto dell’organizzazione sindacale, l’attuale
segretario generale di Cgil Fvg, Franco Belci, si è congedato ieri, all’Enaip di Pasian di Prato, davanti
all’assemblea chiamata a eleggere il suo successore. Poi Belci ha salutato su Facebook, così da
raggiungere la più vasta platea possibile: «Oggi si è concluso, dopo 8 anni statutariamente previsti, il
mio mandato alla guida della Cgil Fvg. Un’esperienza molto bella e molto impegnativa – ha scritto
Belci sul social network – che mi ha fatto incontrare tante persone. Le ringrazio tutte, a cominciare dai
nostri delegati». L’addio in realtà è rinviato di qualche settimana. Belci continuerà infatti a garantire
l’ordinarietà fintantoché non sarà eletto il successore. Nomi? In circolazione ce ne sono due. Uno
maschile, l’altro femminile. Entrambi componenti dell’attuale segreteria regionale di Cgil: Emanuele
Iodice e Orietta Olivo. Salvo sorprese, saranno loro a giocarsela. A dover convincere l’assemblea
generale che, chiamata a designare l’erede di Belci, potrebbe anche per la prima volta in Friuli Venezia
Giulia eleggere alla sua testa una donna. Per scoprirlo non si dovrà attendere molto. Il cronoprogramma delineato ieri prevede infatti che il 23 maggio si svolgano le consultazioni con i delegati
all’assemblea di Udine e Pordenone, il 31 dello stesso mese con quelli di Gorizia e Trieste. Nella
sostanza, ognuno dei 133 componenti dell’assemblea generale – per oltre la metà delegati di posti di
lavoro e per la parte restante sindacalisti a tempo pieno – sarà chiamato a esprimersi sulla proposta di
candidatura che sarà formalizzata dalla Cgil nazionale – presente ieri il vice di Susanna Camusso, Nino
Baseotto – e alla quale potranno aggiungersi eventualmente auto-candidature sostenute da almeno il 15
dell’assemblea. Esaurita questa fase, nella prima decade di giugno si procederà all’elezione vera e
propria, che incoronerà il successore di Belci. L’attuale segretario dal canto suo è pronto a lasciare.
Serenamente e senza un piano B. Il clima di sospetto che mesi addietro si era levato attorno al suo
progetto “Officina 2.0”, creatura all’apparenza politica che invece il segretario ha più volte ricondotto
al “solo” scopo di proposta e pungolo, pare essersi stemperato e a meno di un cambio d’idee – sempre
possibile – Belci non avrebbe intenzione di sbarcare in politica, bensì di tornare a lavoro in Regione e –
parola sua – alla grande passione dell’arrampicata.
Il part time fa crescere la disparità tra i sessi (Piccolo)
di Marco Ballico TRIESTE Il lavoro femminile è sempre più part time. Non per scelta, anzi. La voce
“part time involontario", vale a dire le situazioni in cui si svolge un’occupazione a tempo parziale in
mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno, accomuna 15 lavoratrici su 100 in Friuli Venezia
Giulia. Il dato emerge da un’indagine commissionata dalla Cisl Fvg, presentata ieri a Palmanova nel
corso del consiglio generale del sindacato. La ricerca, a cura della società Idea Tolomeo, evidenzia
come, a fronte di un tasso di occupazione pressoché stabile - 54,7% al terzo trimestre 2015 contro il
55,3% del 2014 -, a crescere in maniera sensibile in Fvg, come del resto in buona parte del Nord Est
(nelle due Province di Trento e Bolzano si sale oltre il 40%, in Emilia Romagna ci si ferma invece al
30%), è la quota di donne occupate a tempo parziale: il 35%. Più di una su tre. Ma il dato più delicato
riguarda appunto la diffusa obbligatorietà di questa formula. In altri termini, fa sapere la Cisl, si assiste
a un avvicinamento numerico tra tempi parziali involontari e volontari, con questi ultimi in calo, in
particolare tra il 2008 e il 2011. Dati che aprono a una riflessione, tanto più se si considera che l’Italia,
nel quadro dell’Unione europea, è il paese con la più elevata incidenza di part time femminile
involontario (il 19% contro una media comunitaria ferma all’8%), con il Fvg che fa segnare il 15%,
percentuale tanto più preoccupante se confrontata con territori vicini che vantano, anche in periodi di
crisi, un forte incremento della scelta volontaria. Il part time involontario in Austria è infatti solo al 5%,
in Croazia è Slovenia non si va oltre il 2% e l’1%. «La fotografia - commentano il segretario generale
Cisl Fvg Giovanni Fania e la segretaria Claudia Sacilotto - è sicuramente condizionata dall’andamento
della crisi che ha colpito anche l’occupazione femminile e le possibilità reali per una donna, magari con
figli, di trovare il lavoro desiderato». Una situazione, secondo il sindacato, con inevitabili ricadute, «a
partire dalla capacità salariale». Il tema del part time si intreccia con quello della conciliazione dei
tempi di vita e di lavoro, con il Fvg in bilico, si legge nell’indagine, tra due modelli contrapposti e
diversi fattori in gioco, a partire dai servizi, in particolare quelli dedicati all’infanzia (nidi, micronidi,
servizi integrativi) e alla presa in carico dei bambini. Si tratta del modello altoatesino, in cui la cura dei
figli è affidata prevalentemente alla madre attraverso maggiori opportunità di lavoro part time, e del
modello emiliano-romagnolo, in cui alla cura dei figli compartecipa in maniera rilevante il sistema di
welfare, a fronte di un impegno lavorativo full time delle donne. Di qui lo scarto tra i poco più di 4mila
bambini presi in carico dai servizi per l’infanzia nella nostra regione e gli oltre 30mila dell’Emilia
Romagna. Nonostante il Fvg confermi l’importanza della spesa operata dai Comuni e la minor
percentuale sugli utenti (18% rispetto al 19% italiano), con un costo complessivo tra i più bassi, dopo il
Veneto, «resta prioritario e strategico - sostiene la Cisl - ampliare la gamma dei servizi offerti, anche in
relazione alla flessibilità oraria, e rendere ancora più accessibili le rette delle strutture, comunque alte».
Il problema reale, insistono Fania e Sacilotto, con la coordinatrice delle donne Cisl Renata Della Ricca,
«è che sono ancora troppo pochi gli accordi aziendali, pubblici e privati, e qui va potenziata la
contrattazione di secondo livello, che affrontano in modo originale il tema delle pari opportunità e che
trovano soluzioni innovative al problema della conciliazione. E questo sia per la comprensibile
resistenza delle parti datoriali, sia per la mancanza di una strategia trasversale tra aziende e parte
sindacale». La ricerca, dopo aver riassunto le dinamiche del tasso di occupazione nel territorio
regionale nel periodo pre-crisi (dal 39,7% del 1995 al 55,5% del 2007) e del tasso di disoccupazione
(dal 14,4% del 1995 al 4,7% del 2007), si occupa infine dei settori di impiego e rileva come le donne
Fvg continuano a essere orientate prevalentemente sui servizi, che rappresentano circa l’80% degli
sbocchi. Un’inversione di tendenza, invece, si assiste nel campo degli studi: rispetto al 2007, infatti, le
discipline che hanno conosciuto la maggiore crescita di donne laureate sono state l’architettura (+95%)
e le materie economico-statistiche (+19%), accanto al tradizionale insegnamento (+19%).
