azioni con il minimo del rischio

Download Report

Transcript azioni con il minimo del rischio

Anno 9 - Numero 83 - Aprile 2016
AZIONI
CON IL MINIMO
DEL RISCHIO
EDITORIALE
Cambiare, ma non tutto! di Giuseppe Riccardi
Dopo anni di editoriali sui grandi cambiamenti (dei mercati, del modo di affrontarli,
del rischio, della costruzione dei portafogli,
del ruolo dei consulenti) è giunto anche per
noi il momento di cambiare e dopo qualche
mese di prove ed esperimenti oggi ne vedete
il risultato, sia sul cartaceo, sia sull’online, dove
dopo 16 anni (era il lontano 2000) lasciamo il
marchio Fondionline.it per concentrare tutte
le nostre attività sul nuovo Fondiesicav.it che
da oggi sarà visibile nella nuova veste grafica e
soprattutto con innovativi servizi a disposizione dei nostri utenti.
Per ciò che riguarda invece il mensile, da que-
sto numero Fondi&Sicav si presenta diverso,
quasi irriconoscibile, con una nuova impaginazione, un nuovo carattere tipografico (eh sì,
purtroppo più grande visto che in questi otto
anni siamo invecchiati sia noi sia voi lettori).
Abbiamo deciso di giocare molto tra bianco
e nero e colori, di utilizzare sempre più l’infografica, di dare più spazio alle fotografie per
creare un prodotto più moderno e più facilmente leggibile. Cercando di dare una risposta
ai consigli e alle indicazioni che ci avete dato
in questi anni troverete molti cambiamenti anche nei contenuti, con nuove rubriche.
Una sola cosa non è mutata: il nostro modo
di affrontare le inchieste, le analisi, le inter-
viste. Continueremo a essere indipendenti.
Continueremo a offrirvi gli scenari, i rischi e
le opportunità, i pareri dei gestori da tutto il
mondo, ma non vi daremo mai le soluzioni:
non è il nostro compito, ma quello dei vostri
consulenti, di chi segue quotidianamente voi e
i vostri investimenti. Da quel primo numero
del giugno 2008 a oggi voi lettori siete sempre
cresciuti numericamente e col vostro leggerci
ci avete dimostrato, ogni mese, che questa è la
strada giusta da seguire e continueremo quindi a percorrerla insieme a voi.
Il futuro è davvero vicino! di Alessandro Secciani
Per restare in tema di cambiamenti, oggi gli
investitori cominciano ad avere l’opportunità di puntare sulla più importante evoluzione industriale dai tempi dell’invenzione dei
primi telai tessili: la robotica. In un tempo
relativamente breve, una grande quantità
di lavori, anche di livello medio alto, verrà
svolto da macchine che entreranno da protagoniste negli uffici e nelle fabbriche. Milioni
di lavoratori verranno espulsi dagli impieghi
tradizionali e probabilmente i disoccupati
di oggi appariranno uno scherzo, rispetto a
quelli che si vedranno in futuro.
Perché di fronte alle grandi trasformazioni
industriali precedenti, questa ha una fortissima differenza: impoverirà intere classi sociali. I grandi mutamenti, infatti, hanno sempre
riversato sui lavoratori enormi quantità di
capitali sotto forma di salari e creavano la
base per nuovi consumi, che peraltro venivano offerti a costi ridotti grazie alle nuove
tecnologie. Ma i robot non comprano televisori o automobili, non acquistano oggetti
di moda e mangiano pochissimo. Al massimo
hanno bisogno di qualcuno che li program-
mi e li curi un po’. Quindi il rischio è che i
consumi, e di conseguenza la base dei futuri
investimenti, crollino.
Che cosa succederà allora? Le soluzioni
non sono molte. Quella più probabile è che
la gente venga pagata per stare a casa, per
divertirsi, per non fare nulla. Sarà un bene?
Sarà un male? Difficile dirlo. Ciò che è certo
è che questa visione futuristica è a disposizione degli investitori, che già oggi hanno la
possibilità, comprando un fondo che punta
sulla robotica, di dare un contributo non da
poco a uno scenario di questo tipo. Il futuro
è davvero vicino!
FONDI&SICAV aprile 2016
3
SOMMARIO
EDITORIALE
faccia a faccia con il gestore
Serge Pizem
global head of multi-asset investments
Axa Investment Managers
Puntiamo sulla volatilità
faccia a faccia con il gestore
Davide Marchesin
gestore del fondo Gam Star Lux
Financials Alpha Gam
Un beta vicino allo zero
news
GESTORI
Convertibili, uno strumento quasi ideale oggi
GESTORI
Convertibili, ecco i migliori a livello globale
COVER STORY
Investire con la fiducia
ai minimi
Rischiare il minimo possibile
Un equilibrio da ricostruire
Difesa europea e un po’ di value
ATTUALITÁ
Soprattutto duration sui Treasury
ATTUALITÁ
Rischio disastro a Londra
ETP
Rallenta la corsa
ETP
In continua crescita
Numero 83 Aprile 2016
Anno 9
direttore
Giuseppe Riccardi
coordinamento redazionale e direttore
responsabile
Alessandro Secciani
vicedirettore
Massimiliano D’Amico
CONSULENTI
RETI
Antonello Piancastelli
condirettore generale
Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking
Quando la consulenza è il marchio di fabbrica
I nodi da sciogliere
Giri di poltrona
LIFESTYLE
Il più alto valore nel più piccolo spazio
LIFESTYLE
Dopo Salone 2016
ufficio studi
Boris Secciani
progetto grafico
e impaginazione
Stefania Sala
collaboratori
Stefania Basso, Rocki Gialanella,
Federico Grasso,
Paola Sacerdote
redazione e pubblicità
Viale San Michele del Carso 1
20144 MIlano
T. 02 87063626
pubblicità
Alessandro Cervieri
[email protected]
casa editrice
GMR
Viale San Michele del Carso 1
20144 MIlano
T. 02 87063626
stampa
POGGI TIPOLITO
via G. Galilei 9
Assago
Autorizzazione n.297
dell’8 maggio 2008
del Tribunale di Milano
FACCIA A FACCIA con il gestore
Serge Pizem
global head of multi-asset Investments
Axa Investment Managers
Puntiamo
sulla
volatilità
Serge Pizem, global head of multi-asset
Investments di Axa Investment Managers,
spiega la sua view di mercato e chiarisce
come costruire un portafoglio multi-asset
per affrontare i saliscendi dei listini globali.
Nell’ultimo anno si è assistito in Italia al grande successo dei fondi multi-asset, strumenti che, almeno in
teoria, avrebbero dovuto mostrare
una grande decorrelazione. Non tutti questi prodotti, tuttavia, specie
nell’estate 2015 e nei primi mesi del
2016, hanno rispettato questo impegno. Come si è mosso il suo fondo
per generare rendimento anche nelle fasi più complicate evidenziate dai
mercati?
«Nel 2015 ci sono state tre fonti principali di alpha per il nostro fondo: la prima
è rappresentata dall’asset allocation, che
sull’azionario ha raggiunto ad aprile un picco dell’81% del totale per poi gradualmente
scendere al 50% a dicembre. Quest’allocazione ha aiutato il fondo, in particolare
quando nel maggio dello scorso anno il
mercato ha raggiunto il top per poi scendere fino a luglio, parallelamente alla crisi
greca. Poco dopo il rimbalzo, la sorprendente svalutazione cinese ha provocato una
forte correzione che è terminata a ottobre.
Abbiamo mantenuto l’esposizione sopra il
50% e abbiamo così beneficiato del rally di
ottobre».
E le altre fonti di rendimento quali
sono state?
a cura di Massimiliano D’Amico
6
FONDI&SICAV aprile 2016
«Una seconda fonte di performance per il
fondo è arrivata dallo stock picking. Siamo
stati in grado di acquistare azioni molto
performanti come ad esempio FinecoBank,
Pandora (un marchio di gioielli con casa
madre in Danimarca),Tenced Holding (un’azione internet cinese che è molto cresciuta
sull’e-commerce), Amazon.com, Global Payments (il sistema di pagamento via internet
basato negli Usa). Il terzo tema che ha contribuito a generare alpha è stato la posizione
lunga sul dollaro Usa nei confronti dell’euro:
iniziata nel 2014 a 0,73 questa strategia ha
generato profitti interessanti, considerando
che il biglietto verde è cresciuto fino a 0,94
nel primo trimestre. Il fondo che gestisco,
Axa Wf Global Optimal Income, punta a
sfruttare i rialzi del mercato azionario globale, mitigando i momenti di discesa. Tutti
questi fattori hanno contribuito a fare raggiungere nel 2015 una performance del
10,21% (al lordo delle commissioni in euro)
con una volatilità dell’11,31%. Per comprendere meglio questi dati, basti pensare che
l’indice Msci Ac World ha evidenziato un ritorno dell’8,76% e una volatilità del 18,62%.
Qualche settimana fa un importante strategist ha dichiarato che per
la prima volta nella sua carriera ha
visto i mercati mostrare grandi difficoltà anche in assenza di bad news significative. Quale strategia sta adottando per rispondere all’esplosione,
spesso improvvisa, della volatilità?
«Alla fine dello scorso anno era nostra convinzione che la volatilità nel 2016 sarebbe
aumentata sull’onda delle decisioni della
Fed destinate a influenzare il tasso di crescita degli States, della sfida della Cina che
sta vivendo una trasformazione dell’economia, da manifatturiera a fondata sui consumi,
della diminuzione del prezzo del petrolio e
dei rischi geopolitici. Perciò abbiamo rafforzato una strategia che potesse beneficiare dell’aumento della volatilità nel lungo
termine, acquistando call di lungo periodo,
mentre abbiamo shortato un quantitativo
equivalente di future. Questa strategia di
riposizionamento azionario è la nostra risposta all’aumento della volatilità.
I cali improvvisi rappresentano talora ottime opportunità per investire.
Considerando l’alta volatilità, quale
asset class mostra il migliore profilo
di rischio/rendimento?
«Crediamo che tatticamente le azioni dei
mercati emergenti possano offrire il migliore trade-off rischio/rendimento, poiché
i deflussi sembrano stabilizzarsi così come
i corsi della commodity. Tuttavia strategicamente, quindi nel lungo termine, non abbiamo segnali positivi sui fondamentali per
rafforzare una posizione lunga, ma abbiamo
adottato comunque una strategia fondata
sul breve termine».
L’euro continua a non deprezzarsi
rispetto al dollaro. Questo fenomeno come sta influenzando le vostre
strategie valutarie?
«Al momento non abbiamo forti convinzio-
ni sul tasso di cambio euro-dollaro, perciò
non abbiamo assunto posizioni su quest’asset class. Utilizziamo le valute, sia con un
obiettivo di ritorno assoluto, sia come copertura delle strategie. Per esempio essere
lunghi sullo yen giapponese è un modo per
coprire il portafoglio dai movimenti risk-off
del mercato, poiché la moneta nipponica è
considerata una scelta sicura. Teniamo, in
ogni caso, strettamente monitorata la correlazione delle principali valute rispetto
all’andamento dei mercati».
Il ciclo delle materie prime ha davvero toccato il fondo?
«È difficile dirlo in maniera definitiva. Pensiamo che ci sarà una pausa, ma i cicli delle
commodity tendono a essere molto lunghi e, anche se riteniamo che questo non
sia ancora finito, pensiamo che il rimbalzo
non sarà forte. È da rimarcare che la Cina
non rappresenterà più il grande consumatore globale, ruolo che ha ricoperto negli
ultimi 10 anni, e questo fenomeno genererà
un eccesso rilevante di capacità produttiva
sul fronte industriale. C’è ancora grande
capacità nel settore dell’estrazione e nell’energia. Sul petrolio crediamo, escludendo
l’estensione del conflitto mediorientale, che
il prezzo avrà un range il cui limite massimo
superiore sarà di circa 45-50 dollari, poiché
la capacità produttiva dello shale oil si riattesterà su livelli di sostenibilità economica».
FONDI&SICAV aprile 2016
7
FACCIA A FACCIA con il gestore
Davide Marchesin
MONEY MANAGER del fondo Gam Star
Lux Financials Alpha
Gam
Un beta
vicino
allo
zero
a cura di Boris Secciani
8
FONDI&SICAV aprile 2016
Potrebbe descrivere il vostro approccio ai portafogli long-short? Avete
posizioni corte sul mercato cash o attraverso l’uso di derivati quali equity
swap?
«Il nostro approccio mira a generare un’alpha
positivo, sia sul portafoglio long, sia su quello
short e quindi strutturiamo entrambi attraverso posizioni single-stocks, mentre utilizziamo opzioni e future su indici solo a livello
residuale per ottenere il bilanciamento del
portafoglio. La nostra filosofia d’investimento è molto ben delineata ed è strettamente
bottom-up, basata sulla stima dell’evoluzione
futura degli utili societari. Nello specifico, andiamo long di quei titoli dove ci aspettiamo,
sulla base della nostra analisi fondamentale,
utili societari superiori alle attuali attese del
mercato e andiamo short di quelli dove prevediamo utili inferiori alle attese di mercato.
La validità di questa strategia per generare
alpha è fortemente supportata da analisi
statistiche e dalla nostra esperienza diretta
e fonda gran parte della sua ragion d’essere
nella behavioral finance. Nei prodotti Ucits
le posizioni short sono svilupparte attraverso Cfd (contract for difference), che da un
punto di vista economico sono equivalenti
alla presa in prestito di titoli con successiva
vendita sul mercato».
In quali proporzioni tenete le due
componenti? Siete sempre neutrali?
«I nostri prodotti long-short sono a ritorno
assoluto, non-direzionali, il che significa che
la componente alpha è sempre preponderante rispetto al beta; nella pratica significa
anche che il livello di beta tende a essere
molto contenuto. Nello specifico, il fondo
Gam Star Lux Financials Alpha ha avuto un
beta medio dal lancio (maggio 2010) di solo
lo 0,03. Ciò detto, abbiamo anche una flessibilità nella gestione del nostro beta, che in
particolari condizioni di mercato (per esem-
azionario generale?
«L’alpha che pensiamo di essere in grado di
generare a livello annuale è compreso fra il
5% e il 10%. Il beta, come dicevamo, in media
è stato molto prossimo allo zero e pensiamo
di mantenerlo molto basso anche nell’imminente futuro».
«I nostri prodotti
long-short sono
a ritorno
assoluto,
non direzionali»
Siete interessati alle opportunità di
arbitraggio delle operazioni di M&A?
pio miglioramento dei fondamentali e basse
valutazioni) possiamo aumentare allo 0,5».
Quale tipo di aziende desiderate avere nella parte long e quali in quella
short?
«Come indicato precedentemente, andiamo
long di quei titoli dove ci attendiamo, sulla
base della nostra analisi fondamentale, utili
societari superiori alle attuali proiezioni del
mercato e andiamo short di quelli dove prevediamo utili inferiori alle attese. Nello specifico, nel 2016 pensiamo che le azioni migliori
da avere nella parte long siano le società immobiliari europee, che sono fra le maggiori
beneficiarie dei bassi tassi d’interesse, mentre riteniamo che da collocare nella parte
short siano in particolare i bancari americani,
che dovrebbero mostrare un deterioramento della qualità degli impieghi e un conseguente aumento del costo del credito».
gazionario. Non abbiamo mai avuto un discostamento significativo di questo livello dalla
sua media in nessuna fase del mercato e ciò
grazie all’elevata diversificazione geografica
che il prodotto ha, essendo uno strumento
globale».
Quale profilo alpha e beta presenta
il vostro fondo rispetto al mercato
«Seguiamo una strategia molto focalizzata
sull’evoluzione degli utili societari e quindi le
operazioni di arbitraggio in M&A non rientrano nelle nostre decisioni d’investimento.
Pensiamo che il successo di una strategia
dipenda dalla capacità del gestore nello svilupparla nel modo migliore e in maniera consistente nel tempo, senza farsi fuorviare dalle
mode del momento. Quindi è fondamentale
mantenere una disciplina nel processo d’investimento».
Quale genere di volatilità mostra il
vostro portafoglio, specialmente nelle fasi di difficoltà di mercato?
«La volatilità media del nostro prodotto è
stata sempre molto contenuta e in media, dal
lancio del fondo, si è attestata al 5,5% su base
annuale, che è un valore comparabile alla
volatilità che si ha in un investimento obbli-
FONDI&SICAV aprile 2016
9
news
Candriam Investors
Group: patrimonio in
gestione in aumento
del 18% nel 2015
Candriam Investors Group, gestore paneuropeo multispecializzato con un patrimonio di 94
miliardi di euro in gestione e detenuto da New
York Life Investment Management, ha
pubblicato i risultati per l’esercizio 2015 e le performance delle sue soluzioni di investimento. Il patrimonio in gestione si è attestato a 94,1 miliardi
di euro (+18% anno su anno e +40% dal gennaio
2014), gli afflussi netti sono stati di 12 miliardi di
euro, 6 dei quali provenienti dal segmento istituzionale e 6 da quello retail, mentre la raccolta
generata dalle soluzioni multi-asset è stata di 4,5
miliardi di euro. La pubblicazione della Carbon footprint dei fondi Sri dimostra il costante impegno
di Candriam per l’investimento sostenibile e responsabile.
Naïm Abou-Jaoudé, ceo di Candriam Investors Group, ha affermato: «Nel 2015 è proseguita,
grazie a notevoli afflussi, la vigorosa crescita registrata negli ultimi due anni. Ancora una volta il
rendimento dei nostri fondi si colloca ben al di
sopra della media del mercato. Il nostro impegno
nell’offerta di strategie innovative, l’efficace sviluppo della rete di distribuzione in Europa e il notevole aumento della nostra presenza globale sono
stati determinanti per il successo».
Anima Holding: 140
milioni di raccolta
netta a febbraio 2016
La raccolta netta del gruppo Anima a febbraio è
stata positiva per circa 140 milioni di euro, per un
totale da inizio anno di circa 3,9 miliardi di euro.
