Noi siamo la Voce - La Voce che Stecca

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Dalla Redazione de

La Voce che Stecca

Noi siamo la Voce 19 aprile 2014 19 aprile 2016 e-book in occasione dei due anni del blog

Indice

Prefazione

di Viviana Correddu

pag. 3 Introduzione

di Tito Borsa

pag. 5 La parola alla Redazione pag. 7 Gli articoli più letti pag. 36 Gli articoli più discussi

introdotti da Tito Borsa

pag. 45

2

Prefazione

di Viviana Correddu Autrice de «Il gallo siamo noi», blogger de Il Fatto.it

così. Ma è tremendamente vero. esperienza, e altre invece più universali. C’è un momento preciso nella vita, in cui concretamente capisci di avere un tuo ruolo in questo mondo assurdo. Un attimo, un istante in cui senti di aver trovato quella linfa vitale necessaria per affrontare la tua esistenza piccola, ma ipoteticamente importantissima. Ognuno di noi dovrebbe riuscirci, altrimenti è spacciato e il rischio è quello di sprecare il tempo e le energie, di affannarsi ad arrancare, e negare i propri giorni. Il rischio è quello di non capirne il senso, di tutti quei giorni che passano, veloci e ugualmente infiniti. Il rischio è non capire dove poter collocare la dimensione del proprio essere. Ora. Ognuno fa quel che può, ci mette il tempo necessario, ma non è vero che non importa quando quel momento avviene. Meglio tardi, che mai! Si dice così. Ma prima avviene e meglio è, perché la vita è una sola, e gli anni volano via in un lampo. «Sembra ieri che avevi vent’anni, e ti ritrovi ad averne quaranta». Tutti luoghi comuni. Si dice Quando ho letto questo e-book, di ventenni indaffarati e appassionati, ho provato più sensazioni. Alcune molto personali, dettate dalla mia In realtà, quando Tito Borsa mi ha inviato la bozza, mi aspettavo qualcosa di diverso da ciò che poi ho letto. Mi aspettavo un piccolo e book che, per festeggiare i due anni del blog, raccogliesse una serie di articoli pubblicati durante quella che mi è sembrata subito una bellissima esperienza per ragazzi giovani come loro. E invece mi sono ritrovata davanti a una carrellata di belle facce e autobiografie; ognuno di loro ha il suo spazio, si racconta, si prende in giro, e anche molto sul serio. Ognuno di loro sa trasmettere, con parole semplici e naturali, 3

quella sensazione, quella linfa vitale di cui ho scritto all’inizio; quella dimensione del proprio essere che, sfuggente, riportiamo a noi stessi e continuamente grazie alla passione, alla determinazione, e a quella visione di se stessi tra gli altri che ormai hai stampato nel cervello e sul cuore. Ecco cosa ho letto. Ho letto quella giovinezza fatta di sogni e ambizioni, progetti, esperienze, energia e speranza, che non si abbatte davanti all’assenza di futuro del nostro tempo, e prosegue il cammino, il suo percorso. Chiaro, pulito, concreto. Giovani che ci mettono la faccia e hanno il coraggio di aprirsi al mondo, che condividono uno spazio comune sentendolo proprio senza renderlo esclusivo e chiuso, che si confrontano e sanno scambiarsi opinioni. Sembra banale. Ma non lo è per niente. Giovani che ci mettono la faccia, certo. Perché scrivere in un blog di informazione no profit (questo è

La Voce che Stecca

) con la dedizione, l’impegno, e la passione di questi ragazzi non è qualcosa che si trova in giro facilmente. E implica una messa in discussione costante, implica mettere in campo la propria capacità di pensare. Ebbene, credo sia proprio questo che ha saputo emozionarmi. Questa è la forza di ragazzi come loro, a prescindere dalle idee che esprimono nei loro articoli che sono diverse, variegate, e ben bilanciate. Sono esseri pensanti. Hanno scelto di esserlo con tutto ciò che comporta in questo mondo assurdo e complicato, e lo hanno fatto durante i loro vent’anni. Hanno il tempo dalla loro parte e molte strade da poter percorrere, e cambiare, modificare. Hanno scelto e lo faranno ancora. Nel frattempo, come tutti gli altri ragazzi della loro età, amano, studiano, soffrono, e si incazzano. Ma loro

scrivono

e sono nel mondo, spero protagonisti della loro vita. 4

Introduzione

di Tito Borsa

Mi è davvero difficile negare la difficoltà che sto provando in questo momento: tirare delle somme dopo due anni di lavoro è incredibilmente difficile. Dal 19 aprile 2014 al 19 aprile 2016, giorno di pubblicazione di questo e-book, sono trascorsi esattamente 731 giorni, e più di questo punto. Ho fondato di scrivere sul soddisfazioni.

milleduecento La Voce

attaccandole per quello altre simpatiche amenità. articoli. La redazione, la cui composizione da alcuni mesi a questa parte è abbastanza stabile, si è ingrandita oltre ogni mia immaginazione e il risultato delle nostre fatiche è sotto gli occhi di tutti. Per quest’ultima ragione ritengo inutile autocompiacimento insistere ulteriormente su in un momento strano e forse irripetibile della mia vita: non avevo neanche vent’anni, avevo lasciato da un mese e mezzo la facoltà di Matematica per passare a Filosofia, questo a causa (o grazie) del fatto che Giovanni Viafora mi aveva dato l’opportunità

Corriere del Veneto

, il dorso regionale del quotidiano di via Solferino. Come stavo dicendo, era un periodo di grandissima incertezza ma al contempo di enorme euforia: pensavo di aver fatto una grandissima cazzata a cambiare strada in modo così repentino e dovevo assolutamente dimostrare a chi mi circondava che non ero inciampato sulle mie irrealizzabili ambizioni. Doveva essere un blog con me come unica firma, una sorta di diario personale in cui riflettevo sulla politica e l’attualità. La prima collaboratrice è stata Cecilia Alfier, che scrive per noi da maggio del 2014. Da lì è stato un crescendo, non senza mille difficoltà: sono aumentati i lettori e i collaboratori e sono anche arrivate le prime In questi mesi abbiamo fatto arrabbiare tante persone, sempre

che fanno

e non per ciò

che sono

: il sindaco di Padova Massimo Bitonci, Alessandra Moretti, Fabrizio Rondolino (che per un certo periodo ci aveva bloccato su Twitter) e altri. A me, che forse (per fortuna) sono l’unico «provocatore» in redazione, è stato detto che sono complice dell’Isis, che ho problemi seri e tante Per me, ma credo di poter parlare a nome di tutta la Redazione, queste risposte (che non entrano mai nel merito delle nostre accuse) sono 5

medaglie perché, proprio in virtù della loro vuotezza, danno perfetta espressione della mancanza di argomenti di chi se ne fa portatore. Due anni che non sono stati solo di nemici, ma anche Concludo insistendo sul fatto che

il blog non sono io e soprattutto

di amici: abbiamo intervistato tantissime persone più o meno famose e abbiamo ricevuto i complimenti di alcuni giornalisti veri che stimiamo. In più, abbiamo conosciuto persone speciali che ci hanno offerto l’onore di poter essere loro amici, un esempio fra tutti Viviana Correddu, autrice della prefazione che trovate a pagina 3. : negli ultimi mesi più che mai

La Voce

è diventata delle 16 persone che ci scrivono con regolarità, impegno e serietà. Siamo riusciti a creare dal nulla un luogo di discussione dove le uniche verità assolute sono i fatti, ora abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti voi per mantenere viva la nostra creatura. Grazie di cuore per il vostro sostegno. 6

La parola alla Redazione

7

Tito Borsa Direttore

Fra Studio qualche compirò 22 anni, di cui tre al fianco di Elena e due in compagnia di questo blog. mese Filosofia all’Università di Padova e nel frattempo dirigo

La Voce

e scrivo ogni mese funzionare con la natura umana. apparire: come non è importante

chi

per

Il Borghese

. Per un certo periodo, il grande argomento di discussione per alcuni lettori sono state le mie idee politiche ma, pur avendole questione rivelate qualche volta in modo più o meno esplicito, non mi sembra una molto interessante: non cerco adepti, cerco punti di vista diversi. Non posso negare che mi faccia sorridere vedere chi si scervella per trovare una soluzione a questo arcano (che probabilmente interessa solo lui) e così facendo cade miseramente affibbiandomi le etichette di «comunista», di «fascista» e pure anche di renziano. I cosiddetti «ismi», ma un po’ tutte le etichette a dir la verità, non mi piacciono: portarsele appresso significa essere catalogato in modo troppo schematico per poter Sono una persona abbastanza schiva: un paio di volte, in centro a Padova, due persone che immagino fossero lettori mi hanno fermato e alla domanda «Ma lei è Tito Borsa?» la prima volta ho risposto di no, la seconda un enigmatico «forse». Nonostante quanto mi sia stato suggerito da persone più esperte di me in comunicazione, non mi piace sia la persona che attacchiamo, non è nemmeno importante che qualcuno sappia

chi sia io

. 8

Per gli altri siamo e saremo sempre rappresentati da ciò che facciamo, e questo è fondamentale. Quando scrivo mi piace, per dirla senza peli sulla lingua,

rompere le palle

: siamo in un paese dove i potenti non si preoccupano di quello che hanno detto ieri prima di dire qualcosa oggi. Berlusconi è il maestro in questo, ma ha lasciato degni eredi. Fare le pulci ai potenti, anche se forse non ti leggeranno mai e quasi sicuramente non ti risponderanno, mi dà molta soddisfazione: si tratta di salvifica energia per il sogno che mi porto appresso sin dalla fondazione di questo blog. Sogno che il mio lavoro possa essere una goccia nell’oceano del cambiamento che dovrebbe portare l’Italia a essere un paese normale, se non un paese perfetto. 9

Francesca Bortoli Vicedirettore

Sono Francesca Bortoli, ho 23 anni e vivo in provincia di Vicenza. Se faccio parte di questa redazione è un po’ per caso: l’estate scorsa, dopo essermi laureata in Filosofia a Padova, ho contattato il direttore, che già in parte conoscevo collaborare con la

Voce

e correggere per la come correttrice di bozze.

