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n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
Pronti al Far West
dei televisori?
Il prossimo 1 luglio scatta l’obbligo di legge per i produttori di TV di interrompere la commercializzazione
ai rivenditori e grossisti di TV che non siano DVB-T2
e HEVC. Quest’obbligo diventa poi operativo anche
sullo scaffale dei negozi da inizio 2017, data dopo la
quale sarà illegale vendere in Italia TV non aggiornati al T2/HEVC. Il problema è, tra gli utenti, sono
pochi ad essere informati, sia del nuovo obbligo che
della sostanza della questione.
Si tratta – vogliamo chiarire - di una norma corretta,
finalizzata a garantire la diffusione di un parco
installato TV al passo con i tempi: senza un obbligo
di questo tipo (che scatta non a caso in tempi in cui
le due modifiche richieste comportano costi irrisori)
sarà difficile, presto o tardi, pensare di passare, per
esempio, a una codifica HEVC, più efficiente e già
utilizzata per le trasmissioni 4K satellitari, terrestri
e streaming. Una norma corretta che rischia però
di lasciarsi dietro morti e feriti per la mancanza di
informazione e la vaghezza (o potremmo dire la
stravaganza) dei piani di gestione delle frequenze
televisive nel nostro Paese.
È lecito aspettarsi che nel secondo semestre
dell’anno fiocchino volantini con offertacce in
supersconto sui TV “legalmente obsoleti”: i rivenditori hanno pochi mesi per svuotare i magazzini.
Magazzini che, da qui a giugno, paradossalmente,
potrebbero invece andare avanti a riempirsi come
un uovo perché è proprio adesso che i produttori
devono svuotare i propri di magazzini, ovviamente
vendendo a saldo entro il 30 giugno, anche, se necessario, a grossisti e prestanome. Questo porterà
una grossa mole di TV obsoleti a essere lanciati a
prezzo “incredibile” nel secondo semestre, soprattutto sui polliciaggi medio-piccoli, con la maggiore
pressione negli ultimi mesi dell’anno. Ovviamente,
nella pioggia di offerte e sottocosto, saranno ben
pochi (per non dire nessuno) i rivenditori “zelanti” a
esplicitare il fatto che i TV in questione, almeno per
la legge, diventino obsoleti entro qualche mese.
Qualcuno starà già leccandosi i baffi, in attesa di
succulenti affari, e fa bene: i TV cosiddetti “obsoleti”
che vedremo a prezzi bassissimi, sono spesso ottimi
TV che forse, in un futuro più o meno lontano, se
mai ci sarà uno switch off al DVB-T2 HEVC in Italia,
dovranno essere affiancati da un decoder esterno
per continuare a ricevere le trasmissioni terrestri. Il
problema è che la situazione è fluida e le istituzioni
italiane non hanno ancora chiarito se intendono
davvero procedere a un costoso e prematuro
switch-off nel 2020-22 o se alla fine non se ne
farà nulla, almeno in questi tempi. Perché se così
fosse i TV obsoleti (solo per la legge) potrebbero
veramente essere super-consigliati.
In questo scenario di carente informazione ai consumatori, una scelta del TV consapevole riguarderà
probabilmente solo una percentuale ridottissima
di acquirenti. La stragrande maggioranza degli
utenti comprerà ignara TV in “offertissima”, salvo
trasalire quando dovessero mai scoprire (tra pochi
mesi, quando il Governo deciderà il da farsi con le
frequenze TV) che il nuovo acquisto è già vecchio.
Solo pochi sceglieranno coscientemente un TV
HEVC o altrettanto coscientemente sceglieranno
di acquistare un TV potenzialmente obsoleto
valutandone concretamente i rischi.
Ma non finirà con la fine dell’anno: siamo davvero
curiosi di capire come potranno gli enti deputati
al controllo (chi sono?) valutare la presenza in
negozio di eventuali TV fuorilegge, in mancanza
di trasmissioni DVB-T2 e HEVC e senza che ci sia
l’obbligatorietà di una chiara certificazione, di un
bollino o di qualsiasi altro segno distintivo. Il Far
West televisivo che sta per iniziare è destinato non
finire tanto presto. E nel Far West si salva solo chi è
più furbo e spara per primo.
Gianfranco GIARDINA
MAGAZINE
Addio monopolio SIAE Canone Rai
Ora è ufficiale
Fedez ha già scelto Il Ministero spiega Finale di Champions
Soundreef
03 chi paga e chi no 04 su Premium in 4K 11
Esclusiva: sono in arrivo incentivi
e sconti per le auto elettriche
Il Governo pensa a un piano di sostegno con contributi
anche oltre i 5.000 euro, riduzione dell’IVA e dei costi
di ricarica. L’annuncio dovrebbe arrivare il 27 maggio
02
07
Il roaming costa meno ma
gli operatori vincono ancora
L’Europa ha imposto una diminuzione dei
costi ma, conti alla mano, si scopre che le
offerte degli operatori sono più convenienti
Le cinque serie TV da non
perdere nei prossimi 2 mesi
12
L’offerta di questa estate sarà molto ampia
Abbiamo scelto le serie TV “imperdibili”
quelle che accontenteranno proprio tutti
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
29
LG V10, qualità
ma poco “appeal”
32
35
iPad Pro 9.7”: bello Denon Heos 1
Non sostituisce il PC Non solo multiroom
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Dopo la Germania, anche l’Italia si muove sul fronte della mobilità elettrica: il Governo sta per varare un piano di sostegno
Il Governo pensa a incentivi e sconti per le auto elettriche
Contributi anche sopra i 5.000 euro, riduzione dell’IVA e abbattimento dei costi di carica. L’annuncio atteso per il 27 maggio
di Giulio MINOTTI
sostenitori dell’auto elettrica, o più
in generale della mobilità sostenibile, hanno sicuramente seguito e
apprezzato in queste ultime settimane
il piano di incentivi alla mobilità elettrica varato dal Governo tedesco, un
miliardo di euro tra sovvenzioni e infrastrutture.
Ebbene, l’Italia non è da meno: il giorno
chiave sarà il prossimo 27 maggio. È il
giorno in cui il Governo italiano presenterà una carta d’intenti per misure decise e urgenti per lo sviluppo del settore
delle auto elettriche.
Il 27 maggio non è una data scelta a
caso, poiché l’annuncio avverrà in concomitanza con un evento che si terrà
in quei giorni presso la pista ACI-SARA
di Lainate/Arese, nei pressi del nuovo
centro commerciale. La manifestazione
in programma è proprio dedicata ai settori delle due e quattro ruote mosse da
sola elettricità (rEVolution Electric Drive Days, questo il nome) e, tra l’altro, è
già previsto che sia anche il palcoscenico per la presentazione della “Carta
di Arese”, la carta di intenti sul tema
che il Governo potrebbe fare sua, sottoscrivendola come primo firmatario.
Sono diversi i tavoli tecnici che in que-
I
ste settimane coinvolgono la Presidenza del Consiglio e i Ministeri, ma sulla
base delle indiscrezioni che abbiamo
raccolto i punti chiave degli interventi
sarebbero già delineati, e fondamentalmente sono tre.
Il primo, ovvio, è intervenire per abbattere il costo d’acquisto dei veicoli
elettrici. Per questo dovrebbe essere
messo in campo un incentivo con un
meccanismo simile a quello che fu timidamente proposto nel 2014, in cui
parteciperanno sia le Case che lo Stato
per proporre uno sconto sostanzioso
al cliente. Si sta parlando in queste ore
di cifre massime dei contributi anche
al di sopra dei 5.000 euro, che era il
tetto massimo nella passata edizione.
Inoltre è in discussione la diminuzione
dell’IVA per questi veicoli, portandola
al 10%, passo ulteriore che farebbe
scendere non di poco il costo iniziale.
Il secondo punto in discussione è la
possibilità di abbassare il costo dell’energia elettrica dedicata all’autotrazione. Attualmente per le tariffe al kWh
il prezzo è imposto a 0.40 euro, costo
ben superiore al costo industriale dell’energia e fattore che frena in parte lo
sviluppo del settore.
Il terzo punto, ma non in ordine d’importanza, è la crescita dell’infrastrut-
tura di ricarica. Da questo punto di
vista l’Italia non è messa malissimo ma
manca ancora di una parte fondamentale: le ricariche “fast” sulle principali
direttrici. La possibilità di trovare punti
di ricarica veloci (sia a corrente alternata che continua) a intervalli regolari,
e adatti a tutti i tipi di vetture, darebbe
una spinta ulteriore, togliendo l’ansia
da autonomia e permettendo l’uso
anche al di fuori dei contesti urbani.
Per questo il Governo potrebbe decidere di destinare dei fondi anche per
co-finanziare nuove e più performanti
stazioni di ricarica, sulla scia di quanto
già fatto in altri paesi dove esistono dei
veri e propri corridoi elettrici.
Il piano è sicuramente ambizioso, e da
qui alla fine di maggio saranno coinvolti nelle trattative tutti i protagonisti,
in primis i Ministeri, per capire come e
dove trovare le coperture necessarie;
ma anche le Case automobilistiche,
che dovranno metterci un impegno
economico diretto, e i principali distributori energetici che si occupano delle
reti di ricarica, che dovranno passare a
fatti concreti dopo anni di promesse o
poco più. Dal canto nostro, vi aggiorneremo costantemente e non mancheremo all’importante appuntamento.
MERCATO I rumor che vogliono Google alla ricerca di un partner per il suo progetto di guida autonoma si susseguono da mesi
Google si affiderà a Fiat per le auto a guida autonoma?
Tutte le grandi case le sono state più o meno avvicininate, ma pare che il gruppo Fiat Chrysler sia la scelta definitiva
L’
di Michele LEPORI

attivissimo Wall Street Journal,
dopo le indiscrezioni sull’acquisizione di DreamWorks Animation, si pone ancora sotto i riflettori per
aver riportato un’altra trattativa di partnership. Stavolta però sono due giganti
che vogliono convolare a nozze, e più
torna al sommario
precisamente Google e Fiat.
Pur essendo un gigante tecnologico,
Google da sola non ha il know how
per imbastire una catena di produzione automobilistica: un problema non
da poco, la cui soluzione sta nella
partnership con un nome consolidato.
A dicembre era Ford, prima ancora si
speculava sui brand tedeschi e ora è la
volta di Marchionne e Fiat Chrysler.
Sarà la volta buona? Ci vuole pazienza,
ma stando a quanto commentato da
Karl Brauer di Kelley Blue Book (azienda di ricerche di mercato specializzata
in ambito automotive): “... siamo in un
momento dove le aziende dell’hi-tech
stanno cercando di capire come passare da software, interfacce e prodotti
personali all’estremamente più compli-
cato mondo delle 4 ruote. Viceversa,
per rimanere competitivi nell’industria,
è partita la corsa allo spazio perché lì
ci saranno i grossi investimenti futuri.
Una partnership Google-Fiat metterebbe entrambe in posizione dominante”. Ovviamente, nessuno conferma
ma nemmeno smentisce.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Alcuni imprenditori chiedono di recepire la direttiva europea sul diritto d’autore
300 aziende e imprenditori al Governo
Il monopolio SIAE per i diritti deve finire
Una direttiva europea impone l’apertura a nuovi operatori e la fine del monopolio SIAE
L
di Giulio MINOTTI
o scorso 10 aprile è scaduto il termine per recepire la direttiva europea
26 del 2014 sulla gestione collettiva
del diritto d’autore che impone agli Stati
membri l’apertura a nuovi operatori del
mercato. Cosa che di fatto contrasta col
sistema vigente in Italia, laddove il tutto è
gestito dalla SIAE in regime di monopolio
garantito dalla legge. La normativa europea, per la quale tra l’altro rischiamo una
procedure di infrazione UE, consente
agli artisti piena libertà di scelta sulla società a cui affidare la gestione dei propri
diritti e che, in pratica, metterebbe fine
al monopolio della SIAE. Ed è sulla base
di questo presupposto che è nata tempo addietro Soundreef, una startup che
si è fatta conoscere per il suo efficace
sistema per la raccolta dei diritti musicali: l’azienda, pur essendo fondata dall’italiano Davide D’Atri, non può dunque
operare in Italia se non tramite la società
controllata britannica. Oggi l’attività di
Soundreef si trova ad essere appoggiata
da oltre 300 aziende ed imprenditori
italiani nel campo
del digitale, che
hanno deciso di
unirsi e inviare una
lettera aperta a
Matteo Renzi, e in
copia conoscenza
al ministro della
Cultura
Franceschini, per chiedere il pieno recepimento della normativa
europea. “Come innovatori, investitori
ed imprenditori ci rivolgiamo a Lei per
far sì che l’Italia colga un’occasione storica per far entrare la propria industria
della musica nella modernità. Una rivoluzione copernicana sta scuotendo l’industria musicale in Europa – la tecnologia ha reso possibile remunerare autori
ed editori per i singoli utilizzi delle loro
opere su tutti i canali di fruizione, senza
ingiustificati ritardi e opacità “.
Ricordiamo, infatti, che l’attività di
Soundreef ha come presupposto il mo-
nitoraggio con sistemi digitali di ogni
singolo passaggio di un brano consentendo di determinate in modo preciso
e puntuale le somme dovute agli autori.
Il recepimento della direttiva è tuttora
in discussione alla Camera, dove però
ha già superato il termine ultimo del
10 aprile e ha trovato l’opposizione del
Ministro Franceschini, che ha sostenuto
che “in Europa si guarda con invidia alla
situazione italiana”; l’ipotesi più probabile resta una riforma della SIAE cui però
non segua la caduta del regime di monopolio.
Fedez lascia la SIAE e abbraccia Soundreef
L’accordo firmato a Milano tra lo stesso rapper e l’amministratore delegato di Soundreef
I

l rapper Fedez ha annunciato di aver
firmato un modulo di disiscrizione
dalla SIAE e di aver ceduto i propri
diritti d’autore alla neonata Soundreef,
che lo scorso 18 marzo è stata riconosciuta ufficialmente in UK per la raccolta
dei diritti d’autore. L’azienda, pur essendo fondata dall’italiano Davide D’Atri,
opera dunque in Italia tramite la società
torna al sommario
britannica. Il nuovo accordo che legherà le due parti sarà valido dal 1° gennaio 2017, con la benedizione dell’AD
di Soundreef e - più importante - della
Commissione Europea, che ha stabilito
come “...un autore si possa iscrivere
alla collecting che vuole”. In conferenza stampa, il rapper ha sottolineato di
voler sostenere chi fa di meritocrazia
e trasparenza i propri valori fondanti e
ha commentato così il passaggio: “Non
voglio demonizzare la SIAE
ma ci sono problematiche difficili da superare e
Soundreef è un’alternativa
fresca”. Con la sua decisione, che ha un sapore senza
dubbio innovativo, l’artista
intende riaccendere il dibattito sul monopolio SIAE
in Italia, nella speranza di
Lg e Samsung cercano
di scalfire le rispettive
posizioni di leadership
nella produzione
di display per TV
e smartphone
di Dario RONZONI
MERCATO Dopo il riconoscimento ufficiale in Inghilterra, Soundreef raccoglierà i diritti d’autore di Fedez
di Michele LEPORI
Samsung pronta
a investire
nei TV OLED
un intervento legislativo al più presto:
“C’è una legge da fare in maniera tempestiva”, ha sottolineato Fedez in conferenza stampa.
Dal canto suo, la SIAE ha prontamente
replicato dichiarandosi dispiaciuta per
la decisione dell’artista italiano e ha criticato alcune sue affermazioni in quanto
derivanti da informazioni inesatte: “Abbiamo preso atto della scelta di Fedez e
certamente ci dispiace perdere uno dei
nostri 80.000 associati. Continuiamo a
stimare ed apprezzarlo come autore e
come artista e tuttavia riteniamo che
talune sue dichiarazioni siano frutto di
una non corretta informazione”.
La notizia arriva a poco più di una settimana dall’uscita sul mercato del nuovo
lavoro del rapper in collaborazione con
J-Ax e Davide Pretella.it, Vorrei ma non
posto, in arrivo il 6 maggio.
È derby coreano nel mercato
OLED. Si stanno delineando in le
strategie di sviluppo dei due colossi, sempre più concentrati sull’OLED ma con approcci diversi.
Si vocifera infatti che, con un investimento di 2-3 mila miliardi di
won, Samsung preveda di aprire
entro il terzo trimestre dell’anno
una linea produttiva di pannelli a
Tangjeong, con il chiaro intento di
competere più efficacemente con
LG nel mercato dei pannelli TV.
E questo, aggiungiamo noi, potrebbe dare il via libera alla produzione di una linea di TV OLED
da presentare ufficialmente al
prossimo CES di Las Vegas. Nel
mentre, la stessa fonte parla di
nuovi stanziamenti da parte di LG
nel campo della tecnologia OLED
dedicata al mercato mobile, con
un investimento stimato di 1.500
miliardi di won. Il mercato OLED
per mobile è al momento controllato quasi interamente (95%)
da Samsung, posizione di semimonopolio che i recenti accordi
con Apple per la produzione di
display per i nuovi iPhone potrebbe ulteriormente rafforzare. Il
mercato OLED mobile raggiungerà secondo le stime un giro d’affari complessivo di 25 miliardi di
dollari entro quest’anno.
La mossa di LG va letta anche alla
luce delle politiche dei produttori cinesi, come Huawei e Xiaomi,
che recenti rumor indicano come
possibili nuovi attori nel mercato
degli smartphone dotati di display
OLED.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Una nota emessa dal Ministero cerca di chiarire cosa si intende per apparecchio televisivo, chi deve pagare e chi no
Ecco chi paga il canone Rai e chi no, ma non tutto è chiaro
La nuova generazione di utenti che predilige lo streaming può anche trovare soluzioni per non pagare i 100 euro del canone
di Roberto PEZZALI
l
l Ministero dello Sviluppo Economico settore “Comunicazioni” con una
nota ha voluto chiarire cosa si intende
per “apparecchio televisivo”. La nota è la
diretta conseguenza alle critiche mosse
dal Consiglio di Stato, che ha bocciato il
decreto sul canone proprio per la mancanza di una definizione chiara di quali
siano i prodotti per i quali è necessario
pagare e quali siano invece i casi in cui si
può richiedere l’esenzione dal pagamento. Tutto a posto? Non tanto, perché la
nota che dovrebbe far chiarezza in realtà
lascia qualche dubbio e qualche “buco”
Si legge infatti che “per apparecchio televisivo si intende un apparecchio in grado
di ricevere, decodificare e visualizzare il
segnale digitale terrestre o satellitare direttamente (in quanto costruito con tutti
i componenti tecnici necessari) o tramite
decoder o sintonizzatore esterno.” Per
essere ancora più preciso il Ministero
chiarisce che “per sintonizzatore si intende un dispositivo, interno o esterno, idoneo ad operare nelle bande di frequenza
destinate al servizio televisivo secondo
almeno uno degli standard previsti nel
sistema televisivo italiano per poter ricevere il relativo segnale TV.”
Quali siano queste bande lo spiega l’ultimo paragrafo: si parla di un “sintonizzatore per il digitale terrestre o satellitare”. Il
Ministero precisa anche che “computer,
smartphone, tablet e ogni altro dispositivo non costituiscono apparecchio televisivo se privi di questo sintonizzatore”.
Nella nota emessa dal ministero c’è una
leggera contraddizione: prima si dice che
un apparecchio televisivo è adattabile a
ricevere, visualizzare o decodificare un
segnale tramite decoder esterno, e poi si
dice che computer, smartphone, tablet e
ogni altro dispositivo non sono apparecchi televisivo se privi di questo sintonizzatore. Quello che il Ministero vuole dire
con la nota è che non solo l’apparecchio
dev’essere adattabile, ma che la persona
per pagare il canone deve effettivamente possedere il decoder che gli permette
di vedere le trasmissioni. L’apparecchio
quindi non dev’essere solo “adattabile”
(al giorno d’oggi ogni schermo è adatta-
bile a ricevere la TV, anche il display LCD
di un frigorifero), ma proprio adattato:
videoproiettori, monitor e tutti i TV con
tuner analogico, se non sono collegati ad
un decoder, non pagano il canone.
Abbiamo chiesto un parere al Ministero,
e in attesa di una risposta ci siamo rivolti anche al numero verde Rai che ci ha
confermato che un proiettore o un televisore privi di tuner DVB-T e non collegati
ad un sintonizzatore esterno sono esenti
dal pagamento del canone. Questo apre
scenari interessanti: un vecchio TV o un
videoproiettore collegati per esempio
allo Sky Online TV Box non pagano, così
come non paga una Xbox One con a bordo le app della Rai, di La7 e altre app per
la visione della TV in streaming. Non si
paga neppure se si usa Chromecast, se
si compra un set top box Nexus Player
MERCATO L’emittente satellitare ha divulgato i dati finanziari, positivi a eccezione dell’Italia
Sky: dimezzato l’utile, ma aumentano gli abbonati
L’utile operativo in Italia a marzo 2016 è calato del 49% rispetto allo stesso periodo del 2015
S
di Dario RONZONI

ky ha diffuso i dati relativi ai nove
mesi al marzo 2016 per quanto
riguarda nuovi prodotti, numero
di abbonamenti, ricavi e utili operativi,
suddivisi tra le tre principali aree geografiche di competenza (Regno Unito e
Irlanda, Germania e Austria, Italia).
Nel complesso si assiste a un segno positivo su tutta la linea, con il netto distinguo
dell’utile operativo di Sky Italia, calato a
marzo 2016 del 49% rispetto allo stesso
periodo dello scorso anno (22 milioni di
sterline contro 43). In lieve calo anche i
ricavi totali del ramo italiano (-2%), pas-
torna al sommario
sati da 1,508 miliardi
di sterline a 1,475
miliardi. Aumenta invece il numero degli
abbonamenti, attestatisi nella Penisola
a 4 milioni 734mila (a
luglio 2015 erano 4
milioni 688mila).
Il consistente calo
negli utili della divisione italiana va imputato in primo luogo
agli investimenti stanziati per il lancio del
nuovo servizio Sky Box Sets, che da solo
ha pesato per circa 16 milioni sul bilancio
complessivo.
Il bilancio anticipa anche qualche novità:
arriveranno ad esempio entro fine anni
l’app Sky Kids e l’app Sky Sport per tablet
e smartphone, mentre resta in roadmap
il lancio di Sky Q previsto per il 2017.
di Google e si usano le app e la rete per
guardare i canali TV. Soluzioni di nicchia,
certo, ma con la tecnologia che viaggia a
passi da gigante con il passare del tempo saranno sempre di più le persone che
troveranno soluzioni per fruire della TV
via rete e in mobilità.
Tablet, smartphone e PC non pagano?
Non è del tutto vero neppure questo,
perché come ci ha confermato l’operatore del numero verde Rai e come sottointende la nota se qualcuno ha acquistato
uno di quei piccoli tuner da collegare ad
un tablet, oppure si è dotato del tuner TV
per Xbox One, è tenuto a pagare ugualmente il canone Rai. La stessa cosa vale
se il computer ha all’interno una scheda
tuner, opzione questa rara con la sparizione dei media center ma sempre possibile. Fermo restando che lo streaming non
può pagare, ed è giusto così, il Ministero
si è fissato sul concetto di apparecchio
televisivo quando l’unico elemento che
alla fine conta quando si deve decidere
chi paga e chi no è la presenza del tuner.
Bastava semplicemente dire che “è tenuto a corrispondere il canone Rai chi ha
in casa almeno un sintonizzatore/tuner
capace di ricevere canali TV da digitale
terrestre o da satellite, sia esso integrato in un TV o in una qualsiasi periferica
esterna (decoder, set top box, schede
per PC e chiavette USB).”
MERCAT0
Il Galaxy S7
fa volare
Samsung
Spinti dalle ottime vendite dei Galaxy
S7 e S7 Edge, i conti di Samsung nel
primo trimestre del 2016 fanno registrare significativi incrementi rispetto
allo stesso periodo dello scorso anno.
L’utile netto è cresciuto del 12%, mentre il fatturato complessivo ha fatto
registrare un incremento del 5,7%
rispetto al 2015. Samsung, sull’onda
dell’entusiasmo, prevede ulteriori
segni positivi anche nei prossimi
trimestri. Sul fronte display, meno
entusiasmanti i dati relativi al giro di
affari per i pannelli LCD (perdite per
270 miliardi di won), fiaccati da un
trend che sembra entrato in un’inevitabile fase discendente.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Indagine sui diritti TV della Serie A: multati Mediaset, Sky, Lega calcio e Infront
Diritti TV, multa da record per Mediaset
Ma la spartizione dei diritti, nonostante gli illeciti commessi, rimane comunque valida
di Roberto PEZZALI
ono tutti colpevoli, anche se la multa
più alta colpisce Mediaset che ha
avuto il ruolo di regista: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha
chiuso con 66 milioni di euro di multe l’indagine sulla spartizione dei diritti TV della
Serie A per il triennio che va dal 2015 al
2018. Una questione aperta da tempo, legata a quel famoso accordo sotto banco
per spartirsi nel migliore dei modi i pacchetti A, B e D delle licenze di trasmissione. L’accordo ha di fatto ribaltato l’esito
delle buste, e secondo l’Agcm la gara
d’appalto è stata alterata violando una
serie di normative europee. Mediaset dovrà così pagare 51 milioni di euro, la Lega
Calcio 1,9 milioni, Sky 4 milioni e InFront,
l’advisor della lega, 9 milioni di euro. La
multa a Sky è ridotta in quanto la pay TV
si sarebbe in primo luogo rifiutata di accettare l’accordo, per poi essere indotta
da Mediaset a firmarlo. Sky si è inoltre dimostrata collaborativa nelle indagini, cosa
che ha portata alla riduzione della pena.
La questione si conclude quindi con un
colpo puramente economico, soprattutto
per le casse di Mediaset: l’asta e l’accordo
infatti restano validi, l’Agcm non si è spinta infatti a chiedere l’annullamento della
gara, cosa che avrebbe avuto conseguenze ben più pesanti su tutto il sistema
calcio. Ecco la risposta di Mediaset:
“Mediaset è letteralmente allibita dall’odierna decisione dell’Antitrust. Infondata, basata su un teorema costruito sulla
S
sabbia e del tutto privo di qualsiasi riscontro probatorio. Decisione su cui Mediaset
ricorrerà immediatamente nelle sedi
competenti con istanza urgente di sospensiva, certa di un esito ben diverso. La
disparità di trattamento tra i vari soggetti
coinvolti - marchiana quella tra Mediaset
e Sky - poiché si parla di “ripartizione del
mercato”, è priva di qualsiasi giustificazione. Di più: la ricostruzione dei fatti da
parte dell’Agcm esplicita che l’Autorità
avrebbe invece auspicato l’eliminazione
del secondo soggetto assegnatario dei
diritti, Mediaset. Con il risultato di eliminare la concorrenza nella trasmissione dei
match di Serie A. In altre parole:un’Autorità Antitrust che incoraggia il trust. E’ certo
invece che l’assegnazione dei diritti ha
prodotto benefici per tutti i soggetti: mondo del calcio, telespettatori e operatori
tv. La Lega Serie A ha incassato la cifra
più alta di sempre: oltre 1 miliardo di euro
all’anno. Corrispettivo frutto di un aspro
duello tra offerte economiche di operatori
diversi che peraltro ha visto Mediaset sostenere la quasi totalità dell’incremento
dei costi rispetto al triennio precedente,
nonostante nel nuovo contratto il numero
delle squadre Mediaset sia calato da 12
a otto. In secondo luogo, il fatto che i diritti non siano finiti in esclusiva a un’unica
pay tv ha garantito ai consumatori il vantaggio del confronto pluralistico tra offerte e listini di due operatori in concorrenza. Esattamente il contrario, quindi, delle
“intese anticoncorrenziali” lamentate dall’Autorità. Colpisce infine, da quanto risulta dai passaggi citati dal provvedimento,
che l’Autorità delle Comunicazioni abbia
dato una lettura completamente diversa
se non opposta a quella stupefacente di
oggi dell’Antitrust. Di fronte all’infondatezza delle tesi dell’Agcm e all’inusitata
disparità di trattamento tra gli operatori
televisivi coinvolti, Mediaset è certa che
l’odierna decisione non supererà il vaglio
dei gradi successivi di giudizio immediatamenti attivati”.
MERCATO Violazioni commesse online da trattare come qualsiasi altra violazione del copyright
Pirateria online: proposta shock del Governo inglese
Cameron vuole aumentare fino a 10 anni la pena detentiva per il reato di pirateria digitale
di Alvise SALICE
U

