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n.131 / 16
19 APRILE 2016
Passare a HEVC
nel 2020
ci costerà
4 miliardi
Continua la ridda di opinioni e convinzioni
sul destino delle trasmissioni TV terresti
italiane dopo il passaggio della banda
700 alle telecomunicazioni, previsto dalla
Commissione europea per il prossimo
giugno 2020.
Da un lato le commissioni di Camera e
Senato e le emittenti TV, ferme nel voler
chiedere all’Europa una flessibilità del passaggio della banda 700 al 2022; dall’altro
i produttori di TV rappresentati da ANITEC,
che in un recente parere, hanno invece
sostenuto con fermezza la necessità di fare
il passaggio il prima possibile, e quindi alla
scadenza europea del 2020. In entrambi
i casi (e senza che ci sia un vero nesso
causale), entrambi i pareri vedono una
piena contemporaneità tra il passaggio della
banda 700 alle TLC e lo spegnimento delle
trasmissioni in tecnica DVB-T per passare a
quelle DVB-T2 codificate in HEVC. Lo scopo,
come abbiamo detto altre volte, è quello di
recuperare capacità trasmissiva sullo spettro
televisivo residuo (due terzi dell’attuale) in
modo da rendere la cessione della banda
700 più indolore per le emittenti, che non
perderebbero canali, anzi ne guadagnerebbero un po’; e anche per il Governo che non
si troverebbe a dover indennizzare nessuna
emittente per le frequenze sottratte, seppur
licenziate fino al 2032.
Il fronte dei super-convinti del prossimo
passaggio alle trasmissioni DVB-T2 e
HEVC – va detto – si sta allargando,
quasi si trattasse per tutti di una necessità o
comunque di un ineluttabile destino a cui è
impossibile sottrarsi. Eppure, per esempio,
in Francia (molto più tempestiva di noi
nell’organizzare la cessione della banda
700, di cui ha già fatto le aste) la soluzione
scelta è stata diversa: le trasmissioni restano
in DVB-T ma si cambia la codifica dei canali
in standard definition da MPEG2 a MPEG4,
guadagnando su questi circa un 40% di
banda, più del 33% che viene perso con la
cessione della banda 700; il vantaggio è che
da anni i TV sono compatibili con l’MPEG4 e
quindi l’installato compatibile è decisamente
ampio, quasi totalitario.
La questione, volendola vedere in maniera
equilibrata, non è quella di favorire o frenare
un salto in avanti tecnologico, che, almeno
a livello astratto, è sempre auspicabile. Si
tratta, piuttosto, di valutare l’impatto e le necessità di questo salto in avanti e soprattutto
della sincronia tra cessione della banda 700
e switch off delle attuali trasmissioni digitali
terrestri. Infatti, inspiegabilmente (o forse
no), e anche senza dare dati e motivazioni,
in Italia si sta parlando solo del prossimo
switch off nel 2020 o 2022, situazione che
porterebbe molti apparecchi a diventare
obsoleti prima del tempo e non di quanto
questo switch off costerà ai consumatori.
Infatti l’obbligo di vendita di TV DVB-T2 e
HEVC decorre solo a partire dal prossimo
1 gennaio 2017: questo vuol dire che oggi,
proprio in questo momento, c’è sicuramente
segue a pagina 02 
MAGAZINE
Accordo tra Mediaset Canone Rai, decreto Le novità smart dal
Salone del Mobile
e Vivendi, ma Premium da correggere
passa ai francesi 06 o da riscrivere 07 di Milano
22
Caos TV tra banda 700 e DVB-T2
Cosa ci chiede davvero l’Europa
L’Europa non ci sta imponendo di rottamare i vecchi TV
e di passare al DVB-T2, si tratta di una nostra “scelta”
per evitare che qualche emittente perda le frequenze
03
Marco Polo in HDR è davvero
uno spettacolo per gli occhi
11
Abbiamo visto Marco Polo sotto una nuova
luce: esplode la dinamica, migliorano
i colori e le immagini appaiono più reali
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
Super prova Huawei P9
Doppia fotocamera per
colpire i fotografi al cuore
26
Abbiamo provato il P9 come smartphone
e come fotocamera, per vedere come
si comporta la sezione foto firmata Leica
32
34
iPhone SE: potenza Fujifilm X-Pro 2
da tenere in tasca Facile innamorarsi
37
Netgear Arlo Q
Sorveglianza facile
n.131 / 16
19 APRILE 2016
EDITORIALE
Passare a DVT-2 e HEVC
nel 2020 ci costerà 4 miliardi
segue Da pagina 01 
qualcuno che sta comprando sul mercato
un TV nuovo che potrebbe essere dichiarato
obsoleto entro pochi mesi e che non
potrebbe che funzionare, a partire dal 2020
(o dal 2022) se non con un decoder esterno.
Questo è un fatto già di per sé odioso, che
minerebbe il rapporto di fiducia tra utenti e
mercato dell’elettronica e che forse potrebbe anche essere oggetto di una restituzione
di massa entro i 24 mesi dall’acquisto sulla
base di una sopravvenuta non conformità,
sulla base del codice del consumo. Ma il
tema da valutare è il costo per i cittadini di
questo passaggio, un costo che potrebbe
essere molto ingente e tutto sommato
potrebbe avvenire a fronte di poco più di
nulla in termini di vantaggi e, piuttosto, con
non pochi disagi, come il ritorno per molti al
decoder esterno, al doppio telecomando e a
mille problemi di funzionamento.
Abbiamo quindi provato a fare dei conti,
seri, documentati, seppur di previsione e
come tali strutturalmente indicativi, tesi a
definire almeno degli ordini di grandezza.
Lo scopo della nostra analisi è valutare quali
potrebbero essere i costi per gli utenti di
un nuovo switch off nel 2020 o nel 2022
per riadeguare il parco installato che diventerebbe obsoleto, tenuto conto che questi
costi sarebbero ovviamente a carico delle
fasce di popolazione più deboli, quelle che
non sostituiscono il TV con molta frequenza,
tipicamente anziani, pensionati, nuclei
familiari dal reddito basso.
I dati utilizzati in questa analisi sono nostre
rielaborazioni sui principali dati di mercato,
quelli forniti da Gfk Eurisko (sui quali si è
basata Anitec per le proprie considerazioni)
e quelli della ricerca di base Auditel. Le
ipotesi che ne sono nate e che abbiamo
utilizzato per i nostri conti sono di certo tutte
da verificare nel tempo, ma comunque sono
credibili: i TV in funzione in Italia sarebbero
circa 45 milioni, di cui 5 circa (una nostra
stima condivisa con diversi operatori del
mercato) vanno levati dal conto perché non
toccati da un eventuale switch off dato che
sono funzionanti praticamente solo con
segnali via satellite (una parte degli utenti
Sky e di quelli Tivùsat); dei restati 40 milioni,
poco più di 8 sono pilotati con un decoder
digitale esterno: si tratta spesso di TV secondari, ma non per questo da non considerare;
MAGAZINE
gli altri sono TV con tuner digitale collegati
all’antenna terrestre. Anitec ha comunicato
le proprie stime della distribuzione percentuale dell’installato TV sulla base delle
capacità di ricezione e decodifica: 12% solo
MPEG2, 85% MPEG4 (ovverosia i TV con
tuner HD) e 3% DVB-T2/HEVC. Cosa diversa
per i decoder installati, che sono ancora
prevalentemente MPEG2 (75% circa) rispetto agliMPEG4 (25%) mentre quelli HEVC al
momento sono un numero assolutamente
trascurabile.
Ipotizzando che il numero di TV attivi non
cresca (e neppure decresca, ipotesi non
del tutto scontata) e che il mercato continui
occhio e croce ad avere volumi di vendita
costanti, intorno 4,5-5 milioni di TV all’anno
e 1 milione di decoder, è possibile proiettare
il parco installato di TV e decoder al 2020 e
al 2022, nella sua composizione tra MPEG2,
MPEG4 e HEVC, ovviamente nell’ipotesi di base che non venga annunciato
alcuno switch off: con l’obbligo a partire dal
1 gennaio 2017 di vendere solo apparecchi e
decoder HEVC (e tenuto conto di diversi altri
fattori, come il fatto che una parte di nuovi
TV andrebbe a sostituire altrettanti decoder),
si arriva alle seguenti stime di installato per il
2020 e il 2022:
2020 - Schermi attivi su DTT *
TV integrati
MPEG2
MPEG4
HEVC
TOTALE
TV con
decoder
trascurabili
17.217.000
17.217.000
34.434.000
1.466.000
1.300.000
2.800.000
5.566.000
2022 - Schermi attivi su DTT *
TV integrati
MPEG2
MPEG4
HEVC
TOTALE
trascurabili
8.687.000
26.060.000
34.747.000
TV con
decoder
253.000
800.000
4.200.000
5.566.000
Dando per corretti questi dati, vanno analizzati gli effetti sui tre scenari possibili:
1. si cede la banda 700 e non si cambia
nulla alle trasmissioni. Si riducono i
conseguenza i canali digitali terrestri, con
eventuale indennizzi per le emittenti che
perdono banda
2. si cede la banda 700 e si resta in DVB-T
passando però tutti i canali in MPEG4
3. si cede la banda 700 e si passa in DVBT2 e HEVC
Ognuno di questi scenari avrebbe le
seguenti conseguenze in termini di
obsolescenza indotta di apparecchi ancora
in funzione:
2020 – TV e decoder obsoleti *
TV
decoder
nessuno
nessuno
2: DVB-T
con MPEG4
trascurabili
1.466.000
3: DVB-T2
con HEVC
17.217.000
2.766.000
1: DVB-T
come oggi
2022 – TV e decoder obsoleti *
1: DVB-T
come oggi
TV
decoder
nessuno
nessuno
2: DVB-T
con MPEG4
trascurabili
253.000
3: DVB-T2
con HEVC
8.687.000
1.053.000
E ora veniamo alla parte più importante:
questi prodotti obsoleti ovviamente in
caso di switch off sarebbero da rimpiazzare. Ovviamente è impensabile che tutti
gli utenti cambino interamente il TV ma,
come accadde per lo swtich off al digitale,
molti passerebbero prima a un decoder
esterno, malgrado la scomodità della
scelta. Abbiamo ipotizzato che il 50% delle
situazioni di obsolescenza trovino soluzione
con un nuovo TV, mentre un altro 50%
venga gestito con l’aggiunta/sostituzione di
un decoder. Abbiamo anche ipotizzato che il
costo medio di un TV resti costante rispetto
a oggi, ovverosia 370 euro, malgrado l’aggiunta HEVC; il costo di un decoder HEVC
oggi è invece ancora molto alto e abbiamo
ipotizzato possa stabilizzarsi sulle grandi
quantità intorno ai 40 euro.
I costi per gli utenti, determinati dallo
switch off verso DVB-T2 e HEVC, sono
molto importanti: oltre 4 miliardi di euro per
l’operazione effettuata nel 2020 che diventano due 2 miliardi di euro se si procrastina
fino al 2022. Vorrebbe dire far sostenere
ai cittadini costi probabilmente più alti
dei proventi che i Governo incasserebbe
dalle telco per l’asta delle frequenze 700.
O meglio, tutto si trasformerebbe in una
specie di trasferimento indiretto di quattrini
dai cittadini all’erario, attraverso l’acquisto
di TV e l’asta delle frequenze; senza contare
che poi saranno sempre i cittadini (quelli che
vorranno usufruire dei servizi 5G) a ri-pagare
la stessa operazione nei canoni dei gestori
di telecomunicazioni.
Nel caso invece si scelga il passaggio morbido a MPEG4, i costi diventano di 300 milioni
di euro per il 2020 e circa 50 milioni per
il 2022. Questi dati vanno confrontati con
il caso base, ovverosia che nulla cambi
nelle trasmissioni TV: in questo caso non ci
sarebbe nessun costo di obsolescenza in
carico ai cittadini: zero.
2020 - Costi per gli utenti *
1: DVB-T come oggi
€0
2: DVB-T con MPEG4
€ 300.530.000
3: DVB-T2 con HEVC
€ 4.096.515.000
2022 - Costi per gli utenti *
1: DVB-T come oggi
€0
2: DVB-T con MPEG4
€ 51.865.000
3: DVB-T2 con HEVC
€ 1.996.700.000
Ovviamente si tratta di cifre che non vanno
considerate “precise”, figlie di alcune
approssimazioni, peraltro contenute, e di
molte ipotesi, comunque ragionevoli. Ma di
certo si tratta di ordini di grandezza credibili,
da cui, alla fine della vicenda, non ci si
discosterà troppo. E di cui chi governa le
decisioni che ci attendono nei prossimi mesi
non potrà non tenere conto.
Non si può mettere la testa sotto la sabbia e
neppure piegare le cifre e i fatti a favore di
questa o quella tesi. Questa analisi equilibrata ci racconta di un costo per la collettività,
per la parte più debole della collettività,
insostenibile nel caso di passaggio all’HEVC
nel 2022 e peggio ancora nel 2020. Con
l’obbligo di questo standard nei TV che
interviene solo nel 2017, sarebbe doveroso
attendere almeno i canonici 8 anni di
possesso medio di un TV prima di pensare
a forzare uno switch-off, che non dovrebbe
essere programmato quindi prima del 2025.
Se proprio è necessario garantire una contemporaneità di intervento tra la cessione
della banda 700 e una modifica dell’emissione radiotelevisiva (cosa tutta da dimostrare), la soluzione “francese”, ovverosia
il passaggio a MPEG4, ha costi pur rilevanti
ma di un ordine di grandezza più contenuti
e gestibili con qualche ammortizzatore ed
incentivo per le fasce più deboli, finanziabile
con i proventi dell’asta; probabilmente una
soluzione di questo tipo è in condizione di
mantenere l’attuale capacità trasmissiva
netta in termini di numero di canali.
Anche se – interpretando il comune sentire
sull’argomento – crediamo che la collettività
preferisca di gran lunga mantenere gli
standard trasmissivi odierni sul digitale
terrestre e fare a meno di un po’ di canali sul
terrestre: chiunque sia l’utente a rispondere
alla domanda, la lista dei canali ritenuti
“cancellabili” è lunga. Senza parlare del
rischio, che resta ed è concreto, che ora del
2020 o peggio ancora del 2022 il digitale
terrestre abbia un ruolo ridimensionato se
non addirittura collaterale nel panorama
dell’intrattenimento e dell’informazione,
situazione che farebbe abortire nei fatti un
eventuale switch off deciso senza considerare i cittadini e le loro sensibilità.
Gianfranco GIARDINA

* Elaborazione DDAY.it su dati Anitec e Auditel
torna al sommario
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
MERCATO L’Europa non ci sta chiedendo di rottamare i vecchi TV e passare al DVB-T2, è solo una “leggenda metropolitana”
Caos TV tra la cosiddetta “banda 700” e DVB-T2
Cosa chiede l’Europa e cosa dobbiamo decidere
L’Europa chiede che una parte di frequenze TV venga assegnato alle telecomunicazioni, il DVB-T2 è una scelta italiana
Si vuole evitare che qualche emittente perda le proprie frequenze, ma a pagare sarebbero in larga parte i consumatori
È
di Gianfranco GIARDINA
vero che tutti i TV nelle case degli italiani stanno per diventare obsoleti? È vero che l’Europa
ci chiede, anzi ci impone, di buttare via tutti gli
attuali apparecchi TV e passare a un nuovo standard
trasmissivo, il DVB-T2? Nei giorni scorsi sono comparsi articoli allarmanti sui siti dei quotidiani nazionali su questo tema, in cui però vengono scritte molte
inesattezze, quando non si tratta proprio di strafalcioni. E man mano che la notizia è stata ripresa e
rilanciata (ha iniziato Repubblica, al quale si è ispirato Libero Quotidiano che ha dato il la a Il Giornale)
a ogni passaggio la versione raccontata peggiora
sempre più, allontanandosi sempre più radicalmente
dalla verità. Una cosa è vera: se le nostre istituzioni,
sulla base di pressioni o semplicemente di cattiva informazione, sbaglieranno le loro decisioni, potrebbe
veramente scoppiare il caos televisivo. Ma è bene
rimettere ordine le informazioni su questo tema,
apparentemente “tecnico” ma così rilevante per la
stragrande maggioranza degli italiani.
Il contesto generale
La TV perderà alcune frequenze

Si sapeva da tempo: la cosiddetta “banda 700”, ovverosia quella compresa tra i 694 e i 790 MHz, circa
un terzo di quella oggi utilizzata per le trasmissioni
televisive, dovrà passare dalla TV alle telecomunicazioni mobili in modalità 4G e 5G. Si tratta di frequenze “nobili” per la telefonia, perché in grado di
penetrare all’interno degli immobili e superare gli
ostacoli con molta più facilità di quelle con lunghezze d’onda più corte. Restavano da stabilire i tempi di
questo passaggio. Per questo motivo la Commissione europea aveva commissionato a Pascal Lamy, già
commissario europeo, la realizzazione di un rapporto che trovasse un punto di equilibrio tra le esigenze del broadcaster e quelli delle telco. Gli esiti del
rapporto, pubblicato nel settembre del 2014, vedevano broadcaster europei e telco d’accordo per la
cessione della banda 700 nel 2020, con due anni in
più o in meno di tolleranza per i singoli Paesi. In Italia
torna al sommario
tutti si convinsero che il passaggio sarebbe avvenuto nel 2022, vista la complessità del nostro contesto e soprattutto la numerosità dei nostri canali
TV. Questa scadenza “flessibile” fu vista con favore
dai broadcaster e le conclusioni del rapporto furono
archiviate come un successo personale di Gina Nieri,
vicepresidente di RTI e consigliera di amministrazione di Mediaset, che aveva attivamente partecipato ai
lavori del rapporto Lamy. Infatti, addirittura ambienti
comunitari, prima del rapporto Lamy, avevano anche
ipotizzato un anticipo della cessione della banda
700 per il 2017-18 (soprattutto su spinta dei francesi),
anticipo di fatto disinnescato appunto dai risultati del
rapporto Lamy.
Con in testa il passaggio delle frequenze al 2022
(magari anche con qualche fisiologica ulteriore dilazione) il mondo della TV è andato avanti fino a
qualche settimana fa, tenendo la testa sotto la sabbia, quando è arrivato, come un fulmine a ciel sereno, il testo di una proposta di legge comunitaria
formulato dalla Commissione e sottoposto così al
Parlamento europeo.
L’Europa chiede di liberare la banda 700
La Commissione europea, nella sua proposta di legge, pur tenendo conto dei risultati del rapporto Lamy,
ha fatto un ragionamento semplice: le comunicazioni
terrestri via etere sono ideali per le connessioni in
mobilità. Per quelle residenziali (come i segnali televisivi) è molto meglio usare sistemi alternativi: il cavo
o il satellite. Tanto più che la Comunità europea ritiene che la domanda di dati in mobilità crescerà entro
il 2020 dell’800%, mentre è chiaro che la domanda
di contenuti televisivi non vedrà analoghi incrementi.
Se i cittadini chiedono un’infrastruttura – questo il ragionamento della Commissione - il ruolo dell’Europa
è quello di creare le condizioni perché questa infrastruttura venga creata. Da qui l’idea di mantenere il
2020 del rapporto Lamy come scadenza per il pas-
saggio delle frequenze, questa volta tassativa, senza
tolleranze. In realtà l’Europa ci chiede solo questo,
non fa riferimento agli standard di trasmissione TV,
ai codec e a tutto il resto citato da una parte della stampa nazionale. Certo, la Commissione chiede
decisioni celeri e che entro la metà del 2017 venga
definita la strategia del passaggio e un nuovo piano nazionale delle frequenze, tenendo conto anche
delle compatibilità trasnfrontaliere. E questo è un altro punto importante: un passaggio della banda 700
alle comunicazioni mobili non sincrono tra le nazioni
europee porterebbe inevitabili disturbi e interferenze nelle zone a ridosso delle frontiere, soprattutto
quelle costiere, più aggredibili data la mancanza di
barriere montuose. Anche per questo la Commissione ha eliminato la discrezionalità di più o meno due
anni proposta dal rapporto Lamy.
Come recuperare le frequenze perse?
Si pone quindi un problema non banale per le emittenti: come recuperare le frequenze perse? Dopo la
cessione della banda 700, resterebbero in piedi solo
14 multiplex nazionali (i “pacchetti” di canali codificati
sulla medesima frequenza), oltre a quelli riservati alle
emittenti locali. Come si può vedere nella lista sempre aggiornata pubblicata sul forum di Digital-sat, i
multiplex nazionali sono 19. La cessione della banda
700 ne farebbe sparire almeno cinque. Purtroppo
però il governo Letta, con Corrado Passera ministro,
nel 2012 decise all’improvviso di prorogare la concessione di utilizzo delle frequenze per 20 anni, fino
al 2032, una decisione che ora si rivela molto costosa. Infatti questo significa che chi dovesse perdere il
diritto a trasmettere dovrebbe essere congruamente
risarcito e non è da escludersi che ci sia anche qualche emittente nazionale (pensiamo per esempio a
Rete Capri) pronte a fare un passo indietro in cambio
segue a pagina 04 
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT
Caos TV tra banda 700 e DVB-T2
segue Da pagina 03 
di un buon “gruzzolo” assicurato, contro un futuro
a medio termine per la TV tradizionale terrestre decisamente più incerto. Per finanziare questi risarcimenti non si intaccherebbe il bilancio dello Stato,
ma si potrebbe – anzi si dovrebbe – attingere dai
proventi delle aste delle stesse frequenze della banda 700 alle telco. In Francia, l’asta della banda 700,
che è già stata fatta, ha fruttato quasi tre miliardi di
euro; se in Italia il risultato fosse simile (e nulla lascia
pensare diversamente), ce ne sarebbe a sufficienza
per risarcire eventuali emittenti “orfane” della propria frequenza. C’è poi il tema, che è doveroso porsi,
dell’opportunità di mantenere in vita tutti i canali attualmente trasmessi: una nostra verifica di qualche
tempo fa, mostrava come a Milano fossero più di 100
i canali che in prima serata trasmettevano televendite in replica costante, contenuti differiti (i classici
canali “+1”), contenuti “sdoppiati” (veri e propri canali
ripetuti); tutti canali di cui la stragrande maggioranza
degli spettatori farebbe volentieri a meno. Ovviamente, nell’ipotesi di sfoltire selettivamente i canali
“inutili”, resta il problema di come stabilire quali sacrificare: siamo nel campo dell’opinabile e quindi,
pur essendo lo sfoltimento dei canali la soluzione di
gran lunga preferibile per i cittadini, probabilmente
non se ne farà nulla.
Il DVB-T2 è la soluzione
per salvare le emittenti?
In tutto ciò cosa c’entra il DVB-T2? Le emittenti, alcune lobby e certi ambienti di Governo vorrebbero
utilizzare la nuova versione dell’attuale standard di
messa in onda per recuperare banda utile e quindi
recuperare capacità trasmissiva. Infatti il DVB-T2 offre, a seconda delle condizioni, un certo guadagno
di banda che può arrivare, nella migliore delle ipotesi al 40%. Il che – almeno sulla carta – sembrerebbe poter bastare per mantenere gli stessi canali
di oggi pur nello spettro ridotto di un terzo dopo la
cessione della banda 700. Piccolo problema: eventuali trasmissioni DVB-T2 non sarebbero compatibili
con i TV e i ricevitori digitali terrestri DVB-T, l’attuale
standard, che quindi dovrebbero essere sostituiti o
quantomeno affiancati da nuovi decoder. Si tornerebbe per molti, soprattutto per le persone anziane
che presumibilmente tenderebbero a non cambiare
TV, all’incubo del decoder esterno, di due telecomandi, dell’ingresso da selezionare e così via: scene
già viste, e non troppo tempo fa. Inoltre, non essendoci frequenze libere per trasmettere i medesimi
contenuti in entrambi gli standard per un periodo
cuscinetto (come fu fatto nel passaggio da analogico
a digitale terrestre), bisognerebbe procedere a uno
switch off “secco”: da una data prefissata, tutte le trasmissioni dovrebbero passare dal DVB-T al DVB-T2,
nel caos più totale, senza possibilità nei giorni precedenti di testare la capacità del proprio ricevitore nel
risolvere correttamente i canali nel nuovo standard
e con la probabile necessità di mettere ancora mano
all’impianto di antenna per ricevere correttamente
tutti i nuovi multiplex.
Ulteriore complicazione: il codec HEVC
Per complicare ancora di più le ipotesi di passaggio
al DVB-T2, ci si è messo anche l’HEVC: si tratta di
un codec ancora più efficiente dell’MPEG4 utilizzato
per trasmettere oggi in HD. Le emittenti già da diversi anni sono convinte che uno switch off al solo
DVB-T2 non sia accettabile, perché comporterebbe troppi costi con pochi vantaggi e spinge per un
salto sincrono verso trasmissioni in DVB-T2 codificate in HEVC. Questo permetterebbe di comprimere i
contenuti in maniera ancora più efficace, garantendo così una ancora maggiore capacità trasmissiva,
pur nello spettro residuo. Un salto che sarebbe
anche auspicabile se potesse però essere gestito
in simulcast, ovverosia mantenendo le trasmissioni
DVB-T in standard definition per chi non vuole cambiare TV o decoder e affiancando loro alcune frequenze in DVB-T2 HEVC per i canali in HD (anche gli
stessi trasmessi in SD) o addirittura in 4K. Questo in
un mondo ideale con risorse frequenziali abbondanti. Mondo ben diverso da quello attuale (l’etere è già
pieno) e ancora più lontano da quello che si prospetta dopo la cessione della banda 700. Peraltro, è noto
come l’HEVC perda buona parte della sua efficacia
ai bassi bitrate, quelli comunemente utilizzati in un
ambito a spettro scarso come quello del digitale terrestre: c’è quindi il rischio che i vantaggio reale del
passaggio all’HEVC possa non essere così concreto
come alcuni ritengono.
I TV DVB-T2 obbligatori da gennaio 2017
Basta per uno switch off veloce?

