Rassegna stampa 14 aprile 2016

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Il Piccolo 14 aprile 2016 Attualità Studi medici aperti 16 ore al giorno Ecco la “rivoluzione sanitaria”: più assistenza medica, nessuna fila per il ticket ROMA. Studi medici aperti dalle 8 alle 24, 16 ore al giorno, 7 giorni su 7. Nelle ore notturne, invece, entra in campo il 118 e per pagare il ticket e prenotare visite ai Centri unici di prenotazione (Cup) non servirà più fare le file. Basta fare richiesta nello studio medico. Queste sono le principali novità contenute nell’Atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione di medicina generale che il Comitato di settore governo-­‐regioni ha approvato nell’incontro del 13 aprile. La novità di maggior rilevo è dunque quella che assicura agli assistiti la disponibilità del medico per 16 ore al giorno e sette giorni su sette. Una continuità assistenziale che dovrà essere garantita dalle 8 del mattino alla mezzanotte da medici di famiglia e guardia medica, oramai assimilati in un ruolo unico. Nelle ore notturne, quando le chiamate per medico si limitano in media ad una a due, ad assistere chi ne ha bisogno ci penserà il 118. Una «staffetta che consente di avere più medici disponibili nell’arco della giornata, andando a coprire anche fasce orarie come quelle delle 8 alle 10 del mattino o del primo pomeriggio, dalle 14 alle 16, oggi meno coperte. E che generano così? intasamenti nei pronto soccorso a discapito di chi ha una vera emergenza», spiega il segretario del sindacato dei medici di medicina generale Fimmg, Giacomo Milillo. A garantire la continuità delle cure saranno le Aft, Aggregazioni territoriali funzionali, non un luogo fisico, ma un nuovo modello organizzativo che consentirà comunque ai cittadini di trovare il medico per tutto l’arco della giornata. Terminato il turno del proprio medico di fiducia, ce ne sarà comunque un altro a disposizione, collegato a un database che consentirà in qualsiasi momento di avere sottomano il profilo sanitario dell’assistito. Il nuovo modello di assistenza di base dovrebbe inoltre favorire la nascita di nuovi maxi-­‐ambulatori, con presenza di più medici, dove è possibile fare prime analisi cliniche, accertamenti diagnostici meno complessi e piccola chirurgia ambulatoriale. L’assistenza “no stop” al cittadino è già realtà in alcune regioni come Lazio ed Emilia-­‐Romagna. L’atto di indirizzo, «è un atto doveroso, dopo sei anni di blocco della convenzione». La nuova Convenzione rappresenta un segnale è positivo anche secondo il Tribunale per i diritti del malato-­‐Cittadinanzattiva, purchè, «il tutto avvenga senza ulteriori costi per le famiglie». Regione Il gioco d’azzardo in carico ai Distretti La giunta approva le linee d’indirizzo per la futura assistenza territoriale. Tra le priorità la lotta alle nuove dipendenze di Diego D’Amelio. TRIESTE. La Regione, piano di prevenzione alla mano, evidenzia la necessità di «importanti interventi per contrastare le dipendenze, in particolare quelle nuove, tra cui la ludopatia». E, subito dopo, passa all’azione puntando sulla riorganizzazione delle strutture sanitarie e sul rafforzamento dell’assistenza territoriale. Il tema del gioco d’azzardo e delle nuove dipendenze entra nella delibera approvata ieri in giunta che fornisce alle Aziende sanitarie le linee di indirizzo necessarie a precisare le funzioni di coordinamento e gestione da parte dei distretti sanitari. Una misura tecnica con cui l’assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca, fornisce «indicazioni per la riorganizzazione dei servizi per le persone con dipendenza, in grado di assicurare percorsi di prevenzione, diagnosi, cura e assistenza, con particolare attenzione alle nuove dipendenze, quali il gioco d’azzardo patologico». Il riordino rientra all’interno di una riforma sanitaria fortemente puntata a rinnovare la fisionomia dell’assistenza territoriale, dotata di un assetto che, secondo Telesca, «lasciava indietro il tema delle dipendenze, proprio in una fase in cui invece le problematiche 1 aumentano e si aggiungono nuovi fronti, come quello della ludopatia. Davanti a questa complessità garantiamo l’autonomia dei distretti e la possibilità di mantenere più strutture sul territorio, magari specializzate su dipendenze di diverso genere». Non mancherà uno stretto collegamento con i Dipartimenti di salute mentale, posto che «i soggetti con problemi di dipendenza vanno spesso seguiti contemporaneamente anche su questo fronte» spiega Telesca. La delibera fornisce inoltre le prime linee per la riorganizzazione dei Consultori familiari che per Telesca «sono fondamentali, pur avendo attualmente una strutturazione datata, che richiede una nuova e convinta valorizzazione all’interno dell’assistenza territoriale», mentre nei prossimi mesi prenderà forma il Piano materno-­‐infantile previsto dalla riforma sanitaria. L’esecutivo ha inoltre approvato due regolamenti in materia di agricoltura. Il primo è relativo ai contributi per gli operatori impegnati in pratiche virtuose rispetto alla sostenibilità ambientale. Il secondo prevede compensazioni per costi aggiuntivi e mancati guadagni, conseguenti all’applicazione di vincoli ambientali nell’ambito di Natura 2000. L’assessore Cristiano Shaurli ha sottolineato che «gli operatori sono essenziali per il mantenimento del territorio, la biodiversità, la gestione sostenibile delle risorse idriche e il minor impiego di fertilizzanti di origine minerale». La giunta ha infine approvato il progetto esecutivo della strada di circonvallazione a sud di Pordenone, tra la statale 13 e l’autostrada A28, grazie al decreto del commissario A4, Debora Serracchiani. Per la costruzione dell’opera è previsto un periodo di circa due anni, con un importo di 38,5 milioni di euro. Trieste Ressa al pronto soccorso, barelle esaurite Le lettighe mancanti sono state prese in prestito dalle ambulanze “costrette” a rimanere ferme fino a emergenza rientrata di Piero Rauber Barelle esaurite per troppi pazienti? Ecco allora che arrivano i nostri: le ambulanze si fermano nel garage dove di norma ”recapitano” all’ospedale persone infortunate o colte da malore e ”prestano” pure le