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PRIMO PIANO
Giovedì 21 Aprile 2016
Le loro proposte di politica economica sono l’opposto di ciò di cui ha bisogno l’Italia
Alesina e Giavazzi, mamma mia!
Il primo problema è come far ripartire la domanda
DI
GIUSEPPE VITALETTI
A
lesina e Giavazzi, sul
Corriere della sera di
ieri, 20 aprile, si sono
prodotti nell’ennesimo
tentativo di dare consigli di politica economica. Questa volta
il progetto è di ampio respiro.
Per questo merita una chiosa.
Alesina e Giavazzi (AG, d’ora in
poi) esordiscono dicendo che c’è
una caduta di produttività.
Questa volta argomentano
che non è l’industria a causarla, ma il settore dei servizi. La produttività in questo
settore sarebbe caduta da
almeno 10 anni. La responsabilità sarebbe della piccola
dimensione delle imprese, è
da presumere nei servizi. E’
vero che l’industria è quella
che fa la bilancia dei pagamenti, mentre i servizi svolgono in essa un ruolo minore.
Tuttavia in Italia la piccola
dimensione domina ovunque,
industria compresa. Quanto
alla bilancia dei pagamenti,
essa è in forte e crescente
avanzo. Al punto che dovrebbe tra poco incorrere, come
accade alla Germania, negli
strali della Commissione, per
violazione del trattato di Maastricht, che impone dei limiti
massimi all’avanzo.
Secondo AG la caduta di
produttività nei servizi (senza esiti, lo ripeto, sulla bilancia
dei pagamenti), sarebbe colpa
della mancanza di concorrenza.
Questo non è vero. Le uniche
riforme pro-concorrenza si sono
avute nel settore del commercio (legge Bersani, ed altre), e
quelle nei servizi professionali
in primis non hanno esiti concorrenziali, ed in secondo luogo la concorrenza in tali servizi
sostanzialmente già c’è. È’ viceversa la caduta di domanda
dei beni consumo, drammatica,
la vera causa della caduta di
produttività, unita al fatto che
i titolari delle attività in questione non vogliono licenziare
personale, con cui lavorano
fianco a fianco.
Sul debito pubblico, in
rapporto con il reddito nazionale, per AG la strada da percorrere sarebbe chiara. Ridurre
subito le imposte che fanno il
costo del lavoro, per alzare il
reddito nazionale. Nel contempo, serve iniziare una graduale
operazione di riduzione della
spesa, per ridurre il debito. È
vero che in Italia, sul costo del
lavoro, incide molto la componente fiscale e contributiva:
nonostante questo, tale costo
è basso, perché le retribuzioni nette sono basse. È inutile
abbassare il costo del lavoro,
se nel contempo non si opera
sul vero fattore che promuove
il lavoro: la domanda globale.
AG proseguono con l’auspicio
di tagli della spesa pubblica,
con le usuali giaculatorie sul
ridimensionamento dei sussidi
pubblici, delle agevolazioni fiscali e della sanità, recitate con
il sussiego di chi non vede che si
tratta si spese il più delle volte
necessarie.
Riguardo al debito, lo ripeto, c’è bisogno di un suo
drastico aumento, per favorire
effettivamente la domanda.
Nel contempo vanno avviate le
politiche per ridurre i tassi sul
debito pubblico, con interventi
strutturali concordati a livello
di G20. Il fatto che ci siamo
impegnati sul Fiscal Compact
in Europa non conta niente,
perché, prima o poi, saranno
innescate politiche contrarie,
per cercare di ridurre i danni
sull’occupazione. Nel frattempo,
per ridurre il debito pubblico, la
proposta più seria e più drastica è quella di Salerno e Monorchio, già nota ai lettori di
ItaliaOggi e MilanoFinanza.
Riguardo alle banche,
infine, AG sostengono l’intervento pubblico (o parapubblico,
tramite la Cassa Depositi e Prestiti), e affermano un’autentica
perla: gli Stati Uniti sarebbero
usciti più velocemente di noi
dalla crisi perché sono intervenuti prima, e con efficacia! Non
si nomina che la domanda degli
Stati Uniti è più alta, per fattori intrinseci (basta pensare
ai consumi) e perché sostenuta
da un deficit pubblico enorme,
con una media superiore all’8%
nell’ultimo quadriennio.
Non resta che auspicare il
CARTA CANTA
Giorgetto Giugiaro
si rimette in corsa
DI
ANDREA GIACOBINO
V
enduto quasi un anno fa circa il 10 per cento residuo
delle azioni della Italdesign da lui fondata a Volkswagen e uscito dal consiglio d’amministrazione assieme
al figlio Fabrizio, Giorgetto Giugiaro riparte nel
business che lo ha reso uno dei più famosi designer di auto
al mondo. Qualche settimana fa, infatti, a Torino nello studio
del notaio Matilde Palea, è stata costituita la Gfg Progetti
dallo stesso Giugiaro che si è presentato nella sua veste di
rappresentante della Giugiaro Architettura, controllata dalla
società semplice Paolina, accompagnato da Luciano Serra,
amministratore unico della Attività Industriali controllata
dalla fiduciaria Fides, che fa riferimento sempre a Giugiaro.