I TV DVB-T2 con HEVC, la cui diffusione è iniziata seriamente solo nell’ultimo anno, diventeranno obbligatori a partire dal 1 gennaio 2017; a oggi l’installato già
compatibile con eventuali future trasmissioni è esiguo,
probabilmente intorno al milione di pezzi su almeno
40 milioni di TV nelle case degli italiani. Ipotizzando
l’eventuale switch off al 2020, o anche procrastinandolo al 2022, di certo l’adozione dei nuovi apparecchi
non sarebbe completa (il tempo medio di ricambio di
un TV in Italia è di circa 8 anni, e si tratta di una media) e
si verificherebbe un discreto “shock” tra i molti cittadini
con TV, magari secondari, non ancora aggiornati. Senza contare l’effetto anche ambientale di una prematura
torna al sommario
Un confronto tra l’efficienza di compressione di
MPEG2 (attualmente utilizzato sul digitale terrestre), MPEG4 e HEVC
rottamazione di TV perfettamente funzionanti ma non
più in grado di ricevere le nuove trasmissioni. In realtà
sono diversi i tecnici che ritenevano e ritengono che
non ci saranno mai più le condizioni per fare un nuovo
switch off, e questo sin dal 2013, quando si iniziò a parlare di DVB-T2 (il nostro primo switch off al digitale era
finito da un anno).
L’Europa non ci chiede di rottamare i TV
L’eventuale switch off è “made in Italy”
Va detto, giusto per ribilanciare almeno parzialmente
alcuni titoli inesatti recentemente apparsi, che l’Europa
non chiede affatto che si passi al DVB-T2, e quindi
che l’Europa non vuole imporre una prematura obsolescenza degli attuali TV digitali. L’ipotesi di passare al DVB-T2 è tutta italiana; come anche italiana va
considerata l’eventuale responsabilità politica di una
decisione di questo tipo. Una soluzione, quella di un
nuovo switch off, che al momento, fa contenti Governo,
emittenti e produttori TV come soluzione per recuperare la banda persa con la cessione della banda 700.
Il Governo perché, se ricolloca gli attuali canali nello
spettro rimanente, evita di pagare risarcimenti a chi
ha perso le frequenze e quindi può non intaccare il
“tesoretto” proveniente dalle aste; le emittenti perché
vedrebbero la loro capacità trasmissiva intatta o forse
anche incrementata; i produttori di TV perché si troverebbero di fronte una nuova valanga di acquisti, come
fu con il primo switch off, che portò il mercato italiano
dai suoi classici 5 milioni scarsi di pezzi annui a toccare
punte di 8 milioni e più. Il vulnus di una scelta di questo tipo è che il cittadino di fatto dovrebbe sostenere
queste nuove spese e disagi senza godere di alcun
servizio in più: difficile che la cosa possa passare sottopelle all’opinione pubblica. Ammesso che venga ben
informata, ovviamente.
La soluzione alternativa francese
DVB-T con MPEG4
La Francia, che si sta preparando a passare velocemente la banda 700 alle telecomunicazioni, ha già
scelto come ovviare alla riduzione di spettro televisivo. Dal 5 aprile, infatti, in Francia si è passati alle
trasmissioni in standard DVB-T (e fin qui nessuna novità) codificate in MPEG4 invece del classico MPEG2
segue a pagina 05 
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT
Caos TV tra banda 700 e DVB-T2
segue Da pagina 04 
utilizzato per i canali in standard definition, una
mossa decisa oramai un anno fa. Il codec MPEG4
è stato introdotto per i canali in alta definizione e
consente un netto risparmio di banda rispetto al più
arretrato MPEG2, tanto che alcuni canali trasmessi in
simulcast SD/HD finiscono per consumare più banda
in definizione standard che in alta definizione. I TV
compatibili con le trasmissioni in alta definizione (e
quindi con il codec MPEG4) sono diffusi da anni e
oramai rappresentano la stragrande maggioranza
dell’installato, intorno al 90% secondo alcune stime. Passando tutte le trasmissioni attualmente in
standard definition (la stragrande maggioranza) da
MPEG2 a MPEG4 probabilmente si avrebbe lo stesso
vantaggio in termini di banda liberata che si avrebbe passando dal DVB-T al DVB-T2, con la grande
differenza che quasi tutti i TV oggi nelle case degli
italiani sarebbero già compatibili. Una soluzione di
compromesso che sembra comportare per i cittadini
un “fastidio” minore e offre alle emittenti la possibilità di proseguire più o meno come oggi. Copiare dai
cugini d’Oltralpe potrebbe essere la scelta migliore.
La soluzione su base “volontaria”
Chi vuole di più passa al satellite

Va fatta un’altra considerazione: in Italia il panorama
televisivo, almeno quello su digitale terrestre, vede
un predominio quasi assoluto di canali in definizione
standard. Oggi, a tanti anni dall’introduzione dell’alta
definizione, sarebbe probabilmente ora di adeguare l’Italia agli standard di molti altri Paesi e favorire
l’adozione da parte delle emittenti dell’alta definizione: lo meritano tutti i cittadini che hanno speso soldi
in nuovi TV HD e che di fatto non possono usarli al
meglio, se non con la pay TV, salvo rare eccezioni.
Nel frattempo che l’Italia ci pensa, è arrivato anche lo
step successivo, il 4K, che ovviamente richiede ancora più risorse frequenziali. Un’altra soluzione possibile – da mettere in conto nelle analisi costi-benefici - è quella di non fare alcun passaggio al DVB-T2
(tenendo buona magari la migrazione al solo MPEG4)
e portare tutti i canali in HD e in 4K su satellite, dove
la banda è abbondante e costa un decimo di quella digitale terrestre. Non a caso questa è proprio la
scelta intrapresa dalla Svizzera, che ha spostato su
satellite tutti i canali HD, limitando al puro servizio
in standard definition l’etere terrestre. Gli utenti più
esigenti ed evoluti spesso una parabola ce l’hanno
già; e comunque si “costringerebbe” al passaggio
solo coloro che, interessati a contenuti di qualità
superiore, sono motivati a farlo, garantendo la continuità per la stragrande maggioranza dei canali in
SD di servizio pubblico e di vero interesse. Oramai
molti TV sono dotati anche del tuner satellitare ed è
disponibile la piattaforma comune criptata e gratuita,
Tivùsat, pronta per l’utilizzo e con oltre 2 milioni di
utenti attivi. Inoltre l’oramai definita cessione al gruppo Vivendi delle attività pay TV di Mediaset lascia
pensare che anche il passaggio di Premium su satellite sia meno un tabù: Canal+ in Francia, la pay TV di
torna al sommario
Vivendi, è compiutamente una media company con
trasmissioni sia su digitale terrestre che su satellite,
oltre che via Internet. Di certo meno DTT-centrica di
quanto non sia stata Mediaset in questi anni. Se prorio non ci va di copiare l’esempio francese, potremmo forse ispirarci a quello svizzero.
I pareri delle commissioni di Senato
e Camera: cessione della banda
(e switch off) al 2022
Qualche tempo fa avevamo dato la notizia della
delibera dell’VIII commissione del Senato del parere sulla proposta di legge europea riguardante la
cessione della banda 700. In questo caso la delibera, pur riconoscendo la correttezza dell’impianto di
legge europeo, ha chiesto, in considerazione delle
complessità del sistema italiano, prima fra tutte il
gran numero di canali in onda nel nostro Paese, il
rinvio dei termini al 2022. Due anni in più che non
spostano più di tanto le considerazioni fatte finora.
La votazione della IX commissione della Camera fornirà un altro parere che probabilmente sarà simile
nelle conclusioni (un rinvio al 2022) ma su basi un
po’ diverse, un po’ più aderenti ai bisogni dei consumatori che, al momento, non sembrano ancora rappresentati nel dibattito politico. Il fil rouge che lega
entrambi i pareri è però questo “dare per scontato”
che la cessione della banda 700 debba avvenire
contestualmente al passaggio al DVB-T2 con HEVC,
e quindi alla conseguente obsolescenza anticipata
di tutti i TV: non è vero. Come non è vero che il passaggio al DVB-T2 ce lo stia imponendo l’Europa.
DDAY.it: Il consumatore si troverebbe a sostenere
una spesa per avere un servizio praticamente equivalente a quello di oggi…
Anzaldi: “Speriamo che sia come quello di oggi…
Perché tra complicazioni tecniche e tutto il resto non
si sa mai dove si va a cadere. Gli italiani non sono un
popolo molto tecnico, vorrebbero attaccare qualsiasi
TV all’antenna e vedere e invece così non è e non
sarà; per non parlare della necessità di coinvolgere
tecnici e antennisti per risolvere i problemi dettati
dalle conformazioni orografiche e delle interferenze… E poi c’è un altro problema: i vecchi TV e decoder sono rifiuti elettronici da smaltire. Se mai si avverasse questo switch off dove vanno a finire, nei fiumi,
nelle discariche? Ho qualche dubbio che il sistema
dei RAEE sia pronto, e su tutto il territorio nazionale,
per assorbire una mole di questo tipo di apparecchi
senza danni per l’ambiente”
DDAY.it: Con tutte queste criticità, è politicamente
pensabile a suo avviso fare uno switch off, fosse
anche nel 2022?
Anzaldi: “Io ne sono convinto, per questo farò di tutto per non far votare la legge europea e cercherò di
allungare i termini il più possibile. Un nuovo switch
off sarebbe un’iniziativa molto impopolare”.
On. Michele Anzaldi (PD): “Un nuovo
switch-off sarebbe molto impopolare”
Il relatore del parere nella IX commissione della
Camera, l’On. Michele Anzaldi (PD), da noi contattato, si è dimostrato molto preoccupato per la china
che stanno prendendo gli eventi.
DDAY.it: Vi apprestate a votare un parere in commissione di cui lei è relatore. Qual è l’orientamento?
On. Michele Anzaldi: “Io farò di tutto per arrivare
almeno al termine del 2022, ovverosia l’esito del
rapporto Lamy. Perché anticipare sarebbe una cosa
che devasta le famiglie e le imprese del settore; non
c’è nessuno contento, neanche la telefonia”.
On. Michele Anzaldi (PD)
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
MERCATO Nasce un nuovo polo televisivo che prevede anche la produzione di contenuti originali
Mediaset si accorda con il gruppo Vivendi
Scambio del 3.5% del pacchetto azionario, con il 100% di Premium che passa ai francesi
M
di Roberto PEZZALI
ediaset e Vivendi hanno formalizzato l’accordo di cui si
parlava ormai da settimane.
Confermate le indicazioni della vigilia
e, soprattutto, le finalità strategiche
dell’accordo da parte del colosso francese.
Leggermente diverse, invece, le quote
rispetto alla previsione iniziale: il 3,5%
del capitale di Vivendi sarà scambiato
con il 3,5% del capitale di Mediaset e
con il 100% di Mediaset Premium, non
con l’89% come si pensava. Lo scambio azionario sancisce l’inizio della
nuova collaborazione tra il gruppo italiano e il potentissimo gruppo francese
(Canal Plus, Universal Music, Telecom
Italia, Activision Blizzard) guidato da
Vincent Bollorè. Un matrimonio che
non si fermerà però qui: Infinity, pur restando indipendente, confluirà in una
HTC ha confermato
ufficialmente la chiusura
dell’ufficio commerciale
italiano. L’azienda
continuerà ad operare
in Italia tramite
distributori locali
di Roberto PEZZALI
nuova joint venture europea destinata
a frenare l’ascesa di Netflix e Sky in
Europa.
Tutti coloro che credevano in un possibile accordo tra Sky e Mediaset per i diritti della Champions nei prossimi anni
dovranno quindi mettersi il cuore in
pace: Premium ha infatti in mano anco-
ra per due anni i diritti della Champions
League, ed è davvero difficile che una
Premium in mani francesi possa cedere uno dei suoi asset più preziosi.
L’accordo tra le due aziende prevede
anche la produzione di contenuti originali e la trattativa a livello europeo per
le licenze dei contenuti.
MERCATO Tesla vuole aprire una fabbrica nel Vecchio Continente, per soddisfare i clienti europei
Scatta la gara per accaparrarsi la fabbrica Tesla
Francia e Germania in testa, Italia non pervenuta
Un tweet di Elon Musk ha lanciato la corsa dei Paesi per attirare l’azienda californiana
N
di Massimiliano ZOCCHI

elle ore successive alla presentazione di Model 3, Elon Musk è stato molto attivo sul profilo Twitter
per fornire dettagli e spiegazioni ai fan
scatenati. E alla domanda specifica di un
utente che chiedeva di eventuali piani
per un sito produttivo in Europa, il CEO
non ha usato mezzi termini: una fabbrica
europea serve ed è già allo studio.
In particolare Musk fa riferimento alla possibilità che lo stabilimento di Freemont
possa raggiungere la sua massima capacità produttiva, rendendo necessaria una
seconda fabbrica per soddisfare la domanda locale. È quindi partita subito una
gara (metà “politica” e metà “economica”) tra i paesi della UE per accaparrarsi
il colosso americano. In prima fila già nei
mesi scorsi si era piazzata la Germania,
stendendo letteralmente un tappeto rosso a Elon e soci, ma ancor prima il Belgio
aveva cercato di rivitalizzare un vecchio
impianto Ford offrendolo a Tesla per sal-
torna al sommario
HTC chiude
la sede italiana
Ma i prodotti
arriveranno
lo stesso
vaguardare i posti di lavoro. Della stessa idea anche il Ministro francese per
l’Energia, Sagolene Royal, che ha offerto
la più vecchia centrale nucleare francese, a Fessenheim in Alsazia. Anche qui ci
sono in ballo molti posti di lavoro (si parla
di 850 lavoratori più l’indotto), e i tempi
sono strettissimi, e pare che ci sia già fissato un incontro con i vertici Tesla.
Recentemente la Francia ha strappato
la medaglia d’oro alla Norvegia come
paese con più auto elettriche vendute,
grazie agli incentivi statali che arrivano
a ben 10.000 euro. Come ormai abituati
in questo settore, dobbiamo constatare
che invece per quanto riguarda l’Italia
non ci sia stato nessun interesse nel portare una azienda innovativa nella patria
dell’automobilismo, anche se in rete c’è
chi si è messo a sognare...
La notizia era nell’aria, ma data la
delicatezza della questione abbiamo aspettato l’ufficialità: HTC
ha chiuso la filiale italiana, con la
distribuzione dei prodotti che sarà
comunque garantita da una rete di
distributori partner e con la comunicazione che verrà gestita dall’ufficio
europeo. Ecco lo statement ufficiale
che HTC Europe ci ha rilasciato:
“Possiamo confermare che HTC ha
chiuso i suoi uffici italiani, tuttavia
HTC continuerà ad operare in Italia sfruttando una rete di partner
e distributori locali. La decisione
arriva in seguito ad un programma
strategico di riorganizzazione del
business, che permetterà di diventare una società più snella e agile.
Questa nuova organizzazione permetterà a HTC di riconquistare le
posizioni perdute e crescere nei
nostri tre core business: gli smartphone, i device connessi e la realtà virtuale”.
Un peccato, anche perché nonostante il calo di vendite nel segmento smartphone i prossimi mesi potevano rappresentare il momento
della svolta, con le vendite di Vive
che vanno a gonfie vele e il nuovo HTC 10 che promette davvero
bene. Insieme alle vendite, ovviamente, HTC gestirà anche la rete di
assistenza sul territorio italiano per
poter fornire l’adeguato supporto
per i prodotti passati e futuri.
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
MERCATO Il Consiglio di Stato non esprime il parere sul decreto, la palla torna al Ministero
Decreto Canone Rai, il testo è da correggere
Manca la definizione di apparecchio televisivo
Mancano alcuni elementi ed è troppo complesso, il testo è da integrare o da riscrivere meglio
I
di Roberto PEZZALI
l decreto sul pagamento del Canone
Rai in bolletta è impreciso e dev’essere
integrato con le informazioni mancanti:
la bocciatura arriva dal Consiglio di Stato,
che ha esposto il suo parere consultivo
in merito al decreto emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico. Nella nota
emessa dall’ente giuridico infatti emergono diversi problemi, indicati al punto
quattro: non è specificato cosa si intende
per apparecchio televisivo e soprattutto
non viene esplicitato che il canone si paga
solo per un TV in casa. Il testo recita testualmente:
“La Sezione rileva che nel testo del regolamento manca un qualsiasi richiamo ad
una definizione di cosa debba intendersi
per apparecchio televisivo, la cui detenzione comporta il pagamento del relativo
canone di abbonamento e al fatto che il
succitato canone deve essere corrisposto
per un unico apparecchio, prescindendo
dall’effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo l’utente. Ciò assume
un particolare rilievo atteso che lo sviluppo tecnologico dei dispositivi di comunicazione ha reso disponibili sul mercato
molteplici “device” che consentono funzioni di ricezione di programmi televisivi,
pur essendo destinati a finalità ed usi
strutturalmente differenti (smartphone,
tablet, ecc.). Precisare, dunque, nel regolamento che il canone di abbonamento
è dovuto solo a fronte del possesso di
uno o più apparecchi televisivi in grado
di ricevere il segnale digitale terrestre o
satellitare direttamente o tramite decoder costituirebbe un elemento informativo particolarmente utile per i cittadini sia
in relazione agli obblighi contributivi che
i medesimi devono assolvere sia in riferimento all’autodichiarazione concernente
il mancato possesso di apparecchi che
gli stessi devono effettuare e alle conseguenze di carattere penale che possono
derivare da una dichiarazione mendace,
in base alle norme vigenti in materia.”
Una precisazione importante in vista
di una richiesta di esenzione, anche
perché da come è scritto attualmente il
decreto chi ha un monitor o un videoproiettore potrebbe proprio chiedere
questa esenzione in quanto si tratta
di prodotti privi di tuner. Il Consiglio di
Stato esprime anche dubbi sulla scarsa
chiarezza di alcuni punti del decreto e
su questione legate alla privacy, pertanto la commissione ha sospeso il parere
in attesa di una integrazione del decreto da parte del Ministero, che dovrà ora
fare tutto di corsa. Si riuscirà a stare nei
tempi previsti, con la prima scadenza a
rate da addebitare il primo luglio? Difficile dirlo, rimettendo mano al decreto
c’è il rischio che possa slittare tutto.
Il 48% di chi compra i dischi in vinile non li ascolta
Qualche acquirente non possiede nemmeno un giradischi dove poter riprodurre i vinili
I

l sospetto c’era già da molto tempo: ma
la riscoperta del vinile è vera passione
per l’ascolto analogico oppure è solo
una moda? Una ricerca condotta da ICM
per la BBC sembra propendere per la seconda ipotesi. Dal sondaggio infatti emergono alcune circostanze molto curiose,
prima tra tutte il fatto che il 48% degli intervistati che hanno comprato un disco da
un mese, non lo ha ancora ascoltato, ma
c’è anche un 7% degli intervistati che pur
avendo acquistato un disco in vinile non
possiede un giradischi dove ascoltarlo.
Un dato non meno interessante rispetto
al 41% che dichiara di possedere il giradi-
torna al sommario
Il miliardario cinese
Qi Jianhong diventa
il maggiore azionista
singolo di B&O
con il 18,7% delle quote
È vuole arrivare
al controllo totale
di Roberto FAGGIANO
MERCATO Un sondaggio condotto in Gran Bretagna svela le abitudini di chi acquista i dischi in vinile
di Massimiliano ZOCCHI
Eccellenze
europee verso
la Cina, tocca
a Bang & Olufsen
schi ma di non usarlo mai. Ci sono anche
altre abitudini per il vinile, per esempio
finire su una parete come elemento di
arredamento e quindi rimanere sempre
inascoltato. Altre notizie interessanti sull’acquisto di dischi in vinile arrivano dall’abitudine per il 45% degli intervistati di
ascoltare un disco in streaming prima di
acquistarlo. Il 50% degli intervistati si definisce un collezionista, una persona che
ama possedere un supporto fisico della
propria musica preferita e a cui magari
piace replicare il comportamento di genitori e nonni, che uscivano di casa per
andare nei negozi di dischi. Altri dati della
ricerca riguardano l’età degli acquirenti di
dischi, ben distribuiti nelle diverse fasce
ma con un picco nella fascia 25-34 anni.
Per quanto riguarda gli acquisti musicali
in genere sul mercato britannico prevale
l’online e Amazon in testa con il 27% di
tutte le vendite; seguono l’iTunes store al
18%, la grande distribuzione con il 10% e
infine i classici negozi di dischi con il 7%.
Il controllo di Bang & Olufsen passa
in mani cinesi con l’ acquisizione di
quote pari al 13,1 % da parte della
Sparkle Roll Group Limited, una società completamente controllata da
Qi Jianhong, miliardario cinese già
proprietario del gruppo cinese di investimenti Beijing Cultural Holding.
Unendo questa quota alle azioni
che già possedeva, Jianhong arriva
al 18,7% dell’azionariato, diventando
l’investitore singolo con il maggiore
capitale investito.
Ma il miliardario cinese ha già
espresso la sua volontà di arrivare
al controllo totale della società con
il 100% delle azioni. Difficile per ora
immaginare gli sviluppi di questa
acquisizione e se influirà sul recente
accordo con LG per la collaborazione in tema di televisori e smartphone ma ne dubitiamo.
In fondo la linea tracciata dal presidente Tue Mantoni sta funzionando
molto bene con il marchio Beo Play,
capace di realizzare ottimi prodotti
con costi ragionevoli e in linea con
le tendenze del mercato. Bisogna
però sempre pensare a quanti celebri marchi europei sono finiti in mani
orientali che non sempre ne hanno
rispettato fama e storia, ma li hanno
invece svuotati di tutte le esperienze e li hanno usati solo come specchietto per attrarre ignari consumatori verso prodotti di basso livello
tecnico offerti a poco prezzo.
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
MERCATO Alle porte di Milano ha debuttato “Il Centro”: si tratta del centro commerciale più grande d’Europa, con ben 200 negozi
Aperto “Il centro”: 93.000 metri quadri di negozi
Oltre alle dimensioni enormi, ad attirare l’attenzione è la presenza di alcune unicità, come il primo negozio Lego in Italia
di Gianfranco GIARDINA
iovedì 14 aprile, ha aperto i battenti “Il Centro”:
un poderoso e bellissimo centro commerciale
sito ad Arese, nei pressi di Milano, e accreditato per essere il più grande d’Europa. E c’è da crederci, visto che la galleria di negozi è lunga quasi un chilometro ed è in larga parte organizzata su due piani.
All’interno de Il Centro trovano spazio 200 negozi
per un totale di 93mila metri quadri di superficie di
vendita: l’elettronica di consumo è rappresentata dal
110° negozio della catena Media World.
Ma ad attrarre l’attenzione sono anche molte “unicità”: per esempio il primo negozio monobrand Lego
in Italia, attesissimo dagli appassionati; o ancora
Primark, la catena di abbigliamento irlandese super-conveniente presente in molti Paesi del mondo
e mai sbarcata da noi. E ancora: la prima boutique
Nespresso a essere in un centro commerciale e non
nei centri storici delle città; e la prima milanese di
KFC (Kentuky Fried Chicken), la catena americana di
fast food famosa per il suo pollo fritto. Insomma, ce
n’è per tutti i gusti, compreso un gigantesco ipermercato (della catena Iper, che è anche la proprietaria
del centro commerciale) da 12mila metri quadri, che
al proprio interno ha anche veri e propri laboratori
di preparazione di alimenti, come un intero birrificio
artigianale e un centro di produzione della mozzarella fresca.
G
Il sogno di un ragazzino ottantottenne

