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Informazioni non finanziare: la consultazione del MEF per l’attuazione della
direttiva 2014/95/UE
Autore: Giulia Terranova, dottoressa di ricerca in diritto privato comparato, Università Statale
di Milano
Categoria News: Società
Il 3 maggio 2016 il MEF ha avviato una pubblica consultazione, con termine 3 giugno 2016, per
l’attuazione della direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre
2014, che modifica la direttiva 2013/34/UE, relativa alla comunicazione di informazioni di
carattere non finanziario di determinate categorie di imprese di grandi dimensioni, in linea con
la tendenza già fatta propria dalla Commissione nell’Atto per il mercato unico e nella
Comunicazione 681/2011 “Strategia rinnovata dell’UE per il periodo 2011-14 in materia di
responsabilità sociale delle imprese” e ribadite dal Parlamento europeo in materia di
responsabilità sociale e crescita sostenibile.
Le informazioni di cui la direttiva promuove la divulgazione, all’interno della relazione sulla
gestione o in una relazione distinta, sono attinenti, dunque, alla sostenibilità dell’attività
d’impresa (sustainable growth), intesa come responsabilità delle imprese per il loro impatto
sulla società e, in particolare, alla tutela dell’ambiente, alla promozione delle politiche di
diversità, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione.
La pubblica consultazione si suddivide in sei punti, relativi agli aspetti più importanti della
direttiva 2014/95/UE e per ognuno di essi propone alle parti interessate alcuni quesiti per
ottenere suggerimenti e commenti in ordine al contenuto del futuro testo legislativo di
recepimento.
Si sottolinea, in particolare, che la direttiva, da un lato, fa proprio il principio del comply or
explain, richiedendo alle imprese che non divulgheranno le informazioni non finanziarie di
motivare specificamente tale scelta e, dall’altro, richiama il c.d. divieto di gold plating, in forza
del quale non devono introdursi in sede di recepimento livelli di regolazione superiori rispetto a
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quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, se non a seguito di comprovate esigenze, valutando
il trade off tra quantità e qualità dell’informazione, da un lato, e costi sopportati dalle imprese,
dall’altro, costi che, dunque, devono essere tenuti in considerazione e che, come suggerito già
nel documento di consultazione pubblica, sarà opportuno precisare in sede di recepimento della
direttiva.
Tra gli spunti di discussione suggeriti, rilevante è quello attinente alla necessità di chiarire anche
le modalità con cui la diffusione delle informazioni in esame possa incidere concretamente sulle
decisioni degli investitori, dei finanziatori e degli stakeholders.
La direttiva si applicherà a talune imprese di rilevanti dimensioni, lasciando, peraltro, spazio
agli Stati di estenderne l’ambito di applicazione, sempre nei limiti imposti dal divieto di gold
plating e, dunque, in presenza di comprovate esigenze, e sottolineando anche l’obiettivo
nazionale ed europeo di ridurre l’onere regolamentare per le PMI. La pubblica consultazione
potrà essere utile per chiarire se sussista una volontà o meno di estendere il predetto ambito di
applicazione anche nei confronti di particolare tipologie di imprese non menzionate dalla
direttiva, nonché di prevedere forme di rendicontazione non finanziaria anche per le PMI.
Con riferimento alle società i cui valori mobiliari siano ammessi in un mercato regolamentato di
uno Stato membro, inoltre, è prevista la divulgazione delle informazioni relative alle politiche di
diversità, in relazione ad aspetti quali l’età, il sesso, l’istruzione e il background professionale.
Per quanto riguarda la selezione delle informazioni non finanziarie che dovranno essere diffuse,
la direttiva si riferisce a quelle ritenute rilevanti rispetto all’attività della singola impresa, in
relazione agli obiettivi definiti e ai risultati perseguiti, sulla base di indicatori che le rendano
comparabili in un’ottica intertemporale, nonché interaziendale. Al fine di garantire, inoltre, un
livello minimo di uniformità e comparabilità delle informazioni di carattere non finanziario, la
direttiva prevede la possibilità di fare ricorso a una serie di standard unionali e internazionali,
che sarà opportuno individuare con maggiore precisione proprio in sede di consultazione
pubblica, valutando anche l’opportunità o meno di richiedere che le imprese rendano
chiaramente individuabile lo standard a cui hanno fatto ricorso. Nel caso in cui la divulgazione
delle informazioni possa nuocere alla politica commerciale dell’impresa, è prevista una clausola
di salvaguardia, grazie alla quale potrà essere omessa l’informazione, purché non sia
pregiudicata la comprensione corretta ed equilibrata dell’andamento dell’impresa, nonché
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dell’impatto della sua attività.
Da ultimo la direttiva prevede che il soggetto incaricato di svolgere la revisione legale, controlli
anche la avvenuta presentazione della dichiarazione di carattere non finanziario, senza peraltro
dover esprimere alcun giudizio in merito alle informazioni divulgate. Tenendo conto degli
ulteriori costi che comporterebbe, inoltre, la direttiva ha previsto solo la facoltà e non l’obbligo
di prevedere che le informazioni non finanziarie divulgate siano verificate da un fornitore
indipendente di servizi di verifica.
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