«La triplice beffa di paghe, scatti e pensioni»
TRIESTE Le donne a tempo parziale sono tre volte penalizzate. Perché vengono pagate meno, perché
si possono scordare incarichi di maggiore responsabilità e perché, al momento della pensione, si
troveranno l’assegno tagliato. Orietta Olivo, responsabile welfare della Cgil Fvg, in corsa per sostituire
Franco Belci alla segreteria regionale, cita in particolare il settore degli appalti: «Pulizie, ospedali, case
di riposo, ristorazione: quando un ente deve ridurre i costi, per prima cosa modifica gli orari, li
comprime, li riduce». Nessuna sorpresa, dunque, che crescano i dati sul part time involontario: «Non si
tratta sempre di una libera scelta delle donne, è spesso una soluzione imposta». Una soluzione che
Olivo boccia senza mezzi termini: «Ferma restando la libertà delle donne a scegliere tempi e modi dei
propri impegni lavorativi, il part time dovrebbe essere limitato solo a una parte della propria vita.
Adattarsi a quel tipo di contratto penalizza ripetutamente le donne: prendono meno soldi, come ovvio
che sia, ma non hanno nemmeno la possibilità di progredire di carriera dato che i datori di lavoro
preferiscono non assegnare particolari obiettivi a chi si ferma in ufficio solo per mezza giornata». E poi
c’è il problema della pensione: «A lavorare a tempo parziale per troppi anni ci si condanna a un
trattamento pensionistico con una forte penalizzazione. In sostanza, si è poveri da giovani come da
anziani». Ma più in generale è l’intero quadro dei dati sul mercato del lavoro femminile che preoccupa
il sindacato: quasi 2mila occupate in meno in un solo anno dal 2014 al 2015, ricorda la Cigl, un tasso di
disoccupazione medio vicino al 10%, con una punta del 10,5% in provincia di Udine, una flessione, sia
pure lieve, anche nella propensione a cercare un impiego: «È un quadro che resta estremamente
delicato e sul quale incidono parecchio non soltanto le dinamiche della crisi, ma anche le carenze del
welfare, prassi e stereotipi consolidati che continuano a ostacolare la strada verso una vera parità tra
uomo e donna nel mercato del lavoro e nella società». Con la conseguenza della «segregazione
orizzontale» che continua a concentrare le donne nelle fasce più deboli e meno pagate del mercato del
lavoro, «a partire dai settori dell’assistenza e del lavoro domestico». Un’ultima sollecitazione Olivo la
riserva nel campo della formazione: «Bene sarebbe che le donne si indirizzassero verso studi
scientifici, quelli che offrono più spazi per un lavoro full time». Nel 2014 risulta che il 14% delle
laureate in Fvg appartiene al gruppo politico-sociale e il 14% a quello economico-statistico. Rispetto
agli uomini uno scarto particolarmente elevato riguarda il gruppo ingegneristico: a fronte del 23% dei
maschi che si è laureato in ingegneria due anni fa, tale specializzazione ha riguardato solo il 4% delle
donne. (m.b.)
Unioni a un passo dalla pace (Gazzettino)
Maurizio Bait TRIESTE - L’intesa nero su bianco sulle Unioni territoriali ancora non c’è. Tuttavia si
respira un intenso profumo d’intesa e le distanze appaiono in larga misura colmate sul fronte delle
penalità a chi non abbia aderito, non meno che sul piano delle funzioni da esercitare in modo condiviso.
Dopo un serrato confronto avvenuto nel primo pomeriggio di ieri, Regione e Comuni (Anci e "ribelli")
hanno prefigurato un percorso che porterà alla decima e auspicabilmente ultima modifica della legge di
riforma delle autonomie locali. Una modifica concordata che "sale" dal basso ossia dalle richieste
avanzate dai sindaci ma obiettivamente condivise, con una serie di aperture successive, da Mamma
Regione. Mamma e non più matrigna anche per i ribelli, sebbene un punto fermo debba rimanere
evidente: sul piano della forma non si muoverà foglia finché il Tar non avrà pronunciato la propria
sentenza sui ricorsi (unificati in un unico procedimento) proposti da 56 Comuni contro la riforma. A
scrivere il verdetto, dopo l’udienza pubblica del 26 maggio, sarà lo stesso presidente del Tribunale
amministrativo, Umberto Zuballi.
Nel dettaglio, Regione e Comuni concordano - di massima - sull’opportunità di modificare la legge
prima del primo luglio, allorché scatteranno le prime funzioni condivise. E tali funzioni dovranno
essere di "scarso" impegno: catasto, protezione civile e statistica. Il resto, tutto il resto sarà deciso dai
Comuni medesimi e non imposto dal Palazzo regionale. Ma non saranno decisioni umorali: si dovrà
rispettare il principio di adeguatezza, proprio come l’Anci aveva chiesto a suo tempo. Un principio che
la Regione è orientata a riconoscere animandolo con numeri precisi: funzioni condivise per bacini di
almeno 10mila abitanti in pianura e almeno 3mila in montagna. Quanto alle penalizzazioni finanziarie a
carico dei Comuni che non hanno accettato le Unioni, l’orientamento è di ricondurre tutti i trasferimenti
delle risorse al fondo ordinario per gli Enti locali. E per il 2016? Si vedrà: prima il Tar, anche in questo
caso. Poi le eventuali modifiche in corsa.
Ma al di là degli aspetti tecnici, è la sostanza politica a farla stavolta da padrona: l’armistizio, di fatto,
sembra come già scritto. Il che, dal punto di vista dei sindaci ribelli, incarna in sé una misura
significativa di successo. Ma la Regione non ne esce sconfitta, poiché porta a casa in ogni caso la
riforma difficile. Difficilissima. Eppure, al fondo delle cose, fattibile. La sua applicazione sarà tutt’un
altro registro. Non certo meno complesso delle battaglie ingaggiate in questa tormentosa fase iniziale.