Questo tempio dello shopping nasce per realizzare il
sogno di un ragazzino. Un ragazzino di 88 anni: parliamo di Marco Brunelli, patron di Finiper (proprietaria
delle catene Iper e Unes), che per molti anni ha perseguito il sogno di un centro commerciale che fosse
nuovo, diverso, più bello. E dopo molti anni di battaglie per convertire l’area ex Alfa Romeo in qualcosa
di vivo, ce l’ha fatta. Nella foto qui sotto lo vediamo
ritratto mentre, visibilmente commosso, rilascia qualche dichiarazione durante la cerimonia di inaugurazione.
Cerimonia che si è già tenuta alla presenza di molti
ospiti della stampa e di Roberto Maroni, presidente
della Lombardia, che ha partecipato al rituale taglio
del nastro.Qualche parola la merita anche l’architet-
torna al sommario
tura del luogo: Il Centro sorge al posto di una parte
dei capannoni (erano diroccati) della vecchia fabbrica
Alfa Romeo di Arese. E malgrado la dimensione incredibile, si tratta di una struttura decisamente leggera,
di un impatto alla vista decisamente “umano”. Merito
dell’acclamato architetto Michele De Lucchi, che ha
pensato e realizzato un progetto fatto quasi interamente in legno e con un disegno che rassicura e richiama la costruzione delle vecchie cascine lombarde, ovviamente in chiave “ingigantita” e modernista.
Il risultato è qualcosa che sembra a misura d’uomo,
piccolo e accogliente se visto da lontano e decisamente grande, bello e “caldo” quando ci si è dentro.
Merito anche dell’uso quasi totalitario del vetro negli
spioventi, che garantiscono, almeno nelle ore diurne,
un’illuminazione naturale incredibile all’interno della
grande galleria e delle due “piazze” coperte, una con
una volta circolare da 45 metri e l’altra rettangolare
che arriva a oltre 60, e lungo tutte le gallerie.
Media World inaugura il proprio negozio
con un sottocosto potente
Otto pagine di volantino, tutto sottocosto: questo è il
“sasso” che Media World ha gettato nello stagno di
Arese per festeggiare la grande apertura del proprio
grande negozio. Un sottocosto che ha creato qual-
che problema di affollamentomettendo a dura prova
la tenuta del servizio di sicurezza.
Si tratta di un negozio che già integra tutti gli stilemi del nuovo format Media World e di fatto si tratta
di un gemello (leggermente più piccolo, 2000 metri
quadri) del negozio di Curno, lo stato dell’arte dell’offerta Media World. E infatti, proprio come a Curno, all’ingresso del negozio di Arese si trovano tutti
i prodotti più innovativi, apparecchi IoT per la smart
home, hoverboard e droni. Questi ultimi addirittura
si possono provare all’interno di una vera e propria
“palestra” di rete. E poi tutto quanto avevamo già
visto nel negozio di Curno, con la maggioranza dei
prodotti “toccabili” e alimentati.
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
MERCATO Fastweb ha annuncia una estensione del piano quadriennale di investimenti sulla rete
Fastweb a tutto fibra: entro l’anno 2020
200 Mbps per il 50% della popolazione
13 milioni di famiglie e imprese in oltre 500 città potranno sfruttare la rete ultraveloce
E
di Roberto PEZZALI
ntro fine anno si chiuderà il piano
quadriennale di espansione della
rete Fastweb che ha portato i suoi
frutti: 7.5 milioni di famiglie raggiunte
dalla rete in fibra ottica, il 30% della popolazione italiana. Ma l’azienda che corre veloce come Bolt non si ferma qui: è
stato infatti annunciato un nuovo piano di
mercato che, se le condizioni resteranno
favorevoli, porterà ad un ulteriore potenziamento della rete in fibra con il raggiungimento del 50% della popolazione
italiana, 13 milioni di famiglie e imprese in
oltre 500 città, che potranno sfruttare la
rete ultraveloce con velocità di punta fino
a 200 Mbps (eVDSL). Le prime città che
saranno raggiunte dalla rete a 200 Mbps
non saranno i grossi centri metropolitani,
ma comuni di piccole e medie dimensioni, coloro che più di altri hanno bisogno
di una infrastruttura veloce a larga banda
per restare competitivi in un mercato difficile. L’11 aprile si inizierà da Arezzo, Viterbo, Riccione, Rimini, Trento, Massa, Pistoia
e Caserta, per proseguire ogni mese con
nuove città fino ad arrivare ad un milione
di abitazioni raggiunte dai 200 Mbps en-
tro fine 2016. L’obiettivo finale, come già
detto, restano i 13 milioni nel 2020. Il piano prevede investimenti per 500 milioni
di euro che saranno autofinanziati e sarà
sviluppato su due filoni di attività parallele:
da una parte saranno realizzati i lavori necessari per collegare nuove città di medie
dimensioni alla fibra a 200 Mbps, dall’altra verranno aggiornate le reti delle città
già raggiunte dalla fibra ma che offrono
una velocità inferiore. Alberto Calcagno,
amministratore delegato di Fastweb, ha
ovviamente elogiato il nuovo piano spiegando che grazie a Fastweb chiunque
potrà aprire una professione “digitale”
in una piccola città senza la necessità di
trasferirsi, e che il piano contribuisce agli
obiettivi dell’Agenda Digitale del Governo. Sempre secondo Calcagno “il piano
di Fastweb, che porta la fibra a milioni di
case non raggiunte dalla banda larga, è
propedeutico alla stesura dell’ultimo miglio in fibra quando Enel, Metroweb, Tim
o altri operatori saranno pronti con un
piano globale”. La tecnologia di Fastweb,
che al momento è FTTC (quindi la fibra
arriva al cabinet) potrà quindi evolvere a
FTTH in futuro. Ma questo è secondario:
nelle condizioni in cui versano molte località, anche l’FTTC è sempre il benvenuto.
MERCATO Enel ha confermato l’accordo con Wind e Vodafone, si parte subito con le prime 5 città
Renzi ha presentato il piano Enel per la fibra
Perugia, Bari, Venezia, Catania, Cagliari le prime città coperte; si parla già di abbonamenti
di Emanuele VILLA
l premier Renzi ha presentato, insieme a Francesco Starace, il piano con
cui Enel Open Fiber punta a portare
la banda ultralarga (FTTH) in 224 città
nei prossimi 3 anni; in questo modo,
l’attività di Enel Open Fiber si inserisce
alla perfezione nel Piano Nazionale per

I
torna al sommario
la banda ultralarga che ambisce al 100%
di copertura entro il 2020 con 30 Mbit
di connessione e 50% di abbonamenti
attivi a 100 Mbps. L’obiettivo voluto da
Renzi, fondamentale per la crescita del
Paese, è tanto concreto quanto impegnativo e per raggiungerlo sarà determinante l’attività di Enel Open Fiber, la
società costituita ad hoc per facilitare
– grazie all’impiego dell’infrastruttura
elettrica esistente – l’arrivo della fibra direttamente nelle case degli italiani. Com’è noto, all’inizio si partirà dai cluster A
e B, ovvero dalle città, ma ci si sta muovendo anche per le aree a “fallimento
di mercato”, ovvero i cluster C e D, per i
quali verranno presentate le prime gare
il 29 aprile in occasione dell’Internet
Day italiano. Le notizie confermano le
aspettative: Enel Open Fiber ha perfezionato l’accordo con Vodafone e Wind,
che saranno dunque i primi a sfruttare
l’infrastruttura Enel e creare un’offerta
diretta per i consumatori. Al momento,
Telecom resta fuori ma non è una sentenza definitiva: l’azienda potrebbe tranquillamente entrare nel piano fibra Enel
in un secondo momento.
Si parte subito, dicevamo, e con tempi
sorprendentemente ristretti: secondo le
parole del premier “Oggi rappresentano
i territori che per primi godranno del progetto: Perugia, Bari, Venezia, Catania,
Cagliari saranno le prime cinque città”.
Inoltre, si prevede che a Perugia siano
attivi i primi abbonamenti già a maggio.
Galaxy S7
porta Samsung
a risultati
insperati
Samsung dovrebbe
chiudere il primo
trimestre del 2016
con utili ben oltre
le aspettative
Merito del Galaxy S7
che anticipando
la concorrenza
ha conquistato
il mercato di inizio anno
di Dario RONZONI
Il primo trimestre del 2016 potrebbe chiudersi per Samsung
con utili superiori alle aspettative, grazie al boost delle vendite
del Galaxy S7. È quanto emerge
dalle prime stime degli analisti,
che parlano di 49.000 miliardi di
won (37 mld EUR) derivanti dalle
vendite totali, per un utile netto
di 6.600 miliardi. Queste cifre
superano le proiezioni diffuse in
precedenza da Bloomberg, che
parlavano di un utile netto stimato
di 5.530 miliardi di won per il primo trimestre del 2016. Samsung
non ha rilasciato dichiarazioni
ufficiali sull’effettivo apporto del
Galaxy S7 alle vendite totali, ma si
parla di 9 milioni di unità vendute
in un mese. Il dato, se confermato,
sarebbe di fatto il triplo rispetto
alle vendite di Galaxy S6. L’uscita
anticipata rispetto alla concorrenza (Apple, Huawei e gli altri sono
ancora nell’interregno tra le due
generazioni) e l’apprezzamento
per l’offerta tecnologica del nuovo arrivato hanno finora contribuito al successo iniziale. A gennaio,
prima del debutto del Galaxy S7,
Samsung aveva previsto un inizio
d’anno stagnante, ma sarà ora costretta a rivedere al rialzo le sue
previsioni.
H75M7900
The technological choice of
UEFA EURO 2016TM
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Da poco è disponibile il primo streaming HDR firmato Netflix, si tratta della prima stagione della serie Marco Polo
Ci siamo rifatti gli occhi con Marco Polo in HDR
Le immagini assumono una nuova luce: esplode la dinamica, migliorano i colori: mai si erano viste fiamme così “accese”
N
di Roberto PEZZALI
etflix supporta l’HDR: i possessori di un TV di
nuova generazione dotato di funzionalità HDR,
con un abbonamento a Netflix Ultra HD e con
sufficiente banda a disposizione per lo streaming, potranno iniziare a guardare Marco Polo, tutte e dieci le
puntate della prima stagione, nella versione a dinamica
estesa. Capire se il TV è in grado di ricevere il contenuto HDR è decisamente semplice: Netflix identifica il
contenuto con una etichetta HDR, se al posto di HDR
viene scritto Ultra HD 4K il TV aggancia lo streaming
standard.
video
Su quali TV si può guardare Netflix in HDR

La prima discriminante è ovviamente la banda sufficiente, Netflix suggerisce 25 Mbps: noi non abbiamo
ovviamente avuto problemi con la nostra connessione,
ma è bene sapere che nel caso in cui la banda non
sia adeguata per il 4K HDR Netflix con il suo adaptive
streaming è in grado di fornire anche un profilo HDR a
1080p. I contenuti sono codificati in due diverse modalità HDR: HDR10, quello supportato da tutti i dispositivi
perché alla base dello standard e Dolby Vision, la soluzione Dolby che dovrebbe offrire migliori risultati. Il Dolby Vision tuttavia è costoso come licenze, motivo per il
quale sono pochi i modelli di TV che lo supportano e tra
questi troviamo principalmente LG sulla nuova gamma
di TV del 2016, ancora non disponibile in Italia.
Al momento Netflix in HDR è supportato esclusivamente su alcuni TV di tre produttori: Sony, LG e Panasonic.
Nel caso di Sony il supporto è presente sicuramente
sui modelli della serie 2016 aggiornati all’ultima release software, nel caso di Panasonic dovrebbero essere
supportate DX900 e DX800 (non lo abbiamo provato)
mentre per LG sembrano supportati solo i nuovi modelli Dolby Vision. I TV OLED dello scorso anno, seppur
aggiornati per supportare HDR10, non sono in grado di
ricevere lo stream e si limitano al 4K. Siamo di fronte ad
una situazione in continua evoluzione: Netflix sta progressivamente completando i test con tutti i TV HDR per
aumentare il numero di prodotti compatibili, quindi se al
momento manca la compatibilità con alcuni TV come i
modelli Samsung non c’è da preoccuparsi, arriverà.
torna al sommario
Marco Polo è un titolo perfetto
per esaltare la dinamica
Entro l’estate arriveranno anche Daredevil e la Season 2 di Marco Polo, ma al momento le 10 puntate
della serie con Lorenzo Richelmy sono gli unici contenuti visibili in HDR. Una scelta comunque perfettamente azzeccata: l’ambientazione della serie alla
corte del Kublai Khan esalta al massimo l’HDR fin
dalle prime scene, atmosfera cupa e scura illuminata
solo dai fuochi delle lampade a olio che si staccano
con prepotenza dalla scena. Nonostante il bitrate comunque più basso di quello di un blu-ray Ultra HD,
l’immagine gode di una definizione e di un dettaglio
ottimo, e anche un occhio inesperto riesce a cogliere i vantaggi offerti dalla gamma estesa. Una delle
scene a nostro avviso più impressionanti è l’assedio
notturno alla città cinese di Xiangyang: le fiaccole
dell’esercito mongolo, le munizioni infuocate delle
armi di assedio, i bagliori che si riflettono sulle armature e la resa cromatica di colori lucenti come l’oro e
il metallo di corazze e armi guadagnano un notevole
realismo. Il TV in ogni caso fa moltissimo, e siamo
curiosi di rivedere una simile scena su un TV OLED,
dove il distacco tra le luci delle fiamme e il buio della
notte dovrebbe essere ancora più secco e impat-
lab
tante. Il TV Sony nel complesso si comporta bene,
ma l’utilizzo dell’applicazione Netflix implica anche
la rinuncia alla calibrazione perfetta dello schermo
perché viene scelto di default il preset HDR, tuttavia
si possono comunque regolare alcuni parametri dell’immagine per disattivare filtri indesiderati o sistemi
come il Motion Flow.
L’HDR è senza dubbio una nuova sfida per la TV: se
fino a ieri con l’HD abbiamo detto che ormai la qualità dei TV è talmente livellata verso l’alto che è il
contenuto a far la differenza, ora con contenuti di
questa qualità si torna a cogliere la differenza tra un
TV top di gamma e un altro.
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Confermato ufficialmente l’impegno Rai per l’Ultra HD in occasione di Euro 2016
Euro 2016, 7 partite trasmesse in Ultra HD
Per fine anno 11 canali Rai in HD su satellite
Le partite trasmesse saranno 7 e non 8, per esigenze di produzione salterà l’inaugurazione
Sky firma si aggiudica
tutto il catalogo Sony,
compresi i diritti per
i contenuti in Ultra HD
E’ la prima volta che
viene tratto un accordo
con una major
di Hollywood
che riguarda un gruppo
di paesi europei
di Roberto PEZZALI
N
on è più una notizia, ma arriva a
poco tempo dall’inizio degli Europei di calcio la conferma dell’accordo tra Rai, Eutelsat e Tivù Sat per la
trasmissione di 7 partite in 4K Ultra HD.
Rispetto a quanto anticipato da noi nelle
scorse settimane, mancherà all’appello il match di inaugurazione, una scelta
questa dovuta a motivi organizzativi e di
produzione. Come conferma Eutelsat nel
suo comunicato “Si comincia il 30 giugno
alle ore 21 con il primo match dei quarti
finale. A seguire, l’1, il 2 e il 3 luglio, gli altri
tre incontri dei quarti; il 6 e il 7 luglio, sarà
la volta delle due partite delle semifinali.
In chiusura l’attesa finale, in calendario il
10 luglio sempre a partire dalle ore 21.”
Una partnership importante, che vede
entrare in questo gruppo anche V-Nova,
azienda britannica che metterà a disposizione il suo innovativo e scalabile codec
PERSEUS per gestire il segnale che verrà
consegnato per la trasmissione al Broadcasting Center UEFA per poi essere
inviato tramite i satelliti Eutelsat alla piattaforma italiana Tivù Sat.
“Assieme alla Rai stiamo scrivendo una
pagina importantissima della storia della televisione in Italia. E siamo davvero
lieti di mettere a disposizione i nostri
satelliti per supportare l’Azienda Pubbli-
ca Italiana nell’ambito di un rapporto di
lunga data che questa volta consentirà
di aprire i confini del mercato assicurando agli utenti un’esperienza di visione
senza precedenti grazie alla straordinaria potenza delle immagini Ultra HD” ha
dichiarato Renato Farina, Amministratore
Delegato di Eutelsat Italia.
Per vedere le trasmissioni servirà un TV
4K dotato di decoder HEVC con slot per
CAM Tivù Sat, la card Tivù Sat e ovviamente una parabola puntata su Hotbird a
13° Est. Sempre Eutelsat conferma anche
l’arrivo sulla piattaforma Tivù Sat, entro
fine anno, di tutti gli 11 canali Rai in HD,
dove “attualmente vengono trasmessi in
tutto 9 canali in HD di cui 5 della Rai: Rai
1; Rai 2; Rai 3; Rai Sport 1 e, da gennaio,
Rai 4 (visibile anche sulla piattaforma
Sky). A questi, nel mese di maggio, si
aggiungeranno anche Rai Movie e Rai
Premium.”
“Il ritorno all’investimento sulla tecnologia rappresenta per la Rai un dovere
non solo per vincere le grandi sfide del
futuro ma anche per svolgere al meglio
il suo ruolo di concessionario di servizio
pubblico. Per la Rai sarà un altro grande
passo avanti verso il traguardo di una
media company in grado di competere
sui mercati internazionali. Una tv pubblica di qualità anche dal punto di vista
della tecnologia è l’altra faccia della medaglia di un’azienda che vuole cambiare
marcia per stare al passo con i tempi
attraverso investimenti che possono stimolare importanti ricadute economiche
e di mercato per il nostro Paese” la dichiarazione di Antonio Campo Dall’Orto,
Direttore Generale di Rai.
ENTERTAINMENT Secondo alcune indiscrezioni, Mediaset è intezionata a “sperimentare” il 4K
Premium ci pensa: finale di Champions in Ultra HD
La finale è un ottimo banco di prova, dal prossimo campionato i top match saranno in 4K?
di Roberto PEZZALI
secondo alcune indiscrezioni che
abbiamo raccolto, Mediaset Premium potrebbe trasmettere la finale
di Champions League, a San Siro, in 4K.
La piattaforma dal punto di vista tecnologico sarebbe anche pronta, ma i piani alti
non hanno ancora dato semaforo verde,
probabilmente presi dalla questione “Premium / Vivendi”. Se si deciderà di procedere, Premium sarebbe la prima azienda
a trasmettere live un evento 4K di un certo rilievo in Italia, e lo farebbe anche sulla
piattaforma trasmissiva più complessa
da gestire sotto questo punto di vista, il

S
torna al sommario
I film Sony in
esclusiva su Sky
grazie al primo
accordo
panaeuropeo
DVB-T. Per trasmettere il segnale, infatti,
Mediaset sarebbe costretta ad attivare
un nuovo canale spegnendo in occasione dell’evento un intero mux per liberare
banda. Potranno ricevere la trasmissioni
tutti gli abbonati a Premium che dispongono di un TV 4K con Premium Cam di ultima generazione, gli stessi che usando la
CAM TivùSat potranno seguire anche gli
Europei via satellite tramite il canale Rai
4K: da una prima stima si tratta del 90%
dei TV 4K sul mercato, fatta eccezione
per alcuni modelli Samsung del 2013 e
di qualche TV 4K di marche meno note.
L’evento di San Siro non sarebbe però un
evento spot: se la trasmissione ci sarà, e
se avrà successo, Mediaset dovrebbe trasmettere dalla prossima stagione anche
alcuni big match della Serie A. Premium
ha infatti messo le mani sul pacchetto C
dei diritti TV, quello che oltre ai commenti
a bordo campo e alle telecamere negli
spogliatoi include anche i plus tecnologici
come 3D e appunto 4K.
di Roerto PEZZALI
La nuova “Sky” inizia a pensare europeo, con una testa e un
portafoglio solo: il primo risultato
ottenuto dalla media company
pana-europea è un super accordo
esclusivo firmato tra Sky e Sony
Pictures Television, un accordo
che riguarda i servizi Sky in abbonamento e in pay-per-view di
cinema del Regno Unito, Irlanda,
Germania, Austria e Italia. Un accordo storico, che consegna nelle
mani di Sky tutte le nuove e future
produzioni di Sony, incluse, per la
prima volta, tutte le produzioni in
Ultra HD. Come recita il comunicato che Sky e Sony hanno diffuso
“Milioni di abbonati ai servizi Sky
sul cinema in Europa – Sky Movies,
Sky Cinema e Sky Film – avranno
la possibilità di guardare tutti gli ultimi successi targati Sony più di un
anno prima di qualsiasi altro servizio in abbonamento e solo pochi
mesi dopo la loro uscita nelle sale.
I clienti potranno guardare i film
dove e quando vorranno, su qualsiasi dispositivo mobile e su tablet
compreso il più grande servizio televisivo in mobilità, Sky Go.“
Sony era giù una esclusiva Sky, ma
gli accordi nei vari territori erano
gestiti singolarmente.
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Alla Cité du Cinema di Parigi Netflix ha aperto il sipario sulle novità previste per la seconda parte dell’anno
Netflix: niente VR e sport, si punta sulle serie TV
C’è spazio anche per vedere in dettaglio come funziona il sistema di raccomandazione che tutti vorrebbero copiare
P
di Roberto PEZZALI
arigi, Cité du Cinema. La location scelta da Netflix per il suo annuale evento di lancio di nuovi
contenuti e tecnologie non è affatto casuale:
Reed Hastings e il suo team vogliono rivoluzionare il
modo in cui le persone guardano i contenuti e vogliono
scrivere una pagina della storia del cinema.
Il binge watching, ovvero la possibilità di guardare una
serie in modalità “maratona” e senza attendere una
settimana per un nuovo episodio è ormai un marchio
di fabbrica del colosso americano, ma sono altre le caratteristiche che fanno di Netflix uno dei prodotti più
apprezzati in un mercato, quello delle piattaforme di
streaming, sempre più affollato. Netflix ha 75 milioni di
ragioni che la spingono a creare un prodotto migliore,
e abbiamo avuto modo di esplorare qualche dettaglio
del funzionamento della “macchina” Netflix chiedendo
anche a chi muove i fili le motivazioni dietro la mancanza di alcune caratteristiche chieste da tempo, come la
modalità download. Prima di passare alla parte “tech”,
che è solo un contorno, vogliamo spendere qualche
parola su quello che è il vero cuore di Netflix, il contenuto: la scelta del colosso americano è quella di puntare sulle serie TV, investendo sulle produzioni locali e
cercando di scoprire nuovi talenti in giro per il mondo.
Una decisione a nostro avviso vincente: un film ha un
costo al “minuto” decisamente elevato se nel cast c’è
una (o più) star di Hollywood, le serie TV, invece, sono
più semplici da produrre e richiedono un budget più
basso. Una serie inoltre, con un episodio di durata inferiore, è più fruibile in un mondo dove molte persone
guardano la TV nei ritagli di tempo e in mobilità e soprattutto crea dipendenza, una cosa che Netflix ritiene
fondamentale per il suo business: disdire Netflix è semplicissimo, solo la qualità può tenere i clienti attaccati
alla piattaforma.
The Crown e Marseille guidano
la seconda parte del 2016
Moltissime le produzioni in arrivo nel corso dell’anno,
con un focus ovviamente sulle serie originali: il fiore all’occhiello della produzione del 2016 sarà The Crown,
avvincente serie che narra la storia della giovane venticinquenne regina Elisabetta II, un piccolo capolavoro