Voce

essendoci incrociati nel nostro percorso universitario, per chiedergli di Avevo infatti frequentato da poco un corso specialistico in correzione di bozze a Roma, mi era piaciuto, e speravo di riuscire a trovare lavoro in questo ambito dopo la laurea. Ma avevo bisogno di fare esperienza, non poteva che essermi d’aiuto in questo senso. Non potevo però prevedere come sarebbero andate le cose: quel pomeriggio d’estate in cui ci siamo incontrati a Padova per parlare faccia a faccia del mio contributo al sito, Tito mi ha chiesto se avevo voglia di scrivere. Un’opportunità che già mi era stata offerta in passato ma che non avevo mai considerato: io, scrivere! In realtà io con la scrittura ho sempre avuto uno strano rapporto: l’ho amata da quando al mio sesto compleanno mi è stato regalato il mio primo diario, per anni mi sono cimentata nella scrittura di racconti e perfino di un romanzo, invece di fare i compiti stavo davanti al computer, o creavo dei libretti, e scrivevo, scrivevo. Finché al liceo questo amore non è cominciato a scemare, purtroppo, ha cominciato a emergere il lato più scientifico e analitico del mio cervello, piano piano si è radicata in me la convinzione che sì, sapevo scrivere correttamente, ma dalla mia penna non sarebbe mai uscito niente di interessante, di creativo, di originale. Non so perché, seppur con questa certezza, ho deciso più tardi di iscrivermi a filosofia, scelta che farebbe storcere il naso a quei professori che per anni mi hanno criticato per la mia mente così fredda, così insensibile all’arte. 10

Quel giorno ho detto a Tito che ci avrei provato, e oggi, a distanza di qualche mese, credo che quella di collaborare con il suo sito sia una delle scelte migliori che abbia fatto: mi ha aiutato a sbloccarmi, ad avere più fiducia in me e nelle mie capacità; anche se so che c’è ancora tanto lavoro da fare, che non scriverò mai un best seller come sognavo da bambina, la scartarlo.

Voce

Collaborare con la mi ha fatto conoscere tutto un altro modo di scrivere, a cui posso, nei miei limiti, avere accesso anch’io.

Voce

mi ha anche permesso di ritrovare la fiducia nelle mie opinioni e nella ricchezza che si nasconde dietro le domande che spesso formuliamo nella nostra mente ma che non abbiamo il coraggio di esprimere e discutere, quando invece prenderne consapevolezza e condividerle potrebbe portare a una visione più profonda delle cose. Scrivere per me è un’opportunità per portare alla luce questi dubbi, sperando che possano accendere una lampadina nei lettori. Non perché voglio che condividano il mio punto di vista, ma perché possano conoscerlo e in questo modo valutare se accoglierlo o Un altro motivo per cui sono contenta della scelta di scrivere per il sito è che sono entrata a far parte di un bel gruppo, in cui c’è un’atmosfera piacevole e rilassata; nonostante far parte di una redazione sia impegnativo, richieda serietà e responsabilità, vengono sempre rispettate le esigenze dei collaboratori e viene lasciata molta libertà nella stesura degli articoli (a volte forse anche troppa). Il direttore è una persona molto tranquilla e disponibile, a volte è severo ma giustamente, visto il suo ruolo. Su certe cose ha idee che non condivido, e alle riunioni del direttorio vuole che gli si offra l’aperitivo, ma è una persona piacevole, soprattutto perché poi ci lascia mangiare le noccioline. Scherzi a parte, apprezzo molto quello che fa per la

Voce

perché immagino che gestire un sito simile richieda molto tempo ed energie, e nonostante questo è sempre disposto a venirci incontro. Non essendo io di Padova, ed essendo difficile trovare una soluzione per essere tutti presenti alle riunioni di redazione, purtroppo non ho avuto modo di conoscere tutti i collaboratori, ma le persone con cui ho avuto occasione di confrontarmi fino a questo momento mi hanno lasciato un’impressione positiva, mi sono sembrate motivate, curiose, ricche di interessi e di nuove idee. In generale mi piace il loro atteggiamento e il loro modo di lavorare, eccetto alcuni casi; dato che mi occupo anche della correzione delle bozze, spesso devo leggere i pezzi attentamente, e devo dire che alcuni collaboratori a volte non ci mettono molto impegno e prendono il proprio compito alla leggera. 11

Per fortuna si tratta di casi sporadici, ma comunque infastidiscono, perché se è vero che il nostro non è un vero e proprio lavoro, dobbiamo portarlo avanti con serietà e rispetto non solo nei confronti dei nostri «colleghi» ma anche e soprattutto dei lettori. Spero di portare avanti la collaborazione con questo bel gruppo e di vedere crescere il sito; sono grata agli altri collaboratori e soprattutto a Tito per avermi dato fiducia e per aver creduto in me tanto da nominarmi vicedirettore. Questa esperienza mi sta dando molto, e spero, in futuro, di riuscire a tradurla in un lavoro vero e proprio. Nel frattempo, cercherò di essere all’altezza delle ruolo che mi è stato assegnato. 12

Elisa Climastone Vicedirettore

ZeroNove

Elisa. Il mio nome è Elisa, aquilana da parte di padre, sandemetrana da parte di madre. Ho vent’anni anche se ancora non ne sono sicura e mi diletto o, forse, dispero, con gli studi giuridici da diversi mesi ma è presto per dire se un giorno calzerò davvero la toga. Tutto iniziò sette anni fa: correva l’anno 2009 quando scrissi per la prima volta un articolo. In quel seppur breve periodo subito dopo il sisma che devastò l’Aquila, in cui le certezze erano minime, i giovani, gli per adolescenti, il famoso

C.O.M 2

necessitavano di rifugiarsi in qualche tana nascosta e sicura. Io optai per la scrittura, o meglio l’informazione, anche se inizialmente non credo si chiamasse proprio così. Nel campo base di accoglienza di San Demetrio né Vestini, , una mezza dozzina di ragazzini, me inclusa, spinti magari dalla voglia di raccontare, diedero vita ad un piccolo ciclostilato. Il 7 luglio del medesimo anno, divenne ufficialmente la nostra voce. Grazie a questo progetto, intrapreso in tenera età, ho avuto modo di provare emozioni imparagonabili e vivere esperienze irripetibili; ho avuto il piacere di incontrare Gianni Morandi, Pino Daniele, Simone Cristicchi, Fiorella Mannoia… e Tito Borsa. Quando l’ho conosciuto, era un liceale che scriveva per il giornalino della sua scuola. Decise di contattarmi dopo aver visto la nostra intervista pubblicata sulle pagine di

Topolino

. Credo che proprio da quel giorno decise che saremmo diventati

colleghi

: scrissi per lui un paio di articoletti fin quando la mia avventura con

ZeroNove

non si interruppe definitivamente. La mia penna è restata per lunghi anni ferma fin quando, colui il quale sarebbe diventato il mio direttore, mi propose di scrivere per

La Voce che Stecca.

Ero titubante sulla scelta ma poi ho accettato pensando che non avrei avuto nulla da perdere. La realtà della

Voce

è estremamente 13

lontana da quella di dell’essere

ZeroNove

: la prima nasce dalla concezione controcorrente, la seconda Giovanni Viafora (vicecaporedattore del preferiva

Corriere del Veneto

attenersi oggettivamente alla descrizione dei fatti compiuti da altri, d’altronde avevamo solo tredici anni. La mia collaborazione con il blog iniziò all’indomani del sesto anniversario del sisma aquilano e per l’occasione decisi di debuttare parlando proprio di quello. Subito dopo la mia maturità, Tito mi ha comunicato che sarei diventata vicedirettore: ci ho messo un po’ prima di accettare (si fidava di me?) ma, quasi sopraffatta da quella responsabilità, ho annuito e confermato. Scrivendo per il blog ho avuto la fortuna di intervistare ), Viviana Correddu (autrice de

Il Gallo siamo noi

), Pippo Civati e Antonio Razzi. Per motivi di lontananza non sono mai stata presente alle riunioni: vengo a sapere preventivamente l’oggetto della discussione di modo che possa esprimere il mio pensiero. Ciò che mi duole di più è di non conoscere personalmente gli altri collaboratori (escluse Martina Iacchiarino e Valeria Mancini, mie quasi concittadine). Conosco i miei colleghi attraverso gli articoli che scrivono ma non ho mai avuto il piacere di stringere loro la mano, né di scambiarci due parole a quattr’occhi. Ma, per tornare a parlare di me, direi che di sogni ne ho tanti ma preferisco tenerli per me, voglio preservarli nella loro integrità: sono l’unica certezza che ho. Non so quanto sia ancora lunga la mia permanenza con la

Voce,

so solo che al blog devo tanto: mi ha formata, cresciuta e soprattutto mi ha dato la possibilità di far fuoriuscire e far conoscere i miei pensieri. Al blog devo un grazie, dal profondo del cuore con la speranza che sia sempre così, e anche meglio. 14

trovare qualcos’altro. mi fanno sentire fiera.

Laura Gambarin Membro del Direttorio Responsabile dell’attualità

Ciao! Sono Laura Gambarin, ho 21 anni, e sono iscritta al terzo anno del corso di Scienze Politiche, Relazioni Internazionali, Diritti Umani all’Università di Padova: so che è un titolo un po’ lungo, ma ci tengo sempre a specificarlo tutto. Non mi sono mai pentita della mia scelta e credo che questi anni di studio mi abbiano dato davvero tanto in termini sia di conoscenza, sia di esperienza, sia infine di crescita. Sono convinta che non avere le idee certe sul proprio futuro, come non le ho io, non sia sempre e del tutto una cosa negativa, almeno non alla mia età, perché personalmente mi permette di non dare nulla per scontato, di avere sempre gli occhi aperti su tutto e di essere curiosa. Trovo sia stimolante non sapere ancora in quale direzione si muoveranno i miei passi. Questo mi sta aiutando anche a coltivare un atteggiamento per cui se non va bene qualcosa, ci si può rialzare e Un’esperienza che invece sicuramente mi sta lanciando chiari segnali, che mi sta spingendo verso una strada da percorrere e che mi sta facendo conoscere un mondo che mi piace davvero tanto è la partecipazione a questo blog. Ho iniziato a scrivere quasi per caso: tramite conoscenze comuni ho fatto un giorno un apprezzamento online su alcuni articoli che ho letto, mi è stato riferito che cercavano collaboratori e da un giorno all’altro mi sono ritrovata a fare un reportage, «uscendo dalla mia quotidianità», mettendomi in gioco e andando in giro a fare domande alle sentinelle in piedi. Sono timida per natura, per questo rompere gli schemi, «buttarmi nella mischia» e non aver paura di essere in prima linea a fare domande sono sempre delle prove con me stessa, che all’inizio temo, ma che una volta fatte Sto scoprendo sempre di più che scrivere mi piace davvero molto, mi piace la «paura del foglio bianco» che coglie ogni scrittore all’inizio di 15

un nuovo pezzo e che viene sostituita dalla soddisfazione di aver scritto qualcosa che funziona, che fluisce, che fa pensare. Mi piace scrivere perché mi accorgo di apprezzare molto l’utilizzo delle parole, il modo in cui se ben scritte riescono a colpire e ad attirare l’attenzione e mi piace che da quello che viene scritto nascano spunti di riflessione costruttivi, modi di pensare diversi, opinioni che prima non sapevamo di avere. Partecipare al lavoro della un pensiero critico. lavorativo più ampio. tenermi aperte molte strade diverse.