no studio commissionato a inizio
2015 in Regno Unito dall’Intellectual Property Office, l’Ufficio per
la tutela della Proprietà Intellettuale,
concluse che le sanzioni penali per la
Violazione del Copyright (regolata con
legge “Copyrights, Designs and Patents
Act” del 1988) dovrebbero essere irrogate con la stessa severità riservata alla
contraffazione e ad altri reati simili. Da lì,
è stato breve il passo per giungere ad
torna al sommario
un’apposita consultazione, lanciata dal
Governo UK per valutare se le violazioni commesse online vadano trattate o
meno alla stregua di qualsiasi altra violazione del copyright.
Londra è giunta ad una conclusione affermativa: appena possibile, Cameron
intende chiedere al Parlamento l’approvazione di una legge in cui la reclusione
per la pirateria online viene innalzata dagli attuali 2 fino a 10 anni.
Una proposta potenzialmente rivoluzionaria, che Baroness Neville-Rolfe,
Ministro per la Proprietà Intellettuale, ha
edulcorato annunciando grande cautela:
la priorità sarà varare un salvacondotto
processuale per quegli utenti sbadati o
comunque parzialmente innocui, che si
limitano a condividere file piratati senza
trarne alcun profitto. E’ infatto lo scopro
di lucro il baricentro penale attorno a cui
ruota il disegno prossimamente al vaglio
del Parlamento: vero bersaglio della
nuova legge saranno le organizzazioni
strutturate per lo smistamento illecito di
grandi quantità di contenuti pirata.
Trimestrale
Apple: iPhone
vende meno
e gli utili calano
per la prima
volta dal 2003
Calano gli introiti
per Cupertino
Prima battuta
d’arresto in 13 anni
Colpa del calo
delle vendite di iPhone
e della contrazione
del mercato cinese
Tim Cook resta
però ottimista
di Dario RONZONI
Apple ha annunciato i risultati finanziari del secondo trimestre fiscale 2016: per la prima volta dal
2003 i dati mostrano un calo nel
fatturato e negli utili, passati rispettivamente da 58 e 13,6 miliardi di
dollari dello scorso anno a 50,6 e
10,5 miliardi. Al di là delle dichiarazionidi Tim Cook, focalizzate sul
periodo particolarmente turbolento a livello macroeconomico, il
dato è di per sé significativo. Certo, una crescita costante, specie
in un mercato sempre più saturo
come quello smartphone, è pura
utopia e una frenata era più che
prevedibile. E non a caso sono
proprio i dati di vendita di iPhone
a pesare in maniera sostanziale
sui bilanci della Mela: rispetto allo
stesso periodo dello scorso anno
sono stati venduti oltre 10 milioni di
esemplari in meno (51,2 milioni di
pezzi, con un fatturato in calo del
18%). Non benissimo neppure iPad
e iMac (-19% e -9% di revenue).
Apple dipende dal mercato estero
per il 67% del fatturato complessivo. Il netto calo del mercato cinese
(-26%) è un altro fattore collegabile ai dati non entusiasmanti. Vista
la situazione generale, Apple resta
cauta anche sulle proiezioni relative al prossimo trimestre fiscale,
dove prevede un fatturato compreso tra i 41 e i 43 miliardi di dollari, contro i 49,6 miliardi registrati
nel terzo trimestre del 2015.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Comcast (NBC) ha acquisito lo studio di animazione co-fondato da Steven Spielberg
NBC ha acquistato DreamWorks Animation
Accordo raggiunto per un importo di 3,8 miliardi dollari, si attende solo l’OK dell’antitrust
di Michele LEPORI
a notizia è di quelle davvero importanti: Comcast, il più grande
fornitore di TV via cavo degli Stati Uniti sotto l’egida del gruppo NBC
Universal, ora è ancora più grande
perché sotto la propria egida viene acquisito anche il noto marchio
DreamWorks Animation. Lo studio, cofondato da Spielberg ed autore negli
anni di successi animati quali Kung Fu
Panda e Shrek, viene inglobato per
3,8 miliardi dollari e manda in secondo
piano un mostro sacro come Disney.
L’informatissimo WSJ aveva dato notizia di trattative più o meno in corso fra
i 2 CdA, ma l’idea era che l’operazione
richiedesse tempo e pazienza: niente
di più sbagliato, poiché dopo qualche giorno di titoli in ascesa in borsa,
è arrivato l’annuncio che mette fine
alle voci di DWA in cerca di un compratore. Game, set e match per NBC
e Universal, che con l’aiuto della neoarrivata puntano a sviluppare il brand
sul mercato cinese, che si pensa su-
Hisense ha prodotto
una nuova serie
di Smart TV, disponibili
da maggio, con tasto
integrato Wuaki.TV
sul telecomando
L
di Gaetano MERO
perare quello americano già dal prossimo anno. Sarebbe anche in cantiere
un parco a tema poco fuori Pechino,
dove Comcast pensa di poter avere
grossi rientri di capitale dopo investimenti superiori ai 3 miliardi dollari.
Ora la parola passa all’antitrust, che
già lo scorso anno aveva messo i bastoni fra le ruote al gruppo capitanato
dal CEO Brian Roberts per il tentativo
di acquisizione di Time Warner Cable
per 44 miliardi dollari: se a questo giro
le carte saranno in regola, entro fine
anno si avrà una finalizzazione del
processo.
TV E VIDEO Acer approccia il mercato della videoproiezione professionale con la nuova Serie S7
Serie S7, Acer scommette sulla videoproiezione pro
Acer lancia tre proiettori con differenti risoluzioni e con 5 ottiche per ogni tipo di installazione
N
di Gianfranco GIARDINA

on arriveranno in tempo per
Europei e Olimpiadi, anche se sarebbero stati perfetti, soprattutto
per “arredare” bar e locali pubblici tipicamente estivi.
Si tratta dei nuovi proiettori professionali Acer, che la società ha svelato alla
Global Press Conference a New York. Si
tratta di apparecchi non certo pensati
per la casa, con luminosità molto alte
(possono arrivare fino a 6000 lumen)
e ottica basculante sui due assi e inter-
torna al sommario
Arriva il tasto
Wuaki.TV
sui telecomandi
Hisense
cambiabile, per incontrare tutte le esigenze di installazione.
La nuova serie S7 si compone di tre
modelli differenziati per risoluzioni (WUXGA, 1080p e XGA) e si basa su un progetto in grado di funzionare perfettamente, anche in termini di dissipazione
termica, a prescindere dalla posizione
e dalla modalità in cui viene collocato,
caratteristica ideale soprattutto per le
installazioni museali (sarebbero serviti
per esempio per Expo). Le cinque ottiche disponibili, poi, consentono una
versatilità di installazione non comune,
con la possibilità di proiettare anche da
fondo sala in ambienti di grandi dimensioni, evitando così fastidiosi ingombri
a metà sala per le installazioni mobili;
o dualmente, per installazioni molto
ravvicinate, per esempio per proiettare
in verticale dal soffitto sul pavimento.
I prezzi previsti dipendono molto dal
modello e soprattutto dall’ottica scelta,
ma si parte da circa 3000 euro; la disponibilità in Italia è prevista a partire dal
terzo trimestre di quest’anno.
Wuaki.tv, servizio di video on
demand in streaming che fa capo
al gruppo giapponese Rakuten,
ed il produttore di TV Hisense
hanno deciso di unire le forze
ed avviare una partnership per
risultare maggiormente competitivi nei rispettivi settori di
appartenenza. I frutti di questa
collaborazione li vedremo molto
presto, difatti la nuova generazione di Smart TV Hisense prevista per maggio sarà dotata di
telecomando con tasto dedicato
Wuaki.tv, un modo per rendere
facile ed immediato all’utente
l’accesso ai contenuti offerti dalla
piattaforma. Il riferimento a quanto già fatto da Netflix con alcuni
produttori di TV è evidente, ma la
posizione importante di Hisense
nel mercato TV globale potrebbe
alimentare ulteriormente la concorrenza nei servizi di streaming
video. I Paesi interessati dai nuovi
dispositivi saranno dapprima Italia, Regno Unito, Germania, Spagna, Francia, Irlanda e Austria,
in cui Wuaiki.tv è già disponibile.
L’operazione sarà estesa a Olanda, Belgio, Portogallo e Svizzera
entro la fine dell’anno con l’arrivo
nei relativi mercati del servizio di
video streaming.
Wuaki.tv si impegnerà, infine, ad
offrire servizi speciali attraverso
promozioni ad hoc per i clienti
Hisense durante tutto il 2016.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Sabato 30 aprile (finalmente) è scattata una riduzione media del 70% delle tariffe di roaming nei Paesi europei
Ora chiamare e navigare all’estero costa meno
Il risparmio c’è, ma le offerte degli operatori telefonici risultano ancora più vantaggiose. Abbiamo fatto tutti i confronti
di Roberto PEZZALI
elefonare, navigare e mandare messaggi in uno
dei Paesi dell’Unione Europea a partire da sabato 30 aprile costa meno. È scattata infatti la prima
fase di taglio dei costi fortemente voluta dall’Unione
Europea, un percorso di rivoluzione delle tariffe in ottica comunitaria che si chiuderà il prossimo anno, a metà
giugno, con l’abolizione totale dei costi di roaming. Se
il prossimo anno chi sarà in vacanza all’estero in uno
dei paesi membri dell’Unione potrà telefonare, navigare e mandare messaggi alla stessa identica tariffa del
suo abbonamento nazionale, le nuove tariffe partite il
30 aprile permetteranno di risparmiare comunque dal
70 al 75% a seconda del piano tariffario utilizzato. La
tabella qui sotto illustra cosa succedeva fino a pochi
giorni fa se eravamo ad esempio in Francia e cosa succede ora con le nuove tariffe.
T
Prima
Da sabato
30 aprile
Da giugno
2017
Chiamate
in uscita
23,2 cent
al minuto
tariffa nazionale
+ 6,1 cent al minuto
tariffa
nazionale
Chiamate
in ingresso
6,1 cent
al minuto
tariffa nazionale
+ 1,4 cent al minuto
tariffa
nazionale
SMS
7,3 cent
a SMS
tariffa nazionale
+ 2,44 cent a SMS
tariffa
nazionale
Navigazione
Internet
24,4 cent
al MB
tariffa nazionale
+ 6,1 cent a MB
tariffa
nazionale
La novità più evidente è l’introduzione nelle nuove norme della tariffa nazionale: se prima si pagava un fisso a
prescindere dalla tariffa dell’operatore locale, da sabato la base è la propria tariffa abituale sulla quale viene
aggiunto un costo fisso al minuto per le chiamate, a
messaggio per gli SMS e a MB per la navigazione. Il
costo fisso imposto dall’UE sarebbe di 0,05€ al minuto
per le chiamate in uscita, 0,01€ al minuto per quelle in
entrata, 0,02€ per gli SMS e di 0,05€ per MB di navigazione, ma si tratta di tariffe IVA esclusa pertanto nella
tabella sopra le abbiamo già adeguate. Il massimo vantaggio con le nuove tariffe lo ottiene chi ha un piano
tariffario con minuti, SMS e navigazione inclusa, perché chiamate, messaggi e navigazione vengono scalati
dalle soglie e si paga solo l’extra. Nella tabella sotto
abbiamo confrontato quello che si pagava e quello che
si paga a partire da sabato 30 aprile con un profilo di
consumo medio, il risparmio è notevole.
Prima
Da sabato
30 aprile
Risparmio
30 minuti
di chiamate in uscita
6,96 €
1,83 €
74%
20 minuti
di chiamate ricevute
1,2 €
0,28 €
77%
15 SMS inviati
1,1 €
0,37 €
67%
36,6 €
9€
75%
150 MB di navigazione
L’Unione Europea, nel suo impegno per abbattere i
confini digitale dell’Unione, chiede ai consumatori
soprattutto due cose: la prima è di verificare che gli
operatori non abbiano promozioni per l’estero più
convenienti, la seconda è di fare un uso responsabile
delle nuove tariffe (il cosiddetto “fair use”), soprattutto
a partire dal prossimo anno quando verranno eliminati i costi. Da metà 2017 niente impedirebbe di acquistare per esempio la SIM di un operatore francese
con tariffe vantaggiose e usarla in Italia come propria
SIM abituale, ma in questo caso scatterebbe una sanzione con richiesta di rimborso. Riguardo invece alle
promozioni degli operatori è evidente che la tariffa
europea scatta solo se l’utente non ha attivato sul
proprio numero uno dei pacchetti opzionali proposti
dagli operatori per navigare all’estero, pacchetti che
sono stati appena rivisti. Abbiamo confrontato le proposte di Wind, TIM, Vodafone e Tre e le nuove tariffe
europee per vedere cosa è più conveniente.
Vodafone Smart Passport, 3 euro al giorno
Vodafone permette ai suoi clienti di attivare la Smart
Passport, 3 euro al giorno per avere 50 minuti di chiamate (25 in ingresso e 25 in uscita), 50 SMS e 500 MB
di traffico Internet. A partire dal 12 giugno la tariffa avrà
60 minuti, 60 SMS solo 200MB di navigazione inclusi a
3 euro al giorno. Terminati i 200 MB si pagano 2 euro
ogni 100MB fino ad un massimo di 1 GB.
Nella tabella abbiamo calcolato già la nuova tariffa.
Vodafone
Smart Passport
Tariffa UE
30 minuti in uscita
incluso
1,83 €
20 minuti in ingresso
incluso
60 SMS
200 MB
Totale
Il traffico dati incide moltissimo: Vodafone fa pagare 3
euro quello che le tariffe dell’Unione Europea farebbero pagare 16 euro.
TIM In Viaggio Pass, 10 euro per 10 giorni
La tariffa estero di TIM prevede il pacchetto “vacanza”
da 10 euro per 10 giorni: la tariffa si attiva il primo giorno
in cui viene usata e prevede 500 minuti (250 in entrata
e 250 in uscita), 500 SMS e 1 GB di traffico Internet.
Ecco il confronto
TIM
in Viaggio Pass
Tariffa UE
250 minuti in uscita
incluso
15,25 €
25’ minuti in ingresso
incluso
3,50 €
500 SMS
incluso
12,20 €
1000 MB
incluso
60 €
10€
90,95 €
Totale
Wind, 2 euro al giorno per l’essenziale
L’offerta di Wind per 2 euro al giorno prevede 15 minuti di chiamate in uscita, 15 minuti in ingresso, 15 SMS
e 50 MB di traffico Internet. Chi ha attive sulla propria
card tariffe per l’estero deve chiederne la disattivazione per usufruire delle nuove tariffe europee, altrimenti
resteranno valide quelle dell’operatore.
Wind
Tariffa UE
15 minuti in uscita
incluso
0,92 €
0,42 €
15 minuti in ingresso
incluso
0,21 €
incluso
1,46 €
15 SMS
incluso
0,37 €
incluso
12 €
50 MB
incluso
3€
3€
15,71 €
Totale
2€
4,49 €

segue a pagina 08 
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n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Si è chiuso un anno fiscale in chiaroscuro per Sony: il fatturato è sceso, ma profitti sono cresciuti in tripla cifra
Bilancio Sony: PlayStation è una stella, Xperia un buco nero
Previsioni rosee per PlayStation e gaming, con la realtà virtuale in arrivo; il mercato smartphone è invece al collasso
di Michele LEPORI
P
rimavera, tempo di chiusure di
bilancio e di tirare le somme
per l’anno ormai chiuso: tocca a
Sony, che sul suo sito ha pubblicato i
numeri del 2015 mettendo in evidenza successi, aree di miglioramento da
non sottovalutare e problemi importanti da risolvere per non perdere ulteriori guadagni.
La chiusura dell’anno dice -1,3% sulle
revenue (poco meno di 72 miliardi di
dollari), ma i profitti netti salgono del
+666,7% (2,7 miliardi di dollari) e i profitti operativi segnano un altro +329%
che significano altri 2,6 miliardi di dollari. Vediamo nel dettaglio. Economicamente parlando, Sony fa rima con
Playstation. La grammatica può protestare, ma è innegabile che il settore
gaming sia oggi la vera stella del firmamento Sony: +84,3% di guadagno e
+11,8% di vendite, che si traducono in
785 milioni di dollari sul conto corrente. Se aggiungiamo l’arrivo del visore,
la grossa spinta sulla realtà virtuale ed
i rumor sempre più consistenti sulla
nuova PS4 4K, questa divisione darà
ancora grosse soddisfazioni a Hirai e
soci. La palla al piede che trascina in
basso il bilancio ha un nome: Xperia.
Le perdite sono peggiori del 57,4% rispetto
a quanto ipotizzato
dalla stessa Sony un
anno fa, ed ammontano a -544 milioni di
dollari. Certo, rispetto
al 2014 sono numeri
praticamente positivi,
ma Sony deve trovare una soluzione al
problema Xperia, non
può essere tutta colpa
dei mercati ormai saturi.Fotografia ed
audiovideo si allineano: Sony schiva
la contrazione nei due segmenti livellandosi verso l’alto, l’area dove risiede la tradizionale clientela del brand
giapponese. -1,7% equivalente a -6,3
miliardi di dollari alla voce vendite di
fotocamere e videocamere, controbilanciato da +72,7% di profitto e altra
plusvalenza di 638 milioni di dollari.
Stesso leitmotiv con numeri diversi
per il mercato TV e home audio: -6,4%
di vendite e +109,8% di profitto, equi-
valente a 447 milioni di dollari frutto di
TV ed impianti audio di alta gamma.
Fa riflettere il crollo del segmento
sensori d’immagine, batterie, registratori audio ed in generale il resto
della produzione Sony: -253 milioni di
dollari, che dopo il boom dello scorso
bilancio fanno ancora più rumore. C’è
chi specula sulla perdita di un partner
commerciale fra Samsung ed Apple
per la fornitura di sensori per iPhone o
Galaxy, ma non c’è nessuna ufficialità
per ora.
MERCATO
Nuove tariffe roaming
segue Da pagina 07 
Tre Europe Pass, sembra gratis ma poi...
Tre ha pensionato le vecchie opzioni per l’Europa e ha
attivato Europe Pass, una opzione gratuita che permette di chiamare e navigare fino a 500 minuti e 500 MB
per una settimana. C’è però il trucco: si pagano 30 centesimi di scatto alla risposta o apertura sessione dati,
sessione che resterà attiva per 6 ore. In caso di scarsa
copertura, se il telefono cambia operatore (conviene
mettere la ricerca manuale) verrà riaperta ogni volta
una nuova sessione, cosa che potrebbe portare a costi
eccessivi in zone dove la copertura non è buona. In
questo caso non è possibile fare un confronto con le
tariffe europee, perché le variabili sono la durata delle
telefonate e della sessione.
L’Europa fa risparmiare
Ma gli operatori sono più convenienti

Le tariffe europee fanno risparmiare rispetto a oggi
circa il 75%, ma è chiaro che nell’era del web siamo
tutti avidi di MB. I 6,1 centesimi di euro a MB consumato restano tanti: per 100 MB ora costano 6 euro e
con un paio di messaggi, foto su Instagram, video su
torna al sommario
Facebook e qualche app scaricata si consumano rapidamente. In quest’ottica le offerte degli operatori sono
più convenienti, anche se oltre ai punti di forza hanno
anche un punto debole. Tra i vantaggi, oltre al risparmio, il fatto che molte includono anche Usa e paesi che
non fanno parte della UE, tra gli svantaggi invece va
ricordato che spesso i costi extra soglia sono salati e
qui conviene leggere benissimo le minuscole note a
piè pagina. Quando finiscono ad esempio i 15 minuti di
chiamate giornaliere con Wind non scattano le tariffe
UE ma quelle extra soglia dell’operatore, almeno fino
alla mezzanotte del giorno corrente quando l’opzione
non è più attiva.
Brava comunque l’Europa, ed è solo l’antipasto: dal
prossimo anno non ci sarà più opzione o tariffa che
tenga, costerà tutto come in Italia.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Google apre una divisione hardware capitanata dall’ex presidente di Motorola
Google apre una sua divisione hardware
La divisione si occuperà di Nexus, Chromecast, Chromebook e OnHub. Non menzionata Nest
di Michele LEPORI
A
Mountain View hanno deciso che
l’hardware è una parte importante
del business, al punto da aprire
una nuova divisione (per ora senza un
nome ufficiale) con a capo l’ex numero 1
di Motorola, Rick Osterloh.
La divisione si occuperà dello sviluppo
e della realizzazione di nuovi dispositivi, ma anche della localizzazione e dei
componenti. Questo significherà, con
tutta probabilità, che finalmente potremo avere prodotti localizzati e disponibili (magari in tempi brevi) in tutto il
mondo.
La divisione si occuperà della gestione di quasi tutto l’hardware a marchio
Google, ovvero smartphone e tablet
Nexus, Chromebook (notebook con
ChromeOS, compreso il Pixel C), Chromebox (miniPC con ChromeOS) e
Chromecast (dongle per lo streaming
audio/video). Ci sono poi i router domestici OnHub, precedentemente gestiti
dalla divisione Access, e i famosi occhiali per la realtà aumentata Google Glass
Le vendite fiacche del
segmento smartphone
e la concorrenza
internazionale frenano
il colosso di San Diego
Non aiutano neppure
i desideri “autonomisti”
di Apple e Samsung
(in perenne stato di limbo), a cui collaborerà come consulente Tony Fadell di
Nest. Proprio sulla mancata inclusione
di Nest nella nuova divisione hardware
si interroga il web. I prodotti Nest sono
tra i più venduti dal colosso di Mountain
View, ma evidentemente c’è l’interesse
a mantenerlo un brand a sé.
La divisione includerà anche il team
ATAP, dedicato a progetti sperimentali
come lo smartphone modulare noto sotto il nome di Project Ara. Tra i progetti
più importanti trapelati, ci sarebbe qualcosa legata all’ambito dell’intrattenimento domestico, dove Google ha già fatto
molto, grazie all’impiego dei dispositivi
Chromecast. Google quindi come Apple
e Microsoft? Probabilmente no, la rete
di produttori OEM è strategica (come dimostra il recente rumor che vuole HTC
dietro i prossimi due Nexus S1 e M1),
ma una gestione più razionale dell’universo di dispositivi prodotti da Big G è
sicuramente una mossa azzeccata.
MERCATO Nokia prende Withings, azienda produttrice di fitness tracker e strumenti per la salute
Nokia a sorpresa acquisisce Withings
Per un ritorno in grande stile, Nokia guarda con interesse al mercato dell’Internet of Things
di Andrea ZUFFI
okia, ceduta la divisione Lumia
a Microsoft, ritorna sul mercato
consumer acquisendo Withings,
azienda francese specializzata nella
produzione di tracker per il fitness e la
salute. Un rilevante esborso quantificato
in 170 milioni di euro permettere così ai
finlandesi di rientrare sul mercato consumer da protagonisti, sfruttando il settore
dell’elettronica al servizio degli sportivi
e della salute fisica. Visto l’interesse più
volte espresso da Nokia per l’Internet
of Things e per il “digital health”, questa
mossa rappresenta una “concreta azione per cogliere le opportunità in questo
grande e importante mercato”. Queste
le parole Rajeev Suri, CEO di Nokia.
Nokia, che a due anni dalla cessione a
Microsoft del business degli smartphone è rimasta attiva nel campo delle apparecchiature di rete, ha ora deciso di
iniziare un nuovo corso differenziando