L’insieme delle masse gestite è così arrivato a circa 69,3 miliardi di euro, con un aumento di circa
il 13% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. «Il mese di febbraio 2016 ha registrato un
andamento a due facce: la prima parte ha risentito
dell’inizio anno volatile dei mercati finanziari, la seconda ha invece beneficiato del graduale ritorno
alla normalità», ha commentato Marco Carreri,
amministratore delegato di Anima Holding e
Anima Sgr.
10
FONDI&SICAV aprile 2016
I portafogli dei consulenti italiani
al terzo posto per performance
Natixis Global Asset Management
ha elaborato il suo primo Barometro annuale sui portafogli globali che offre una panoramica a livello internazionale e le scelte di
asset allocation effettuate nel 2015. Il Barometro è stato elaborato dal Portfolio research and consulting group di Natixis Global
Asset Management che ha analizzato 855
portafogli bilanciati o con profilo di rischio
moderato forniti da consulenti finanziari e
private banker nel corso del 2015 e provenienti da sette diversi paesi: Italia (25 portafogli analizzati), Francia (46), Spagna (45), Regno Unito (266), Stati Uniti (448), Singapore
(13) e America Latina (12).
L’analisi ha messo in luce diversi elementi:
• Esistono differenze significative nell’asset
allocation media di un portafoglio bilanciato nei vari paesi: le azioni rimangono l’elemento centrale dei portafogli bilanciati nelle
nazioni anglosassoni, mentre le obbligazioni costituiscono una parte importante dei
portafogli in Italia, Spagna e America Latina.
• Investitori con profili di rischio simili possono avere portafogli molto differenziati in
base al paese nel quale vivono.
• In anni di performance eterogenee tra le
varie asset class, come il 2015, l’esperienza
degli investitori varia significativamente nelle diverse aree.
• I portafogli dei consulenti italiani analizzati
si piazzano al terzo posto nel 2015 per rendimento medio, con una crescita del 5,2%,
dietro alla Francia, prima con +7,3%, e alla
Gran Bretagna (+5,3%).
Antonio Bottillo, country head ed
executive managing director per l’Italia di
Natixis Global Asset Management, afferma:
«La ricerca mostra quanto diverse possano essere le asset allocation nei vari paesi
e sottolinea l’importanza di porre il rischio,
prima ancora del rendimento, al centro della
costruzione dei portafogli e la necessità di
riconsiderare l’asset allocation tradizionale
di un portafoglio bilanciato: 60% azioni, 40%
obbligazioni».
Cambiando argomento, dal fronte Natixis
giunge un’importante news: Matthieu
Duncan è il nuovo ceo di Natixis Asset
Management.
Antonio Bottillo
country head ed executive
managing director per l’Italia
Natixis Global Asset Management
Non temere
la volatilità,
investi in
stabilità.
MESSAGGIO PUBBLICITARIO A SOLI FINI PROMOZIONALI. PRIMA
DI SOTTOSCRIVERE LEGGERE IL PROSPETTO E IL DOCUMENTO
CONTENENTE LE INFORMAZIONI CHIAVE PER GLI INVESTITORI (KIID).
Una strategia attiva globale che ha
superato la prova del tempo.
Strategia New Perspective di Capital Group
Gestita da un team con un’esperienza media di investimento di 23 anni in
Capital Group1, la strategia New Perspective ha registrato performance costanti
per più di 40 anni.
Ha sovraperformato rispetto al mercato in tutte le fasi di ribasso su periodi mobili
di 3 anni2, e ha generato rendimenti da primo quartile a 1, 3, 5 e10 anni3. Si tratta
di una strategia azionaria globale flessibile che consente ai gestori di portafoglio di
sfruttare le opportunità di crescita, i trend secolari e i modelli commerciali globali.
Strategia New Perspective di Capital Group | Valore di $ 10.000 investiti al lancio
10.000.000 US$
Indicatore sintetico di rischio e
rendimento (SRRI)
1
2
3
4
5
6
(scala logaritmica rapportata a 10.000)
New Perspective4
$1.956.800
13,1% p.a.
1.000.000
7
Rischio più basso
Rischio più elevato
Rendimento
potenzialmente più basso
Rendimento
potenzialmente più elevato
L’indicatore sintetico di rischio e rendimento (Synthetic
Risk & Reward Indicator – SRRI) è una misura del profilo di
rischio/rendimento complessivo di un fondo. I fondi sono
classificati mediante una scala da 1 a 7, dove 1 è il rischio più
basso e 7 quello più elevato. Di norma, l’SRRI è basato sulla
volatilità dei rendimenti passati su un periodo di 5 anni. I dati
storici, come quelli utilizzati per calcolare questo indicatore,
potrebbero non fornire indicazioni attendibili sui risultati
futuri. La categoria di rischio illustrata non è garantita e può
cambiare nel tempo. L’appartenenza alla categoria più bassa
non garantisce un investimento esente da rischi. L’SRRI è
illustrato nel Documento contenente le informazioni chiave
per gli investitori (KIID).
MSCI ACWI5
$300.300
8,3% p.a.
100.000
10.000
1.000
1973
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2015
Le performance passate non costituiscono garanzia di risultati futuri.
Ora disponibile con Capital Group New Perspective Fund (LUX).
Per maggiori informazioni su una nuova prospettiva di investimento
globale, visitare thecapitalgroup.it/newperspective
QUESTO DOCUMENTO CONTIENE INFORMAZIONI RISERVATE AI CLIENTI PROFESSIONALI
Poichè il fondo Capital Group New Perspective Fund (LUX) è stato lanciato il 30 ottobre 2015, non è stato ancora raggiunto un track record significativo. I risultati mostrati fanno pertanto riferimento alla strategia Capital Group New Perspective.
Per strategia si intende un singolo gruppo di portafogli discrezionali che, nel suo insieme, persegue una particolare strategia di investimento ovvero un particolare obiettivo. Tali risultati sono riportati a dimostrazione dell’esperienza e della capacità
di Capital Group nel gestire questa strategia nel lungo periodo. Il fondo lussemburghese ha adottato la strategia New Perspective dall’inizio di novembre 2015. Le informazioni fornite integrano o precisano le informative obbligatorie o raccomandate
e le disposizioni di presentazione degli standard GIPS®, che sono disponibili su richiesta. GIPS è un marchio commerciale di proprietà del CFA Institute. 1. Dati aggiornati al 31 dicembre 2015. Fonte: Capital Group. 2. Rendimenti relativi calcolati
geometricamente per il Capital Group New Perspective Composite, in dollari USA e al lordo di commissioni e spese, rispetto all’indice MSCI ACWI (dividendi netti reinvestiti) dal 30 settembre 2011; in precedenza indice MSCI World (con dividendi netti
reinvestiti). Fonti: Capital Group, MSCI. 3. Risultati degli investimenti (al netto delle commissioni) in US$ rispetto al peer group Morningstar. Fonte: Morningstar. 4. I risultati relativi alla strategia Capital Group New Perspective, dal lancio al 31 marzo
1973, sono ponderati in base alle attività, si basano sui rendimenti mensili e sulle ponderazioni iniziali e sono espressi in termini di dollari USA e al lordo delle commissioni di gestione. Fonte: Capital Group. 5. MSCI ACWI (dividendi netti reinvestiti) dal
30 settembre 2011; in precedenza MSCI World (dividendi netti reinvestiti). Fonte: MSCI.
Tutte le informazioni sono aggiornate al 31 dicembre 2015, salvo altrimenti specificato. Il presente materiale, pubblicato da Capital International Management Company Sàrl (‘‘CIMC’’), 37A avenue J.F. Kennedy, L-1855 Lussemburgo, è distribuito
esclusivamente a scopo informativo. CIMC è regolamentata dalla Commission de Surveillance du Secteur Financier (‘‘CSSF’’ – Autorità di vigilanza finanziaria del Lussemburgo) e gestisce i fondi che sono comparti di Capital International Fund (CIF),
organizzata come società di investimento a capitale variabile (SICAV) di diritto lussemburghese e autorizzata dalla CSSF come OICVM. Tutti i dati sono aggiornati alla data riportata, salvo diversa indicazione, e sono suscettibili di variazioni. Per un elenco
completo di agenti per i pagamenti e distributori, visitare il sito web indicato. La fonte dei dati, delle statistiche o dei grafici riportati nelle schede informative è Capital Group, salvo diversa indicazione.
Fattori di rischio da prendere in considerazione prima dell’investimento: Il valore delle azioni e il reddito derivante può diminuire o aumentare e l’investitore può perdere interamente o in parte l’investimento iniziale. I
risultati passati non costituiscono garanzia di risultati futuri. Qualora la valuta in cui si investe dovesse rafforzarsi rispetto alla valuta in cui sono denominati gli investimenti sottostanti del fondo, il valore dell’investimento
diminuirà. Il prospetto informativo e il documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (KIID) descrivono rischi tra i quali, in base al fondo, possono figurare rischi associati agli investimenti nei mercati
emergenti e/o in titoli high yield. I mercati emergenti sono volatili e possono registrare problemi di liquidità.
Altre informazioni importanti: Il/i fondo/i è/sono offerto/i solo mediante il Prospetto informativo unito al documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (KIID). Tali documenti, unitamente all’ultima relazione annuale e semestrale e
a eventuali documenti richiesti dalla legislazione locale, contengono informazioni più approfondite sul/i fondo/i, tra cui i relativi rischi, costi e spese, e vanno letti attentamente prima di investire. Tuttavia, detti documenti e le altre informazioni relative
al/i fondo/i non saranno distribuiti alle persone residenti nei paesi in cui tale distribuzione è vietata da leggi o regolamenti. È possibile accedere online alla documentazione e ai prezzi aggiornati dal sito www.thecapitalgroup.com/emea. Il trattamento
fiscale dipende dalle circostanze individuali ed è suscettibile di variazioni. Si invitano gli investitori a richiedere una consulenza fiscale. Le presenti informazioni non costituiscono né un’offerta né una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di titoli o alla
fornitura di servizi di investimento. © 2016 Capital Group. Tutti i diritti riservati.
news
Henderson Global
Investors: entra
Stephen Deane per
gestire gli emergenti
Stephen Deane entra a far parte di Henderson Global Investors. Lavorerà nel
team guidato da Glen Finegan, responsabile
mercati azionari emergenti. Deane, che opererà
dalla sede Henderson di Edimburgo, negli ultimi cinque anni ha lavorato in Stewart Investors
come analista e co-gestore dei fondi Worldwide
Equity ed è stato responsabile dell’elaborazione
delle strategie per i portafogli asiatici, dei mercati emergenti e globali. Ha conseguito con lode
l’executive master in business administration
(Mba) presso Insead, a Fontainebleau in Francia.
Sempre nell’ambito dell’organizzazione del team
di Edimburgo, Michael Cahoon è stato nominato co-gestore del fondo statunitense Emerging Markets Fund. Infine Nicholas Cowley
sarà nominato cogestore del comparto Henderson Gartmore Emerging Markets Fund.
Nuovo look per
Webank
È disponibile il nuovo sito Webank (www.webank.it), completamente rinnovato nella grafica
e nei contenuti, per rendere più evoluta, rapida
e intuitiva la navigazione. Realizzato da Bpm in
collaborazione con importanti partner leader a
livello mondiale nella progettazione e strategie
digital, il nuovo sito è stato costruito sulla base
di analisi, focus group e test sugli utenti. Il design all’avanguardia di tipo responsive/adaptive
lo rende consultabile da qualsiasi piattaforma
desktop e mobile.
12
FONDI&SICAV aprile 2016
Vontobel Asset Management ha affidato a Matthew Benkendorf il ruolo di
cio per la boutique quality growth della società al posto di Rajiv Jain, che lascerà l’azienda. Benkendorf è un veterano nell’asset
management con 20 anni di esperienza ed è
entrato a Vontobel a New York nel 1999, diventando senior portfolio manager nel 2008.
Nei suoi 17 anni nella società ha lavorato
a stretto contatto con Jain per realizzare i
processi di investimento quality growth e
plasmare la cultura della società. Benkendorf
assumerà anche il ruolo di lead portfolio
manager del fondo Global Equity, Eafe (Europe, Australasia and Far East), e sarà anche
responsabile delle strategie di investimento
nell’emerging market equity. Bekendorf ha
dichiarato: «È un grande privilegio prendere in consegna da Rajiv Jain l’intero settore
quality growth che si basa su uno degli stili
di investimento meglio definiti e più costantemente applicati in tutto il mondo. Questa
area è sostenuta da forti track record che
risalgono a due decenni».
Donny Kranson, precedentemente deputy portfolio manager dell’european equity
strategy, sarà il nuovo responsabile dell’european portfolio manager, incarico lasciato
da Rajiv Jain, mentre Brian Bandsma, ex
deputy portfolio manager per la Far East
strategy sarà il nuovo far east portfolio manager.
Vontobel Asset Management ha inoltre incaricato Gianluca Cecchini di sviluppare la
strategia marketing per i segmenti retail e
wholesale in Italia e Spagna. Proveniente da
Fidelity International, Cecchini vanta un’esperienza ventennale e precedentemente ha
ricoperto posizioni in questo settore presso
Zurich Investments e Franklin Templeton ed
è stato head of marketing presso Deutsche
Asset Management. Cecchini sarà responsabile presso la sede di Milano della gestione
di importanti iniziative locali, a supporto
delle aspirazioni di crescita di Vontobel in
entrambe le regioni. «In Italia e in Spagna
possiamo già vantare diversi anni di costante
successo. Espandendoci ulteriormente nel
segmento retail e più in generale degli intermediari finanziari di queste regioni, intendiamo avvalerci dei migliori profili necessari
per continuare la nostra crescita nel mercato», ha affermato Matteo Villani, head of
asset management Vontobel Italy.
Matteo Villani
head of asset management
Vontobel Italy
Winston Churchill
IN CONVICTION WE TRUST
OYSTER JAPAN OPPORTUNITIES
SYZ Asset Management (Luxembourg) SA, membro della divisione SYZ Asset Management, è la società di gestione della SICAV OYSTER. OYSTER Japan Opportunities è un comparto della SICAV
OYSTER di diritto lussemburghese. Il contenuto di questo annuncio è fornito esclusivamente a scopo informativo e non costituisce né una raccomandazione ad acquistare o vendere. Prima
dell’adesione leggere il Prospetto e le Informazioni chiave per l’Investitore (“KIID”), depositati presso la Consob e disponibili sul nostro sito internet.
www.oysterfunds.com
news
iShares, commissioni
zero fino
al 31 dicembre
iShares rinnova la partnership con Poste Italiane con l’iniziativa Commissioni Zero, con l’obiettivo di favorire la conoscenza degli Etf presso
il pubblico retail. Fino al 31 dicembre 2016 gli
strumenti della società del gruppo BlackRock
quotati a Piazza Affari saranno negoziabili sulla
piattaforma di trading online BancoPosta senza
commissioni di ricezione e trasmissione di ordini per acquisti con un importo minimo di 1.000
euro. «Siamo molto soddisfatti di poter proseguire nella collaborazione con Poste Italiane. Continuiamo a osservare una crescente comprensione e adozione degli Etf per l’ottimizzazione dei
portafogli retail, sia in ottica strategica sia tattica.
Grazie all’elevata liquidità, gli Etf si dimostrano
validi strumenti nell’attuale contesto di mercati
volatili, consentendo agli investitori rapidi ed efficienti cambiamenti nell’allocazione di portafoglio» ha commentato Emanuele Bellingeri,
responsabile per l’Italia di iShares.
Bnp Paribas:
in arrivo i certificate
Recovery 80
Bnp Paribas ha annunciato la quotazione sul
Sedex di Borsa Italiana dei certificate Recovery
80, una nuova tipologia pensata per gli investitori che desiderano recuperare le perdite subite
in questo inizio anno e proteggersi da eventuali
ulteriori ribassi. I Recovery 80, che annoverano
tra i sottostanti i maggiori titoli italiani (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Eni, Enel, Generali, Finmeccanica, Ubi Banca, Banca Popolare di Milano, Fca,
Mediobanca e Telecom Italia), prevedono barriere
di protezione molto profonde, osservate solo a
scadenza (50-60%), e un’emissione “a sconto” a
80 euro.
14
FONDI&SICAV aprile 2016
Generali Investments Sicav
Restyling per due fondi
Generali Investments Sicav (Gis), domiciliata in Lussemburgo e rispondente alle
norme Ucits è stata recentemente aggiornata
e migliorata per offrire una gamma di fondi
più moderna e con nuove caratteristiche capaci di soddisfare le esigenze di una clientela
internazionale. Nell’ambito di questo potenziamento, il fondo Gis Euro Equity Controlled Volatility è ora disponibile a tutti
gli investitori, mentre la strategia d’investimento del fondo Gis Total Return Euro
High Yield è stata ridefinita.
Il fondo Gis Euro Equity Controlled Volatility
è concepito per gli investitori che desiderano investire in società dell’Eurozona a elevata
capitalizzazione gestendo al contempo il loro
livello di rischio azionario. Il target di volatilità
annua è del 12,5% (+/-2%). Oltre a contribuire a ridurre il rischio nel portafoglio di un
fund allocator e migliorare la sua performance commisurata al rischio, la strategia può altresì potenzialmente ottimizzare il costo del
capitale derivante dall’esposizione azionaria
in regime di Solvency II. Il fondo investe in
azioni dell’Eurozona così come in future su
indici azionari (attraverso acquisti e vendite)
per proteggere una parte del portafoglio e
rimanere entro un predefinito range di volatilità. Questo strumento è gestito da Daniele
Marvulli, head of quantitative strategies di
Generali Investments.