Voce

mi dà l’opportunità di scrivere sempre su nuovi argomenti e questo mi permette di scoprire cose che prima non conoscevo, mi apre gli occhi e mi spinge ad avere Non è sempre facile, perché mettersi in gioco significa anche esporsi e il mondo dei social network è sempre pronto, forse anche troppo spesso e troppo velocemente, a criticare. Ma in fondo anche questa è tutta esperienza. Non è facile neanche coordinare il lavoro di tutti all’interno della Redazione, avere delle scadenze da rispettare in mezzo ai mille impegni universitari, trovare sempre qualcosa di nuovo e stimolante su cui scrivere, ma credo che imparare in questo contesto tutte queste cose, sicuramente mi aiuterà un domani in un contesto La scrittura mi è sempre piaciuta, fin dai tempi della scuola, ma l’avevo abbandonata, probabilmente perché non avevo il mezzo giusto per farla fruttare. Almeno adesso, attraverso il blog, so che scrivere per gli altri è una buona motivazione, che fa allo stesso tempo apprezzare anche di più a me stessa quello che faccio. Per questo motivo sto prendendo in considerazione di continuare i miei studi lungo questo percorso, magari cercando qualcosa che abbia a che fare con il giornalismo. Non ne sono ancora sicura però, come ho detto, mi piace 16

Martina Iaccarino Membro del Direttorio Responsabile della politica

Ho 19 anni, vivo a L’Aquila e da poco ho intrapreso il percorso universitario. Studio Giurisprudenza a Teramo. Ho per scelto questa comprendere università, completamente nuova rispetto al mio pregresso profilo scolastico, ritenendo questi studi importanti alcune problematiche e meccanismi argomenti. moderni. Quello appena trascorso si è dimostrato un anno ricco di novità per la mia vita. Oltre ad entrare a far parte di un nuovo mondo, proiettato verso il futuro, ho conosciuto molte persone tra cui Elisa Climastone, ragazza in gamba e intraprendente. Elisa oltre a frequentare l'Università scrive per un blog di cui avevo già sentito parlare:

La voce che stecca

. Dunque sono andata a leggere diversi articoli della pagina che, per la verità, mi hanno colpita molto per la chiarezza con cui vengono trattati gli Potreste pensare che siano articoli come altri, ma non è così.

La voce

ha come obiettivo principale, oltre che informare, il creare uno spazio dove ogni singola opinione è importante, dove si può confrontarsi ed esprimersi su qualsiasi tematica spaziando dal mondo dello spettacolo a quello della politica. È per questo che ho deciso di scrivere non per una pagina, ma per questa pagina resa speciale, ancor di più, dalle persone che ci lavorano e per l'attenzione costante e profonda del direttore, Tito Borsa. Non è un semplice blog, non sono semplici articoli, ma una sorta d'innovazione, è una passione verso l'apertura della mente umana e verso la curiosità che, come dico sempre, muove il mondo.

La voce

ha matrici che rispecchiano tutti i valori che ritengo siano importanti per la formazione di una cultura personale. Se questo blog sta avendo così tanto successo, ed è destinato a crescere sempre più, ovviamente è merito dei miei collaboratori e del direttorio 17

che dedicano tempo al perfezionamento di ogni singolo articolo, curandoli nei minimi dettagli. Sono entrata da poco a far parte di questa «bella famiglia», mi piace definirla così perché per avere buoni risultati serve non solo determinazione, tempo e passione, sicuramente imprescindibili, ma soprattutto complicità tra le persone che si adoperano per uno stesso obiettivo. È un’esperienza bellissima, ma nulla si fa senza impegno e un po' di sacrificio. Ho la passione della scrittura da quando ero piccola, ma mai prima d’ora avevo scritto articoli, mi sono sempre soffermata sulla narrazione di storie, biografie e riflessioni, non mi sono mai esposta su problemi reali e adesso capisco che uno scrittore, un giornalista, per essere tale deve essere completo, esercitarsi e formarsi opinioni su qualsiasi argomento. Non può permettersi di avere «lacune» di conoscenza; è ovvio che nessuno può essere onnisciente ma, ribadisco, la curiosità muove il mondo e ci rende quasi tali. Leggere e scrivere fanno ogni persona speciale, la cultura rende il mondo vario e permette di affrontare al meglio la vita. Questa è la mia passione e, seppur con molte difficoltà, è questo che voglio fare fin da piccola, scrivere di me, di voi, di noi, di tutto ciò che accade, conoscere anche se a volte può far paura ed esprimersi sempre. Come diceva Bob Marley: «Se un sogno ha tanti ostacoli vuol dire che è quello giusto». 18

Federica Tronci Membro del Direttorio Responsabile della cultura

Ho 22 anni e studio Relazioni Internazionali e Diritti Umani nella facoltà di Scienze Politiche di Padova. Da circa ottobre 2015 scrivo per la

Voce

: dopo essermi imbattuta casualmente su qualche articolo trovato su Facebook, ho deciso di provare a scrivere e collaborare. Dopo aver creato un mio blog personale per informare sulla situazione dei diritti delle donne in India e sulle violenze a cui quest’ultime sono sottoposte, ho voluto continuare all’interno della

Voce

per provare in qualche modo a dare un contributo sui fatti che avvengono nel mondo o, come mi è capitato in alcuni articoli che ho scritto, di dar voce alle persone più emarginate. Scrivere sul blog mi permette di esprimere le mie idee, di rimanere continuamente aggiornata su attualità, politica e cultura ma soprattutto di confrontarmi con gli altri membri della redazione. Per quel che riguarda il futuro, le mie aspirazioni non sono quelle di diventare giornalista, anche se fare dei reportage o delle interviste è stato veramente interessante e soddisfacente. Sicuramente uno dei miei sogni è quello di lavorare nel campo delle relazioni internazionali e dei diritti umani. Degli altri collaboratori del blog, penso che come me abbiano la voglia di dar voce alle loro idee, di scambiare opinioni e riflessioni e di provare a dare un’informazione il più possibile corretta e neutra e di sperimentare anche come si lavora all’interno di una redazione. Francesca, una delle due vicedirettrici, oltre a essere molto brava a scrivere, con la sua precisione riesce a coordinare il gruppo e aiutare Tito quando a volte si presentano dei problemi. Laura e Debora, gli altri due membri del Direttorio, riescono a proporre sempre nuove idee e continui miglioramenti per il blog. Tito, il direttore, oltre ad avere tanta esperienza nel scrivere articoli nonostante la giovane età, riesce a creare un ambiente stimolante oltre che di precisione lavorativa all’interno della redazione. 19

Giada Arcidiacono Responsabile delle inchieste

argomenti piuttosto che altri. La collaborazione con la

Voce

Allora, iniziare con «Salve, mi chiamo Giada Arcidiacono» fa un po’ troppo da Alcolisti Anonimi. Inizierò allora dicendo che non ho bisogno di presentarmi perché già leggendo alcuni miei articoli si può capire qualcosa di cosa penso, come lo penso e forse anche un po’ di come sono. Non voglio assolutamente approfondire nient’altro, raccontarvi come sono negli ambiti più importanti della mia vita perché è anche questo il bello di poter scrivere su un blog in cui compare solo il proprio nome: far sapere solo qualcosa di sé, far passare solo le idee che si ritengono necessarie, far intuire qualcosa con una frase o anche con una sola parola tra due parentesi. Perché l’importante non è chi sei, bensì cosa scrivi, nient’altro. È questo quello che mi affascina di questa modalità di scrittura e in parte quello che mi ha spinto a scrivere per la

Voce

. D’altra parte le Lettere sono state sempre importanti per me, non a caso studio a Padova Lettere Antiche, informazione che mi sembra in qualche modo necessaria per capire il motivo per cui preferisco certi è nata per caso: a cena una delle mie più care amiche mi stava parlando di aver appena intrapreso questa esperienza e che il blog stava cercando altri collaboratori. Così mi sono buttata, un po’ per curiosità un po’ per forzarmi a scrivere, un hobby che prima dell’università mi impegnava molto ma che poi avevo accantonato per lo studio. Ho pensato che avendo delle scadenze ben precise non avevo più scuse: dovevo scrivere per forza. Così ho ripreso in un ambito di scrittura che non sentivo come mio (avevo sempre scritto altro) ma che, andando avanti, a iniziato a piacermi sempre di più, forse anche per il semplice fatto di essere un po’ «saputella» e 20

sputa-sentenze, aspetto caratteriale che gli articoli, almeno un po’, richiedono. Devo ammettere che sono molto soddisfatta di questa mia scelta: non solo per aver ritrovato una passione che avevo abbandonato, ma anche perché la

Voce

mio «lavoro». mi costringe a tenermi informata su cosa succede nel mondo. Il rischio delle persone che studiano la letteratura antica è proprio quello di cadere nello stereotipo del topo da biblioteca: questo era accaduto anche a me. Ammettiamolo amici letterati, siamo un po’ snob e molte volte tocchiamo punte di superbia che farebbero concorrenza anche a Dante. La

Voce

mi aiuta un po’ a rimanere con i piedi per terra e questo lo ritengo uno degli aspetti più importanti del Ho un po’ la testa tra le nuvole e scrivere di qualcosa di reale e concreto mi aiuta a dire «Ehi sveglia il mondo è questo!». Proprio per questo, uno degli obiettivi che mi pongo scrivendo è quello di informare quelle persone che a volte, troppo distrattamente, leggono solo il titolo di un articolo di giornale oppure coloro che per vari motivi non riescono ad informarsi. È un tipo di lavoro che mi stimola. Il bello di un blog è anche, soprattutto se si è una persona pigra come la sottoscritta, dover fare tutto il lavoro a casa e non avere un rapporto stretto con le persone con cui si collabora. Alcune persone, per quanto mi riguarda, non le ho nemmeno mai viste; una sola persona all’interno della redazione fa parte della mia vita di tutti i giorni e solo lei sa quello che c’è oltre la dicitura anonima di «Giada Arcidiacono». L’idea che un gruppo di persone si riuniscano per parlare solo di informazione e lavoro secondo me rende ciò che produciamo il più professionale possibile.

Ora, non immaginiamoci che la condividendole o meno.