L’assenza di House of Cards in Italia è uno dei più
grossi rimpianti di Netflix
torna al sommario
che sarà distribuito ovviamente in 4K e in contemporanea mondiale a partire dal 4 novembre 2016.
Altra data da tenere a mente è il 1 luglio 2016: l’italiano
Lorenzo Richelmy tornerà sugli schermi con la seconda
stagione di Marco Polo, disponibile anch’essa in 4K e
in HDR. Chi ha apprezzato Romanzo Criminale e Gomorra potrà trovare interessante Marseille, serie TV
francese con Gérard Depardieu ambientata nell’omonima città, uscirà il 5 maggio con tutte le 8 puntate in
blocco.
Hastings:“L’accordo Mediaset - Vivendi
non ci preoccupa. House of Cards
un grosso ramarico”
A Parigi abbiamo avuto modo di scambiare qualche parola con Reed Hasting, il CEO di Netflix, e con
Ted Sarandos, il Chief Content Officer. Hastings non
si dice affatto preoccupato per la creazione del nuovo polo europeo Mediaset – Vivendi: “In America da
anni stiamo vivendo questa situazione. Ci sono HBO,
Comcast, Hulu, Youtube e molte altre piattaforme concorrenti, crescono tutte e molti utenti sono abbonati a
più di una piattaforma”. Nessun commento sul numero
di abbonati in Italia (si dice 200.000): Hastings è soddisfatto dell’andamento nel nostro Paese ed è pure
piuttosto divertito quando gli viene chiesto di commentare le dichiarazioni di Pier Silvio Berlusconi secondo il
quale il debutto di Netflix in Italia non è andato troppo
bene. “Sono contento che ci sia chi perde tempo per
parlare di noi. Mentre gli altri parlano noi investiamo in
Italia, abbiamo iniziato e continueremo a farlo”.
Chiediamo anche della divertente “querelle” tra Sky e
Netflix relativa ad House of Cards - Stagione 4, ed Hastings a malincuore ci confida che quello è uno dei suoi
più grossi rammarichi. Ai tempi, quando House of Cards è stata ceduta a Sky, nessuno avrebbe mai pensato
che sarebbe diventata per loro la serie simbolo. Il ogni
caso inutile piangersi addosso ora, House of Cards su
Sky in Italia è una sorta di cavallo di Troia: “E’ vero che
la trasmettono loro, ci dice Hastings, ma è anche vero
che tutti sanno che è di Netflix e vengono da noi a cer-
care altre serie di qualità”. Fortunatamente abbiamo
riportato a casa Orange is The New Black, anche se
non sarà in esclusiva.
C’è spazio anche per sport e realtà virtuale: secondo
Netflix la realtà virtuale per almeno 2 anni sarà esclusivamente un discorso legato al gaming e non al cinema
e, se è vero che loro hanno realizzato una versione
dell’app per il GearVR, è anche vero che ad oggi non
hanno né investito né pensato di investire nulla nella
creazione di contenuti originali in VR. Nessuna ipotesi neppure per investimenti in ambito sportivo inteso
come “live events”: Netflix al momento pensa esclusivamente a contenuti onDemand. Una nota infine sulla
modalità offline, ovvero sulla possibilità di scaricare
contenuti per poterli vedere in mobilità: Hastings e
Sarandos sono consapevoli che è una delle funzionalità in assoluto più richieste e conferma che è al centro
di alcune valutazioni interne.
Gli utenti come “tester” per creare
l’interfaccia perfetta
Il segreto di Netflix sono gli utenti: 75 milioni di utenti
che non solo usano la piattaforma ma contribuiscono
al suo miglioramento. Netflix è infatti una piattaforma
in perenne test, con cluster di utenti che vedono versioni leggermente diverse dell’interfaccia e contribuiscono a prendere decisioni che poi verranno applicate sugli utenti di tutto il mondo. Il metodo è usato da
tempo in tutto il mondo e si chiama A/B testing: ad un
gruppo di utenti viene mostrato ad esempio il suggerimento di contenuti correlati usando l’algoritmo A, ad
un altro gruppo quelli generati dall’algoritmo B. Quello che converte meglio verrà poi usato a livello globale. Netflix cura in modo maniacale ogni dettaglio, e
per capirlo basta pensare che vengono realizzate sei
immagini da mostrare agli utenti per ogni film: cambiano foto, colori, font, disposizione, e dopo qualche
giorno di scelta viene usata in tutto il mondo la cover
che gli utenti hanno cliccato di più. Una sciocchezza
segue a pagina 14 
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Chi compra un TV K5500 (o superiori ) dal 12 maggio a fine giugno avrà un super regalo
Samsung regala un anno di SKY e la CAM Tivùsat
Prevista un’edizione speciale per i campionati Europei di calcio del DreamPack di Samsung
In regalo un anno di SKY, la visione degli Europei e della Coppa America e la CAM di Tivùsat
di Gianfranco GIARDINA
amsung festeggia l’arrivo degli
europei di calcio e va oltre le polemiche sul digitale terrestre e la
banda 700, con una promo decisamente
“concreta”, tutta dedicata agli europei e
100% satellite. Poco spazio ai fronzoli e
tanta sostanza: infatti chi tra il 12 maggio e il 30 giugno prossimi comprerà un
TV della nuova serie 2016 dal modello
K5500 in su (praticamente tutti i modelli
di gamma media e alta) riceverà un succoso Dream Pack, composto da un anno
di abbonamento base a SKY e dalla CAM
di Tivùsat. Per quanto riguarda SKY, l’abbonamento offerto ha appunto la durata
di un anno e prevede il pacchetto base,
arricchito dei diritti per vedere gli Europei di Francia 2016 e la Coppa America.
Se l’acquirente ha già un abbonamento
a SKY, la promo può essere convertita in
18 mesi di un un pacchetto a scelta dell’utente: in questo modo la promozione
S
è d’appeal sia per chi non è attualmente
abbonato a SKY, sia per chi ha già un
abbonamento attivo. Il secondo regalo
di Samsung è la CAM di Tivùsat, che
permette di vedere direttamente tramite il TV e senza alcun decoder esterno
i canali del bouquet satellitare gratuito
Tivùsat, tra cui i 7 match dei campionati
che verranno trasmessi in 4K. La cosa
bella è che la visione dei canali Tivùsat
è gratuita (basta avere la CAM e la card
distribuita unitamente) e quindi il regalo
di Samsung questa volta non finisce con
la fine della promo: anzi tornerà molto
utile molto presto per vedere tutta la
programmazione RAI delle Olimpiadi in
alta definizione. E poi resterà di dotazione del TV per sempre.
ENTERTAINMENT
Il Super HD di
Infinity arriva
su Chrome
Infinity migliora la qualità del proprio servizio garantendo a tutti gli
utenti del browser Chrome la fruizione di quello che l’azienda definisce “Super HD” e che noi abbiamo
spiegato qui. L’intero catalogo ora è
fruibile in 1080p e con la qualità del
“Super HD” su un numero ancora
maggiore di device: PC (ora anche
via Chrome), decoder set-top box,
lettori Blu-Ray abilitati, console
(PlayStation 4, PlayStation 3, Xbox
One, Xbox 360), Chromecast e
SmartTV di ultima generazione.
Stando alle parole del comunicato
ufficiale, grazie alla combinazione
tra l’incremento del bit-rate e la disponibilità di un master sorgente di
qualità superiore, la visione risulta
ora nettamente più nitida e ricca di
dettagli. La popolarità del browser
Chrome, renderà Infinity ancor più
attraente per una buona fetta di
potenziali abbonati.
ENTERTAINMENT
Netflix: niente VR e sport
segue Da pagina 13 
per molti, ma Netflix ci spiega che solo cambiando la
cover che viene mostrata hanno aumentato del 400%
le visualizzazioni di un contenuto che, nonostante la
sua qualità, non riusciva ad attirare un numero sufficiente di persone. Netflix si spinge anche oltre: oltre
ai test A/B per scegliere quali modifiche e migliorie
funzionano meglio, il team che si occupa della user
experience viaggia in tutto il mondo e entra nelle case
dei consumatori: “Lo abbiamo fatto anche in Italia
quando abbiamo lanciato il servizio – ci dice Todd
Yelling - Vice President of Product Innovation - Siamo andati a casa delle persone e abbiamo chiesto
cosa gli piace, cosa non gli piace e cosa vorrebbero.
E’ chiaro che comanda il contenuto, ma anche l’interfaccia e la piattaforma hanno un ruolo fondamentale
per aumentare il livello di soddisfazione”.
sorpresa qui è che non siamo di fronte ad un algoritmo,
ma ad un lavoro combinato tra uomo e algoritmo: Netflix ha una divisione di tagger che guardano ogni contenuto prima che esca, che cataloga ogni serie e ogni
film secondo una serie di parole chiave fisse e variabili.
Daredevil, ad esempio, ha i seguenti tag: “TV Series,
Hero, Vigilant, Dark, Revenge, Comic, Marvel, High
Violence, Super Hero etc”, etichette che vengono applicate da un team di circa 40 persone che guardano il
contenuto in modo analitico e asettico. Queste etichette permettono la creazione di correlazioni precise tra
diversi contenuti del sistema andando a creare categorie uniche come ad esempio Super Eroi Marvel oppure
Film drammatici francesi o ancora Serie TV ambientate
a New York. Il genere di fatto è un concetto passato,
troppo ampio per servire ad un utente i suoi piatti preferiti. Tutto questo però non basta: oltre al tagging dei
contenuti per la creazione di categorie molto precise
e definite sui gusti dell’utente, Netflix utilizza la history
di visione dell’utente per trovare persone che hanno
guardato contenuti simili. Questa è la vera potenza di
un’azienda globale: un team di analisi si è accorta che
i gusti non sono affatto localizzati ma che ci sono persone con gli stessi gusti distribuite in tutto il mondo.
Questi cluster di utenti permettono così di suggerire a
un utente contenuti che altre persone hanno visto, e
considerando che l’insieme in cui cercare è un parco
abbonati che conta 75 milioni di persone, si capisce
che Netflix abbia più possibilità di ogni altra azienda di
fornire suggerimenti precisi e mirati.
Un “tagger” guarda i contenuti e appunta tutte
le parole chiave
I vecchi generi non esistono più: Netflix ha creato
migliaia di tag che si adattano ai gusti degli utenti
Il motore segreto che suggerisce
il film giusto da guardare

Uno degli altri “segreti” del successo di Netflix è il motore di raccomandazione: “Non servono milioni di titoli
a catalogo, serve solo un sistema che sia in grado di
mostrare all’utente quello che lui vuole vedere”. Da
anni si parla dell’incredibile motore di raccomandazione di Netflix e il colosso ci ha svelato i due livelli di funzionamento di una macchina che serve contenuti a 75
milioni di utenti cercando di soddisfare i gusti di tutti. La
torna al sommario
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO TCL ha presentato la gamma di TV Cityline S79, 3 modelli 4K da 50, 55 e 65 pollici
I nuovi TV TCL puntano sul look ultraslim
I TV hanno spessore ridotto, soli 9.9 mm, e bordi cromati. In vendita a partire da 899 euro
T
di Gaetano MERO
CL ha presentato la sua nuova
gamma di TV ultraslim, già comparsa al CES di Las Vegas lo
scorso gennaio, che prende il nome di
Cityline S79. Si tratta di modelli basati
su tecnologia LCD/LED con la caratteristica peculiare di un look estremamente curato: lo spessore è infatti di
soli 9,9 millimetri, escluso il comparto
dedicato alle connessioni dove la larghezza aumenta. Da notare, sempre
per quanto concerne il look, la minima
presenza di cornici e la base minimal
pensata per un facile abbinamento
con ogni tipo di arredamento.
A livello tecnologico siamo di fronte
a TV basati su tecnologia LED Edge
con pannello a 10 bit e rigorosamente
Ultra HD.
I modelli della serie possono contare
sul Wide Color Gamut il grado di coprire il 99% dello spazio colore DCI-P3 e
il 130% dello standard Rec.709.
Twitter si è accordata
con la NFL
per trasmettere
in streaming gratuito
in tutto il mondo
l’anticipo
del campionato
10 partite in tutto
di Emanuele VILLA
A bordo troviamo il software proprietario Smart TV 2 per gestire con facilità le funzioni extra, la connettività
è garantita da 4 porte HDMI, 2 porte
USB con cui riprodurre i formati più
noti, Wi-Fi e Bluetooth A2DP. Sono tre
i modelli proposti da TCL: U50S7906
da 50’’(127cm), U55S7906 da 55’’
(140cm) e U65S7906 da 65’’ (165cm)
al prezzo suggerito rispettivamente di
899€, 1099€ e 1799€.
HI-FI E HOME CINEMA Arriveranno in agosto i nuovi network player multiroom di Yamaha
In arrivo due network player Yamaha Music Cast
Con o senza amplificatore, aggiungono nuove funzioni a sistemi che ne sono sprovvisti
a gamma multiroom di Yamaha si
arricchisce di due nuovi componenti, destinati a chi vuole aggiungere le funzionalità di network player a
sistemi stereo o diffusori già esistenti. Il
primo apparecchio è il network player
amplificato WXA-50, il secondo è dotato del solo preamplificatore e si chiama
WXC-50.Entrambi gli apparecchi hanno
dimensioni molto ridotte (circa 21 x 25
cm di lato e circa 6 cm di spessore) e
possono essere collocati in orizzontale o
verticale, hanno il collegamento alla rete
cablato o tramite Wi-fi e si integrano nei
sistemi multiroom Music Cast.
Sono già predisposti per Spotify Connect
e AirPlay oltre al Bluetooth e
alla riproduzione musicale da
server, da PC o dai dispositivi
sui quali è caricata l’applicazione di controllo. La compatibilità con file musicali è
garantita fino al formato DSD
5.6 MHz, il convertitore utilizzato è un pregevole ESS Sabre 9006 e può essere sfruttato anche per una sorgente
esterna con ingresso ottico. Disponibile
anche un ingresso di linea per qualsiasi altro componente e l’uscita analogica
stereo oltre a quella per un subwoofer
amplificato.
Nel modello amplificato la potenza disponibile è di 2 x 55 watt (8 ohm - 0,06%
Il pannello posteriore del modello
dotato di amplificazione
Qui sopra, invece, il modello privo
di amplificazione interna

L
di Roberto FAGGIANO
torna al sommario
Twitter regala
lo streaming
del match NFL
del giovedì
THD) in modalità digitale mentre nel modello preamplificato sono disponibili le
uscite digitali ottica e coassiale; sempre
nel preamplificatore è possibile usare
l’uscita di linea analogica a livello fisso
per il collegamento ad amplificatori oppure a livello variabile per il collegamento diretto a finali di potenza o diffusori
amplificati.
La disponibilità per entrambi gli apparecchi è fissata per il mese di agosto, i prezzi di listino, non ancora definitivi, dovrebbero essere di 350 euro per il WXC-50
e 500 euro per il WXA-50.
Twitter, con l’obiettivo di incrementare la propria user-base, ha
stretto un accordo con NFL per la
trasmissione streaming di 10 partite del giovedì (1 a settimana) della
prossima regular season (a partire
da giovedì 8 settembre 2016). L’accordo, che permetterà alla Lega di
Football di raggiungere una quantità enorme di giovani fan dotati (magari) di smartphone, rappresenta
una svolta nella trasmissione degli
eventi sportivi: per vedere il seguitissimo match del giovedì sera
dell’NFL (orario difficile per molti
italiani) non ci sarà più necessità
di sintonizzarsi sui “classici” CBS,
ESPN o AMC, ma basterà digitare
www.twitter.com, da qualsiasi parte
del mondo. Il tutto, stando al comunicato ufficiale dell’NFL, in modo
gratuito e su più device. Con questo mossa, i social network entrano
di fatto nel panorama televisivo e,
al tempo stesso, NFL mantiene intatto il proprio modello di trasmissione tri-cast: lo stesso match sarà
infatti trasmesso tramite broadcast
tradizionale (NBC/CBD), cavo (NFL
Network) e digitale, posizione che
a questo punto verrà occupata
da Twitter. L’accordo, inoltre, prevede la trasmissione di contributi
addizionali: highlights e vari filmati
Periscope realizzati dalle squadre e
dai giocatori. Ciò che non è del tutto definito è se lo spettatore potrà
godere di un livello di interattività
superiore rispetto alle trasmissioni
tradizionali.
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
MOBILE Huawei lancia P9 e P9 Plus, smartphone che fanno della potenza fotografica il loro punto di forza. Ma c’è molto altro
P9 e P9 Plus: Huawei crea il super camera phone
Hanno 2 fotocamere realizzate con Leica, una a colori e l’altra in bianco e nero, che possono lavorare singolarmente o insieme
H
di Roberto PEZZALI

uawei ha tappezzato l’Italia con l’ hashtag #OO,
lanciando una prima indicazione della caratteristica numero uno del nuovo P9, smartphone
top di gamma con una predilezione spiccata per la
fotografia. Le due O non sono altro che i due obiettivi
che il P9 ha sul retro, un doppio modulo camera che
Huawei ha realizzato in collaborazione con Leica.
Huawei vuole dimostrare la sua grande capacità di
innovare e non ha paura a “spendere” un nome importante (Leica) finora usato solo da Panasonic in un
camera phone che non ha avuto il successo che meritava. L’azienda è infatti consapevole che, la fotocamera è la funzione che più viene utilizzata per gli impieghi
multimediali del telefono. Huawei, grazie alla partnership con Leica, vuole “cambiare il modo di vedere il
mondo”. Non ci troviamo di fronte alla classica operazione di marketing: Leica ha contribuito attivamente
alla realizzazione della parte fotografica del prodotto,
partendo dal sensore per arrivare al software.
Il risultato della collaborazione vede la luce in P9 e
P9 Plus, due smartphone che ricalcano tecnologicamente gli ottimi prodotti che Huawei ha lanciato ultimamente. Il P9 Plus ha uno schermo da 5.5” Full HD,
il P9 uno schermo da 5.2”: per il primo Huawei parla
di copertura cromatica migliore di iPhone (96% contro
72%) e di luminosità maggiore, con 500 nits raggiunti
grazie all’utilizzo di ben 20 led per la retroilluminazione, per lo schermo del Plus la copertura cromatica è
superiore e c’è pure il Press Touch.
Le frecciate a Apple, come tradizione di ogni conferenza Huawei, non si risparmiano: P9 e P9 Plus sono
più sottili di Galaxy S7 e di iPhone 6S, ma nonostante
questo non ci sono sporgenze per la fotocamera e la
batteria è più grande.
Diverse le finiture, che spaziano da un alluminio lavorato con un nuovo metodo ad un pannello posteriore
Ceramic White che è stato realizzato con 5 strati di
deposizione ceramica sul corpo, che resta comunque
in alluminio unibody.
Passando alla fotocamera, Huawei è convinta di aver
creato il miglior camera-phone sul mercato, perché
se tutti gli altri brand si sono limitati alla pura tecnologia cercando di migliorare sensori, algoritmi e lenti,
Huawei ha aggiunto l’ingrediente mancante per raggiungere la vera magia, ovvero la vena artistica. Questo ovviamente senza trascurare la qualità dei com-
torna al sommario
ponenti, perché le due lenti sul retro del P9 e del P9
Plus sono due LEICA SUMMARIT 27mm asferiche con
apertura F2.2, sotto le quali sono nascosti due sensori
Sony IMX286 da 12 Megapixel con pixel da 1.24 nm,
più grandi di quelli usati sul sensore dell’iPhone.
Uno dei sensori è un tipico sensore RGB, l’altro è un
sensore senza filtro bayer che scatta quindi in bianco
e nero e che, combinato con l’altro sensore, permette di catturare più luce assicurando una migliore resa
sulle basse luci. I sensori possono lavorare quindi
combinati, con i dati Raw che vengono gestiti da un
processore dual core dedicato alla fotocamera.
Rinnovato anche il sistema di messa a fuoco: per
quella ravvicinata c’è un sensore laser, per i soggetti lontani viene usato un depth focus simile a quello
usato da Panasonic su G7 e GH4. Non mancano altre
funzioni innovative come la possibilità di avere la preview della regolazione del diaframma in fase di scatto
e funzioni invece già presenti, come la possibilità di
cambiare il punto di fuoco dopo lo scatto.
Leica ha contribuito anche a creare tre diversi profili
colore, Standard, Vivid e Smooth, che si affiancano ad
un profilo di scatto in bianco e nero che usa il sensore privo di filtro bayer. Tutti i dettagli sono stati curati
al meglio, dalla nuova interfaccia fotografica con una
quantità di opzioni regolabili paragonabile a quelle di
una fotocamera professionale con tutti i parametri di
scatto regolabili. Chicca finale il suono di scatto, che è
stato registrato direttamente da una Leica.
Huawei snocciola anche qualche altro dettaglio
dello smartphone: il processore è il nuovissimo
Kirim 955, otto core con processo costruttivo FinFet a
16 nanometri, il sensore fingerprint raggiunge la quarta generazione (più veloce e più sicuro) e non manca
lo slot che gestisce due SIM, anche se la versione
“dual” sarà destinata solo ad alcuni mercati.
Novità anche sotto il profilo del software: una nuova
ottimizzazione del file system di Android permette secondo Huawei una reattività del dispositivo migliore
(20%). Come da tradizione Huawei non poteva mancare un focus sulla batteria, e Richard Hu qui assicura
una durata maggiore di quella dell’iPhone 6S sia in
un utilizzo standard sia in utilizzo intensivo. Huawei è
sicura: la batteria da 3000 mAh del P9 accoppiata al
processore Kirin è in grado di garantire la più elevata
autonomia sul mercato. Non manca la ricarica rapida:
tramite il connettore USB tipe C il P9 assicura 5 ore di
autonomia con 10 minuti di carica.
Se tutto questo non dovesse bastare c’è ill P9 Plus,
che ha un display ancora più accurato cromaticamente e nel classico (e ormai fastidioso) perenne
confronto con l’iPhone Huawei ci tiene a sottolineare
che è più stretto e più compatto del prodotto Apple,
nonostante una batteria più grande, 3400 mAh, che
garantisce due giorni di utilizzo.
Il P9 Plus ha poi un doppio speaker, una fotocamera
frontale da 8 Megapixel F1.9 con autofocus e il Press
Touch Display, ovvero uno schermo che reagisce alla
pressione per aumentare le possibilità di interazione
con l’interfaccia (si possono ad esempio vedere dettagli delle foto premendo una zona specifica).
P9 Plus ha infine un sensore IR per il controllo degli
apparecchi di casa (TV, condizionatori) e sarà disponibile in 4 finiture, incluso il particolare Ceramic White.
Huawei P9 sarà disponibile in Italia nei colori Mystic
Silver e Titanium Grey in preordine dal 7 aprile e nei
negozi dal 21 aprile al prezzo di € 599 (3GB + 32 GB
memoria).
Huawei P9 Plus sarà disponibile nelle prossime settimane nella colorazione Quartz Grey al prezzo di €
749 (4GB di RAM, 64 GB di storage).
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
MOBILE Nonostante il periodo non dei migliori, HTC tiene fede alla tradizione di design e tecnologia
Arriva HTC 10: sarà il nuovo riferimento?
HTC 10 è uno vero top di gamma, con molti perfezionamenti rispetto alla versione precedente
H
di Emanuele VILLA

TC ha presentato il suo nuovo top
di gamma, il modello HTC 10, con
cui l’azienda taiwanese prova a riconquistare un posto al sole nel mercato degli smartphone: nonostante tutti gli
occhi siano puntati sulla realtà virtuale
(con Vive), l’azienda ci ha confermato al
Mobile World Congress di Barcellona di
continuare a considerare gli smartphone
come il proprio core business. Rispetto
al passato cambia il nome ma non la filosofia, come sempre legata al concetto
di eccellenza sotto il profilo estetico e
tecnologico. Nonostante le vicissitudini
societarie e il periodo tutt’altro che felice (culminato con la chiusura della
filiale italiana), HTC 10 tiene fede alla
tradizione del marchio: un prodotto dal
design curato, con filosofia unibody,
cura di dettaglio quasi maniacale (con
contorni “ritagliati”, bordi smussati e
schermo che si fonde con lo chassis),
resistenza agli urti, cadute, graffi e temperature estreme (-20°/+60°).
A livello tecnologico, HTC 10 rappresenta ovviamente un terminale top di
gamma: snapdragon 820 octa core da
2.2Ghz per le migliori prestazioni su
piazza, 4GB di RAM, storage da 32 o
64 GB con micro SD aggiuntiva, display
Quad HD da 5,2’’ (564 ppi), sensibilità
touch aumentata, un lettore d’impronte
digitali capace di sbloccare il telefono
in 0,2 secondi, connettore Type C e un
software Boost+ che ottimizza la gestione del telefono bilanciando prestazioni
e consumo energetico.
Grazie inoltre al sistema PowerBotics,
pensato per chiudere automaticamente le applicazioni che utilizzano troppa
energia, HTC stima che l’autonomia
base della batteria da 3.000 mAh aumenti del 30% e questo possa portare
anche due giorni di carica, obiettivo
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Huawei P9
si fa in quattro
Normale, Plus,
Lite e anche Max
Prime indiscrezioni
sul nuovo phablet
della famiglia P9
“smascherato”
in un sito di benchmark
Generoso display
da 6,9” e processore
Kirin 950 sono tra i suoi
punti di forza
di Dario RONZONI
molto ambizioso che pochi modelli
dedicati possono raggiungere concretamente (HTC dichiara 27 ore di conversazione in 3G/4G). A livello di ricarica,
HTC 10 supporta Rapid Charger 3.0 che
permette di raggiungere il 50% di carica
in 30 minuti.
Pensato per fotografi
e... audiofili
Tra le caratteristiche di HTC 10 che meritano una citazione ci sono la fotocamera e il comparto audio, che non solo
può vantare nuovi micro altoparlanti a
due vie ( ! ), ma consta anche di un amplificatore dedicato, di un DAC ad alte
prestazioni e supporta pienamente l’audio hi-res a 24bit. Per percepire la differenza di qualità rispetto agli smartphone
convenzionali, HTC fornisce insieme al
telefono anche degli auricolari di livello
superiore, con diaframma da 8 µm e driver il 70% più grandi della media.
Per quanto concerneil comparto fotografico, anche qui la ricerca è per le
massime prestazioni e dovremmo vedere passi avanti più evidenti rispetto
alle generazioni passate: HTC aveva
infatti introdotto il concetto di Ultrapixel
nel 2013, spiegando al mondo (o almeno provandoci) che la qualità dello scatto da smartphone non dipende tanto
dal numero dei pixel ma piuttosto dalla
loro dimensione. Il problema è che all’epoca il sensore Ultrapixel era limitato
a 4 Mpixel, il che limitava le potenzialità
della macchina e che - col senno di poi
- non si rivelò una gran mossa a livello
di marketing: oggi HTC ritorna sulla tecnologia Ultraplxel, capace di maggiore
sensibilità in condizioni di scatto difficili
(1.55um per pixel) e quindi di risultati
migliori, ma finalmente coordina il tutto
con un sensore da 12 Mpixel, più che
sufficiente per qualsiasi impiego; tutto
ciò viene inoltre supportato da un’ottica
stabilizzata con apertura f/1.8, e da un
autofocus laser.
Da notare che anche la fotocamera frontale, da 5 mpixel f/1.8 e tradizionalmente
dedicata ai selfie, è dotata di stabilizzazione ottica. HTC 10 sarà disponibile nel
corso di questo mese nelle finiture Carbon Grey, Glacier Silver e Topaz Gold:
nessuna notizia certa sul prezzo, che si
preannuncia non dei più contenuti.
Dopo l’annuncio da parte di
Huawei della release dei nuovi
smartphone P9 e P9 Plus (per il P9
Lite si attende solo l’ufficialità), si
fanno largo ora le indiscrezioni sul
P9 Max, il super phablet che andrà ad affiancare gli altri dispositivi della famiglia. Un ignoto device
spinto da un Kirin 950, quindi uno
Huawei, è apparso nel database
di GFXBench e tutto lascia intendere che si tratti del nuovo phablet della serie P9. Le caratteristiche tecniche parlano inoltre di un
generoso display Full HD da 6,9”
in risoluzione Full HD e di 3GB di
RAM. Nei dati presenti nel benchmark non si fa riferimento alla
fotocamera griffata Leica, pezzo
forte degli altri P9, ma solo di una
camera posteriore da 16 Megapixel e di una frontale da 8. Il tutto
peraltro sarebbe perfettamente
comprensibile: essendo più un
tablet che un telefono, è normale che il comparto fotografico sia
leggermente sottodimensionato.
Il P9 Max verrà spinto da
Android 6.0 Marshmallow.
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
MOBILE Amazon ha presentato il suo e-reader più evoluto, offre un’autonomia straordinaria
Ecco Kindle Oasis, il nuovo e-reader Amazon
Ha schermo hi-res con luce integrata regolabile, la custodia ospita una batteria aggiuntiva
D
di Alvise SALICE
opo alcuni rumor è arrivato da
Amazon il comunicato ufficiale che
annuncia l’arrivo di Kindle Oasis.
Confermate molte delle specifiche anticipate, ad eccezione di quelle su ricarica solare e prezzo, che toccherà quota
289,99 €. Per l’impermeabilità bisognerà
invece attendere la prossima generazione, come alcune fonti avevano già sostanzialmente immaginato.
Non mancano, comunque, ulteriori succulenti dettagli. Innanzitutto sull’accelerometro integrato, che è in grado di riconoscere se si stia leggendo con la destra
o la sinistra, ruotando automaticamente
l’orientamento della pagina e le funzionalità dei pulsanti. Inoltre, il rinnovato
schermo Paperwhite ad alta risoluzione
si basa su configurazione diffrattiva cilindrica che incrementa l’uniformità e il
raggio della luminosità dello schermo a
LED, migliorando così la lettura in qualsiasi condizione di luce. Infine la nuova
custodia in pelle con batteria integrata:
e disponibile nei colori nero, bordeaux o
noce, si apre come un libro e si richiude
seguendo esattamente il profilo del dispositivo; quando la custodia è aperta,
Kindle Oasis rimane acceso, spegnendosi poi automaticamente non appena
viene chiusa. Dodici calamite assicurano
una solida e sicura aderenza della cu-
stodia al dispositivo, per garantire una
chiusura perfetta, consentendo tuttavia
un’agevole rimozione qualora si decida
di leggere senza di essa.
Riassumiamo ciò che era già trapelato
poichè, in precedenza, il portale giapponese di Amazon aveva temporaneamente inserito a catalogo l’Oasis, nuovo
e-reader con caratteristiche in grado di
giustificare ampiamente una nuova generazione. Con una silhouette asimmetrica da 3.4 mm nella zona più sottile e di
8.5 presso l’impugnatura, cui si associa
un peso di soli 131 grammi (il 20% in meno
dell’attuale modello), il nuovo Kindle integra una CPU Freescale i.MX7Dual Core a
1 GHz, più veloce di tutta la concorrenza
esistente. Alloggiata nello spessore laterale la nuova batteria interna, che combi-
nandosi a quella incorporata nel nuovo
case magnetico (geometricamente aderente alla scocca dell’Oasis), è in grado
di promettere i 20 mesi di standby: impressionante. La custodia-cover vanta un
mini-pannello fotovoltaico, consentendo
la ricarica solare di entrambe le batterie.
Oasis monta poi uno schermo completamente rinnovato, con una definizione di
300 PPI, una retroilluminazione a LED più
potente del 60% in confronto al display
del Voyage, un’ampia regolazione caldofreddo e infine l’accelerometro, per cambiare automaticamente l’orientamento
del testo da verticale in orizzontale e
viceversa. Da notare anche l’adozione
di un nuovo meccanismo “VoltaPagina”,
notevolmente migliorato rispetto a quello visto sul Voyage.
Moleskine crea il primo tablet di carta. Bello ma caro
Tra le funzioni più interessanti la condivisione e il riconoscimento automatico della scrittura
G
di Franco AQUINI