Il fondo Gis Total Return Euro High Yield, invece, risponde alla richiesta di performance
da parte degli investitori in uno scenario di
tassi d’interesse estremamente bassi. Generali Investments ha deciso di adottare una nuovo approccio flessibile, senza vincoli di benchmark, per gestire le attuali sfide del mercato
in termini di accresciuta volatilità, incertezza
dei mercati e rischio di liquidità, essendo al
contempo capace di catturare i rendimenti
potenziali delle asset class in cui il fondo investe. L’universo d’investimento include non
solo emittenti europei di titoli high yield, ma
anche investimenti high yield cross-currency.
L’uso di credit default swap e di derivati su
tassi d’interesse e valute permette di essere
long o short in un mercato sempre meno
liquido. Questo approccio a rendimento totale fornisce maggiore flessibilità rispetto ai
fondi high-yield a benchmark tradizionali e
si concentra maggiormente su strategie high
conviction in un contesto di mercato in cui il
rischio idiosincrasico sta crescendo.
Andrea Favaloro
head of sales and marketing
Generali Investments
Allianz, Fradigrada
entra nel team di
Scolletta
La struttura commerciale di Allianz Global
Investors si rafforza con l’ingresso di Veronica Fradigrada, che entra a far parte del team
Allianz network sales Italy. In particolare, Fradigrada consoliderà ulteriormente il team di Allianz
GI, che riporta a Michele Scolletta, dedicato
allo sviluppo e alla gestione dei rapporti con i
partner distributivi del gruppo Allianz sul mercato italiano, innanzitutto Allianz e la banca multicanale Allianz Bank Financial Advisors. Prima di
entrare in Allianz GI Fradigrada ha maturato una
lunga esperienza nelle attività di distribuzione,
sviluppo del prodotto e gestione dei rapporti con
la clientela in primari gruppi assicurativi e finanziari. In particolare, dal 2008 ha lavorato in Zurich
Life Assurance Plc come relationship manager Ifa/
broker e, dal 2001, in Aurora Assicurazioni come
sales manager. «La nomina di Veronica ci consente di consolidare ulteriormente il nostro team
dedicato allo sviluppo dei rapporti con i partner
del gruppo Allianz, fondamentali per il presidio
del mercato italiano», ha commentato Alberto
D’Avenia, country head Italia e head of business development southern europe di Allianz GI.
M&G: Tristan Hanson
nuovo fund manager
del team multi-asset
M&G Investments ha annunciato la nomina
di Tristan Hanson a fund manager del team
multi-asset. A partire dal 21 marzo, il gestore
sarà responsabile dello sviluppo dell’offerta absolute return all’interno del team e riporterà a
Dave Fishwick, responsabile della gestione
multi-asset.Hanson vanta 15 anni di esperienza
nel settore della gestione patrimoniale. Prima di
entrare in M&G, il fund manager ha lavorato in
Ashburton Investments dove è stato responsabile asset allocation e in Jp Morgan Cazenove.
16
FONDI&SICAV aprile 2016
Janus: Dario Carfizzi al timone
della struttura italiana
Dario Carfizzi è il nuovo responsabile
per l’Italia di Janus Capital International, la divisione internazionale di Janus
Capital Group. «La nomina di Carfizzi
come responsabile per l’Italia di Janus Capital International», spiega la società di gestione, «è una mossa destinata a rafforzare
ulteriormente il posizionamento dell’azienda in questo importante mercato europeo.
Carfizzi avrà come obiettivo il rafforzamento delle relazioni che Janus ha costruito durante i 14 anni di presenza in Italia, fornendo
un’offerta differenziata con un servizio altamente personalizzato agli intermediari degli
investitori retail, ai clienti wholesale e agli
istituzionali».
Commentando l’attuale situazione dei mercati, Carfizzi ha osservato che «tutti gli investitori si trovano ad affrontare una serie
di sfide particolari e per questo è importante essere vicini alle esigenze specifiche
dei nostri clienti». Carfizzi, che vanta una
precedente esperienza in Groupama Asset
Management, dove era responsabile della
clientela istituzionale e all’ingrosso sia italiana sia della Svizzera italiana, ed è entrato
in Janus Capital nel 2014 come direttore
delle vendite per il mercato dell’Europa meridionale, riferirà direttamente a Sylvain
Agar, responsabile istituzioni finanziarie
per il Regno Unito e l’Europa di Janus Capital International, che afferma: «Lavoriamo
per costruire relazioni solide e durature
con i clienti in Italia attraverso lo sviluppo
della nostra presenza locale e l’impegno per
l’eccellenza».
Augie Cheh, presidente di Janus Capital
International, ha invece dichiarato: «Siamo
lieti che Dario Carfizzi assuma questo ruolo in Italia, segnando uno stadio importante
nel nostro percorso di crescita. La nomina
di Dario rafforza ulteriormente l’impegno di
Janus Capital in Italia, dove siamo presenti
da più di 14 anni. Sono certo che, con la sua
conoscenza del mercato e la sua vicinanza ai
nostri clienti, Dario ci aiuterà a offrire una
gamma di soluzioni d’investimento vasta e
differenziata». Alla fine del 2015 il patrimonio complessivo di Janus Capital Group ammontava a 192,3 miliardi di dollari, di cui il
22% gestito da Janus Capital International.
Dario Carfizzi
responsabile per l’Italia
Janus Capital International Limited
ABSOLUTE
RETURN
I fondi Absolute Return
di Henderson
Investire è un viaggio.
Il nostro obiettivo è renderlo
confortevole.
Henderson Global Investors si è costruita
negli anni una solida reputazione offrendo
rendimenti assoluti agli investitori.
Attraverso l’investimento in una gamma
di azioni europee e britanniche, l’obiettivo
dei comparti Henderson Gartmore
United Kingdom Absolute Return Fund
e Henderson Horizon Pan European Alpha
Fund è di produrre rendimenti positivi nel
lungo termine, indipendentemente dalle
condizioni del mercato. Entrambi i comparti
applicano processi che hanno dimostrato
nel tempo la loro efficacia e sono gestiti
da professionisti che vantano mediamente
un’esperienza ventennale nel settore.
Per ulteriori informazioni visitate
il sito henderson.com/itpa
Destinato unicamente a investitori
professionali. La performance ottenuta
in passato non è indicativa dei rendimenti
futuri. Il valore di un investimento e l’utile
che ne deriva possono aumentare
o diminuire. Di conseguenza, potrebbe
non essere possibile recuperare il capitale
investito in origine.
Pubblicato nel Regno Unito da Henderson Global Investors. Henderson Global Investors è la denominazione sotto cui le seguenti entità offrono prodotti e servizi d’investimento: Henderson
Global Investors Limited (n. reg. 906355), Henderson Fund Management Limited (n. reg. 2607112), Henderson Investment Funds Limited (n. reg. 2678531), Henderson Investment
Management Limited (n. reg. 1795354), AlphaGen Capital Limited (n. reg. 962757), Henderson Equity Partners Limited (n. reg. 2606646), Gartmore Investment Limited (n. reg. 1508030),
(tutte costituite e registrate in Inghilterra e Galles con sede legale in 201 Bishopsgate, London EC2M 3AE), autorizzate e regolamentate dalla Financial Conduct Authority. Una copia dei
prospetti completi e semplificati del Comparto, dello statuto societario, delle relazioni annuali e semestrali può essere ottenuta gratuitamente presso Via Dante 14, 20121, Milano, Italia,
per gli investitori italiani.
Gestori
convertibili, c’era una volta una nicchiA
Uno
strumento
quasi ideale
oggi
di Boris Secciani
18
FONDI&SICAV aprile 2016
In una fase di grande volatilità e tassi obbligazionari bassissimi, un’asset
class che consente di partecipare ai
rally di borsa con la componente call,
ma anche di avere un rendimento
certo nel corso della vita del titolo
e soprattutto la restituzione dell’intero capitale a scadenza rappresenta
un’opportunità di grande interesse
per gli investitori. E non a caso il successo è stato ottimo, come spiegano
alcuni money manager
Pochi strumenti come i fondi che investono in convertibili hanno visto crescere in
maniera più intensa la propria presenza nei
portafogli degli investitori, soprattutto europei. Dal 2009, anni in cui in questo comparto
(come nei corporate in generale), per rubare
un’espressione di Warren Buffett, piovevano
pepite d’oro, vi è stata una cavalcata trionfale
che ha trasformato in molti casi in maniera
profonda questa asset class. Innanzitutto non
sorprende che in particolar modo in Europa
questo tipo di strumenti abbia visto crescere
in misura esponenziale la propria base di investitori. Le convertibili, infatti, essenzialmente sono un ibrido tra azioni e e obbligazioni.
Tipicamente vi è un bond, in passato di solito
a scadenza triennale, che paga una cedola
generalmente più bassa rispetto ai corporate con un profilo di rischio simile; a questo
viene aggiunta un’opzione call che fornisce la
possibilità di convertire a una certa data il capitale obbligazionario in azioni della società,
secondo un preciso rapporto di conversione.
Ad esempio, se si è investito un capitale di
1.000 euro, che potrà da prospetto essere
convertito in 50 azioni, viene garantito alla
data di scadenza un prezzo di 20 euro per
azione. Questo valore può essere paragonato al livello cui trattava l’equity della società
emittente al momento del collocamento del
bond per calcolare il premio di conversio-
ne. Di conseguenza il prezzo delle security
appartenenti a questa asset class dipende
da due elementi: il primo è la componente
obbligazionaria, il cui valore è normalmente
calcolato come si fa con altri bond similari.
Questo elemento è altrimenti definito bond
floor, in quanto tendenzialmente la convertibile non dovrebbe mai scendere sotto questo livello, anche in presenza di un bear market azionario. Vi è poi l’opzione inclusa, il cui
valore dipende dalle tipiche componenti che
determinano la quotazione di questo derivato: il tempo residuo a scadenza, la distanza
dello strike price, il tasso di volatilità presente sui mercati e i tassi di interesse.
Un’altra caratteristica importante di questi
bond è la cosiddetta dividend protection:
in pratica se un’azienda comincia a pagare i
dividendi o ne paga di straordinari, agli obbligazionisti convertibili viene riconosciuto
un risarcimento sotto forma di un migliore
rapporto di conversione per compensarli del
mancato ricevimento delle cedole.
Da queste brevi note tecniche si può capire il
perché del successo di questa asset class: per
le aziende, specialmente nel passato molte
mid cap, si tratta di un sistema per finanziare
la propria crescita a tassi di interesse decisamente inferiori rispetto a quelli di mercato,
al contempo vendendo in anticipo ulteriori
possibili aumenti di capitale. Per gli investitori si tratta di una maniera per cercare di
spuntare rendimenti reali decenti, ormai impossibili o quasi da ottenere sul complesso
dell’obbligazionario, a meno di non andare
sugli high yield, mantenendo un profilo di rischio adeguato.
In un mondo in cui su corporate bond europei investment grade bisogna addentrarsi
su scadenze superiori a tre anni per ottenere più di 100 punti base di rendimento, non
sorprende che molti investitori istituzionali
stiano guardando con interesse a obbligazioni, che offrono da una parte carry bassissimi,
Christian Hille
head of multi-asset Emea
Deutsche Am
Due terzi dei rialzi,
un terzo della volatilità
Potrebbe descrivere la vostra strategia?
«Il nostro portafoglio di convertibili è di tipo globale: non abbiamo infatti alcun bias regionale.
Inoltre investiamo solamente su classiche emissioni convertibili, le cosiddette plain vanilla; non
deteniamo in portafoglio posizioni sintetiche, né ci avventuriamo su strumenti come i coco. Per
quanto riguarda invece la qualità dei bond che deteniamo, essi tendono a comprendere l’intero
spettro di rating, tentando ovviamente di mantenere un profilo equilibrato. Nel dettaglio le caratteristiche in termini di delta, di solito nel nostro fondo si trovano valori che vanno dal 30%
al 70%».
Come determinate l’uscita dalle vostre posizioni?
«In generale ciò che vogliamo è mantenere un profilo di forte convessità positiva. In particolare
quando il delta di un’emissione supera una certa soglia, che può essere circa il 70%, l’obbligazione convertibile tende a trattare sempre più come un’azione e non vi è quindi molto spazio
per vedere incrementi di convessità. Le variazioni di valutazione in questo mercato possono
essere abbastanza forti: ad esempio, nel periodo immediatamente seguente alla crisi finanziaria, le
obbligazioni high yield presentavano prezzi estremamente convenienti, mentre di recente sono
diventate piuttosto care. Pertanto il nostro fondo attualmente presenta una composizione più
bilanciata, con una maggiore presenza di titoli investment grade».
Soffermiamoci su questo punto: questa enfasi sulla convessità quale tipo di
profilo di rischio/rendimento vi permette di ottenere?
«Va innanzitutto detto che in un mondo fatto di rendimenti nominali e reali così bassi, cui si
accompagnano spread creditizi estremamente contenuti, investire nelle convertibili ha senso soprattutto per quanto riguarda la componente azionaria. Perciò bisogna analizzare le potenzialità
della componente equity e la sua valutazione, inclusa ad esempio la presenza di una protezione
dei dividendi. Nel nostro caso lo spread creditizio medio è decisamente contenuto, circa 100
punti base, però questo elemento è compensato dalla struttura di delta e di convessità. Per quanto guarda la prima grandezza, il delta medio del portafoglio è di 45: quindi a fronte di una discesa
dell’equity la sensibilità dei nostri strumenti andrà a calare notevolmente facendoli diventare più
simili a un’obbligazione. Ad esempio attualmente il delta del nostro portafoglio si è automaticamente ridotto intorno a 32 verso la metà di febbraio».
Quale tipo di performance vi permette di ottenere un simile approccio?
«Il nostro obiettivo utilizzando questo approccio è fornire agli investitori un profilo asimmetrico
di rischio/rendimento, partecipando a due terzi dei rialzi azionari, ma solo a un terzo della volatilità. Inoltre le nostre fasi di drawdown sono molto più brevi rispetto a quelle del mercato azionario: di solito impiegano solo un terzo del tempo rispetto all’equity per recuperare la perdita».
Come mai non avete coco in portafoglio?
«I coco presentano di solito un coupon elevato a fronte di un’obbligazione perpetua che può
essere richiamata dalla banca emittente. La struttura di questi prodotti è esattamente opposta al
tipo di strumenti a convessità altamente positiva che vogliamo detenere, in quanto tenuto conto dell’elevato carry essi dovranno necessariamente comportarsi maggiormente come l’azione
sottostante nelle fasi di discesa».
FONDI&SICAV aprile 2016
19
Gerhard Kratochwil
ceo di Convertinvest, società che gestisce il fondo Convertinvest All-Cap per conto di
Raiffeisen Capital Management
Quattro fonti di rendimento
Quale tipo di bond convertibili volete nel vostro fondo?
«Parte delle emissioni che deteniamo nel nostro fondo provengono da large cap, altre da mid
cap. In media a livello di rating manteniamo un profilo investment grade nel fondo. In particolare
nelle mid cap vantiamo un elevato grado di expertise: abbiamo infatti cominciato a investire in
questo tipo di convertibili nella seconda metà della prima decade degli anni 2000, quando anche
in Europa ha cominciato a decollare l’emissione di questo tipo di security. Infatti in America sono
comuni dagli anni ‘80 e hanno accompagnato la crescita verso lo status di large cap di gruppi
come Microsoft e Intel».
Quale tipo di profilo di delta e di convessità cercate di ottenere?
«Di solito i nostri investimenti oscillano fra il 20% e il 70%: al di sopra di quest’ultima soglia non
vi è più molto spazio per vedere aumenti di convessità. Pertanto, giunti a quel punto, il bond si
comporta soprattutto come un’azione e per noi l’investimento diventa meno interessante. In
generale miriamo a offrire due terzi delle performance del mercato azionario con un terzo del
rischio».
Quale profilo di duration mantenete nel vostro portafoglio?
«Tendenzialmente breve, sotto i due anni; inoltre copriamo interamente il nostro rischio di cambio per gli investitori europei».
Di recente sono state collocate emissioni a lunga scadenza, anche sette anni,
a strike molto lontani e coupon bassi: siete interessati a questo tipo di bond?
«In generale no, in quanto i prezzi sono elevati e il valore è basso. Abbiamo però comprato di
recente una convertibile di Total con scadenza sette anni, un coupon basso e uno strike price
decisamente out of the money. L’abbiamo fatto perché per noi si tratta di una scommessa sul
lungo periodo di ripresa dei prezzi del petrolio».
In generale quali sono le principali fonti di performance in questi strumenti?
«In genere individuiamo quattro fonti principali di rendimento da questa asset class. Innanzitutto
a volte sul mercato primario l’obbligazione è collocata con uno sconto rispetto a titoli similari
sul secondario. Inoltre vi è la possibilità che l’azienda venga acquisita. Ciò significa perdere cedole,
in quanto la convertibile viene ritirata, a fronte però di un maggiore numero di azioni rispetto
al prospetto iniziale. Così l’investitore si ritrova con un superiore capitale azionario, che viene
acquisito a premio. Una nostra ricerca ha mostrato che in decine di casi in cui vi è stata un’acquisizione di un’azienda che aveva emesso una convertibile con un premio di almeno il 20% rispetto
alla quotazione in borsa, l’obbligazione è cresciuta più dell’equity. Ciò è avvenuto grazie all’aumento improvviso di delta e convessità, dovuto al fatto che gli investitori non avevano anticipato
tali sviluppi. Inoltre, e qui parliamo del terzo pilastro di rendimento, i sottoscrittori sono protetti
da clausole che prevedono una compensazione nel caso in cui vengno pagati dividendi straordinari o l’azienda cominci a pagare dividendi in generale. Infine capita che le società ricomprino
il proprio debito quando esso tratta a sconto, con la possibilità dunque di incassare un premio
immediato».
ma dall’altra la probabilità di incassare una buona percentuale di un’eventuale rally azionario a
una frazione della volatilità, con la possibilità di riavere indietro i propri soldi a scadenza, a meno
ovviamente di default dell’emittente.Infatti va tenuto presente che man mano che il prezzo di
mercato dell’azione si avvicina al valore di conversione del bond, la sensibilità di quest’ultimo al
20
FONDI&SICAV aprile 2016
movimento dell’equity aumenta, cioè come si
dice in gergo cresce il suo delta. Non solo: si
sviluppa anche la velocità di incremento del
delta, la cosiddetta convessità, fino a che la
convertibile non arriva più o meno a muoversi come un’azione. Proprio nella fase centrale
accennata vi è la possibilità di ottenere rapidi
profitti con, dall’altra parte, la protezione data,
nel caso di crolli di borsa, da un bond che,
per quanto a basso rendimento, garantisce la
restituzione del capitale.