Voce

sia l’Eden e che sia perfetta così: si può sempre migliorare come, banalmente, in ogni cosa, e a volte, quando il direttore si adagia nel suo ruolo autoattribuito di despota, gli si tirerebbe volentieri un bicchiere (con tutto la professionalità e la stima del mondo, certo). È un ambiente giovane, stimolante, dove ci si può ritagliare il proprio spazio e, perché no, essere ascoltati da qualcuno. È bello sapere che esistono persone che si soffermano a leggere quello che scrivo e che, in parte, riflettano sulle mie idee, 21

Cecilia Alfier

In questi due anni di

La Voce che Stecca

, anni in cui io ci sono sempre stata, la squadra ha fatto e sta facendo un gran lavoro. Tito Borsa è un battagliero senza peli sulla penna, a volte pure troppo, si sbilancia per creare polemica, perché la sua vita è monotona senza minacce di querela, ed è riuscito nell’impresa di riuscire antipatico a molta gente, ma non alla sottoscritta. Personalmente sono più tranquilla, raramente cerco rissa, in particolare sui social, che sono fin troppo popolati da esseri rissosi; nonostante la mia ben nota pendenza a sinistra, ho sempre cercato di essere il più obiettiva possibile. Non nascondo di sentirmi ignorante su questioni importanti, specie di carattere economico, ma il più delle volte sento di fare un buon lavoro, di cuore. Sono orgogliosa in particolare della mia rubrica, sarebbe più corretto dire del mio personaggio, Sarcasmo da Rotterdam, di cui seguo le avventure da ottobre. L’idea è del direttore, il nome è stato inventato da me. Trovo che Sarcasmo non abbia perso lo spirito, breve e tagliente, con cui è iniziato. Scrivo essenzialmente perché sento di contribuire a qualcosa di bello, per mettermi alla prova, per veicolare alcune idee, parlare di uguaglianza dei disabili o dei gay (forse è vero che il blog insiste troppo sulla parità, ma è necessario); in ultima analisi scrivo su questo spazio internet perché ho alcuni fan, che sono certa mi leggono quasi sempre. All’inizio, quando ho accettato, non sapevo sarebbe diventato un compito a tratti gravoso, ma comunque gratificante. Per pigrizia non uso altri mezzi tecnologici se non Facebook e questo inizia a crearmi qualche disagio, ma soprattutto ho la testa molto in disordine, arrivo in ritardo, consegno in ritardo. Tutti questi fattori mi fanno sentire sempre sull’orlo del «licenziamento», ma credo che il blog non sarebbe lo stesso senza la mia ironia sottile. Mi diverte un mondo prendere in giro razzisti, neofascisti, estremisti, complottisti e misti. Per la cronaca, avrei voluto inventarlo io il titolo «Piove sul Bagnasco», frutto invece del genio di Tito Borsa. Da quando scrivo per il blog, la 22

mia rubrica del telefono è diventata molto strana: digitando G viene fuori «Gad Lerner», c’è qualche nome noto e subito dopo «Mamma». Mi sveglio e so che quel giorno potrei intervistare il papa, solo perché il direttore ha avuto il numero, poi però ho paura di fare figuracce al telefono con la pizzeria. Finirà che chiamerò il papa chiedendogli una diavola a domicilio. Comunque, intervistare il signor Lerner, ma soprattutto altri che non condividono il mio pensiero, è stato illuminante e non sarebbe stato possibile senza la

Voce

; così come senza la Giornalismo di Perugia, e conoscere Zerocalcare; non avrei tirato fuori il coraggio come quando ho attaccato i testimoni di Geova; avrei avuto anche meno pubblicità ai miei libri, per non parlare della famosa intervista a Bersani (che non sarebbe stato compito mio fare). Per adesso e per i mesi prossimi, scrivo, ho scritto e scriverò totalmente gratis per

Voce

non avrei pensato di partecipare al Festival del

la Voce che Stecca

faccio volentieri e penso anche gli altri, visto che nessuna lobby gay ci sta finanziando. , come tutta la redazione del resto, lo In futuro vorrei essere una giornalista iscritta all’Ordine, una giornalista culturale (apprezzo molto che il blog stia dedicando maggiore spazio alla cultura da quando è nato), una giornalista storica, politica, non escludo nemmeno un’occupazione nel campo dell’editoria, però il mio sogno più forte è quello di essere una scrittrice di successo, di quelle da milioni di copie vendute (molto spesso, tuttavia, ciò che vende di più non è la cosa migliore). Nel frattempo seguo alcuni corsi della magistrale in Scienze Storiche a Padova, dopo si vedrà. Master in giornalismo? Intanto sono certe due cose nella vita: la morte e l’uscita di Sarcasmo da Rotterdam la prossima settimana. P.S.: Negli articoli, sto cercando di mettere meno scacchi possibile, spero si noti lo sforzo immane. 23

Debora Lupini

Studio Lettere Moderne all’Università di Padova e sono al terzo anno, il più temibile di tutti. Come sono finita a Padova a volte cerco di capirlo, ma di sicuro so come sono finita a scrivere per questo blog. Da una piccola cittadina in Umbria, conosciuta per la cosa forse meno emozionante che ospita (la fiction

Don Matteo

), sono approdata nel capoluogo veneto, e un giorno come un altro ho trovato pubblicato sulla bacheca Facebook di una mia compagna di corso un articolo di questo blog. Dal titolo sembrava interessante e, aprendolo, ricordo di aver notato qualche errore di battitura. Per correttezza avvisai quella mia compagna e mi proposi scherzosamente come correttrice di bozze. Il Direttore, il suo fidanzato, non scherzava. E così ho iniziato a collaborare in un ambiente molto libero che mi ha aiutato a tenermi sempre aggiornata su quello che succede nel mondo. Mi è sembrata un’ottima occasione per fare esperienza e comprendere se questo sia il campo per me. Quando poi ho iniziato anche a scrivere qualche articolo di mio pugno, ho avuto l’occasione per crescere molto sia nello stile che nella forma, seppur ancora non abbia raggiunto il livello a cui ambisco. Sì, scrivere per me rappresenta una sfida alle mie capacità, e nonostante non sappia minimamente quale voglio che sia il mio lavoro in futuro, mi piace applicarmi al meglio in quello che faccio qui. Ho molte idee in testa su come migliorare di giorno in giorno le nostre attività, e mi piace essere partecipe della crescita di un progetto gestito unicamente da studenti appassionati all’ambiente del giornalismo e dell’informazione, senza scopo di lucro. Già: non guadagno nulla per tutto il tempo che spendo nel correggere articoli, nello scriverne o nelle riunioni di redazione, ma non mi interessa, perché credo che quello che stiamo cercando di portare avanti sia un blog con molte potenzialità. Nonostante all’interno della redazione siamo in diversi, lavorare a distanza, ognuno dietro al proprio Pc senza una vera «sede d’ufficio», non mi permette di avere grandi rapporti con tutti i ragazzi 24

che lavorano insieme a me. Ma qui viene il bello: questo tipo di gestione consente a tutti noi di poter collaborare a qualcosa che ci unisca e ci lascia tempo per tutti i nostri altri impegni legati all’università e ad altre attività, rendendoci uniti e indipendenti al tempo stesso.

25

Valeria Mancini

parte di questo fantastico blog. essere fiera di far parte di Ho 19 anni e sono di L’Aquila. Sono una ragazza solare e intraprendente, che mette cuore e passione in tutto quello che fa. Attualmente sono iscritta al primo anno di Giurisprudenza all’Università di Teramo e nel mio tempo libero mi dedico al canto e al musical. Inoltre, mi piace molto il cinema, in modo particolare il cinema d’autore e le commedie musicali americane degli anni ‘50 e ‘60. Scrivere è, tra tutte, una delle cose che mi viene meglio, per questa ragione ho chiesto, tramite Elisa Climastone, di poter entrare a far

La Voce che Stecca

rappresenta un’opportunità per tutti coloro che hanno voglia di sentirsi parte di qualcosa di costruttivo. Qui si scrive per divulgare informazioni e opinioni riguardo temi importanti e per avere un contatto con i lettori e un riscontro da parte loro. Tutte le volte che viene pubblicato un mio articolo la soddisfazione è prima di tutto verso me stessa, perché la scrittura è un processo creativo indipendentemente dal tema trattato e ovviamente la soddisfazione aumenta se le idee che ho espresso vengono apprezzate e condivise. Non conosco personalmente tutti i membri del blog, ma nonostante questo siamo un bel gruppo, in fondo tramite la scrittura ciascuno di noi può comprendere la personalità dell’altro. Il nostro direttore, Tito Borsa, è una persona alquanto audace, dalla spiccata personalità, ma soprattutto bravissimo nel coordinare tutto il lavoro che c’è dietro. Dunque posso affermare di

La Voce che Stecca

, perché è un’esperienza formativa, che al tempo stesso ti permette di metterti in gioco. In futuro mi piacerebbe lavorare nel giornalismo e perché no, magari far parte di una compagnia di musical, che mi dia finalmente l’opportunità di girare per lavoro l’Italia e non solo. 26

Giulia Pianelli

Frequento l’ultimo anno del corso di laurea triennale in Economia e Gestione dei Beni e delle Attività culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia: solo un esame mancante e poi la tesi, che già ho iniziato a scrivere. Nutro un amore profondo nei confronti dell'arte, ma anche della storia e della letteratura e, al contempo, mi trovo molto coinvolta nel mondo economico-finanziario, marketing siano organizzazioni culturali. mio bagaglio culturale e, perché no, anche linguistico. poiché credo che la gestione aziendale e il strumenti indispensabili per le moderne In questo preciso momento mi trovo ad Amsterdam, nei Paesi Bassi: grazie a una borsa di studio universitaria, sto svolgendo un tirocinio da inserire nel mio curriculum accademico (e vitae) in una galleria che si occupa di arte contemporanea e, in particolare, di giovani artisti olandesi. È un’occasione unica per iniziare un approccio lavorativo in questo campo, mettendo in pratica quello che ho imparato sui libri, e anche per entrare a contatto con usanze e tradizioni «nordiche» totalmente diverse dalle nostre, arricchendo il Nel futuro più prossimo sicuramente intendo proseguire gli studi nell’ambito dell’economia dell’arte, apprendendo al meglio il funzionamento dei mercati e delle aste, condendo il tutto con gli ormai immancabili ausili del marketing. Ancora non so quale facoltà sceglierò, ma sono molto orientata verso l’estero. Purtroppo in Italia la professione del «cultural manager» non è ancora riconosciuta e, di conseguenza, non esistono, se non presso università private e molto costose, corsi di studio che forniscano una preparazione adeguata in merito. È risaputo, inoltre, che le facoltà estere utilizzano un approccio molto più pratico, contrariamente a quello prettamente teorico in uso nel nostro Paese, mettendo continuamente alla prova i loro studenti e 27