Un esercito di trentenni apre il concorsone scuola (Piccolo)
di Giulia Basso TRIESTE Il concorsone docenti, partito in tutt’Italia il 28 aprile, è arrivato ieri anche a
Trieste. Una settantina gli aspiranti insegnanti che si sono cimentati nell'aula d'informatica del Da
Vinci-Carli-Sandrinelli, con la prova scritta per le classi d'insegnamento A11 (latino per la scuola
secondaria di secondo grado) e A25 - A24 - ES (inglese e spagnolo per le scuole secondarie di primo e
secondo grado). Per loro le probabilità di successo sono piuttosto elevate: i posti in palio sono circa una
quarantina, quindi un concorrente su due la spunterà. A cimentarsi con la prova, della durata di 150
minuti e suddivisa per classi d'insegnamento (nella mattinata s'è svolta la prova di latino, nel
pomeriggio quella dedicata alle lingue straniere), erano tre generazioni d'insegnanti, dai docenti con
alle spalle anni d'insegnamento ai giovani freschi d'abilitazione, ben rappresentati in queste classi
concorsuali. Basti pensare che la candidata più anziana di questa tornata del concorso ha 55 anni e la
più giovane 26, ma la maggior parte dei concorrenti in gara per i posti di latino è nata negli anni
Ottanta, mentre quelli in corsa per una cattedra di lingue straniere sono nati in buona numero nei
Settanta. L’esame, che i concorrenti hanno svolto interamente su pc, è stato strutturato dal Miur in otto
domande riguardanti la materia d'insegnamento, di cui due in lingua straniera e a risposta chiusa, e le
altre sei di carattere metodologico/didattico e a risposta aperta. «L'impressione è abbastanza positiva racconta Margherita Ciani, 32 anni, insegnante precaria da sette e appena uscita dall'esame di latino -:
le domande erano soprattutto legate alla didattica e c'era poco nozionismo. Le prove sono state
strutturate bene, ma il tempo a disposizione era poco, sia in sede di esame, sia in sede di preparazione:
la notizia del concorso l'abbiamo avuta meno di due mesi fa, averlo saputo prima ci avrebbe aiutato».
Nell'esame Margherita ripone molte speranze: «Ci tengo tantissimo, perché in questi anni ho sempre
lavorato nella scuola: passare di ruolo è il mio desiderio più grande». Diversa la questione per
Tommaso Ramella, classe 1989: «Io sono tra i più giovani, ho 26 anni e ho ottenuto da poco
l'abilitazione. Se tutto andasse bene il prossimo anno potrei già essere insegnante di ruolo. Il concorso
mi ha offerto una possibilità importante». Nella stessa situazione anche il coetaneo Stefano Marangoni,
di 27 anni: «Se l'esito del concorso fosse positivo potrei entrare in ruolo subito dopo l'abilitazione
conseguita l'anno scorso - racconta -: per me si tratta di un'ottima opportunità. La prova era più o meno
come me l'ero immaginata: le domande si concentravano sulla didattica, ci chiedevano di presentare
un'unità didattica o impostare una lezione relativa alle nostre materie, che è quello che come insegnanti
siamo tenuti a fare. Ora molto dipenderà dai criteri di valutazione della commissione: è possibile un
certo grado di soggettività nei giudizi, ma le nostre prove saranno anonime e nutro fiducia nella
commissione». Anche per i più giovani comunque il concorso non è vissuto come una prova
semplicemente da tentare: «L'idea d'insegnare ci dev'essere già - spiega Marangoni -, perché
all'università si devono scegliere determinati esami e affrontare il il tirocinio formativo attivo al
termine del quale si ottiene l'abilitazione, non è una passeggiata». Quanto al ventilato annullamento del
concorso, per il quale si stanno battendo i sindacati e per cui si attendono le decisioni del Tar del Lazio,
i concorrenti preferiscono non esprimersi: «Penso non si possano fare riflessioni sui ricorsi dei non
abilitati: è qualcosa di indipendente da noi», commenta più di un candidato. I 70 aspiranti prof che si
sono cimentati ieri con il concorsone sono parte dell'esercito di 2.872 iscritti che si battono per 1.531
posti in regione: a spuntarla dunque saranno più del 50% dei partecipanti. Le prove scritte per le varie
classi di concorso, che si stanno svolgendo nei vari capoluoghi di provincia del Fvg, torneranno a
Trieste il 13 maggio al Tiziana Weiss, per 12 prof impegnati in latino e greco e il 26, ancora al Da
Vinci-Carli-De Sandrinelli, per altri 22 docenti di scienze e tecnologiche meccaniche.
Inps, 100mila lavoratori senza diritto agli sgravi (M. Veneto)
ROMA L’attività ispettiva dell’Inps per contrastare l’evasione e l’elusione contributiva si rafforza e
produce risultati a partire dai dati sull’utilizzo illecito degli sgravi contributivi previsti dalla legge di
Stabilità per le assunzioni a tempo indeterminato fatte nel 2015. L’Istituto - secondo i dati presentati
ieri dal presidente Tito Boeri con la direttrice delle Entrate, Gabriella Di Michele - ha individuato
100.000 lavoratori, degli oltre 1,5 milioni assunti nel 2015 per i quali sono stati chiesti gli sgravi
contributivi totali, senza diritto agli incentivi. Sono coinvolte - hanno spiegato - 60.000 aziende mentre
il risparmio complessivo per il triennio (dato che le aziende dovranno a questo punto versare i
contributi per questi lavoratori) è calcolato in circa 600 milioni. Il presidente Boeri ha presentato il
piano sulla «vigilanza documentale» per il 2016 spiegando il lavoro di incrocio di dati tra le varie
amministrazione dello Stato e sottolineando l’importanza della «deterrenza» nella lotta all’evasione ma
anche alle frodi per ottenere prestazioni indebite come nel caso delle indennità di disoccupazione per i
rapporti di lavoro fittizi. «Abbiamo investito sulla vigilanza documentale - ha spiegato il presidente
Inps - incrociamo i dati delle nostre banche dati con quelli dell’Agenzia delle entrate e del ministero del
Lavoro, vogliamo intervenire ex ante, prima che si verifichino comportamenti omissivi. Vogliamo fare
un’operazione decisa di deterrenza». Attraverso l’incrocio delle informazioni presenti nelle banche dati
delle denunce Inps e quelle del ministero del Lavoro - ha spiegato Di Michele - sono emersi circa
60.000 aziende e 100.000 lavoratori che hanno chiesto lo sgravio contributivo per le assunzioni a
tempo indeterminato senza averne effettivamente diritto (ad esempio per la mancanza del requisito
dell’assenza di rapporti di lavoro stabili nel semestre precedente). Il risultato atteso per il triennio (per
le assunzioni fatte nel 2015) è di 100 milioni di recupero di contributi oltre a 500 milioni di gettito
futuro dato che le aziende dal momento del controllo non usufruiranno più dello sgravio e pagheranno
la contribuzione intera. L’Inps ha presentato anche la procedura Casco (controllo automatizzato sgravi
e conguagli) che ha l’obiettivo di intercettare le aziende che riducono il debito contributivo gonfiando
le somme a credito per anticipazioni fatte ai dipendenti per assegno al nucleo familiare, malattia,
maternità, permessi legge 104. Si metteranno a confronto le aziende dello stesso settore, stessa
collocazione geografica e stessa forza lavoro per identificare le imprese a rischio evasione e recuperare
la contribuzione non versata. Infine l’Inps ha dichiarato tolleranza zero ai rapporti di lavoro fittizi
istaurati per ottenere prestazioni come l’indennità di disoccupazione. Nel biennio 2014-15 sono state
identificate 700 aziende coinvolte per circa 30.000 rapporti di lavoro fittizi mentre nel 2016 si stimano
500 aziende coinvolte e 20.000 rapporti «finti». Solo quest’anno potrebbero risparmiarsi 160 milioni di
prestazioni non dovute (circa 8.000 euro di Naspi percepiti per ogni lavoratore) mentre l’importo
complessivo di prestazioni bloccate in seguito alla scoperta di posti di lavoro false dovrebbe arrivare
nel triennio 2014-16 a 400 milioni.