In pratica è come se, in cambio del sacrificio
di una parte della performance azionaria, gli
investitori potessero diminuire la propria asset allocation in attività rischiose nel caso di
crisi verso un profilo più orientato alla liquidità, senza incorrere in brutali perdite. Questo
approccio, come si può capire, sembra funzionare in maniera particolare in lunghi periodi
di tassi di interesse bassissimi e nelle fasi di
moderati rialzi, data la correlazione storicamente maggiore con l’andamento dei listini
azionari rispetto alla politica monetaria mostrata da questi strumenti.
Ovviamente dopo il grande rally di questi anni
la situazione è diventata meno favorevole ai
compratori che hanno subito in questo ambito una vera e propria mutazione genetica.
Infatti sempre più spesso si assiste a collocamenti sul primario di bond dalle scadenze molto più elevate, dai coupon miserrimi
e dagli strike price molto distanti dal livello
di mercato. In pratica chi compra emissioni
siffatte oggi investe a rendimento zero, con
una non indifferente esposizione alla duration,
comprando enormi quantità del cosiddetto
time value. Per non parlare degli ormai famigerati coco bancari, che presentano caratteristiche per certi versi opposte a quelle delle
convertibili standard: un elevato coupon a
fronte di una convessità negativa, che rendono questi investimenti adatti essenzialmente
in una logica di arbitraggio su un rischio di
credito eccessivamente prezzato rispetto a
bond della stessa istituzione di minore subordinazione.Questo esempio serve a fare capire che anche in quest’ambito difficilmente il
futuro riserverà profitti paragonabili a quelli
del recente passato. Resta però il fatto che
per una miriade di portafogli obbligazionari
non vi siano molte altre alternative, a meno di
non volere pensare di fare fronte alle proprie
liability continuando a investire in Btp a tasso
negativo.
Mettere al primo posto i tuoi progetti
ci ha fatto meritare il primo posto.
L’attenzione che dedichiamo ai progetti di vita delle famiglie italiane ci ha fatto meritare la
fiducia di un milione di risparmiatori e ci motiva ogni giorno a fare sempre meglio.
Questo impegno si riflette nella qualità delle nostre soluzioni di investimento, che hanno
ricevuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti. Dai più valore ai tuoi risparmi con ANIMA.
Istituto Tedesco
di Qualità e Finanza
Miglior gestore di fondi
Italia Big nel 2015
www.animasgr.it
Fondi italiani BIG
Miglior gestore
1° classificato
MF – Annuario
dell’investitore
Migliore media rating
nella propria categoria*
800-388876
*Società italiane con almeno 30 fondi con rating MF.
Per maggiori informazioni consultare l’Annuario dell’investitore 2016 e i siti www.istituto-qualita.com e www.ilsole24ore.com/altorendimento.
Prima dell’adesione leggere il KIID, che il proponente l’investimento deve consegnare prima della sottoscrizione nonché il Prospetto pubblicato e disponibile presso la sede della società, i soggetti incaricati della distribuzione e sul sito
internet www.animasgr.it. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Il collocamento del prodotto è sottoposto alla valutazione di appropriatezza o adeguatezza prevista dalla normativa vigente. Il valore dell’investimento
e il rendimento che ne deriva possono aumentare così come diminuire e, al momento del rimborso, l’investitore potrebbe ricevere un importo inferiore rispetto a quello originariamente investito. Messaggio pubblicitario.
Gestori
convertibili, c’era una volta una nicchiA
Ecco i
migliori a
livello
globale
Il peer group sui fondi global convertible ha
generato negli ultimi cinque anni rendimenti
positivi, nonostante un periodo complicato
nel 2011 che tuttavia ha permesso ritorni
annualizzati sempre nell’ordine del 3%. Allfunds Bank ha analizzato in questo insieme
circa 35 strategie, sulla base di alcuni filtri
come le masse minime e la storia della politica di investimento. Dopo analisi qualitative
e quantitative, alcune strategie sono risultate
più interessanti, come quelle evidenziate da
Axa Framlington Global Convertible, Salar
Fund e Ubs Convertible Global. Tutti e tre
i fondi hanno generato rendimenti superiori al benchmark della categoria con ritorni
rispettivamente del 4,86%, 3,22% e 3,79%.
Il benchmark usato, Ubs Thomson Reuters
Qualified, ha reso il 3,10% su cinque anni con
una volatilità maggiore. Indicatori di rischio e
di efficienza, dalla correlazione agli indici Info,
Treynor e altri dimostrano che i manager
sono capaci e hanno presentato rendimenti migliori rispetto alla media del mercato.
Entriamo ora brevemente nel dettaglio delle
strategie.
di Vanesa del Valle Broussard
senior fund analyst fixed income strategies
e Roberto Fenoglio
investment solutions consultant
Allfunds Bank
22
FONDI&SICAV aprile 2016
RendimentoVolatilitàSharpe
Annualizzato
Premium
AXA WF FRAMLINGTON GLB CON-F
4,86%
2,00%
2,321
SALAR FUND PLC-A1USD
3,22%
1,72%
1,744
UBS CONVERT GLOBAL E-EQ
3,79%
2,28%
1,565
UBS Thomson Reuters Qualified
3,10%
2,34%
Eonia
0,213%
Marc Basselier
Axa Framlington
Global Convertibles
I più bravi a un anno secondo Citywire
I magnifici sei
nei fondi convertibili globali
Questo fondo è stato lanciato nel novembre 2010 e investe soprattutto in obbligazioni convertibili a livello globale, cercando di battere il benchmark Thomson
Reuters Global Focus Hedged Convertible Bond index (Eur hedged) di almeno
100 punti base. Il team di gestione, guidato da Marc Basselier, cerca di costruire un portafoglio con le migliori idee dei
manager.
Il portafoglio può avere un’allocazione
molto variabile e ciò è dovuto al fatto
che i titoli sono scelti con i criteri segnalati; gli aggiustamenti possono essere
fatti comunque in base al posizionamento
del benchmark. I titoli sono caratterizzati solitamente da un’alta qualità creditizia, un forte potenziale di crescita e una
valutazione conveniente. Il portafoglio è
costituito da convertibili di alta qualità
e fortemente liquide, con un delta medio
del 40-60%, anche se la strategia investe
solitamente in titoli in tutto lo spectrum
del delta. Il fondo è stato uno dei migliori
della categoria e ha reso quasi il 5% annualizzato riducendo il rischio rispetto al
mercato.
1° Daniel Björk di Swisscanto (Lux) Bond Fund Coco H Eur J
2° Marc Basselier di Axa Wf Framlington Global Convertibles Fc Eur
3° David Keetley di Polar Capital Global Convertible I Eur Acc
3° Stephen McCormick di Polar Capital Global Convertible I Eur Acc
5° Olivier Genest di Candriam Bonds Convertible Defensive C Cap
6° Anja Eijking di F&C Global Convertible Bond A Inc Eur
I magnifici tre in rapporto al benchmark
Axa Wf
Framlington glb con F
20,000%
Ubs
Convert global E-eq
15,000%
10,000%
Salar fund plc-a1usd
5,000%
Ubs Thomson
Reuters Qualified
0
2013
2012
2014
2015
Rupert Matthews
Salar Fund
Questo strumento è stato lanciato nel
2008 e investe in obbligazioni convertibili attraverso un approccio flessibile. Non
ha un benchmark dichiarato. I gestori
puntano su titoli di tutto il mondo che
negoziano vicino al bond floor, quando
l’azione sottostante presenta comunque
un potenziale di capital appreciation. È
presente un delta di portafoglio piuttosto
contenuto, tra il 20% e il 40%.
L’obiettivo della strategia è generare una
crescita del capitale investito con una forte attenzione alla preservation, quindi alla
riduzione delle perdite. La strategia non
prevede un rendimento fisso, ma cerca
di presentare ritorni migliori rispetto al
mercato in termini di rischio/rendimento su un intero ciclo economico. Il target
ufficiale sè presentare un absolute excess
return rispetto al Libor.
Il fondo è gestito da Ferox Capital, una
società creata da tre soci nel 2000 e specializzata in questo mercato. Uno dei tre è
Rupert Matthews, senior investment manager e soprattutto gestore principale del
fondo, ed è supportato da sei specialisti
del mercato.
arpe
Active CorrelazioneR2BetaAlpha Tracking Info JensenTreynor
remium
Error
Ratio
Alpha
Ratio
1,64%
0,90
0,81
0,77
2,47%
3,53%
0,498
2,42%
2,28%
-0,03%
0,88
0,77
0,65
1,20%
4,01%
0,029
1,13%
0,18%
0,66%
0,93
0,86
0,91
0,98%
3,07%
0,222
0,96%
0,75%
FONDI&SICAV aprile 2016
23
rendimenti sono stati positivi rispetto
agli altri fondi del peer group e al benchmark utilizzato per questa analisi, ma
la strategia si evidenzia soprattutto per
migliori indicatori di rischio rispetto ad
altre.
Alain Echmann
e Ulrich Sperl
Ubs (Lux) Bond Sicav
Convertible Global
Il fondo è stato lanciato nel novembre
2004, investe principalmente in obbligazioni convertibili a livello globale con un
approccio flessibile e ben diversificato. Il
gestore prende esposizioni indipendentemente dal benchmark e ha come fonte
principale di rendimento la selezione dei
titoli. Il profilo del delta medio del portafoglio è bilanciato, focalizzandosi principalmente su obbligazioni che hanno un
pay-out asimmetrico. L’obiettivo è forni-
Cinque anni di performance
31/01/201130/12/2011 31/12/2012 31/12/201331/12/2014
30/12/201131/12/2012 31/12/2013 31/12/201431/12/2015
20112012 2013 20142015
10,22%
16,21%
5,91%
6,57%
AXA WF FRAMLINGTON GLB CON-F -6,27%
SALAR FUND PLC-A1USD
-10,00%
13,00%
13,44%
2,76%
3,28%
UBS CONVERT GLOBAL E-EQ
-12,69%
15,30%
17,09%
4,28%
2,64%
-8,32%
11,03%
17,71%
1,62%
0,69%
UBS Thomson Reuters Qualified
Eonia
re un’esposizione superiore al mercato
dei fondi convertibili globali in termini di
rischio e rendimento attraverso una gestione attiva del portafoglio. La selezione
dei titoli è guidata da tre linee guida: parte azionaria, qualità creditizia e particolari condizioni del titolo.
Sulla componente equity, i money manager cercano di selezionare titoli con una
potenziale crescita sul prezzo dell’azione sottostante. Sulla qualità creditizia
il focus è sulla probabilità di fallimento,
mentre sulle specifiche delle obbligazioni
lo studio si focalizza sulle condizioni o
embedded option dei singoli titoli.
Questo strumento è guidato da Alain
Echmann e Ulrich Sperl che gestiscono
il portafoglio praticamente dall’inizio
(Ulrich è arrivato nel 2005). Quantitativamente il fondo rientra nei primi due
quintili in numerose statistiche e si caratterizza per la sua maggiore correlazione col benchmark rispetto agli altri
prodotti.
Tre leader a confronto IN RAPPORTO AL BENCHMARK
150
140
130
120
110
100
90
80
70
gen. 2012
gen. 2013
gen. 2011
Axa wf
Framlington Glb Con F
Ubs
Convert global E-Eq
Salar Fund Plc-A1Usd
Ubs Thomson
Reuters Qualified
gen. 2014
gen. 2015
gen. 2016
La presente scheda (“il documento”) è una presentazione preparata da Allfunds Bank S.A. (“la Banca”). Le informazioni riprodotte nel presente documento non sono e non devono essere
intese come ricerca in materia di investimenti, né una raccomandazione o un suggerimento, implicito o esplicito, rispetto ad una strategia di investimento avente ad oggetto gli strumenti
finanziari trattati o emittenti strumenti finanziari, né una sollecitazione o offerta, consulenza in materia di investimenti, legale fiscale o di altra natura. Il documento contiene informazioni
sintetiche sulle caratteristiche e sui rischi principali di uno strumento finanziario, ha un mero contenuto informativo e riporta solo le informazioni ritenute più rilevanti per la comprensione
degli strumenti finanziari e dei loro rischi. Per una descrizione approfondita dello strumento finanziario e dei suoi rischi si rimanda al KIID ed al Prospetto Informativo. Il presente documento
contiene informazioni che possono differire rispetto a quelle indicate nella documentazione ufficiale in tal caso valgono queste ultime. Tutte le informazioni contenute in questo documento
sono fornite in buona fede sulla base dei dati disponibili al momento in cui è stata redatta.
Questo documento si basa su informazioni e fonti considerate attendibili, ma di cui la Banca non è in grado di assicurare l’esattezza, a tal fine, quindi. la Banca non è responsabile per eventuali errori, omissioni o inesattezze. È stata adottata la massima diligenza possibile al fine di selezionare le fonti di provenienza dei contenuti. La Banca non offre alcuna garanzia, espressa
o implicita, né esprime alcuna dichiarazione in merito all’esattezza, adeguatezza o possibilità di accedere a detti contenuti, alla disponibilità degli stessi o al loro utilizzo. La Banca non sarà
pertanto responsabile, di nessuno dei suddetti contenuti. Le informazioni sono fornite unicamente a scopo informativo.
Il trattamento fiscale applicato dipenderà dalle circostanze individuali di ciascun investitore e può essere soggetto a cambiamenti in futuro. Si prega di consultare i propri consulenti fiscali,
contabili e legali. Gli strumenti finanziari presentati sono soggetti ai rischi di mercato e non c’è alcuna certezza o garanzia che gli obiettivi degli stessi siano raggiunti. Il valore degli investimenti è soggetto a variazioni anche in virtù delle oscillazioni dei tassi di cambio. Alcuni dei principali rischi dell’investimento sono: rischi associati al territorio, rischi di non liquidità, rischi
di portafoglio concentrato, rischi di rendimento del portafoglio, rischi di gestione, rischi sui derivati, rischi di prestito, rischi fiscali e rischi azionari. Questi ed altri rischi sono descritti nel
prospetto informativo. I potenziali investitori devono leggere attentamente il prospetto informativo per avere informazioni sui rischi, al fine di stabilire se l’investimento è adatto a loro. I
seguenti rischi possono aumentare la volatilità del prezzo del fondo, amplificando gli effetti del mercato. Si prega di tenere conto, al momento di investire, che: (i) Gli investimenti in titoli
azionari sono soggetti ai rischi di mercato, alle condizioni economiche e politiche dei paesi in cui si effettuano gli investimenti e, potenzialmente, al rischio legato ai tassi di cambio valuta. (ii)
Gli investimenti in titoli obbligazionari sono principalmente soggetti ai rischi sul tasso d’interesse, sul credito e sulla insolvenza e, potenzialmente, al rischio legato ai tassi di cambio valuta.
(iii) Gli investimenti in absolute return e strategie alternative sono principalmente soggetti al tasso d’interesse, alla liquidità di mercato, al rischio di credito e insolvenza e,potenzialmente,
al rischio legato ai tassi di cambio valuta. L’uso di prodotti finanziari come parte del processo di investimento può inoltre generare rischi relativi a restrizioni di liquidità e leva finanziaria.
(iv) Gli investimenti nei mercati emergenti e/o in piccole società possono comportare un più elevato grado di rischio essendo potenzialmente più volatili rispetto a quelli effettuati nei
mercati sviluppati o nelle grandi società.
Le performance registrate in passato non sono necessariamente indicative di analoghe performance future. I rendimenti sono al lordo degli oneri fiscali. Il valore dell’investimento è soggetto
a fluttuazioni. Il presente materiale informativo non è stato soggetto all’approvazione di alcuna autorità degli Stati Membri europei.
24
FONDI&SICAV aprile 2016
COVER STORY
Azionario sì, ma quale?
Investire
con la
fiducia ai
minimi
di Boris Secciani
26
FONDI&SICAV aprile 2016
In generale molti hanno paura che
la recessione sia dietro l’angolo, ma
gli indicatori sono complessivamente positivi e tutti sperano che la situazione non sia così deteriorata. Il
risultato è una fortissima volatilità e
la scelta quasi obbligata e meno rischiosa sarà probabilmente puntare
sull’equity. Ma a questo punto si tratta di capire in quali settori muoversi,
con quali linee guida e soprattutto in
quale quadro macroeconomico
Pochi primi trimestri dell’anno verranno ricordati nitidamente come questa parte iniziale del 2016. Infatti l’andamento nelle prime settimane per molti versi ha ricordato i
tragici giorni del 2008: gennaio è cominciato
disastrosamente chiudendosi però con una
perdita tutto sommato limitata, cui ha fatto
seguito un inizio di febbraio a dir poco disastroso, con i minimi al di sotto del crash di
agosto. Infatti molti mercati europei, fra cui
l’Italia e la Francia, sono scesi anche sotto i
valori registrati nella mini-crisi di inizio autunno 2014, per arrivare alle quotazioni più
basse da circa due anni e mezzo a questa
parte. A quello che appariva come un autentico collasso però ha fatto seguito una
ripresa rapida che ha portato i maggiori listini delle nazioni sviluppate in rialzo di circa
il 10-15% dai minimi, con l’S&P 500 che è
schizzato da 1.810 di metà febbraio a 2.000
punti dopo la pubblicazione di un discreto
rapporto sulla disoccupazione il primo venerdì di marzo. Rispetto all’inizio dell’anno
dopo una decina di settimane, dunque, i valori erano appena sotto la linea del pareggio:
in pratica a farla da padrona è stata la volatilità, nonché il fenomeno della correlazione
quasi perfetta con il petrolio. Infatti proprio
quest’ultimo ha innescato la ripresa con il
Wti passato in poche settimane da 26 a 36.