N
torna al sommario
Mercato mobile
in frenata
Qualcomm
rivede le stime di
vendita dei chip
i proprio obiettivi
a lungo termine.
Da qui la necessità di acquisire
il know-how necessario tramite l’annunciato
shopping societario che dovrebbe perfezionarsi
nel terzo trimestre di quest’anno, quando 200 dipendenti di Withings
passeranno a Nokia Technologies.
Nokia Technologies ha recentemente
fatto parlare di sé anche per il progetto
Ozo, una videocamera da 60.000 dollari per la cattura di filmati per la realtà
virtuale. Sul fronte smartphone invece,
Nokia non nasconde di essere alla ricerca di un partner solido cui concedere la licenza d’uso del proprio brand di
telefonia mobile.
di Dario RONZONI
Si profilano ritocchi al ribasso
nelle stime di vendita di Qualcomm per il prossimo trimestre.
È quanto emerge dall’analisi diffusa dal produttore statunitense
di semiconduttori, per il quale il
terzo quarto dell’anno potrebbe
vedere un netto calo nelle spedizioni, a causa in primis delle pigre
vendite del settore mobile. Qualcomm, che ha tra i propri clienti
Apple e Samsung, prevede un
calo compreso tra il 13 e il 22%
già a partire dal trimestre in corso. Tutta colpa, pare, della crescita ridotta nel segmento 3G e 4G,
il core business di Qualcomm, per
il quale si prevede un aumento
nelle vendite dell’8% entro metà
2016, due punti percentuali sotto
le precedenti stime.
Mercato smartphone a parte,
pesa sul futuro di Qualcomm
la crescente concorrenza di altri produttori, oltre alle sempre
meno velate intenzioni di Apple
e Samsung di prodursi internamente buona parte della componentistica dei propri device.
Il contraccolpo in borsa è stato
percepito in particolare martedì,
con un calo del 3% nel valore
delle singole azioni del colosso
di San Diego.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO A Shenzhen si è svolta CE China, prima fiera orientale organizzata dal team dell’IFA
CE China: IFA muove i primi passi in Oriente
Un progetto ambizioso per entrare nel mercato più promettente del Pianeta, quello cinese
di Emanuele VILLA
iamo stati a Shenzhen, polo produttivo per eccellenza nel mondo della
tecnologia, in occasione di una breve visita a CE China, la manifestazione
con cui lo stesso team dell’IFA di Berlino
vuole costruire una fiera di riferimento
nel mercato più promettente al mondo,
quello cinese.
I dirigenti IFA hanno deciso di chiamarla
CE China (Consumer Electronics) e non
IFA China per diversi motivi, ma soprattutto per dimostrare agli operatori, cinesi
e non, che non si tratta di una versione
di IFA in chiave minore ma di un evento
pensato per vivere a sè, e che a tendere potrà assumere le medesime proporzioni dell’omologa edizione europea. Li
capiamo: al giorno d’oggi, un po’ come
fece CES con CES Asia, non entrare in
Cina equivale a perdersi il mercato in assoluto più promettente al mondo, quello
su cui si gioca il futuro (e gran parte del
presente) della tecnologia. Ma c’è un
problema: accedere e operare nel mercato cinese non è cosa semplice, ed è
per questo che manifestazioni come CE
China assumono una rilevanza particolare. E non si pensi che il tutto sia stato
pensato per amplificare la visibilità di
aziende e prodotti locali (per quello basta
esporre all’IFA di Berlino, che ovviamente
è aperto alle aziende di tutto il mondo),
S
ma per permettere un punto di accesso
al mercato cinese da parte di chi – tradizionalmente – opera da tutt’altra parte
e, soprattutto, per facilitare il contatto tra
aziende estere e distributori locali. Le dimensioni dell’evento suggeriscono si sia
trattato di un primo passo, ovviamente
da coltivare nel tempo: un solo padiglione stracolmo di agenti di polizia per 150
espositori (molti dei quali confinati in piccoli stand) e dove i nomi illustri erano le
tedesche del gruppo BSH, cioè Bosch e
Siemens. Grande attenzione dunque alla
smart home anche con le macchine per
caffè della svizzera Jura e della tedesca
Melitta, con dimostrazioni di cucina e di
elettrodomestici evoluti, ma non (ancora)
un’occasione per presentare novità di
prodotto di rilievo mondiale. Tantissimi
accessori di ogni genere e natura, qual-
che intervento del settore audio e della
robotica, con alcune “stranezze” decisamente divertenti.
Dal canto suo, il CEO di Messe Berlin
Christian Göke, ha ripetutamente dichiarato che la fiera è qui per restare: l’edizione 2016 ha dimostrato che l’azienda
tedesca può entrare con vigore nel
mercato cinese, ora si tratta di prendere
per mano il progetto e portarlo al livello
del fratello maggiore e del competitor di
sempre, il CES (Asia). Il mercato è pronto
e la capacità organizzativa c’è: ora sta
al team dell’IFA cercare di avvicinare il
più possibile due mondi che, per certi
aspetti, sono ancora molto lontani. Nel
frattempo, rimandiamo direttamente
alla gallery della fiera, con alcuni tra i
prodotti più interessanti e alcune immancabili bellezze locali.
Microsoft: Lumia a picco, ma che crescita Azure!
Ridimensionamento nel comparto mobile, ma i servizi e il cloud continuano a crescere
M

icrosoft nel terzo quarto dell’anno
in corso ed ha fatto registrare un
utile netto di 3,37 miliardi di euro,
a fronte di un fatturato che si attesta sui
18.17 miliardi, con entrambi i dati in calo rispetto al Q3 dello scorso anno. A farla da
padrone sono i servizi ed il cloud, mentre la divisione Lumia ha fatto registrare
ancora un calo significativo. Ma andiamo
con ordine.
Nonostante il colosso di Redmond non
abbia divulgato il numero esatto di Surface venduti, il business ad essi collegato
è cresciuto del 61% rispetto al medesimo
torna al sommario
Si è conclusa la causa
intentata da Philips
contro Funai
per la mancata vendita
della divisione audio
Philips ha ottenuto
un risarcimento pari
a 135 milioni di euro
di Roberto FAGGIANO
MERCATO Sono stati pubblicati i risultati finanziari di Microsoft nel terzo quadrimestre 2016
di Mirko SPASIANO
Philips vince
la causa
con Funai
periodo del 2015: circa 1 miliardo di euro
di fatturato. La storia cambia completamente per la divisione smartphone: sono
stati venduti appena 2,3 milioni di Lumia
nel quarto appena concluso, in calo del
73% rispetto al Q3 2015, con una conseguente diminuzione dei ricavi che si
attesta sul 46%. In lieve calo anche i ricavi provenienti dai Windows OEM: -2%.
Tuttavia, tenendo conto dell’attuale situazione del mercato dei PC, Windows sembra aver tenuto botta, soprattutto grazie
ad un “mix più allettante di dispositivi di
fascia alta indirizzati ai consumatori”, parola di Microsoft.
A fare la parte del leone è la divisione dei
servizi. Azure ha visto un’impressionante
crescita del 120%, mentre i prodotti connessi ai server hanno fruttato un modesto
incremento del 5%. Grazie a Office 365,
i servizi commerciali di Office sono cresciuti del 7%, così come le versioni indirizzate ai consumatori (+6%): sono ormai
22,2 milioni le sottoscrizioni consumer di
Office 365.
Azure sta diventando un avversario
davvero temibile per Amazon AWS e
rappresenta davvero un bel paracadute
per far fronte al suo business più tradizionale, legato ai PC, che è in forte calo,
unitamente alla divisione Lumia, che è in
caduta libera.
Forse ricorderete del “pasticcio”
avvenuto nel 2013 tra Philips e
Funai, in quell’anno Philips aveva
deciso di cedere proprio a Funai
tutta la divisione audio-video/multimedia e l’accordo era stato sancito con l’obiettivo di continuare
l’esperienza e la ricerca avviata, in
modo da proseguire degnamente
il cammino dei prodotti audio con
marchio Philips. Dopo pochi mesi
però l’accordo andò a rotoli per
motivi mai ben chiariti e Philips
intentò addirittura una causa contro Funai con tanto di richiesta di
ingente risarcimento danni.
Poco dopo Philips chiuse l’accordo con il gruppo Gibson, al quale
cedette la divisione Woox Innovation per una cifra di 135 milioni
di dollari. Accordo andato a buon
fine e ora ben avviato su una nutrita serie di prodotti audio a marchio
Philips sotto il controllo di Gibson.
Intanto in questi anni la causa ha
proseguito il suo iter presso la ICC
(international Court of Arbitration),
che ha stabilito la validità delle
tesi di Philips, condannando Funai
a risarcire alla casa olandese la
bellezza di 135 milioni di euro quale risarcimento danni. Questa cifra
verrà messa a bilancio da Philips
nei conti del secondo trimestre
2016. Philips quindi ha praticamente raddoppiato i frutti della
vendita della divisione a Gibson,
con una bella boccata di ossigeno
al bilancio.
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MAGAZINE
ENTERTAINMENT L’ufficialità arriva con la pubblicazione (in anteprima) della locandina ufficiale
La finale di Champions su Premium in 4K
Mediaset trasmetterà su Premium (quindi DVB-T) la finale della Champions League in 4K
M
di Emanuele VILLA
ediaset si appresta a trasmettere
l’attesissima finale di Champions
League di Milano (che purtroppo
non vedrà la presenza di squadre italiane) in 4K. La piattaforma tecnologica è
dunque pronta ad aprire una nuova epoca di fruizione dei contenuti audio/video,
e segue di poche settimane l’annuncio
della trasmissione sulla Rai di 7 partite
degli Europei di calcio in 4K tramite piattaforma Tivù Sat. Considerando le date
dei due eventi, Mediaset di fatto è la
prima azienda a trasmettere in Italia un
evento di questa rilevanza in 4K, tra l’altro
tramite DVB-T che sotto questo profilo è
la piattaforma più complessa da gestire
rispetto al satellite poichè implica l’accensione di un nuovo canale spegnendo
un mux per liberare banda. A livello di
compatibilità, ripetiamo quanto già detto
in occasione della prima notizia, ovvero
che per ricevere le trasmissioni ci sarà
bisogno, oltre che di un abbonamento
a Premium, di un TV 4K con Premium
Smart Cam di ultima generazione, che di
fatto saranno di fatto gli stessi che via TivùSat potranno seguire gli Europei in 4K:
circa il 90% dei TV Ultra HD sul mercato.
In ogni caso, Mediaset promette di pub-
blicare un elenco di TV compatibili sul
proprio sito. Infine, la finale di San Siro
potrebbe essere il primo di una serie di
appuntamenti calcistici in Ultra HD: Mediaset starebbe infatti pensando (ma per
l’ufficialità e i dettagli, qui occorre attendere un po’ di più) di trasmettere anche
alcuni big match della Serie A 2016-2017
in modalità 4K.
Warner Bros
presenta
“Fan Edition”
i cofanetti
DVD degli
appassionati
È disponibile su Amazon
il cofanetto con le prime
cinque stagioni di Pretty
Little Liars. WB spera
che possa diventare un
appuntamento fisso con
i fan italiani delle serie
TV americane
di Michele LEPORI
ENTERTAINMENT Ufficializzati i dati del primo trimestre del 2016, ma il titolo in Borsa “tentenna”
Netflix ha 81,5 milioni di utenti, ma guadagni bassi
130 Paesi raggiunti, ora si prepara ad una stagione piena di contenuti originali in esclusiva
N
di Gaetano MERO

etflix ha pubblicato online i dati
relativi all’ultimo trimestre, chiuso
a marzo del 2016, confermando
l’espansione massiccia del servizio in
130 nuovi Paesi e il raggiungimento di
81,5 milioni di abbonati. Le attivazioni nei
primi tre mesi del 2016 sono state 6,74
milioni superando di oltre mezzo milione
le previsioni, il 42% del totale degli utenti
risiede al di fuori degli Stati Uniti e il trend
è destinato ad aumentare visti i continui
investimenti della società nei mercati
internazionali. L’indice di crescita atteso
per il prossimo trimestre tuttavia scende
a 0,5 milioni di nuovi abbonati in territorio
torna al sommario
americano e 2 milioni negli altri Stati, al di
sotto dei 3,5 milioni che gli azionisti prevedevano, inoltre il fatturato che ammonta a 1,96 miliardi ha disatteso, anche se di
poco, le aspettative facendo registrare al
titolo azionario della società una discesa
di circa il 12% nel trading After Hours. È
da considerare comunque che Netflix
nella maggior parte dei mercati esteri è
disponibile solo in lingua inglese, e che
l’unico metodo di pagamento accettato
è tramite carte di credito internazionali,
lasciando fuori dunque una grossa fetta
di utenti. Punti di forza, sottolineati nel
report diffuso dalla stessa società, sono
in ogni caso le nuove stagioni di serie originali come Daredevil e House of Cards
così come film, documentari e spettacoli per bambini
autoprodotti. Sarà
proprio questa la
strada che la società intende percorrere nell’immediato
futuro intensificando la produzione
di sitcom, telefilm e
lungometraggi che
portano il proprio marchio investendo
il 5% del budget a disposizione. Netflix,
che ha chiuso il trimestre con un utile di
49 milioni, si impegnerà a confezionare
anche serie originali in lingue differenti
dall’inglese per aumentare la sua popolarità negli altri mercati. Oltre alle serie già
famose come l’italiana Suburra o Club de
Cuervos e Narcos realizzate in Messico,
la società si prepara al debutto il mese
prossimo con una fiction a puntate in
lingua francese dal titolo Marseille 5 con
protagonista Depardieu e con il telefilm
giapponese Hibana che sarà trasmesso
a livello globale a partire da giugno. Netflix ha anche annunciato una partnership
con la Dreamworks Animation per contenuti esclusivi e l’uscita prima dell’estate
di alcuni film come The Do-Over, Special
Correspondents, The Fundamentals of
Caring, e Braham Naman con guest star
del calibro di Brad Pitt e Will Smith. Secondo l’azienda i film esclusivi disponibili
da subito sulla piattaforma creano maggiore entusiasmo ed interesse nei consumatori rispetto ai titoli disponibili diversi
mesi dopo l’uscita e già fruibili attraverso
DVD o piattaforme pay-per-view TVOD
(come iTunes per esempio).
Le serie TV che riscuotono i più
grandi consensi di critica e pubblico varcano l’Atlantico, destinazione Europa, con tempistiche
sempre più ridotte: i blockbuster
viaggiano addirittura in contemporanea, ma il mercato dell’home
video arranca. In passato, grandi
nomi come Fringe e The Big Bang
Theory si sono fatte attendere dai
loro fan desiderosi di soddisfare
le loro mire collezionistiche, ma
ora Warner Bros è pronta a invertire la tendenza con Warner Bros
Fan Edition. La collana nasce infatti con l’intento di portare in Italia
quello che i fan chiedono a gran
voce e il primo nome che farà piacere vedere a tutti i millennials è
Pretty Little Liars: il drama di ABC
Family la cui sesta stagione sta
andando in onda su Mediaset Premium Stories, è infatti disponibile
in preordine su Amazon nella sua
versione DVD che vedrà la luce
a settembre. Warner Bros punta
sulla stretta sinergia che spera nasca con la sua base di fan e lancia
l’hashtag #WarnerFanEdition con
cui tutti potremo chiedere a suon
di cinguettii cosa vorremmo arrivasse in home video.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Le grandi serie TV di solito arrivano dopo l’estate, ma qualcuno gioca d’anticipo per catturare l’attenzione
5 serie TV da non perdere nei prossimi 2 mesi
I prossimi mesi vedranno un po’ di rivoluzione nei palinsesti americani e britannici, ecco una selezione delle serie in arrivo
L’
di Michele LEPORI
arrivo della bella stagione, complici le belle lunghe giornate ed un clima finalmente invitante,
invita anche il millennial più incallito a farsene
una ragione: di serie TV grosse, impegnative e per le
quali spendere fiumi di hashtag e commenti sui social, non se ne vedranno per un po’ di mesi. È così da
sempre, lo sanno anche i network americani e non,
che studiano il palinsesto di conseguenza lasciando
a noi appassionati l’onere di girovagare per il web a
caccia di qualsiasi novità che possa addolcire l’attesa
dei mesi autunnali.
Tutto vero, ma da qualche anno a questa parte anche
il pubblico estivo ha di che rallegrarsi: certo, non andrà in onda il seguito di Vinyl e neppure verrà messo
in onda il nuovo Breaking Bad, c’è però tempo per
qualche gradito ritorno, una messa in onda in contemporanea mondiale ed un addio che per quanto anticipato non ci impedirà comunque di vivere ogni puntata
come uno stillicidio: l’offerta TV di questa estate sarà
ampia, ma DDay.it ha scelto per voi una selezione di
“imperdibili” che accontenteranno proprio tutti.
Come sempre, attenzione a possibili spoiler sparsi: i
trailer sono disponibili da tempo ed i finali di stagione
trasmessi da quasi un anno, ma non vogliamo vittime
sulla coscienza.
Premiere che strizzano l’occhio
al San Diego Comicon: arrivano
finalmente Preacher ed Outcast

22/05 e 02/06: fan dei comics e di serie TV di tutto
il mondo, gioite: il momento è finalmente arrivato.
Il capolavoro di Garth Ennis e la nuova dark novel
di Kirkman sono ormai in dirittura d’arrivo sui nostri
schermi.
Partiamo dal reverendo Jesse Custer, il cui arrivo in
TV ha vissuto una gestazione lunga e travagliata:
dopo accordi praticamente firmati e licenze pronte
ad essere cedute per poter mettere in moto la macchina hollywoodiana, il progetto sembrava essere
destinato a rimanere su carta ma a mettere a segno
il colpo ci ha pensato AMC, che dopo essersi aggiudicata i diritti di The Walking Dead, riprova l’assalto
al fandom di appassionati di fumetti americani non
supereroistici. Con la speranza che il trattamento
che ha rovinato The Walking Dead su TV rimanga
confinato dove il danno ormai è fatto.
torna al sommario
Per chi non avesse familiarità con la storia ideata
da Ennis e messa su carta da Steve Dillon, Preacher
narra le vicende di un reverendo americano (Jesse)
e della sua compagna Tulip O’Hare, in viaggio assieme al vampiro Cassidy alla ricerca di Dio nella “Bible
Belt” americana (la zona meridionale degli Stati Uniti ultracattolica e conservatrice), che non vedrà di
buon occhio un sacerdote posseduto fare il bello ed
il cattivo tempo a suo piacimento.
Il profilo Twitter di Preacher è stato molto attivo fin
dalla sua creazione, ed ha recentemente divulgato
un nuovo mini-teaser ed alcune promo anteprime
che scandiranno le ultime settimane di attesa prima
della messa in onda: ecco un assaggio di quello
che ci aspetterà.
L’altro grande nome del panorama “comics on TV”
in arrivo a breve è Outcast. Il nuovo capolavoro di
Kirkman, che ha dimostrato di non aver legato la sua
grandezza al solo The Walking Dead, è tornato nelle fumetterie di tutto il mondo con una storia cupa,
adulta ed inquietante che ha fatto si che il suo pubblico lo seguisse da subito in religiosa adorazione,
ma che ha mosso anche le alte sfere di Fox, pronte
a mettere sotto contratto i diritti per la trasposizione
sul piccolo schermo. Detto, fatto: poco più di 2 volumi in fumetteria (1 in Italia, grazie a Saldapress), e il
titolo è già un cult che speriamo non perda nulla nel
passaggio di formato.
Rispetto alla produzione AMC, Outcast racconta una
storia più spettrale: Kyle Barnes è un uomo che trop-
po presto nella sua vita scopre di essere posseduto
da spiriti maligni, e a pagarne le conseguenze saranno i suoi cari dai quali si allontanerà per salvarli:
l’incontro con il prete che l’aiutò nelle prime possessioni gli offrirà lo spunto per rientrare a Rome,
fittizia città del West Virginia, dove Kyle cercherà di
ritrovare se stesso oltre che la fede.
La paura più grande, diciamolo, è che Fox trasformi
Outcast nel nuovo The Walking Dead, diluendo la
trama per costringere gli spettatori alla visione salvo
poi rendersi conto che il danno fatto è irrimediabile
ed il progetto impossibile da risollevare.
Va detto anche che il prodotto, purtroppo, offre il
fianco a questa deriva: un personaggio tormentato, un prete borderline, un male oscuro ed ignoto
che si può far apparire alla bisogna per far si che
la perenne faccia sull’orlo della pazzia dell’attore
di turno chiuda la puntata stuzzicando l’arrivo di un
cliffhanger che non arriverà mai. Il promo trailer di
Fox dove Rick Grimes passa il testimone a Kyle, è
tanto emblematico quanto inquietante.
Da grandi fan dell’opera su carta, abbiamo apprezzato il trailer e vogliamo sperare davvero in un
prodotto che si possa dimostrare all’altezza: anche
perché, con 15 albi alle spalle e due serie TV annunciate da 10 episodi l’una, non è difficile presentare
puntate in rapporto 1:1 con il fumetto. Forse.
segue a pagina 13 
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Un report di MUSO mostra la rapida transumanza della pirateria dal protocollo Torrent al più comune web
I pirati abbandonano torrent, meglio streaming e download
Tra i paesi con più utilizzatori dei siti contenenti torrent, ai primi posti rimangono gli Stati Uniti, l’India e la Russia
I
di Franco AQUINI
l download di materiale pirata tramite il protocollo torrent è piuttosto popolare, o almeno lo è stato
finora. Secondo un report di MUSO,
azienda attiva nell’analisi del traffico internet, i siti che forniscono
download e streaming di materiale
audiovisivo stanno rapidamente crescendo a discapito dei siti che ospitano i tracker torrent.
Monitorando il traffico di ben 200 milioni di dispositivi che attraversano i
nodi di una rete di distribuzione dati,
sono stati individuati circa 14.000 siti
pirata visitati 141 miliardi di volte nel
corso di un anno. Le visite sui siti che
ospitano torrent sono invece calate
del 24%, totalizzando 34.8 miliardi di
visite in un anno.
La tendenza è chiaramente a favore
dello streaming e del download web
a discapito del download tramite rete
torrent.
Questa la tendenza globale a cui ovviamente ci sono le solite eccezioni.
In particolare in Francia, dove l’uso
dei torrent continua a crescere senza
sosta, e va detto che il protocollo torrent, sia pur in discesa, continua ad
avere molti estimatori: al primo posto
ci sono gli Stati Uniti con 3.6 miliardi
di visite (ai siti che ospitano torrent
pirata), seguiti dall’India e la Russia
con 3.3 e 2.7 miliardi/anno.
ENTERTAINMENT
Le 5 serie TV da non perdere
segue Da pagina 12 
Person of Interest all’atto finale