facendo loro comprendere le difficoltà con cui si dovranno misurare nel mondo del lavoro. Tra un po’ di anni, se posso ancora dire «quando sarò grande», invece, mi piacerebbe iniziare la mia carriera con un incarico presso importanti case d’asta, come Sotheby’s o Christie’s, nelle loro principali sedi americane (Los Angeles, New York) o in quelle londinesi. Il mio obiettivo sarebbe quello di diventare battitore, ma mi accontenterei anche delle pubbliche relazioni e del settore marketing in generale, in modo da poter interagire direttamente con i più grandi collezionisti del mondo, oltre a toccare con mano opere d’arte di altissimo valore. Dopo aver trascorso un po’ di tempo all’estero, vorrei fare ritorno nella nostra splendida Italia, che amo così tanto, e aprire un mio business: una galleria dedicata all’arte da vendere, ma anche ad ospitare una piccola collezione che possiede la mia famiglia, alla quale sarei felice di attribuire il giusto valore. Iniziare a scrivere per La Voce che Stecca è stato uno dei primi passi in direzione di questa meta, che non sembra più così lontana. Era da qualche tempo che mi balenava l’idea di «donare» qualcosa agli altri, anche un semplice racconto o una serie di riflessioni; poi, quando un’amica che era da poco entrata a far parte della redazione mi ha parlato del blog, ho colto la palla al balzo e mi sono catapultata in questa nuova avventura. A essere sincera, diventare giornalista non è la mia ambizione primaria, però mi piace molto scrivere poiché mi permette non solo di esprimere, seppur in modo sotteso, la mia opinione, ma anche di consigliare e far riflettere. La stampa, in generale, gode di un grande potere, che mi ha sempre affascinata: interessa e coinvolge. Non ho fini di persuasione, né di convincimento perché sarebbero limitazioni alla libertà, che è base primaria della democrazia e, quindi, del giornalismo. Vorrei riuscire a suscitare delle reazioni, a rendere la gente meno indifferente rispetto a certi argomenti, senza però fornire – almeno non esplicitamente – un giudizio personale. A causa dell’imminente avvio del tirocinio all’estero non ho ancora avuto il piacere di conoscere di persona né i membri del direttorio né il resto della squadra: una volta tornata in Italia, a maggio, rimedierò sicuramente. Il mio parere sul loro conto è, pertanto, piuttosto basato esclusivamente sui contatti virtuali che abbiamo avuto finora. Devo assolutamente riconoscere che i miei colleghi, a partire dal direttore Tito, nutrono una vera e propria passione per la cultura e sono animati da una forte volontà di trasmettere tutte le informazioni di cui sono in 28

possesso. Le nostre conversazioni – e discussioni – sono sempre molto costruttive e ricche di spunti da cui trarre ispirazione. Il direttore e le sue vice non dimostrano alcuna velleità di comando, anzi cercano sempre di porsi, e di porci, tutti sullo stesso piano. Dopotutto essere una squadra vuol dire anche questo, fiancheggiarsi senza mai prevaricare il compagno. Non ci sono invidie fra di noi, ma rispetto e stima reciproca. È bellissimo che ci siano ancora giovani così che amano la scrittura e il giornalismo: oltre a soddisfare un’esigenza personale, lo scopo è anche quello di offrire qualcosa ai lettori, senza però chiedere nulla in cambio. La Voce che Stecca non è solo un gruppo di ragazzi che si occupano di attualità e cultura, ma è una vera e propria famiglia ed io sono orgogliosa di farne parte. 29

Luisa Bizzotto

i numeri? con

la Voce che Stecca

discussione me stessa e tutto ciò che so. avanti il mondo. Ma perché scrivi? Perché perdi tempo quando tanto il mondo Ingegneria è perso scrivere in un blog. e irrecuperabile? Queste sono le domande che vengono maggiormente poste a noi giovani che ci cimentiamo a Io sono una ragazza di 22 anni che frequenta il corso di Chimica all’Università di Padova, e che passa il proprio tempo tra lo studio, la chitarra, la lettura e gli amici come qualsiasi altro giovane italiano. Una domanda forse sorge spontanea: come mai un aspirante ingegnere dovrebbe scrivere in un blog? Non dovrebbe vivere solo tra Probabilmente il motivo principale per cui ho cominciato a collaborare è che mi piace scrivere. Ma ciò non basta, ed è solo una piccola parte delle ragioni che mi spingono a mettere in La scrittura è non solamente una passione ma anche uno sfogo, è un modo per riflettere su tutto ciò che succede nel mondo e per mettersi in discussione e sforzandosi di avere un’opinione sui temi scottanti che oggi animano l’attualità. La scrittura è anche un mezzo per riuscire a crescere sia come persone che come futuri adulti che porteranno La lettura è sempre stata una delle mie grandi passioni, più cose nuove imparavo e più ne volevo imparare. Ma mai avrei potuto pensare di poter condividere con altre persone le mie ricerche, i miei pensieri. Per fortuna Tito Borsa è riuscito a convincermi a mettermi alla prova, ed è stata una delle migliori decisioni che potessi prendere. Far parte di questo progetto mi ha fatto confrontare con ciò che sapevo, permettendomi di migliorare le mie convinzioni e capacità e mi ha dato un ambiente in cui poter crescere sia nel pensiero che nella scrittura. Quindi, mi piace scrivere anche perché mi permette ogni giorno di creare una versione migliorata e aggiornata di ciò che sono, 30

e perché mi dà l’opportunità di potermi riscattare e cimentare in qualcosa che nessuno pensava fossi in grado di fare. Ma resta una delle domande più importanti. Perché una ragazza di 22 anni dovrebbe continuare ad informarsi, crearsi delle opinioni e combattere in un mondo in cui sembra che tutto si stia sgretolando? In un mondo in cui la politica sembra quasi tutta corrotta e irrecuperabile, dove sembrano prevalere l’odio e le guerre e in cui l’economia sta colando a picco? La risposta è più semplice di ciò che si potrebbe pensare e si può riassumere con una frase detta da Maria Teresa di Calcutta: «Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno». Che senso avrebbe altrimenti vivere se partissimo già con il concetto che tutto è già deciso, corrotto e irreparabile? L’uomo deve combattere per cambiare ciò che non va nella sua esistenza e solo così può sperare di migliorare la sua condizione. Per esempio il noto filosofo Hobbes sosteneva che la natura dell’uomo fosse maligna e che ogni individuo lottasse per predominare sugli altri cercando di schiacciare il prossimo, in quello che egli definiva

bellum omnium contra omnes

futuro chi lo farà? casa e scrivere per , ovvero la guerra di tutti contro tutti, dove ogni singolo individuo diviene

homo homini lupus

, cioè lupo per ogni altro uomo. Tuttavia, sebbene la malvagità sia insita nell’animo umano non per questo la società è lasciata allo sbando degli istinti umani, ma vi è la legge che condanna l’omicidio e tutela i diritti altrui, e ogni giorno si cerca di educare il prossimo in modo da combattere il male in favore del bene. Questo concetto, anche se tratta un argomento decisamente più cupo, descrive con una chiarezza cristallina il perché una ragazza universitaria come me, voglia combattere per il futuro del proprio paese. Non vi è alcun dubbio che la situazione odierna sia ardua e complicata, ma se non lottiamo noi giovani per migliorare il nostro Questo è un altro motivo per cui dedico una parte del mio tempo e rinuncio a qualche sera di studio o di uscire con gli amici per stare a

la Voce che Stecca

. Spero che, nel mio piccolo, l’impegno che metto nei miei articoli riesca ad informare, ispirare e divertire chi li legge. Una delle mie più grandi speranze infatti, è di riuscire a cambiare, anche se «solamente con una goccia» come diceva Maria Teresa, il mondo che mi circonda, riuscendo a svegliare dal torpore tutta quella moltitudine che ha perso le speranze e pensa che non sia più necessario informarsi e combattere per un futuro migliore. 31

Ovviamente non ho l’ambizione né la pretesa di essere in grado di farlo, ma non per questo smetterò di crederci e di lottare. Del resto, quando si affronta una battaglia, per quanto sia difficile la vittoria, se si abbandona immediatamente il campo si avrà perso in partenza. Inoltre, se queste motivazioni non fossero abbastanza, un'altra cosa che mi spinge a collaborare a questo progetto sono le persone che scrivono con me. Un gruppo meraviglioso che crede nei miei stessi valori e che, anche se a volte ha pareri diversi dai miei, cresce assieme a me e combatte al mio fianco ogni giorno per una libera e innovativa informazione. Indubbiamente durante questi mesi ci possono essere state ansie, preoccupazioni ed incomprensioni, ma le abbiamo affrontate assieme con coraggio, riuscendo a capirci sempre di più e a sostenerci sia nel nostro percorso universitario e nei nostri drammi quotidiani, che in questo progetto. Infine, la mia speranza sta nei nostri lettori, giacché sono la parte più importante di questo progetto. Infatti senza di loro noi non potremmo esistere, ed è grazie a loro se la mia speranza di cambiare il mondo non si è ancora affievolita. Il nostro pubblico non è solamente l’unica giuria che può giudicare il mio lavoro, ma è anche l’unico strumento attraverso il quale posso continuare a migliorare me stessa. La mia speranza è che tutto il lavoro fatto non sia vano, ma che sia il punto di partenza attraverso il quale, assieme alla redazione e ai nostri lettori, possiamo pensare di iniziare a cambiare il nostro piccolo mondo. 32

Nadia Salviato

sviluppare una coscienza civica. soddisfare. cambiamento, qualunque esso sia.

Ad maiora

Trovo molto difficile dire chi sono, oltre a quello che biologicamente e fisicamente già si vede. Quindi comincio questo pezzo, dicendo cosa faccio, che forse mi riesce meglio: studio, vivo, vedo gente e faccio cose; quelle che più mi piace fare sono fotografare, ascoltare musica, guardare film e leggere libri. Frequento il secondo anno di Scienze politiche a Padova, il percorso che mi ha portato a questa scelta è molto complesso, e chiaramente non voglio annoiare nessuno raccontandolo, ma posso dire che l'elemento che mi ha condotto a questa scelta è la voglia di avere a disposizione molti punti di vista su quello che sta accadendo intorno al mondo, e la volontà di Questo articolo cade a pennello in un momento in cui anche l'oroscopo di Rob Brezsny chiede di «guardare a me dieci anni fa è di chiedere a qualcosa a quel vecchio me stesso». E non è una richiesta facile da Tra i sogni che tengo un po' nel cassetto e un po' in giro in camera vi è sicuramente quello di poter prendere parte ad un grande Ciò che mi ha condotto al blog per cui ora scrivo sono stati sempre una serie di eventi, che vi risparmio per la seconda volta: vi dico solo che è stato solo per merito di un cd che in quel momento sembrava cadere a fagiolo nella mia vita un po' come l'oroscopo; se vi state chiedendo se credo alle coincidenze, ebbene, non posso negarlo. Credo in quello che scrivo, come tutti i miei colleghi. 33

Anna Toniolo

Sogno di valerne la pena. Ho 22 anni e vivo a Mirano, un Diritti presso piccolo concretizzare paese in provincia di Venezia. Nella vita studio Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e avventure: tutti gli Umani i credo presso l’Università di Padova e per valori appresi svolgo uno stage un’organizzazione non governativa che si occupa di diritti umani, attività che mi permette di mettermi in gioco sul piano pratico. La mia vita è costellata di sogni ed nella libertà, nella verità e nei valori umani e tento con questi. strumenti di realizzarmi in favore di Amo viaggiare, scoprire e sperimentare, mi piacciono le persone e mi piacciono le loro storie, conoscere i loro mondi e i racconti che cercano di far trasparire dalla loro vita quotidiana. Ho fiducia nel genere umano e soprattutto credo nell’empatia che si instaura tra individui. Da qualche tempo ho trovato la mia vocazione: la verità, e da quel momento cerco di improntare le mie azioni verso questa. Alla risposta «Chi vuoi essere da grande?» riesco a rispondere senza esitazioni: voglio essere una giornalista, consacrata alla verità e al rispetto delle idee. Sogno difficile al giorno d’oggi, chi compra i giornali quando può leggere le notizie senza problema alcuno su internet? «Ragazza, cambia sogno!» mi sono sentita dire spesso, ma questo è troppo faticoso da cambiare. Sento come una voce dentro che mi dice che questa è la mia strada. Per il mio futuro, inoltre, sogno il mondo, per non rimanere indietro, per vedere quello che succede, che il mondo corre all’impazzata e farselo cadere addosso è da ingenui. 34