A questi elementi, e ciò come vedremo
nell’analisi rimane un punto di forza fondamentale nel mercato, va aggiunto il fatto che
gli investitori si sono fiondati di nuovo sull’equity, di fronte a una situazione di evidente ipervenduto, segnale che comunque per
il momento enormi cambiamenti nell’asset
allocation strategica degli istituzionali (e non
solo) ancora non si vedono. Attualmente
tutti devono comunque fare i conti con la
volatilità e con improvvisi picchi e crolli del-
le quotazioni, tanto da rendere la situazione
indubbiamente confusa.
Destino di ineluttabilità
Ma che cosa ci si può aspettare nei prossimi
mesi sul mercato azionario di tutto il mondo? La questione non è da poco, in quanto
sull’equity sembra esserci una sorta di destino di ineluttabilità. Infatti l’obbligazionario
presenta oggi poche scelte: sostanzialmente
o si va incontro a un rischio creditizio difficile da quantificare sui corporate di vario
livello e sugli emergenti, mettendo in conto
quindi una volatilità senza precedenti, per
certi versi peggiore rispetto a quella delle
borse, oppure si punta ancora sulla duration,
specialmente quella statunitense su cui forse
c’è ancora del formaggio da rosicchiare, ammesso e non concesso che la Fed non sor-
prenda i mercati con i suoi rialzi.
Insomma, se l’azionario piange, il resto non
sorride e, nonostante la crisi recente e il
malessere diffuso, per sperare di ottenere
rendimenti reali positivi non ci sono davvero
moltissime alternative. Dunque, come muoversi? Innanzitutto pochi dubitano che ulteriori fasi di panico siano da escludere, per
una serie di ragioni che comprendono l’incertezza economica, il caos politico (basti ad
esempio pensare alla questione della Brexit
e alla mancanza di una linea comune da parte
dell’Europa nei confronti delle ondate migratorie) e il deterioramento delle condizioni
finanziarie, soprattutto da parte delle banche
europee.
Una forte volatilità, secondo diversi operatori, è data per scontata a causa dei notevoli
rischi che permangono in giro per il mondo.
Tra essi, ad esempio, i timori di una recessione statunitense sono stati probabilmente
sopravvalutati; inoltre è possibile che i corsi
del greggio rimangano sopra la soglia di 3035 dollari. Detto ciò, però, la stabilizzazione
dell’economia cinese e dello yuan resta ancora un processo fragile ed è probabile che
durante la primavera gli investitori comincino a prestare attenzione ai rischi della Brexit.
Si tratterebbe di un fenomeno paragonabile
a quanto successo con la Grecia nel 2015,
in cui il problema è stato all’inizio ignorato
per poi lasciare spazio alla paura man mano
che le scadenze si avvicinavano. Il prossimo
autunno, inoltre, gli investitori potrebbero
cominciare a temere la possibilità di un’elezione di Donald Trump alla presidenza degli
Stati Uniti. Al momento i mercati non considerano questa eventualità un rischio serio,
in quanto i sondaggi rimangono a favore di
Hillary Clinton (in media con un 52% vs il
48%), ma la situazione potrebbe cambiare
in estate. Infine non va sottovalutato il processo di rialzo dei tassi della Fed, anch’esso
attualmente non considerato più di tanto, ma
che potrebbe tornare fra le ansie dei mercati
a fronte di dati sugli stipendi o sul Cpi più alti
delle attese. Riteniamo infatti che gli investitori stiano sottovalutando questo rischio.
A questa visione fa un po’ da contraltare l’analisi di Andrew Milligan, head of global
strategy di Standard Life Investments: «Attualmente i rischi sui mercati sono
costituiti da una complicata miscela di fattori
ciclici e strutturali, fra cui il rallentamento cinese, il crollo dei prezzi delle materie prime,
le pressioni al ribasso sui profitti delle azien-
Andrew Milligan,
head of global strategy
Standard Life Investments
FONDI&SICAV aprile 2016
27
La mappa della volatilità
Le
borse
da
ottovolante
-19,5%
Nasdaq
Composite
-15,2%
-26,2%
S&P 500
Russell 2000
-13,4%
IPC
Il massimo drawdown
dai picchi del 2015 a febbraio 2016
Nell’infografica è visualizzato il massimo drawdown avvenuto
dai picchi del mercato azionario globale la scorsa primavera e
il minimo dello scorso inverno. Il drawdown rappresenta la differenza fra il massimo relativo e il minimo relativo del periodo
scelto, espresso come percentuale del valore massimo. Questo
indicatore fornisce una misura semplice e immediata di volatilità e di rischio.
-34,1%
IBovespa
-16%
Micex
-27,1%
-49,7%
Stoxx 600
Shenzhen
Composite
-16,9%
-25%
FTSE/JSE
index
S&P Sensex
-48,6%
-17%
Shanghai
Composite
Kospi
Composite
-29%
Nikkei 225
-21,5%
-26%
S&P/ASX 200
JSE
EUROPA SVILUPPATA
americhe
Asia
Ftse Mib -34,4% Italia
Ipsa -17,6% Cile
Tsex -23,8 Taiwan
Dax 30 -29,8% Germania
Merval -27,5% Argentina
Jakarta Composite -27% Indonesia
Cac 40 -26,3% Francia
BVC -30,9% Colombia
Set Index -22,5% Thailandia
Ftse 100 -22,8% UK
S&P TSX -25,7% Canada
Hang Seng Index -36% Hong Kong
Ibex 35 -34,8% Spagna
Dow Jones Industrial -15,8% Usa
STI Index -28,8% Singapore
Tadawul All Share -46% Arabia Saudita
de statunitensi, l’impatto del quantitative
easing, nonché dei tassi negativi cui vanno
aggiunti anche i problemi irrisolti dati dalla
produttività, dagli alti livelli di debito e dagli
andamenti demografici. Se però dovessimo
concentrarci su un rischio in particolare,
dovremmo dire che il più importante è
quello che vede possibili errori a livello di
politiche adottate dalle autorità. Ad esempio il grado di fiducia degli investitori è molto basso dopo le recenti decisioni in Cina e
Giappone».
Ciò che emerge da questi elementi è che i
mercati sembrano oscillare da un eccesso
di paura nei confronti di pericoli non ancora presenti a una sottovalutazione perenne
(salvo poi andare in panico) di fattori più
concreti. Il tutto si spiega in una maniera tutto sommato semplice; ricorda infatti
Juan Nevado, gestore dei fondi M&G
Dynamic Allocation e M&G Prudent Allocation: «Tuttora più importan-
tori. Sembra che gli attori del mercato stiano ancora lottando per lasciarsi alle spalle il
trauma della crisi finanziaria globale, rimanendo così pessimisti. Ciò significa che, in
uno scenario economico mondiale confuso,
l’opinione diffusa è quella incline a notare gli
aspetti negativi piuttosto che quelli positivi».
Ancora sotto shock
Chi oggi investe in azioni deve ricordare
che non siamo ancora, per una ragione o
per un’altra, usciti dalla crisi finanziaria di
quasi un decennio fa. Anche il gestore più
rigidamente bottom up oggi non può fare
a meno di considerare il quadro macroeconomico di riferimento nelle proprie decisioni di investimento per una serie di ragioni
abbastanza evidenti. Infatti da una parte c’è
il rischio, anzi la pressoché certezza, che,
di fronte a un marcato rallentamento economico, la correlazione fra asset rischiosi
aumenti ancora all’insegna di una generale
euro sono in graduale recupero dopo una
lunga fase negativa, ma recentemente stiamo
vedendo qualche segnale di debolezza. Noi
ci aspettiamo che il miglioramento prosegua, ma se così non fosse sarebbe un rischio
per i listini. Negli Usa i profitti vengono da
un lungo periodo di costante miglioramento. Ora crescono meno che in passato e anche in questo caso il pericolo che rallentino
più del previsto va tenuto presente. Non
Stefano Castoldi
portfolio manager
Amundi Sgr
te, a nostro avviso, è il ricordo del 2008 che
è rimasto vivido nella memoria degli investi-
Juan Nevado
gestore
M&G Dynamic Allocation e M&G
Prudent Allocation
30
FONDI&SICAV aprile 2016
avversione al rischio. Dall’altra, oggi sembra
quanto più necessario scegliere aziende in
grado di mostrare un minimo di crescita e
di visibilità degli utili per il futuro, allo scopo
di ottenere performance positive. Infatti da
questo punto di vista le cose non appaiono
entusiasmanti con l’America che ha messo a
segno quattro trimestri di fila di calo su base
annuale dell’Eps dell’S&P 500 (per la prima
volta dal 2008-2009), mentre sia la Cina,
dove si prevede un incremento del 6-7%
dei profitti per quest’anno senza crederci
troppo, sia l’Europa comunque sembrano
stentare.
Sintomatico in questo ambito appare il ragionamento di Stefano Castoldi, portfolio manager di Amundi Sgr: «L’andamento dei profitti delle aziende quotate
è cruciale per i mercati azionari. Nell’area
ci aspettiamo una recessione, ma se si verificasse non sarebbe una buona notizia per
le azioni. Quantificarne oggi l’impatto non è
possibile, perché dipenderebbe dall’interazione di molti fattori che andrebbero valutati
sul momento: l’impatto della recessione sui
profitti, l’andamento dei tassi di interesse, le
valutazioni di partenza degli indici azionari,
il posizionamento degli investitori. Infatti La
dinamica degli utili delle aziende quotate è
cruciale per i mercati azionari».
L’enigma Stati Uniti
In questo ambito, se la Cina, come abbiamo
visto, rimane una scatola nera di difficilissima
interpretazione, nelle ultime settimane l’attenzione si è spostata sugli Usa e sull’Europa.
Per quanto riguarda i primi, è vero che c’è un
rallentamento a livello di manifatturiero e di
investimenti, che però viene compensato da
una buona tenuta dei consumi. Ad esempio
Patrick Zeifel, chief economist di Pictet
Asset Management, suona i tamburi
dell’ottimismo: «I recenti cali dell’S&P 500
(-13% circa dal picco di luglio) indicano che
i mercati azionari scontano, secondo i nostri
calcoli, il 40% di probabilità di recessione ne-
gli Usa, contro il 3% dello scorso anno. Dei
29 indicatori economici e finanziari cui ci affidiamo dal 1955 per prevedere le recessioni, nessuno ha fatto scattare l’allarme. Alcuni
segnalano che l’eventualità di una contrazione è più concreta, ma non uno si avvicina ancora a livelli indicativi di un esito probabile.
Anzi, il nostro modello stima una probabilità
di recessione solo dell’11%. Questo calcolo
esclude eventi imprevisti che non possono
essere quantificati e potrebbe perciò sottovalutare la probabilità reale di una recessione. Riteniamo tuttavia che le possibilità di
una contrazione economica non siano più di
una a cinque. Per capire perché, basta dare
uno sguardo alla condizione finanziaria delle famiglie Usa, dove di solito la recessione
prende piede. Nel complesso, i dati da noi
monitorati evidenziano che la condizione
dei consumatori statunitensi non è affatto
negativa e suggeriscono un’eventualità di
recessione del 3,7%, una variazione minima
rispetto allo scorso anno».
Preoccupazioni in europa
Dove invece sembrano esserci rischi molto
Patrick Zeifel
chief economist
Pictet Asset Management
più abbondanti è proprio in quella vecchia
Europa che doveva e deve ancora fare da
traino al carrozzone globale. I problemi di
fondo del continente sono tanti e quelli contingenti due: il caos politico e le condizioni
del sistema finanziario. Sul primo aspetto
si sofferma Christophe Bernard, chief
strategist di Vontobel Asset Management: «Preoccupanti sono gli attuali sviluppi nell’Eurozona: mentre il governo portoghese cerca di fare retromarcia sulle riforme,
la Spagna non ha ancora un esecutivo e le
prossime elezioni in Irlanda potrebbero finire in un’impasse. In generale la crisi dei
migranti e la possibilità reale di un’uscita del
Regno Unito dall’Unione Europea pongono
una minaccia esistenziale al blocco dei 28
paesi. Finora la crescita economica ha retto,
ma una mancanza di fiducia potrebbe causare gravi danni».
Sui rischi insiti nel sistema finanziario si
concentra invece il Team dell’economics research di Credit Suisse: «Il meccanismo
di interazione fra l’economia dell’Eurozona
e l’attività di prestito da parte delle banche
è un elemento chiave. L’ultimo anno ha visto
emergere un circolo virtuoso fra l’attività
creditizia e la domanda domestica. L’avvio di
una fase di stress finanziario potrebbe trasformarlo invece in un circolo vizioso. Nonostante molti si concentrino sui rischi dei
tassi di interesse negativi, finora non sono
emerse prove di un peggioramento nei margini netti di interesse delle banche. Un problema maggiore potrebbe essere le sofferenze creditizie, il cui andamento è altamente
correlato con la performance economica e
che in teoria dovrebbe migliorare. Un peggioramento dell’economia però potrebbe
rendere vero lo scenario opposto».
Se a questi fattori aggiungiamo anche che,
come abbiamo visto dal crollo in borsa di alcune delle maggiori istituzioni creditizie del
continente, gli investitori sembrano ritenere
che il sistema finanziario europeo ricopra
ancora il ruolo, sostanzialmente, di recettore di tutti i rischi globali, si comprende che la
miscela fatta da crisi economica e deterioramento finanziario può diventare esplosiva in
Europa. Ciò perché andrebbe a colpire proprio la tesi di investimento più gettonata di
questo ultimo biennio, ossia la ripresa della
domanda domestica. Senza contare il peso
che ricoprono le banche negli indici di molti
Christophe Bernard
chief strategist
Vontobel Asset Management
mercati europei, come per l’appunto l’Italia,
e di come andrebbe anche a saltare un altro dei pilastri del consensus attuale: ossia
che siamo destinati a vedere una maggiore
dispersione dei rendimenti in cui andare a
operare con un deciso stock picking.
FONDI&SICAV aprile 2016
31
COVER STORY
Azionario sì, ma quale?
Rischiare
il minimo
possibile
Per superare questa fase si può intervenire a tre livelli: nell’asset allocation, al momento dello stock picking
allo scopo di scegliere titoli in grado
di rafforzare la protezione da una fase
di avversione al rischio ad alta e altissima correlazione ed eventualmente, infine, acquistando esposizione a
strumenti di hedging. Alcuni cercano
protezione puntando sull’oro, mentre
altri investono sulla duration dei Treasury
Come abbiamo visto, non ci sono molte alternative all’azionario, se si vuole sperare di ottenere qualcosa che assomigli a rendimenti reali
positivi. Il problema è che questa asset class
è cara, specialmente all’interno di una fase di
rallentamento economico, e danneggiata da
investitori che sembrano conoscere solo il
panico indotto dai ricordi del 2008 o la totale
compiacenza verso problemi in realtà gravi e
identificabili all’orizzonte. Se è vero che all’apice della crisi di febbraio una discreta parte
del possibile rerating dell’equity era già stata
scontata, altrettanto indubbio è che i mercati
devono comunque tenere conto che a fronte
di una vera e propria recessione, fra calo dei
multipli e contrazione degli Eps, il potenziale
per ulteriori discese è ancora elevato. Bisogna
dunque ricordare, per riuscire oggi a investire
sull’azionario, di essere comunque all’interno
di un ambiente ad alto rischio e per questo
agire di conseguenza.
Per fare ciò, è innanzitutto necessario, per
quanto difficile, tentare di quantificare quanto
acuta potrebbe essere la discesa degli indici.
Ovviamente la risposta in questo ambito di-
Riccardo Ricciardi
chairman
La Française Italia
32
FONDI&SICAV aprile 2016
Andreas Nigg
head of equity & commodity
strategy
Vontobel Asset Management
complesso sufficientemente basse per fare da
ammortizzatore al ribasso. La fascia bassa dei
P/E, P/Cf e dividend yield sulla quale è logico
attendersi un bottom tecnico si colloca tra il
25% al 35% al di sotto dei livelli minimi osservati quest’inizio d’anno. Ciò sempre nel caso
si verificasse una recessione globale, fatto cui
francamente non crediamo». Anche altre voci
delineano un simile possibile “worst case scenario”. Ad esempio Andreas Nigg, head of
equity & commodity strategy di Vontobel
Asset Management, afferma: «È difficile
fare previsioni esatte, se però ci si basa sulle
precedenti recessioni potremmo vedere cali
anche superiori al 50% dai picchi dei mercati
azionari».
pende in buona parte dalla gravità della fase
di contrazione economica futura. Purtroppo,
se analizziamo le metriche tipiche cui il mercato si affida alla fine di una fase di crisi, la
Uno scenario intermedio
Questo ovviamente è il quadro peggiore,
anche però senza ipotizzare recessioni, o
quanto meno recessioni catastrofiche. Non si
può comunque ignorare uno scenario inter-
crediamo in un simile scenario, tuttavia la situazione economica dei paesi industrializzati
è talmente moderata, in prospettiva storica,
che quasi tutti gli indicatori ciclici sembrano
segnalare un punto di svolta negativo».
Oltre comunque a quello che sarebbe un vasto rerating dovuto al quadro di marcata avversione al rischio, permane anche l’elemento
di incertezza dato dalle fluttuazioni dei profitti. E in effetti proprio da quest’ultimo elemento potrebbero saltare fuori sorprese poco
piacevoli in grado di spingere al ribasso un
mercato ancora sopravvalutato. Lucido appare al riguardo il commento di Andrew Mil-
risposta che si può desumere non è incoraggiante. Riccardo Ricciardi, chairman di La
Française Italia, sostiene: «In via ipotetica c’è ancora spazio per una decisa discesa,
ma con un ampio margine di errore dovuto
proprio all’elevata volatilità attesa. Le valutazioni dei mercati azionari non sono nel loro
medio che vede un’ampia possibilità di movimenti al ribasso sufficientemente disastrosi.