La seie TV più discussa, controversa, acclamata ed
alla fin fine semplicemente bella mai trasmessa da un
network americano generalista, si prepara alla resa
dei conti ed ai saluti finali. Sono state quattro stagioni
incredibili, che hanno portato un successo che forse
nemmeno lo stesso Nolan si aspettava, dopo un debutto solido ma non certo da storia della TV americana.
Ci è voluto del tempo per far si che le solidi base
narrative delle avventure di Finch, Root, Reese e The
Machine potessero sostenere il complesso e spaventosamente realistico arco narrativo, ma dalla fine della
prima stagione (splendida la scena con Reese che risponde al telefono dopo aver capito di credere anche
lui nell’IA) è stato un crescendo inarrestabile. Come
tutte le grandi storie, bisogna però sapere quando è
ora di staccare la spina perché si è finito di raccontare
quello che si voleva, e finalmente ci siamo: il treno verso il series finale parte il 3 maggio, ed al ritmo di 2 episodi a settimana tranne la premiere, ci accompagnerà
ai titoli di coda.
Dove eravamo rimasti? Con Team Machine in fuga, letteralmente sotto il fuoco nemico. Samaritan ha cercato
di “uccidere” la divinità rivale, che si è per la prima volta
manifestata a Finch non come sola sequenza di algoritmi ma come entità pensante e roboetica, quasi umana, dando ragione a Root ed invitando suo “padre” a
riflettere. Ora, smembrata in una valigetta, i nostri sono
chiamati a far ripartire il sistema da un luogo sicuro con
le loro vere identità allo scoperto e nel bel mezzo della
lotta di potere di Greer che vuole mettere le mani sul
mondo e la criminalità organizzata, ignara dei pericoli
che vive il mondo e che pensa solo a dominare su New
York. Non abbiamo minimamente idea di cosa potrà
accadere, ma sappiamo che sarà un viaggio epico e
glorioso, per quanto triste.
torna al sommario
Anche in estate si va in contemporanea
la seconda stagione di Wayward Pines su
FOX e Sky senza pause
Altro ritorno estivo, dopo il buonissimo successo di
pubblico dello scorso anno (la critica è più divisa). La
serie evento Fox, che doveva essere una stagione sola
il cui unico scopo era riprodurre su TV i tre piccoli romanzi da cui è tratta, è diventata una serie regolare.
Bentornati quindi a Wayward Pines (clicca qui per il
trailer): dopo la ribellione della Prima Generazione, la
situazione è tornata alla normalità... se ci può essere
qualcosa di normale in una cittadina finta, isolata dal
mondo, laboratorio a cielo aperto nel 4031 dove un
manipolo di sopravvissuti sono la speranza del genere
umano 2.0. Difficile dire dove potrà andare la serie oltre
i romanzi: col dott. Pilcher ed Ethan morti, il peso della
sceneggiatura grava sui giovani superstiti e sugli adulti
illuminati, che non vorranno lasciar cadere nel vuoto i
sacrifici di chi li ha preceduti durante la ribellione. Fox
e M. Night Shyamalan si tengono ben abbottonati, ma
almeno un trailer ce l’hanno rilasciato.
Wayward Pines sarà la classica serie estiva da guardare
senza troppe pretese, con una bella storia senza parti-
colari piani di lettura, qualche personaggio ben caratterizzato ed una lunghezza in grado di farsi apprezzare
senza obbligare lo spettatore a votarsi alla causa: il mix
perfetto per un paio di mesi di entertainment puro
BBC festeggia i 400 anni di Shakespeare
con la seconda stagione di “The Hollow
Crown: the War of the Roses”
Chiudiamo con un prodotto particolare, forse meno
adatto alla trasmissione estiva ma di sicuro impatto
ed interesse storico. Quest’anno è il quadricentenario della morte di William Shakespeare, e BBC non si
è risparmiata con eventi, talk show e serate di gala a
tema: per tutti gli appassionati di drama in costume e
della grande storia medievale britannica, BBC trasmetterà gli ultimi 3 episodi dell’epica serie TV The Hollow
Crown (clicca qui per il trailer), adattamento delle opere
shakesperiane Riccardo II, Enrico IV parte I, Enrico IV
parte II ed Enrico V. Il trailer, decisamente non in stile british, è comunque d’effetto e come da tradizione
televisiva d’Oltremanica non mancano pezzi da 90
davanti alle telecamere: Benedict Cumberbach, Judi
Dench, Hugh Bonneville e Sophie Okonedo. Semplicemente imperdibile.
Disegnata
per ascoltare
I nuovi diffusori CM10 S2 sono indubbiamente belli,
grazie alle loro linee pulite ed alle finiture di qualità
superiore. Ma come per tutte le realizzazioni Bowers
& Wilkins la forma deve seguire la funzione, grazie
alla doppia cupola dell’unità alti ed alla tecnologia
tweeter-on-top non crederete quanto bene la
musica può suonare.
www.audiogamma.it
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MOBILE FlexCase è una custodia a portafoglio per smartphone che non protegge soltanto
Microsoft mette a punto una cover da sballo
Un prototipo di custodia con gesture touch, nuove forme di interazione e display secondario
di Mirko SPASIANO
rmai è da tempo che nel mondo
degli smartphone non ci sono
grosse novità. Sono ormai diversi
anni che, nel passaggio da una generazione all’altra, vengono introdotti un
processore più potente, uno schermo
più risoluto, una fotocamera migliore
e tanti piccoli upgrade senza nulla di
realmente innovativo. È probabilmente questo che ha spinto i ricercatori di
Microsoft Research a creare FlexCase,
in collaborazione con il Media Interaction Lab dell’Università delle Scienze
Applicate d’Austria e l’Institute of Surface Technologies and Photonics della
compagnia Joanneum Research. Si
tratta di una custodia “a portafoglio”
per telefoni, ma, a differenza della miriade di flip-cover in commercio oggi,
FlexCase fa molto più che proteggere
lo smartphone da graffi e polvere. Infatti, FlexCase monta un display e-ink flessibile e un doppio pannello multitouch,
che possono essere utilizzati per abilitare nuove modalità di interazione con i
nostri telefoni. La flessibilità del display,
poi, non è neanche fine a se stessa, in
quanto il case è in grado di riconoscere
le modalità con le quali viene piegato
e, a ciascuna di queste, può essere associato un particolare comando. Nello
specifico, i ricercatori hanno individuato
tre diverse macro-modalità di interazione, ovvero book, laptop e backside.
Con la prima, lo schermo e-ink può essere utilizzato per estendere il contenuto visualizzato dallo smartphone (quindi
come una sorta di display secondario).
La seconda, dal nome abbastanza autoesplicativo, prevede che il telefono
sia utilizzato in modalità landscape, in
modo che il display e-ink funga da tastiera o da touchpad. Infine, con la terza, la cover viene ripiegata all’indietro
e si sfrutta il pannello multitouch per la
navigazione, evitando di ostruire la visuale sullo schermo dello smartphone.
Tutte e tre queste modalità prevedono
che la cover possa essere piegata in
svariati modi per compiere diverse azioni grazie a un sensore piezoelettrico.
Questo, oltre a riconoscere le gesture
touch che utilizziamo comunemente
con lo smartphone, come gli swipe e il
pinch, riesce a misurare i diversi livelli di
pressione e a ricostruire continuamente
la forma della cover. Come si può vede-

O
torna al sommario
FBI ha speso
1.3 milioni
per sbloccare
l’iPhone. E non
ha trovato nulla
Reuters diffonde
informazioni sulla cifra
spesa dai federali per
lo sblocco dell’iPhone
di uno dei killer della
strage del 2 dicembre
Una cifra ingente
che non ha portato
a risultati apprezzabili
re nel video cliccando qui, è proprio
quest’ultima caratteristica che consente
a FlexCase di effettuare operazioni di
zoom-in, zoom-out o, magari, di rotazione nell’app Mappe. È bene sottolineare
che non si tratta di un prodotto pronto
per la commercializzazione, ma soltanto
di un prototipo. Tuttavia, anche alla luce
della direzione intrapresa da LG con
i “Friends” per il suo G5, verrebbe da
chiedersi se la nuova frontiera dell’innovazione nel campo degli smartphone
non possa davvero avere a che fare con
i loro accessori.
MOBILE Fino a 16 GB di capacità di archiviazione e tre colori
Nuovi colori e più memoria per Fire
Torna il tablet bestseller di Amazon
F
di Dario RONZONI
ire, il tablet marchiato Amazon che ha registrato le vendite più rapide di sempre, amplia la propria gamma con nuovi colori e una capacità di archiviazione
portata a 16 GB. È quanto dichiarato dalla società di Jeff Bezos in un comunicato stampa diffuso recentemente. “Fire è il tablet Amazon venduto più velocemente.
Dal lancio ne abbiamo venduti milioni in tutto il mondo”, ha affermato Jorrit Van der
Meulen, vice presidente Amazon Devices per l’Europa. Il tablet Fire in tre nuovi colori, magenta, blu e arancione, e con 8 o 16 GB di memoria interna è già disponibile
a 59,99€ e a 69,99€ sulla pagina dedicata del sito di Amazon. A un prezzo simile, il
tablet di Amazon resta una delle scelte più interessanti nella fascia entry level, forte
della sua autonomia
fino a 7 ore e del sistema operativo proprietario Fire OS 5
Bellini, dotato di una
nuova interfaccia che
riproduce l’aspetto di
una rivista cartacea.
La tecnologia Blue
Shade, infine, regola
automaticamente la
retroilluminazione e
la ottimizza per rendere la lettura più
confortevole durante
la notte.
di Dario RONZONI
Per due mesi, il tira e molla tra
Apple e FBI per lo sblocco dell’iPhone 5C di uno dei killer della
strage di San Bernardino ha tenuto banco tra le news di cronaca nera e di tecnologia. Il tema
era in effetti assai sensibile e
riguardava in senso lato il diritto
alla privacy di milioni di utenti.
Per questo motivo da Cupertino
è sempre arrivato un secco no
alle richieste di sblocco da parte
dell’FBI, alla ricerca di eventuali
indizi che confermassero una
connessione tra la strage californiana del 2 dicembre 2015 (14
morti) e l’ISIS. A nulla è servito
l’appoggio ad Apple da parte
della stragrande maggioranza
delle aziende di tecnologia, poiché l’FBI ha comunque deciso
di agire autonomamente ingaggiando un team di hacker che ha
completato lo sblocco dell’iPhone, senza però trovare indizi utili
per gli investigatori. Reuters ha
confermato, da un’analisi dei dati
sul budget diffusi dalla stessa
FBI, che i federali hanno speso
1,3 milioni di dollari per portare
a termine lo sblocco, una cifra
che rende l’hacking dell’iPhone
di San Bernardino il più costoso
della storia. E forse anche uno
dei più inutili, visto e considerato
che pare funzioni solo su iPhone
5c ma non con i modelli delle generazioni successive. Ma ormai,
evidentemente, era diventata
una (costosissima) questione di
principio...
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MOBILE I DragonFly Audioquest, Black e Red, all’interno adottano i convertitori targati ESS Sabre
Con Audioquest lo smartphone diventa hi-fi
Nuove versioni per la “libellula” di Audioquest per dare una svolta all’ascolto della musica
Il convertitore digitale/analogico tascabile si può collegare ora anche agli Apple e Android
L’azienda americana
lancia la sua tastiera
Word Flow su iOS
Tra le caratteristiche
di punta l’uso
con una mano
e la personalizzazione
di Roberto FAGGIANO
I
l convertitore portatile DragonFly di
Audioquest nacque nel 2012 per migliorare la resa sonora di PC e notebook, riscontrando un grande successo
per le sue prestazioni sonore e per il
favorevole rapporto qualità/prezzo. Ora
Audioquest raddoppia la linea con i nuovi
modelli DragonFly Black (99 euro) e Red
(199 euro), che oltre a poter funzionare
ancora con i notebook si aprono anche
a smartphone e tablet. Un’iniziativa interessante perché l’ascolto musicale si va
sempre più spostando verso i dispositivi
mobili, nei quali, salvo rare eccezioni, la
riproduzione musicale fa sempre la parte
della “cenerentola”. La compatibilità con
i dispositivi mobili è stata raggiunta diminuendo le esigenze di alimentazione dei
nuovi convertitori. Black e Red riprendono
le ridotte dimensioni del primo modello
di Mirko SPASIANO
ma con la nuova colorazione. All’interno
le novità sono molto importanti perché i
due nuovi modelli adottano gli apprezzati
convertitori D/A della ESS, precisamente
il modello Sabre 9010 nel Black e il Sabre
9016 nel Red. La compatibilità in frequenza è stata volutamente limitata a 96 kHz,
che comunque dovrebbero accontentare gran parte degli appassionati. Le diffe-
renze tra i due modelli riguardano anche
la potenza in uscita per la cuffia, pari a
1,2 Volt per il DrangonFly Black e ben 2,1
Volt per il Red, in modo da poter pilotare
anche le cuffie meno efficienti. Entrambi i
convertitori mantengono la connessione
USB standard e pertanto è necessario
dotarsi di un adattatore specifico per i
modelli Apple e per quelli Android.
MOBILE Gli sviluppatori sono al lavoro per ottimizzare l’uso delle app con mouse e tastiera
Tutte le app Android compatibili con Chrome OS?
Il Google I/O si avvicina e sembra che ci saranno grosse novità in merito a Chrome OS
di Mirko SPASIANO
È

da un po’ che il colosso americano
è al lavoro per portare le app Android su Chrome. Circa un anno
fa, Google ha rilasciato ARC Welder, lo
strumento per il porting delle app Android su Chrome OS. Tuttavia è arrivata
la notizia che un utente Reddit avrebbe
scovato una voce nelle impostazioni per
sviluppatori di Chrome OS che allude
alla concessione dei permessi per le app
Android. Nonostante da Mountain View
abbiano sempre smentito l’intenzione di
far convergere Android e Chrome OS,
qualcosa bolle in pentola senza ombra
di dubbio. Senza entrare troppo nel dettaglio, al momento la Runtime di Android
per Chrome include una versione rudimentale dei Play Services che permette l’esecuzione di un numero ristretto
di servizi, come il Cloud Messaging e
il Google sign-in. Tuttavia, per abilitare
questi servizi, gli sviluppatori sono costretti a un lavoro extra sulla Google
Developer Console. Pertanto, affinché
torna al sommario
Arriva Word Flow
per iOS
la tastiera
ad arco Microsoft
il Play Store sia liberamente accessibile
da Chrome OS, esistono due possibilità:
una versione completa dei Play Services
in Chrome OS o un modulo ARC potenziato. Indipendentemente da quella che
sarà la strada percorsa, gli utenti saranno felici di aver accesso a ben oltre un
milione di app Android dal loro Chromebook. Ciò nonostante, resta da vedere
quale sarà la risposta degli sviluppatori
in merito alla possibilità di far girare la
propria app su un sistema operativo che
è stato costruito intorno a un browser (a
maggior ragione per le app, ad esempio,
di e-commerce, social network e portali
web). Eventuali adattamenti dell’interfaccia e ottimizzazioni per l’uso con mouse
e tastiera richiederanno senz’altro un
maggiore impegno, che data la modesta
diffusione del sistema operativo desktop
di Google, non è detto che siano adeguatamente “ricompensati”.
Microsoft sta continuando a rilasciare software e servizi per le piattaforme mobile concorrenti. Ora è il
turno dell’apprezzatissima tastiera
Word Flow di Windows Phone, che
sbarca su iOS con una veste grafica nuova e molte più opzioni di
personalizzazione. Il design è minimal e le funzionalità di predizione
e swipe sono sostanzialmente le
stesse della tastiera per Windows
Phone, ma ci sono alcune chicche
degne di nota. In primis, c’è la possibilità di personalizzare lo sfondo
e i colori della tastiera, la caratteristica di punta, però, è una particolare modalità ad arco, attivabile
con un semplice tap, volta a migliorare la scrittura con una mano. Al
momento, la Word Flow Keyboard
è disponibile solo negli Stati Uniti,
ma dalle prime indiscrezioni sembra che la tastiera del colosso di
Redmond abbia conservato la sua
proverbiale velocità e accuratezza.
Gli algoritmi predittivi implementati fanno sì che le parole suggerite
migliorino con il tempo e l’uso, così
come le correzioni di eventuali errori di ortografia. Purtroppo non è
ancora noto se e quando questa
tastiera arriverà nel nostro paese.
Tuttavia, si spera che la maggiore
personalizzazione e, magari, la cosiddetta arc-mode arrivino anche
su Windows 10 Mobile in modo
che i pochi affezionati rimasti non
continuino a sentirsi figli di un dio
minore.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
PC Alla Global Press Conference di New York Acer ha presentato le sue novità nel settore PC
Acer fa il convertibile raffreddato a liquido
Nuovi convertibili e notebook ultrastottili all’insegna della superportatilità. Prezzi interessanti
di Gianfranco GIARDINA
l format del momento, il convertibile
tablet-notebook sul modello Surface
(che è ancora in attesa di una vera
consacrazione nei negozi) continua la
sua evoluzione: Acer ha lanciato alla sua
Global Press Conference a New York
Switch Alpha 12, un tablet PC Windows
che ha come caratteristica più originale
un sistema di raffreddamento a liquido.
In questo modo lo Switch Alpha 12 è il
primo convertibile a poter fare a meno
di ventole e altri sistemi in movimento
(il disco è già allo stato solido), guadagnando ovviamente in silenziosità,
autonomia energetica e, almeno da un
punto di vista teorico, in affidabilità: non
sfruttando la convezione aerea, il sistema non rischia di “intasarsi” di polvere
con il conseguente deterioramento
delle prestazioni di raffreddamento; intasamento che a volte, nei sistemi convenzionali, porta anche al blocco della
ventola stessa. Senza ventole – dicevamo – malgrado il potente processore
Intel di 6° generazione (Skylake), che di
solito non ne può fare a meno; la macchina è disponibile, a seconda delle versioni, con processore core i3, i5 o i7 e
con dotazione di RAM da 4 o da 8 GB.
Lo storage è ovviamente SSD con capienze variabili a seconda del modello:
le tre versioni disponibili sono le classiche da 128, 256 e 512 GB, espandibili
eventualmente grazie allo slot micro
SDXC integrato.
Il display multi touch è da 12 pollici,
come suggerisce il nome, con una
densità di pixel molto alta, visto che la
risoluzione è di 2160x1440 pixel, pilo-
Apple propone il refresh
del MacBook con
un nuovo processore,
memoria più veloce
e autonomia a 11 ore
Si parte da 1500 euro
I
di Roberto PEZZALI
tata dalla classico chipset grafico
Intel HD Graphics 520. Tutto ciò
riuscendo a contenere il peso intorno ai 900 grammi per il “tablet”
nudo, che diventano 1,25 kg se si
collega anche la tastiera. A questo
proposito va detto che la tastiera è
opzionale (ma il consiglio è quello
di comprarla) ed è disponibile in
due versioni, la cui differenza sostanziale è la disponibilità o meno della
retroilluminazione.
Lo Switch Alpha 12 arriverà sul mercato
italiano intorno a luglio con un prezzo
di ingresso di 699 euro per la versione meno sofisticata (128 GB SSD, 4 GB
RAM, core i3) e quotazioni a salire per i
modelli meglio equipaggiati.
Aspire S 13, il notebook
ultraportatile per (quasi) tutti
Sul fronte notebook, da sempre l’ambito
elettivo di Acer, l’azienda taiwanese ha
presentato a New York l’Aspire S 13, un
super-sottile decisamente bello, malgrado prezzi di ingresso contenuti per

Acer Switch Alpha 12, il convertibile senza ventole
ma con processore Intel di sesta generazione.
torna al sommario
Apple aggiorna
il MacBook, più
veloce e maggiore
autonomia
la categoria, 799 euro (ma come sempre in dollari il prezzo è di 699!).
Si tratta di un notebook leggero (circa
1,4 kg), molto sottile, con un display da
13” e processori Intel di 6° generazione.
L’autonomia è eccellente (13 ore) ma
solo se si utilizza la batteria potenziata
opzionale da 3 celle e 54 Wh se no ci si
attesta sulle classiche 9 ore.
Le finiture sono due: un classicissimo
nero opaco o un molto più originale
bianco perla con profili oro, con superficie molto bella, zigrinata per aumentare
il grip ed evitare ditate. Molto curati i
particolari e piacevole l’accoppiamento
di materiali diversi soprattutto nella versione bianca.
Aspire S 13, il notebook supersottile e leggero, con display
da 13 pollici e processore Intel Skylake.
Il prezzo resta invariato, 1500 euro
per il modello base, e il design non
si tocca, anche se arriva una nuova finitura Rose Gold: Apple ha
annunciato il refresh della gamma
MacBook, il 12” super-compatto e
leggero che ha debuttato lo scorso
anno raccogliendo anche qualche
critica. Il MacBook è stato aggiornato partendo dai processori, e Apple
ha fatto spesa da Intel portando a
casa i nuovi Intel Core M dual core
di sesta generazione nei modelli
da 1.1 GHz e da 1.3 GHz. Più veloci
anche le memorie, da 1866 MHz al
posto di quelle da 1600 MHz dello
scorso anno. Nuova anche la GPU
integrata nel processore Intel, una
HD Graphic 515 che offre prestazioni a detta di Apple superiori del
25% rispetto al modello precedente, un po’ debole nell’elaborazione
grafica soprattutto 3D. Il cambio
generazionale di processore permette al MacBook di guadagnare
un’ora di autonomia: si arriva a 10
ore di navigazione web Wireless e
a 11 ore di riproduzione film utilizzando iTunes.
Il nuovo MacBook è disponibile
nelle seguenti versioni: Intel Core
m3 dual-core a 1,1GHz, 8 GB di
memoria e unità flash da 256 GB
a €1.499 oppure processore Intel
Core m5 dual-core a 1,2 GHz, 8 GB
di memoria e unità flash da 512 GB
a €1.829. Chi lo ordina online avrà
accesso a un’ulteriore configurazione con processore Intel Core
m7 dual-core a 1,3 GHz.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
PC Novità per quanto riguarda la gamma Predator presentate alla convention Acer di New York
Acer Predator pronti per la realtà virtuale
Il marchio taiwanese arricchisce la gamma Predator dedicata ai gamer di due nuovi prodotti
La potente versione del notebook da 17”, ora overcloccabile, e un minidesktop da trasporto
di Gianfranco GIARDINA
I

l PC batte in ritirata? Non certo per
i gamer più accaniti, che vedono
nel PC (estremamente dotato) praticamente l’unica piattaforma di vera
soddisfazione per videogiocare; PC di
rara potenza, perché ogni frame perso
potrebbe significare una sconfitta, soprattutto adesso che, a colpi di Oculus
Rift e HTC Vive, sta per iniziare l’era del
gaming in realtà virtuale, applicazione
vorace di risorse. Acer, con la sua linea
Predator, ha oramai una posizione solida in questo settore: macchine senza (o
con pochi) compromessi, super-potenti,
versatili e inclini all’upgrade, dall’aspetto aggressivo e “techno”, come si addice a uno strumento per giocatori seri.
Alla Global Press Conference di New
York, Acer ha presentato le novità sul
fronte Predator, giocando su tutti i fronti:
i desktop e i notebook, ovviamente in
piena osservanza delle specifiche tecniche richieste da tutte le piattaforme di
realtà virtuale.
Partiamo dai fissi (o quasi fissi): la novità
è il Predator G1. Si tratta sì di un desktop
ma di dimensioni più contenute rispetto
ai “cassoni” tipici dei gamer: 16 litri di
volume e un telaio che – a detta di Acer
– può anche essere preso sotto braccio
e portato con sé ai LAN party. Una buona idea, visto che malgrado la dimensione contenuta, il sistema accetta schede
grafiche full size Geforce GTX (fino alla
Titan X) e offre quindi al gamer la possibilità di allestire una macchina in grado
di supportare anche le applicazioni più
voraci di risorse grafiche, realtà virtuale compresa. Molto interessante poi la
scheda di rete ibrida Ethernet/Wi-Fi in
grado di lavorare contemporaneamente
torna al sommario
Tutti i MacBook
Air 13” avranno
8 GB di RAM
Apple ha annunciato
che tutti i MacBook Air
in vendita da qualche
giorno avranno 8 GB di
RAM al posto di 4 GB
Una giusta decisione,
anche se c’è il rischio di
confusione con i modelli
attualmente nei negozi
di Roberto PEZZALI
in maniera intelligente su entrambe le
connessioni, indirizzando i dati di gioco,
a priorità più alta, verso la connessione
più veloce (sarà generalmente il cavo)
e riservando a quella più lenta gli altri
servizi, come le audio chat ed eventuali
altri trasferimenti dati attivi. In questo
modo il gamer si assicura la minore latenza possibile e la perfetta costanza
del traffico per un gioco online ai massimi livelli.
Ai primi 1000 che si aggiudicheranno
questa macchina, in regalo anche la
valigia in stile coerente per il trasporto:
il gamer non ha più paura delle trasferte...
Il notebook da paura
da “overcloccare” a go go
La stessa modalità di connessione di
rete (denominata Killer DoubleShot Pro)
utilizzata sul Predator G1 è presente anche sul nuovo notebook da gioco della
serie Predator, il 17 X.
Si tratta di una macchina sulla falsariga
dei precedenti notebook Predator ma
equipaggiato con processori Intel i7
di sesta generazione, scheda grafica
GeForce GTX 980 e soprattutto con la
possibilità di gestire overclock sia sulla
CPU che su GPU e VRAM.
Per fare questo è stata rivista pesantemente la costruzione, inserendo tre
ventole, di cui una particolarmente potente posta sulla parte frontale e che
lavora in aspirazione.
Il 17 X (si tratta in realtà di un 17,3” di display) è disponibile in due versioni: una
con display Full HD e l’altra addirittura
con display 4K.
Potenza ce n’è da vendere, tanto che
questi notebook sono pienamente
compatibili con le pesanti specifiche richieste dai sistemi di realtà virtuale.
La tastiera è retrolluminata ed addirittura a colori; le diverse zone della tastiera sono configurabili con colori RGB a
scelta e le configurazioni possono essere salvate e richiamate in modo da
essere coerenti con il gioco che ci si
appresta a fare.
I nuovi modelli Predator arriveranno a
luglio; il desktop G1 con prezzi a partire
da 1200 euro, mentre per il potentissimo notebook 17 X bisognerà mettere
sul piatto nella migliore delle ipotesi
2999 euro, a salire a seconda delle
configurazioni.
Con una piccola nota a margine
della presentazione della nuova
gamma MacBook 2016 Apple
annuncia una novità che farà sicuramente piacere a chi vuole
comprare un MacBook Air: da
qualche giorno tutti i MacBook Air
da 13” (sono quindi esclusi quelli
da 11”) avranno 8 GB di memoria
al posto di 4 GB. Una scelta giustificata probabilmente dalle risorse
richieste dal prossimo OS X (o
MacOS), e effettivamente 4 GB
di RAM su un MacBook da lavoro
all’alba del 2017 erano una dotazione davvero scarna. Il MacBook
Air vive, nonostante i rumors lo
vogliano presto rimpiazzato da
un nuovo modello “pro” ultraslim
e con grande autonomia. Il passaggio da 4 GB di RAM a 8 GB di
RAM fino ad oggi poteva essere
chiesto in fase di configurazione
aggiungendo 100 euro, soldi che
chi vuole ora un MacBook può investire nell’upgrade di SSD, portando gli scarsi 128 GB ad un più
accettabile 256 GB.
Resta da capire come verranno
gestite le scorte e la vendita dei
modelli attualmente a magazzino:
non siamo davanti ad un modello
nuovo, non cambia il prezzo e ad
aumentare è solo la RAM, quindi
c’è il rischio di trovare nello stesso punto vendita modelli da 4 GB
e da 8 GB. Scegliete bene.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
PC Project Infinite è il nome della nuova funzionalità per gli utenti desktop di Dropbox
Dropbox sfida OneDrive su Windows e Mac
Dropbox potrebbe anticipare Microsoft, portando i placeholders su Windows e Mac
di Mirko SPASIANO
G
li utenti desktop di Dropbox potranno presto sperimentare l’ebbrezza di Project Infinite. Il nome
altisonante nasconde una nuova funzionalità per il client desktop atta a migliorarne significativamente l’integrazione
con il sistema operativo: i placeholders.
Per chi non li conoscesse, si tratta di un
sistema che consente di visualizzare direttamente in Esplora risorse tutti i file
archiviati sul cloud, anche se non sono
fisicamente presenti sul PC.
Tutti i file presenti nella cartella Dropbox
verranno contrassegnati con delle piccole icone: quella della spunta verde (già
presente oggi), che sta ad indicare che il
file è sincronizzato col cloud e presente
sul PC, verrà affiancata da una raffigurante una nuvoletta, ad indicare che il
relativo file è presente esclusivamente
sul cloud. In questo modo, si potrà avere
a portata di pochi click intere collezioni
di file che ammontano a diversi gigabyte
anche su dispositivi con poco spazio di
archiviazione.
PC
Ora l’all in one
è dentro
la scrivania