loro barelle. Il fatto è che così, anziché ripartire e rimettersi nel circolo del sistema d’emergenza, restano ferme in quel garage finché un paziente (o perché sta meglio e viene dimesso o perché viene ricoverato) non lascia la lettiga di fortuna. Che, a quel punto viene restituita all’ambulanza, di nuovo nelle condizioni di muoversi con tutti i pezzi al loro posto. Sono scene da una ressa al Pronto soccorso di Cattinara nemmeno troppo insolite, dicono, ma che ultimamente, in questi giorni e ieri in particolare, si sarebbero ripetute a livelli record. Al punto che proprio ieri (forse perché nell’occasione, di ambulanze ferme, ce n’erano di più e non potevano passare inosservate o forse, ancora, perché ci sono rimaste più tempo di altre volte) è scoppiato il caso. La scintilla è stata che, nel primo pomeriggio, se ne sarebbero contate financo quattro in sosta contemporaneamente, e tale scenario sarebbe andato avanti per almeno un’oretta, con alcuni di quei pazienti arrivati a Cattinara su quelle stesse ambulanze ”parcheggiati” a propria volta nella zona di primo accoglimento del cosiddetto ”triage”. «Si tratta di fenomeni fisiologici cui, quando accadono, siamo in grado di far fronte, anche perché il turn-­‐over dei pazienti di prassi è rapido e così queste situazioni, nel momento in cui si presentano, durano appunto qualche minuto. Stavolta, ad esserne coinvolte, sono state un paio d’ambulanze, ferme per non più di venti minuti. Chi raccolta altro racconta il falso», la perentorietà del commissario della sanità triestina Nicola Delli Quadri. Erano le cinque del pomeriggio e a quel punto, assicurava Delli Quadri, non c’era più alcun mezzo del 118 fermo ai piedi dell’ospedale: «Tutte le ambulanze sono ora libere e circolanti». Andava finendo una giornata di quelle intense, al Pronto soccorso di Cattinara. Verso le sette di sera, in effetti, si contava una sessantina di pazienti in carico, di cui la metà al ”triage”. C’erano ancora barelle dappertutto, anche se tutte di proprietà dell’ospedale. Non era la conseguenza né di un qualche maxi-­‐incidente appena capitato né di una misteriosa epidemia tenuta nascosta. È piuttosto la conferma, al rialzo, di 2 una tendenza su cui Delli Quadri ha già dichiarato, di recente, di voler indagare. La media di accessi ai due pronti soccorso della città viaggiava fino all’anno scorso sui 190 al giorno (130 a Cattinara e 60 al Maggiore), da gennaio in qua è schizzata del 10% all’insu, di almeno 20 pazienti ogni 24 ore. Caso ha voluto che poi, dopo la pubblicazione di questi e altri dati, nell’ultima settimana il numero degli accessi sia salito ancora, e ancora, esplodendo in particolare lo scorso lunedì, con addirittura più di 260 pazienti in carico fra Maggiore e soprattutto Cattinar, dove si sta ripresentando a decine il fenomeno dei fuori reparto. Proprio ieri sera, sempre alle sette, a cinque ore dalla chiusura statistica della giornata, gli accessi avevano già sfondato quota 200. C’è qualche filtro che sta funzionando male? Delli Quadri non si permette di sentenziare, quantomeno pubblicamente, prima di aver concluso le indagini che ha impostato: «Speravo che un simile trend rallentasse, non è successo. Stiamo cercando di capire, ma intanto i pazienti arrivano, continuano ad arrivare e a chi viene al Pronto soccorso è nostro dovere anzitutto dare le risposte di cui ha bisogno. L’analisi del fenomeno viene dopo questa priorità». L’eccezionalità della giornata di ieri però non è sfuggita a mondo politico e sindacale. Così Claudio Giacomelli di Fratelli d’Italia: «Un fatto gravissimo. Proporremo al nostro consigliere regionale Luca Ciriani di presentare un’interrogazione per capire come sia possibile che restino immobilizzate quattro ambulanze in un ospedale. Se ci fosse stato bisogno di questi mezzi in città, cosa sarebbe successo?». All’attacco anche Matteo Modica dell’Ugl Sanità: «Credo che quanto accaduto sia la dimostrazione di come le politiche sanitarie della Regione siano inadatte e sbagliate. Chiedo alla Regione stessa di aprire allora un serio confronto, facendo un passo indietro rispetto alle decisioni assunte». Decreto firmato sul nuovo ospedale Il commissario recepisce la sentenza del Tar: Rizzani De Eccher prima in classifica La Rizzani De Eccher, per il momento, è la prima impresa nella graduatoria della gara per la riqualificazione dell’ospedale di Cattinara e la realizzazione della nuova sede del Burlo Garofolo. A stabilirlo è un decreto, datato 12 aprile, firmato dal commissario straordinario dell’Azienda ospedaliero universitaria, Nicola Delli Quadri. Con questo documento l’Azienda prende atto delle recenti sentenze in base alle quali il Tar ha annullato l’aggiudicazione definitiva della gara d’appalto al raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dalla Clea Impresa cooperativa di costruzioni generali e ha escluso dalla procedura sia quest’ultimo raggruppamento sia quello che fa capo alla Cmb Società cooperativa muratori e braccianti di Carpi. Ricordiamo che, contestualmente all’emissione della sentenza, una decina di giorni fa, i legali dei due raggruppamenti che sono risultati soccombenti hanno preannunciato l’appello al Consiglio di Stato. In relazione a quest’ultimo ricorso nel decreto si legge che l’Azienda ospedaliero universitaria si riserva futuri provvedimenti, legati all’aggiudicazione provvisoria e definitiva, tenendo anche conto dell’esito dell’eventuale giudizio di appello. Quali saranno le successive fasi del complesso e ormai lungo iter dipende insomma dalle decisioni che prenderà (si presume a breve) il Consiglio di Stato. Nel frattempo l’Azienda ospedaliero universitaria eseguirà, a carico della Rizzani De Eccher, le verifiche previste dal Codice dei contratti sia in merito alla capacità economico-­‐finanziaria e tecnico organizzativa, sia delle dichiarazioni rese in sede di gara sul possesso dei requisiti generali (idoneità professionale). Verrà anche verificata la congruità dell’offerta fatta dall’azienda friulana. Il decreto sarà inoltre comunicato al responsabile dell’Accordo di programma per il cofinanziamento statale, in relazione alla richiesta di proroga del finanziamento stesso. 