Ad esempio su questo punto ragiona Henning Gebhardt, cio Emea and global head
of equities di Deutsche Am: «È una stima
molto complessa, ma in caso di recessione è
prevedibile un calo ulteriore del 15%. Non
Henning Gebhardt
cio Emea and global head of equities
Deutsche Am
FONDI&SICAV aprile 2016
33
Group: «Dipende da quanto profonda sarebbe la recessione. Se si attestasse poco sotto lo zero, non rappresenterebbe un grande
movimento, dato che la crescita negli Stati
Uniti è attorno al 2% e quella europea circa all’1,5%. Torno però a ripetere che questo
non è il nostro scenario».
Tre livelli di intervento
Detto ciò, che cosa si può fare? La situazione
Ocse: i nostri portafogli poi ricevono hedging
dall’acquisto di posizioni lunghe sui titoli di
stato tedeschi e statunitensi a lunga scadenza
e sull’oro».
Vale la pena entrare un po’ di più nel dettaglio su tutti questi spunti. In effetti l’oro ha
visto una ripresa notevolissima in questo primo scorcio di 2016, ascesa che è continuata
anche dopo la ripresa dei mercati azionari.
Il future statunitense è passato da sotto la
Geoffroy Goenen
global head of european equities
Candriam Investors Group
ligan, head of global strategy di Standard
Life Investments: «Le vicende passate ci
aiutano fino a un certo punto: alla fin fine ogni
ciclo fa storia a sé. Una recessione conclamata dei profitti però probabilmente vedrebbe
un calo delle quotazioni del 30-40% rispetto
ai picchi dell’estate del 2015. Di conseguenza
si può dire che la forte correzione di febbraio
ha incorporato uno scenario di debole crescita economica e non di recessione».
Dunque appare necessario distinguere l’eventualità di una contrazione del Pil rispetto
a quella di una crisi dei risultati aziendali: se in
qualche maniera le imprese riuscissero infatti a decorrelarsi dall’andamento di una crisi
economica generale contenuta, probabilmente anche gli effetti sulle quotazioni sarebbero
tutto sommato ridotti. Così sembra pensarla
Geoffroy Goenen, global head of european equities di Candriam Investors
Raphael Gallardo
strategist
Natixis Asset Management
34
FONDI&SICAV aprile 2016
attuale per chiunque abbia in mano un portafoglio equity è infatti caratterizzabile come
un campo minato pieno di possibili eventi disastrosi che richiedono di essere in qualche
maniera neutralizzati. In concreto oggi quelli
che normalmente vengono definiti eventi di
coda statistica sono invece da mettere all’ordine del giorno. Ed essenzialmente per superare questa fase si può intervenire a tre livelli:
nell’asset allocation, al momento dello stock
picking, allo scopo di scegliere titoli in grado
di rafforzare la protezione da una fase di avversione al rischio ad alta e altissima correlazione, ed eventualmente, infine, acquistando
esposizione a strumenti di hedging.
Il primo punto a sua volta, oltre a portare a
operare scelte geografiche adeguate (torneremo su questo punto più avanti), comporta anche identificare mercati e asset class in
grado di attenuare la volatilità delle azioni ed
eventualmente offrire una correlazione inversa. Una sintesi mirabile di tutti questi tre
aspetti viene espressa da Raphael Gallardo, strategist di Natixis Asset Management: «In un periodo come questo, ciò
che facciamo è mantenere posizioni su nomi
difensivi o growth con caratteristiche di elevata qualità all’interno di quadri istituzionali
stabili, come ad esempio i mercati dell’area
soglia di 1.050 nei primissimi giorni dell’anno a sfiorare 1.300 dollari l’oncia nella prima
parte di marzo. Non sorprende in effetti vedere quest’anno, dopo anni molto difficili, un
clamoroso ritorno di interesse per i metalli
preziosi.Ad esempio Massimo Siano, head
of southern Europe di Etf Securities, sostiene: «Pensiamo che la scelta migliore per
superare questa fase sia puntare sulle imprese aurifere. Il settore gold mining sta andando
molto bene da inizio anno; pertanto raccomandiamo di sovrappesare sia l’oro, sia le
Massimo Siano
head of southern Europe
Etf Securities
aziende del settore».
Per quanto riguarda la componente reddito fisso sembrano scontrarsi due scuole di
pensiero: nella prima, come abbiamo visto,
non manca chi punta a inserire beni rifugio
decorrelati come il debito a lunga scadenza
degli emittenti più solidi. La logica che sta
dietro è che, nonostante le fasi di volatilità estrema viste su questi asset nel recente
passato, si possa ottenere comunque un minimo di rendimento giocando sull’ennesima
fase positiva per la duration, convinti che in
uno scenario nuovamente turbolento queste obbligazioni manterrebbero comunque
il loro ruolo di bene rifugio. Dall’altra parte,
invece, c’è chi ritiene che sia semplicemente il caso di togliere una percentuale delle
fiches dal tavolo, ricorrendo alla buona vecchia liquidità, che in effetti negli ultimi mesi
ha visto una buona ripresa di interesse nei
portafogli di diversi istituzionali. Questa opzione è consigliata da Andrew Milligan, di
ricorrere al cash».
Peraltro ricorda Stefano Castoldi, di Amundi
Sgr: «La volatilità stessa può essere inserita fra i propri investimenti: nella costruzione dei nostri portafogli prestiamo sempre
grande attenzione a quegli attivi che non
sono correlati alle nostre scommesse principali e che garantiscono una buona diversificazione dei rischi. In quest’ottica abbiamo
recentemente attivato alcune strategie che
beneficino dell’incremento della volatilità».
Standard Life Investments: «La costruzione
del portafoglio offre diversi strumenti per
coprirsi dai rischi di coda statistica, però
ogni cliente è differente in quanto le sue necessità e il suo grado di tolleranza al rischio
si discostano parecchio. In alcuni casi la scelta migliore è ricorrere a strategie di hedging,
mentre in altri è meglio investire su titoli
con marcate caratteristiche value che dovrebbero andare meglio in determinate circostanze. Non dobbiamo però dimenticare
che per molti investitori la maniera migliore
per difendersi dalla volatilità dei mercati è
ca dei mercati: come abbiamo visto, si passa
dal panico alla compiacenza, il che richiede
una certa capacità di timing per gestire gli
strumenti di copertura per non incappare
in notevoli diminuzioni delle potenzialità di
rendimento dei propri investimenti. Non a
caso non mancano money manager che comunque preferiscono costruire portafogli
long only puri, agendo soprattutto a livello
di allocazione dei titoli da inserire, sia sul
piano delle preferenze settoriali, sia geografiche. Ad esempio con questa logica si
muove Clyde Rossouw, gestore di In-
panico e compiacenza
Questo genere di allocazioni di solito richiede un uso elevato di strumenti derivati, che
vanno dall’acquisto di opzioni put sui future
di singole azioni o su vari indici ad altre coperture più indirette, quali l’inserimento di
Cds sul debito di società di cui si possiedono anche le azioni.Vi è però un problema da
considerare in tutti questi approcci e che ha
a che fare con l’attuale condizione psicologi-
vestec Global Franchise Fund: «Non
applichiamo alcuna tecnica che preveda uno
strato di copertura con valute o derivati
nel nostro portafoglio. Infatti la natura tipicamente difensiva dei singoli investimenti
che deteniamo fornisce un hedging naturale
contro i rischi di coda statistica, che comunque consideriamo anche a livello di ciascuna
azione nella fase di ricerca e di costruzione
del nostro portafoglio».
In conclusione è interessante aggiungere
un’altra considerazione ed è ciò che afferma
Juan Nevado, gestore dei fondi M&G
Dynamic Allocation e M&G Prudent
Allocation di M&G Investments: «A
parte l’utilizzo di alcuni strumenti derivati
per la velocità e l’efficienza delle operazioni,
non ci avvaliamo di strategie di hedging. Lo
strumento principale che utilizziamo per limitare il rischio di coda è la diversificazione
tra asset class non correlate.Tuttavia, ancora
più importante, dobbiamo ricordare che i
modelli di correlazione si possono muovere
e possono cambiare improvvisamente e frequentemente, quindi, dobbiamo tenere costantemente monitorati questi modelli per
potere regolare il portafoglio di conseguenza, rimanendo sempre consapevoli di quale
sia la fonte dalla quale deriva il rischio».
In pratica non bisogna mai dimenticare, qualsiasi sia l’approccio di risk management scelto, che comunque in questa fase di mercato
è necessario rendere quanto più dinamico
e flessibile possibile il proprio approccio, in
quanto stiamo assistendo con ogni probabilità a cambiamenti radicali, a livello economico, finanziario e politico, tali da rendere il
mondo un luogo sì tuttora pieno di opportunità, ma anche rischioso come non mai.
Clyde Rossouw
gestore
Investec Global Franchise Fund
FONDI&SICAV aprile 2016
35
COVER STORY
Azionario sì, ma quale?
Difesa
europea e
un po’ di
value
36
FONDI&SICAV aprile 2016
Le ricette dei money manager per
navigare nell’attuale fase non possono essere certo rivoluzionarie. Il
Vecchio continente, che promette
crescita degli utili e ha quotazioni
meno care, resta la scelta più frequentata. Qualcuno vede opportunità anche nell’Asia più tecnologicamente avanzata, come la Corea e
Taiwan. Molto interesse anche per le
azioni value, che però vengono giudicate quasi ovunque troppo care. Sugli Stati Uniti la tendenza più diffusa
è la fuga, ma c’è qualcuno che ancora
ci crede
Dopo avere delineato il quadro in cui l’investitore azionario si trova oggi a muoversi,
con una realtà fatta di una miriade di rischi
spesso male quantificati, non rimane che da
chiedersi come approcciare i listini. Ricordiamo, infatti, che oltre ai problemi globali veniamo da anni di furioso bull market
(emergenti a parte) e che situazioni di sopravvalutazione perdurano in diverse aree
dell’equity. Come abbiamo visto, una buona
parte della partita per ottenere un profilo
di rischio/rendimento adeguato si gioca a
livello di stock picking. Ovviamente ciò vale
in ogni situazione, ma ora più che mai. Se
dovessimo sintetizzare con una battuta, nessuno, anche l’hedge fund macro strategy più
puro, può permettersi di evitare di selezionare i possibili rischi di coda statistica per
ogni titolo in portafoglio, mentre neppure il
gestore più bottom up può evitare, nell’analisi di ogni azione, di non fare rientrare valutazioni sul quadro globale. In pratica, anche
se si predilige un’area piuttosto che un’altra,
bisogna rimanere consci del fatto che lo
scenario migliore vedrà probabilmente una
dispersione alquanto forte dei rendimenti,
con la crescita concentrata in nicchie sempre più ristrette.
A livello geografico appare immediato identificare ciò che non piace: a parte qualche
eccezione nelle piazze più sviluppate dell’Asia in generale, per i ben noti motivi gli emergenti sono evitati, così come tuttora vi è diffidenza nei confronti dell’America. In questi
termini si esprime Ann-Katrin Petersen, vicepresident global capital markets &
thematic research di Allianz Global Investors: «Anche se nel complesso il con-
testo economico si è rivelato positivo per
gli utili societari, le elevate aspettative per
il 2016 sono state riviste al ribasso per via
di diversi fattori, tra cui la forza del dollaro,
gli adeguamenti nel settore petrolifero e il
graduale aumento del costo del lavoro, che
pesano sui profitti aziendali. Al contempo le
valutazioni elevate limitano il potenziale di
rendimento. Il P/E di Shiller (rapporto prezzo/utile depurato delle oscillazioni cicliche)
si attesta ancora ben al di sopra della media
di lungo periodo».
Il luogo migliore
Detto ciò, nell’immediato molte cose non
sembrano cambiate: nonostante la forte
presenza di titoli energetici e di un settore bancario che oggi è un enigma, l’Europa
continua a piacere, in particolare proprio
per ragioni di contenimento del rischio
attraverso la selezione di azioni con un
profilo adeguato ai tempi. Interessante appare al riguardo il parere di Riccardo Ricciardi, di La Française Italia: «L’Eurozona è
essenzialmente l’unica regione che ci vede
positivi, anche tenuto conto dei rischi nel
breve termine. I profitti sono in crescita,
anche se lenta, le valutazioni sono basse rispetto ai tassi e molte aziende solide pagano dividendi elevati che attutiscono i rischi
di prezzo; infine siamo convinti che la Bce
manterrà una politica molto espansiva per
un considerevole periodo». Dunque elevato
equity risk premium, valutazioni relative decenti rispetto agli altri listini e prospettive
di profitto che, se escludiamo l’eventualità
Ann-Katrin Petersen,
vicepresident global capital
markets & thematic research
Allianz Global Investors
dell’avvio di una recessione disastrosa, appaiono quanto meno decorose e forse anche
sottovalutate rispetto al loro potenziale. In
pratica il Vecchio continente sembra il luogo
migliore dove andare a costruire quello che
assomiglia a un portafoglio value.
Dunque il tema prevalente, per evitare di
venire fatti a pezzi dai mercati, sembra che
sia affrontare questa fase con un giusto mix
di caratteristiche value e growth, allo scopo
sostanzialmente di andare a cogliere alcune nicchie relativamente a buon mercato
ragionevolmente esposte a una potenziale
ripresa, o quanto meno al venire meno delle paure di tracollo. È interessante vedere
come queste scelte si vanno nel concreto a
declinare: da questo punto di vista sostanzialmente il problema fondamentale è scegliere l’adeguato livello di beta rispetto al ci-
clo mondiale, che spesso porta a portafogli
con caratteristiche discretamente barbell.
un groviglio di temi
Partiamo ad esempio da quanto riportato
da Raphael Gallardo, di Natixis Asset Management: «Le nostre attenzioni per superare questa fase sono attualmente rivolte ad
aziende di qualità e a gruppi con caratteristiche sia growth, sia difensive, in grado di
generare flussi di cassa ben visibili e regolari.
Ciò ci porta a un sovrappeso nei seguenti
settori: cura della salute, beni di consumo,
telecomunicazioni, software e anche alcuni
nomi di alto livello fra le small e le mid cap.
Sul piano geografico ci piacciono l’Eurozona
al pari di alcuni mercati dell’Asia emergente,
quali Corea del Sud e Taiwan».
Un groviglio di temi per certi versi in con-
FONDI&SICAV aprile 2016
37
traddizione fra loro, ma che potrebbe risultare alla fine vincente: pensiamo in effetti
alle difficoltà che ha vissuto l’Asia industrializzata a causa del rallentamento della Cina,
ormai di gran lunga il mercato più importante per queste nazioni, oppure al calo di
molte small/mid cap europee accentuato
anche dai problemi di liquidità di questa asset class. A fronte di una parziale risoluzione delle incognite o almeno di diminuzione
decorrelate. Vale peraltro la pena sottolineare che emerge con forte chiarezza anche il
ruolo dei dividendi, con il caveat della loro
ragionevole sostenibilità, se non si vuole finire in una situazione come quella dei titoli
petroliferi di pochi mesi fa.
Una variante delle strategie barbell di cui abbiamo parlato viene portata avanti anche da
molti gestori convinti che l’azionario offra
ancora opportunità interessanti, nonostan-
delle preoccupazioni, si può immaginare
come determinati segmenti del mercato siano destinati a volare. Di fronte a un arrivo
della recessione ci sarebbe invece poco da
fare, se non si fosse provveduto per tempo
a montare un’adeguata barriera di protezioni con derivati e investimenti in asset class
te la situazione attuale. Le aziende di grandi
dimensioni che pagano alti dividendi rappresentano in particolare un’opportunità che
viene ricercata, con i loro bilanci di vaste
dimensioni e la capacità di sostenere payout
ampi, grazie al loro fondamentale buon stato
di salute. Questo tipo di società tende a of-
38
FONDI&SICAV aprile 2016
frire stabilità anche nelle fasi di volatilità. In
particolare è diffusa la positività sull’Europa
in generale, ma con una marcata preferenza
per le small cap posizionate per sfruttare la
ripresa della domanda del Vecchio continente, da combinare per l’appunto con le large
cap dall’elevato dividend yield, allo scopo di
catturare il differenziale di rendimento con
l’obbligazionario.
Tanti beni di consumo
Fra i settori, i beni di consumo rimangono
scelte chiave, grazie al ritorno dei consumatori europei a una maggiore spesa, processo
spinto anche dai contenuti prezzi del petrolio. Inoltre, secondo il parere di diversi operatori, vale la pena considerare comparti
tipicamente difensivi dei listini europei, quali
telecom e utility, come copertura dai rischi
geopolitici e dalla volatilità di mercato.
Il tema dei dividendi ritorna anche in un’ottica meno squisitamente difensiva: infatti
non manca chi punta tuttora su un mix maggiormente incentrato sul growth, dove i pagamenti in contante da parte delle società in
questo caso non sono da considerare come
un sostituto del bassissimo carry elargito
dal reddito fisso, quanto come un metodo
per limare le oscillazioni di un portafoglio
più aggressivo e un sistema per confermare
la validità delle scelte growth effettuate. Interessante al proposito quanto proposto da
Clyde Rossouw, di Investec Global Franchise
Fund: «I business di qualità sono più cari di
quanto lo siano stati in passato: ironicamente, però, riteniamo che essi siano preziosi
come non mai in un mondo come quello di
oggi. La ragione è semplice: in un ambiente
privo di opportunità di crescita, chi le ha le
fa pagare ad alto prezzo. La nostra analisi si
basa su un approccio fondamentale bottom
up allo scopo di identificare società di alto
livello a valutazioni ragionevoli. In particolare siamo interessati a inserire nel nostro
portafoglio titoli di gruppi in grado di crescere nella fascia alta della singola cifra e di
pagare almeno il 75% della liquidità prodotta in dividendi».