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Le immagini pubblicate
mostrano il nuovo
smartphone di punta
Asus. Il telefono ha
scocca in vetro
e alluminio con i bordi
arrotondati e un lettore
di impronte digitali
sul retro
di Gaetano MERO
MOBILE Una speciale penna trasferisce tutto quello che viene scritto in un’app. Costa 229€
li amanti della carta potranno stare
tranquilli, finalmente Moleskine ha
pensato a loro creando il primo tablet “di carta”. Si chiama Paper Tablet e fa
parte di un kit, lo Smart Writing Set, che
comprende anche una speciale penna,
la Pen+. Questa è una penna dotata di
microcamera per digitalizzare tutto quello
viene scritto. Basta avviare l’applicazione
sul tablet o sullo smartphone e iniziare a
scrivere sul Paper Tablet. Schizzi, parole e
disegni compariranno (per la latenza, occorre provarlo) sullo schermo elettronico
del dispositivo pronti per essere condivisi
(anche in PDF) o riconosciuti dall’applica-
Asus Zenfone 3
sarà super
elegante
zione che li convertirà
in testo. La Notes App
è infatti capace di riconoscere il testo scritto
a mano, permettendo
anche a chi è meno
veloce nella scrittura
con la tastiera, di prendere appunti in formato elettronico. La Pen+
è dotata anche di batteria ricaricabile e
con mezz’ora di ricarica (il cavetto microusb è in dotazione nel kit) sarà pronta per
essere utilizzata.
L’applicazione Notes App è disponibile
sia per iOS e Android, mentre il kit com-
prendente il taccuino, la penna, il cavetto
USB e una ricarica d’inchiostro, è disponibile sul sito e nei negozi Moleskine al
prezzo, non popolarissimo, di 229 euro. Il
Paper Tablet è disponibile anche singolarmente a 29,5 euro.
Sono trapelati in rete i primi render che rivelano il nuovo Asus
Zenfone 3. A pubblicare le immagini è stato il sito Red Dot 21. Pochi i dati sull’hardware del futuro
flagship, che sarà presumibilmente
presentato dopo l’estate. Lo Zenfone 3 si mostra in foto con un telaio in alluminio disponibile in tre
colorazioni: gold, silver e black. Il
display, probabilmente da 5,5”, è
borderless rivestito da uno strato
di vetro pressofuso con tecnologia definita 2,5D che ne permette
una visibilità migliore, con i bordi
leggermente curvi ai lati. La scocca
posteriore adotta un rivestimento
in vetro traslucido che dona robustezza al telefono. Nella parte
anteriore sono assenti i tasti fisici,
il tasto home sarà dunque visibile
a schermo, mentre è presente una
fotocamera dotata di flash LED e
un sensore di luminosità. Il profilo,
molto sottile, mostra nella parte inferiore una porta USB di tipo C, sul
lato destro trova spazio il bilanciere
per il volume ed un tasto dedicato
alla fotocamera. Il retro, oltre alla
fotocamera con doppio flash e autofocus laser, ospita un tasto fisico
che fungerà, tra le altre cose, da
lettore di impronte digitali. Tra le
feature interessanti sembra che i
bordi possano illuminarsi con colorazioni differenti a seconda del tipo
di notifica.
Disegnata
per ascoltare
I nuovi diffusori CM10 S2 sono indubbiamente belli,
grazie alle loro linee pulite ed alle finiture di qualità
superiore. Ma come per tutte le realizzazioni Bowers
& Wilkins la forma deve seguire la funzione, grazie
alla doppia cupola dell’unità alti ed alla tecnologia
tweeter-on-top non crederete quanto bene la
musica può suonare.
www.audiogamma.it
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
PC Il nuovo notebook HP ha uno spessore di 10,4 mm e un peso poco superiore al chilogrammo
HP
lancia
Spectre,
è
il
più
sottile
al
mondo
HP Spectre si distingue per un design superbo, capace di rivaleggiare con lo stile Apple
T
di Francesco FIORILLO
ramite l’immancabile comunicato
stampa, HP ha annunciato infatti
il notebook più sottile del mondo,
ossia l’edizione 2016 dell’HP Spectre.
Caratterizzato da uno spessore di soli
10,4 mm e da un peso di 1,11 chilogrammi, questo notebook da 13,3 pollici può
vantare un design notevole. Il case superiore è in lega di alluminio, il fondo
della base è in fibra di carbonio, mentre ai dettagli viene affidato il difficile
compito di stupire le retine degli utenti. L’inserto in rame lucido utilizzato sul
pannello retrostante della base, dopo
una rapida occhiata, sembra adempiere
egregiamente a tale compito.
Tralasciando per un attimo l’estetica,
l’ultimo nato in casa HP prevede uno
schermo Full HD sprovvisto di tecnologia Touch, processori Intel Core i5 o
Core i7, 8 GB di memoria RAM, un unità di archiviazione SSD fino a 512 GB e
ben 10 ore di autonomia. A differenza
del MacBook da 12 pollici, lo Spectre
13,3’ dispone inoltre di ben tre connettori USB Type-C (di cui due supportano
la Thunderbolt 3), incastonati nel retro
del case.
Microsoft pubblica
la roadmap
snocciolando così
le caratteristiche
dell’aggiornamento
di Alvise SALICE
Stando alle parole della multinazionale
statunitense, al fine di ottenere un prodotto così sottile, gli ingegneri hanno
dovuto ripensare sia le cerniere della
parte superiore, sia sviluppare un inedito sistema di raffreddamento che rientrasse in una base così sottile. L’unico
compromesso sembra esser rappresentato dalla riduzione della la corsa
dei tasti, scesa dai 1,5 mm dello Spectre
precedente ai nuovi 1,3 mm.
HP ha infine mostrato due modelli speciali, uno caratterizzato dalla presenza
di diversi cristalli Swarovski sul case e
un secondo dotato di una “sciccosa”
placcatura in oro a 18 carati. Entrambi
saranno messi all’asta e il ricavato devoluto alla Fondazione Nelson Mandela.
Il nuovo HP Spectre sarà disponibile in
prenotazione negli Stati Uniti a partire
dal 25 aprile, a un prezzo di partenza di
1.169 dollari.
GAMING L’ultimo update del firmware di PS4 ha introdotto tante novità, alcune nascoste
Novità nascoste per PS4: HD da 4 TB e musica da USB
Torna la possibilità di ascoltare musica da chiavetta USB anche durante le sessioni di gioco
di Francesco FIORILLO
isponibile da qualche giorno, il
firmware 3.50 per PlayStation
4 ha apportato numerose funzionalità aggiuntive, come il Remote
Play su PC e Mac e la possibilità di rendersi invisibili, ma alcune di esse non
sono state annunciate ufficialmente.
Molti utenti, intervenuti poi su Reddit,
hanno scoperto che è anche possibile
selezionare un limite per il numero di
partecipanti al party, da 2 ad 8, e che
un nuovo campo di ricerca avanzato
offre la possibilità non solo di cercare
i propri titoli, ma anche di selezionarne
tre e si inserirli tra i preferiti.
L’introduzione “nascosta” più importante è però un’altra. Alcuni ricorderanno
la possibilità di utilizzare una qualsivoglia memoria esterna, da collegare via

D
torna al sommario
Pronta
la roadmap
di Windows 10
l’Anniversary
Update
arriva a luglio
USB, per riprodurre i propri MP3. L’opzione, eliminata con l’aggiornamento
di settembre, è di nuovo disponibile
e gli amanti della musica possono finalmente ascoltare i loro brani preferiti anche durante le sessioni di gioco.
La PS4, infine, sembra supportare ora
anche le unità di memoria interne da 4
TB. Sostituire il disco rigido non è esattamente una pratica incoraggiata dal
colosso nipponico, ma è attualmente
l’unica opzione se si desidera avere
più di 1 TB di spazio per custodire i propri giochi.
È uscita la roadmap dettagliata
che traccia il sentiero del prossimo
grande aggiornamento predisposto da Microsoft per il suo OS, battezzato con un evocativo Windows
10 Anniversary Update. La roadmap è tarata sull’utenza business,
ma molte delle features previste
saranno appannaggio anche della
versione home. Per la precisione,
il gigante di Redmond classifica le
nuove caratteristiche di Windows
10 in cinque categorie: Novità recentemente disponibili, In preview
pubblica, In fase di sviluppo, Cancellate, Archiviate.
La data di rilascio dell’aggiornamento è indicata nella descrizione di Cortana, la cui nuova abilità
si preannuncia rivoluzionaria: a
partire da luglio 2016 l’assistente
personale esaminerà il contenuto
delle email per proporre all’utente
un promemoria “automatico” e in
continua evoluzione, che Cortana
personalizzerà in base alle informazioni reperite di volta in volta.
Altra feature di grande impatto, è
il nuovo servizio di autenticazione
remota su Windows 10: pare che
sarà possibile accedere al proprio
PC anche tramite smartwatch, da
Microsoft Band (e qualunque altro
indossabile provvisto di Windows
10 Companion Device Framework)
ai dispositivi Android. Restando in
tema mobile, arriverà il supporto
di Continuum ai monitor touch
screen, cui si affiancherà la possibilità di connettersi anche a un
PC bloccato. Non male, inoltre, lo
streaming da PC a PC. L’elenco
completo delle funzionalità annunciate è disponibile a questo
indirizzo.
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
FOTOGRAFIA La nuova Lumix GX80 è pensata per fotografi esigenti ma attenti agli ingombri
Lumix GX80, mirrorless 4K compatta al top
Offre elevate prestazioni anche in campo video, sarà in vendita a partire dal mese di giugno
P
di Dario RONZONI
anasonic ha presentato la nuova
Lumix GX80, mirrorless compatta
ad alte prestazioni che si inserisce in un segmento di mercato sempre
più competitivo. Pensata principalmente
per i fotografi più esigenti ma con necessità di ingombri minimi, la GX80 nasconde
sotto un aspetto vagamente retrò un’anima fortemente tecnologica.
Oltre ai video in 4K, la piccola
Panasonic offre la funzione 4K Photo,
che consente di catturare da un filmato
4K un frame poi convertibile in una fotografia da 8 megapixel. Il sensore alla base
della macchina è un Digital Live MOS da
16 Megapixel, mentre il processore di
immagine è il nuovissimo Venus Engine,
grazie al quale la GX80 può spingersi fino
a 25.600 ISO e fare a meno, prima volta per la gamma Lumix G, del filtro passa
basso. Il nuovo sistema di stabilizzazione
5 Axis Dual I.S. combina lo stabilizzatore
ottico O.I.S. (Optical Image Stabiliser - 2
assi) dell’obiettivo allo stabilizzatore B.I.S.
(Body Image Stabiliser - 5 assi) integrato
nel corpo macchina al fine di contrastare
le vibrazioni prodotte dalle mani del fotografo. E a proposito di stabilità, il nuovo
otturatore, interamente ridisegnato, limita
al minimo le vibrazioni e il rumore causati
dal movimento delle tendine. Sul versante ergonomia, la GX80 appare, pur nella
In una lettera agli
azionisti, il n.1 di Exor
suggerisce a FCA
un approccio moderato
alle nuove tecnologie
di Emanuele VILLA
sua estrema compattezza, assai comoda
e maneggevole. I comandi sono disposti
in maniera razionale, a partire dal sistema
a doppia ghiera, anteriore e posteriore,
grazie al quale è possibile modificare
rapidamente le impostazioni, daI valore
ISO al bilanciamento del bianco, fino al
tempo di posa. Il display touch da 3” è
orientabile fino a 80°. Il sistema di messa
a fuoco a contrasto della GX80 dispone
della tecnologia DFD (Depth From Defocus) e promette velocità e accuratezza. I
segnali digitali tra obiettivo e fotocamera
vengono scambiati ad un massimo di 240
fps, permettendo una messa a fuoco in
appena 0,07 secondi. Dando un’occhiata
al comparto software, la GX80 sembra in
grado di rispondere a dovere alle richieste social contemporanee, grazie a un
sistema di filtri, ben 22, che permette un
discreto grado di fotoritocco on board. Ci
penserà poi il modulo Wi-Fi a inviare il tutto su Facebook, Instagram e compagnia.
La Lumix GX80 verrà commercializzata in
Italia a partire da giugno al prezzo di 699
euro per il solo corpo macchina, 799 euro
per il kit con 14-42mm e 1099 euro per il
kit con il 14-140mm.
AUTOMOTIVE Model S riceve il suo primo aggiornamento con un completo restyling del frontale
Tesla Model S Restyle, aumenta anche l’autonomia
Arrivano anche nuovi interni, filtro Bioweapon e autonomia rivista al rialzo, fino a 473 Km
di Massimiliano ZOCCHI
T

esla ha aggiornato la Model S al
family design attuale. Via quindi
la citata finta griglia, per un muso
lineare e senza aperture, con anche
la zona del logo più minimal, esattamente come la Model X. Si aggiornano
anche i fari, ora nella versione full LED,
sempre mutuati dal SUV elettrico. Chi
ha già ordinato la Model S la riceverà
senza il sovrapprezzo previsto di 1.500
dollari. Per quanto riguarda lo stile, novità anche per gli interni, ora disponibili
anche nel nuovo tessuto Dark Ash. Ma
le novità non si fermano solo all’aspet-
torna al sommario
Elkann: meglio
un’alleanza
che investire
sulle nuove
tecnologie
to
estetico.
Anche per Model S sarà ora
selezionabile
come optional
il filtro abitacolo Bioweapon
Defense Mode,
anch’esso introdotto con la Model X, oltre a un nuovo caricatore (per i
modelli americani) di maggiore potenza. Tesla Motors ha colto l’occasione
anche per rivedere al rialzo la certificazione del range per ogni carica, ancora
in parte legato alla versione 85D ormai
non più disponibile. I nuovi standard
EPA (metodo americano piuttosto severo e molto vicino ai km reali) sono
quindi 473 km per la versione 90D
(contro i precedenti 434) e per la P90D
si passa dai 407 ai 434 km attuali.
John Elkann, ha inviato una lettera
agli azionisti nella quale sostiene
l’opportuniità di un’alleanza, un
matrimonio con un grande player
del mercato automotive, ma sostiene al tempo stesso che quasi tutti
i big - guardando al futuro - siano
più impegnati sul fronte tecnologico: “la maggior parte dei nostri
concorrenti sono impegnati con le
grandi opportunità che la tecnologia dirompente ha da offrire”.
il pensiero del n.1 di Exor è in controtendenza rispetto a quello di
molti big del mercato automotive
degli ultimi anni, che sembrano voler cambiare modello di business
abbracciando un settore “esteso”
come quello della mobilità. Secondo Elkann: “Alcuni dei concorrenti
di FCA sono convinti che non abbia senso impegnarsi a insistere
con il passato, ma che si debba invece abbracciare il cambiamento
dirompente con nuove tecnologie
e modelli di business che riguardano il settore della mobilità, un
mercato due volte più grande di
quello relativo alla sola vendita di
nuovi veicoli”. In pratica, la spinta verso le nuove tecnologie non
deve comunque eclissare un modello di business virtuoso fondato
su partnership e alleanze tra grandi
gruppi. Il riferimento “tecnologico”
è all’elettrico, ma soprattutto alla
guida autonoma. Secondo Elkann,
occorre una visione più equilibrata
e bilanciata tra presente e futuro:
la quota di mercato delle auto a
guida autonoma non sarà superiore al 15% nel 2030 (i primi modelli
commerciali arriveranno nel 2020),
quindi meglio diluire l’investimento
negli anni pensando a un presente
fatto di alleanze e, magari, di una
grande fusione.
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
SMARTHOME Al Salone del Mobile sono tanti i produttori che promettono elettrodomestici connessi e intelligenti, anche in Italia
Elettrodomestici smart: si inizia a fare sul serio
I consumatori sono attratti dalle app, che convengono anche ai produttori: così possono conoscere meglio i loro clienti
di Gianfranco GIARDINA
ochi mesi fa avevamo tristemente osservato che
i cosiddetti elettrodomestici connessi e intelligenti solo in rari casi arrivassero fino in negozio
e in larga parte restassero solo delle sceniche demo
da fiera. Unica vera eccezione Candy che con la sua
piattaforma Simply-Fi aveva già “connesso” diversi
prodotti di categorie differenti in vendita in Italia, con
una convinzione e uno “sprint” che finora è mancato
ai concorrenti.
Gap che sembra ora chiuso: ad Eurocucina, nel contesto del Salone del Mobile, sono stati diversi i brand a
presentare le loro piattaforme di controllo smart degli
elettrodomestici tramite device; piattaforme invero
già viste alle fiere passate ma oggi promesse, un po’
all’unisono, come pronte al vero lancio commerciale
anche nel nostro Paese, insieme a una serie ampia di
prodotti compatibili.
Almeno quattro i produttori presenti a Eurocucina che
hanno puntato tutto sul fronte della connessione: in
fiera con elettrodomestici connessi e relative app, oltre a Candy, anche Electrolux, Siemens e Bosch (che
condividono la medesima piattaforma) e Whirlpool,
ognuno con la propria soluzione ovviamente non
compatibile con quella dei competitor. E questo è uno
dei problemi che frena la diffusione della casa intelligente: non esiste una piattaforma di dialogo standard
e probabilmente non esisterà mai. Questo significa
che, o si acquistano prodotti tutti della stessa marca
(e probabilmente anche nella stessa stagione) o più
facilmente gli utenti che vorranno godere degli indiscussi vantaggi degli elettrodomestici connessi, dovranno avere a che fare con un’app diversa per ogni
apparecchio.
Siemens e Bosch sono quelli che sulla carta offrono
l’ecosistema più ampio, non foss’altro che supporta
i prodotti dei due brand “fratelli”: in fiera si è parlato
di una trentina di apparecchi compatibili (ma la lista
degli apparecchi effettivamente distribuiti nel nostro
Paese sarà da verificare più avanti). I due marchi che
si appoggiano entrambi a HomeConnect: si tratta di
un ecosistema di proprietà del gruppo B/S/H (che
controlla sia Siemens che Bosch elettrodomestici)
che però è aperto ad eventuali altri produttori che
volessero aderirvi: difficile pensare, però, che lo fac-

P
torna al sommario
ciano i diretti concorrenti.
La app HomeConnect, disponibile per iOS e Android,
permette di comandare per via remota gli apparecchi,
dalla lavatrice al frigorifero, dalla lavastoviglie al forno,
replicandone sullo schermo touch tutte le funzioni ma
soprattutto aggiungendo un’utilissima serie di wizard
che permettono di identificare e trasmettere all’apparecchio le migliori impostazioni a seconda del lavoro
da eseguire: facile e intelligente.
Electrolux, dal canto suo, punta molto sulle ricette:
sulla propria app ce n’è un’ampia serie che non solo
permette al cuoco di eseguire passo passo la preparazione ma imposta automaticamente anche il forno
connesso alla cottura prevista. A questo proposito
va segnalato il forno Electrolux con videocamera integrata nella maniglia di apertura: in questo modo la
app permette di guardare da remoto, potenzialmente
anche dall’altra parte del mondo, il contenuto del forno e di valutare lo stato della cottura.
Allo stesso modo le app connesse a frigoriferi intelligenti consentono di verificarne il contento grazie a
fotografie del vano e dell’interno porta scattate all’ultima chiusura.
In questo modo l’utente può verificare per esempio
dal supermercato se ha o meno un determinato ingrediente: tanti produttori hanno mostrato una funzione
simile, primi tra tutti Electrolux e Siemens/Bosch, anche se la fotocamera integrata nel frigo pare per ora
un’esclusiva dei modelli top di gamma, spesso limitata ai prodotti free standing (l’invertibilità della porta
tipica dei modelli da incasso complica il cablaggio
della fotocamera).
Tutti i produttori ci hanno giurato che la procedura di
registrazione e connessione dell’apparecchio è facile
e immediata: non è mai stato così per gli elettrodomestici connessi che abbiamo provato in passato, la
cui configurazione spesso faceva passare la voglia di
qualunque connessione. C’è da sperare che qualcosa
su questo fronte sia cambiato: lo verificheremo non
appena i prodotti saranno compatibili.
E se questo scenario di elettrodomestici connessi
seduce e interessa, va detto che i dati sulle proprie
abitudini di utilizzo degli elettrodomestici finiscono,
attraverso Internet e la piattaforma che consente l’accesso in tutto il mondo agli utenti, nelle mani dei produttori. Non che si tratti di dati particolarmente sensibili: non è che sapere quanti lavaggi un’utente fa e di
che tipo con la propria lavatrice possa costituire una
vera violazione della privacy e dell’intimità domestica.
Di certo, però, non sempre l’utente che si appresta a
segue a pagina 23 
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
SMARTHOME Al Salone del Mobile Siemens lancia il forno da incasso iQ700, è il primo che combina tutti i metodi di cottura
Ad Eurocucina 2016 Siemens presenta il forno definitivo
Calore secco e umido, microonde e vapore tutto in uno
Bellissimo e tecnologico permette di cuocere le pietanze in modo omogeno. Commisurato alla qualità il prezzo: 2000 euro
di Gianfranco GIARDINA
iemens ha lanciato a Eurocucina il
nuovo forno della serie iQ700 da
incasso, quello che si candida a
diventare il “forno definitivo”. Definitivo
perché integra tutto quello che serve:
cottura a calore, secco o umido, con diversi livelli di umidità e ovviamente con
tutte le modalità grill e più o meno ventilate; cottura a vapore; cottura a microonde. Funzioni da utilizzare separatamente
o in modalità combinata o sequenziale,
per ottenere le migliori performance e
anche tempi di preparazione ridotti (dimezzati, secondo Siemens). L’utilità di un
apparecchio di questo tipo è notevole,
a partire dal fatto di poter combinare la
cottura tradizionale in forno con il “booster” rappresentato dal microonde, che
in realtà permette non solo di accorciare
i tempi di preparazione ma anche di cuocere l’interno dei cibi, ammorbidendoli,
e lasciando all’interno tutti i nutrienti. Ma
questo in qualche modo si era già visto,
magari in forni più piccoli; meno convenzionale è l’abbinata anche con la cottura
a calore umido: ancora non troppo conosciuta dagli utenti domestici (ma assolutamente basilare per ogni preparazione
professionale) la possibilità di cuocere in
forno con un ambiente ad umidità controllata è basilare per molte ricette, come
per esempio per la prima fase della pani-
S
ficazione o per la preparazione di carni
e verdure. Anzi questa è la grande differenza a oggi tra i forni domestici convenzionali e quelli, molto grandi e sofisticati,
usati nelle cucine dei migliori ristoranti.
Tutto ciò accade in un forno da incasso
nel vano 60x60 cm. In realtà, di convenzionale questo apparecchio ha poco,
a partire dal vano in cui inserire l’acqua
per alimentare la generazione del vapore: si trova sotto lo sportello anteriore
che bascula interamente spostandosi in
avanti e dando accesso al serbatoio rimovibile e può essere rabboccato anche
durante la cottura. E poi il display TFT a
colori, ovviamente touch, e tutta la logica
di connessione in rete nell’ecosistema
HomeConnect di Siemens/Bosch per il
controllo via app. Anche la ventola posta
sul fondo del vano ha una caratteristica
chiave: ogni tre minuti, durante le cotture ventilate, inverte il proprio senso di
marcia, di fatto modificando tutti i flussi
convettivi all’interno dell’ambiente di cottura. Questo evita, come spesso accade
nelle cotture ventilate, che si instauri un
flusso permanente in cui alcune zone
della pietanza ricevono un calore decisamente più alto e altre, quelle in fondo
al percorso dell’aria, restino più crude. In
questo modo la “doratura” diventa del
tutto omogenea, a tutto vantaggio della
qualità della preparazione.
Il limite del nuovo forno Siemens iQ700?
Al di là del prezzo (oltre 2000 euro, comunque commisurato alla qualità e alle
funzioni del prodotto), forse il vero limite
è paradossalmente tutta questa versatilità e tutte queste funzioni: se lo si usa per
tutto quello che sa fare, probabilmente in
alcune circostanze si potrebbe formare
una fila di preparazioni fuori dal forno in
attesa di cottura; insomma qualcuno potrebbe ancora preferire un forno convenzionale, magari a vapore, e un microonde
separato. Un limite che va sicuramente
tenuto in conto (poco pensabile acquistarne due) ma che è fortemente mitigato
da una storica – ma profondamente sbagliata – disaffezione degli utenti italiani
dal forno, forse a causa della diffusione
di modelli non propriamente esemplari
venduti nei decenni scorsi. Già un buon
forno convenzionale permette cotture
molto interessanti; questo forno, grazie
alla combinazione di tutte le modalità di
cottura, sicuramente allarga il ventaglio
di possibilità verso orizzonti spesso non
esplorati a casa.
SMARTHOME
Elettrodomestici smart connessi
segue Da pagina 22 