3 Welfare Isee e disabilità Il Comune accoglie tutte le domande Buone notizie per i cittadini con problemi di disabilità alle prese con la compilazione dei modelli Isee necessari per accedere ai benefici regionali e comunali. Il Comune ha scelto di intervenire per rendere meno nebuloso e incerto il quadro innescati dalle recenti sentenze del Consiglio di Stato, che hanno dichiarato illegittimo il conteggio, nel calcolo dell’Isee, degli assegni assistenziali, previdenziali e indennitari connessi alla disabilità. La questione è stata oggetto di alcune mozioni discusse dal Consiglio comunale ed è all'attenzione della giunta, che si sta attivando con Inps e governo per sollecitare tutte le modifiche che rendano possibile per le persone disabili avere un Isee che rispetti i contenuti delle sentenze e non conteggi appunto tra i redditi l'indennità di accompagnamento e le pensioni di invalidità. Senza queste modifiche non è possibile infatti né per il Comune, né per i Caf, sottrarre queste indennità dall’Isee. Tuttavia, per non penalizzare le persone con disabilità, l’amministrazione ha deciso di accogliere comunque, ancorché con riserva, le domande dei cittadini che presentano una dichiarazione Isee con queste caratteristiche: in sostanza, il cittadino che ricevesse indennità di accompagnamento o pensione di invalidità sarà chiamato a dichiararlo formalmente, al momento della presentazione della domanda, e tuttavia la domanda stessa, anche se oltre i limiti di Isee, non verrà rigettata. Si tratta di una soluzione temporanea in attesa che venga fatta quanto prima chiarezza da parte degli enti preposti, che verrà applicata in tutte quelle situazioni che lo consentiranno, con riserva di eventuali conguagli, in positivo o in negativo, al momento della presentazione del nuovo Isee corretto. La stessa possibilità di vedere applicati eventuali conguagli, in positivo o in negativo, al momento della presentazione del nuovo Isee corretto e in tutte le situazioni in cui sarà possibile farlo, verrà naturalmente garantita anche per il calcolo delle tariffe dei servizi educativi (centri estivi, ricrestate, ricreatori invernali, Sis, nidi comunali e convenzionati, scuole dell'infanzia comunali e convenzionate, spazi gioco, sezioni primavera, mensa scolastica). Lettere Sanità. Tempi d’attesa al Pronto soccorso Leggo con piacere sul Piccolo del 7 aprile dei migliorati tempi d’attesa al Pronto soccorso. Tutto bene. Peccato che mia madre, V.G. 88 anni, il 4 aprile è entrata al Pronto soccorso alle 13, con prescrizione di ricovero fatta dal medico di famiglia. È stata ricoverata in reparto alle 4 del 5 aprile, dopo 15 ore di Pronto soccorso. Forse viviamo in un mondo virtuale o la statistica è ancora quella di Trilussa? Marina Bressan Monfalcone Pronto soccorso sotto stress La Cgil: «Manca personale» Il sindacato denuncia i tagli sugli infermieri che fanno saltare i turni al San Polo: «Operatori con un anno di ferie arretrate, ora vigileremo sui riposi obbligatori» di Tiziana Carpinelli. Un Pronto soccorso sotto stress a causa del super-­‐lavoro. Con la sala d’attesa letteralmente presa d’assalto, pochi infermieri e ferie che troppo spesso saltano per garantire il servizio. È la fotografia in bianco e nero scattata dai sindacati sul punto di prima emergenza dell’ospedale monfalconese, tutto l’anno gremito di codici verdi, gialli e rossi. «Magari fosse solo un gioco di parole -­‐ commenta Luca Manià, segretario generale della Cgil-­‐
Funzione pubblica -­‐. Invece è la preoccupante realtà dell’emergenza nella città dei cantieri». Stando al sindacalista le cifre appena rese note sul “buco” del personale nella sanità del Friuli 4 Venezia Giulia (meno 479 unità solo nel biennio 2014-­‐2015) «diventano una voragine se si usa lo zoom sull’Azienda 2 Bassa friulana-­‐Isontina», dove il taglio è di 119 operatori solamente nell’anno appena trascorso: il dato in assoluto peggiore della regione. «E da voragine -­‐ prosegue Manià -­‐ i numeri diventano emergenza quando si guarda al Pronto Soccorso dell’ospedale di Monfalcone, che ha avuto 30mila accessi nel 2015». Una media giornaliera di 82 ingressi per il presidio di via Galvani, in cui «sarebbero necessari almeno 31 infermieri e invece ce ne sono solo 27, peraltro da troppo tempo», la «programmazione dei turni salta, visto che c’è chi rimane a gestire emergenze per 12 ore di fila», si verificano «richiami in servizio durante i giorni di riposo» e le ferie non vengono fruite. Insomma, una situazione, per la Cgil, ormai giunta abbondantemente al limite. Al punto da lanciare un grido d’allarme, lavando i panni pubblicamente. «Mediamente gli infermieri presentano 20 giorni di ferie arretrate -­‐ sottolinea il segretario generale della Cgil -­‐ con punte di 32-­‐35 giorni, cioè più di un anno di arretrato, e con l’avvicinarsi dell’estate tutto peggiorerà, in quanto alle mancate ferie degli anni scorsi si aggiungeranno quelle del 2016 e perché questo non è un reparto in cui si può ridurre l’attività e chiudere per consentire almeno la fruizione delle ferie “correnti”. Pertanto, se la Direzione aziendale non provvederà al più presto ad adeguare gli organici, la situazione diventerà non più insopportabile, bensì insostenibile». A peggiorare il già critico quadro, la riferita circostanza che, non essendoci guardia attiva di notte in Medicina, i pazienti vengono assistiti ricorrendo ai letti di osservazione dal pomeriggio fino alla mattina seguente, così ulteriormente aggravando il carico di lavoro sulle spalle del Pronto soccorso. «Una situazione più volte segnalata ai vertici aziendali -­‐ commenta Manià -­‐, ma finora rimasta irrisolta, anzi acuita, poiché i primi dati del 2016 segnalano un ulteriore peggioramento degli organici aziendali, con un poco lusinghiero meno 20: di questo passo a fine anno arriveremo a un altro taglio di 120 lavoratori». Inutile rammentare che la scure sul personale cade in un ambito nel quale è invece fondamentale vi sia un numero adeguato di infermieri e medici, che non se la passano certamente meglio: ne mancano, sempre per la Cgil, almeno due. Ma i sindacati intendono presto passare alle azioni: «È recente la sentenza sui riposi, che devono essere garantiti