CRONACHE LOCALI
Tagli in arrivo alla Wärtsila, Razeto lascia dopo vent'anni (Piccolo Trieste)
di Massimo Greco TRIESTE Sergio Razeto, da oltre vent’anni punto di riferimento dirigenziale del
grande stabilimento di Bagnoli, lascia Wärtsilä. Dal 31 maggio non sarà più presidente e
amministratore delegato della costola tricolore della multinazionale motoristica finlandese: dal primo
giugno sarà sostituito alla guida operativa dell’azienda da Guido Barbazza, ingegnere genovese, alle
spalle una lunga militanza professionale nel settore del “service”, quello che attualmente dà al gruppo
le maggiori soddisfazioni in termini di ricavi e di marginalità. Con l’uscita di scena di Razeto dalla
maggiore dispensatrice di lavoro nel territorio triestino (1050 diretti e circa 400 indotti), finisce una
stagione durata quattro intensi lustri, durante i quali la vecchia Grandi motori è stata privatizzata, è
passata da Fincantieri a Wärtsilä, ha poi saputo difendere e rafforzare il suo ruolo - contro molte
pessimistiche previsioni - nell’ambito della realtà produttiva finlandese. Razeto compirà 66 anni a
dicembre e ha deciso di attaccare le scarpe al chiodo. L’impegno con Wärtsilä sarebbe terminato il 31
dicembre 2016 ma ha scelto di andarsene sei mesi prima. Insiste sul fatto che la recente apertura
dell’aspra vertenza su 90 tagli all’organico, con la dismissione del settore ricerca&sviluppo, non ha
condizionato la sua decisione. «Me ne volevo andare già nella primavera 2013, mi hanno chiesto di
restare. I tempi sono maturi, Wärtsilä è un’azienda giovane, io giovane non sono più, a sessant’anni i
manager lasciano...». Coerente a una linea comportamentale prudente e manovriera, Razeto dribbla
accuratamente ogni valutazione di merito sulle intenzioni manifestate da Helsinki: «E’ un piano
pensato in una prospettiva internazionale, perchè anche la Finlandia subisce tagli, e in un’ottica di
riduzione dei costi. Queste dolorose operazioni vanno fatte quando l’azienda è ancora sana». «Non
dimentichiamo - spiega Razeto - che in questi ultimi anni Wärtsilä ha investito oltre 15 milioni di euro
per ammodernare lo stabilimento di Bagnoli. Non mi pare un indizio di disimpegno». Il capo-azienda
uscente si sofferma sullo specifico aspetto della ricerca&sviluppo: «La vera ricerca è stata fatta in
Finlandia e la competenza direzionale è sempre stata in carico alle strutture finlandesi». Del successore
Guido Barbazza, suo conterraneo, un rapido, positivo ritratto: «Lo conosco da quando negli anni ’80
era studente-lavoratore con me a Genova. Direi la scelta migliore che Wärtsilä potesse compiere».
Comunque Razeto è intenzionato a recitare la parte fino all’ultimo: non esclude di presenziare al tavolo
ministeriale convocato dopodomani a Roma «per senso del dovere». Non mollerà invece la presidenza
di Confindustria Venezia Giulia: «Resterò volentieri, perchè c’è tanto lavoro da fare: Porto vecchio,
Ferriera, Ezit ... Temi forti che hanno bisogno di continuità». »E comunque, anche se al momento non
ho piani per l’immediato futuro, non ho certo intenzione di fermarmi». Chi non crede a una semplice
coincidenza tra dimissioni e piano-esuberi è il sindacato. In questo unanime. «Razeto era dato in uscita
a fine anno - osserva Fabio Kanidisek (Fim) - se ne è andato prima perchè ormai la dirigenza italiana
era indebolita, delegittimata. Speriamo che il successore Barbazza abbia una visione globale di
Bagnoli, non solo dell’attività “service” dalla quale proviene». La quiescenza anticipata di Razeto
convince ancor meno Sasha Colautti (Fiom): «Quando Wärtsilä ci ha comunicato i 90 esuberi, Razeto
non era presente al tavolo: l’assenza del presidente di Confindustria Venezia Giulia era pesante,
simbolica. Simbolica di una crisi industriale triestina, che sta producendo perdita di posti e il ricorso
strutturale a ogni tipo di ammortizzatore sociale». «I tagli a Bagnoli - conclude - notificano che il re è
nudo».«Gli esuberi hanno velocizzato l’uscita di Razeto - incalza Antonio Rodà (Uilm) - ed è chiaro
che Helsinki stringe il controllo su Trieste. Adesso manca un management italiano autorevole che
funga da filtro e da luogo di sintesi decisionale». Intanto si è messa in moto la macchina della
mobilitazione e della protesta contro i tagli programmati dai finlandesi. Ieri, nel mattino e nel
pomeriggio, due assemblee, che hanno riunito oltre 500 lavoratori. Giovedì pomeriggio, in
concomitanza del vertice ministeriale, i dipendenti Wärtsilä effettueranno un presidio nel centro
cittadino. Avanti anche con gli incontri istituzionali. Stamane alle 10.30 le rappresentanze sindacali
saranno ricevute dal sindaco Roberto Cosolini. Nel pomeriggio alle 14.30 sarà il governatore Debora
Serracchiani ad ascoltare le ragioni dei sindacati. Sindacati che desiderano sapere due cose: quanto
negli anni è stato versato a Wärtsilä sotto forma di contributi alla ricerca e quanto la Regione Fvg è
disposta a mettere sul tavolo in termini di sostegni industriali, da coordinare con il ministero dello
Sviluppo Economico. Ma sarà essenziale comprendere gli effettivi margini di manovra negoziabili con
la controparte finlandese. Cioè, se basterà pagare il solito pegno o se la radicalità della scelta finnica
sarà difficilmente controvertibile.