Lian Li ha presentato una scrivania
che incorpora un vero e proprio
computer. Questo pezzo di mobilio in
alluminio e vetro temperato si chiama DK-04 e, come i suoi predecessori, include una serie di scomparti
per ospitare componentistica da
PC. Sollevato il piano, è possibile
montare fino a 8 Hard Disk, schede
madri Full ATX o mATX con 8 slot
di espansione e fino a 4 ventole da
120 mm o un sistema di raffreddamento a liquido. Offre la possibilità
di installare schede video dedicate
e la quasi totalità dei dissipatori per
processori in commercio. In Europa
a maggio a 1.269,99 Sterline. Clicca
qui per il video.
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HP Chromebook
13 G1, una belva
con RAM da 16 GB
Su HP online sono
comparse le specifiche
tecniche e foto del
Chromebook 13 G1
Un’ammiraglia con
16 GB di RAM e display
QHD da 13,3 pollici
di Andrea ZUFFI
Quando un file o una cartella siano archiviati esclusivamente sul cloud, cliccandovi con il tasto destro da esplora risorse, comparirà un menu contestuale dal
quale si potrà scegliere di salvarne una
copia offline, da utilizzare quando non si
abbia Internet a disposizione. Tutto ciò è
condito anche dalla sincronizzazione in
tempo reale dei placeholders e dall’immediatezza del drag-and-drop.
Insomma, il funzionamento è perfettamente analogo a quello introdotto da Microsoft con OneDrive su
Windows 8 (all’epoca si chiamava
SkyDrive). C’è un’unica, ma grandissima
differenza: Project Infinite porterà i placeholders su Windows 7, 8 e 10 e perfino
su Mac. Microsoft, invece, offre questa
funzionalità soltanto su Windows 8-8.1.
Sono ormai diversi mesi che si rincorrono voci sul ritorno dei placeholders su
Windows 10 con l’Anniversary Update,
ma dal punto di vista ufficiale, tutto tace.
Se non si sbriga, il colosso di Redmond
rischia di essere battuto in casa proprio
sul suo ultimo gioiellino.
GAMING Il nuovo device non avrà bisogno dello smartphone
Samsung lavora a un visore evoluto
di Francesco FIORILLO
a notizia è giunta nel corso della consueta conferenza con gli sviluppatori.
Injong Rhee, responsabile della ricerca e sviluppo di Samsung, ha confermato
che Samsung è al lavoro su un visore stand-alone (in grado di riprodurre contenuti senza l’ausilio di uno smartphone) capace di competere con Oculus Rift e HTC
Vive. Il nuovo device, stando sempre alla parole di Rhee, offrirà un preciso sistema
di rilevamento della posizione, ma proverà anche a risolvere il limite odierno di
questa tecnologia: il collegamento cablato al PC. Un’alternativa wireless è infatti
in fase di studio, ma l’obiettivo resta quello di offrire agli utenti sia la possibilità di
muoversi liberamente, sia un hardware capace di gestire da solo l’universo VR,
senza passare per un personal computer performante e di conseguenza costoso.
Anche un sistema di controllo basato sul rilevamento dei gesti è in fase di studio,
ma lo stesso responsabile della ricerca del colosso coreano ha specificato che, per
arrivare a qualcosa di concreto in questo specifico ambito, bisognerà attendere
almeno un paio di anni. Nel frattempo Samsung aumenterà gli sforzi al
fine di ampliare l’esperienza offerta
da Gear VR. La nuova cam in grado
di catturare filmati a 360° è oramai
pronta per invadere gli store americani, mentre tutta una serie di nuovi
servizi renderà la pubblicazione di
questi contenuti una pratica semplice e intuitiva.
L
Erano passate meno di 24 ore dai
primi rumor su un nuovo Chromebook di HP con 16 GB di RAM e subito sono comparse in rete quelle
che dovrebbero essere le specifiche del notebook. Usiamo il condizionale anche se la fonte, HP Online è da considerarsi autorevole e
piuttosto affidabile. Chromebook
13 G1, questo il nome del nuovo
super modello di HP, è realizzato
con uno chassis in alluminio anodizzato dello spessore di 12,9 mm
e un peso di 1,38 kg. Ci sarà un processore Intel Core M7-6Y75 con
grafica integrata Intel HD Graphics
515 e RAM LPDDR3 da 16 GB. Due
le possibili configurazioni per il display da 13.3’’: QHD+ WLED Bright
View (3200x1800 pixel) uslim-flat
(2.6 mm) da 300 nits oppure FHD
WLED Anti-glare (1920x1080 pixel)
da 330 nits. Scarso lo storage locale
eMMC con solo 32 GB, con 5.1 GB
occupati dal sistema operativo, ma
la scelta mira a spingere per l’utilizzo dello spazio aggiuntivo cloud di
Google Drive. La connettività Wi-Fi
802.11ac e Bluetooth 4.2 sono affidate al chip Intel Dual Band Wireless - AC 7265. Il comparto audio
è costituito da due speaker ed è
targato B&O PLAY; la webcam HD
integrata cattura filmati a 720p a 30
fps. Grazie alla retroilluminazione
la tastiera può essere usata al buio,
Il sistema operativo è Chrome OS.
Nessuna notizia per ora sulla data
di commercializzazione e il prezzo
di vendita al pubblico.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
GAMING Neo è il nome in codice della nuova PlayStation 4 su cui continuano le indiscrezioni
Nuova PS4, ecco le probabili specifiche
Tra le caratteristiche un CPU più veloce, maggior banda di memoria e GPU raddoppiata
Ma i giochi resteranno perfettamente compatibili con il modello attuale (per fortuna)
S
di Alvise SALICE
ony raddoppia la posta in gioco.
Dopo aver abbondantemente
consolidato la leadership di PlayStation 4 sull’odierna generazione di
console, pare aver tutta l’intenzione di
giocare in anticipo sulla concorrenza,
presentandosi armata fino ai denti all’alba dell’era 4K e Virtual Reality. Pare
che nei laboratori nippoamericani stia
prendendo forma la nuova iterazione
della macchina da gioco, ricarrozzata
per supportare al meglio il visore e i titoli
in Ultra HD. Dopo il crescente tam tam
degli ultimi mesi, costellato di conferme
e smentite, alcune forti voci di corridoio
hanno snocciolato le principali caratteristiche hardware della PS4 “NEO”, nome
in codice della nuova console. Concentriamoci sui potenziamenti che permetterebbero al nuovo sistema di gestire un
output video fino ad oggi esclusivo appannaggio dei PC Ninja. Il portale GiantBomb delinea un triplice potenziamento.
Per prima cosa, il chipset a 8-core AMD
Jaguar salirà dagli odierni 1.6 GHz a quota 2.1 Ghz, potendo così gestire una mole
computazionale superiore di oltre il 30%
a quella processabile dalla CPU del modello 2013. Quanto alla RAM, non servirà
alcun incremento quantitativo, essendo
Dopo 10 anni
stop produzione
Xbox 360

Microsoft, dopo 10 anni, ha interrotto
la produzione di console Xbox 360.
L’annuncio giunge dal colosso di Redmond, che ha comunque rassicurato
i fan specificando che i servizi Xbox
Live continueranno a essere attivi. Phil
Spencer, capo della divisione Xbox ha
dichiarato: “Sono orgoglioso di tutto il
lavoro e della dedizione per lo sviluppo hardware e dei software Xbox 360
negli ultimi 10 anni. Sono grato ai fan
per la loro continua passione e il loro
sostegno. Xbox360 significa molto
per Microsoft. Abbiamo preso però
la decisione di fermare la produzione
di nuove Xbox 360. Continueremo
a vendere le console esistenti ma la disponibilità varierà da Paese a Paese”.
torna al sommario
gli 8 GB GDDR5 una
dotazione tutt’oggi
ragguardevole (e che
al lancio di PS4 era
preclusa persino alle
schede video topend); in compenso,
la velocità di banda
salirà dagli originali
176 GB/s fino a 218
GB/s. Come prevedibile, l’aggiornamento “monstre” toccherà alla GPU, che dovrebbe impiegare il chip Polaris10 “Ellesmere” destinato da AMD alle prossime
Radeon R9 480: architettura Graphics
Core Next con 36 Compute Unit (2.304
stream processor) operanti alla frequenza di 911 MHz. La PS4 standard si
ferma a 18 CU (per 1.152 sp) clockati a
800 MHz: in soldoni, significa che NEO
vanterà performance grafiche almeno
raddoppiate.
Pare che Sony voglia impegnarsi a rilasciare soltanto titoli compatibili con entrambi i sistemi, per l’intero ciclo di vita
di entrambi. I giochi, infatti, funzioneranno in modalità “standard” sulla PS4 del
2013 e “neo” sul modello restyling. Dal
punto di vista strettamente ludico, poi,
non dovrebbero esistere feature esclusive in versione NEO; specie in ambito
online, data la ferrea volontà di Sony di
non frammentare la propria community,
ora che ha raggiunto dimensioni e successo paragonabili a Xbox Live (dopo
anni di duro inseguimento). Considerando, alla fine della fiera, il prezzo vociferato per PlayStation 4 NEO (399 $), è bene
aspettare la macchina con trepidazione
molto composta: a un aggiornamento
su carta di statura semi-generazionale,
farà da contraltare un miglioramento
che, nella pratica, risulterà tanto interessante per i possessori di TV 4K quanto
irrilevante per gli altri, data la sostanziale
fungibilità dell’esperienza tecno-ludica
che si prospetta fra i due modelli. Scelta
forse tecnologicamente un filo conservativa da parte di Sony, ma comprensibile sul piano commerciale: il mercato
console non è ancora pronto a cicli di
ricambio hardware troppo repentini.
GAMING
AMD Radeon
Pro Duo
la scheda
per la realtà
virtuale
AMD ha annunciato che la sua nuova
scheda grafica di fascia alta è disponibile. Radeon Pro Duo può generare
16 TFLOPS di capacità di calcolo e
grazie alla tecnologia FireRender,
che offre uno scaling migliore di
quasi due volte rispetto alle comuni
soluzioni, è in grado di aiutare gli sviluppatori nel creare mondi VR ancora
più realistici. Tale mostro di potenza,
caratterizzato da ben 8 GB di memoria HBM, non è considerato come
una vera e propria scheda grafica da
gioco ma, stando alle parole della
società americana, è indirizzata agli
sviluppatori impegnati a risolvere i
problemi della Virtual Reality, come
quello relativo alla latenza o ai lunghi
workflow. Nulla impedisce di utilizzare la neonata GPU Radeon anche
nell’ambito del gaming domestico,
ma il prezzo di 1650 euro e le scorte
limitate potrebbero rappresentare
per molti uno scoglio insormontabile.
GAMING Alla fiera di Los Angeles sarà mostrato l’ultimo capitolo di The Legend Of Zelda
Nintendo NX arriva in tutto il mondo a marzo 2017
L’attesa console non sarà presentata al prossimo E3. Novità in arrivo sul fronte mobile
di Roberto PEZZALI
el corso della riunione con gli azionisti che si è svolta nei giorni scorsi, Nintendo non si è limitata ad
annunciare i risultati finanziari dell’anno
fiscale concluso il 31 marzo scorso, ma
ha rivelato anche un importante tassello
del suo futuro. L’attesa console domestica, conosciuta al momento con il nome
in codice di “Nintendo NX”, sarà caratterizzata da un concept inedito e verrà
lanciata in tutto il mondo a marzo 2017.
Le vendite della macchina, sia hardware
che software, sono state inserite nelle
previsioni finanziarie del prossimo anno
fiscale, ma la società non si è addentrata
in ulteriori dettagli. Le notizie non si sono
N
esaurite qui. Stando alle
stesse parole del colosso giapponese, NX verrà
presentata entro la fine
dell’anno, ma non verrà
esposta sotto i riflettori
dell’E3.
All’importante
evento di Los Angeles
l’azienda si concentrerà invece sul nuovo
The Legend Of Zelda, atteso per il 2017 e in sviluppo sia su NX
sia su WiiU. Sul fronte mobile, dopo
lo straordinario successo di Miitomo,
la grande N ha in serbo tre nuovi titoli,
destinati ai dispositivi iOS e Android.
Pokémon Go porterà gli allenatori di tut-
to il mondo a catturare i mostriciattoli tascabili nei giardinetti sotto casa, mentre
i restanti due saranno legati alla saga di
Fire Emblem e a quella di Animal crossing. Si tratterà di giochi veri e propri e
non di semplici companion app.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
GAMING I visori protagonisti della realtà virtuale attualmente sono Oculus Rift, HTC/Valve e il device di Sony per PS4
Ecco tutti i segreti del gaming in Realtà Virtuale
L’interesse intorno alla realtà virtuale è grande e il settore del gaming è senza dubbio la sua prima applicazione
Diamo uno sguardo alle piattaforme e ai contenuti videoludici da sfruttare nella nuova dimensione dei videogame
D
di Francesco FIORILLO
ire che l’interesse sulla realtà virtuale è in continua e forte crescita, ormai, non dovrebbe
suonare come un’eresia neppure all’orecchio
dell’appassionato più scettico. Non solo gli annunci
da parte delle varie aziende si susseguono a un ritmo
elevatissimo, ma anche gli investimenti da parte delle
maggiori case di sviluppo stanno acquisendo spessore sempre maggiore.
Oculus Rift e il visore nato dalla collaborazione fra
HTC e Valve, nonostante qualche intoppo di troppo
legato alla gestione dei preordini, sono oramai realtà, mentre il device di Sony (destinato a PlayStation
4) è atteso al varco per il prossimo autunno. Tutto è
dunque pronto per dare il via a questa decantata rivoluzione dell’intrattenimento domestico, anche se al
momento, nonostante le applicazioni possibili siano
molteplici, tutti gli sforzi sembrano concentrarsi sui
classici progetti videoludici. Gli utenti che decideranno di far proprio uno dei tre visori potranno dunque
vivere in prima persona le avventure digitali fin qui
confinate negli schermi televisivi e sperimentare sulla
propria pelle un modo completamente nuovo di vivere questo particolare mezzo. È davvero difficile non
lasciarsi ammaliare da tali scenari, ma è innegabile
che questa tecnologia possieda, almeno al momento,
più di un lato oscuro.
Per saltare sul treno della VR, ad esempio, occorre
un investimento non indifferente, qui trovate il nostro approfondimento sull’argomento, mentre molti
possibili acquirenti non sono ancora riusciti ad avere
un’idea chiara sui contenuti e le possibili differenze
fra i tre principali visori. Anche se potrà sembrare strano, i due dispositivi di realtà virtuale, tralasciamo per
il momento il visore Sony, divergono solo nella filosofia alla base del loro design; sebbene entrambi siano
capaci di offrire un’esperienza tradizionale tramite un
controller da console, il pacchetto base di HTC Vive
garantisce sin da subito anche uno spazio virtuale di
4,5 x 4,5 metri tutto da esplorare.
Oculus Rift dispone però anch’esso di un sistema di rilevamento dei movimenti e nel prossimo futuro, quando i due Oculus Touch diverranno disponibili, questa
prima differenza potrebbe perdere molta della sua
valenza. Anche sul piano dei contenuti e dei relativi
store la situazione non propone particolari variazioni,
nonostante i soliti uomini marketing suggeriscano il
contrario. Il famoso negozio digitale Steam ha già una
sezione interamente dedicata alla realtà virtuale (consultabile qui) e permette di acquistare e scaricare una
buona varietà di contenuti per entrambi i dispositivi.
Rift invece si affida a uno store prioritario elegante e leggibile, navigabile sia tramite il visore, sia sul
proprio PC di casa (quest’ultima versione viene resa
disponibile subito dopo aver collegato per la prima
volta la periferica tramite USB3.0). Oculus, inoltre, sta
provando anche ad informare i giocatori sui potenziali
disagi legati al tanto temuto motion sickness, suddividendo le varie esperienze in tre categorie: intensa,
moderata e confortevole.
L’approccio di Sony, per ovvi motivi, sarà invece piuttosto differente. Qui l’accessibilità la farà sicuramente
da padrone, il PlayStation Store venderà i contenuti e
non ci saranno requisiti di alcun tipo da rispettare. Al
contrario dei suoi diretti concorrenti, inoltre, la società
nipponica potrà contare sulla presenza di molti titoli
in esclusiva e, non dimentichiamolo, su un prezzo di
mercato molto più basso. Decretarne la sconfitta solo
in virtù delle sue ridotte specifiche tecniche non è
dunque corretto e se la storia dell’elettronica ci ha insegnato qualcosa è che a decretare il successo di una
nuova tecnologia sono sempre i contenuti. Proprio
per questo abbiamo deciso di selezionare i titoli più
interessanti, quelle esperienze capaci di convincere
qualcuno ad aprire il portafogli al sol fine di immergersi in nuovo universo virtuale. Nausea permettendo.
EVE: Valkyrie
Piattaforme: Oculus Rift, HTC Vive e PlayStation VR
Grado di disagio: Elevato
Forse uno dei titoli maggiormente noti in ambito VR
e, per molti, il vero banco di prova per questa nuova
tecnologia. Una volta entrati in cabina di pilotaggio
basterà muovere la testa per guardarsi intorno. Lo
spazio diventerà immediatamente credibile e coinvolgente e un sorriso compiaciuto si stamperà sul volto
di chiunque. I problemi però potrebbero sopraggiungere nelle fase successive, quando il gioco metterà in
scena tutta una serie di rapidi, spettacolari e violenti
scontri spaziali. I repentini cambi di direzione potrebbero infatti impressionare le retine di molti, ma anche
smuovere gli stomaci dei giocatori più sensibili.
Clicca qui per il video.
Edge of Nowhere
Piattaforma: Oculus Rift
Grado di disagio: Moderato
Quando si parla di videogiochi e VR sono in molti a
focalizzare nella propria mente un’unica tipologia di
titoli, quelli in prima persona. Sviluppato dallo stesso team che ha dato i natali a serie storiche come
Ratchet & Clank e Resistance, il gioco di Insomniac
proporrà invece un’avventura più tradizionale, ricca
di azione, ambientazioni suggestive e rocambolesche
fughe dalle profondità delle montagne antartiche. Il

segue a pagina 22 
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
GAMING
Tutti i segreti della realtà virtuale
segue Da pagina 21 
tutto, grazie alle nuove opportunità offerte dai visori
VR, potrà esser ammirato da una nuova prospettiva,
che promette un’immersione senza precedenti.
Clicca qui per il video.
The Climb
Piattaforma: Oculus Rift
Grado di disagio: Moderato
Immaginatevi aggrappati a un piccolo appiglio roccioso, sospesi a centinaia di metri dal suolo. Lo stomaco
si chiude, una goccia di sudore freddo scende lungo la
schiena e mentre si è intenti a non abbassare troppo
lo sguardo, giusto per evitare quello spiacevole senso
di vuoto, si deve cercare a tutti costi di raggiungere
la cima. I deboli di cuore potrebbero trovarlo eccessivo, ma The Climb è perfetto per mostrare agli amici
quel senso d’immersione che solo un’esperienza in
VR può offrire. Il titolo Crytek, poi, può vantare anche
un comparto grafico davvero sbalorditivo, assemblato
tramite il poliedrico motore CryEngine.
Clicca qui per il video.
The Assembly
e disperata ricerca di una fonte di ossigeno sono le
basi di questa nuova e terrificante esperienza. Adr1ft,
una volta indossato il visore, ha il potere di sbalordire
il giocatore, spiazzarlo e tramortirlo, per poi accompagnarlo in una breve avventura emozionante. Peccato
che il progetto distribuito da 505 Games risulti al momento anche uno dei titoli maggiormente faticosi.
Clicca qui per il video.
Affected
Piattaforma: Oculus Rift
Grado di disagio: Moderato
Sin dalla loro prima presentazione, i dispositivi VR
hanno solleticato la fantasia degli appassionati dell’horror. Affected, definita dagli stessi sviluppatori
come “un’esperienza di orrore reale in un mondo virtuale”, sarà uno dei primi titoli a spaventare oltremodo
gli utenti in possesso di un Oculus Rift. Il coinvolgimento generato sembra essere massimo e, di conseguenza, anche il senso di paura e angoscia toccherà
vette mai raggiunte prima. Affected ci vedrà protagonisti di tre incubi differenti (il Maniero, il Manicomio e
il Carnevale) affrontabili separatamente, oppure uno
di seguito a l’altro; anche se in questo caso occorrerà
possedere una buona dose di coraggio.
Clicca qui per il video.
ADR1FT
Rigs
Piattaforme: Oculus Rift e PlayStation VR
Grado di disagio: Elevato
Insieme alla paura di esser sepolti vivi, quella di ritrovarsi sperduti nello spazio profondo è una prospettiva
carica di terrore. Il silenzio assordante, il continuo galleggiare in luoghi asettici e abbandonati, la costante
Piattaforme: PlayStation VR
Grado di disagio: N.D.
Nonostante gli sparatutto in soggettiva siano il genere maggiormente in voga nell’intera industria videoludica moderna, pochissimi sono ad oggi i titoli pieni
di sparatorie destinati all’universo VR. Rigs, atteso nei

Piattaforme: Oculus Rift, PlayStation VRe HTC Vive
Grado di disagio: Confortevole
The Assembly, nonostante non possa vantare la visibilità di altri titoli destinati ai device per la realtà virtuale, potrebbe rivelarsi una delle migliori esperienze
in questo ambito. Lo sviluppatore nDreams sta infatti
realizzando una storia dai toni adulti, da vivere con il
fiato sospeso attraverso gli occhi di due protagonisti.
Il senso della scoperta, due prospettive diametralmente opposte da seguire con attenzione (una viene
addirittura definita dallo stesso team come “disturbante”) e un ritmo finalmente lento e ragionato, sono gli
ingredienti di un titolo intelligente e pensato davvero
per esser goduto con indosso un visore.
Clicca qui per il video.
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primi mesi di vita di PlayStation VR, proverà a colmare
tale lacuna, ma nel farlo proporrà anche diverse e interessanti novità. A bordo di futuristici mech i giocatori
dovranno si sbagliare gli avversari riversando su di loro
un gran quantitativo di proiettili, ma avranno anche il
compito di segnare quanti più punti possibili. L’esclusiva Sony fonde infatti gli aspetti action degli FPS con
quelli dei titoli sportivi, generando una sorta di ibrido
fra il basket e un Unreal Tournament a caso.
Clicca qui per il video.
AltspaceVR
Piattaforme: Oculus Rift, HTC Vive, Microsoft Kinect
e Samsung Gear VR
Chiudiamo questa piccola finestra sui titoli videoludici
più promettenti in arrivo sui dispositi VR proponendo
un progetto “indie” alquanto interessante.
AltspaceVR non è però un classico gioco. Si tratta
infatti di un’applicazione social innovativa, nata per
sfruttare tutte le peculiarità di questa tecnologia. Gli
utenti rappresenteranno di fatto se stessi in un modo
virtuale ricreato per l’occasione. Grazie alla periferica
Kinect i gesti verranno riproposti nell’ambiente digitale e le interazioni classiche raggiungeranno un nuovo
livello.
Si potrà parlare con gli altri, ma anche partecipare in
compagnia a una sessione di Dungeons & Dragons, il
famoso gioco di ruolo fantasy creato da Gary Gygax
e Dave Arneson nel lontano gennaio 1974. Straniante per qualcuno, profondamente sbagliato per altri e
addirittura pericoloso per qualche spaventato utente,
AltspaceVR potrebbe davvero arrivare, un giorno, a
condizionare la vita di molti appassionati.
Clicca qui per il video.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
SOCIAL MEDIA WEB Novità dal newsfeed di Facebook: filtri più precisi sui contenuti di qualità
Facebook dichiara guerra ai titoli “acchiappa click”
Un occhio di riguardo alla pluralità delle fonti. Spam e clickbait sono a rischio estinzione?
Google sta per
introdurre su YouTube
i video pubblicitari
da sei secondi che gli
utenti non potranno
evitare
di Dario RONZONI
D
a tempo il filtro di contenuti
realmente interessanti per i singoli utenti è una delle priorità di
Facebook. Il rischio sovraffollamento
delle bacheche è sotto gli occhi di tutti
e i nuovi algoritmi introdotti nel corso
dei mesi hanno stretto i filtri in maniera selettiva in base a una serie sempre
più raffinata di parametri.
Tra le novità che il social network introdurrà a breve su questo versante c’è
anche un riferimento al tanto odiato
clickbait, la discutibile pratica di invogliare l’utente a cliccare su una determinata notizia “adescandolo” con titoli
ad effetto o notizie bomba volutamente
incomplete.
Il nuovo algoritmo di newsfeed dovrebbe riuscire a filtrare in maniera
ancor più precisa i contenuti in base a
un parametro di qualità, focalizzato in
particolare sul tempo speso dai singoli
utenti nella lettura di un articolo istantaneo o di un contenuto più ampio raggiunto tramite web browser. Al momen-
di Giulio MINOTTI
to lo sviluppo è concentrato sul
versante mobile, ormai il bacino
d’utenza di riferimento, mentre non ci sono indicazioni su
eventuali mosse simili in campo
desktop.
Pare inoltre che Facebook voglia incentivare la lettura di contenuti provenienti da più fonti, il
che potrebbe danneggiare chi
pubblica numerosi aggiornamenti di
stato nel giro di breve tempo. Se da un
lato gli spammer sono avvisati, dall’al-
tro questa mossa potrebbe danneggiare chi, legittimamente, sull’update
tempestivo ci campa.
FOTOGRAFIA JVC lancia un prodotto a metà tra le videocamere classiche e le Action Cam
JVC Everio R: super reristenti e con ottica al top
Tra i punti di forza delle Everio R ci sono una lunga autonomia e un’elevata qualità ottica
S
di Dario RONZONI