a chi lavora a turno anche in sanità, per il recupero psico-­‐fisico del lavoratore, ma anche per l’attenzione e cura da darsi ai pazienti». «Verificheremo il rispetto di un tanto -­‐ conclude -­‐ e, nel caso, faremo la segnalazione agli organi competenti perché l’emergenza è il luogo di lavoro e non può essere invece la modalità ordinaria di lavorare». Oltre 30mila accessi nel 2015, la metà dei codici sono a basso rischio Sono 30.022 gli accessi effettuati nel 2015 al Pronto soccorso, quasi mille in più rispetto all’anno precedente. E questi primi mesi del 2016 non stanno segnalando un’inversione di tendenza, anzi, il servizio si trova a fare fronte con una carenza di personale che impatta non poco sui tempi di attesa dei casi meno urgenti. Ben 15.913, quindi il 53%, sono stati classificati al “triage”, cioè alla valutazione di ingresso, come codici verdi (basso rischio). Un altro 33,50% è rappresentato da codici bianchi, comunque in riduzione rispetto al 2014, quando i “bianchi” erano stati il 38,8%. In termini assoluti, si tratta di 88 accessi con codice bianco in meno, mentre sono stati quasi 200 in meno i codici gialli in entrata al Pronto soccorso (3.820 contro 4.026). Aumentati invece i codici rossi, i casi in cui i parametri vitali sono già alterati o ad alto rischio di alterazione, passati da 220 a 231. LA POLEMICA Cisint: «Spariti 19 posti letto Bisogna portare garze e pomate» Che i tagli alla sanità si riverberino poi sui servizi lo sostiene da tempo la leghista Anna Cisint, che oltre a denunciare alcune indicazioni contenute nel Piano delle performance per il 2016-­‐
2018 segnala situazioni riferite da utenti del San Polo. «Una donna -­‐ esordisce -­‐ che 5 quotidianamente deve recarsi all’ospedale per delle medicazioni in parti delicate deve presentarsi col kit di bende e pomate, da lei acquistate. Già questa mi sembra una situazione paradossale. Poi ci sono circostanze anche peggiori, come quella di un malato affetto da un morbo rarissimo, che chiede alla struttura sanitaria, per una vita più dignitosa, la sostituzione della carrozzina, ma gli vengono opposte ragioni di eccessiva dispendiosità». E poi «ci sono i casi di chi, per dignità, neppure protesta». «La cosa che mi sconcerta -­‐ prosegue Cisint -­‐ è che nel piano di riorientamento economico per il triennio 2015-­‐2018 viene indicato un deficit strutturale triennale di 21,9 milioni di euro, determinati da maggiori costi per 14 milioni e minori ricavi per 7 milioni. Ebbene, come si intende correre ai ripari? Disattivando 19 posti letto, di cui cinque in area intensiva e 14 in chirurgica, tra gli ospedali di Monfalcone e Gorizia, col risultato di trasformare le strutture in cronicari o ambulatori, per converso lasciando campo libero al settore privato». Ma, sempre secondo Cisint, togliendo servizi il cittadino sarà costretto a rivolgersi a poli sanitari dislocati su territori distanti, venendo così penalizzato rispetto ad altri. «Scorrendo i documenti -­‐ conclude la leghista -­‐ si legge anche della necessità di ridurre il tasso di ricoveri per gli over 65». «Ma poiché il 70% del bilancio regionale, frutto delle nostre tasse, è investito in sanità -­‐ termina -­‐ è ora di chiedere con forza che i servizi siano garantiti anche qui». (ti.ca.) Gradisca per un giorno capitale della clown-­‐terapia A metà maggio la cittadina ospiterà la festa dei “Nasi Rossi”, i volontari attivi in ospedali e case di riposo. In piazza, stand, intrattenimenti e mercatino di Luigi Murciano. GRADISCA. La cittadina della Fortezza sempre più "capitale" della clownterapia. Gradisca d'Isonzo ospiterà la tappa isontina della Giornata nazionale del Naso Rosso, vale a dire la festa di quegli encomiabili volontari della federazione Vip (Viviamo in positivo onlus) di cui fa parte l'associazione UnDueTreClaun, il riferimento provinciale per questo tipo di attività. L'appuntamento è in programma sabato 14 maggio in piazza Unità d'Italia e oltre a stand informativi sulla clownterapia prevede anche le bancarelle di un mercatino con oggettistica realizzata a mano dagli stessi volontari per autofinanziarsi, degustazioni di dolciumi, giochi e animazioni per i bambini, e la presenza degli ospiti della locale casa di riposo "San Salvatore", ove i volontari prestano animazione regolarmente. Una festa che si rivolge alle famiglie e a diverse generazioni, dunque, nell'ottica di sensibilizzare le persone su un'attività meritoria che a Gradisca pare avere trovato una sua seconda casa. Oltre alla Giornata dedicata ai volontari, infatti, dal 27 al 30 gennaio 2017 la cittadina isontina ospiterà i nuovi corsi formativi per gli aspiranti "Patch Adams" capaci di portare un sorriso nelle corsie. Persone che trovano dentro di sé la forza di portare un sorriso dove invece albergano sofferenza, angoscia, dolore: nelle corsie d'ospedale -­‐ spesso, ma non solo, a beneficio dei bambini -­‐, nelle case di riposo e nelle strutture per persone diversamente abili. Armate di naso rosso, camice colorato e soprattutto di un'inesauribile scorta di sorrisi, portano positività in luoghi dove la speranza e la voglia di vivere sono soffocati. La clownterapia (anche se il suo teorizzatore non ama questa definizione né tantomeno il film che gli è stato dedicato) la si deve al medico statunitense Hunter "Patch" Adams, reso celebre da una pellicola che ha avuto per protagonista il compianto Robin Williams. Adams lo affermava anche recentemente: «Non serve un diploma per aiutare a sorridere chi soffre. Serve amare la vita». I corsi sono aperti proprio a tutti: operatori sociali, certo, ma anche insegnanti, infermieri, medici, casalinghe, professionisti o semplicemente ragazzi. Le lezioni saranno ospitate dai locali del Cisi di via Zorutti a Gradisca. Allenamenti due volte al mese, altre dieci volte al mese i servizi nelle strutture. La formazione di un clown di corsia non è affatto cosa semplice. Avere a che fare col mondo del dolore può essere un'esperienza molto probante: è necessaria tanta preparazione e una determinata attitudine psicologica. Rinunciare a qualcosa di sé per darlo agli altri. Attualmente sono una quarantina i soci 6 dell'associazione che opera sul territorio