Proprio per questi sogni ho deciso di iniziare a scrivere per

La Voce che Stecca

, perché da qualche parte si deve pur iniziare! È un blog non profit, che mi dà la possibilità di fare quello che più mi piace, di scrivere e di esprimere le mie idee e i miei punti di vista. Scrivere un articolo è come aprirsi un mondo, informarsi e informare, approfondire, scoprire, è qualcosa che non ha prezzo. Scrivo sul blog perché penso sia un’ottima opportunità e perché, appunto, ci credo veramente. Chi scrive con me sono ragazzi e ragazze giovani, competenti e motivati, tanto o più di me. Penso quindi che quello che fanno, facciamo, valga la pena, che sia qualcosa in grado di trasmettere la passione per qualcosa che tanti dicono sia troppo difficile e complicato. Siamo numerosi e penso che questo dia colore e vita al blog, ognuno di noi ha interessi e competenze diverse che ci permettono di spaziare in argomenti diversi e adatti ad ogni tipo di curiosità. Siamo curiosi e volenterosi, a volte coraggiosi e sono convinta che questo in qualche modo ci faccia onore in un mondo traboccante di fatti, idee e informazioni nel quale spesso risulta facile perdersi. Sono grata, molto grata per l’occasione ricevuta di cooperare nell’ambito di un blog che si occupa di politica e di attualità con un approccio critico, che rende in qualche modo più concreto il mio impegno e il mio sogno. 35

Gli articoli più letti

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Caro Adinolfi, ho letto

Voglio la mamma

ecco cosa ne penso

Di Tito Borsa

23 gennaio 2015

Caro Mario Adinolfi, mi permetto di darti del tu. Ho letto con particolare interesse

Voglio la Mamma

: la casa editrice Youcanprint me ne ha mandata una copia per la recensione ma preferisco intavolare una discussione con te sugli argomenti trattati nel libro, sempre che tu abbia il tempo e la voglia di rispondermi. Per facilitare la stesura e la lettura di questa lettera, intendo procedere per punti.

Contro il matrimonio omosessuale

1.

«Anche in termini etimologici non c’è matrimonio senza “mater”». Questa è la tua posizione e, buttata lì in questo modo, mi sembra dare una visione abbastanza parziale e fuorviante della radice etimologica del termine: 2.

«matrimonio» dall’unione delle due parole latine e

munus

letteralmente è il compito della madre. Se vogliamo essere alla

mater

(madre) (compito), quindi fiscali, madre, deriva allora dobbiamo esserlo in tutto e per tutto: intanto neghiamo ogni disponibilità economica perché il «patrimonio» è etimologicamente «compito del padre»; e approviamo il matrimonio fra due donne nel caso in cui una delle due abbia prole: non è che non si cessa di essere madri in assenza di mariti. «Se il matrimonio è solo un timbro pubblico sul proprio amore e “davanti all’amore lo Stato non può imporre a nessuno come comportarsi”, al momento dovessimo 37

1.

ammettere che la rottura del principio sacro per millenni che il matrimonio è l’unione fra un uomo e una donna, perché limitarci a rendere legale e matrimoniale solo il rapporto fra due donne o due uomini? Perché non accettare che si possa amare in tre? [Perché non far amare un bambino] dal papà che ama tanto il proprio cane e vuole che la sua famiglia sia composta dal papà, dal cane e dal bambino ottenuto da una madre surrogata?». Tralasciamo gli scenari apocalittici e fantascientifici che prospetti nelle righe successive e soffermiamoci su questo discorso che ha un qualcosa di delirante. Con buona pace dei canidi, Fido ha la capacità di intendere e di volere tanto da essere consapevole di cosa significhi sposarsi? Non aggiungo altro.

L’aborto non è un diritto

«Una donna può chiedere di avere il diritto ad abortire. Una mamma non può neanche immaginarlo». Questa frase, non lo neghiamo, suona per questo taccio.

Il mito dell’omogenitorialità

bene; rasenta la perfezione. Il problema è che, a quanto ci risulta, Mario Adinolfi non ha mai partorito nessuno: cosa ne sa quindi di cosa passa per la testa di una madre che aspetta un bambino? Le tue due figlie, costantemente presenti nel libro, hanno avuto la fortuna di nascere sane. Hai forse una vaga idea di come una futura mamma viva la consapevolezza che il proprio figlio, affetto da qualche grave malattia, vivrà una vita di inferno? Questa idea non ce l’ho neppure io, «L’omogenitorialità non esiste. Il concetto è semplice e ineliminabile: un bambino nasce dall’unione di un uomo e di una donna». Se non esiste, perché perdi tempo a parlarne? «Perché proprio il mito dell’omogenitorialità, di un qualcosa che non esiste, è il nodo che sta frantumando la radice basilare di verità incontestabile che riguarda il nostro venire al mondo, il nostro essere e il nostro esserci». Complimenti innanzitutto per la citazione – non so se voluta – di Martin Heidegger: dà un tocco di classe ad un libro che ne ha proprio bisogno. Sarò volgare, ma le tue mi paiono soltanto «pippe mentali». 38

2.

«In una coppia omosessuale il figlio è di chi lo ha generato, nella stessa misura in cui Livia [la primogenita mia e della mia ex moglie, il cui nuovo compagno non si sognerebbe mai di esprimere una “genitorialità”». Qua si discute proprio sul sesso degli angeli, e lo si fa anche in modo piuttosto mediocre: se fosse vero quanto affermi, allora anche la coppia che adotta un figlio non potrebbe, eticamente parlando, esprimere la propria «genitorialità». Assurdo.

Il trans non è «donna all’ennesima potenza»

ndr

] è figlia 1.

2.

«Davvero i trans con le loro tette finte sono “donne all’ennesima potenza”? Verrebbe quasi da pensarlo, visto l’affollarsi di maschi attorno al mercimonio del corpo di questi poveri esseri. I sociologi della prostituzione spiegano che le prestazioni delle persone che sottopongono il loro corpo maschile ad orrende trafile per ottenere ostentati e artificiali elementi di femminilità, sono in assoluto le più ricercate dal mercato». Due cose mi fanno – per usare un eufemismo – storcere il naso: l’ostentato collegamento fra transessualità e prostituzione e il fatto che parli unicamente del «passaggio» mtf (

male to female

, da maschio a femmina); entrambi gli elementi spesso denotano profonda ignoranza. Almeno per quanto riguarda l’argomento in questione.

«E di mercato della transessualità bisogna inevitabilmente parlare: fiumi di denaro che scorrono nel mondo delle marchette trans, che poi vanno a ingrossare percorsi di modifica radicale e disperante [?] del proprio corpo. Per molte povere persone che seguono questa strada, l’incontro inevitabile oltre che con la prostituzione e con il consumo stordente di alcol e droghe. […] Siamo davanti ad una sorta di schiavitù, dove prostituirsi, bere, drogarsi è elemento costitutivo della propria condizione». Penso che non valga nemmeno la pena commentare.

3.

4.

«Gli uomini sono uomini, le donne sono donne, la via per accertare la propria condizione di genere è nella stragrande maggioranza dei casi estremamente breve e intuitiva». Dillo a tutti i transessuali che si sono suicidati a causa delle enormi difficoltà a riconoscersi in un corpo che non era il loro.

«Non insistiamo nell’idealizzazione di un modello di persone che sia un moderno ircocervo, meno che mai facciamolo per poi ridurlo in schiavitù e utilizzarlo come strumento di piacere sessuale di un popolo di carliverdone che gridano “Fàmolo strano”». Tutto a posto? Serve una mano?

39

5.

«Provo il massimo della tenerezza verso le persone che sul ciglio di una strada vedono incolonnarsi automobili che vogliono acquistare un loro esotico piacere». Il tripudio del luogo comune non poteva avere altra conclusione.

Non procediamo oltre per non rischiare una denuncia a causa del copyright che hanno queste pagine. Immagino migliaia di persone che bramano per appropriarsene. Non penso che ci sia nemmeno molto da aggiungere. Questo libro si commenta da sé.

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macerie

L’Aquila, il fatto non sussiste ma uccide

».

Giustino Parrisse,

Di Elisa Climastone 8 aprile 2015

«Ho sempre pensato che il giornalista sia un privilegiato perché ha la possibilità di raccontare. A me è crollato il mondo addosso – e non è una metafora – e ho raccontato il mondo da sotto le caporedattore del quotidiano abruzzese

Il Centro

, ha pronunciato queste parole quando, circa sei anni fa, ho avuto il piacere e l’onore di intervistarlo. Quella notte perse suo padre e suoi due figli. Sei lunghi e silenziosi anni. Hanno sfilato in 10mila in ricordo delle vittime del 6 aprile 2009 nella notte tra domenica e lunedì scorso: fra gli altri il presidente del consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio e in sindaco di Pescara, Marco Alessandrini. Assente Luciano D’Alfonso, presidente della Regione Abruzzo. Nel silenzio del ricordo la folla ha innalzato uno striscione che menzionava: «Il fatto non sussiste ma uccide». Sono stati condannati per omicidio e lesioni colpose ma successivamente assolti dalla Corte d’Appello aquilana i membri della Commissione Grandi Rischi che parteciparono alla riunione svoltasi 5 giorni prima del sisma del 6 aprile. Pianti, urla, rabbia. «Vergogna!

»

. L’Aquila è stata ricostruita o no? No, ma noi aquilani riusciamo comunque a vedere, in qualche modo, la luce in fondo ai tunnel. Nel mese di aprile i cantieri aperti nel cratere sismico saranno 730. Ai circa 600 aperti se ne aggiungeranno altri 130. Per ricostruire L’Aquila occorre ripartire dalla forza degli aquilani. Dagli stessi aquilani che hanno in bocca l’oro della rinascita. Utopia? No, non lo è. Il sisma, oltre a rendere l’individuo nemico della propria dimora, ha causato la perdita di identità, incentivando la frequentazione dei cosiddetti

«

non luoghi

»

(i centri commerciali, per esempio). Venite a vedere che cos’è L’Aquila e provate a percorrere le sue strade. È una città circondata da vicoli in cui, a distanza di sei anni, si sente ancora il rumore del silenzio e si respira l’odore acre della polvere che si posò come la neve sul Gran Sasso. È una città che accoglie i propri figli in edifici provvisori, con mura prive di solidità, in cui vengono giù persino i balconi! È una città che dà la precedenza alla ricostruzione delle seconde case, piuttosto che le prime. È una città in cui l’orologio è rimasto fermo da troppo tempo ma, nonostante tutto, ogni 28 agosto, Collemaggio apre la sua Porta Santa,

«

purificando

»

le anime dei fedeli. Il terremoto ha 41

travolto la città colmandola di chiacchiere fasulle che l’hanno resa, in parte, «immota». Per far vivere il ricordo occorre solo un dignitoso silenzio.