i chiama Everio R la nuova gamma
di videocamere JVC, una sorta di
ibrido che va ad abbracciare anche
il segmento delle Action Cam e che di
fatto porta avanti la medesima filosofia
inaugurata lo scorso anno con i modelli
GZ-RX515, GZ-RX510, GZ-R315 e GZR310.
La gamma comprende al momento
quattro modelli, con prezzi compresi
tra i 299,99 € e i 399,99 €. La caratteristica peculiare delle nuove Everio R
risiede nella loro struttura Quad-Proof,
che permette a queste macchine di
sopportare cadute da 1,5 metri, polvere,
freddo e acqua (resistente fino a 5 metri
di profondità). A tutto questo va aggiunta un’autonomia fino a 5 ore, garantita
dalla batteria incorporata. Dove le Everio
giocano pesante, con l’intento dichiarato
di sbaragliare le prestazioni delle action
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Su YouTube
arrivano
i Bumper
cam che vanno per la maggiore, è nel
comparto ottico, capitanato dall’obiettivo Konica Minolta HD e da un sensore
CMOS retroilluminato da 2,5 Megapixel.
Stabilizzatore di immagine avanzato e
zoom ottico 40x, abbinati a un generoso touchscreen LCD da 3” garantiscono
prestazioni decisamente superiori a buona parte della concorrenza nel segmen-
to rugged. Peccato per l’assenza del 4K
(registrazioni “solo” in Full HD).
I modelli più accessoriati (GZ-RX615/
RX610) dispongono inoltre di una memoria interna di 8GB e di connettività WiFi. La ghiera da 37mm, infine, consente
l’utilizzo di ottiche e filtri di terze parti,
aspetto che aumenta considerevolmente la versatilità del sistema.
Sul blog ufficiale di AdWords,
Zach Lupei, Product Manager
della divisione Video Ads, ha
annunciatol’arrivo su YouTube di
un nuovo formato di inserzioni
pubblicitarie, denominato Bumper ads. I Bumper ads sono dei
brevissimi video promozionali
di appena 6 secondi che, a differenza di quelli più lunghi già
esistenti, non potranno essere
saltati dall’utente in nessun caso.
Questo nuovo strumento pubblicitario entrerà a far parte del
circuito AdWords di Google ed è
stato concepito soprattutto per la
visualizzazione su dispositivi portatili come smartphone e tablet. I
Bumper ads non andranno a sostituire gli spot tradizionali che di
solito durano tra i 15 e i 60 secondi, ma che possono, però, essere
saltati dopo solo 5 secondi.
Questo formato pubblicitario rientra in una nuova strategia messa
in campo dal colosso di Mountain
View indirizzata in particolare agli
utenti mobili. Secondo i dati riportati da YouTube, questo tipo di
utenza è sempre più diffuso; oggi,
infatti, il 50% delle persone di età
compresa tra 18 e 49 anni preferisce utilizzare dispositivi portatili
per la riproduzione dei video. Tra
i primi ad aver sperimentato questo nuovo formato c’è Atlantic
Records che ha realizzato diversi
mini spot per l’uscita del secondo
disco della Band inglese Rudimental. Inoltre in Germania, Audi
utilizzerà i Bumper per promuovere la sua nuova gamma di SUV.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
APP WORLD Apple ha scelto 3 partner per sviluppare 4 app per aiutare il rapporto medico-paziente
Ecco le prime 4 applicazioni per CareKit
One Drop, Glow Nurture, Glow Baby e Start, sono il probabile inizio di un lungo percorso
di Emanuele VILLA
C
areKit è la piattaforma software
aperta sviluppata da Apple per
permettere a pazienti e medici di
monitorare costantemente i progressi
fatti e fornire un database molto più ampio e strutturato in tempi ridotti. Recentemente Apple ha annunciato le prime app
sviluppate da terzi in tema di diabete,
gravidanza e depressione. Si chiamano
One Drop, Glow Nurture, Glow Baby e
Start: sono già disponibili sull’App Store
e sono la testa di ponte di un progetto
nel quale l’azienda californiana crede
molto. Dopo aver dato la possibilità a
scienziati e ricercatori di “reclutare” una
base di tester amplissima con il solo uso
di un iPhone e di un’app, ora l’obiettivo è
mettere in contatto diretto medici e pazienti per far si che i dati rilevati ed inviati
si tramutino in qualcosa di concreto ed
immediato.
Come? Con 4 “moduli” all’interno delle
app, che si focalizzano sulla creazione
di piani per monitorare eventi pre e post
trattamenti, misurazione dei sintomi, comunicazione paziente-studio medico ed
analisi dei progressi sulla base dei dati
inviati ed analizzati.
One Drop sfrutta il nuovo framework per
aiutare i propri utenti affetti da diabete a
tener traccia dei sintomi, impostare degli
obiettivi da raggiungere e condividere
con il proprio studio medico i risultati ottenuti. Niente che la startup non potesse
fare in autonomia, ma l’aiuto di Apple ha
accelerato la roadmap e risolto un po’ di
problemi, stando a quanto ha dichiarato
il CEO di One Drop Jeff Dachis.
Jennifer Tye, vice presidente marketing
e comunicazione di Glow, spiega invece
come le loro app di gravidanza e crescita del bimbo nel primo anno di vita
sfrutteranno il modulo di comunicazione,
dando la possibilità alla neo mamma di
mandare notifiche immediate a medici,
parenti e persone che ritiene le potranno
essere d’aiuto.
Start, l’ultima app che guadagna il supporto di CareKit, aiuterà i pazienti affetti
da depressione ed i loro medici affetti
Sviluppato
in Spagna, Bioo Lite
è il rivoluzionario
caricatore che sfrutta
la fotosintesi clorofilliana
per accumulare energia
per lo smartphone
da rifiuto alla tecnologia a comunicare
meglio nonostante il “gap” comunicativo:
l’app, infatti, permetterà di inviare i risultati dei test clinici PHQ-9 non solo via app o
mail, ma anche al caro vecchio fax.
Un portafoglio di utilizzi davvero ampio,
quindi, focalizzato sull’uso scientifico ma
che potrebbe trovare una sua dimensione anche in altre realtà: non facciamo
fatica ad immaginare il team medico di
una squadra di football usare le app per
controllare la condizione fisica dei propri
giocatori, e chissà quali altre impieghi potranno sperimentare gli sviluppatori.
GADGET Da Sandisk le unità flash compatibili con iPhone e iPad, risolvendo i problemi di storage
Sandisk iXpand, una manna per l’iPhone da 8 o 16GB
Sono chiavette USB con connettore Lighting che rendono semplice il travaso su PC o MAC
di Franco ACQUINI
a iXpand di Sandisk è un’unità di
memoria flash pensata per risolvere il principale problema di ogni
possessore di iPhone o iPad: la memoria limitata. Da un lato hanno un connettore lightning con il quale si collegano
al dispositivo iOS, dall’altro un comune
connettore USB3.0. Si collega al dispositivo, si scaricano foto, video o musica
liberando tutto lo spazio necessario, e
poi si travasa il tutto su PC o Mac collegandola tramite la porta USB. Un’idea
semplice ma efficace, che risolve uno
dei principali limiti dei possessori dei
dispositivi Apple. Se la concorrenza
Android può contare sulla possibilità
di espandere lo storage di base con
memorie MicroSD, i possessori di dispositivi iOS con 16GB di memoria sanno quanto può essere complicato far
convivere insieme applicazioni, aggiornamenti di sistema, musica e qualche
foto o video. iXpand invece, con l’ap-

L
torna al sommario
plicazione tutta nuova iXpand Drive, è
capace di fare il backup automatico di
foto, video e contatti. Tutti dati che possono essere criptati, per metterli in sicurezza in caso di furto o smarrimento.
In più, iXpand Drive è anche un player
multimediale con il quale poter vedere
video (o film) direttamente dalla me-
In arrivo
il caricabatterie
che prende
energia
dalle piante
moria. Sandisk
iXpand è disponibile in tagli da
16, 32, 64 e 128GB al rispettivo prezzo
di €49,99, €64,99, €89,99 e €139,99
ed è compatibile con iPhone (dal 5 in
su), iPad Air 1 e 2, iPad Pro e mini (tutta
la gamma).
di Alvise SALICE
A volte capita che il progresso
scientifico riesca a far felici sia gli
hi-tech lover che gli ecologisti. È
il caso del Bioo Life, una tecnologia di ricarica che preleva energia
non da reti elettriche, ma dalla fotosintesi clorofilliana, ossia quel
processo chimico grazie al quale
gli organismi vegetali producono
sostanze organiche come carboidrati a partire dalla CO2 atmosferica e dall’acqua metabolica, in
presenza di luce solare. Qui lo
spettacolare video di presentazione. Il progetto è ancora in fase
embrionale, in via di perfezionamento presso Arkyne Technologies, che ne ha lanciato mesi fa
una campagna di crowdfunding
online (dopo anni di ricerche),
ottenendo un riscontro superiore alle più rosee aspettative.
Secondo i produttori, tuttavia, il
processo ha già raggiunto lo status “efficiente”: il Bioo Life sarà
in grado di ricaricare uno smartphone fino a tre volte al giorno,
funzionando persino nottetempo
grazie alle capacità di accumulo
diurno, grazie ad un output di
3,5 volt e 500 mAH (quasi pari
a quello di una porta USB). Pur
avendo già abbondantemente
superato i 15.000 € necessari al
finanziamento, la campagna resterà aperta ancora per un mese
su Indiegogo.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
SMARTHOME È stata rilasciata la nuova versione dell’app Philips Hue disponibile per iOS e Android
Illuminazione smart con Philips Hue 2.0
Diverse le novità introdotte tra cui la possibilità di gestire contemporaneamente più Stanze
di Gaetano MERO
hilips Lighting ha presentato una
versione completamente rinnovata
dell’applicazione Philips Hue, definita gen 2, con interfaccia e funzionalità
riprogettate da zero per assicurare maggiore controllo sull’illuminazione degli
ambienti nella nostra smarthome. L’app
presenta una grafica più intuitiva rispetto
alla precedente generazione e permette
di gestire con facilità il sistema di illuminazione targato Philips. Con la nuova
opzione “Stanze” è possibile controllare
contemporaneamente le luci di un determinato ambiente o di una zona specifica
della casa a nostro piacimento, basterà
selezionare il gruppo di lampadine che
si trovano nell’area che intendiamo gestire e dare un nome alla stanza. Potremo
dunque chiedere alle luci della camera
da letto, direttamente dallo smartphone o
attraverso i comandi vocali, di attenuarsi,
spegnersi o accendersi. Per avere il tipo
di luce adatto ad ogni momento della
giornata Philips Hue introduce “Attività
quotidiane” che propone quattro principali tipi di luce bianca: concentrazione,
lettura, relax ed energizzante. Dalla stessa sezione è possibile attivare le modalità
“Risveglio”, per un graduale aumento dell’intensità luminosa che imita il sorgere del
sole, e “Luce Notturna”, che sprigiona un
livello di illuminazione molto basso per un
sonno più tranquillo. A breve sarà disponibile anche la feature “White Ambiance” grazie a cui l’utente disporrà di tutte
le sfumature di luce bianca, da fredda
(6500k) a calda (2200k). La funzionalità
“Scene” è la più divertente, pensata per
stupire gli amici o per creare l’atmosfera
perfetta per una cena romantica. Selezionando una foto qualsiasi dalla galleria del
telefono, Philips Hue estrarrà la palette di
colori dall’immagine scegliendo automaticamente cinque sfumature, tra 16 milioni
di tonalità disponibili. L’utente avrà la possibilità di personalizzare l’illuminazione
dell’ambiente scegliendo ulteriori colori,
l’app dispone tra l’altro di alcuni scenari
precaricati come prato fiorito, tramonto
nella savana o crepuscolo tropicale da
utilizzare all’occorrenza. Risulta migliorata la sezione “Widget” che consente
adesso di visualizzare nel menù a tendina fino a 10 ambienti diversi, unendo
“Stanze” e “Scene” differenti, in modo
da avere un rapido accesso alle impostazioni di luce dell’intera casa. Con Philips

P
torna al sommario
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Alessandra Lojacono, Simona Zucca
Hue gen 2 sarà, infine, possibile gestire
da remoto l’intero sistema di illuminazione della casa grazie alla funzione “A casa
e fuori casa”, potremo dunque comodamente controllare se abbiamo spento le
luci direttamente dallo smartphone, senza troppi pensieri. Inoltre se attiviamo la
geolocalizzazione le luci potranno accendersi autonomamente quando entriamo
in casa o spegnersi quando lasciamo la
nostra abitazione. L’applicazione offre il
massimo della versatilità in quanto compatibile con le principali piattaforme di
domotica quali Apple HomeKit, Samsung
SmartThings, Amazon Alexa, Bosch, Nest.
Philips Hue gen 2 è già disponibile gratuitamente per dispositivi iOS e Android nei
rispettivi store.
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
[email protected]
Per la pubblicità
[email protected]
SMARTHOME Leggero e silenzioso, il phon Dyson sarà disponibile da giugno nel Regno Unito
Dyson Supersonic, il potente asciugacapelli hi-tech
Supersonic è il primo asciugacapelli di Dyson: ha un microchip che regola la temperatura
D
di Gaetano MERO
yson ha presentato il suo primo
asciugacapelli, Dyson Supersonic.
Il dispositivo rispecchia completamente lo stile minimale a cui la società
britannica ci ha abituato in questi anni
con un design che si distingue fortemente dalla massa e funzionalità premium.
Ci sono voluti ben quattro anni di studio
prima che il Supersonic potesse vedere la luce, il risultato è un phon leggero,
maneggevole e dal peso bilanciato grazie all’alloggiamento della meccanica
nel manico e non nella parte superiore,
come nella maggior parte dei prodotti
in commercio. Il getto d’aria è potente
e regolabile su quattro livelli di calore
differenti, è naturalmente possibile azionare all’occorrenza anche l’aria fredda. Il
flusso d’aria è preciso e orientabile, con
un’angolazione di 20 gradi, attraverso
l’aggiunta di diversi beccucci pensati
per ogni tipo di capello. La tecnologia
impiegata da Dyson è la già brevettata Air Multiplier che riesce a restituire
fino a 40 litri d’aria al secondo. La forza
motrice del Supersonic è il nuovo V9, il
motore digitale più piccolo mai prodotto
dalla società fino ad oggi che lo rende
fino ad otto volte più potente dei normali
asciugacapelli, e una ventola a 13 pale,
anziché 11 come di consueto, che rendono l’asciugacapelli molto silenzioso
generando un tipo di frequenza acustica non percepibile dall’orecchio umano.
L’assenza della ventola nella parte superiore garantisce maggiore durevolezza
all’apparecchio impedendo ai capelli di
impigliarsi al livello della turbina, inoltre
un termostato misura 20 volte al secondo la temperatura e la comunica al chip
interno in modo da non farla mai salire
al di sopra dei 150 gradi Celsius, salva-
guardando dunque la salute della cute e
del capello stesso. La fase di progettazione e test del Supersonic è costata a
Dyson un investimento pari a 70 milioni
di dollari, dovuti soprattutto alla costruzione di un laboratorio dedicato in cui
un team composto da 103 ingegneri e
ricercatori ha sperimentato almeno 600
prototipi e perfezionato il Supersonic
utilizzando oltre 1.000 miglia di capelli
umani. Il Dyson Supersonic sarà disponibile da giungo nel Regno Unito a un
prezzo di 299 sterline, pari a circa 386
euro. Clicca qui per il video.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Volvo annuncia che entro il 2025 tutti i modelli avranno una versione elettrica o ibrida
La prima Volvo elettrica arriverà nel 2019
Non solo la flotta sarà più sostenibile ma ogni attività aziendale utilizzerà fonti rinnovabili
di Massimiliano ZOCCHI
l trend mostrato negli ultimi mesi e in
tutti i recenti saloni dell’auto continua,
e stavolta è Volvo ad aggiungersi alla
schiera di produttori che hanno già dichiarato maggiore attenzione verso la
propulsione elettrica. Il piano della casa
nordica è ambizioso: vendere almeno
un milione di auto “elettrizzate” entro il
2025. Questo non significa che Volvo diventerà un produttore di sole auto elettriche come Tesla e pochi altri, ma semplicemente che ogni modello in gamma
avrà varianti ad energia alternativa, comprese ibride, ibride plug-in, e anche un
occhio puntato su idrogeno fuel cell. Ma
la notizia più importante è che nel 2019
arriverà la prima Volvo completamente
elettrica, per combattere nel settore top
del mercato. In realtà questo processo
di elettrificazione per Volvo è già iniziato
I
Impossibile
perdere
il portafoglio
con una Jaguar
o Land Rover

Alzi la mano chi ha dimenticato (almeno
una volta) il portafoglio a casa prima di
mettersi alla guida, o peggio al bar. Grazie al sistema che Jaguar e Land Rover
attiveranno sulle proprie vetture questo
non accadrà più, quanto meno se
avrete avuto l’accortezza di applicare
una Tile Bluetooth agli oggetti importanti. Le auto del gruppo inglese con il
sistema di bordo InControl saranno in
grado di riconoscere i piccoli tag Bluetooth Low Energy ormai in commercio
da tempo. Potete inserirne uno nel
portafoglio, attaccato alle chiavi, e in
qualsiasi cosa riteniate sia importante.
Se al momento di mettervi in marcia il
sistema non rileverà ciò che gli avete
indicato come fondamentale, tramite il
display di bordo ve lo notificherà indicando ciò che è a bordo e ciò che non
lo è. La funzione sarà una novità della
gamma 2017, ma le Tile sono già da
tempo disponibili. Per un costo di circa
25 $ offrono un anno di funzionamento
prima di dover essere sostituite.
torna al sommario
Un altro
dirigente Tesla
passa a Apple
Che iCar sia
più vicina?
Continua la guerra
a distanza tra Tesla
e Apple sul fronte
assunzioni. Ancora
una volta è Cupertino
a rubare un nome
importante all’azienda
di Elon Musk
con le vetture della serie 40, 60 e 90, in
particolar modo con la XC90 Plug-in e la
futura S90 PHEV. Il SUV top di gamma
ha in dotazione batterie LG Chem da
9.2 kWh, che possono offrire in modalità
pure electric fino a 43 km di autonomia
per singola carica. Ma Volvo non pensa
solo di rendere più sostenibile la sua
flotta, ma ogni sua attività aziendale, avvalendosi dell’utilizzo di energia da fonti
rinnovabili, per raggiungere la neutralità
energetica sempre entro il 2025. E come
ultimo dettaglio, i sistemi di guida assistita faranno sì che nessuno subirà più
incidenti gravi o mortali a bordo di una
Volvo entro il 2020.
AUTOMOTIVE Praticamente è un Android da 4 GB con le ruote
È il momento della bici hi-tech
Si chiama Le Syvrac di LeEco
C
di Franco AQUINI
hi si stava chiedendo quando fosse il turno di una super smart-bike, ora ha
una risposta: si chiama Le Syvrac, nome insolito per una bicicletta, come insolito è il prodotto, una bicicletta hi-tech in tutto e per tutto, nell’aspetto e
nella dotazione. E dire che il mondo delle due ruote non è per nulla esente dall’invasione tecnologica, basti pensare alla Wi-Bike di Piaggio per esempio, ma anche
alle svariate bici elettriche con funzionalità smart, GPS e gestione via smartphone.
Qui però andiamo un po’ oltre: sul manubrio troviamo infatti un display da 4 pollici
integrato che nasconde un processore quad-core e 4 GB di RAM. Praticamente uno
smartphone con le ruote, fatto per gestire un insieme di sensori che arricchiscono le
funzionalità della bicicletta e forniscono dati interessanti quali la distanza percorsa,
la mappa degli spostamenti, velocità, accelerazione e via dicendo. Come se non
bastasse, i laser laterali monitorano la distanza della bicicletta dai veicoli ai lati, in
modo da avvisare quando si è in una condizione pericolosa, e troviamo anche un
allarme integrato e il tracciamento dei percorsi tramite l’app per smartphone. Le
Syvrac di LeEco è già
in vendita in Cina,
con prezzi che vanno dagli 800 dollari
ai 6.000 dollari per la
versione totalmente
in carbonio. Secondo
Digital Trends, LeEco
quest’anno porterà
la sua smart-byke anche negli Stati Uniti.
di Massimiliano ZOCCHI
Non è mai stato confermato direttamente, ma è opinione diffusa che sotto il nome di Project
Titan, Apple nasconda la realizzazione della (attesa?) Apple Car.
Questa quasi certezza è data dal
fatto che ormai da mesi in quel
di Cupertino si stia attingendo
alla forza lavoro di Tesla Motors,
sia ingaggiando ex dipendenti,
sia soffiando di fatto lavoratori
ancora sotto contratto con Elon
Musk. Ultimo ad avere lo stesso
destino è Chris Porritt, che passa
alla “Mela Morsicata” direttamente da Tesla, dove ricopriva il ruolo
di alto livello di Vice President del
reparto ingegneria. La storia lavorativa di Porritt è ricca di successi,
e parte dagli anni passati in Land
Rover, passando per Aston Martin,
per poi approdare finalmente alla
corte di Musk. Apple dal canto
suo, per quanto riguarda iCar, sta
riuscendo a mantenere un livello
di segretezza elevatissimo, tanto
che al momento nessuno sa cosa
sia in realtà il progetto, ma tutto si
basa su congetture. Questo perché Porritt è solo l’ultimo di nomi
del settore automotive che recentemente si sono uniti ad Apple,
come Jamie Carlson, anche lui
ex-Tesla, impegnato nella realizzazione dell’Autopilot ormai molto
famoso. Elon Musk l’ha sempre
buttata sul ridere, asserendo che
Apple si limita ad assumere gli
scarti della sua azienda, ma le
cose sembrano ormai sul punto di
culminare in qualcosa di tangibile,
vista anche la recente scoperta di
un laboratorio segreto a Berlino.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
AUTOMOTIVE LeEco, produttore cinese di smartphone, sposta la sua attenzione sull’automotive
LeSee di LeEco vuole essere la Tesla cinese
Al Salone di Pechino LeEco mostra LeeSee, un’auto elettrica al 100%. Per ora è solo un prototipo
di Massimiliano ZOCCHI
eEco ha fatto il suo ingresso nel settore automotive in punta di piedi, attraverso le collaborazioni con Aston
Martin e Faraday Future, ma al Salone di
Pechino ha sfoggiato una presentazione
in grande stile con tanto di prototipo iper
tecnologico e futuristico già funzionante: LeSee. La vettura, 100% elettrica, è il
progetto cardine di un ramo aziendale
che il numero uno di LeEco, Jia Yueting,
vuole trasformare nella Tesla d’oriente,
e anche più. Per ora non ci sono dettagli
tecnici precisi su batterie o autonomia,
ma solo un prototipo dal design moderno, anche se non esagerato, con un abitacolo che mette in mostra tutto il know
how dell’azienda cinese. Non mancano,
infatti, display integrati nel cruscotto,
volante a scomparsa e sedili posteriori in grado di adattarsi alla corporatura
dell’occupante. La presentazione è stata
più che altro una dimostrazione di for-
L
za, con pochi dettagli tecnici e continui
confronti con Tesla, asserendo di poter
essere meglio in molti settori. Considerando il tanto fumo mostrato finora da
aziende come Faraday Future, avere
un prototipo reale (anche se guidato a
solo 5 km/h...) è decisamente un passo in avanti. Ovviamente LeSee sarà
dotata di sistemi di guida autonoma e
di parcheggio automatico controllabile
direttamente da smartphone. Sul palco
ci sono stati, inoltre, accenni a un possibile progetto di car sharing completamente autonomo. Il volante è in grado di
rientrare nella plancia, offrendo 4 posti
passeggero, con il muso del veicolo che
in realtà è uno smart display che può
mostrare informazioni durante la marcia,
quasi come gli attuali autobus di linea.
Clicca qui per il video.
MERCATO La realizzazione di una “Google Island” è uno dei sogni proibiti di Larry Page
La smart city di Google potrebbe diventare realtà
Sidewalk Labs sarebbe a un passo dalla progettazione di una città ad alto contenuto tecnologico
N
di Alvise SALICE