isontino: dal reparto chirurgia del San Giovanni di Dio di Gorizia, al reparto pediatria di Monfalcone, passando per la Casa di cura per anziani Villa San Giusto, la casa di ricovero per lungodegenti "Corradini" di Ronchi, la "San Salvatore" di Gradisca. Messaggero Veneto 14 aprile 2016 Regione Dal Fvg è fuga in Veneto per le cure termali L’assessore Telesca: saldo negativo dei trattamenti con i fanghi, spesi 2,3 milioni Regione attrattiva per ricoveri ospedalieri. In giunta rafforzati Distretti e Consultori UDINE. Non tirano nè quelle le strutture di Arta Terme, nè quelle di Grado. Tanto che i corregionali preferiscono il vicino Veneto, soprattutto per le cure attraverso i fanghi. A rivelarlo è stata ieri l’assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca, che in Consiglio regionale ha offerto lo spaccato sul “turismo sanitario”, rispondendo a un’interrogazione del consigliere di Fi Rodolfo Ziberna. Un fotografia positiva, secondo l’assessore, tranne sul fronte delle cure termali, settore nel quale il dato di fuga dal Fvg relativo al 2013 è di 2,3 milioni, dei quali 1,6 verso il Veneto, mentre quello di attrazione si ferma a 77 mila 546 euro, dei quali 29 mila 827 dal Veneto. «Il 65 per cento della fuga per cure termali è da ascrivere ai fanghi», ha spiegato Telesca. Negli altri settori, invece, il saldo tra attrazione e fuga resta positivo. I dati forniti in Consiglio dicono che in quanto a mobilità interregionale, nel 2011 l’importo totale di fuga è stato di 68 milioni e mezzo di euro a fronte di un’attrazione arrivata invece a di 94,1 milioni. E il saldo positivo è stato registrato anche nel 2012 – 69,1 milioni di euro contro 97,6 milioni – e nel 2013 – 72 milioni l’importo di fuga mentre l’attrazione ammonta a 98,6 milioni. «Il dato di mobilità più rilevante – ha spiegato Telesca – è quello relativo ai ricoveri ospedalieri per il quale si registra ugualmente un saldo positivo». I numeri del 2013 (ultimo dato disponibile) sul fronte dei ricoveri ospedalieri dicono che l’importo relativo alla fuga è stato di 49,3 milioni di euro, dei quali 28,8 milioni verso il Veneto, contro un’attrazione che ammonta a 66,2 milioni, dei quali 45,1 milioni dal Veneto. «Anche per la specialistica ambulatoriale il saldo tra attrazione e fuga è positivo» ha aggiunto l’assessore riportando come il dato di fuga per il 2013 in quel campo ammonti a 14,5 milioni – dei quali 11,1 milioni verso il Veneto – rispetto a un’attrazione di 21,4 milioni – 16,3 milioni dal Veneto. Ieri, invece, su proposta di Telesca la giunta ha approvato la delibera per fornire alle Aziende per l’assistenza sanitaria le linee di indirizzo per la riorganizzazione e la valorizzazione dei Consultori familiari, ma anche per la valorizzazione e il consolidamento del ruolo del Distretto. «Con questo provvedimento – ha precisato l’assessore – forniamo agli enti del sistema sanitario regionale le linee di indirizzo per la valorizzazione e il consolidamento del ruolo del Distretto, riconoscendone l’autonomia gestionale e specificando che anche nelle Aziende sanitarie, dove è prevista la realizzazione del dipartimento delle cure primarie, devono essere individuate e sviluppate le funzioni», ha concluso Telesca. Ospedali di Trieste Lavori assegnati a de Eccher in attesa del Consiglio di Stato TRIESTE. Rizzani de Eccher è (per il momento) la prima impresa nella graduatoria della gara per la riqualificazione dell’Ospedale di Cattinara e la realizzazione della nuova sede del Burlo Garofolo. A stabilirlo è un decreto, datato 12 aprile, firmato dal commissario straordinario dell’Azienda ospedaliero universitaria, Nicola Delli Quadri. Con questo documento l’Azienda prende atto delle recenti sentenze in base alle quali il Tar ha annullato l’aggiudicazione 7 definitiva della gara d’appalto al raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dalla Clea Impresa cooperativa di costruzioni generali, e ha escluso dalla procedura sia quest’ultimo raggruppamento sia quello che fa capo alla Cmb Società cooperativa muratori e braccianti di Carpi. Contestualmente all’emissione della sentenza, una decina di giorni fa, i legali dei due raggruppamenti che sono risultati soccombenti hanno preannunciato l’appello al Consiglio di Stato. In relazione a quest’ultimo ricorso nel decreto si legge che l’Azienda ospedaliero universitaria si riserva futuri provvedimenti, legati all’aggiudicazione provvisoria e definitiva, tenendo anche conto dell’esito dell’eventuale giudizio di appello. Quali saranno le successive fasi del complesso e ormai lungo iter dipende insomma dalle decisioni che prenderà (si presume a breve) il Consiglio di Stato. Nel frattempo l’Azienda ospedaliero universitaria eseguirà, a carico della Rizzani De Eccher, le verifiche previste dal Codice dei contratti sia in merito alla capacità economico-­‐finanziaria e tecnico organizzativa, sia delle dichiarazioni rese in sede di gara sul possesso dei requisiti generali (idoneità professionale). Udine Mancano infermieri? Soldi a chi fa piú ore Quasi 6 milioni di euro di risorse per le aziende della provincia di Udine I sindacati preoccupati: «In un anno persi 106 posti di lavoro» di Alessandra Ceschia Quasi 6 milioni di euro per i dipendenti delle aziende sanitarie e ospedaliere della provincia di Udine, senza contare i 2,6 milioni di euro assegnati all’Azienda per l’assistenza sanitaria 2 Isontina-­‐Bassa Friulana. Arriva una pioggia di fondi destinati al personale del comparto (restano da firmare gli accordi per il personale dirigente e per i medici), a calare però è il numero dei dipendenti: in un anno sono stati persi 106 posti di lavoro, oltre 500 nell’arco di un biennio. Complessivamente, la Regione ha stanziato 15,7 milioni di euro. A incassare le fetta più grossa delle risorse regionali aggiuntive è l’Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine, che si porta a casa 3.122.840 euro, all’Azienda per l’assistenza sanitaria 2 Isontina-­‐Bassa friulana vanno 2.633.956 euro, 1.712.653 per la 3 Alto Collinare e Medio Friuli e alla 4 del Friuli centrale altri 877.223 euro. L’accordo sulle risorse regionali aggiuntive del personale del comparto, che avrà durata triennale, è stato