Come si può capire, tutti questi approcci sono comunque incentrati sul trovare il
giusto equilibrio fra soluzioni più aggressive e necessità difensive. Non manca chi
però diverge da questo sentiero e vede la
fase attuale come un’occasione per attua-
Corri sui
binari giusti!
Allianz Merger
Arbitrage Strategy
Il mondo degli investimenti è cambiato.
Per raggiungere la destinazione scelta
e ottenere rendimenti positivi non è più
sufficiente seguire i percorsi già battuti.
Occorre saper riconoscere quando
modificare il tragitto e quando è il caso
di intraprendere strade alternative con
strumenti che consentono di farlo. Come
Allianz Merger Arbitrage Strategy, un fondo
vicino alle abitudini di investimento dei
risparmiatori italiani, perché caratterizzato
da un profilo rischio/rendimento simile a
quello obbligazionario e con i vantaggi di
diversificazione delle strategie alternative.
Per maggiori informazioni:
www.allianzglobalinvestors.it
L’investimento implica dei rischi. Il valore di un investimento e il reddito che ne deriva possono aumentare così come diminuire e, al momento del rimborso,
l’investitore potrebbe non ricevere l’importo originariamente investito. Allianz Merger Arbitrage Strategy è un comparto di Allianz Global Investors Fund
SICAV, società d’investimento a capitale variabile di tipo aperto costituita ai sensi del diritto lussemburghese. Il valore delle azioni appartenenti alle classi di
azioni del Comparto denominate nella valuta base può essere soggetto a una volatilità elevata. La volatilità di altre classi di azioni potrebbe essere diversa e
potenzialmente più elevata. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. I prodotti d‘investimento descritti potrebbero non essere autorizzati al
collocamento in tutte le giurisdizioni o a determinate categorie di investitori. Il Prospetto, i documenti istitutivi, l‘ultima Relazione annuale e semestrale
nonché le Informazioni chiave per gli investitori in italiano (KIID), sono disponibili gratuitamente presso la società che ha redatto il presente documento e
all‘indirizzo elettronico sotto indicato. Prima dell‘adesione si prega di leggere attentamente questi documenti che sono gli unici vincolanti. I prezzi giornalieri
delle azioni del comparto sono disponibili sul sito www.allianzgifondi.it. Il presente documento è una comunicazione di marketing; emessa da Allianz Global
Investors GmbH (www.allianzglobalinvestors.it) una società di gestione a responsabilità limitata di diritto tedesco, autorizzata dalla Bundesanstalt für
Finanzdienstleistungsaufsicht (www.bafin.de), che ha stabilito una succursale in Italia – Allianz Global Investors GmbH, Succursale in Italia, via Durini 1 –
20122 Milano, soggetta alla vigilanza delle competenti Autorità italiane e tedesche in conformità alla normativa comunitaria. È vietata la duplicazione,
pubblicazione o trasmissione dei contenuti del presente documento in qualsiasi forma.
Annuncio pubblicitario destinato al cliente al dettaglio e al potenziale cliente al dettaglio. Prima dell’adesione leggere il KIID e il prospetto disponibili
presso i soggetti distributori e sul sito www.allianzgifondi.it
Orizzonte di investimento consigliato di medio-lungo termine. Spese di sottoscrizione 5 % (percentuale massima). Spese correnti annuali 1,30 % (classe AT
EUR). Una graduatoria, un rating o un premio ottenuti non sono indicativi dell‘andamento dei rendimenti futuri e sono soggetti a variare nel tempo.
Evan Bauman
portfolio manager
Legg Mason ClearBridge
Aggressive Growth Fund
re scelte contro corrente, indubbiamente
di primo acchito più rischiose: dall’estremo
del deep value europeo a quello del growth
puro statunitense. In entrambi i campi sembra operare Andreas Nigg, di Vontobel Asset
Management: «Continuiamo ad apprezzare le prospettive delle azioni dei gruppi It
statunitensi e, dopo la recente correzione,
riteniamo che pure alcune banche europee
offrano del valore. A livello di paese, le nostre preferenze ricadono sul Giappone con
la possibilità di vedere un aumento nelle attività di buyback grazie alla maggiore solidità
dei bilanci delle aziende nipponiche».
Gli Usa, come abbiamo visto, nell’attuale
fase e nell’ottica di eliminare i rischi maggio-
ri, sembrano non riscuotere grandi simpatie,
fra mercato caro, aria di fine ciclo e imprevedibilità di Yellen e soci. Eppure, nella logica
di una preferenza verso un maggiore potenziale di crescita, non mancano gli estimatori. Nettissime appaiono le scelte di campo
di Evan Bauman, portfolio manager del
Legg Mason ClearBridge Aggressive Growth Fund: «Continuiamo a pensare che gli Stati Uniti offrano alcune delle
migliori prospettive di crescita del mondo.
Le condizioni finanziarie di aziende e famiglie
sono buone, il che fornisce una spinta ai consumi e agli investimenti in ricerca e sviluppo,
che andranno ad aumentare l’innovazione e
la crescita in nuove aree. Come gestori attivi
continuiamo a vedere le migliori opportunità
nella cura della salute (in Usa ha caratteristiche più marcatamente growth rispetto
all’Europa-n.d.r.), nella tecnologia, nell’energia e fra i media».
Che cosa è cambiato?
Resta alla fine di questa analisi un ultimo
punto da chiarire: che cosa è cambiato sul
medio periodo? Probabilmente per il momento ancora nulla o quanto meno niente
che non si conoscesse: cioè si sta arrivando
alla fine di un’epoca, un periodo in cui molti
problemi sono stati rimandati grazie al gigantesco flusso di denaro generato dalle banche
centrali a costo zero. L’idea però, è che nei
prossimi anni bisognerà operare una transi-
zione verso uno scenario inevitabilmente più
complesso, pur mantenendo una disciplina di
ferro nelle scelte di investimento; con ogni
probabilità il profilo di rischio/rendimento
assumerà caratteristiche meno positive per
gli investitori.
A concludere con una nota di cautela è Michaël Nizard, senior fund manager, asset
allocation e lead portfolio manager di Edmond de Rothschild Fund Europe
Flexible: «I mercati sono soggetti a un
ambiente di volatilità in crescita, in una situazione in cui alcuni dei maggiori trend si
stanno chiaramente spegnendo dall’ottobre
2014. Dopo diversi anni di espansione delle
valutazioni in diversi asset rischiosi, distorte dall’enorme quantità di liquidità iniettata
dalle banche centrali, stiamo entrando in una
realtà fatta di potenzialità sempre minori per
i mercati azionari globali. Infatti il rallentamento dei profitti combinato con pressioni
a livello debitorio e condizioni finanziarie
complessivamente meno facili hanno spinto
gli investitori a preoccupazioni tipiche delle
fasi di fine ciclo».
In pratica, aggiungiamo noi, anche a fronte
delle tecniche di costruzione e gestione di
portafoglio più sopraffine, anche escludendo
revival del 2008, mettere a segno performance positive in termini reali con un profilo
di rischio accettabile sarà come colpire un
bersaglio sempre più piccolo da una distanza
sempre più grande.
Michaël Nizard
senior fund manager,
asset allocation e
lead portfolio manager
Edmond de Rothschild
Fund Europe Flexible
40
FONDI&SICAV aprile 2016
The No.1
European Asset Manager*
YOUR
INVESTMENT
MANAGER
YOUR
TRUSTED
PARTNER
* L’Asset Manager n° 1 in Europa.
Il tuo gestore negli investimenti, il tuo partner di fiducia.
La fiducia va meritata.
amundi.com
Il maggiore asset manager europeo per totale di asset in gestione (AUM) - Fonte IPE “Top 400 asset managers” pubblicato in giugno 2015 e basato sugli AUM a dicembre 2014.
Tutti gli AUM sono stati ricalcolati da Amundi escludendo gli asset manager con capogruppo al di fuori dell’Europa. Il presente documento non costituisce un’offerta d’acquisto,
una sollecitazione alla vendita o una qualsiasi forma di pubblicità o promozione di prodotti e servizi finanziari o consulenza di investimento. Il valore di un investimento e qualsiasi
reddito da esso derivante possono subire variazioni al rialzo o al ribasso e il loro esito non è quindi garantito. Gli investitori potrebbero non recuperare il proprio investimento
iniziale. Documento promozionale a cura di Amundi Asset Management, Société Anonyme con un capitale sociale di €596 262 615 - Società di gestione del risparmio regolata
dall’AMF con il n° GP 04000036. Sede legale: 90, boulevard Pasteur, 75015 Paris, Francia - 437 574 452 RCS Paris - amundi.com - Gennaio 2016. |
Attualità
Obbligazionario globale
Soprattutto
duration
sui
Treasury
di Boris Secciani
42
FONDI&SICAV aprile 2016
In un momento in cui sul reddito fisso
dell’intero pianeta si sta vedendo di
tutto, con livelli di rischio mai corsi
precedentemente anche su bond ritenuti sicuri, la maggior parte dei
money manager ritiene che la scelta
più attraente sia oggi puntare sulle
scadenze più lunghe dei titoli di stato
statunitensi. È probabile, infatti, che
la Fed sul fronte del rialzo dei tassi
continui con il suo passo lento, che
dovrebbe peraltro colpire più la parte a breve della curva. Ulteriori rischi
sui quali scommettere sono l’inflazione, gli spread creditizi, i mercati
emergenti con scadenze più brevi,
selezionando quelle opportunità fuori dall’andamento generale o peculiari che sono finite a essere triturate
nel gorgo dell’avversione al rischio
Se il 2015 e l’inizio del 2016 in generale, per
quanto riguarda i mercati degli asset rischiosi, sono stati caratterizzati da un aumento
di correlazione, almeno a livello di indici (il
discorso invece è molto diverso per quanto
riguarda i singoli mercati) riassumibile in una
sequela di fasi di propensione e avversione
al rischio, sul complesso del reddito fisso
invece è successo semplicemente di tutto.
A determinare un simile andamento è stata
una serie di fenomeni spesso contraddittori.
Innanzitutto vi sono lo scarto di politica monetaria fra Usa ed Europa e le contrazioni
degli emergenti, specie di una Cina in mezzo
al quantitative easing e altre nazioni al contrario bloccate dalla stagflazione. Dall’altra
parte poi vi è il problema dei rendimenti negativi in Europa: attualmente circa 7 trilioni
di euro di titoli di stato trattano sotto zero,
fatto che di tanto in tanto provoca esplosioni di volatilità, con investitori che fuggono da
questa asset class.
La Federal Reserve ha poi avviato la propria
politica di rialzo dei tassi dopo un decennio
in maniera molto più balbettante rispetto a
quanto si immaginava solo mesi fa in mezzo
a una crisi strisciante, e in certi frangenti neanche tanto strisciante, dei mercati. Non a
caso proprio a marzo, quando doveva essere
messo in cantiere il secondo rialzo dei tassi,
come da agenda indicata dallo stesso Fomc,
non soltanto Janet Yellen ha preferito non
farne nulla, ma ha assunto veri e propri toni
da colomba e ha di fatto rimesso in discussione la già timidissima politica di ritorno a
interessi più alti. Del resto si tratta di una
mossa che i mercati avevano già ampiamenente scontato e che oggi rappresenta la
base delle politiche dei money manager sul
reddito fisso.
Ciò che è comunque successo è che i titoli
di stato da una parte e la liquidità dall’altra
hanno recuperato il proprio ruolo di bene
rifugio, soprattutto per quanto riguarda le
emissioni dei paesi core: infatti già nella periferia europea sono tornate a farsi vedere
diverse crepe. Per quanto riguarda invece il
credito, tutto è stato dominato dalla performance disastrosa dell’high yield statunitense,
in cui a farla da padrone è stato il comparto
dell’energia e dei materiali di base. Il tasso di
default nell’ultimo anno è praticamente raddoppiato, arrivando intorno al 4%, un valore
ben superiore al circa 2,7% dell’Europa.
Investitori atterriti
Un simile valore rimane ben entro i limiti
della media storica: nonostante ciò, però,
la volatilità e le performance che si sono
viste sui bond ad alto rendimento americani hanno lasciato atterrito più di un investitore. Nel frattempo i dati sull’inflazione
continuano a deludere, il dollaro mostra
una volatilità pazzesca verso qualsiasi valuta (ultimamente soprattutto lo yen) e
la Bce continua nelle proprie manovre di
espansione del Qe. Nella riunione del 10
marzo, infatti, Mario Draghi ha annunciato
un ulteriore taglio dei tassi, passando dallo
Jim Caron
managing director
Morgan Stanley
Investment Management
0,05% allo zero assoluto e contemporaneamente portando a -0,4% quello applicato
sui depositi delle banche. Queste misure
hanno fatto da corollario all’espansione del
programma di acquisti di obbligazioni, che
verrà portato da 60 miliardi al mese a 80,
includendo anche corporate bond non bancari investment grade denominati in euro.
Come si può vedere, il reddito fisso globale sta ricevendo input contraddittori che
probabilmente, come risultato più tangibile,
porteranno a rendimenti molto diversi fra
un mercato e l’altro, riassumibili però in un
concetto: nonostante gli sforzi di Draghi e
i dietro-front della Yellen, è indubbio che
l’azione delle banche centrali non basta più
e che oggi ci vuole anche altro. Una valutazione della situazione la offre Jim Caron,
managing director di Morgan Stanley
Investment Management: «La capacità di sovrappesare i titoli forti ed eliminare
quelli deboli avrebbe potuto generare un
ritorno positivo, anziché tentare di lottare
contro il peso di un rendimento negativo
per l’indice, supponendo di avere correttamente previsto i settori forti e deboli. È
per questo che riteniamo che una corretta
gestione dei fattori di rischio idiosincrasico
nell’ambito di un indice possa generare un
potenziale di rendimento migliore rispetto
ai rendimenti sistematici dell’indice complessivo stesso. Di norma i fattori sistematici tendono a predominare sulla performance. La distribuzione dei rendimenti in un
regime sistematico appare molto diversa. Al
contrario, in un regime idiosincrasico, molte
delle barre che rappresentano i rendimenti
degli attivi sono rivolte in direzioni opposte
FONDI&SICAV aprile 2016
43
mo sia attualmente in corso, è quella che definiamo come un periodo di transizione che
si verifica dopo la crisi. Infine, entriamo in un
periodo di predominanza economica ciclica
in cui i fattori ciclici risultano determinanti
e si prevede un rialzo a livelli normali delle
correlazioni tra gli attivi».
Chris Iggo
chief investment officer
fixed income
Axa Investment Managers
con una maggiore densità e divergenza agli
estremi, mentre il centro della distribuzione
rappresenta modesti rendimenti positivi o
negativi. Di conseguenza, la riduzione delle
correlazioni e l’aumento dei fattori di rischio
Di fronte a una recessione?
Anche in questo caso, però, dobbiamo porci il problema che si è visto nell’azionario:
siamo di fronte a una nuova recessione oppure no? A seconda della risposta, le occasioni idiosincrasiche appariranno molto
diverse. Detto ciò, nonostante tutto e tutti,
incredibilmente in questo 2016 scommettere sulla duration dei Treasury sembra
ancora una delle tattiche più gettonate. In
qualche maniera questo approccio rientra
fra quelli definibili come win-win ossia con
un alto numero di scenari favorevoli. Infatti,
a meno di non pensare di essere davanti
Chris Iggo, chief investment officer, fixed
income di Axa Investment Managers, afferma: «Cercare rendimento nel
segmento a più lungo termine della curva
dei governativi? Il ritorno dei titoli del Tesoro trentennali è del 2,6% in questo momento. In base ai dati storici è basso, ma
finché la Federal Reserve temporeggerà
col rialzo dei tassi non assisteremo a un
forte irripidimento della curva. E anche
se ciò accadesse, l’esposizione al credito
all’interno di un portafoglio diversificato
dovrebbe compensare le eventuali perdite dalla duration derivanti dal rialzo dei
tassi. C’è una correlazione negativa tra
l’andamento dei rendimenti obbligazionari
core e le variazioni degli spread di credito,
soprattutto nel segmento high yield. Una
certa duration core in portafoglio rappresenta quindi una copertura rispetto all’esposizione sul credito, ma offre anche un
rendimento “privo del rischio di credito”
in uno scenario caratterizzato da bassi tassi di interesse e quantitative easing. Gilt e
titoli di stato australiani sono un’altra opportunità di rendimento».
Correlazione con le azioni?
Inutile invece ricordare che, nel caso ci si
riempia di corporate dall’elevato rischio
creditizio, a fronte di una crisi economica e
finanziaria la parte rischiosa del portafoglio
andrebbe probabilmente a correlarsi brutalmente con l’azionario, con un beta variabile a seconda dei comparti degli emittenti,
mentre la duration governativa fornirebbe
idiosincrasico tendono a predominare sulla
performance degli indici. Riteniamo che questa sia una conseguenza indiretta del ciclo di
ripresa post-crisi che può essere suddiviso
in tre fasi. La prima è un momento di alta
correlazione che si è verificato all’inizio della
crisi finanziaria. La seconda fase, che ritenia-
44
FONDI&SICAV aprile 2016
a un boom economico serio, è probabile che la Fed continuerà con il suo passo
lento, che dovrebbe peraltro colpire più la
parte a breve della curva. Contemporaneamente i titoli di stato americani offrono
comunque un pelo di valore in più rispetto
alle controparti europee. Di conseguenza
Niall O’Leary
head of Emea fixed income
portfolio strategy
State Street Global Advisors
Stabilità. Sempre.
Nordea 1 – Stable Return Fund
ISIN: LU0227384020, BP-EUR
Anche nei momenti difficili abbiamo bisogno della stabilità di chi ci è vicino.