«La Vita è un ballo fuori tempo» Intervista a Andrea Scanzi

Di Tito Borsa 24 giugno 2015

Andrea Scanzi (Arezzo, 1974) scrive per il il

Mucchio Fatto Quotidiano Selvaggio,

dal 2011, dopo aver collaborato con

il Manifesto

,

L’Espresso, Panorama

e

La Stampa

. Per il teatro è autore di

Gaber se fosse Gaber

e

Le cattive strade

(dedicato a Fabrizio De André, con Giulio Casale).

La vita è un ballo fuori tempo

(Rizzoli, 18 euro) è il suo primo romanzo.

Giornalista, Scanzi?

somelier

, scrittore, autore e attore teatrale. Chi è Andrea

Se lo sapessi sarei messo bene: conoscere se stessi è una delle arti più difficili del mondo. Sono quello che si legge. Occuparsi di troppi argomenti, cosa che spesso mi viene detta, per molti è per forza un difetto; ma io faccio sempre la stessa cosa: scrivo. Se vado in televisione ho nella testa una partitura; se scrivo un romanzo ho un testo e gli spettacoli teatrali li scrivo io. Tradotto: io faccio sempre la stessa cosa ma semplicemente cambio argomento perché mi annoio presto: non riesco a capire gli specialisti. Se scrivessi sempre di politica mi sarei dato fuoco subito. Oltre a tutto questo ho anche il pregio della curiosità intellettuale che mi porta a 42

studiare le cose che mi piacciono: se amo il vino, non mi limito a berlo ma devo sapere tutto del vino, quindi faccio il corso da competenza spero di averla.

somelier

, poi ho la fortuna che Mondadori mi chiede il libro, e tutto questo fa sì che anche i miei hobby diventino lavoro. Evidentemente mi ritengono credibile in tanti ambiti. Parlo di tante cose ma un minimo di

Come definiresti

proprio benissimo.

La vita è un ballo fuori tempo

?

Un romanzo satirico, grottesco, caricaturale, surreale in cui si ride – almeno spero – ma ci si rende anche conto che questo tempo storico e questo paese, anche se io l’Italia non la nomino mai, non è che stia

La situazione politica narrata nel libro, con il premier/dittatore Tullio Stelvio Bacarozzi e il suo

entourage

, potrebbe essere la conclusione del percorso che sta vivendo l’Italia?

Spero proprio di no perché ho amplificato tutti i nostri difetti che sto vedendo, neanche tanto in nuce, in questi anni. Mi inquieta molto che per esempio quando si legge di Bacarozzi, premier di Lupinia, tutti automaticamente pensano all’attuale a credere a chiunque venga a

miracol mostrare

presidente tutti sia del Consiglio: era voluto ma in realtà io pensavo un po’ anche a Berlusconi o magari non necessariamente ad una sola persona. Mi fa sorridere ma mi fa anche paura che Elena Pia Bozzo per l’attuale ministro delle Riforme. Evidentemente anche quando esasperi la caricatura e il grottesco, la realtà attuale ti viene in mente. Questo significa che la realtà ha già superato la fantasia, però nel libro un tentativo di uscire dal rincoglionimento generale c’è e spero che ci sia anche nella realtà. Non sono troppo ottimista: il popolo italiano tende . Siamo ancora nella fase della sbornia collettiva, ci vorrà un po’ per smaltirla. Ribadisco: è 43

la sbornia più stupida che abbia mai visto perché già mi sembrava folle credere a Berlusconi, ma credere a questa controfigura, a questo personaggio veramente marginale e improponibile significa davvero che la realtà supera la fantasia. Però non siamo ancora messi male come siamo messi a Lupinia.

Quanto ha di tuo Stevie, il protagonista del romanzo?

Stevie non mi somiglia troppo negli aspetti importanti: lui è molto più debole e indolente di me che ho un carattere un po’ più cattivo e fumantino nel bene e nel male. Sicuramente Stevie è più dolce e romantico di me nel rapporto con le donne, poi ci sono tanti aspetti legati ai suoi hobby e alle sue fissazioni che ho anche io: sono feticista come lui, amo anch’io il blues ma non solo, ho degli amici che assomigliano un po’ ai suoi, entrambi siamo dei giornalisti, detesto i punti esclamativi e i punti di sospensione come lui; però non sono io. Mi sono divertito a disseminare dei pezzettini miei non solo in Stevie, ma anche in Sandro (il nonno,

ndr

) e negli altri personaggi.

Pensi che lo Scanzi-romanziere partorirà nuove creature?

È una domanda a cui risponderò definitivamente a settembre perché alla Rizzoli avevo detto «Vediamo se questa storia piace soltanto a me, vediamo se c’è un pubblico non solo per lo Scanzi televisivo e giornalistico ma anche per lo Scanzi-romanziere». Devo dire che se mi basassi soltanto sulle vendite ti direi subito di sì: siamo alla quarta edizione in due mesi, siamo in classifica, siamo tutti molto contenti. Sono felicissimo ma non mi basta quello: a settembre cercherò di capire se ho un’idea forte in testa. Forse mi è venuta qualche giorno fa. Per fare un altro romanzo servono il pubblico, e mi pare che ci sia, e un’idea forte. Se devo scrivere un libro tanto per farlo sto a casa. Quello che posso dirti è che se scriverò un altro libro di sicuro farò un romanzo perché non ho più voglia di scrivere biografie o saggi: ne parlo così tanto sul

Fatto

e in televisione che mi romperei le palle a parlare di Renzi, Grillo, Pd, 5 Stelle, Lega anche nei libri.

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Gli articoli più discussi

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Piccola introduzione

Di Tito Borsa

Come potrete facilmente notare, gran parte degli «articoli più discussi» sono firmati dal sottoscritto. La ragione di ciò è molto semplice: per molto tempo sono stato io il «rompiscatole» in redazione, io colui che entrava a gamba tesa nelle problematiche più attuali e dibattute, io che commentavo in modo tagliente le parole o i fatti del potente di turno. Fortunatamente negli ultimi tempi sto perdendo questa poco invidiabile esclusiva: la timidezza non è un pregio per un blogger libero e indipendente. 46

Ecchissenefrega del Natale nelle scuole

Di Tito Borsa 28 novembre 2015

Pensate, si è mosso pure Mario Adinolfi, anche se era prevedibile: ogni anno in questi tristi giorni di novembre un uomo si alza e capisce che per dare un senso alle sue giornate non deve festeggiare il Natale nella scuola in cui insegna o che dirige. Chi scrive ricorda benissimo, senza molta malinconia, le feste alla scuola materna (ero dalle suore) e alle elementari: cori di bambini che deliziavano i genitori con Jingle Bells, Tu scendi dalle stelle e altre festose celebrazioni della nascita di Cristo. La scuola, secondo quanto riporta il Giorno, è a Rozzano, nel milanese. La decisione del preside reggente ha scatenato un putiferio soprattutto negli ambienti di quella destra becera e catto-conservatrice che sguazza nei finti problemi quando il paese è allo sbaraglio. Ma chi se ne frega del Natale nelle scuole! Un po’ di coerenza: o fate come il preside di Rozzano oppure celebrate il Natale, ma anche Chanukka, Rosh haShana, i Giorni del Pellegrinaggio alla Mecca, la Notte di Shiva e così via. In quest’ultimo caso l’anno scolastico diventerebbe un perpetuo concertino e le attività didattiche andrebbero allegramente in vacca. Perché bisogna celebrare il Natale a scuola? Il fatto che siamo uno Stato, come quasi tutti quelli occidentali, di tradizione cattolica si ripercuote ovviamente sulle festività, in gran parte religiose; fermiamoci qui. Il Natale va celebrato religiosamente a casa propria con quanti intendono condividere questo giorno, mentre a scuola si impara a conoscerlo in modo storico e laico, come le festività delle altre religioni. Ci vantiamo tanto di essere uno Stato laico (che non significa «ateo») e poi vogliamo imporre le festività religiose a scuola: non è questione di lontananza da una religione, bensì di buon senso. Se ci pieghiamo a festeggiare il Natale perché «tutti sono cattolici», continuiamo a sopportare quella democrazia che è dittatura della maggioranza e non riconoscimento e valorizzazione delle differenze. 47

Astrosamantha è tornata: era ora

Di Tito Borsa 14 giugno 2015

Astrosamantha 200 giorni nello spazio: ora simbolo della scienza italiana». Non si può non dare ragione al neodirettore del Corriere Luciano Fontana, che a sua volta cita il titolo di un articolo dello specialista Giovanni Caprara. Però con gli elogi è davvero il caso di fermarsi qua. L’atterraggio dell’astronauta Samantha Cristoforetti in Kazakistan è stato l’apoteosi di quella che chi scrive alcuni mesi fa aveva definito «astropsicosi»: per esattamente 199 giorni (tanta è stata la permanenza della Nostra in orbita) la stampa ci ha tediati con articoli su articoli senza mai entrare nel merito del lavoro che era stata mandata a svolgere. «Napolitano commosso alla Cristoforetti: “Ormai è Samantha per tutti gli italiani”» (Repubblica, 22.12.14); «Matteo Renzi rimandato in scienze. Lo ammette lo stesso presidente del Consiglio durante il collegamento da Palazzo Chigi con Samantha Cristoforetti, l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Samantha spiega poi a Renzi alcuni degli esperimenti cui sta lavorando in questi mesi (ci si chiede con che risultati, ndr)» (Repubblica, 8.4.15); «Fotoracconto: la missione di AstroSamantha in 50 tweet» (Repubblica, 25.415); «Samantha, primo caffè in orbita con la macchina made in Torino» (Repubblica, 4.5.15). La lista sarebbe ancora lunga però ci bastava fornire al lettore un assaggio. La missione di Samantha Cristoforetti ha finito per disturbarci, e con essa tutte le polemiche che si sono portati dietro tutti gli interventi controcorrente. L’ultima della lista è stata la blogger del Fatto Quotidiano Selvaggia Lucarelli che venerdì ha scritto su Facebook «Abbiamo capito che la Cristoforetti è tornata a casa e mi spiace per lei che ora si ritrovi appiccicato addosso il nomignolo AstroSamanta come una cartomante barese, ma davvero, basta. Non se ne può più». Cascasse il mondo! Un tale, citando la risposta della pagina Italia unita per la scienza (che si discosta completamente da quanto segue), ha scritto alla Lucarelli «troia di merda», «puttana ignorante» che doveva nascere «muta e monca». Qualcuno avrebbe dovuto invece nascere con un cervello. A parte questa cronaca «di colore», vediamo di riprendere alcuni stralci della risposta scritta dallo staff di Italia unita per la scienza perché ci sembrano essere condivisi da tutto l’atroclub. «Samantha Cristoforetti è un essere umano eccezionale per 48

le sue doti, le sue capacità e i risultati conseguiti – su questo nessuno avrà da obiettare, spero. Lei è anche un simbolo di ciò che si può ottenere con l’impegno, dei traguardi che si possono raggiungere in vita, è un’astronauta e ingegnere. Una donna che con il suo esempio e la sua testimonianza, assieme a molte altre, ha scardinato lo stereotipo della donna concepita come casalinga o come velina (anche se qualcuno la voleva solo dietro ai fornelli)». Embé? Se vogliamo celebrarla perché è una persona intelligente, celebriamola in maniera degna della sua intelligenza. Se invece vogliamo farle i complimenti perché da donna è riuscita in questa impresa, beh, forse è il caso di farsi un esame di coscienza e spazzare via – se c’è – qualche germe di misoginia da se stessi. E qua ci fermiamo: abbiamo già abbondantemente superato il consueto spazio dedicato ai corsivi e non vorremmo risultare noiosi e ripetitivi. Congratulazioni ad Astrosamantha però – e lo diciamo a tutti quelli che hanno narrato le sue gesta per 199 lunghissimi giorni – per fortuna è tornata a terra. Ci avevate davvero rotto. E speriamo che ora la riabilitazione negli Usa non segua la stessa trafila, sarebbe davvero troppo. 49