on è un segreto che il sogno
proibito di Larry Page, fondatore di Google, sia sempre stato
la realizzazione di una smart city: rilevare un quartiere fatiscente di una
città sprovvista delle risorse per riqualificarlo, raderlo al suolo e costruire al
suo posto un’isola urbana in grado di
ospitare decine di migliaia di residenti,
che vivrebbero in un ecosistema cittadino provvisto di tutte le più avanzate
tecnologie disponibili, ad impatto zero
sull’ambiente. Dan Doctoroff, CEO di
Sidewalk Labs, avrebbe pronto un business plan (comprensivo dell’accordo
con la località prescelta) da presentare
direttamente a Larry Page, fondatore di
Google e amministratore delegato di
Alphabet, la società cui fanno capo la
multinazionale di Mountain View e tutte
le sue consorelle. Il cosiddetto Project
Sidewalk prevederebbe hub Wi-Fi pubblici dislocati a ogni angolo (sulla falsariga del network LynkNYC a New York
torna al sommario
City), corsie dedicate per le automobili
a guida autonoma, tecnologie ecosostenibili in ogni infrastruttura possibile
e immaginabile. Inoltre, è probabile che
proprio in vista di presentare a Larry
Page la Google Island dei suoi sogni,
Sidewalk Labs abbia sviluppato Flow, la
“piattaforma dei trasporti” presentata in
marzo: questo software triangola tutti i
dati relativi al traffico per aiutare i manager urbani a prevenire ogni possibile
ingorgo, reindirizzando i veicoli pubblici
su itinerari più affidabili. Grazie a Flow,
inoltre, gli automobilisti potranno visualizzare informazioni in tempo reale sui
parcheggi, durante i loro spostamenti.
Volkswagen ha
spiegato nel 2006
come truccare
i test sulle
emissioni
Secondo fonti anonime
del New York Times
nelle indagini contro
il gruppo tedesco
sarebbe spuntata
una presentazione
che spiega come
frodare i test americani
anti inquinamento
di Massimiliano ZOCCHI
Le acque in casa VolksWagen
sono tutt’altro che calme. L’ultima
novità in ambito di dieselgate è
stata diffusa da un report del ‘New
York Times’, che se si dimostrasse
vero, mostra una presentazione
in PowerPoint che veniva usata a
più livelli in tutta l’azienda, in modo
particolare nelle filiali americane,
per chiarire ai dipendenti come frodare i test sulle emissioni. Le slide
sono saltate fuori durante le indagini in corso, e a riferirlo sono fonti
che hanno preferito rimanere anonime. Sempre secondo la fonte, la
presentazione fu preparata già nel
2006, quando VW si rese conto di
non poter soddisfare le stringenti
norme statunitensi in materia di
emissioni nocive. Così fu presa la
decisione di non montare costosi
filtri supplementari ma di spiegare
come avrebbero potuto imbrogliare il sistema sfruttando il software
di bordo. Non solo quindi l’azienda
era al corrente del problema, ma
fu un’operazione su larga scala e
nemmeno troppo segreta. Il software è in grado di rilevare le condizioni di test e regolare il motore
su minori emissioni per passare
indenne le prove. Inoltre, negli
anni è stato affinato, migliorandolo, seguendo le stesse evoluzioni
dei test. Pare quindi che il danno
aziendale dovuto a questo scandalo, che già ammonta a diversi
miliardi di dollari oltre a vendite in
calo, non si fermerà, e forse non
basterà la nuova linea di marketing
che punta su ibride e elettrico.
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato LG V10, un device con personalità che si è dimostrato decisamente solido sotto diversi aspetti
LG V10, lo smartphone top che anticipa il G5
V10, da poco aggiornato ad Android 6.0, ha un design un po’ pesante e una fotocamera per certi versi entusiasmante
di V. R. BARASSI
G lo ha annunciato ad ottobre scorso ma in Italia
è arrivato in via ufficiale solo all’inizio del 2016;
parliamo di V10, smartphone molto interessante
che tanto ha fatto parlare di sé per via del design e
delle specifiche, dai più considerato una sorta di
“esperimento” tra il G4 e il neo-annunciato G5, uno
dei protagonisti del mercato degli smartphone del
2016. Il V10 è un device con personalità, verrebbe da
dire quasi “di nicchia” se si prendono in considerazione il design “sostanzioso” e il prezzo di listino spropositato (749 euro), ma ha un suo perché e in queste
settimane lo abbiamo utilizzato con continuità e, pur
con qualche pecca, si è dimostrato un dispositivo molto solido sotto praticamente ogni aspetto.
L
Un mix (grande e pesante)
di plastica e metallo
Se amate i dispositivi piccoli e leggeri questo LG V10
non fa certamente al caso vostro. Lo smartphone, che
rientra a pieno diritto nella categoria dei phablet, ha
dimensioni decisamente generose (159,6 x 79,3 x 8.6
mm) e il peso di 192 grammi ne è la diretta conseguenza; nel complesso possiamo affermare senza
troppi problemi che il dispositivo si tiene abbastanza
bene in mano e che i grammi sono ben distribuiti su
tutta la superficie ma utilizzarlo al 100% con una sola
mano risulta un bel miraggio, soprattutto per chi ha
mani più piccole della media. LG V10 è uno dei pochi
dispositivi “top” a rimanere fedele alla filosofia della
batteria sostituibile; lo smartphone, infatti, si presenta
in una veste non-unibody con una cover posteriore
in plastica rimovibile che oltre alla stessa batteria da
3000 mAh nasconde gli slot nano SIM e microSD (il
dispositivo è disponibile in versioni da 32 e 64 GB).
Nonostante non sia un monoblocco, il dispositivo non
scricchiola e il meccanismo di ancoraggio della back
video
LG V10
UN DISPOSITIVO CON INDISCUTIBILI QUALITÀ, MA POCO APPEAL
749,00la
€b
LG V10 è il classico dispositivo estremamente “solido” in ogni frangente ma che lascia con l’amaro in bocca a causa di alcune scelte poco
felici. È uno smartphone potente, con un bellissimo display e con una fotocamera capace di garantire fotografie dalla qualità superiore; di
contro è grosso, pesante, dalle finiture discutibili e con una batteria che non è adeguata al resto delle componenti. A livello software andava
benissimo con Android 5.1.1 e va ancora meglio con Android 6.0; la UI è completa e piacevole ma manca quel tocco di personalità, una killer
feature che possa spingere l’utente a preferire V10 a tanti altri dispositivi - anche meno costosi e meglio “posizionati” - presenti sul mercato.
Il second screen, che ha un suo senso ma del quale dopo un po’ ci si dimentica, non basta affatto.
7.5
Qualità
7
Longevità
9
Design
7
Semplicità
9
Ottime prestazioni e Android 6.0
COSA CI PIACE Fotocamera principale eccellente COSA NON CI PIACE
Display qHD molto bello
cover è solido come pochi; peccato davvero per la
qualità dei materiali scelti: quasi tutta la porzione posteriore è trattata in modo da risultare “dentellata” al
tatto (non proprio il massimo dal punto di vista estetico), ma tutta la cornice è esente da questo trattamento e finisce per risultare “soft” e molto fragile. Il
risultato? Ai bordi e nei pressi dei connettori
(sia jack da 3.5 mm che ingresso micro USB
sono in basso), la plastica tende a staccarsi.
Non proprio il massimo per un telefono da
più di 700 euro. Le porzioni laterali sono le
uniche realizzate in metallo e, nonostante
donino un pizzico di carattere al dispositivo, non aggiungono molto alla sensazione
di qualità generale. Del resto LG è stata
subito chiara: questo doveva essere un dispositivo quasi “rugged” e a testimoniare la
sua natura ci pensa anche la certificazione
di resistenza alle sollecitazioni/shock MILSTD-810G, fondamentalmente basata su
un test utilizzato anche in ambito militare
dal Dipartimento della Difesa degli Stati
Uniti (attenzione, NON è waterproof). Il bilanciere del volume e il pulsante di blocco
con sensore di impronte integrato sono
posizionati, come da tradizione LG, nella
porzione posteriore del device immediata-
D-Factor
7
Prezzo
7
Qualità dei materiali non al top
Batteria troppo “piccola”
Prezzo di listino elevato
mente al di sotto della fotocamera principale (con ai
lati flash e sensore IR per la messa a fuoco); in basso,
oltre ai già citati connettori, vi sono un altoparlante e
il microfono primario mentre in alto vi è solo un microfono secondario. Considerando le sue caratteristiche
“fisiche” è davvero difficile dare un giudizio complessivo al design di LG V10: è grande, pesante e i materiali non sono il massimo. D’altro canto è solido come
pochi, non scricchiola e dà la sensazione di poter resistere anche al passaggio di un carro armato sopra
di esso. Quel che è certo è che LG ha osato parecchio
e il risultato finale, nel bene e nel male, è “unico” nel
suo genere perché in circolazione, almeno per quanto concerne i principali protagonisti del mercato, non
vi sono dispositivi analoghi.
Ottimo lo schermo “tagliato”, ma
presto si dimentica del “second screen”
Una delle peculiarità di V10 è certamente quella di
montare un display dal formato atipico; LG ha optato
per un pannello “tagliato” nella porzione superiore sinistra (dove c’è spazio per le due fotocamere frontali)
e l’effetto finale è quello di un display principale (al di
sotto del taglio) con un display “accessorio” (denominato da LG “second screen”) proprio al lato della porzione ritagliata. Volendo assimilarli come due entità
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
TEST
LG V10
segue Da pagina 29 
separate, il display principale propone una diagonale
da 5,7 pollici e una risoluzione qHD di 2.560x1.440
pixel (515 ppi), mentre il più piccolo “second” display è
da 2,1 pollici con risoluzione di 1.040x160 pixel. In realtà, come abbiamo già anticipato, si tratta di un unico
pannello LCD IPS con matrice RGB capace di un’ottima luminosità (buonissima la leggibilità sotto la luce
del sole), eccellenti angoli di visione e buona riproduzione dei colori. Forse i neri sono un po’ meno profondi rispetto a LG G4 e a qualche altro concorrente con
display LCD (gli AMOLED sono “fuori concorso”) ma è
un dettaglio che è quasi impossibile notare nelle comuni attività quotidiane. Il second screen è dotato di
un controller specifico e di una retroilluminazione “su
misura” che fanno sembrare la porzione di schermo
superiore “separata” dal resto del pannello. L’idea è
buona e ben realizzata: il display è fatto per rimanere
sempre attivo (tranne quando il sensore di prossimità
è coperto, insomma in tasca è spento) senza andare
a gravare sull’autonomia generale del dispositivo ed
esser d’ausilio all’utente per la visualizzazione delle
notifiche, del player musicale, di alcune scelte rapide
(app, contatti e toggle per vibrazione,Wi-Fi, torcia e
fotocamera) e dei prossimi eventi in calendario. È anche possibile visualizzare una “firma”, tocco che dona
un pizzico di personalità in più al device in questione.
Nel complesso, lo ripetiamo, il second screen è una
buona idea ed è ben ingegnerizzato ma, dopo qualche giorno di euforia, ci si scorderà quasi di averlo a
disposizione, ricordandosi di esso solo in caso di ricezione di una chiamata quando si sta facendo tutt’altro
(dal piccolo schermo si può decidere se rispondere
o meno, senza interrompere l’attività primaria). Il problema non sta nel display ma piuttosto nelle abitudini
degli utenti; nonostante un paio di settimane di uso
intensivo, per quanto ci riguarda, non siamo riusciti a
“metabolizzare” l’utilità del pannello accessorio e abbiamo utilizzato lo smartphone - nel 99% dei casi - in
modo “normale”. Probabilmente alla lunga ci si abitua,
ma non ci metteremmo la mano
sul fuoco. A proteggere il prezioso display di V10
ci pensa un vetro
Gorilla Glass 4 di
Corning “incastonato” tra il frame
laterale in metallo e due porzioni
in plastica, quella
superiore
con
cuffia auricolare
e sensori di prossimità/luminosità
(quest’ultimo molto veloce ma non
sempre preciso
nel selezionare la
giusta retroilluminazione - tende a
sovrastimare la luminosità ambientale) e quella inferiore sulla quale è scolpito il logo LG.
Lo Snapdragon 808 scalda
Ma (con 4 GB di RAM) va fortissimo
Sotto il profilo delle prestazioni, LG V10 è probabilmente uno dei dispositivi più “veloci” che ci sia mai
capitato di provare. Nonostante non sia equipaggiato
con il processore top di questa generazione e neppure con quello della precedente, lo smartphone può
vantare sul solidissimo Snapdragon 808 exacore che
ancora una volta si dimostra essere una vera e propria sicurezza in ogni ambito di utilizzo. Il SoC di Qualcomm è affiancato da ben 4 GB di RAM, un “lusso” per
la precedente generazione di dispositivi e ora quasi
uno “standard” dei top di gamma del 2016, quantitativo che - inutile girarci troppo attorno - permette di
fare tutto alla massima velocità possibile: l’accoppiata
processore e RAM fa sì che V10 si muova sempre con
estrema scioltezza, sensazione che è diventata ancora più evidente da quando LG ha aggiornato (OTA) il
dispositivo, che di fabbrica esce con Lollipop 5.1.1, ad
Android 6.0 Marshmellow. L’interfaccia utente è quella
che siamo stati abituati a vedere su tutti gli ultimi LG e,
come per gli altri dispositivi coreani, valgono le stesse
considerazioni: non è proprio il massimo dal punto di
vista estetico e non vi sono grandissime peculiarità
(molto comoda però l’accoppiata trasmettitore IR Quick Remote per far funzionare lo smartphone da telecomando), ma tutto pare al posto giusto, ogni cosa
si muove come dovrebbe e la sensazione generale è
quella di un software molto “user-friendly”. Anche la
sezione relativa alle impostazioni di sistema è tanto
immediata: tutto è dove dovrebbe stare e se non si
trova qualcosa c’è una funzione di ricerca rapida che
fa benissimo il suo lavoro. Tornando alle prestazioni,
le applicazioni si avviano in un lampo e la navigazione
con Chrome è sempre molto efficiente mentre qualche piccola difficoltà l’abbiamo riscontrata nell’esecuzione di giochi 3D di ultima generazione: la GPU
Adreno 418 soffre evidentemente molto la risoluzione
qHD del display e ciò si ripercuote nei videogame, più
che con una riduzione della qualità delle texture, con
un calo di framerate generale, abbastanza evidente
nelle scene più movimentate. Come in ogni prova, anche V10 ha affrontato i soliti test di riproduzione video
in grado di analizzare fino a che punto lo smartphone
può spingersi in questo ambito. LG V10 se l’è cavata alla grande con filmati Full HD codificati H.264 e
H.265 (sia a 30 che a 60 fps), mentre non è riuscita a
fare lo stesso con clip Ultra HD caratterizzati da elevati bitrate (bene con video Ultra HD @30 fps). Siamo
assolutamente in linea con quanto visto su altri smartphone caratterizzati dall’accoppiata Snapdragon 808
e Adreno 418. Nei test di benchmark che siamo soliti
somministrare ai dispositivi che ci vengono affidati
in prova, LG V10 ha ottenuto punteggi in linea con i
concorrenti equipaggiati con lo stesso processore (in
primis Nexus 5X). Con AnTuTu 6 il telefono ha fatto
registrare circa poco più di 67.000 punti mentre con
GeekBench 3 il valore (nella prova MC) si è fermato a
poco meno di 3.500. Con uno Snapdragon 808 che
va quasi come un 810 non ci siamo stupiti nel ritrovarci tra le mani un phablet che scalda in maniera
considerevole: dopo intense sessioni di gioco oppure
a seguito di qualche minuto di troppo con la fotocamera attiva in modalità manuale, complice anche il
trattamento plastico non proprio azzeccato della cover posteriore, il retro del dispositivo diventa piuttosto
caldo. Non siamo ai livelli di temperatura raggiunti in
passato dai primi - e indimenticati, proprio per questo
motivo - Snapdragon 810 ma la sensazione di fastidio
è evidente. C’è però da sottolineare una cosa: con Android 6.0, seppur in maniera lieve, le cose sembrano
andare meglio. Una nota di merito va sicuramente assegnata all’ormai “classico” sblocco con doppio tocco
sul display, feature che LG prima di tutte ha introdotto
nel mercato degli smartphone e che evidentemente
continua a migliorare di generazione in generazione poiché - ci si passi l’espressione - “l’evoluzione”
installata sul V10 non ha mai perso un tocco. Meno
superlativo, invece, il sensore biometrico per il riconoscimento delle impronte digitali (forse un po’ piccolo)
posizionato sul retro: in quanto a precisione e velocità
è certamente inferiore alle soluzioni proposte da Apple e Huawei, ma tutto sommato fa benone il lavoro
che è chiamato a fare.
La fotocamera è quella (ottima) del G4
con qualcosa in più
Che LG V10 sia la diretta evoluzione di G4 lo abbiamo
più volte appurato e anche la fotocamera principale è
essenzialmente la stessa che abbiamo già lodato nel
corso della nostra prova completa del top di gamma di precedente generazione. Siamo al cospetto di
un modulo primario composto da un sensore da 16
Megapixel installato alle spalle di luminose lenti f/1.8
e coadiuvato da un sistema di messa a fuoco laser
(a nove punti) e da un buonissimo stabilizzatore ot-

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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
TEST
LG V10
segue Da pagina 30 

tico d’immagine. Le fotografie che V10 è in grado di
produrre sono davvero d’impatto e, se posto su un
cavalletto e in condizioni ottimali, lo smartphone è in
grado di garantire una qualità d’immagine di molto
superiore alla media. Quello installato su V10 è un
modulo capace di battagliare ad armi pari anche con
gli analoghi componenti visti sugli smartphone più recenti, elemento che tutti gli amanti delle buone foto
dovrebbero tenere seriamente in considerazione.
Nel complesso le fotografie propongono molti dettagli (la compressione JPEG è decisamente buona),
poco rumore e uno spettro cromatico fedele alla realtà (ottimo l’HDR). Il sistema di autofocus laser è precisissimo e veloce (anche se di sera pecca un po’) e
la stabilizzazione ottica fa egregiamente il suo lavoro.
Rispetto a G4 abbiamo notato una - relativa - maggiore difficoltà nel “punta e scatta” veloce, più che altro
derivante dalle caratteristiche fisiche del dispositivo;
senza andare troppo per le lunghe, scattare al volo
con una mano con V10 è più “difficile” rispetto al G4
perché l’ultimo dispositivo di LG è più grande e pesante. Buona anche la qualità degli scatti serali con la
fotocamera che tende a ammorbidire i dettagli piuttosto che lasciare spazio al rumore. Quel che differenzia G4 da V10 è la predisposizione di quest’ultimo
a un’esperienza “più PRO” nell’ambito fotografico. Il
dispositivo è, infatti, dotato di una ricchissima modalità “manuale” (con un’interfaccia fin troppo ricca di
torna al sommario
parametri) dalla quale l’utente più esperto potrà impostare praticamente tutti i parametri di scatto al fine
di ottenere il risultato desiderato (si può anche scattare in RAW/DNG+JPEG). Inutile dire che tutto ciò è
molto utile se si va in giro con un supporto ma, all’atto
pratico e dunque nella routine quotidiana, è meglio
affidarsi alle modalità “auto” (con diverse opzioni tra
le quali scegliere) e - soprattutto - “simple”, con quest’ultima che permette esclusivamente di scattare
con un tap sul display. Nell’utilizzo della fotocamera il
second screen è stato pensato solo per visualizzare
e permettere di scegliere tra le varie modalità di ripresa. Forse si poteva
essere più creativi. Per
quanto concerne le
capacità di registrazione video, anche sotto
questo aspetto, LG V10
offre una buonissima
qualità dei filmati catturati. C’è la modalità
“Steady” (solo a 1080p)
per una migliore stabilizzazione delle clip (in
connubio con l’OIS)
e si può scegliere se
registrare in modalità
standard 16:9 oppure
nel formato Ultrawide
“Cinema” 21:9; V10
registra filmati in Ultra
HD a 30 fps ma è possibile anche effettuare catture 1080/60p,
1080/30p e 720/120p
(slow motion). Ennesima peculiarità di
questo dispositivo è
la presenza delle già
accennate due fotocamere frontali posizionate proprio alla
sinistra del “second
display”, la prima
provvista di una lente
capace di un campo visivo di 120 gradi e la seconda con un FOV di 80 gradi. La qualità degli scatti - a
5 Megapixel - è tutt’altro che memorabile ma l’idea
di poter “allargare” le foto in determinate condizioni
viene d’aiuto. Più selfie di gruppo per tutti!
Batteria sottodimensionata
Audio per palati fini
Nonostante la “crescita” dei dispositivi, LG continua
ad installare sui suoi top di gamma una batteria - sostituibile - da 3000 mAh e questa scelta su V10 non si
è dimostrata poi tanto azzeccata. Sarà il display molto
ampio, sarà il second screen che noi abbiamo volutamente tenuto “always-on” e sarà anche colpa di un
wearable perennemente connesso via Bluetooth, ma
nell’utilizzo quotidiano LG V10, in più di un’occasione, è arrivato con meno del 10% di carica alle ore 20.
Provando a disattivare il second screen si guadagna
qualcosa in autonomia ma si perde in funzionalità e,
sinceramente, il gioco non vale la candela. Una batteria più “grande”, visto l’hardware, ci stava tutta. Per
quanto concerne la porzione telefonica V10 si dimostra un buonissimo terminale: la ricezione è buona
anche in situazioni “complicate” e la qualità delle
chiamate ottima sia
in ascolto sia nella produzione del
parlato (insomma,
chi ascolta ci sente sempre molto
bene). Il Wi-Fi
“ac” dual band è
sempre potente
e stabile, il Bluetooth 4.1 LE non fa
una piega e non
manca l’NFC. LG
V10 è anche un
eccellente player
musicale e sulle
sue straordinarie
qualità “sonore”
gli abbiamo dedicato un meritato
approfondimento.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
TEST È veramente possibile fare a meno del notebook e utilizzare un tablet? Forse per essere produttivi serve qualcosa in più
iPad Pro 9.7”: può davvero sostituire il notebook?
Abbiamo provato l’iPad Pro 9.7 pollici di Apple utilizzandolo anche per scrivere testi, fare editing video e ritoccare foto
di Roberto PEZZALI
l mercato dei tablet è in calo, e trovare la ricetta per
tornare ai numeri che venivano fatti qualche anno fa
è davvero difficile, se non impossibile. Il problema
non è la mancanza di acquirenti per un tablet, ma il fatto che difficilmente esistono motivi validi per cambiare
un tablet che continua a dare soddisfazioni nonostante qualche anno di età. Un iPad 2 con il suo schermo
non Retina e il suo processore datato per funzionare
come tablet, quindi navigazione web, qualche gioco
non troppo impegnativo, lettura e visione di video, può
ancora andare bene a molte famiglie. Apple, che ha
aperto il mercato dei tablet con l’iPad, sta cercando in
tutti i modi di invertire questa tendenza usando tutte le
frecce al suo arco: se con l’iPad Pro non è stato difficile
creare un prodotto nuovo, che si inserisce in un segmento dove si trovavano solo convertibili e 2 in 1 con
Windows, con la linea iPad classica è molto più dura. Si
può in qualche modo migliorare l’iPad Air 2, leggerissimo, potentissimo e con un display eccezionale? L’iPad
Pro da 9.7” dimostra che si può, anche se ormai siamo
arrivati davvero a un punto dove ogni piccolo miglioramento comporta sacrifici soprattutto economici, perché
parte di quello che l’iPad Pro da 9.7” offre in più rispetto
all’iPad Air 2, e ci riferiamo alla cover con tastiera e alla
penna, sono comunque due optional. Il nuovo iPad Pro
da 9.7” non vuole comunque essere la nuova versione
dell’iPad Air 2: se il primo resta il prodotto per l’entertainment e la famiglia, il “pro” ambisce ad essere un
prodotto destinato a chi necessita di un qualcosa nato
per produrre contenuti, con una potenza che permette,
almeno secondo Apple, di rimpiazzare tranquillamente
un notebook. Il nuovo iPad Pro, secondo Apple, ha il
processore più potente, lo schermo perfetto, la foto-
I
video
Apple iPad Pro 9.7”
UN TABLET BELLISSIMO, MA PER ESSERE PRODUTTIVI SERVE ALTRO
689,00l€
ab
iOS non è OSX, e c’è un motivo se Windows ha messo Windows 10 e non Windows Phone 10 su Surface: un sistema operativo nato per il
mobile, per quanto snello, con ottime prestazioni e con il pieno supporto degli sviluppatori, non può competere (e forse non deve) con un
sistema tradizionale. L’iPad Pro da 9.7 è un tablet fantastico, sicuramente migliore dell’iPad Air 2 e probabilmente il miglior tablet mai fatto
da Apple per schermo, audio, camera e dimensioni, ma resta comunque un tablet che ha un costo elevato in configurazione full optional e che
non riesce a fare benissimo quello che promette, anche per colpa dei limiti di iOS 9 in certi ambiti: meglio il modello da 12.9” se proprio si
cerca qualcosa di orientato alla produttività e non si vuole un MacBook e neppure un prodotto con Windows. Apple resta, comunque, la scelta
numero uno quando si deve prendere in considerazione un tablet, perché ancora oggi Android non riesce a competere con la ricchezza delle
app disponibili per l’iPad, tuttavia chi vuole un tablet grande e non ha bisogno di penna e di un display “reference DCI-P3” farebbe bene a
scegliere l’iPad Air 2, spende meno e avrebbe comunque grandissime soddisfazioni. Se però i soldi non sono un problema, con questo “Pro”
sicuramente si porta a casa il meglio che oggi si possa desiderare.
8.9
Qualità
10
Longevità
9
- Ottima qualità costruttiva
COSA CI PIACE e dei componenti
- Display impeccabile
trattamento antiriflesso efficace
- Autonomia elevata
Design
9
Semplicità
9
COSA NON CI PIACE
camera migliore e un audio che gli altri tablet possono
solo sognare: sarà vero? Scopriamolo insieme.
Il miglior tablet della gamma
iL’iPad Pro da 9.7” è costruito partendo come base
dall’iPad Air 2: nel corpo in alluminio unibody troviamo tutta la compattezza e la leggerezza del modello
destinato alla fruizione dei contenuti, ma se andiamo
a guardare i dettagli troviamo molto di più. Di un tablet prima di tutto si guarda lo schermo, e Apple qui
è riuscita a creare un display che riesce ad essere
ancora più preciso e fedele nei colori di quello usato sul modello Pro da 12.9”. La risoluzione resta immutata rispetto all’Air 2, sarebbe stata follia toccarla,
ma cambiano sia la retroilluminazione sia il pannello,
con quest’ultimo in grado di coprire lo spazio colore
DCI-P3. La miglioria che tuttavia abbiamo apprezzato
maggiormente è il nuovo trattamento antiriflesso: il risultato raggiunto con questo iPad Pro lascia davvero
senza parole, una finitura glossy che in lettura sembra
quasi “matte”, opaca. Apprezzabile ma solo in certe
situazioni l’aumento di luminosità: Apple è passata dai
400 ai 500 nits (509 misurati), una piccola spinta che
D-Factor
8
Prezzo
7
- Costo elevato del tablet
e degli accessori
- La gestione “pro” di iOS 9
è ancora limitata
aiuta chi usa spesso lo schermo all’aperto. L’altra novità aggiunta in questo modello di iPad è il True Tone, un
sensore frontale che non solo legge la quantità di luce
ambientale per regolare la potenza della retroilluminazione rendendo lo schermo leggibile ma riconosce anche la temperatura colore della luce e usa questo dato
per adeguare quella del display. Una differenza che è
impossibile non notare guardando lo schermo sotto la
luce del sole e con illuminazione artificiale al buio, anche se Apple ha saggiamente introdotto la possibilità
di disattivare il TrueTone nel caso in cui si voglia usare
lo schermo per fare color correction o editing fotografico. TrueTone perde infatti la sua utilità nel caso in cui
si voglia utilizzare lo schermo come riferimento, e in
tal caso la calibrazione cromatica fatta da Apple e il
punto di bianco impostato sono praticamente perfetti.
Per verificare la bontà dell’effetto True Tone basta leggere un ebook sull’iPad: al posto di trovarsi di fronte a
una pagina bianca tendente al freddo siamo davanti
a una pagina tendente al giallo/marroncino che ricorda molto la carta riciclata dei libri letta sotto una luce
calda. Non è solo la vista a venir appagata dal nuovo

segue a pagina 33 
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n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
TEST
iPad Pro 9.7”
segue Da pagina 32 