connettere il proprio elettrodomestico ha ben chiaro in
mente che, acconsentendo alle liberatorie legate alla
registrazione online (sempre necessaria), sta cedendo
al produttore la possibilità di archiviare e analizzare le
proprie abitudini di utilizzo dell’elettrodomestico. Una
funzione che può essere comoda per prevedere ed
analizzare alcuni guasti o per permettere al centro di
assistenza di tele-intervenire in caso di avaria, ma che
potrebbe anche essere usato come sistema di “fidelizzazione” per alcuni un po’ aggressivo: il produttore
per la prima volta conosce, e molto bene, l’utente dei
propri prodotti e di fatto disintermedia completamente
il rivenditore. Nulla in contrario, ovviamente, purché
torna al sommario
l’utente sia davvero consapevole delle
informazioni che sta condividendo con
il produttore. Da questo punto di vista,
riteniamo che serva ancora un po’ di buona informazione.In realtà lo scenario più
credibile che si prospetta a medio termine è trasformare sempre più i prodotti in
servizi: non è lontana, per esempio, una
lavatrice in cui si pagherà non tanto l’apparecchio, che potrebbe essere quasi
gratis, ma un costo per ogni ciclo di lavaggio, che ovviamente verrebbe autorizzato da via Internet e da internet caricato
sulla carta di credito. Fantascienza? No,
la tecnologia c’è già; e, come insegna il
software, che sta passando oramai da
Nella foto la app Whirlpool, una delle più complete: interessante
prodotto a servizio a canone, non serve
per esempio la stima dei costi per il ciclo in corso
molto perché le persone si abituino.
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
SMARTHOME Presentate macchine del vuoto e abbattitori per la casa a prezzi ragionevoli
Macchina del vuoto e abbattitore, ora si può
Electrolux e Miele presentano prodotti che portano la qualità professionale nelle nostre cucine
di Gianfranco GIARDINA
D

a Eurocucina (Salone del Mobile
di Milano), parte la riscossa della
conservazione e della cottura sottovuoto, pratiche fantastiche ma fino a
oggi un po’ limitate dal prezzo proibitivo
delle macchine a campana, le uniche in
grado di raggiungere un sottovuoto del
99,9%. D’altronde dopo le ultime stagioni di MasterChef e di tutti i talent culinari,
sembra che gli italiani non possano più
fare a meno di sottovuoto e abbattitore.
Scherzi a parte, già più volte su DDAY.it
abbiamo spiegato i vantaggi della conservazione e anche della cottura sottovuoto, che poi trova nell’abbattitore il
miglior compagno per rendere la conservazione ancora più duratura.
Electrolux, l’unica che a oggi aveva in
gamma una macchina del vuoto di derivazione professionale e inserita in un
generoso cassetto da sistemare sotto il
forno, ha infatti deciso di estendere la
gamma lanciando un modello più “accessibile”, sia dal punto di vista dello
spazio occupato che dell’impegno per
il portafoglio: dimensione dimezzata
e prezzo anche. Si passa dai 29 cm di
altezza della macchina del vuoto della
generazione precedente a un meno invasivo cassetto da 14 cm, simile a quello
dei classici scaldavivande da sottoforno.
Ovviamente il vano a campana è più
piccolo, ma grande quanto basta per la
stragrande maggioranza delle preparazioni domestiche. Ma quello che più
conta è il prezzo: malgrado Electrolux
non si sia sbilanciata in tal senso, secondo alcune indiscrezioni il prezzo del cassetto “sottile” dovrebbe assestarsi più
o meno alla metà di quello grande, che
si trova intorno ai 3000 euro. La soglia
di ingresso del magico mondo del sottovuoto di qualità professionale scende
così a 1500 euro circa, una soglia pur
sempre importante ma meno esclusiva
di quanto non fosse prima. Il nuovo cas-
torna al sommario
Honeywell
Evohome
sposa il Wi-Fi
Il termostato smart
multiroom di Honeywell
ora integra un ricevitore
Wi-Fi per la regolazione
a distanza tramite
smartphone o tablet
senza gateway
di Alvise SALICE
setto del vuoto di Electrolux sarà disponibile a partire dal prossimo settembre
anche in Italia.
Anche Miele ha presentato una macchina del vuoto apparentemente analoga a
quella di Electrolux, il modello EVS6214,
anch’essa “zippata” in un cassetto da 14
cm, perfetto per un incasso combinato
nel vano standard da 60x60 cm con un
forno a vapore da 45 cm di altezza (accoppiamento presentato proprio in fiera,
come si vede nella foto qui sotto).
La macchina Miele permette il raggiungimento di tre livelli di vuoto (i livelli
meno “estremi” sono indicati per gli
alimenti che temono lo sfaldamento se
troppo schiacciati). La cosa bella è che
la macchina Miele è già disponibile al
momento in cui scriviamo; quello che
invece incontrerà meno il favore degli
utenti è il prezzo, 2800 euro, ma si sa
che gli elettrodomestici Miele hanno
tutti i pregi del mondo tranne quello di
essere economici.
Per chi vuol fare sul serio,
ecco l’abbattitore domestico
Il miglior compagno per una macchina
del vuoto è un abbattitore nel quale
far crollare repentinamente la temperatura del sacchetto sottovuoto dopo
la cottura: in questo modo la durata di
conservazione aumenta notevolmente.
Ma l’abbattitore è utilissimo sia nella preparazione del pesce crudo (che è bene
abbattere per motivi sanitari) che per
realizzare molte ricette, a prescindere
dal sotto vuoto. Tanto che l’abbattitore è
diventato oramai un protagonista di tutti
i talent culinari, e conseguentemente un
oggetto del desiderio di molti cuoche e
cuochi amatoriali; un oggetto “proibito”
visto che di modelli consumer praticamente non ce ne sono. Questo fino a ieri:
ad Eurocucina Electrolux ha presentato
BlastChiller, un abbattitore domestico.
Gli utilizzi di questo elettrodomestico
sono molteplici, ben oltre quanto possa
sospettare un utente non completamente informato: dalla qualità dei prodotti
surgelati, che migliora notevolmente se
il processo iniziale di surgelazione avviene ad altissima velocità, fino alla possibilità di realizzare in poco tempo preparazioni, soprattutto nei dolci, altrimenti
lunghissime o addirittura impossibili da
mettere a punto. Ma – cosa alla quale
non si pensa spesso – l’abbattitore può
essere usato anche per raffreddare velocemente la bottiglia di vino bianco, di
spumante o di birra dimenticata fuori dal
frigo. Arrivo del BlastChiller atteso per la
seconda metà dell’anno a un prezzo ancora da comunicare, ma che, secondo le
prime indiscrezioni, dovrebbe attestarsi
sui 1500 euro.
Honeywell ha presentato Evohome
connected comfort Wi-Fi, la nuova
versione del sistema di controllo
del riscaldamento domestico multiroom già provato da DDay. Mantenendo tutte le caratteristiche del
precedente modello, l’Evohome
connected comfort Wi-Fi semplifica notevolmente la sua procedura
d’installazione grazie alla connettività wireless, che elimina l’accesso
separato tramite gateway e non
richiede nessun intervento di muratura o cablaggio.
Intelligente, connesso e a prova di
futuro, l’Evohome CC Wi-Fi riconosce quando una finestra è aperta,
riesce ad apprendere le abitudini
di riscaldamento adottate da ogni
persona, sa esattamente quanto
tempo occorre per scaldare l’abitazione. L’app gratuita Total Connect
Comfort permette di controllare a
distanza la temperatura di casa.
L’Evohome connected comfort WiFi appartiene alla più alta classe di
efficienza energetica (Classe VIII),
e a livello teorico promette un risparmio potenziale fino al 40% sui
consumi di riscaldamento. Questa nuova versione di Evohome
rappresenta un passo importante
verso il controllo della casa totale
tramite Wi-Fi o Bluetooth: finora, infatti, la connettività tra il display touch e le varie zone avvieniva ancora
tramite connessione wireless proprietaria, con il Wi-Fi che permette
la connessione solo tra smartphone / tablet e centralina, che deve
essere comunque presente.
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
SMARTHOME Candy ha presentato a Eurocucina un forno rivoluzionario: al posto del vetro frontale c’è un display touch da 19”
Forno Candy WTC: ha uno schermo touch al posto del vetro
Dallo schermo si comanda il forno, si vedono le videoricette e anche le pietanze in cottura, grazie alla videocamera integrata
di Gianfranco GIARDINA
Q
ualcosa di nuovo in cucina?
Bene, ci ha pensato Candy che
è arrivata a Eurocucina, l’esposizione dedicata all’interno del Salone
del Mobile, con un prodotto nuovissimo, senza simili nel panorama internazionale. Si tratta del forno denominato
WTC: la sigla sta per Watching, Touching, Cooking che è caratterizzato dal
fatto di non avere il vetro sulla porta
frontale.
A occupare tutto lo sportello, un generossisimo display da 19” touch che di
fatto diventa l’unica interfaccia di tutto
l’apparecchio. L’utente può quindi comandare tutte le funzioni del forno e
impostare la cottura toccando il superdisplay e utilizzarlo anche per vedere e
seguire una serie di videoricette.
Ovviamente non manca la possibilità di
vedere la pietanza in cottura, ma non a
occhio nudo ma attraverso una vidoeocamera integrata all’interno della porta, che permette di ottenere immagini
chiare e dettagliate, grazie a una batte-
ria di led che si accendono all’occasione, anch’essi integrati nello spessore
della porta e posti sui due lati.
La stessa immagine che si visualizza
sullo schermo del forno può ovviamente anche essere consultata da remoto
via smartphone o tablet, grazie alla app
SimplyFi con la quale vengono gestiti
tutti gli elettrodomestici intelligenti di
Candy.
Questo forno WTC, la cui progettazione è terminata pochi giorni prima
della presentazione in fiera, potrebbe
poi evolvere verso nuove funzioni: con
un display di questo tipo connesso
a Internet, gli sviluppi possibili sono
molteplici, primo fra tutti la possibilità
di connettersi ad ulteriori videoricette
presenti sulla rete. Ma per conoscere
a fondo le possibilità di questo apparecchio bisognerà aspettare qualche
mese fino al lancio commerciale. Per
ora la buona notizia è il prezzo, che dovrebbe aggirarsi intorno ai 1000 euro,
ben al di sotto di quanto i competitor
collocano i propri apparecchi top di
gamma.
SMARTHOME Electrolux ha presentato la serie di lavastoviglie ComfortLift, con un meccanismo di sollevamento del cestello inferiore
La lavastoviglie anti-mal di schiena: il cestello basso si alza
Un sistema meccanico permette di caricare e scaricare la macchina senza chinarsi, un po’ come accade con alcuni letti
di Gianfranco GIARDINA
E

lectrolux al Salone del Mobile
“copia” dai letti ergonomici con
il materasso sollevabile e applica la stessa logica alle lavastoviglie.
Infatti da sempre quando si carica il
cestello inferiore tocca chinarsi quasi
fino a terra, gesto non proprio ergonomico da ripetere diverse volte prima di vedere la lavastoviglie carica e
pronta per partire. Ora il cestello inferiore può essere facilmente sollevato,
pur rimanendo fortemente vincolato
all’apparecchio.
Il meccanismo si chiama ComfortLift
e porta l’utente a chinarsi una sola
volta, per sollevare il carrello. Va
detto che si tratta semplicemente di
un meccanismo passivo, nulla di servocomandato; ma quanto basta per
poter caricare e scaricare il cestello
torna al sommario
1
2
Nella foto 1 il cestello inferiore e in posizione normale, in basso; nella foto 2 si vede invece il cestello spostato più in
alto, per facilitare le operazioni di carico e scarico della lavastoviglie
inferiore alla stessa altezza di quello
superiore. Ovviamente il meccanismo
ComfortLife è pensato per controbilanciare correttamente il peso del
carrello a pieno carico (si solleva il
cestello anche per scaricare la macchina) e per resistere in posizione con
tutte le stoviglie a bordo.
Le lavastoviglie ComfortLife arriveranno in Italia nel corso dell’autunno
di quest’anno in diverse versioni, sia
da incasso, semi-incasso o posizionamento libero e con capacità di carico
da 13 o 15 coperti. Le finiture saranno
bianco o acciaio.
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
TEST Due fotocamere, una in bianco e nero e una a colori, ma non solo: il nuovo P9 Huawei è un top di gamma pieno di sorprese
Huawei P9 sa come colpire i fotografi al cuore
Potenza, autonomia e una qualità costruttiva da primo della classe. Può competere con i big della stagione? Eccolo in prova
di Roberto PEZZALI
a partnership è di quelle forti, Huawei e Leica. Il primo cerca di emergere in un settore dove è difficilissimo raggiungere la vetta, l’altro vuole conquistare
le nuove generazioni di fotografi da strada cercando
di far valere il suo blasone e la sua conoscenza storica
nel campo dell’immagine. Il risultato è il P9, che abbiamo avuto modo di provare in modo approfondito.
Huawei ha spinto molto sull’aspetto fotografico, ma
non bisogna dimenticare che siamo comunque di fronte a un prodotto che verrà usato principalmente per
fare altro, anche perché in fin dei conti siamo di fronte a
uno smartphone. E qui Huawei ha già dimostrato di saperci fare con i suoi recenti Mate S e Mate 8, bruciando
le stesse tappe che Samsung ha percorso prima di lei
e che ha portato l’azienda coreana al vertice di un mercato competitivo e spietato. P9 è la dimostrazione della velocità di pensiero del produttore cinese e anche
della sua spavalderia: la versione Plus, ad esempio, è
riuscita in un sol colpo a rendere obsoleti due prodotti
che non sono affatto vecchi come i due Mate lanciati a
settembre e gennaio, la versione standard alza di un
paio di spanne l’asticella della qualità costruttiva, dei
materiali usati, dell’innovazione e, almeno secondo
Huawei, anche dell’esperienza d’uso. Di solito partiamo con l’analisi del design e dell’ergonomia, ma con il
P9 vogliamo rispondere subito alla domanda che tutti
si sono fatti: davvero la fotocamera del P9, cioè le fotocamere, sono eccezionali? È quello che cerchermo di
scoprire. Per chi comunque vuole approfondire il tema,
consigliamo la lettura dell’approfondimento che pubblichiamo subito dopo questa prova.
L
Una camera è forse di troppo
Ma è il software l’anello debole
Huawei con il P9 ha giocato tutto sulla comunicazione della doppia fotocamera: non è la prima volta che
cerca di anticipare i rumor proponendo sul mercato un
prodotto che ancora i competitor non hanno lanciato.
Lo ha fatto con lo schermo in zaffiro, con il display a
controllo di pressione e ora anche con due sensori
fotografici, anche se in questo caso Huawei sembra
avere idee ben chiare. La scelta di mettere due sensori ovviamente comporta anche dei sacrifici: nessuno
dei due è infatti stabilizzato, e per una questione di ingombri anche l’apertura della lente è un f/2.2, meno
luminosa dell’f/1.7 usato ad esempio sul Galaxy S7. Le
video
lab
Huawei P9
599,00 €
SEGUIRE SAMSUNG PER ARRIVARE AD APPLE
Il Huawei P9 è un buonissimo smartphone, forse il prezzo giusto sarebbe stato 549 euro ma i materiali usati e i componenti scelti sono di
prima scelta. Huawei ci ricorda un po’ la Samsung di qualche anno fa, quella che forte di fabbriche efficienti e di un reparto tecnologico
all’avanguardia riusciva a fare ottimi smartphone con qualche pecca lato software. Huawei ha voglia di dimostrare a tutti che riesce a innovare e che è sullo stesso livello di Apple, e le sua presentazioni di prodotto con perenni confronti con l’azienda di Cupertino non nascondono
l’obiettivo che l’azienda cinese si è posta. Per arrivarci tuttavia Huawei tende a esagerare un po’: la doppia camera è un ottima idea che non
è stata sfruttata al meglio, ed era meglio avere uno schermo con una resa più fedele e una copertura cromatica minore. In ogni caso il P9 è un
prodotto che lascerà molte persone soddisfatte, anche se per soli 0.3” in più il P9 Plus potrebbe tentare gli indecisi: ha uno schermo AMOLED,
ha più batteria, ha il trasmettitore IR, 4 GB di RAM e 64 GB di memoria.
7.9
Qualità
8
Longevità
8
Design
8
Semplicità
8
D-Factor
9
Prezzo
7
- Buona l’idea della doppia fotoca- Schermo cromaticamente
mera, meno l’implementazione
non perfetto
COSA
NON
CI
PIACE
- Storage troppo lento in alcune
COSA CI PIACE - Corpo leggero con una buona
situazioni
ergonomia
- Qualità di ricezione
due fotocamere prodotte da Sony, entrambe da 12
Megapixel, hanno una lente Leica di incredibile qualità
e dovrebbero lavorare insieme: dovrebbero, perché
abbiamo spiegato nell’approfondimento, ad oggi non
risulta che ci sia alcuna collaborazione tra i due moduli,
uno scatta in bianco e nero e uno scatta a colori. La
fotocamera in bianco e nero, priva di filtro bayer, effettivamente ha una sensibilità molto più elevata di quella a
colori: abbiamo avuto modo di effettuare diversi scatti
al buio e la camera in bianco e nero ha un guadagno di
due stop rispetto all’altro sensore, permettendo quindi
di scattare a ISO più bassi o con un tempo di posa più
elevato per evitare il mosso. C’è una domanda che è
lecito porsi: se Huawei avesse adottato un solo sensore con lente Leica più luminosa, e avesse anche stabilizzato la lente con un OIS ottico, non avrebbe guadagnato più stop? A nostro avviso sì, ma non si può mai
sapere: l’impressione è che la doppia fotocamera sia
più marketing che sostanza. Il P9 in ogni caso stupisce
per la qualità dell’immagine che riesce a catturare in
condizioni ottimali: il sensore Sony è egregio, le lenti
Leica sono perfette, prive di aberrazione e con un’ottima definizione, e il risultato se si tengono bassi gli ISO
e si scatta in RAW è sicuramente vicino alla miglior foto
che si può ottenere con uno smartphone.
Per quanto sia corretto valutare un prodotto per quello che riesce a esprimere nelle migliori condizioni, è
altrettanto corretto valutarlo in un condizioni reali:
quando si usa lo smartphone per street photography,
ritratti, paesaggi e scene notturne difficilmente si usa
un treppiedi, ed è altrettanto difficile che qualcuno si
metta a scattare in RAW per poi elaborare a posteriori
la foto fatta.
Entra così in gioco il software, che da una parte deve
assicurare la miglior impostazione di scatto possibile
in automatico e dall’altra deve anche convertire i dati
RAW nel file JPEG con il miglior rapporto qualità / peso.
Qui Huawei P9 deve migliorare parecchio: la modalità
automatica tende a scattare, per evitare foto mosse,
con una sensibilità piuttosto alta se non c’è molta luce,
e questo automaticamente introduce parecchio rumo-

segue a pagina 27 
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19 APRILE 2016
MAGAZINE
TEST
Huawei P9 in prova
segue Da pagina 26 
re (il sensore è piccolo, non si possono fare miracoli),
e allo stesso tempo la conversione da RAW a Jpeg è
parecchio distruttiva, con il rumore che viene amplificato e la foto che perde parecchio dettaglio. Huawei ha
elogiato anche la presenza di una modalità di scatto
“pro”, che permette di salvare il file RAW e di cambiare
i parametri di scatto: purtroppo in questa modalità manca una lettura dell’esposizione, e scattare variando ISO
e otturatore una foto in condizioni di scarsa luminosità
non è così semplice, bisogna andare a tentativi per trovare il valore corretto. Huawei ha introdotto anche una
modalità diaframma ovviamente simulata per scattare
foto con uno sfocato (bokeh) da reflex, ma anche qui
l’algoritmo che scorpora l’oggetto in primo piano per
andare a sfuocare lo sfondo non è troppo preciso e in
determinate situazioni sfoca anche l’oggetto in primo
piano. Alti e bassi insomma: alti perché il materiale di
partenza è eccellente e lo smartphone può sfornare fotografie eccezionali, bassi perché Huawei non è ancora riuscita a realizzare una applicazione e un workflow
di processing delle foto che valorizzi al meglio le lenti
Leica e il sensore Sony. Fortunatamente sul software si
può sempre intervenire, e speriamo che la partnership
con Leica porti anche alla creazione di un’app di scatto che oltre al “click” Leica porti anche la qualità del
grande marchio. Ad oggi infatti sembra impensabile
che qualche sviluppatore possa fare ciò che Huawei
non ha fatto: il doppio sensore viene controllato dai
driver della periferica a basso livello, e le API Camera2 di Android non sono in grado di rilevare entrambi i
moduli. Per uno sviluppatore Android, in poche parole,
ci sarà solo un sensore a disposizione, quello a colori,
fino a quando Huawei rilascerà (sempre che lo faccia)
un framework aggiuntivo per gestire anche quello addizionale.
Verso un’identità di design
Huawei aveva già stupito con i suoi recenti top di gamma, ma con P9 è riuscita a raggiungere il connubio quasi perfetto tra materiali utilizzati, pesi, bilanciamento e
design. L’unica nota stonata dell’insieme è lo schermo
che da spento sembra essere privo di cornice ma una
volta acceso rivela un bel millimetro di bordo per parte.
Il corpo in alluminio unibody è ben rifinito nei dettagli,
con le giuste proporzioni tra la parte superiore e i bordi
laterali: la particolare costruzione non permette ovvia-

clicca sulle immagini per l’ingrandimento
torna al sommario
mente di avere la batteria sostituibile ma fortunatamente lo slot SIM riesce a ospitare anche una card MicroSD
per espandere la memoria.
La versione Dual SIIM, prevista in altri Paesi, in Italia
non arriverà così come non arriverà nemmeno la versione “premium” con finitura Ceramic White, 4GB di
RAM e 64 GB di memoria: poco male, perché dobbiamo comunque considerare che il P9 ha un prezzo di
listino di 599 euro, non tanto per un top di gamma ma
comunque più di quanto Huawei ci ha abituato con la
precedente generazione di smartphone “P”. Prezzo
alto? Crediamo che sia giusto: le finiture di livello, la
doppia camera e i materiali scelti fanno del P9 un vero
top di gamma, e siamo certi che nonostante il prezzo
suggerito dalla azienda dopo qualche mese lo street
price avrà stabilito il giusto prezzo per il prodotto. Da
segnalare l’ottima gestione delle antenne con una
sottile fascia nella parte bassa, il doppio altoparlante
per la cancellazione del rumore durante le chiamate,
uno nella parte superiore e, nascosto sotto, lo speaker
audio monofonico con una discreta pressione sonora.
Il connettore è USB Type C, scelta che guarda al futuro
ma che potrebbe creare anche qualche problema: P9
ha una buona autonomia ma con un uso intenso non
arriva al giorno dopo e per la ricarica serve un cavo che
oggi è davvero poco diffuso.
Schermo luminoso
Ma non troppo preciso
Lo schermo del P9 è un buon IPS da 5.2” con risoluzione Full HD: la definizione dello schermo è elevata,
come ormai siamo abituati a vedere su ogni top di
gamma, 424 ppi che anche da una distanza ravvicinata
non mettono in mostra griglie o pixel di sorta. Buonissima la luminosità, che con il nostro strumento abbiamo
misurato a 476,1 cd/m2 impostando ovviamente la luminosità al massimo e con il sensore ambientale disattivato, mentre il livello del nero arriva a 0.321 cd/m2.
Lo schermo tende a perdere qualche decina di nits al
variare dell’angolo di visione, ma nulla di preoccupante. Più critica invece la situazione con i colori: secondo
I primari mettono in luce un gamut ampio, ma la
calibrazione dello schermo non è affatto precisa.
Huawei lo schermo ha un gamut esteso che va a coprire lo spazio colore DCI-P3, ed effettivamente dalle
nostre misure emerge che quanto detto corrisponde
al vero, ma la precisione cromatica non è impeccabile
e non c’è modo di regolarla. L’unica regolazione dello
schermo è relativa al punto di bianco, con l’opzione
“caldo” che corrisponde al classico D65. Nel complesso la qualità dello schermo è comunque più che buona,
ma forse Huawei ha esagerato un po’ con i colori, che a
tratti appaiono troppo saturi.
Processore veloce ma lo storage è lento
Huawei P9 è costruito attorno all’ottimo processore iSilicon Kirin 955 a otto core, composto da 4 core
Cortex A-72 a 2.5 Ghz e da 4 core A-53 a 1.8 Ghz e
con il supporto di 3 GB di RAM. Una dotazione senza
dubbio ottima, che rispetto ad altri top di gamma paga
solo qualche punto in termini di prestazioni grafiche,
limiti visibili solo in alcuni giochi decisamente pesanti
da spingere. C’è da dire che i processori degli smartphone di oggi sono sovrapotenziati rispetto a quello
segue a pagina 28 
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APP WORLD Un sistema improntato alla massima semplicità d’uso, per la prenotazione di viaggi in treno in tutta Europa
Con Captain Train organizzare i viaggi ora è più facile
Già presente in 19 Paesi, con più di 5.000 biglietti emessi ogni giorno, l’applicazione Captain Train arriva anche in Italia
di Roberto FAGGIANO
l confronto delle tariffe è una pratica
usuale nel mondo del web: prodotti,
servizi, offerte, voli e alberghi, nulla
sfugge alla lente d’ingrandimento della
rete. Chi usa servizi come Skyscanner per
organizzare i propri viaggi aerei e avere in
un secondo la migliore combinazione tra
scali, orari e tariffe, ora può fare la stessa
cosa col treno. A un evento organizzato
nel cuore di Milano, Captain Train si è infatti presentato alla stampa italiana forte di
un’esperienza quinquennale in altri Stati
(l’azienda è di provenienza francese) e
della collaborazione delle aziende italiane
attive nel settore, in particolare Trenitalia
e Italo.
Captain Train arriva in Italia dopo aver
ottenuto 1.500.000 utenti in 19 Paesi,
aver stretto partnership con 14 operatori e l’emissione di più di 5000 biglietti al
giorno. In particolare, l’azienda vede l’Italia
come determinante per la propria ascesa:
grazie a un network di 16.755 Km e un giro
I
di affari complessivo di 5,3 miliardi/anno, il
mercato italiano può contare sulla vendita
di 25 milioni di biglietti ogni anno (Trenitalia + Italo) solo tramite il canale online. I
rappresentanti di Captain Train sottolineano inoltre che, nonostante il rapporto tra
biglietti venduti online e via canali tradizionali sia ancora – per la rete ferroviaria – di
20/80, ci sono indizi più che promettenti
sull’arretramento dei mezzi concorrenti
(aereo) sulle tratte più frequentate, come
in Italia la Milano/Roma.
Di cosa si tratta è facilmente intuibile: Cap-
TEST
Huawei P9 in prova
segue Da pagina 27 