A morte il logos e l’autostima

Di Tito Borsa 27 ottobre 2015

Il logos è morto: inteso sia come «parola» che come «ragionamento», si riferisce a entità che non appartengono al Ventunesimo secolo. Di «parole» ne diciamo a bizzeffe: ne sono colmi i programmi televisivi, le nostre giornate e pure la nostra mente. Ma sono parole senza ragionamento: fini a se stesse e senza alcun ascoltatore. Viviamo nell’epoca della tecnologia: persino concepire questo blog non sarebbe stato possibile trent’anni fa. Nonostante però questa totale e incondizionata connessione che ci unisce tutti, grazie alla quale sembrano sparire differenze sociali e culturali, abbiamo lasciato morire il logos. Lungi da chi scrive definire il momento storico in cui viviamo come la causa di questa assenza di comunicazione utile: è troppo facile trovare un capro espiatorio quando non si ha ben chiaro il motivo per cui un fenomeno accade. È successo. Basta. Il decesso della comunicazione utile – come mi pare efficace definire il logos in ambito concreto e quotidiano – ha portato alla scomparsa della discussione: il nostro individualismo protezionista ci ha portati a evitare ogni confronto, quando è proprio esso il pane che nutre le nostre idee e permette loro di rafforzarsi. La politica è divenuta la terra dell’insulto, della lite e della lotta fra bande per tenersi stretto quell’angolo di paradiso che hanno faticosamente conquistato; i giovani – e chi scrive non pretende di essere immune al fenomeno, purtroppo – tendono a parlare di niente per non discutere del tutto che li circonda, e soprattutto del tutto che hanno dentro di sé. Ci si chiude e non si lascia passare nemmeno un alito di confidenza: sono soprattutto gli spifferi ad essere fastidiosi. Si cercano idoli, non maestri, perché i primi, a differenza degli altri, non cambiano idea. Il termine «conformismo» non è adatto a definire questo strano e masochistico fenomeno: l’apparenza si adegua alla massa, ma l’essenza dell'individuo rimane se stessa, terrorizzata dal confronto con gli altri: non sia mai che cada anch’essa sull’altare dell’omologazione. Non volersi mettere in discussione porta a curiosi fenomeni, ecco un emblematico esempio: chi è ricco spende in apparenza, non in esperienza. Ci si prende il Suv perché così gli altri possono capire quanto guadagni, le mete delle vacanze sono sempre 50

posti «alla moda» perché così si rimane all'interno del proprio ambiente. Non è questione di conto in banca ma di mentalità: i soldi diventano un lucchetto enorme da appiccicare al portone delle proprie idee, permettono all'individuo di rimanere solo con se stesso e con i suoi simili. Un’enorme combriccola di insicuri che non perdono occasione per discutere del nulla, per non mettere in discussione tutto quello su cui hanno puntato fino ad ora. Che spendano il loro patrimonio per andare un anno in India, per esempio: il viaggio non turistico è il modo più semplice per esercitare il logos. Tornando all’individuo, di sicuro più interessante di una mandria di pecore: la morte del ragionamento è evidente ogni giorno: se c’è un problema ci si arrabbia, si litiga e alla fine si tronca quel rapporto. Non che, grazie al logos, tutto debba filare sempre liscio, ma la discussione fra esseri umani è fondamentale e imprescindibile. Discussione composta di parole e ascolto. Per quanto le prime siano spesso eccessive, fermarsi ad ascoltare l’altro è un pregio di pochi. 51

Zanzu: l’educazione civica scandalizza l’Italia

Di Francesca Bortoli 18 marzo 2016

A volte viene da chiedersi quale sia la reale funzione dell’informazione, quando non solo siti noti per pubblicare bufale o per provocare, ma anche testate giornalistiche, si divertono a diffondere notizie palesemente distorte, o la cui falsità è facilmente verificabile. I lettori di queste pagine dovrebbero perlomeno sentirsi presi in giro e indignarsi, invece spesso rivolgono la propria indignazione, anziché a chi pubblica certe notizie, alle loro vittime. È il caso di diversi siti italiani, che hanno ridicolizzato senza pietà Zanzu.de, un sito creato da BZgA, il Centro federale di educazione sanitaria, un ente del Ministero della Salute tedesco, e da Sensoa, il Centro per la salute sessuale belga. Il sito, sottotitolato «Il mio corpo in parole e immagini», disponibile in 12 lingue, si compone di sei sezioni riguardanti ciascuna diversi violento? aspetti delle relazioni affettive tra adulti: gravidanza, di immagini salute, leggi, sentimenti e sessualità, con tanto che ritraggono persone di ogni etnia. Apriti cielo: lo scopo del progetto, fornire indicazioni il più possibile chiare e precise riguardo l’educazione sessuale e le relazioni con gli altri, per diversi siti più o meno seri di «informazione» è diventato «educare i migranti alle abitudini sessuali dei tedeschi» e addirittura «favorire il sesso interrazziale». Insomma, il povero Ministero tedesco si è visto stravolgere brutalmente il significato della propria iniziativa, e puntare contro l’indice accusatorio: è così che la Germania cerca di rimediare ai fatti di Colonia? Insegnando ai migranti a portarsi a letto le tedesche? E sono tanto ingenui da credere che gli immigrati non sappiano che stuprare un donna è un atto In realtà, checché se ne dica, Colonia con questo progetto c’entra ben poco: il sito, registrato in un dominio belga, era già ozanzu1nline da 52

un paio d’anni. Ma sembra difficile convincere molti italiani a guardare la realtà dei fatti con i propri occhi, anziché filtrandola attraverso questi siti che vorrebbero fare informazione: è evidente che questo progetto, se da un lato può certamente essere utile agli stranieri perché possano rendersi conto di ciò che nella «nostra» cultura è ritenuto giusto o sbagliato, è rivolto a tutti coloro che, di qualsiasi etnia e nazionalità, cerchino informazioni chiare su temi così delicati. Le tanto criticate immagini in cui ci si può imbattere navigando nel sito, ad esempio, non ritraggono solamente coppie formate da uomini di colore e donne bianche, come alcuni vogliono far credere. Ma questo non basterà a far accettare a molti che Zanzu è semplicemente qualcosa a cui in Italia non siamo abituati: un sito fatto molto bene, molto chiaro e semplice, che si occupa di educazione sessuale, tema che nel nostro paese difficilmente si tratta: tutti sanno tutto, ma nella realtà nessuno dà informazioni precise ed esaustive: noi italiani ci scandalizziamo per poco. 53

Le ombre della chiesa. Chi è George Pell

Di Martina Iaccarino 2 marzo 2016

George Pell, arcivescovo ausiliare di Melbourne e poi metropolita di Sydney, e ora anche prefetto degli Affari economici del Vaticano, durante la videoconferenza dall’Hotel Quirinale di Roma con la commissione d’inchiesta sugli abusi sessuali afferma: «La Chiesa cattolica ha commesso errori enormi e causato molto danni in molti luoghi, ha deluso i fedeli». Affermazione che sembra voler evidenziare un cambiamento rispetto a quella che era la Chiesa del silenzio e delle smentite, sulle quali, tra l’altro, il prelato afferma che l’istinto, allora, era di «proteggere dalla vergogna l’istituzione, la comunità della Chiesa». Nonostante le parole pronunciate sembrino annunciare, da adesso in poi, un’assenza di tolleranza, Pell nega di essere stato a conoscenza degli abusi dei preti pedofili che operavano nella diocesi di Ballarat, in cui fu vice parroco tra il 1973 e il 1983. Il Cardinale, cui è stato concesso di deporre in videoconferenza, ammette che la decisione di trasferire il prete pedofilo seriale Gerald Ridsdale da una parrocchia all’altra, invece di denunciarlo, è stato un errore grave che ha permesso l’aumento degli abusi minorili. Ora Ridsdale è in carcere dopo esser stato condannato per 138 reati. Una delle vittime di Ridsdale, il suo stesso nipote, ha accusato Pell non solo di aver ignorato gli abusi ma anche di aver tentato di comprare il suo silenzio.

A questo punto risulterebbe lecito pensare che le parole di Pell siano tutt’altro che un tentativo di cambiamento nell’atteggiamento della Chiesa, ma anzi, l’ennesima copertura dei fatti. Non sarebbe poi strano, la pedofilia è uno dei problemi più gravi che affliggono il Vaticano ma che la Chiesa stessa pare non voler affrontare. L’atteggiamento giustificativo dura ormai da tanti, troppi anni, come anche testimoniato dal film, da poco uscito nelle sale cinematografiche, Il caso Spotlight che racconta di come la Chiesa cattolica, grazie ad alcuni esponenti collocati ai livelli più alti della gerarchia vaticana, ha creduto di «salvare la fede di molti» nascondendo le perversioni di pochi. Concetto che si ripete nella storia e nel film. In particolare questa trasposizione cinematografica non è semplice finzione ma racconta una storia vera che vede protagonisti un gruppo di giornalisti (Spotlight) del Boston Globe i quali, nel 2002, portano avanti un’indagine sugli abusi sessuali. 54

Il caso Spotlight è teso al rispetto dei fatti e all’evidenziare il sistema marcio della società clericale che allora coinvolse un po’ tutti: alte cariche del Vaticano, preti, scuole, famiglie, che tentarono di insabbiare ogni colpa e vergogna. Tutto ciò a testimonianza dello scetticismo che si ha nei confronti di un possibile cambiamento della Chiesa, che da sempre «parla bene e razzola male». Se un cambiamento ci deve essere la Chiesa è tenuta a dimostrarlo con fatti e misure adottate, evitando parole, parabole e prediche. 55