Gli operai: «Mesi contati per tutti»
di Benedetta Moro TRIESTE «Chiunque sa che Wärtsilä è un’isola felice, si lavora e si guadagna
bene». Luca Paiero, 29 anni, dal 2008 operaio nella sezione “testing” del reparto Ricerca&sviluppo
(R&s) della Wärtsilä, sa che deve iniziare a usare l’imperfetto. Perché quella certezza che aveva nei
mesi scorsi, quel respiro di sollievo che finalmente aveva tirato perché vedeva una situazione rosea di
fronte a sé tanto da fare un mutuo pochissimo tempo fa, non ci sono più. Una compagna, una bambina
di quasi due anni e una in arrivo gli fanno capire che non può «restare senza lavorare nemmeno un
giorno» e per questo ha già iniziato a scaricare i moduli per spedire curricula e a rispolverare vecchie
conoscenze che gli diano una mano. Dopo la notizia dei 90 esuberi in programma, circa il 10% dei
lavoratori della Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra, esuberi che dovrebbero colpire i reparti R&s e
“propulsion”, gli operai vedono svanire tutti i loro progetti di vita in un secondo. Ieri c’era l’assemblea
sindacale. Mentre escono dalla fabbrica, a fine turno, sulle loro facce si leggono paura, preoccupazione,
sbigottimento, avvilimento, ma anche tanta rabbia nei confronti di un management straniero e italiano
da cui si sentono considerati «ormai semplici numeri». «Abbiamo sempre lavorato bene, proprio perché
c’era un clima ottimo - racconta Paiero -. Negli ultimi tre anni abbiamo fatto di tutto per l’azienda, lo
scorso anno abbiamo anche ricevuto un riconoscimento per non aver subìto nemmeno un infortunio e
nel nostro reparto rischiamo cinque volte più degli altri di farci male. Cercano di inculcarti dei valori,
per la nostra “corporation” devi essere incorruttibile, noi diamo il massimo e invece alla prima
occasione riceviamo un calcio. È demoralizzante. Verso la “corporation” infatti c’è proprio odio. E lo si
respira dentro». Il sentimento negativo si aggiunge alla tensione che si percepisce in azienda, dove la
motivazione di lavorare è stata sostituita, raccontano gli operai, «da una svogliatezza generale mista
alla delusione». «Ci sentiamo come se avessimo la pistola puntata alla tempia - spiega Ricky, smarrito,
da cinque anni in R&s dopo cinque passati in “propulsion” - . Non si lavora più volentieri, non sapendo
nemmeno una data in cui dovremmo andare via». Anche Ricky ha attivato un mutuo da pochissimo.
«Semmai ci fosse una liquidazione, che per me sarebbe di 10-15mila euro, la terrei da parte per pagare
il mutuo finché non trovo un nuovo lavoro, ma è difficile, ho 49 anni, ho fatto il meccanico prima di
entrare qui, ma ora nelle officine cercano persone giovani». «L’unica preoccupazione dei piani alti è
come mandare avanti il lavoro nei prossimi mesi mentre ci accompagnano alla porta - racconta Enrico,
con il morale a terra, 41 anni, in Wärtsilä da 12 e un mutuo in piedi da 10 - perché hanno compreso che
non c’è motivazione nella gente». Ad aggiungere timori su timori l’uscita del capo-azienda italiano,
Sergio Razeto. «Era lui che si batteva per noi - dice Marco Milocchi, quarantenne con un bambino di
10 anni e una moglie che lavora nel settore privato, anche lei sull’orlo del licenziamento -, ora invece
sono arrivati nuovi responsabili, esecutori che non lottano per noi, obbediscono e basta». Se gli operai
del reparto R&s rischiano il posto più di tutti, anche gli altri lavoratori hanno capito che potrebbero
avere gli anni, o forse i mesi contati, «perché uno stabilimento del genere senza il settore di ricerca,
come aveva già previsto Razeto nel 2011, non ha senso di esistere perché non potrebbe competere con
altri Paesi» chiosa David Brescia del reparto pre-montaggio, 33 anni, da 10 a Bagnoli, e appena
diventato papà.
Dalla Burgo a Tbs. La mappa della crisi
TRIESTE Il caso Wärtsilä fa riemergere le preoccupazioni per gli assetti industriali dell’area triestina e
goriziana messi a dura prova dalla straordinaria lunghezza della crisi, dal 2008 a oggi. I 90 esuberi,
dichiarati all’improvviso da Helsinki, riaprono la riflessione sulle fragilità della zona giuliana. Restano
in prognosi riservata le condizioni della Burgo, dove, anche a fronte della riconversione della linea 2,
gli esuberi resterebbero una sessantina. Vertenze sono state recentemente aperte in Cartubi (9 esuberi) e
Pittway (6 esuberi): una trentina di ex dipendenti Sertubi ancora attende di sapere se saranno ricollocati
nella Siderurgica Triestina di Arvedi. C’è tensione all’interno di Tbs Group, per l’incerta destinazione
di Insiel Mercato, su cui insiste una Cigs che coinvolge una sessantina di addetti. Saiph, l’ex Revas, ha
reinserito una cinquantina di unità, ma ne mancano ancora una trentina: l’azienda fa parte, insieme ad
altre realtà (SeaMetal, Az Iniziative), dell’indotto Wärtsilä. Occhio alle prospettive Flextronics (ex
Alcatel), dove lo spostamento di alcune lavorazioni in Messico desta sospetti: appuntamento al Mise il
26 maggio. Da Trieste a Monfalcone la distanza è breve. Il caso De Franceschi, alla luce
dell’acquisizione dei mulini da parte del gruppo pugliese Casillo, è attualmente di fronte al nodo legato
alla riapertura del raccordo ferroviario Schiavetti-Brancolo al servizio dell’azienda per movimentare il
traffico: l’acquirente lo ritiene condizione sine qua non per procedere all’avvio dell’attività. Per questo
sono in corso gli incontri, l’ultimo ieri a Mestre tra Casillo, Rfi, Consorzio per lo sviluppo industriale e
il sindaco di Monfalcone, Silvia Altran, al fine di individuare i possibili percorsi risolutivi. Ad oggi, 50
lavoratori della De Franceschi risultano fuori dalla produzione: una decina, i più giovani, a fine aprile,
sono usciti dalla mobilità. A ruota seguiranno gli altri lavoratori, con l’uscita dalla mobilità a cadenza
semestrale. Per quanto riguarda il porto di Monfalcone, la procedura in ordine agli esuberi di 9
lavoratori della Compagnia portuale si è conclusa positivamente, con il mantenimento dei dipendenti,
alla luce delle trattative nelle quali è stata coinvolta la Regione. Sono stati inoltre assorbiti tre dei
quattro lavoratori dipendenti della Coracfer, con il passaggio della gestione della manovra ferroviaria
alla nuova società Logyca “Ultimo miglio ferroviario”. Edilfognature di Gradisca d’Isonzo, Salumi
Morgante di Romans e La Giulia e la Witar’s di Gorizia: sono questi le realtà indistriali che più di altre,
per numero di dipendenti, sono state toccate dalla crisi. Alla Edilfognature si è aperta la procedura di
mobilità per 27 dipendenti su 44, mentre per la Morgante - una settantina di dipendenti nello
stablimento di Romans (in quello di San Daniele del Friuli dove si produce prosciutto crudo non c’è
crisi) - nel marzo scorso è stata avviata la cassa integrazione per 12 mesi. Nel settore dolciario è “La
Giulia” il nervo scoperto della crisi. Su 96 occupati, stante i livelli produttivi attuali, una quindicina
sono considerati esuberi. Infine la Witor’s (praline e snack di cioccolato) l’azienda, riferiscono i
sindacati, regge grazie all’impiego di lavoratori stagionali.