iPad, c’è anche l’udito: quattro speaker disposti ai lati
sono in grado di generare una notevole pressione sonora con una buona qualità. L’audio del modello da
12”, merito anche delle acoustic chamber ricavate sotto la scocca, è sicuramente migliore, ma rispetto agli
altri tablet Apple ha fatto un notevole passo avanti.
Non si pensi comunque di avere un audio di qualità
assoluta: i miracoli con diffusori così piccoli non si possono fare, quindi nel caso in cui si voglia usare l’iPad
Pro per scrivere musica o elaborare tracce un buon
set di auricolari o dei monitor esterni sono d’obbligo.
Sotto la scocca troviamo lo stesso processore A9X
del modello più grande (leggermente ridotto il clock),
anche se la RAM è stata dimezzata da 2 GB a 4 GB: è
vero che su questo modello con schermo più piccolo
ci sono molti meno pixel da gestire, ma è anche vero
che questa perdita di memoria si avverte in qualche
situazione. Con Safari, ad esempio, si possono tenere aperte meno tab e usando il multitasking l’apertura
della seconda app richiede un istante in più. L’iPad Pro
da 12” è a nostro avviso leggermente più veloce, ma
forse è anche giusto che sia così, vista la differenza di
costo. Siamo comunque di fronte a differenza che davvero solo con test comparativi si possono riscontrare,
perché durante l’uso normale si percepisce solo velocità. Tra le altre novità a livello hardware segnaliamo
la possibilità grazie al processore usato di chiamare
Siri anche se il tablet non è collegato a una presa di
corrente (utile se si vogliono impartire comandi a mani
occupate) e la presenza della stessa identica camera usata sull’iPhone 6S, un modulo da 12 Megapixel
non stabilizzatore capace di riprendere in 4K che,
come sullo smartphone, sporge leggermente. L’iPad è
talmente grosso che appoggiandolo sul tavolo resta
comunque stabile nonostante la protuberanza, ma va
detto che la maggior parte degli utenti elimineranno
alla base il difetto estetico utilizzando una delle cover
che Apple mette a disposizione. Veloce ma non velocissimo il TouchID (non è quello di nuova generazione
usato sull’iPhone 6S) e utile Apple SIM, la sim integrata
che permette di sottoscrivere un piano all’estero scegliendo tra quelli proposti in un menù dedicato. Chi
viaggia e non ha tempo di dotarsi di una SIM dati locali
potrà, grazie a Apple SIM, collegarsi a una rete pagando una quota variabile a seconda dell’operatore e delle scelte fatte, funzione questa comoda anche se non
sempre i prezzi sono vantaggiosi. Ottima l’autonomia:
la batteria è la stessa dell’iPad Air 2 ma l’utilizzo di un
processore con un processo produttivo a 16 nanometri
torna al sommario
permette di raggiungere senza problemi le 9/10 ore di
utilizzo: abbiamo provato la navigazione web con luminosità moderata, la visione di film e qualche sessione
di gioco e in tutti i casi il modello Pro offre almeno 60
minuti in più del modello analogo “consumer”.
L’utilizzo come
“pro tablet”
anzi, come notebook
L’idea di Apple è semplice: l’iPad Pro può rottamare
un notebook, perché con questo piccolo tablet possiamo essere produttivi quanto lo siamo con un notebook basato su Windows. Se Apple credesse davvero a questo non avrebbe ancora il MacBook Air a
catalogo, e se vogliamo proprio guardare alla gamma
di notebook il prodotto che più si avvicina a questo
tablet “Pro” è il nuovo MacBook, più che altro per
peso, dimensioni, processore fanless e assenza quasi
totale di connettività. Provando l’iPad Pro sentiamo la
necessità di collegare una chiavetta USB per spostare
un file, di collegare una videocamera per fare editing
e di esportare un filmato su hard disk esterno, e lo
vorremmo fare senza avere in tasca tutti gli adattatori
accessori che Apple comunque ha a catalogo. Oltre
a questo va aggiunto anche che il modello da 9.7”,
rispetto a quello più grande, non ha l’interfaccia USB
3.0 (tramite il nuovo adattatore Lightning) pertanto
ha tempi di trasferimento che sono anche più lenti di
quelli che uno si aspetta di trovare su una macchina
da lavoro. Buona la scelta di dotare il modello base di
32 GB di spazio, ma anche qui per chi vuole fare un
uso intensivo forse 32 GB sono un po’ pochi: il modello da 64 GB non c’è e si passa al più costoso 128
GB, 869 euro solo Wi-Fi e 1019 euro per la versione
Wi-Fi Cellular. C’è anche la versione da 256 GB, utile
forse su un notebook ma esagerata su un tablet di
questo tipo, seppur potentissimo: il costo in questo
caso è di 1.049 euro e di 1.199 euro per il top con LTE.
Restando in tema di costi ci sono altri due elementi da
considerare: per un utilizzo davvero produttivo il solo
tablet non basta, perché accessori come Apple Pencil
(109 euro) e la Smart Keyboard (169 euro) diventano
essenziali per alcune categorie. Sulla prima abbiamo
già sprecato elogi nella recensione del modello più
grande: è una penna che funziona benissimo, con una
reattività incredibile e una lag in fase di scrittura praticamente inesistente. L’unico suo difetto è la facilità
con cui la Pencil può essere smarrita, dato che anche
sulla versione da 9.7” non esiste un posto dove metterla. Siamo invece più scettici sulla tastiera: è molto
piccola e nonostante il lavoro fatto da Apple la digi-
tazione è confortevole ma non riesce ad eguagliare
una buona tastiera da notebook. Il costo di 169 euro
è elevato, è vero che funziona anche come cover ma
a questo prezzo potevamo aspettarci qualcosa in più,
considerando che tiene il tablet aperto con un angolo
predefinito e che siamo davanti a una tastiera inglese. Se la connettività non è un problema e il costo
neppure, anche perché è un prodotto destinato comunque anche a un uso aziendale, l’ultimo elemento
che dovrebbe aiutare a rendere questo iPad un vero
notebook replacement è il software. Come nel caso
dell’iPad Pro più grande siamo davanti alla prima
implementazione del motore multitasking di Apple,
un motore che offre buoni spunti ma anche cose da
sistemare per raggiungere l’optimum. Il lato positivo, come sempre, è il contributo della community di
sviluppatori, con tantissime app già aggiornate per
l’utilizzo con Pencil e in ambito multitasking: tutte le
app che funzionano sul Pro da 12.9” sono già pronte
per l’uso sulla versione più piccola. Per quanto riguarda le cose da sistemare, invece, ci sarà da attendere
iOS 10: attualmente Apple non permette, ad esempio,
di aprire in split screen due sessioni di Word o Pages
o di aprire due finestre del browser per un confronto (vanno usati due browser diversi), così come non
sono permesse interazioni evolute tra due app fianco
a fianco che non siano un semplice copia e incolla.
Da rivedere anche il launcher delle app secondarie:
Apple mostra le applicazioni in ordine cronologico
inverso di apertura, ma sarebbe bello poter bloccare alcune app in cima così come ci piacerebbe avere
una visualizzazione “live” dello stato delle app secondarie. Se la visualizzazione Split Screen risultava poi
utile sul modello da 12.9”, su quello da 9.7” in molti
casi è un po’ sacrificata, soprattutto se si affianca un
sito non responsive a un’applicazione.
Dammi il cinque!
MODELLO 730-1 redditi 2007
ALLEGATO B
Scheda per la scelta della destinazione
dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF
Da consegnare unitamente alla dichiarazione
Mod. 730/2008 al sostituto d’imposta, al
C.A.F. o al professionista abilitato, utilizzando
l’apposita busta chiusa contrassegnata sui
lembi di chiusura.
genzia
ntrate
CONTRIBUENTE
CODICE FISCALE
(obbligatorio)
COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile)
DATI
ANAGRAFICI
DATA DI NASCITA
GIORNO
MESE
ANNO
NOME
SESSO (M o F)
COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA
PROVINCIA (sigla)
LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF
NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
Il tuo 5 per mille
può cambiare la vita
di molti bambini
prematuri.
E non ti costa nulla.
Ogni anno in Italia nascono 30.000Assemblee
bambini
di Dio in Italiaprematuri,
di cui circa 5000 hanno un peso inferiore a 1500 gr.
Stato
Chiesa cattolica
Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi
Chiesa Evangelica Luterana in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Questi
bambini
hanno
bisogno di
Unione Comunità
Ebraiche
Italiane
e assistenza per molti anni.
cure, controlli
genitori hanno bisogno del tuo aiuto.
AISTMAR Onlus
interamente impiegate per:
E anche i loro
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si precisa che
Le contenuta
donazioninel
ad paragrafo 3 delle istruzioni,
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AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni
beneficiarie
della
quota dell'otto
per mille
dell'IRPEF, il
- l’assistenza
delle
gravidanze
a rischio
o patologiche
contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente.
Lacura
scelta
deve
esserealfatta
esclusivamente
per una delle
la
e
il
supporto
neonato
prematuro
istituzioni beneficiarie.
e alla
famiglia
nel percorso
di sviluppo
crescita
La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta
non sua
espressa
da parte
del contribuente.
In talecaso,
la ripartizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alle
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- 20122
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2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato Il diffusore Heos 1 di Denon, ha un prezzo di listino di 249 euro e la batteria opzionale costa 99 euro
Denon Heos 1 e Go Pack, non solo multiroom
Il più piccolo diffusore del sistema Heos è l’unico della gamma in grado di trasformarsi anche in versione Bluetooh
Heos 1 di Denon è impermeabile e autonomo grazie alla batteria nell’opzione Go Pack. Li abbiamo provati entrambi
di Roberto FAGGIANO
L
a gamma di diffusori multiroom Heos di Denon è
ora completa con il piccolo 1 (249 euro) e la sua
batteria opzionale Go Pack (99 euro) che sono
l’oggetto della nostra prova. Dal punto di vista estetico
abbiamo un diffusore molto compatto che misura circa
20 cm in altezza e circa 13 di lato che si può facilmente
inserire in ogni ambiente, su di un ripiano oppure fissato a parete. La finitura forse è un po’ troppo anonima
rispetto ad alcuni concorrenti che si fanno più apprezzare dal punto di vista estetico, ma comunque i materiali usati sono di qualità e il peso di quasi 2 kg (senza
la batteria) lo dimostra.
Questo diffusore è già predisposto per lavorare in
coppia e formare un sistema stereo che ne esalta
le prestazioni. Inoltre può essere inserito in sistemi
multiroom con i fratelli maggiori Heos 3, 5 e 7 oppure
con la soundbar Home Cinema. Il controllo avviene
tramite l’applicazione dedicata ma sul diffusore rimangono i tasti per controllare il volume e per il muting. La
compatibilità con i file musicali è stata recentemente
allineata a quella dei migliori concorrenti, con i Flac,
WAV e ALAC che possono ora essere riprodotti fino
al limite massimo dei 192 kHz. Dal punto di vista tecnico l’Heos 1 sfrutta un sistema di altoparlanti a 2 vie
con midwoofer e tweeter a cupola, guidati ciascuno
da un amplificatore in classe D dalla potenza non dichiarata.
Una bella applicazione

Il sistema multiroom Heos è controllato dall’omonima
applicazione che risulta essere molto semplice nell’uso quotidiano, seppure viziata da qualche incertezza nei passaggi da un diffusore all’altro o quando si
tratta di cambiare sorgente, specie se si utilizza un
dispositivo Android. Si apprezza soprattutto la molteplicità delle sorgenti, infatti troviamo i servizi di streaming Spotify e Deezer, le radio web di TuneIn, un pc,
un server casalingo, un dispositivo di archiviazione collegato
alla presa USB,
un
qualsiasi
componente
collegato al minijack del diffusore oltre allo
smartphone e
tablet sul quale
è caricata l’app.
Ci sono anche
controlli specifici per questo
modello come
il controllo dei
torna al sommario
video
lab
toni alti e bassi oltre alla possibilità di unire in stereofonia due Heos 1 sistemati nella stessa stanza.
Connessione in rete con il trucco
Avendo già provato altri diffusori della stessa serie,
abbiano ormai imparato a usare qualche trucco per
velocizzare la connessione Wi-Fi dual band nella rete
domestica, evitando la farraginosa procedura proposta dall’applicazione. Prima di tutto se è disponibile
una connessione cablata conviene usare quella, se
invece dovete usare il Wi-Fi bisogna tenere conto della scarsa sensibilità dell’antenna interna, che risente
molto della presenza di pareti e pavimenti. Ma come
preannunciato, conosciamo già il trucco da usare: per
la prima connessione basta avvicinare il diffusore al
modem/router, dopo di che il collegamento avverrà
più facilmente.
Poi c’è la possibilità di usare il WPS presente in molti
router, in modo da evitare di inserire password com-
plesse: basta premere rapidamente per tre volte il tasto Connect sul retro e parte la procedura di abbinamento automatico; rimane un mistero perché questa
semplice procedura venga svelata solo nella parte
“risoluzione problemi” delle istruzioni. A questo punto
si apre l’applicazione e si può iniziare l’ascolto.
Go Pack: batteria, Bluetooth
e waterproof in un colpo solo
Il modulo Go Pack disponibile come accessorio a 99
euro (salvo promozioni) fa diventare in un colpo solo
impermeabile e portatile l’Heos 1. La confezione infatti
comprende una batteria da fissare alla base del diffusore, una chiavetta USB per il Bluetooth e una piccola
custodia gommata in cui inserire la chiavetta USB e
già predisposta per inserirsi a copertura delle connessioni posteriori, in modo da proteggerle da umidità e
schizzi d’acqua.
La copertura però va inserita con molta cura per avere
il giusto isolamento. Con la batteria l’Heos 1 diventa
quindi del tutto autonomo e può essere facilmente
spostato in casa o in giardino
nonostante il piccolo aumento di
peso. Inoltre diventa autonomo
dalla rete Wi-Fi grazie al Bluetooth che consente di collegarlo
facilmente a smartphone e tablet.
Una soluzione facile e pratica
che ha il solo difetto di portare
un po’ troppo in alto il prezzo del
diffusore. Sulla batteria ci sono
quattro led azzurri che permettono di verificare lo stato di carica
segue a pagina 36 
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Segnale che l’industria considera seriamente pensionabile l’audio analogico
Intel, addio al jack cuffia: il futuro è USB-C
Intel propone una serie di nuove specifiche per l’audio tramite connessione USB Type-C
Non solo Apple vuole eliminare il jack audio da 3,5mm. Quanto costeranno le cuffie digitali?
di Franco AQUINI
ntel ha proposto una serie di specifiche per l’audio tramite USB-C, schierandosi insieme ad altri produttori che
già hanno sposato (o pensano di farlo)
l’eliminazione del jack da 3,5mm sugli
smartphone. Il riferimento iniziale è ad
Apple, intorno alla quale si vocifera insistentemente di una totale revisione del
comparto audio di iPhone 7, compresa
l’eliminazione del jack analogico.
C’è poi un produttore che si è spinto più
in là, LeEco, che ha presentato diversi
smartphone dotati di audio integrato
via USB-C. Insomma, è ora di mandare
in pensione non soltanto il jack da 3,5
pollici, ma l’intero concetto di audio ana-
I
logico.
I vantaggi? Intanto lo spessore
degli smartphone
potrebbe
scendere ulteriormente. Non
è una novità
che la presenza
del jack obblighi
gli ingegneri a
fare delle scelte
spesso mal digerite dai designer. In secondo luogo la versatilità della connessione digitale, che può portare una serie
di altre funzionalità (come la ricarica e il
trasferimento dati) attraverso un’unica
porta.
Intendiamoci: le cuffie digitali, in particolare con il connettore lightning di Apple,
esistono già. Quello
che fa la differenza
è il fatto che diversi
produttori, come nel
caso di Intel, sembrano muoversi in
questa
direzione.
Anche sul fronte
audio diversi produttori come JBL, hanno proposto auricolari con connettore
USB-C.
Viene quindi da porsi alcune domande
sul costo dei futuri auricolari o cuffie. Il
dispositivo che riproduce l’audio perderebbe in questo caso il DAC (convertitore digitale/analogico), che andrebbe
ospitato all’interno delle cuffie. Questo
significa che potremmo avere delle
cuffie molto più sofisticate, magari aggiornabili tramite firmware, ma a quale
prezzo? C’è poi la questione dell’unico connettore, che obbligherebbe a
scegliere se ricaricare lo smartphone
o ascoltare la musica con le cuffie. Ma
come spesso accade, il passaggio sarà
comunque inevitabile.
HI-FI
Beoplay A1
lo speaker
pronto a tutto
La gamma Beoplay si completa
verso il basso con il diffusore A1
(249), compatto e portatile ma con
prestazioni sonore che dovrebbero
essere all’altezza della situazione.
Il diffusore è rotondo con diametro
di 13,3 cm, altezza di 4,8 cm e peso
di 600 grammi. Il design firmato
da Cecilie Mainz è molto curato, la
finitura è disponibile nella versione
argento o verde, accompagnato da
un cordino in pelle per il trasporto. È
resistente all’umidità e alla polvere.
Un microfono con copertura a 360°
garantisce la buona qualità delle conversazioni telefoniche nell’utilizzo
come vivavoce. Sotto la copertura in
alluminio trovano spazio un tweeter
e un woofer pilotati da amplificatori in classe D con la potenza di
2x30 watt. Si possono abbinare,
tramite l’applicazione dedicata, due
diffusori per un effetto stereo. Per la
connettività troviamo il Bluetooth 4.2
o un ingresso minijack. L’autonomia
della batteria ricaricabile integrata è
di 24 ore.
TEST
Denon EOS 1 e Go Pack
segue Da pagina 35 

residua, per la ricarica basta inserire l’alimentatore già
in dotazione al diffusore. L’autonomia dichiarata non è
entusiasmante rispetto a molti concorrenti: solo 6 ore,
ma bisogna considerare il consumo della connessione Wi-Fi (se non si usa il Bluetooth) e degli amplificatori. C’è poi un inconveniente pratico: la batteria ha
un tasto per accensione e spegnimento, se vi capita
di dimenticarla accesa (come è capitato a noi), il semplice stato di stand-by del diffusore – privo di un interruttore fisico di accensione e spegnimento – provoca
torna al sommario
il rapido consumo della batteria che risulterà “morta”
dopo poche ore.
Un vero diffusore che convince
Iniziamo l’ascolto dell’Heos 1 in modalità tradizionale con Wi-Fi, dopo qualche minuto abbassiamo di un
paio di tacche il controllo dei bassi perché la resa ci
pare sin troppo esuberante. E poi ci godiamo l’ascolto perché questo 1 suona molto bene: colpisce la
sensazione di avere di fronte un diffusore molto più
grande, con una gamma bassa autorevole e profonda che esalta i brani meno compressi e anche una
buona apertura della scena ben oltre le dimensioni
fisiche del diffusore. Notevole la potenza disponibile,
in grado di sonorizzare con ottima dinamica anche
ambienti piuttosto grandi. Ottime le voci maschili e
femminili e altrettanto valido il dettaglio sugli acuti,
mai stridenti o affaticanti. Non si notano particolari
differenze tra i brani Flac e lo streaming di Spotify
Connect, nel senso che anche lo streaming è ai massimi livelli. Una lieve diminuzione di qualità arriva dal
funzionamento in Bluetooth, che deve essere considerata una modalità di emergenza quando il diffusore
è troppo lontano dal Wi-Fi. Purtroppo non avevamo a
disposizione un secondo diffusore per testare la versione stereo ma siamo convinti che i risultati sarebbero
stati ancora migliori. A questo punto la domanda sorge
spontanea: suona meglio l’Heos o il Sonos Play:1? Ce
lo siamo chiesti anche noi e dobbiamo dire che è una
bella lotta. Pensavamo che fosse difficile raggiungere
la qualità del Sonos ma questo Denon ci riesce e inoltre non ha i limiti dei Sonos se si alza il volume oltre il
dovuto. Poi è questione di gusti musicali anche se probabilmente Sonos vince dal punto di vista di un sistema
multiroom completo con altri diffusori; Denon però ha
il vantaggio di una maggiore flessibilità grazie alla possibilità di aggiungere la batteria e il Bluetooth, oltre alla
presenza delle prese USB e minijack che il Sonos 1 non
possiede. Ci ha meno convinti il pacchetto che rende
autonomo il diffusore perché, oltre al costo iniziale, la
batteria non ha grande autonomia e con il Bluetooth il
diffusore non può rendere al meglio.
n.132 / 12
2 MAGGIO 2016
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato un diffusore Bluetooth portatile che porta un nome apprezzato dagli appassionati di buona musica
Audio Pro Addon T3, il diffusore che ha una storia
Viene dalla Svezia, ha una costruzione accurata e promette grandi prestazioni, tutto ad un prezzo di listino di 349 euro
di Roberto FAGGIANO
i diffusori Bluetooth ce ne sono milioni, dai più
noti agli emergenti, dai più originali a quelli
banali, dai pronti a tutto a quelli che suonano
poco. Quelli degni di considerazione dal punto di vista
dell’ascolto sono quasi tutti concentrati nella fascia di
prezzo tra i 99 e i 199 euro, ma chi vuole di più?
Chi è disposto a spendere di più per avere un diffusore serio ma sempre compatto e portatile, oltre che
autonomo tramite batteria, non ha grandi scelte, ben
venga quindi questo Addon T3 di Audio Pro, che per
349 euro promette molto ma rimane portatile per essere facilmente trasferito da una stanza all’altra della
casa o magari in giardino, senza scomodare il Wi-Fi
ma accontentandosi del classico e universale Bluetooth. Meno adatto invece per seguirci in vacanza o
dagli amici perché le dimensioni non sono certo tascabili, così come il peso.
La finitura del T3 è molto curata e disponibile in cinque diverse tonalità di colore satinate, in comune la
robusta maniglia per il trasporto in pelle e i dettagli
in metallo della tastiera e del pannello posteriore. Da
notare il dettaglio dei piedini di diverso spessore tra
fronte e retro, in modo da inclinare leggermente verso
l’alto il diffusore e migliorare la dispersione.
La tastiera superiore permette di accendere il diffusore, attivare l’abbinamento Bluetooth e scegliere la
sorgente; altri due tasti permettono di variare i volume
mentre tre spie luminose segnalano lo stato di carica
della batteria. Sul lato posteriore spicca l’uscita dell’accordo reflex, tra i connettori troviamo una presa
USB standard per ricaricare un telefono o tablet, la
piccola USB per la ricarica della batteria e un minijack
per collegare direttamente sorgenti analogiche. Per
D
video
lab
la batteria viene correttamente dichiarata una doppia
durata: 12 ore con volume al massimo oppure 30 ore
per un volume a livello medio. In generale il T3 mostra
una costruzione degna di nota che aiuta a dimenticare il non trascurabile prezzo di listino. Molto insolita
la possibilità di poter facilmente accedere dal fondo
al vano batteria, in modo da poterla sostituire in caso
di guasti, un modo per evitare l’usa e getta in questa
categoria di prodotti.
Un po’ di storia
Tragli anni 70 e 80 dello scorso secolo la svedese Audio Pro si fece rapidamente conoscere e apprezzare
per i suoi diffusori attivi: non costavano poco ma non
erano nemmeno inaccessibili e soprattutto misero
fortemente in luce il diffusore amplificato, tipologia
poco apprezzata in Italia nonostante gli indubbi vantaggi tecnici. Dapprima fu il piccolo diffusore A4-14
che disponeva di una gamma bassa incredibile per
le dimensioni, tutto merito del circuito brevettato Ace
Bass che venne poi ripreso in subwoofer attivi dedicati al mondo dell’home theater. Poi il marchio iniziò
un rapido declino fino quasi a scomparire dalla scena. Ma recentemente il marchio si è riproposto agli
appassionati con una serie di diffusori attivi collegabili senza fili, dei quali l’Addon T3 del nostro test è
il componente più accessibile. A proposito di prezzi
va detto che chi è pratico di acquisti online all’estero
potrà trovare quotazioni molto interessanti per questo
diffusore, specie sul mercato britannico.
Tecnologicamente parlando

Il diffusore Audio Pro utilizza un sistema stereo a due
vie con doppio tweeter a cupola da 2 cm e un woofer
centrale da 9 cm, il tutto in un cabinet molto robusto
con accordo reflex posteriore.
L’amplificazione è dedicata per ogni altoparlante con
15 watt al woofer e 2 x 5 watt ai tweeter, il tutto in
torna al sommario
classe D mentre non ci sono possibilità di variare la
risposta in frequenza con un controllo toni. Il costruttore poi non entra troppo nei dettagli riguardo gli altoparlanti ma indica solo un punto di crossover piuttosto
alto, oltre i 5 kHz.
Super bassi in poco spazio
Eccoci al giudizio sull’ascolto, premesso che partiamo da aspettative molto alte visto il prezzo di listino.
Ma bisogna dire che questo Audio Pro non ci ha deluso, specialmente in gamma bassa dove si raggiungono prestazioni notevoli per la categoria. Si tratta
di bassi potenti e dinamici, che perdono il controllo
solo quando la registrazione è troppo compressa e
volutamente pompata. Molto buone le voci che sono
ben centrate sul diffusore ma con un minimo spazio
di respiro che le circonda. Sugli acuti il diffusore è più
prudente, senza eccessi per i limiti della musica via
Bluetooth ma comunque non priva di dettagli e informazioni che aiutano a creare un minimo di profondità
e riescono ad allargare il piccolo fronte sonoro del
diffusore.
Alzando il volume la resa musicale migliora e si ha
sempre l’impressione di ascoltare un diffusore molto
più grande, i watt dichiarati sono quelli veri e senza
trucchi, come si addice a un marchio storico dell’alta
fedeltà. Senza dubbio il T3 è un diffusore che non
avrà difficoltà a riempire di musica anche un grande
ambiente o uno spazio all’aperto.
Note positive anche per la batteria che sembra davvero inesauribile. Con questo T3 Audio Pro si ripresenta nel modo giusto a chi ha gli anni per ricordare il
marchio svedese e farà un’ottima impressione anche
ai più giovani. Le prestazioni sono ottime e segnalano il T3 tra le migliori scelte della categoria, con un
prezzo più accessibile avrebbe creato seri problemi
ai concorrenti altrettanto blasonati ma più ricercati tra
il pubblico giovane.