siglato a tempo record fra i vertici regionali e i rappresentanti sindacali. «L’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca ha garantito per quest’anno gli stessi fondi del 2015 – fa il punto Nicola Cannarsa, segretario regionale Fp Cisl – l’accordo rimane fissato per tre anni così le aziende avranno la possibilità di fare progetti di ampio respiro, sono stati inoltre previsti 300 mila euro per le mobilità obbligatorie del personale, incentivi per il personale distaccato ai corsi di laurea, ma soprattutto sono stati previsti incentivi al personale turnista che si presta a effettuare servizi notturni o festivi, un inserimento importante, visto che il contratto risale al 1999. La Regione – aggiunge Cannarsa – si è fatta carico anche di attribuire le indennità che non erano ancora state previste per il personale Oss (Operatore socio-­‐sanitarie) e Ota (Operatore tecnico assistenziale) che viene impiegato nelle sale operatorie e nei reparti intensivi». Dei 15 milioni di euro stanziati dalla Regione 8.318.973 verranno impiegati per gli incentivi al personale sul lavoro notturno e festivo, per il turno e per il personale Ota Oss, tutor e coordinatori (1.822.557 solo al Santa Maria della Misericordia di Udine). Altri 320.151 euro andranno al personale distaccato ai corsi di laurea nell’area sanitaria, mentre 6.968.404 euro saranno destinati a finanziare i progetti delle singole aziende. Scelte opportune quelle effettuate della Regione per Alessandro Baldassi, segretario regionale della Cgil Fp, visto che – osserva –, sono stati destinati oltre 8 milioni per compensare i disagi e le difficoltà che gli operatori del comparto sono chiamati ad affrontare. Basti pensare alla complicata fase legata al nuovo sistema di emergenza 118 che richiede un particolare impegno del personale in montagna. A Chiusaforte è stata aperta una nuova 8 postazione dove il personale si trova a fare turni di 12 ore senza un pasto caldo e con un bagno esterno senza porte. Anche per il personale che, per effetto di accorpamenti e chiusure, verrà trasferito è stato previsto un incentivo. Il problema più grande però resta quello del buco nell’organico – osserva Baldassi – dal 2014 a oggi i dipendenti sono scesi di oltre 500 unità e, nel 70% dei casi si trattava di personale sanitario». Ben vengano dunque gli incentivi, ma questi, da soli, non bastano a risolvere il problema della carenza di personale. Luciano Bressan della Uil Fp, infatti sottolinea: «È andata bene, infatti abbiamo chiuso l’accordo in tempi rapidissimi ed è la prima volta che succede nell’ultimo ventennio. È stata anche lasciata – osserva Bressan – un’ampia capacità di manovra alla contrattazione decentrata delle diverse aziende. Ciò che ci auguriamo però – eccepisce – è che questi soldi non vengano spesi per caricare ancora di più il personale con turni e richiami in servizio facendo passare l’impegno mensile del personale da 36 a 48 ore. Vigileremo perché questo non accada. La salute non si compra». Medici di base: individuate due zone carenti Riguardano l’area di San Giovanni al Natisone-­‐Corno di Rosazzo e le Valli Sono due le zone carenti per i medici di medicina generale individuate dall’Azienda per l’assistenza sanitaria 4 del Friuli Centrale. Si tratta dell’Ambito territoriale di Corno di Rosazzo e San Giovanni al Natisone e in quello molto disagiato di Drenchia, Grimacco, San Leonardo, San Pietro al Natisone, Savogna, Pulfero e Stregna. La determina, a firma del responsabile del Centro di risorsa Massimo Bernardi, fa seguito ad alcune cessazioni: quella del dottor Luigi Calogero Di Marco, che seguiva Corno di Rosazzo e San Giovanni al Natisone, in quiescenza dal dicembre scorso, e quello del dottor Valentino Tullio che seguiva i comuni delle Valli e ha cessato l’attività per trasferimento. Poichè l’accordo integrativo regionale prescrive l’inserimento di un nuovo medico di medicina generale ogni 1.300 abitanti residenti di età superiore ai 14 anni o frazione di 1.300 superiore a 650 per l’ambito di Corno di Rosazzo e San Giovanni al Natisone, è necessario provvedere alla pubblicazione di una zona 9 carente. Quanto alla seconda area, lo stesso accordo prevede che per le zone disagiatissime deve essere inserito un nuovo medico di medicina generale ogni mille abitanti residenti con più di 14 anni o frazione superiore a 500. Proprio per porre rimedio a questa situazione e adeguarsi alle norme, l’Ass4 ha quindi proceduto alla pubblicazione di due zone carenti di medicine generale che sono state inoltrate alla Direzione centrale salute. (a.c.) «Ecco il racconto della mia battaglia contro l’alcolismo» La storia di Walter, giovane friulano, finito nel tunnel Canzian (Aas 3): per uscirne è fondamentale l’aiuto dei gruppi di Elena Del Giudice. UDINE. «Mi chiamo Walter e sono un alcolista». Una dichiarazione che racchiude in sè il coraggio di chi ammette di avere un problema e cerca di uscirne, il coraggio di mettersi in gioco, il coraggio di chiedere aiuto. Inizia così il racconto di Walter, un uomo che è nato e vive in un paese della montagna friulana, che ha iniziato a bere «verso i 14/15 anni, in compagnia degli amici». Qualche birra, all’inizio, che poi sono diventate 3, 4... quelle necessarie «ad ubriacarmi». Nessuna conseguenza dalle prime “sbronze”, non incidenti, non grandi liti. «Poi un giorno ho iniziato con un paio di amici un giro di bevute fino a non ricordare più quel che era accaduto. Mi sono svegliato in ospedale -­‐ prosegue Walter -­‐ dove mi hanno detto che ero andato in coma etilico». Per un paio di settimane non ha bevuto, ma poi un giorno «non so nemmeno come, ho ricominciato. Prima un caffè corretto, poi una birra, poi di nuovo come prima. Anzi, più di prima». Walter se ne va di casa dove le discussioni per il suo bere eccessivo erano all’ordine del giorno. Ma la vita da single è ancora più difficile: i soldi se ne vanno nell’alcol, e anche l’auto deve essere venduta perché non riesce a pagare le rate. L’incontro con Marta (nome di fantasia) sembra aprire nuovi orizzonti, ma Marta non è disposta ad accettare il comportamento del suo ragazzo, non voleva che bevesse. E un giorno «ha preteso che non bevessi più». La