Dal maestro al farmacista, il Comune assume i precari (Piccolo Trieste)
di Gianpaolo Sarti Raffica di assunzioni in Comune: la giunta Cosolini ha deciso di stabilizzare ben 91
dipendenti tra maestri di asilo e ricreatorio, inservienti, assistenti sociali e farmacisti. Entreranno tutti in
ruolo con contratto a tempo indeterminato grosso modo dopo l’estate. L’operazione, già ventilata nelle
scorse settimane, è ora ufficiale ed è messa nero su bianco nella documentazione amministrativa. Lo
conferma l’assessore con delega alle Risorse umane Roberto Treu. L’informata più consistente spetta
all’area infanzia ed educazione. Dieci i posti di “categoria C” per personale già in graduatoria assegnati
ai supplenti dei ricreatori e del servizio integrativo scolastico. I fortunati, come viene precisato nell’atto
comunale, devono aver lavorato negli ultimi 5 anni (gennaio 2011-dicembre 2015) per almeno 36 mesi,
pari a 1080 giorni anche non continuativi, nello medesimo settore alle dipendenze dell’ente e con
contratto subordinato. Per partecipare alla selezione “per titoli” si deve fare domanda entro l’8 giugno.
Stesso schema, stesse regole e stesse scadenze pure per i 14 “istruttori educativi” delle scuole materne,
di cui uno da impiegare nelle sezioni con bambini portatori di handicap; e i 17 “esecutori sociosanitari”, inservienti in sostanza, in forza negli asili nido della città. Di questi, tredici a tempo pieno e
quattro part time. Sempre nelle scuole d’infanzia contratto a tempo indeterminato pure per 20
collaboratori, i “bambinai”; mentre a giorni, anticipa l’assessore Treu, uscirà un bando per altri 22
istruttori educativi dei nidi. Le assunzioni partono tra fine agosto e primi settembre in corrispondenza
dell’avvio del nuovo anno scolastico. Ulteriori informazioni e copie degli avvisi di selezione possono
essere richieste al Comune di Trieste - Ufficio Concorsi, che risponde allo 040/675-4757/4919.
L’avviso e lo schema di domanda sono scaricabili invece dal sito www.comune.trieste.it. Nell’elenco
delle stabilizzazioni compaiono anche un operatore da impiegare nei servizi di inserimento lavorativo
delle persone svantaggiate e un assistente sociale “esperto di sviluppo della comunità”, di categoria D.
Tempo indeterminato, infine, pure per 6 dipendenti delle farmacie comunali. In tutto, a conti fatti,
fanno 91. La mossa della giunta Cosolini era in qualche modo attesa in Comune, soprattutto tra chi
negli ultimi cinque anni aveva inanellato mesi e mesi di precariato, tanto più nell’area dell’infanzia e
dell’educazione. «È importante procedere con le stabilizzazioni per dare garanzie ai lavoratori e
assicurare una migliore qualità del servizio - osserva Treu - ma prima o poi sarà necessario passare
anche a nuove assunzioni in modo da rimpolpare gli organici. Ciò in considerazione del fatto che negli
ultimi anni sono uscite ben trecento persone e che l’età media dei dipendenti supera i cinquantaquattro
anni. Dobbiamo assolutamente migliorare le nostre competenze, anche perché è noto a tutti il carico di
lavoro che pesa su molti. I lavoratori da tempo hanno sulle spalle questo gap - aggiunge l’assessore con un aggravio di incombenze, orari e stress quotidiani. E di questo la città dovrebbe essere
riconoscente».
L'auto blu inguaia il direttore dell'Inps (Piccolo Trieste)
di Corrado Barbacini Nei guai per un centinaio di viaggi effettuati dal suo ufficio di via Fabio Severo
all’aeroporto (e viceversa) con l’auto di servizio condotta dall’autista. Il direttore regionale dell’Inps,
Rocco Lauria, 56 anni, è finito nel mirino del pm Lucia Baldovin che nei giorni scorsi ha chiuso le
indagini preliminari. L’alto funzionario è accusato di peculato d’uso. Ora, dopo il deposito dell’atto, ha
la possibilità di chiedere di essere interrogato o di presentare, entro venti giorni, una memoria scritta. Il
pm Baldovin ritiene che quei viaggi settimanali effettuati per almeno due anni siano stati assolutamente
privati, senza alcuna ragione operativa, in quanto l’auto di servizio non può essere utilizzata per andare
e tornare dal lavoro, ma solo per ragioni effettive di servizio o istituzionali. Lauria, in altri termini,
avrebbe dovuto usare un taxi o comunque un mezzo di trasporto a sue spese per andare e tornare
dall’aeroporto. A far scoppiare il caso è stato un accertamento della Guardia di finanza avvenuto, da
quanto appreso, all’interno di un’altra inchiesta. Gli investigatori hanno controllato i report dell’autista
del direttore dell’Inps e hanno scoperto che quasi ogni settimana andava all’aeroporto a prendere
Lauria in arrivo da Roma, dove abita, e poi al venerdì lo riaccompagnava a Ronchi dei Legionari. Un
privilegio illegittimo, sempre secondo l’accusa, che ha avuto un costo per lo Stato: i soldi per la
benzina, il pedaggio dell’autostrada, i costi del personale che avrebbe potuto essere utilizzato in altri
servizi. L’avvocato difensore Giovanni Borgna, confermando l’«accesso della Guardia di finanza
relativo ai documenti dell’auto in uso al direttore regionale», rigetta l’accusa: «Il direttore Lauria
ritiene di aver sempre usato l’auto dell’ufficio secondo le regole e solo per ragioni connesse al lavoro.