che le normali applicazioni chiedono: a impattare sulle
prestazioni sono la RAM e soprattutto la memoria sulla quale sono installate le app. Per quanto riguarda la
RAM, dei 3 GB buona parte sono occupati da molti servizi e dall’interfaccia EMUI che gira sopra Android 6.0
Marshmallow, ma il sistema di gestione della memoria
è efficiente e quasi mai si arriva alla saturazione. Meno
performante invece la memoria storage per le app:
Huawei non ha usato memorie UFS con con controller
dedicato come ha fatto ad esempio Samsung o come
fa Apple, e i 32 GB di memoria eMMC sono un po’ il
collo di bottiglia di un hardware che comunque è velocissimo. L’utente se ne accorgerà nei caricamenti un
po’ più lenti dei giochi, nell’apertura delle app e in qualche sporadica situazione, ma è bene dire che siamo di
fronte ad una situazione comune anche a molti altri top
di gamma. Da segnalare un leggero surriscaldamento
della scocca posteriore in due situazioni: quando si usa
il device come hotspot e quando si scattano le foto.
Una nota infine per il sensore fingerprint: è probabilmente il più veloce che ci sia mai capitato di utilizzare su uno smartphone. Velocità di sblocco equivale a
grande comodità, ma non è detto che il sensore più
veloce sia anche il più preciso. Quello di Huawei infatti
sblocca lo smartphone anche se appoggiamo una piccolissima parte di polpastrello sul retro, cosa che altri
sensori non fanno fino a quando non appoggiamo il
polpastrello per intero.
torna al sommario
tain Train è una piattaforma web evoluta
(disponibile per PC, smartphone e tablet
iOS e Android) col quale l’utente ottiene, previa impostazione delle località di
partenza e arrivo in un database di oltre
21.000 stazioni europee, la migliore combinazione per il proprio viaggio su rotaia.
Il sistema è trasparente per l’utilizzatore
ma nasconde un’infrastruttura informatica complicatissima: il sistema deve infatti
interfacciarsi con i database di tutte le
compagnie ferroviarie europee con cui
Captain Train ha stretto accordi e mettere
in relazione tempi di percorrenza, cambi,
costi e tragitti più brevi: alla fine, l’utente
con un solo click acquista tutti i relativi
biglietti e il sito conferma il pagamento ai
sistemi di prenotazione delle singole compagnie ferroviarie, che a loro volta pagano
una commissione a Captain Train.
Il vantaggio n.1 per l’utente è la semplicità
d’uso: il sito in sé è molto pulito, ordinato, non vende servizi extra come camere
d’albergo, noleggio auto o affini e non ha
pubblicità; si può impostare un viaggio
qualsiasi tra due stazioni europee (non
solo italiane, quindi) e il sistema fa tutto
da sé, riportando i risultati in modo ordinato e semplice da capire. Ovviamente
l’infrastruttura è cloud: i biglietti acquistati
sul PC compaiono sullo smartphone, così
come le prenotazioni ed eventuali annullamenti: anche dopo il pagamento, se le
compagnie coinvolte lo consentono è
possibile annullare la prenotazione e ottenere (in tutto o in parte) un rimborso del
prezzo pagato.
Buon software
e l’interfaccia ci piace
A bordo di Huawei P9 troviamo Android 6.0, insieme all’interfaccia personalizzata EMUI.
L’interfaccia ci piace, è veloce e
ben fatta, personalizzabile con
una serie di temi e abbastanza
chiara per un utente alle prime
armi. L’assenza dell’app drawer
e la similitudine con iOS, a tratti
davvero marcata, rende facile
ambientarsi all’interno di Android
anche a utenti che sono abituati
al sistema operativo Apple. Dei
32 GB di memoria a bordo circa 21 sono disponibili per l’utente, tuttavia Huawei ha
preinstallato molti giochi Gameloft e molte utility che
possono essere rimosse senza problemi per liberare
memoria. Android 6.0 permette comunque di unire la
memoria con quella della card, e se nel caso di smartphone con storage veloce l’uso della microSD come
memoria di sistema impatta sulle performance, usando
una memoria veloce sul Huawei non si avvertono troppe differenze.
Buona autonomia
e qualità di chiamata ok
Con una batteria da 3.000 mAh, Huawei P9 riesce ad
avere buona autonomia, anche se come sempre tutto
è legato al tipo di utilizzo che si fa del prodotto. Ci sono
alcune operazioni che consumano più batteria del
previsto, la stessa doppia camera consuma più di una
sola: durante la nostra prova siamo riusciti ad arrivare
a sera con l’uso “leggero”, mentre con quello intensivo
(tante foto, uso dello smartphone come hotspot LTE e
qualche gioco) alle cinque del pomeriggio siamo rimasti con il 20% di autonomia residua e abbiamo dovuto
attivare l’efficiente sistema di risparmio energetico.
Parlare di autonomia con uno smartphone è comunque
un terno al lotto: la durata della batteria varia a seconda
delle app installate, dell’operatore, del posto in cui si
abita o si lavora, quindi con lo stesso smartphone si
può arrivare al pomeriggio oppure fare un giorno intero senza problemi. Buona la qualità delle chiamate,
sia in ricezione sia in uscita, e buono anche il livello di
ricezione del segnale: nonostante il corpo in alluminio
la ricezione Wi-fi è buona e lo stesso vale anche per la
rete degli operatori.
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TEST Abbiamo scattato alcune foto in laboratorio per verificare la bontà dei due sensori montati sul nuovo P9 di Huawei
Le fotocamere di Huawei P9 alla prova dei fatti
La camera in bianco e nero dovrebbe aiutare il sensore tradizionale a colori ad aumentare la dinamica della foto, sarà vero?
di Roberto PEZZALI
on è la prima volta che qualcuno realizza uno
smartphone con due fotocamere, e non sarà
neppure l’ultima. Del nuovo P9 di Huawei,
tuttavia, è da apprezzare la scelta di puntare sulla
coppia di sensori per aumentare la resa fotografica,
sposandosi con un partner di tutto prestigio come
Leica. Il bollino rosso è da sempre sinonimo di qualità tedesca, vedere il nome Leica affiancato ad un
produttore cinese di smartphone probabilmente a
molti puristi della fotografia non ha fatto troppo piacere. Poco importa, bisogna saper guardare avanti e
come sempre quello che più interessa è il risultato.
Ma davvero Leica e Huawei sono riusciti a creare
uno smartphone in grado di surclassare tutti gli altri
prodott come qualità fotografica o nvece Leica si è
venduta al miglior offerente per una delle più grosse
operazioni di marketing mai realizzate? Insomma, le
due fotocamere sono tutto fumo o c’è anche sostanza? Abbiamo fatto qualche foto al pattern di test per
capire un po’ più a fondo come funzionano e come
rendono le due camere del Huawei P9.
Prima di partire vogliamo comunque mettere in chiaro
una cosa che spesso a molti sfugge: la dimensione
del sensore in fotografia è tutto, e il sensore di uno
smartphone resta sempre grosso come un unghia, incapace quindi di fare miracoli e di rivaleggiare con il
sensore di qualsiasi reflex o mirrorless anche entry level. Uno smartphone che scatta fotografie con la qualità di una reflex non esiste ora e non potrà esistere
mai, tuttavia grazie alle innovazioni in questo campo
è possibile realizzare smartphone che scattano fotografie di eccellente qualità se stampate in piccolo
formato e viste a schermo. La risoluzione inoltre non
è tutto: l’occhio umano è più sensibile alla dinamica di
una immagine, ed è proprio su questo punto che Leica e Huawei giocano. La camera in bianco e nero do-
N

clicca sulle immagini per l’ingrandimento
1
2
3
4
torna al sommario
vrebbe, almeno secondo quanto spiegato da Huawei,
aiutare il sensore tradizionale a colori ad aumentare
la dinamica della foto, utilizzando una tecnica simile a
quella che viene usata per le foto astronomiche detta RGBL, RGB + luminance. Sarà vero? Scopriamolo
insieme.
Due sensori con la stessa risoluzione
Ma diversi
Per il P9 Huawei ha utilizzato due sensori Sony
IMX286 da 12 Megapixel con pixel da 1.24μm accoppiati ad una serie di lenti LEICA SUMMARIT da
27 mm con apertura f/2.2. I due sensori non sono
tuttavia uguali: uno di questi è in bianco e nero, risultato ottenuto eliminando dal sensore il filtro bayer.
Questo filtro, responsabile dei colori di un sensore,
resta comunque un filtro che abbatte la luminosità
e la sensibilità del sensore: togliendolo Huawei ha
messo all’interno del P9 una macchina fotografica
capace di catturare la luce
con una sensibilità molto più
elevata di quella dell’altro
sensore. Questo non è marketing, anzi: la stessa Leica ha in
gamma la Leica M Monochrome priva di filtro bayer e camere analoghe vengono usati
tutti i giorni in astrofotografia,
proprio per la loro attitudine
a catturare più luce. Il primo test che vogliamo quindi
fare è semplice: Huawei ha
davvero fatto fare a Sony un
sensore capace di catturare
più luce o ha semplicemente
preso un normale sensore gestendo solo le informazioni di
luminanza?
Una nota: le due fotocamere
non sono stabilizzate: gestire
Il filtro Bayer ricopre il sensore e limita la cattura
di luce
due moduli stabilizzati in contemporanea è praticamente impossibile: si poteva comunque tenere la
stabilizzazione su un solo modulo da usare in fase
di ripresa video.
Gli scatti 1 e 2 sono stati realizzati in condizione di
poca luce utilizzando la modalità di scatto in bianco
e nero e la modalità a colori. Come si può vedere
effettivamente il sensore in bianco e nero effettivamente ha una dinamica e una sensibilità decisamente superiore rispetto a quella dell’altro sensore.
Il crop al 100% delle due immagini, in ogni caso, mostra come entrambe le fotocamere in una condizione di luminosità non semplice riescono comunque a
tirar fuori un risultato molto buono, pur con le tolleranze del caso. Stiamo infatti usando un cavalletto,
quindi sensibilità bassa (50 ISO) e tempo di posa
elevato compensato dal treppiede.
La sorpresa arriva però quando proviamo con un
corpo nero a coprire una delle due fotocamere: in
modalità bianco e nero se copriamo la camera a colori non accade nulla, come effettivamente dovrebbe
essere, ma non accade nulla neppure se facciamo
segue a pagina 31 
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TEST
Huawei P9 la prova fotografica
segue Da pagina 30 
l’inverso, ovvero se andiamo a coprire la fotocamera
in bianco e nero quando scattiamo a colori. Non dovevano lavorare insieme? Apparentemente no, perché le foto 3 e 4, una scattata con entrambe le camere scoperte e una con la camera in bianco e nero
coperta risultano a nostro avviso (e sfidiamo chiunque a dire il contrario) identiche. Pure l’istogramma,
(immagine qui a fianco) proprio per eliminare ogni
possibile errore, dà ragione alle nostre capacità di
valutazione. Siamo ovviamente in condizioni di scarsa luminosità, quindi proviamo ad andare in condizioni normali: stessa modalità di scatto e ancora una
volta risultato identico.
Apparentemente le due camere lavorano distintamente, una fa un ottimo lavoro in bianco e nero e
l’altra fa un eccellente lavoro a colori, ma del processamento combinato dei due sensori non sembra
esserci traccia nei test fatti. D’altra parte non è neppure una cosa facile da ottenere: i due sensori sono
disassati, quindi non si ottengono due immagini sovrapponibili: il sensore aggiuntivo poteva al massimo
tracciare una mappa delle zone di luce dell’immagine, ma per farlo si poteva usare un sensore con
risoluzione inferiore (come quello usato dall’esposimetro delle reflex). In ogni caso l’adozione di un
sensore b&w senza filtro ha un senso: si riescono a
scattare foto dotate di dettaglio e dinamica in condizioni di luce che metterebbero a dura prova un sensore tradizionale. Ecco la stessa foto sopra scattata
con il sensore B&W.
Il JPEG è molto compresso
Ma il RAW fa paura

Il motore interno di sviluppo del RAW che Huawei ha
implementato dentro il P9 fa un lavoro davvero buono, ma se andiamo a prendere i file RAW generati dal
sensore fotografico a colori il risultato lascia senza
parole. Lo scatto in RAW, che si attiva solo se andiamo
a impostare la modalità “Pro”, è disponibile solo per
la fotocamera a colori (niente bianco e nero, perché?)
e mette in mostra tutta la bontà del sensore Sony e
delle lenti Leica: il risultato in termini di definizione e
di dettaglio è mostruoso se pensiamo alla dimensione
del sensore che ha scattato la foto, anche se ovviamente per raggiungere certi livelli è sempre necessa-
torna al sommario
La foto a sinistra è stata scattata coprendo la fotocamera in bianco e nero, quella a destra è scattata con
entrambe le fotocamere. Cliccate sulle immagini per visualizzare l’ingrandimento. Vedete differenze?
ria una postproduzione che non tutti vogliono fare. Le
foto in RAW sono ovviamente quelle a destra.
Una resa incredibile, almeno in studio
Il sensore e le lenti usate da Huawei sul P9 hanno
una resa incredibile se pensiamo a quanto è piccolo
il modulo. Scattare foto con il treppiede rende tutto
più semplice e permette di usare ISO bassi e tempi
di posa a piacere, in strada, con lo smartphone in
mano, la situazione potrebbe essere un po’ diversa
perché intervengono anche altri fattori come la corretta lettura esposimetrica e la velocità di messa a
fuoco. Il nome Leica non è fumo e neppure marketing, l’azienda tedesca ci ha comunque messo del
suo e il risultato si vede. Resta il dubbio sul funzionamento combinato delle due fotocamere: fanno
un ottimo lavoro, ma a nostro avviso non lavorano
insieme.
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TEST Apple ha realizzato un prodotto unico: non non esiste un solo competitor che possa vantare caratteristiche simili
iPhone SE: potenza e compattezza senza uguali
Il design non è nuovo ma è sempre tra i più belli, all’interno batte un cuore hardware con prestazioni da primo della classe
di Roberto PEZZALI
L
a nascita di iPhone 6 e 6 Plus, con la relativa evoluzione nel modello 6S, ha portato Apple a relegare in secondo piano il suo classico formato da 4”:
troppo piccolo in un mondo dove la tendenza vuole
smartphone sempre più grossi. Non tutti però la pensano così, e i 30 milioni di iPhone 5S venduti negli ultimi
12 mesi da Apple lo dimostrano: ci sono ancora moltissime persone che vogliono uno smartphone piccolo e
leggero, ma non vogliono affatto rinunciare a prestazioni da primo della classe. Nasce così iPhone SE, uno
smartphone che solo Apple poteva creare: nessuna
azienda aveva mai provato a prendere la scocca e il
design di un prodotto presentato più di 24 mesi fa e
rilanciarlo, con hardware rinnovato, come un nuovo
modello. Una mossa che dimostra la consapevolezza
della forza del brand, anche perché chi cambia smartphone ogni anno non lo fa per necessità quanto per
far vedere a tutti che ha in tasca l’ultimo modello. Con
l’iPhone SE questa logica regge poco: agli occhi di tutti
è un iPhone 5 o 5S, anche se qualcuno più “esperto”
nota la presenza del TouchID. Eppure siamo di fronte
ad una delle mosse più geniali fatte da Apple negli ultimi anni: mantenere il design dell’iPhone 5 equivale
ad un enorme risparmio in termini di progettazione e
produzione del prodotto, oltre alla sicurezza di avere
già disponibili una serie di custodie e accessori compatibili. La “Special Edition” di iPhone stupisce anche
per quello che nasconde sotto la scocca: un iPhone 6S
a tutti gli effetti, con qualche piccola rinuncia che difficilmente l’acquirente rimpiangerà.
La linea è quella
La novità è la finitura rose gold

L’iPhone SE è costruito attorno al corpo di quello
che forse è il design più riuscito di Apple: nessuna
profusione per l’ottica della fotocamera, un perfetto
bilanciamento tra schermo, cornice, parte superiore
e parte inferiore, spessore record se si considera
l’hardware inserito e un peso “giusto”, non troppo
leggero da sembrare una scatola vuota e non trop-
torna al sommario
video
Apple iPhone SE
da 509 €
b
la
UNO SMARTPHONE UNICO, IN TUTTI I SENSI
L’iPhone SE è uno smartphone che sul mercato serve, ed è davvero unico nel suo genere. Prima di tutto è una rarità trovare smartphone da 4”,
e quelli che ci sono sono spesso modelli entry level. Poi è un vero top di gamma, che va più veloce grazie al piccolo schermo di un iPhone 5S.
Apple sicuramente non si aspetta il record di vendite da questo modello, anche perché arriverà l’iPhone 7, ma l’iPhone SE sicuramente dirà
la sua, forte anche di un prezzo, 509 euro, che è perfettamente allineato a ciò che lo smartphone offre. Il consiglio ovviamente è di dotarsi
della versione da 64 GB (609 euro), quella da 16 per diversi motivi è altamente sconsigliata, anche se facendo un po’ di attenzione si riesce a
convivere anche con così poco spazio.
8.7
Qualità
9
Longevità
9
Design
9
Semplicità
10
E’ l’unico top di gamma compatto
COSA CI PIACE Ha potenza da vendere
COSA NON CI PIACE
Ottima autonomia
po pesante da farsi sentire. Si nota una sola novità,
il logo Apple in lucente stainless steel con le stessa
finitura dell’alluminio sul retro. Alluminio che, nel caso
del nuovo modello, è ora disponibile anche in versione rose gold, piacevole alla vista ma, come in tutti i
casi, destinato ad essere nascosto da una cover protettiva. Dell’iPhone 5S il nuovo modello eredita anche
schermo e Touch ID: il primo è lo stesso display LCD
da 4” e 640 x 1136 che Apple ha usato su iPhone 5C e
iPhone 5S, mentre il secondo è il sensore biometrico
di prima generazione leggermente più lento di quello
usato sui nuovi modelli.
La differenza, inutile nasconderlo, si sente, con uno
sblocco che non sempre è immediato soprattutto con
il dito leggermente umido. Rispetto al 6S quello che
manca è il 3D Touch, ovvero lo schermo in grado di rilevare differenti livelli di pressioni per aggiungere una
dimensione all’interazione con le app, ma non la riteniamo affatto una assenza grave. Provate a chiedere
infatti a chi ha acquistato un iPhone 6S quante volte
ha volontariamente usato il 3D Touch: può essere utile, ma non è affatto fondamentale.
Relativamente allo schermo c’è una leggera differenza tra iPhone 5S e SE: nel caso del neonato modello
infatti il driver della retroilluminazione è stato cambiato per rendere possibile il Retina Flash, ovvero l’utilizzo dello schermo come fonte di illuminazione per il
viso nel caso di scatto selfie.
D-Factor
7
Prezzo
8
TouchID di vecchia generazione
Taglio da 16 GB difficile da gestire
La velocità è quello che più impressiona
Sotto la scocca l’iPhone SE eredita parte di quello che
ha reso l’iPhone 6S uno degli smartphone più apprezzati del mercato. Il processore è infatti lo stesso, il piccolo SoC dei miracoli chiamato A9 supportato da ben
2 GB di RAM: la differenza di prestazioni con l’A7 e con
un solo GB di RAM è notevole, soprattutto se si fa il
confronto tra i due smartphone aggiornati ad iOS 9.3.
Dal modello più grande il nuovo iPhone eredita anche
la sezione di rete con LTE e Wi-Fi aggiornati, mentre
si dimentica del sensore barometrico, presente invece
sull’iPhone 6 e sul 6S. Una perdita minima, anche perché sono poche le applicazioni che utilizzano questo
sensore, ma non va dimenticato che le dimensioni dell’iPhone SE lo rendono perfetto come smartphone da
tenere al braccio con una fascia nel caso di trekking,
oppure come compagno di avventura in mare (opportunamente protetto) o in bicicletta. Il sensore barometrico, che viene usato anche per rilevare l’altitudine e i
cambi del tempo, poteva comunque rivelarsi utile per
una piccola nicchia di utenti.
Detto questo l’iPhone SE è un vero mostro di potenza, quello che poi colpisce è l’autonomia che riesce a
raggiungere rispetto al modello precedente grazie ad
un processore che nel tempo è migliorato anche sotto
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MOBILE Secondo alcuni rumor, il Lumia 650 sarà l’ultimo smartphone appartenente alla linea Lumia prodotto da Microsoft
Lumia forse al capolinea. Lunga vita ai Surface Phone
La linea Lumia sarà soppiantata dai nuovi smartphone “Surface Phone”, che dovrebbero arrivare sul mercato in tre varianti
di Dario RONZONI
W
indows 10 Anniversary Update
verrà rilasciato tra qualche
mese, ma già cominciano ad
inseguirsi diverse voci in merito al successivo major update di Windows 10, ovvero
Redstone 2. Fonti affidabili rivelano che
dovrebbe fare il proprio debutto nei primi
mesi del prossimo anno e, più probabilmente, nel corso della primavera. Ma è interessante notare ciò che fa di contorno a
questa notizia, ossia che contestualmente
al rilascio di Redstone 2, dovrebbe, anzi,
dovrebbero fare il proprio debutto i Surface Phone, o qualunque sarà il loro nome
commerciale. Se gli ultimi rumor dovessero rivelarsi accurati, arriveranno sul mer-
cato ben 3 versioni di Surface Phone: una
più accessibile diretta al grande pubblico,
una di fascia alta dedicata agli entusiasti
ad ai fan ed, infine, una per le aziende.
È molto probabile che, con una gamma
così ampia, i Surface Phone decreteranno la fine della linea Lumia e, con essa, la
compagnia riproporrà, per gli smartphone, una strategia analoga a quella adottata nel campo dei tablet. La versione più
accessibile, infatti, sarebbe l’equivalente
della linea Surface, mentre quella di fascia
alta, della linea Surface Pro. La versione
indirizzata alle aziende, invece, è ancora
un completo mistero. Ciò che è quasi certo è che, almeno una di queste versioni
dovrebbe integrare la tecnologia Microsoft Pen e, pertanto, potrebbe essere
TEST
Apple iPhone SE
commercializzata con
un pennino dedicato
(in bundle o da acquistare separatamente).
Continuum sarà un
altro dei punti cardine
dei Surface Phone, visto che Satya Nadella
ha recentemente ribadito che questa tecnologia sarà la caratteristica distintiva di Windows 10 Mobile
e il fulcro degli sviluppi futuri. Con questa
mossa, il colosso di Redmond intende
sgombrare il campo della fascia bassa
e media, lasciando più spazio agli OEM.
Del resto, ad oggi, i Lumia costituiscono
ancora circa il 97% degli smartphone che
montano la versione mobile di Windows.
È molto probabile che Microsoft svelerà la
nuova linea Surface nel corso di un evento analogo al Windows 10 Devices che
si è tenuto lo scorso ottobre, provando
a stupire ancora, esattamente come ha
fatto con il Surface BooK.
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento
segue Da pagina 32 
il profilo dei consumi. Apple parla di prestazioni equivalenti a iPhone 6S, ma considerando che lo schermo
dello smartphone è più piccolo, iPhone SE è paradossalmente il più veloce dell’intera gamma, anche se la
differenza con l’iPhone 6S è minima.
Giochi, multitasking, editing video anche in 4K e navigazione di siti pesanti, l’iPhone SE non teme davvero
nulla. L’unica nota “stonata”, come sempre, è il taglio
minimo da 16 GB, utile per mantenere il prezzo contenuto ma ormai difficile da gestire soprattutto per uno
smartphone che scatta non solo fotografie con una risoluzione più elevata ma può pure riprendere pesanti
video in 4K con editing on board.
Abituarsi (o ri-abituarsi) ai 4” è difficile
Ma poi…