storia, e la convivenza, diventano burrascose finchè dalle liti si passa alla violenza fisica. «A quel punto -­‐ confida -­‐ ho iniziato a rendermi conto che l’alcol, da compagno spensierato di vita e baldorie, era diventato un problema serio». La vita di Walter cambia quando decide di rivolgersi agli Alcolisti anonimi. «La paura di venire giudicato era tantissima, ma la sofferenza era tale che non potevo più bere». Si è presentato al primo incontro astinente da 4 giorni e ha scoperto che «lì c’erano persone come me, che non mi giudicavano e che desideravano aiutarmi. Ho deciso di fidarmi e di frequentare». Sono 4 mesi che Walter non beve più. «Non tutti i problemi sono stati risolti, ma tengo duro e ogni giorno che passa alimenta la speranza che, se vado avanti così, il mio futuro non potrà che essere migliore». Oggi che si celebra la giornata di prevenzione dell’alcolismo, la testimonianza di Walter «ci dice molto su che cosa sia l’alcolismo -­‐ spiega Gianni Canzian, direttore del Dipartimento delle dipendenze della Aas 3 Alto Friuli -­‐: non solo un’abitudine sbagliata ma, come tutte le dipendenze, una vera e propria malattia neurobiologica. L’alcol, infatti, come la nicotina, l’eroina, ma anche il gioco d’azzardo, può modificare nel tempo in modo permanente l’attività di alcune aree del cervello. E sono modifiche da cui non si torna mai indietro del tutto». Per chi si trova in una situazione di dipendenza «è importante capire e accettare questa condizione, liberandosi della vergogna e dei sensi di colpa, ma anche dall’orgoglio che porta a negare e a sfidare questo limite». Un grande aiuto in questo percorso di consapevolezza «può arrivare dalla partecipazione ad un gruppo di persone che hanno attraversato lo stesso problema. Come gli alcolisti anonimi-­‐ conclude Canzian -­‐, i Cat, i percorsi di gruppo attivi nei servizi di alcologia». La seconda vita di Giovanni Del Frate, medico in Africa «In Italia per un cesareo si usano 30 strumenti, in Sierra Leone ne abbiamo a disposizione 5 e tutti mal ridotti» UDINE. Giovanni Del Frate è volato da San Daniele del Friuli a Freetown, capitale della Sierra Leone, per intervenire nel Princess Christian Maternity Hospital (Pcmh), la più importante 10 maternità del Paese, in cui Medici con l’Africa Cuamm ha cominciato a operare a marzo proprio grazie al dottor Del Frate. Ex primario di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Sant’Antonio di San Daniele del Friuli, Giovanni Del Frate è a Freetown per mettere le sue conoscenze al servizio delle esigenze del sistema sanitario locale, nella delicata fase del post-­‐
Ebola, on l’obiettivo di combattere contro la mortalità materna e neonatale. «L’accoglienza ricevuta da parte del personale locale è stata positiva -­‐ racconta Giovanni Del Frate -­‐, e questo è importante. Ci sono aspetti tecnici su cui lavorare e criticità da risolvere al più presto -­‐ aggiunge -­‐. In ospedale stanno ristrutturando la sala parto, la sala operatoria e la clinica ante-­‐
natale. I lavori, che non dipendono dal Cuamm, sono in fase avanzata, ma è urgente accelerare i tempi, perché fino a quando questi spazi non saranno agibili non si potrà cominciare davvero a organizzare bene il lavoro. Per il momento mancano tutti gli strumenti: ecografi, letti da parto, lettino da sala operatoria. Abbiamo forbici che non tagliano e pinze che non stringono. Per un cesareo in Europa si usano trenta strumenti: qui ne abbiamo a disposizione cinque, tutti malridotti». «In Sierra Leone -­‐ spiega -­‐ dal 2010 per legge è obbligatorio offrire cure gratuite a tutte le madri e ai bambini al di sotto dei cinque anni, ma spesso nei fatti queste indicazioni non vengono messe in pratica. È triste, ma spesso sembra che sia i medici che i pazienti non siano veramente convinti che la salute sia un diritto, non solo un privilegio dei pochi che la possono pagare. Qui al Princess Christian Maternity Hospital il ricovero per le donne e per i bambini è gratuito, ma è una conquista non scontata, per niente banale. Per cambiare questa mentalità, per il bene di tutti, le prediche qui non funzionano, bisogna intervenire con i fatti, con l’esempio». Del Frate guarda con fiducia ai giovani medici «nati qui che conoscono le esigenze del loro ospedale ma che sanno che ci sono altri modi di lavorare e sono interessati a conoscerli. Con loro si può ragionare su un nuovo modo di intendere la sanità, di impostare il nostro lavoro: garantire cure gratuite, ma tempestive ed efficaci». Endocrinologia e tumori un meeting di due giorni Il 15 e il 16 aprile si terrà a Palazzo Kechler il primo “UpDate” in endocrinologia oncologica. Al convegno, organizzato dal dottor Franco Grimaldi, direttore della Soc di endocrinologia e malattie del metabolismo – nutrizione clinica dell’Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia, parteciperanno numerosi esperti nazionali e internazionali. Il meeting è organizzato da Ame, associazione Medici Endocrinologi. «Il ruolo dell’endocrinologo è fondamentale nella gestione di alcune patologie oncologiche – sottolinea Grimaldi –, e in particolare la Soc di Udine si interessa di un gruppo di tumori complessi, i tumori neuroendocrini, rari ma non imbattibili, anche con la recente attivazione del gruppo multidisciplinare tra le diverse strutture specialistiche che si occupano di queste patologie: oncologia, chirurgia, medicina nucleare, gastroenterologia, pneumologia e radiologia». Il convegno sarà l’occasione per analizzare e approfondire alcune neoplasie: i tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici, i tumori ipofisari, della tiroide, al seno, alla prostata e la gestione del diabete come complicanza della terapia oncologica. Saranno inoltre presentati i trial su alcuni nuovi farmaci. I tumori neuroendocrini sono relativamente rari con 2.500-­‐2.700 nuovi casi all’anno e rappresentano meno dello 0,5% di tutti i tumori maligni. Sono più comuni tra gli adulti e gli anziani anche se possono essere diagnosticati anche in bambini e adolescenti. I più frequenti sono quelli che interessano il tratto gastroenteropancreatico (60-­‐70%), seguono quelli che colpiscono i polmoni e apparato respiratorio (20-­‐30%) e