Ha fornito tutti i documenti richiesti dalla Guardia di finanza ed è in grado di spiegare in qualsiasi
momento la situazione fornendo ogni spiegazione necessaria in tutte le sedi opportune». L’utilizzo
delle auto blu da parte dei funzionari dello Stato ha avuto da poche settimane un’ulteriore stretta in
conseguenza delle misure, con rango di legge, approvate dalla commissione Affari costituzionali della
Camera. Misure finalizzate a infliggere un nuovo colpo a uno degli status symbol dei palazzi del
potere. Chi viola la legge rischia di cadere nel peculato d’uso punibile con la reclusione da sei mesi a
tre anni. Non solo: rischia anche di beccarsi una multa fino a diecimila euro se non rispetta il previsto
monitoraggio sulle auto blu.
Pediatria "dimezzata", Gorizia non ci sta (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain Il Punto nascita non c’è più ormai da quasi due anni. Chiuso, smantellato, perché
considerato «non sicuro», perché non riusciva nemmeno lontanamente a raggiungere il tetto dei 500
parti/anno. Ma dal luglio 2014, data della sua chiusura, anche Pediatria è diventata un «reparto
dimezzato». O meglio un «non reparto», come lo definisce senza mezzi termini l’assessore comunale al
Welfare Silvana Romano. Nulla contro gli operatori («In tutti i reparti svolgono il proprio lavoro con
serietà e puntiglio», specifica l’esponente della giunta comunale) ma molto da ridire sul
ridimensionamento del servizio che è un nervo scoperto per molti genitori goriziani. Il reparto, è
risaputo, chiude alle 18: qualsiasi cosa accada dopo questo orario ci si deve rivolgere al Pronto
soccorso del San Giovanni di Dio, o al reparto di Pediatria di Monfalcone secondo i protocolli oppure a
un altro ospedale regionale. Il più delle volte, ci si rivolge all’astanteria di Gorizia visto che è la più
vicina. Il risultato? Bambini, magari con lievi ferite causate dalla loro esuberanza, si ritrovano in fila
assieme ad anziani con la broncopolmonite o pazienti con ferite sanguinanti. «Ci sono 4.092 bambini
(solo a Gorizia) e sguarnire un presidio sanitario di riferimento rappresenta un vero e proprio rischio
per la salute della fascia che, per antonomasia, è la più debole», una delle tante lamentele che,
periodicamente, rimbalzano sui social network. Il Comune va in pressing Perché torniamo a parlarne
oggi? Perché il sindaco Ettore Romoli torna alla carica. E chiede ufficialmente (e nuovamente)
all’Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina l’istituzione di un Pronto soccorso pediatrico, aperto 24
ore su 24. «Devono ascoltarci. Perché a chiederlo sono tanti genitori. Non sta a me indicare come
organizzare il servizio ma si potrebbe, ad esempio, garantire la presenza di un pediatra direttamente in
Pronto soccorso, oppure puntare a una reperibilità di un professionista. Basta dirottare le mamme a
Monfalcone». Romoli va oltre. «In attesa che venga realizzato il Pronto soccorso pediatrico, sarebbe
auspicabile anche che l’eventuale trasferimento dei bambini infortunati in altri nosocomi avvenisse con
i mezzi dell’Azienda sanitaria». Proposte che trovano perfettamente d’accordo l’assessore Romano.
«Ricordo ancora con le mie orecchie le promesse della Regione quando disse che avrebbe potenziato il
percorso nascita. Risultati? Nulla si è visto. Ci stiamo ancora leccando le ferite per la chiusura del
Punto nascita». L’azione di Ziberna in Regione Parallelamente, il consigliere regionale forzista Rodolfo
Ziberna sta per portare la questione in Consiglio. «Nonostante le rassicurazioni della presidente
Serracchiani e dell’assessore Telesca continuano i disagi ed i rischi per i bambini a causa della chiusura
del Pronto Soccorso Pediatrico di Gorizia alle 18. Cosa si aspetta per intervenire?» Il quesito viene
posto da Ziberna in un’interrogazione sul tema alla presidente Serracchiani ed all’assessore Telesca.
«La situazione non è certo nuova e permane, nonostante la giunta Serracchiani abbia più volte
assicurato, a Gorizia, un Pronto soccorso pediatrico attivo sulle 24 ore, o comunque con un orario di
servizio ben più esteso di quello attuale che va dalle 9 alle 18. In pratica i bambini possono stare male
solo durante l’orario d’ufficio...». Il consigliere regionale produce anche la testimonianza di una madre
alle prese con un servizio di Pediatria “dimezzato”. «E non va certo meglio – prosegue l’esponente di
Forza Italia – all’ospedale di Latisana (anch’esso “privato” recentemente del Punto Nascita come il
nosocomio goriziano), dove il Pronto soccorso pediatrico osserva un orario di apertura dalle 8 alle 20:
un orario - attacca il consigliere regionale d’opposizione - oggettivamente insufficiente a fronte della
legittima richiesta della popolazione di Latisana di avere una copertura h24». «Chiedo, quindi, alla
giunta regionale se intenda continuare a mantenere l’orario di apertura del Pronto Soccorso Pediatrico
di Gorizia dalle ore 9 alle ore 18, ritenendo che per gli utenti dell’Ospedale Fatebenefratelli sia
preferibile, fuori da questo orario, rivolgersi all’ospedale San Polo di Monfalcone, dove verrebbero
accolti da un solo pediatra che, contemporaneamente, deve seguire le corsie del reparto e le
emergenze». «O è forse intenzione di quest’amministrazione – conclude duramente Ziberna –
continuare a rischiare la salute dei bambini in giovane e giovanissima età, ed attendere incidenti più
gravi, anziché mantenere le promesse e gli impegni che loro stessi si erano assunti davanti al consiglio
comunale di Gorizia ed ai molti cittadini intervenuti durante la seduta di luglio 2014?».