La newco ha per oggetto «lo svolgimento di attività di design,
grafica, ricerca, sviluppo e sperimentazione di prodotti prevalentemente nel settore dell’industria2» e «la realizzazione
di progetti e di disegni industriali e l’esecuzione di modelli di
stile virtuali e fisici». Il capitale di partenza di 10 mila euro è
ripartito egualmente fra i due azionisti e nel consiglio, presieduto da Giugiaro, compare il figlio. I progetti cui Giugiaro sta
lavorando con la nuova società sono top secret, ma uno potrebbe essere il design di un auto per un importante produttore
cinese. Recentemente Giugiaro è stato nominato presidente e
maestro del dipartimento di Transportation design dello IAAD
(Istituto d’Arte Applicata e Design)..
contrario di quello che vogliono AG: nell’ipotesi, concreta,
che si arrivi ad un ministro
dell’Economia europeo, speriamo che l’Italia resti fuori dalla
sua influenza. Ci eviteremo il
perseguimento delle politiche
di AG, e potremo sperare di cavarcela, grazie all’avanzo della
bilancia dei pagamenti e alla
proposta Salerno-Monorchio.
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SARDEGNA, IL GIP BLOCCA L’INGRESSO IN CONSIGLIO REGIONALE DI UN EX SINDACO ORA IN PRIGIONE
Eletto in sostituzione di un destituito. Ma è in carcere
È l’ultimo ribaltone nella regione guidata dal Pd
DI
FILIPPO MERLI
G
iovanni Satta si trova
dietro le sbarre. È stato
coinvolto in un’inchiesta
per un presunto traffico di
stupefacenti e, nonostante l’elezione
nel consiglio regionale della Sardegna, non potrà giurare fedeltà alla
Repubblica e presentarsi in aula per
svolgere i suoi compiti. Il caso di Satta, esponente dell’Unione democratica sarda (Uds), ha gettato nel caos
la regione presieduta da Francesco
Pigliaru (Pd).
SCOVATI NELLA RETE
Il neoconsigliere, ex sindaco di
Buddusò, un comune di 3mila abitanti in provincia di Olbia-Tempio,
nel 2014 s’era candidato nel collegio
della Gallura. Dopo che il Tar ha tolto
la poltrona a un consigliere regionale
di Fratelli d’Italia, Gianni Lampis,
il seggio è stato assegnato a lui.
Satta, però, da qualche giorno
è rinchiuso nel carcere di Bancali, in provincia di Sassari. Anche se
avesse giurato avrebbe rischiato la
sospensione immediata per effetto
della legge Severino. Sospensione
che sarebbe potuta durare fino a un
massimo di
18 mesi. In
quel lasso
di tempo,
ha scritto il Fatto
Quotidiano,
si sarebbe
dovuto indicare un sostituto che,
in un primo
momento,
pareva potesse essere proprio
Lampis, cui
Satta aveva
preso il posto. «Abbiamo appena saputo della proclamazione e stiamo
valutando che cosa fare», ha detto
giovedì scorso l’avvocato di Satta,
Angelo Merlini, alla Nuova Sardegna. «Probabilmente Satta avrà una
serie di adempimenti ai quali dovrà
partecipare di persona e non so se
gli sarà consentito farlo». In teoria,
Satta sarebbe dovuto uscire dal penitenziario per partecipare alla seduta
del consiglio regionale e poi tornare
in cella.
L’ex sindaco è stato formalmente convocato davanti all’assemblea
sarda. Avrebbe dovuto presentarsi
in aula martedì. Secondo l’Ansa, è
stato lo stesso Satta, tramite i suoi
legali, a chiedere di poter giurare
per entrare in pieno possesso delle
funzioni di consigliere. Il gip Giovanni Massidda ha però rigettato
la richiesta per l’uscita dalla cella.
Nel frattempo, la procura di Cagliari
ha avviato l’iter per la sospensione
di Satta. Il quale, una volta arrivato il decreto del governo, dovrebbe
essere sostituito dal primo dei non
eletti nella lista dell’Uds, Manuele
Marotto.
Quello di Satta è l’ultimo di
una serie di casi che hanno più
volte mutato la composizione del
consiglio regionale sardo. In carcere,
infatti, si trova anche il vicepresidente dell’assemblea, Antonello Peru
(Forza Italia), finito in manette per
presunti appalti truccati. Un esponente dell’Udc, Alfonso Marras,
ha invece fatto ricorso al Tribunale
amministrativo per prendere il posto del compagno di partito Gianni
Tatti, dichiarato ineleggibile perché
non s’è dimesso in tempo dall’Ente
Foreste della Sardegna, l’organo che
di amministra il patrimonio pastorale e faunistico della regione.
Il ribaltone più eclatante, però,
è avvenuto l’estate scorsa. Quando,
dopo un errore nelle operazioni di
conteggio dei voti, il consiglio di
Stato aveva escluso dall’assemblea
regionale ben quattro amministratori.
Da quel momento è iniziata una
serie di ricorsi e controricorsi con
esponenti che entravano e uscivano
dall’assemblea a seconda delle decisioni dei giudici. Mesi dopo, e siamo a
oggi, il consigliere mancato, Satta, e
il vicepresidente del consiglio, Peru,
si trovano nella stessa prigione. E il
numero dei seggi, nel consiglio regionale della Sardegna, è sceso da
60 a 59.
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