altre regioni del corpo come cute, tiroide, paratiroide e surreni (10%). San Daniele Distretto sanitario: fino a dieci mesi per l’invalidità di Maura Delle Case. SAN DANIELE. Per poter effettuare la visita medica necessaria per certificare lo stato d’invalidità ci vogliono oggi nei distretti socio-­‐sanitari di San Daniele e 11 Codroipo dagli 8 ai 10 mesi di attesa. Contro i due, massimo due e mezzo della media regionale. Disparità che ieri è stata denunciata in consiglio regionale dall’esponente del Movimento 5 Stelle, Elena Bianchi, con apposita interrogazione. «Il problema -­‐ ha detto la pentastellata -­‐ non è solo dei soggetti interessati in prima persona dall’invalidità, ma anche delle loro famiglie che spesso hanno la necessità di disporre delle dichiarazioni per accedere a determinati servizi, essenziali per gestire situazioni che spesso sono molto pesanti». Della situazione, che da qui a fine anno vede una lista d’attesa forte di circa 2.100 persone di cui 1.200 nel cordoipese e 900 nel sandanielese, la giunta ha dimostrato d’essere perfettamente al corrente, pronta a intervenire con l’obiettivo di andare a esaurimento delle visite entro il mese di dicembre riportando i tempi di attesa sotto i 2,5 mesi di media degli altri distretti. La lievitazione in collina si deve -­‐ come ieri ha spiegato l’assessore -­‐ al passaggio dall’Ass4 all’Aas 3 di San Daniele ma anche al pensionamento di diverse figure di grande esperienza addette al servizio. Il turnover è stato garantito ma il nuovo personale ha dovuto affrontare un percorso di formazione che ha purtroppo contribuito a rallentare ancor più lo scorrimento delle liste. L’attesa dovrebbe avere però i mesi contati. In aula l’assessore ha infatti come detto illustrato il piano di rientro, che mira a restituire normali tempi di attesa anche a San Daniele e Codroipo entro fine anno. Gorizia Fumata grigia per il centro prelievi di Lucinico La Salute contesta la proposta dell’Azienda sanitaria che prevede una riduzione dell’orario di apertura di Vincenzo Compagnone. Fumata grigia. Qualche passo in avanti, ma ancora parecchi ostacoli da superare. Si può sintetizzare così l’esito dell’incontro tenutosi ieri tra i vertici dell’Aas Bassa Friulana-­‐Isontina e i rappresentanti de La Salute di Lucinico in merito alla ripresa dell’attività del Centro prelievi tramite l’apertura di una “filiale” del Cup (Centro unico di prenotazione) per le analisi nella sede stessa del sodalizio presieduto da Ezio Bernardotto, presente alla riunione con la vicepresidente Francesca Morassutti e il direttore sanitario Paolo Crivelli (da parte aziendale c’erano il dg Giovanni Pilati, il ds Gianni Cavallini e quello amministrativo Antonio Poggiana). Ormai da nove mesi a La Salute è stato imposto dall’Aas il blocco dei prelievi, un servizio svolto da 31 anni, a causa di una serie di problemi burocratici e modalità della gestione della privacy. Secondo quanto hanno affermato i vertici aziendali, il centro prelievi di Lucinico funzionerebbe per tre giorni alla settimana, martedì, mercoledì e venerdì (come del resto avveniva fino al luglio scorso) ma con un orario ridotto, dalle 7 alle 8.30 rispetto alle precedenti 6.30-­‐7.30 con possibili “sforamenti”. Non solo, ma addetta all’accettazione vi sarebbe una sola persona appartenente alla cooperativa che gestisce il Cup dell’ospedale, mentre prima lo stesso compito era svolto anche da cinque volontari dell’associazione lucinichese. «Ciò equivarrebbe – ha sottolineato Bernardotto – a una drastica riduzione delle prestazioni: se fino a 9 mesi fa effettuavamo 100 prelievi al giorno così ne verrebbero eseguiti al massimo una ventina. E gli altri utenti che dovessero presentarsi? Li rispediamo a casa dando un’immagine di disorganizzazione?». Secondo l’Azienda, il problema non sussisterebbe se l’operatività de La Salute si limitasse ai pazienti di Lucinico e dintorni (Mossa, Capriva). Ma il servizio è sempre stato rivolto anche ai goriziani, o a persone che dovessero, per esempio, arrivare da Cormons: insomma una restrizione dell’attività che non va bene ai rappresentanti del sodalizio. E poi c’è il nodo-­‐privacy: l’Aass sostiene che gli operatori de La Salute dovrebbero ritirare i referti degli esami con la delega dei pazienti. Ma – protesta l’associazione lucinichese – questa procedura renderebbe il tutto ulteriormente macchinoso. Il confronto tra le parti è stato aggiornato a mercoledì prossimo. 12 Pordenone Supporto alla linea dei medici Cro, l’Ordine dei farmacisti schierato a tutela dell’istituto Il messaggio dell’Ordine dei farmacisti della provincia è chiaro: «Manteniamo le opportunità e i servizi di eccellenza che il Cro offre ai cittadini e ai malati di tumore». Nello specifico il servizio di farmacia, che è all’avanguardia. «Il dottor Luciano Maschio, presidente dell’Ordine dei Farmacisti, insieme a tutti i componenti del Consiglio – si legge in una nota dell’Ordine – esprimono rammarico per la riorganizzazione e per il trasferimento di strutture che nel documento di indirizzo sono state deliberate. Tali scelte potrebbero compromettere lo “status” di istituto scientifico Irccs». I farmacisti ricordano che la farmacia interna del Cro è stata la prima in regione a dare vita, nel 2003, a un centro “Unità Farmaci Antiblastici”, un laboratorio farmaceutico centralizzato che allestisce e prepara le dosi personalizzate per le chemioterapie endovenose da somministrare ai pazienti in cura oncologica. In questo laboratorio, che opera anche per Pordenone e San Vito al Tagliamento, sono prodotte oltre 40 mila preparazioni chemioterapiche personalizzate all’anno. Modello poi replicato anche a Udine e Trieste. «Centralizzare la preparazione farmaceutica degli antitumorali – afferma il responsabile della farmacia del Cro Paolo Baldo – non è solo garanzia di qualità tecnica e di osservanza della normativa sulla sicurezza dei lavoratori, ma anche di farmaci sicuri e con dosi adattate ad ogni singolo paziente». Inoltre evita inutili sprechi di sostanze. E’ anche attivo un servizio di informazione ai pazienti che possono rivolgersi ai farmacisti per avere informazioni sui farmaci e su prodotti naturali. Donatella Schettini 13