Vigili urbani, coperta corta. «A Gorizia sono soltanto 29» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
A Gorizia sono solo 29 gli agenti di Polizia locale in servizio, quando, in ossequio al rapporto di un
agente ogni mille abitanti previsto dalla legge, ce ne dovrebbero essere almeno 34. E la situazione è
simile un po' in tutta le regione, dove a fronte di un migliaio circa di vigili, l'organico è sotto di quasi
120 unità rispetto a quello previsto. Anche per questo, ma non solo, ieri sono scesi in piazza a Gorizia
gli agenti della Polizia locale,dando vita come in tutto il resto d'Italia ad una manifestazione di protesta
promossa dalla Funzione Pubblica di Cgil, Cisl e Uil contro le carenze di personale e le contraddizioni
nel trattamento contrattuale. In piazza Vittoria, di fronte alla Prefettura, si è svolto un sit in di rilevanza
regionale, alla quale hanno partecipato una quarantina di agenti arrivati dall'intera provincia e anche da
Trieste, Udine e Pordenone. Con loro c'erano anche i rappresentanti dei sindacati, Massimo Bevilacqua
per la Fp Cisl, Michele Lampe della Uil Fpl e Alessandro Crizman della Fp Cgil. A metà mattinata una
delegazione di manifestanti è stata anche ricevuta in Prefettura, per presentare sostanzialmente le stesse
istanze che già un paio di mesi fa erano state illustrate a livello nazionale a Roma: sostanzialmente gli
agenti chiedono che vengano loro tolte le incombenze per le quali non vengono pagati e non sono
tutelati, o che in alternativa venga riconosciuto loro a livello contrattuale e previdenziale il nuovo
ruolo. «Chiediamo di avviare subito il confronto per colmare già nel Ddl Sicurezza in discussione le
gravi discriminazioni esistenti sul piano delle tutele e dei diritti rispetto alle altre forze di polizia - si
legge sul volantino diffuso dai sindacati -, a partire da equo indennizzo e cause di servizio". L'obiettivo
della manifestazione era quello di sensibilizzare il Governo verso un confronto "sulle funzioni del
corpo, per il riconoscimento delle specificità professionali, sui diritti, per una piena equiparazione
assistenziale, previdenziale e assicurativa alle altre forze di polizia, e sulle condizioni di lavoro del
personale», dice ancora il dcumento presentato al sit in. Ancora, i sindacati chiedono il superamento del
blocco del turn over, il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo e delle funzioni della Polizia
locale, e una maggiore tutela degli agenti anche dal punto di vista economico. Il timore dei
rappresentanti sindacali è, invece, che proprio il il nuoto Ddl Sicurezza imponga alla Polizia Locale
ulteriori compiti e incombenze, senza per questo portare a migliorie contrattuali. (m.b.)
O-I, veleni tra i lavoratori, Cgil non ritira la denuncia (M. Veneto Pordenone)
di Giulia Sacchi CHIONS «Le tensioni tra i 140 lavoratori dello stabilimento della O-I manifacturing di
Villotta di Chions non si risolvono puntando il dito contro una parte delle rappresentanze sindacali
unitarie (rsu), ossia quella che più si è esposta con la direzione aziendale nella gestione delle tante
vertenze collettive e individuali che riguardano i dipendenti». Lo sostiene il segretario provinciale di
Filctem Cgil, Giuseppe Pascale, dopo che i segretari confederali di Cisl e Uil, rispettivamente Arturo
Pellizon e Roberto Zaami, hanno chiesto di ritirare la querela sporta dalle rsu Cgil nei confronti di un
dipendente, la cui unica colpa sarebbe quella di avere esposto in bacheca aziendale un bigliettino
anonimo che ha trovato in fabbrica e che riporta una classifica ironica dei “lavoratori dell’anno”.
«Favorire inutili strumentalizzazioni e divisioni non serve: sarebbero necessarie, al contrario, maggiori
unità e solidarietà. Da tempo, la rsu aveva denunciato un clima sempre più teso sia alla direzione sia
alle tre segreterie sindacali provinciali. Si sono tenuti diversi incontri tra le rappresentanze sindacali e i
vertici dell’impresa, per affrontare e risolvere la situazione. Tuttavia, ad oggi, ancora diverse questioni
rimangono irrisolte rispetto a un percorso da attuare, e che avevamo condiviso per ripristinare un
contesto lavorativo positivo per tutti». Pascale mette in evidenza che «a rendere complicata la
risoluzione delle criticità sono intervenuti volantini anonimi, contenenti ingiurie e offese,
manomissione di armadietti a danno di lavoratori e rsu. Inoltre, rimane compromesso il rapporto che
rsu e lavoratori hanno con alcuni responsabili di reparto». Il sindacalista della Cgil si chiede «perché
questo accada. Tale interrogativo dovremmo porcelo tutti. A chi giova produrre e alimentare conflitti e
contrapposizioni, anche verso la nostra organizzazione? A chi servono gli insulti? Il fatto accaduto ha
leso immagine e dignità di alcune persone, e dunque bisogna chiedersi cosa proverebbe ognuno se
fosse al posto di chi è finito nel mirino. C’è sempre un vissuto personale, che va oltre il ruolo sindacale
che si ricopre, che richiede rispetto e considerazione». Pascale sostiene che «individuare soluzioni,
come abbiamo sempre fatto e continueremo a fare, non può prescindere dalla ricerca delle cause che
producono questa situazione di tensione, che va rimossa, e neppure dalla necessità che sia
concretamente riconoscibile una situazione lavorativa impostata al rispetto verso ognuno. Appellarsi
alla tutela dei lavoratori vuol dire costruire davvero un contesto di relazioni positive. Ma, per fare
questo, servono coinvolgimento e impegno di tutti. Devono esserci fatti concreti».
Tarvisio, giovedì riapertura del supermercato ex Coopca (M. Veneto Udine)
di Giancarlo Martina TARVISIO Apre giovedì 12 al pubblico il Maxì superstore della A&A, Alberto
Martinelli e Andrea Foschiani, gli imprenditori che hanno rilevato il punto vendita dell’ex Coopca di
via Vittorio Veneto, dal 1979 punto di riferimento per gli abitanti della Valcanale e la clientela
carinziana e slovena amante del prodotto made in Italy. L’apertura ufficiale dell'attività commerciale
sarà preceduta dalla cerimonia inaugurale fissata per le 18 di domani. Chiusa la gestione Coopca, il 31
dicembre scorso, dopo cinque mesi riapre la struttura con soddisfazione, innanzitutto, degli addetti ai
lavori. Infatti 15 dei 20 dipendenti che vi operavano fino a fine 2015 hanno trovato occupazione con la
nuova proprietà mentre, come annunciato dal curatore fallimentare e di recente confermato,
nell’eventualità si presentasse la necessità di dovere assumere altro personale, la precedenza sarà data
ai cinque esclusi da questa prima fase. Una bella notizia dunque, anche per l’amministrazione del
sindaco Carlantoni. «La serietà e la capacità degli imprenditori che hanno rilevato il supermercato mi
rende ottimista per il futuro – commenta il primo cittadino –; sono convinto che la presenza del Maxì
superstore avrà una funzione importante nel calmierare i prezzi degli articoli alimentari e sopratutto dei
settori dell’ortofrutta e delle carni, formaggi e affettati». «Non solo – aggiunge il sindaco –, la
primavera ha annunciato interessanti novità anche nella centrale via Roma, dove ha appena aperto il
negozio dell’artista Lara Stergulz, che mira a divenire un punto di riferimento per chi ama l’arte del
creare e del dipingere e proprio giovedì aprirà anche un negozio di intimo che merita la sottolineatura
per la giovane età degli imprenditori. Insomma, anche per via Roma, finora interessata da spiacevoli
chiusure, un positivo cambio di tendenza».