Abituati a maneggiare smartphone da 5” in su è davvero difficile tornare ad un 4”: si commettono errori sulla
tastiera per le lettere minuscole, si ha la tendenza a tenere lo smartphone più vicino al volto per leggere. Poi
passa tutto, e si riscopre la bellezza di tornare ad avere
un prodotto compatto, veloce e capace di stare nella
tasca dei jeans senza farsi sentire tutte le volte che si
sta seduti. Anche perché, display a parte, molti hanno
scelto un iPhone 6S Plus o un altro modello di grosse
dimensioni per l’autonomia, un problema che questo
iPhone SE, almeno con la batteria nuova, non sembra
avere. Con un utilizzo normale siamo arrivati a sera con
il 40% di autonomia residua, 32% circa se collegato ad
un Apple Watch, esagerando un po’ con foto e video,
provando qualche gioco e usando parecchio la connettività 3G abbiamo fatto la giornata, ma oltre comunque non si riesce ad andare. Troppo poco? Ci abbiamo
pensato, ma a pensarci bene questo iPhone SE non è
per chi usa uno smartphone come schermo per vedere
torna al sommario
film o per giocare (meglio un prodotto più grande), ma
chi vuole un telefono che sia una scheggia, che abbia
una fotocamera incredibile e che permetta senza problemi di gestire web, social e business in un form factor
per nulla impegnativo, solo 4”.
Fotocamera da primo della classe
Ma la camera frontale è da rivedere
Come per memoria e processore Apple ha inserito
nell’iPhone SE la stessa fotocamera dell’iPhone 6S:
manca la stabilizzazione del modello Plus, ma le caratteristiche di base come il Focus Pixel e il Tone Mapping
ci sono tutte, così come non mancano la ripresa in 4K
e lo slow motion a 240 fps. Ci troviamo quindi di fronte
al sensore da 12 megapixel con pixel grandi 1.22µm, un
sensore che forse perde qualcosa rispetto a quello da
8 megapixel sulle basse luci ma che guadagna dina-
mica, pulizia dell’immagine e maggiore velocità della
messa a fuoco grazie al processore computazionale
fotografico che Apple ha inserito nel processore A9.
Ci sono anche le Live Photos, le fotografie animate che
Apple ha introdotto con l’ultima major release di iOS
sui suoi prodotti più recenti: difficile dire quanto siano
utili, c’è chi scatta solo Live Photos e chi invece non
ne ha mai scattata una. Gli amanti dei selfie avranno
invece qualcosa da dire di fronte alla scelta di tenere
la stessa identica camera frontale del 5S: 1.2 megapixel
di risoluzione con lente f/2.4, più buia di quella del f/2.2
dell’iPhone 6 e meno risoluta di quella da 5 megapixel
del 6S. C’è da dire che grazie al processore A9 la camera frontale riesce a catturare foto leggermente migliori e più accurati, ma è davvero poca cosa. La cosa
più utile, forse, è il Retina Flash, ma non è un delitto dire
che qui Apple poteva fare qualcosa di meglio.
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TEST Ai Fujifilm X Photographer Days abbiamo provato velocemente la nuova ammiraglia del mondo mirrorless, la X-Pro 2
Hands-on Fujifilm X-Pro 2: facile innamorarsene
È bastato impugnare per pochi minuti la X-Pro2 per capire che si tratta di una fotocamera dalle qualità davvero eccezionali
di Michele LEPORI
n tranquillo e purtroppo uggioso sabato milanese ha fatto da cornice agli X Photographer
Days, un evento organizzato da Fujifilm per dare
spazio agli scatti del suo portfolio di utenti professionali,
ma anche per tenere seminari e workshop sul mondo
mirrorless e - soprattutto, per quanto ci riguarda - mettere le mani su tutta la Serie X e relativo parco ottiche. Non
ce ne vogliano X-T1, X100T e le altre, ma l’idea è stata fin
da subito poter provare a giocare con la nuova ammiraglia X-Pro 2: complice la grandissima disponibilità dei
ragazzi di Fujifilm, siamo riusciti a provare per un po’ di
tempo la X-Pro 2. In attesa di poterla avere in redazione
ed in mano per una recensione approfondita, le prime
impressioni sul campo sono eccellenti: restituirla ai legittimi proprietari non è stato per nulla facile.
U
video
lab
Primo contatto: ergonomica ed essenziale
Diciamolo: il primo contatto ci ricorda fin troppo da
vicino la “vecchia” X-Pro 1. Siamo certi di non essere
gli unici ad aver formulato questo pensiero, ma ad
un’analisi un po’ più attenta ci renderemo conto che
le differenze rispetto alla sorellina sono tante e di non
poco conto. Ora che abbiamo in mano la X-Pro 2, iniziamo a prendere confidenza con i comandi: la prima
impressione, come con ogni mirrorless che si rispetti,
è la consapevolezza di avere in mano un peso piuma.
Alla “prova costume”, X-Pro 2 non ferma la bilancia a
valori da primato ma chi viene dal mondo reflex accoglierà con gioia il pochissimo peso al collo. A differenza
del modello precendente, Fujifilm ha davvero ripreso
in mano carta e penna per disegnare la disposizione
dei comandi, ora tutti sulla destra del corpo macchina:
dato che la semplice pressione del tasto Q ci permette
la completa personalizzazione delle impostazioni della
macchina, è facile intuire che l’idea alla base del nuovo
progetto sia di renderli raggiungibili ed utilizzabili dal
pollice in fase di scatto, anche quando si ha l’occhio
appoggiato al mirino. Sempre sulla destra, due ghiere
(che in realtà sono 3, soluzione sulla carta geniale) per
selezione dell’esposizione, ISO e tempi nella parte alta,
una ghiera di selezione nella parte frontale che viene
utilizzata per la gestione di tempi di posa intermedi in
modalità manuale o con priorità dei tempi ed una leva
di messa a fuoco regolabile in 8 posizioni come se fosse il joystick di un videogame, che modifica istantaneamente il punto di messa a fuoco sia che lo si osservi nel
mirino che dal monitor LCD posteriore.
La “ghiera” del diaframma è, come da tradizione Fujifilm,
esattamente dove dovrebbe essere, sull’obbiettivo, nel
nostro caso un XF 10-24mm f/4 ed un 50-140mm f/2.8
che abbiamo messo alla frusta con qualche scatto.
Un mirino?
In realtà sono tre e tutti fantastici
Il mirino, o per meglio dire i mirini, della X-Pro 2 alzano l’asticella di quanto introdotto da Fujifilm su
X100T in tema di correzione di parallasse e tecnologia hybrid-viewfinder. Accanto alle due opzioni EVF ed
OVF, Fujifilm ed X-Pro 2 fanno sfoggio di un mirino galileiano che mostra in sovrimpressione le informazioni
digitali, sempre a portata di sguardo per il fotografo:
istogramma, il telemetro digitale in grado di apparire in
un piccolo riquadro in basso a destra del mirino e mostrare la porzione di immagine inquadrata dall’area di
messa a fuoco e lo zoom che stiamo completando con
la lente sono solo alcune delle informazioni sempre
a vista. Le prime prove di scatto con l’OVF galileiano
mettono in mostra un errore di parallasse particolarmente pronunciato, specie scattando con un obiettivo
Fujinon XF 10-24mm f/4 a soggetti non particolarmente
distanti. Nel prendere confidenza col menu e con la
gestione del focus, esplorando i meandri del software
scopriamo un’interessante opzione di correzione automatica della parallasse, che visualizza una seconda
cornice con l’esatta posizione della zona di messa a
fuoco: un aiuto non da poco, e che incredibilmente non
va ad appesantire più di tanto l’area di inquadratura del
mirino OLED a 2.36 milioni di punti. In tema di EVF, un
argomento decisamente scottante è il tempo di refresh
d’immagine: i tecnici Fujifilm ci raccontano di un test
sviluppato e completato nei laboratori giapponesi della
casa madre, dove ad un tecnico-tester è stato montato
il mirino della X-Pro su di un occhio lasciando libero il
secondo.
Messa la persona davanti ad una ruota con dei LED
luminosi che si accendevano ad intermittenza, la percezione dell’occhio nudo e quello elettronico è risultata praticamente identica, tanto che la X-Pro 2 dichiara
85fps di digital refresh equivalenti a 150 ms di ritardo:
un valore incredibile e che non mettiamo assolutamente in discussione, in virtù del fatto che anche in fase di
scatto alla fontana di fronte al Castello, i getti d’acqua
filtrati dall’EVF sembrano veramente davanti ai nostri
occhi.
Prove di scatto: X-Pro 1 è lontana anni luce
Ora che c’è una rinnovata confidenza con “l’ecosistema Fujifilm”, è tempo di uscire dalla mostra ed esplorare l’area attorno a Piazza Cairoli. Del mirino galileiano
abbiamo già detto tutto quello che c’era da dire per
questa mini-prova sul campo: è un punto fermo della
galassia Fujifilm. Non piacerà a tutti e richiede una curva di apprendimento da mettere in conto nell’utilizzo di
X-Pro 2, ma rimane certamente uno dei motivi principali
che porteranno alla decisione di acquistare questa mirrorless. La comodità di vedere simultaneamente quello
che scatteremo e quello che ruota attorno alla scena

segue a pagina 35 
torna al sommario
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
FOTOGRAFIA La nuova Sony è la più leggera e compatta tra le full-frame del marchio giapponese
Sony UMC-S3C, compatta e ultrasensibile
Video in 4K e alta sensibilità sono i suoi punti di forza. Sarà in vendita dal prossimo agosto
S
MAGAZINE
di Dario RONZONI
ony ha annunciato l’arrivo della
videocamera compatta UMCS3C, un piccolo mostro in grado
di girare video in 4K con un range ISO
davvero ragguardevole.
Merito del sensore full-frame 35mm
Exmor, inserito in un corpo macchina ridottissimo, che consente alla UMC-S3C
di spingere gli ISO da un minimo di 50
fino allo strabiliante valore massimo di
409.600, il top tra le pari classe. Una
tale sensibilità permette alla nuova videocamera Sony di raccogliere immagini anche in situazioni di quasi totale
oscurità, ben oltre le capacità dell’occhio umano.
Con un peso di circa 400 grammi, la
UMC-S3C è la più leggera tra le videocamere Sony full-frame, caratteristi-
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Simona Zucca
ca che facilita di molto il fissaggio su
oggetti mobili. Non per niente, i campi
di utilizzo previsti spaziano dal monitoraggio degli animali selvatici alla sorveglianza, passando per dashboard e
live camera. La registrazione di video
di lunga durata in 4K (30 e 60 fps) è
garantita dalla presenza di uno slot per
memory card: una schedina da 64 GB
potrà contenere fino a 125 minuti di girato in 4K. Supportato anche il formato XAVC S per registrazioni 4K in alta
qualità a 100Mbps.
La Sony UMC-S3C debutterà sul mercato il prossimo agosto, a un prezzo
per il momento ancora sconosciuto.
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
[email protected]
Per la pubblicità
[email protected]
TEST
Fujifilm X-Pro 2
segue Da pagina 34 
è un plus che solo qui possiamo trovare, ma bisogna
scendere a patti con la levetta di selezione dell’hybrid
viewfinder e con un software di correzione della parallasse che va conosciuto, studiato ed analizzato prima
che possa dare i suoi frutti.
Mettendo un po’ alla frusta velocità di scatto ed autofocus, le differenze con la X-Pro 1 emergono con ancora
più decisione: il sistema a rilevazione di fase di cui si
è parlato in sede di presentazione è incredibilmente
più prestante di quello a solo contrasto presente sulla
sorella minore, e tracking a zone, messa a fuoco sull’occhio e posizione dell’autofocus regolabile tramite il
joystick posteriore completano il quadro.
Per dare un paio di numeri, il tempo di scatto dell’otturatore sale a 1/8.000s, in abbinata a un otturatore
elettronico silenzioso per scatti fino a 1/32.000s: se
ci aggiungiamo un nuovo sensore X-Trans III da 24
megapixel con un maggior numero di fotodiodi e una
sensibilità massima che tocca i 12.800 ISO, ecco delinearsi all’orizzonte un quadro francamente insostenibile per un confronto fra le due generazioni di X-Pro. E se
poi mettiamo in conto che le rivali non stanno certo a
guardare, vedasi l’apprezzatissimo sistema di AF DFD
con cui Panasonic ha equipaggiato la sua ammiraglia
GH4, non vediamo davvero l’ora di vedere chi uscirà
vincitrice.
Postproduzione, addio: la foto finale
è esattamente quello che vediamo

Quante volte, dopo aver accuratamente posizionato il cavalletto e aver scelto l’inquadratura perfetta,
si inizia a fare le prove per vedere come risponde il
torna al sommario
Credit foto: Gianluca Colla
Credit foto: Gianluca Colla
sensore alla luce di un tramonto particolarmente luminoso piuttosto che di una notte illuminata solo da
poche fari? Chi non è particolarmente avvezzo a tempi
e ISO, probabilmente troppe, perdendo il momento
giusto perché troppo impegnato a capire come settare correttamente la macchina. La X-Pro 2 promette
di farci dimenticare l’iter di scattare e correre a vedere
sullo schermo LCD com’è venuta la foto e da quello
che abbiamo potuto provare, le promesse verranno
ampiamente mantenute: come dicevamo in apertura,
sabato mattina a Milano non c’erano le condizioni di
luce migliori del mondo, con un cielo grigio ed una
luce abbastanza piatta e intensa che è “ideale” per
bruciare tutte le alte luci di un’inquadratura. Siamo ovviamente in modalità manuale completa (c’è anche un
MF avanzato che però studieremo meglio in sede di
recensione) e la combinazione di mirino ibrido e comandi a portata di mano ci permettono di non andare
a tentativi: scopriamo che la ghiera dei tempi di posa
è avvolta da un’altra ghiera di regolazione degli ISO
che si mette in funzione tirandola verso l’alto e ruotando. Le modifiche sono visibili in tempo reale, anche
andando a sottoesporre di qualche step (il range della
X-Pro 2 è ± 5): chi userà la nuova ammiraglia X-Pro
2, quindi, potrebbe aver finito di investire tempo e
pazienza con i programmi di editing fotografico. Con
loro, anche tutti gli amanti degli scatti in bianco e nero,
perché la macchina è in grado di applicare il filtro nativamente, cosa che nel mondo reflex si può fare impostando la modalità monocromatica ma con risultati
da verificare in un secondo tempo: non dover inquadrare un’immagine a colori ed immaginarla in bianco
e nero sperando che venga davvero così, è un bonus
che tanti non vorranno perdersi. Una prova di complessivamente meno di un’ora non è assolutamente
indice di verdetti insindacabili, ma le prime impressioni ci hanno lasciato davvero a bocca aperta. La X-Pro
2 è una macchina leggera, versatile (con il 50-140mm
però abbiamo sentito la mancanza di un cavalletto),
con un mirino incredibile e tante soluzioni tecniche talmente semplici da essere geniali. Siamo di fronte ad
un nuovo modo di fare fotografia, e non vediamo l’ora
di averla nuovamente in mano per tutto il tempo che
serve per una recensione approfondita.
Dammi il cinque!
MODELLO 730-1 redditi 2007
ALLEGATO B
Scheda per la scelta della destinazione
dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF
Da consegnare unitamente alla dichiarazione
Mod. 730/2008 al sostituto d’imposta, al
C.A.F. o al professionista abilitato, utilizzando
l’apposita busta chiusa contrassegnata sui
lembi di chiusura.
genzia
ntrate
CONTRIBUENTE
CODICE FISCALE
(obbligatorio)
COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile)
DATI
ANAGRAFICI
DATA DI NASCITA
GIORNO
MESE
ANNO
NOME
SESSO (M o F)
COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA
PROVINCIA (sigla)
LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF
NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
Il tuo 5 per mille
può cambiare la vita
di molti bambini
prematuri.
E non ti costa nulla.
Ogni anno in Italia nascono 30.000Assemblee
bambini
di Dio in Italiaprematuri,
di cui circa 5000 hanno un peso inferiore a 1500 gr.
Stato
Chiesa cattolica
Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi
Chiesa Evangelica Luterana in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Questi
bambini
hanno
bisogno di
Unione Comunità
Ebraiche
Italiane
e assistenza per molti anni.
cure, controlli
genitori hanno bisogno del tuo aiuto.
AISTMAR Onlus
interamente impiegate per:
E anche i loro
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si precisa che
Le contenuta
donazioninel
ad paragrafo 3 delle istruzioni,
vengono
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AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni
beneficiarie
della
quota dell'otto
per mille
dell'IRPEF, il
- l’assistenza
delle
gravidanze
a rischio
o patologiche
contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente.
Lacura
scelta
deve
esserealfatta
esclusivamente
per una delle
la
e
il
supporto
neonato
prematuro
istituzioni beneficiarie.
e alla
famiglia
nel percorso
di sviluppo
crescita
La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta
non sua
espressa
da parte
del contribuente.
In talecaso,
la ripartizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alle
Assemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale.
Oppure puoi sostenere AISTMAR Onlus con versamenti su:
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Finanziamento
enti
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Dipartimento
per la Salute delle Donna, del Bambino e del Neonato
U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale
In aggiunta a quanto indicato
nell’informativa
trattamento
via Francesco
Sforza, 28sul
- 20122
Milano dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa che
i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.
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n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
TEST Netgear allarga la famiglia Arlo con Q, una video camera dall’installazione a prova di bambino e che si gestisce con un’app
Netgear Arlo Q, la videosorveglianza è più facile
Può registrare sul cloud e con un account si controlla tutto, ma il prezzo dell’abbonamento non è dei più economici
di Franco AQUINI
imentichiamoci i tempi in cui allestire un sistema
di videosorveglianza era una cosa complicata,
che necessitava la competenza di un installatore
professionale. Dimentichiamoci anche le assurde configurazioni dei moderni sistemi di video sorveglianza IP
e i mal di testa da configurazioni di router e apparecchiatura di rete. Netgear porta nelle nostre case l’ultima arrivata nella famiglia Arlo, dispositivi semplici e
facili da usare, che non hanno nulla da invidiare ai sistemi più complessi. Le videocamere della famiglia Arlo
sono tutte wireless e gestibili da smartphone tramite
una app. Basta quindi con IP statici o nat, si usa il cloud
di Netgear per tutto, visualizzare e registrare.
D
video
lab
L’installazione: facile facile
A guardare la confezione si direbbe che il bollino
10 minutes setup sia più un buon proposito che un fatto oggettivo. Invece abbiamo tirato fuori dalla scatola
la Arlo Q con il cronometro in mano, e dopo soli 9 minuti la videocamera, guai a chiamarla webcam, era già
in funzione. I passaggi sono pochi e molto semplici: si
collega il dispositivo alla corrente e si va sul sito http://
arlo.netgear.com, si inserisce il nome (SSID) e la password della rete Wi-fi e si preme l’unico tasto presente
sulla videocamera. A questo punto appare sulla pagina
web un codice QR, lo si inquadra con la videocamera e
il pair tra il dispositivo e il nostro account è praticamente concluso. Basta registrarsi e siamo già nella pagina
di configurazione. Arlo Q, rispetto al modello Arlo (che
abbiamo già provato), è una videocamera più classica. Non ha la batteria ed è studiata per l’uso indoor. Ha
però delle caratteristiche davvero interessanti, come
l’audio a doppia direzione, una qualità di registrazione superiore alla sorella e permette, sottoscrivendo un
piano a pagamento, di abilitare la videoregistrazione
costante (CVR).
La qualità video c’è
l’audio bidirezionale pure

Se Arlo è una videocamera da usare in qualsiasi posto,
grazie alla batteria e alla resistenza all’acqua, Arlo Q è
una videocamera spiccatamente indoor. Lo si capisce
subito non appena la si appoggia su una superficie
metallica. La base è magnetica e c’è un comodo passa-cavo per l’alimentazione USB, in modo da essere
installata davvero in pochi secondi. Qualche giorno
di test ci conferma che la qualità video della Arlo Q è
superiore rispetto alla sorella minore, con un sensore
che cattura immagini a 1080p e un angolo di visione
di 130° (contro i 720p e l’angolo a 110° della Arlo). Per
sfruttare il GB a disposizione nel piano gratuito è bene
impostare la Arlo Q per la registrazione a 720p, che
è anche l’impostazione di default, ma in questo caso
è bene sapere che lo zoom delle immagini è praticamente inutile.
La caratteristica più importante rimane però l’audio
bidirezionale. Si può ascoltare, tramite app o browser
torna al sommario
Netgear Arlo Q
219,00 €
FACILE E POTENTE, MA IL CLOUD COSTA
Arlo Q stupisce per la semplicità di utilizzo e la velocità di installazione. Si è operativi in pochi minuti e basta avere solo una rete Wi-Fi. Nessuna competenza o requisito particolare è richiesto, soltanto la pazienza di fare con attenzione una decina di click (o di tap). Le registrazioni
sono di buona qualità di giorno e anche di notte, permettendo di avere in ogni momento una visione chiara degli ambienti da monitorare, e
anche la sensibilità ai movimenti e la qualità dell’audio sono più che sufficienti per lo scopo di sorveglianza. I filmati, inoltre, sono sempre
disponibili anche se la telecamera dovesse essere rimossa o scollegata dalla corrente: questo è il vero vantaggio del cloud, ma è un vantaggio
che si paga. Il piano gratuito può essere più che sufficiente in caso si voglia monitorare un ambiente in modo saltuario oppure una seconda
casa, dove i movimenti sono ridotti all’osso, ma diverso è il caso della registrazione costante di un ambiente lavorativo o la casa di una persona anziana. I piani di registrazione costante sono piuttosto costosetti (anche perchè valgono per una sola videocamera), ma tutto dipende dal
valore che diamo alla sicurezza. Nel caso più dispendioso, la registrazione costante 24x365, andremo a spendere 216€ l’anno, ragionevole se
si considera che, con un impianto di videosorveglianza classico, dovremmo dotarci di apparecchiatura ben più costosa.
8.0
Qualità
8
Longevità
8
Design
7
Semplicità
9
- Installazione semplicissima
COSA CI PIACE - Gestione via app e web intuitiva COSA NON CI PIACE
- Audio bidirezionale
web, l’audio captato dalla videocamera, tra l’altro con
una qualità più che discreta che consente di captare
voci anche a discreta distanza. Oltre ad ascoltare l’audio, si può anche parlare al microfono dello smartphone e la Arlo Q riprodurrà il tutto tramite l’altoparlante
integrato. Lo scopo di una funzionalità del genere? C’è
chi sorriderà, ma molti lo useranno sicuramente per
tranquillizzare il cucciolo lasciato solo in casa. Netgear
lo mette proprio tra gli utilizzi principali, insieme alla
monitoraggio dei bambini e degli anziani. In ogni caso,
spazio alla fantasia: Arlo Q permette una conversazione audio funzionante al 100% anche se, a dirla tutta,
l’app per iOS ha dimostrato qualche incertezza nella
fase di registrazione dell’audio. Sul fronte web invece
nessun problema, si preme sul microfono e si parla,
con un ritardo di riproduzione sulla telecamera inferiore al secondo (ma dipende molto dalla connessione).
Di notte Arlo Q da il meglio di sé. La ghiera di LED posti
intorno al sensore illumina completamente gli interni
in modo da captare senza difficoltà i movimenti. La lu-
D-Factor
8
Prezzo
9
- Costo dei piani un po’ elevato
- Qualche incertezza nell’uso
del microfono sull’app
- Niente l’alimentazione via PoE
minosità è regolabile tramite uno slider presente sulla
visualizzazione Live della telecamera. Il risultato sono
immagini chiare anche in piena notte e completamente
al buio: inevitabile la presenza di un po’ di rumore ma il
livello di dettaglio espresso e la sensibilità ai movimenti
sono più che sufficienti per lo scopo dell’apparecchio.
Anche la velocità di adattamento dalla luce al buio risulta molto buona.
segue a pagina 38 
n.131 / 16
19 APRILE 2016
MAGAZINE
TEST
Netgear Arlo Q
segue Da pagina 37 
Si programma in punta di dito
Il valore aggiunto di questo prodotto è la gestione
totalmente cloud. Rispetto alla versione web testata
in occasione della prova con la Arlo, l’interfaccia è
stata migliorata notevolmente, segno che la soluzione cloud, che viene aggiornata direttamente a monte
da Netgear, funziona come deve. L’app e l’interfaccia
web condividono lo stesso aspetto, con quattro menù
per assolvere tutti i compiti. Nella schermata principale possiamo vedere un’anteprima di visualizzazione
di tutte le telecamere collegate all’account. Di ogni
singolo dispositivo possiamo visualizzare il video in
tempo reale, e da questa stessa schermata si può decidere di registrare, controllare la luminosità, ascoltare l’audio o parlare tramite il microfono. Stessa cosa
capita nell’app e rappresenta il principale schema di
utilizzo del prodotto.
Dalla Libreria invece possiamo consultare tutte le registrazioni effettuate, scorrendo la settimana o il mese.
Le registrazioni sono visualizzabili in ogni momento e
dall’anteprima è possibile effettuare uno zoom delle
immagini, oppure scaricarlo o condividerlo. Particolare degno di menzione è la condivisione sia via mail
che tramite link. Proprio come succede con i servizi di
cloud storage più diffusi, si può condividere un video
inviando un link di condivisione e per vederlo non serve registrarsi.
Il menù Modalità dà accesso invece alla configurazione vera e propria. Innanzi tutto il tipo di registrazione:
con l’acquisto della Arlo Q è compresa una settimana di registrazione sul cloud di Netgear in modalità
di rilevamento movimenti (con il limite di 1GB di dati).
È possibile anche abilitare la programmazione della
registrazione costante, a patto di selezionare uno dei
piani a pagamento. Sia che si scelga la registrazione
dei movimenti che la registrazione costante, si può
accedere al calendario per selezionare i momenti della giornata in cui la videocamera deve attivarsi. I criteri per la registrazione dei movimenti possono essere
la rilevazione di un suono come di un movimento, di
cui possiamo velocemente definire delle zone attive
anche tramite app. Oltre alle zone, si può stabilire il
livello di sensibilità per la registrazione audio. La sezione relativa alla programmazione delle registrazioni
dimostra il lavoro fatto nel migliorare l’interfaccia. Rispetto alla versione testata in precedenza, programmare la registrazione è molto più semplice. Basta fare
un click sul + e selezionare giorni della settimana e
fasce orarie.
L’ultimo menù, impostazioni, permette di controllare i
dispositivi connessi all’account, l’ordine con cui vengono mostrare le singole videocamere e il piano abbonamento sottoscritto. Netgear fornisce una soluzione
chiavi in mano, dove sia la configurazione che la registrazione avviene sul proprio cloud. Questo significa
però che, oltre al costo della videocamera, bisognerà
prevedere un abbonamento mensile a uno dei piani
a pagamento, a meno che non si ritenga sufficiente il
piano Basic gratuito, che comprende 7 giorni (o 1GB)
di registrazione movimenti, 5 videocamere e 3 mesi di
supporto. I piani a pagamento sono invece il Premier
da 30 giorni di registrazione (o 10GB), 10 videocamere
e supporto illimitato a 8,99€/mese, oppure l’Elite da
60 giorni di registrazione (fino a 100GB), 15 videocamere e supporto illimitato a 13,99€/mese.
Per la CVR, la registrazione costante, Netgear ha
previsto piani appositi. In questo caso non esiste
un’offerta gratuita, ma soltanto due piani per una sola
videocamera a 8,99€/mese per 14 giorni o 17,99€ per
30 giorni.
Notifiche via app e email
impossibile perdersi quello che succede

Uno degli aspetti più interessanti dell’app di Netgear, è la gestione delle notifiche. Dal menù delle
impostazioni si possono impostare notifiche push
sul proprio smartphone, oppure tramite email. Ogni
qualvolta la videocamera capterà un movimento o
un suono, invierà tempestivamente una notifica quasi all’istante. Impossibile perdersi un evento, in tre
giorni di test ripetitivi, le notifiche sono sempre state
puntuali e tempestive.
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