Nordea Asset Management ha fatto della stabilità un suo valore.
nordea.it – [email protected]
I comparti citati fanno parte di Nordea 1, SICAV, una società di investimento a capitale variabile (Société d’Investissement à Capital Variable) con sede in Lussemburgo, costituita validamente ed in esistenza in conformità alle leggi in vigore in Lussemburgo e alla direttiva n. 2009/65/CE del 13 luglio 2009. Il presente documento contiene materiale pubblicitario e potrebbe non fornire tutte le informazioni rilevanti in rispetto
al/i fondo/i presentato/i. Gli investimenti riguardanti i fondi Nordea devono essere effettuati sulla base del prospetto informativo in vigore, che è disponibile sul sito internet www.nordea.it,
insieme al documento di informazioni chiave per gli investitori, alle relazioni semestrali e annuali, e ad ogni altra documentazione d’offerta. Tale documentazione, sia in inglese che nella
lingua locale del mercato in cui la SICAV indicata è autorizzata per la distribuzione, è anche disponibile senza costi presso Nordea Investment Funds S.A., 562, rue de Neudorf, P.O. Box
782, L-2017 Lussemburgo, e in Italia, presso i Soggetti collocatori. L’elenco aggiornato dei soggetti collocatori, raggruppati per categorie omogenee, è messo a disposizione del pubblico presso gli stessi
soggetti collocatori, presso le filiali capoluogo di regione di State Street Bank S.p.A, BNP Paribas Securities Services, Banca Sella Holding S.p.A., Banca Monte dei Paschi di Siena, Allfunds Bank S.A., Societe Generale
Securities Services Sp.A. Il prospetto ed il documento di informazioni chiave per gli investitori sono stati depositati presso gli archivi Consob. Prima dell’adesione leggere il prospetto informativo. Eventuali richieste di informazioni potranno essere inviate ai soggetti collocatori. Gli investimenti in strumenti derivati e le operazioni in valuta estera possono essere soggette a significative fluttuazioni e di
conseguenza possono influenzare il valore di un investimento. Gli investimenti in mercati emergenti comportano un maggiore elemento di rischio. Come conseguenza della politica d’investimento
il valore delle azioni non è assicurato e può fluttuare ampiamente. Per ulteriori dettagli dei rischi di investimento associati a questo/i fondo/i, si rimanda al documento di informazioni
chiave per gli investitori, disponibile come sopra descritto. Nordea Investment Funds S.A. pubblica esclusivamente informazioni relative ai prodotti e non fornisce alcuna raccomandazione d’investimento.
Pubblicato da Nordea Investment Funds S.A., 562, rue de Neudorf, P.O. Box 782, L-2017 Luxembourg, che è autorizzata dalla Commissione Financier de Surveillance du Secteur (CSSF) autorità lussemburghese di
sorveglianza dei mercati finanziari. Per ulteriori informazioni, La preghiamo di contattare il Suo consulente finanziario. Egli potrà consigliar La in maniera imparziale sui fondi di Nordea Investment Funds S.A. Fonte (se
non indicato diversamente): Nordea Investment Funds S.A. Laddove non diversamente indicato, tutte le considerazioni espresse appartengono a Nordea Investment Funds S.A. E’ vietata la riproduzione e la circolazione di questo documento senza previa autorizzazione. I riferimenti a società o altre tipologie di investimento contenuti all’interno del presente documento non costituiscono sollecitazione alla compravendita di tali
investimenti, ma hanno scopo illustrativo. Il livello delle agevolazioni e incrementi fiscali dipenderà dalle circostanze di ogni individuo ed è soggetto a variazione nel futuro.
un ottimo strumento di copertura. Incidentalmente se assumiamo che la politica
monetaria del prossimo decennio non sarà
molto diversa dal passato, possiamo trovare conforto nel fatto che comunque negli
ultimi 10 anni, dal gennaio 2006 al gennaio
2016, la parte a più lunga scadenza dei Treasury ha fornito, non sorprendentemente,
rendimento nettamente migliori rispetto a
scadenze più brevi.
Ricorda infatti Niall O’Leary, head of
Emea fixed income portfolio strategy di
State Street Global Advisors: «Se
andiamo a osservare il rendimento cumulato delle scadenze 10-30 anni dei Treasury
nell’ultima decade (comprendente capital
gain, cedole e reinvestimento delle stesse-n.d.r.) si vede che questo valore è superiore al 90%, a fronte di un 500% circa che
si sarebbe ottenuto investendo lungo tutto
le spettro delle durate».
Puntare su duration sicura
Dunque puntare su duration sicura conviene. Per quanto riguarda gli altri rischi, invece, fra cui quello creditizio cui accennava
Iggo, come si può operare scelte vincenti in
un ambiente ad alta idiosincrasia? In qualche maniera, se usiamo i Treasury lunghi
come base del portafoglio, la logica comune a molti investitori sembra incentrata sul
fatto di trovare in altri strumenti situazioni
relativamente favorevoli, essenzialmente
con caratteristiche value, però riducendo
le scadenze. Un altro esempio di questo
approccio viene sempre da Iggo: «Consigliamo una posizione sull’inflazione attraverso obbligazioni inflation linked a breve
scadenza. Su questo mercato gli investitori
ricevono lo stesso tasso di inflazione indipendentemente dalla scadenza del titolo
in portafoglio. Pertanto, una posizione in
obbligazioni a breve scadenza con un rischio di duration inferiore, ma con la stessa esposizione sull’inflazione sembra interessante, con l’esposizione sulla duration
ottenuta attraverso obbligazioni nominali».
Un discorso simile si può applicare anche
al rischio creditizio, in particolar modo in
Europa, dove probabilmente le condizioni
di mercato sono comunque migliori, anche
se gli spread sono più ridotti. Va da sé comunque che anche in quest’area bisognerà
fare parecchia attenzione a che cosa si va a
46
FONDI&SICAV aprile 2016
comprare: a questo riguardo è interessante una previsione riportata da State Street
Global Advisors che prevede per gli high
yield europei nel prossimo quinquennio
un rendimento annuale al di sotto del 4%.
Si tratta di un valore sorprendentemente
basso, se si considera che comunque grosse sorprese non ci dovrebbero essere a
livello di default e tanto meno di politica
monetaria. Il problema è che, per quanto
riguarda la componente in conto capitale,
non poche emissioni potrebbero vedere
per anni una certa mancanza di fiducia,
in particolar modo nel cruciale settore
bancario dove di recente, specialmente
nell’ambito dei co-co, si è visto un po’ di
tutto.
Sperare nel rialzo dell’oil
In compenso non è difficile immaginare, qualora il petrolio dovesse risalire in
maniera un minimo consistente, una sovraperformance del settore energetico.
Quest’ultima andrebbe ad aiutare anche il
debito dei paesi emergenti, probabilmente un’altra nicchia peculiare di valore se
combinata con una duration contenuta. In
particolar modo pensiamo a molte emissioni governative in dollari o in altre valute
pesanti: spesso scambiano con rendimenti
intorno al 5-6% su scadenze intorno a tre
anni, senza rischio di cambio, ma ovviamente con un maggiore pericolo di default
rispetto ai bond in divisa locale. Qual è la
probabilità di vedere un botto serio? Dipende ovviamente dal paese, però va detto
che molte economie anche in crisi nera,
vedere alla voce Brasile, sono comunque
dotate di ampie riserve. Interessante appare al riguardo la sintesi del Team di analisti di Nn Investment Partners: «Nel
debito emergente, la nostra preferenza è
per l’hard currency, all’interno del quale,
scegliamo i titoli governativi. Le fonti di
rendimento dei paesi saranno le riforme
strutturali e importanti cambiamenti politici, con particolare attenzione su Argentina e Brasile».
Dunque in definitiva, se dovessimo sintetizzare nei prossimi mesi, se non anni, è
ragionevole ritenere che un portafoglio di
bond globali possa essere costruito intorno a una forte esposizione in duration sui
Treasury, intorno ai quali costruire scelte
incentrate su ulteriori rischi, dall’inflazione
agli spread creditizi, ai mercati emergenti,
con scadenze più brevi, selezionando quelle opportunità idiosincratiche che sono
finite a essere triturate nel gorgo dell’avversione al rischio.
medula
UN ABBRACCIO
NEL TEMPO
INVESTIRE IN DIAMANTI
LA SCELTA CONTEMPORANEA PER IL TUO FUTURO
www.investimentodiamanti.com
Attualità
L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue
Rischio
disastro
a Londra
di Boris Secciani
48
FONDI&SICAV aprile 2016
Per il momento i sondaggi indicano che l’uscita della Gran Bretagna
dall’Unione Europea, la cosiddetta
Brexit, per la quale si voterà il 21
giugno prossimo, sarà respinta. Ma
i margini di vantaggio sono abbastanza risicati e il Partito conservatore al governo su questo tema è
spaccato, per cui l’ipotesi che il Regno Unito si stacchi è tutt’altro che
campata per aria. Dopo un periodo
di due anni per negoziare i termini
della separazione, che inevitabilmente sarebbero abbastanza duri,
si potrebbero aprire scenari molto
negativi per la City e tutte le attività rischiose del paese. Anche la
sterlina rischierebbe di scendere di
circa il 15%
«Il Regno Unito dovrebbe rimanere un
membro dell’Unione Europea o lasciare l’Unione Europea?» Questo è il quesito che il
prossimo 23 giugno verrà rivolto ai sudditi
della regina Elisabetta nel referendum sulla
cosiddetta Brexit, ossia la possibile uscita
della Gran Bretagna dall’Ue. Ma cominciamo
l’analisi delle eventuali conseguenze di quello
che rischia di essere l’avvenimento politico
del decennio dai più semplici fatti, quali appunto il quesito referendario, per fare capire
quanto le cose, a ogni livello (politico, economico, tecnologico, sociale...) sono cambiate
nel mondo. Proviamo infatti per un momento a tornare indietro nel tempo a circa un
decennio fa, all’era 2005-2006. La Cina si
sviluppava a ritmi assurdi e con essa i paesi
del Far east vivevano un boom economico
imponente. Gli Usa vedevano la piena espansione dei consumi e della bolla immobiliare,
mentre l’Europa tutta (a parte l’Italia e pochi
altri) cresceva in maniera più moderata ma
robusta. In questo quadro si distingueva il
Regno Unito, fra le economie più solide del
continente: polo finanziario, dei servizi corporate, della ricerca e del turismo dell’intera
Unione.
Ciò per dire che, nonostante Londra non sia
mai stata caratterizzata da fervente europeismo, in pochi anni tutto è cambiato. Infatti
una sempre maggiore integrazione nell’Ue
faceva parte di quei processi ritenuti ineluttabili, a causa dell’incedere della globalizzazione. Oggi per scontato non si può più
dare assolutamente nulla, in particolar modo
la marginalità di uno dei pericoli più temuti,
e quindi esorcizzati, dai mercati mondiali, ossia il rischio politico. In particolare ritenere
che proprio dal cuore finanziario del mondo
potesse venire una minaccia imprevedibile
allo status quo sarebbe apparso in epoche
più tranquille scenario da film di fantascienza.
Invece oggi ci troviamo a questo delicatissimo punto.
In Vantaggio lo status quo
Intendiamoci; per il momento tutti i sondaggi danno in vantaggio il campo dello status
quo con margini nell’ordine del 5-10%. Sicuramente il fatto che David Cameron abbia
spuntato una serie di importanti concessioni
con l’Unione Europea, in primis il fatto di tenere la piazza finanziaria di Londra lontana
dagli appetiti regolatori europei, ha aiutato non poco la causa europeista. Dall’altra
parte, però, non bisogna dimenticare che il
Partito conservatore al governo, in teoria
ufficialmente schierato per il “remain”, si sta
spaccando verticalmente fra i due poli.
Ma che cosa accadrebbe se alla fine accadesse l’impensabile? Tecnicamente nell’immediato nulla, in quanto il paese rimarrebbe
membro dell’Ue nel periodo di negoziazione
di un nuovo accordo con i rimanenti membri
dell’Unione. Si stima che il processo richieda
un biennio, o forse più. In questa fase probabilmente le conseguenze dal punto di vista finanziario non sarebbero irrilevanti. Infatti, se
da una parte la Gran Bretagna si troverebbe
in caso di Brexit avvantaggiata dal punto di
vista dei minori contributi all’Unione e della
mancata condivisione dei problemi dell’immigrazione, dall’altra correrebbe il pericolo di vedere avverata la minaccia più ferale.
Stiamo ovviamente parlando della sorte del
complesso dei servizi finanziari del paese, che
rischierebbero di essere pesantemente penalizzati. Su questo punto appare chiara l’o-
DAVID CAMERON
primo ministro britannico
pinione di Ruth van de Belt, investment
strategist di Kempen Capital Management: «Se, contrariamente alle aspettative,
la Brexit dovesse verificarsi, causerebbe uno
shock. La portata dell’impatto sull’economia
britannica dipenderebbe dagli accordi commerciali e di altra natura che la Gran Bretagna potrebbe negoziare con l’Ue e gli altri
paesi dopo l’uscita. E un trattato vantaggioso
con l’Unione giocherebbe a favore dei partiti
euroscettici di tutta Europa. Di conseguenza non ci aspettiamo che venga concesso un
accordo favorevole. Probabilmente sarebbero reintrodotti i dazi. La Brexit causerebbe
anche un’enorme incertezza nel settore finanziario britannico. Anche se l’uscita dall’Ue
potrebbe comportare alcuni vantaggi per il
Regno Unito (fine dei contributi al bilancio
europeo, meno normative), riteniamo che le
conseguenze economiche sarebbero complessivamente negative».
Le conseguenze più pesanti
E proprio dal settore dei servizi potrebbero venire le conseguenze peggiori, che oggi
appaiono difficili da quantificare, sebbene
qualche caso di nazione legata da forti vincoli
all’Unione Europea, pur non facendone parte, già esista, anche se probabilmente Londra
si troverebbe a negoziare in condizioni piuttosto diverse rispetto a Norvegia, Svizzera
FONDI&SICAV aprile 2016
49
migrazione per i cittadini dei paesi membri
dell’Unione. Alla Svizzera, invece, sono posti
alcuni limiti per quanto riguarda i servizi, in
cambio di una maggiore autonomia legislativa. Se ci si avviasse a un approccio simile a
quello adottato nei confronti della Confederazione Elvetica, non appare così peregrino
ritenere che la City rischierebbe di diventare
l’oggetto del contendere principale e che il
resto del continente sarebbe poco ben disposto nei confronti delle richieste inglesi. Le
principali conseguenze nel biennio di limbo
sembrano puntare a uno scenario che da
tempo non fa più parte del vocabolario dei
rischi degli investitori, ossia la stagflazione.
improvviso stop dei flussi
Continuano gli analisti della casa svizzera:
«Se la maggioranza dei votanti decidesse di
andarsene, ancora prima che il nuovo equilibrio diventi chiaro, è probabile che l’incertezza e le conseguenze potenzialmente negative
probabilmente porterebbero a un improvviso stop nei flussi di capitali verso il Regno
Unito. Dal momento che essi sono necessari per finanziare un saldo negativo delle
partite correnti ampio (circa il 4% del Pil), si
rischierebbe uno scenario in cui il suddetto
deficit passerebbe dall’essere una preoccupazione di fondo a un vero e proprio problema. Date le incognite economiche appena
descritte, i mercati richiederebbero un premio al rischio considerevolmente maggiore
o anche Turchia. Sonali Punhani e Ne
ville Hill, fixed income research analysts
di Credit Suisse, affermano: «Se il Regno
Unito dovesse lasciare l’Unione Europea è
probabile che le conseguenze economiche
sarebbero significative e di lunga durata. L’esatta grandezza del loro impatto è difficile da
stimare, dal momento che dipenderebbero
dallo status della Gran Bretagna al di fuori
dell’Ue. Secondo l’articolo 50 del trattato di
Lisbona, infatti, il paese avrebbe due anni per
negoziare il divorzio, nonché tutti i trattati
esistenti. Inoltre ci vorrebbe probabilmente
ulteriore tempo per ridefinire i termini con
tutti i paesi extra-Ue. Alla fine l’agreement
potrebbe ricalcare alcuni modelli esistenti.
Fra essi ricordiamo l’Area economica europea, che lega Ue e Norvegia, l’accordo bilaterale con la Svizzera, l’unione doganale con la
50
FONDI&SICAV aprile 2016
Turchia o lo status di nazione favorita all’interno del Wto. A nostro avviso, però, è più
probabile che si arriverà a un approccio unicamente fatto su misura per il Regno Unito,
con alcune caratteristiche di un accordo di
libero scambio per i beni con diverse limitazioni per quanto riguarda i servizi. È difficile
che venga adottato il modello norvegese o
l’unione doganale turca, in quanto l’Ue richiede di seguire alcune regole comunitarie
che il paese rigetterebbe con il referendum».
Come Svizzera e Norvegia?
Va ricordato, infatti, che, ad esempio, la Norvegia gode del completo accesso al mercato
Ue, sia per i beni, sia per i servizi, in cambio
però di una stretta aderenza ai regolamenti della Commissione, pesca e agricoltura a
parte, e della libertà di circolazione e di im-
per investire sugli asset britannici, inclusi Gilt,
azioni e immobili, che vedrebbero una decisa
discesa delle quotazioni, insieme alla sterlina.
Il calo della divisa nazionale porterebbe a una
maggiore inflazione e di conseguenza a una
stagnazione dei redditi reali delle famiglie,
con una diminuzione dei consumi. Si avrebbe dunque uno scenario simile a quello del
2007-2008. A causa di una simile incertezza
è probabile che anche assunzioni e investimenti si fermerebbero. Lo scenario peggiore
potrebbe portare a un calo del Pil dell’1-2%
sul breve periodo, a causa della miscela tossica costituita da bassa fiducia da parte delle
aziende, condizioni finanziarie in via di peggioramento e redditi reali in diminuzione. Il
possibile responso della politica monetaria
rimane una questione ambigua, in quanto la
Banca centrale si troverebbe ad affrontare
uno scenario fatto, sia di minore crescita, sia
di maggiore inflazione sul medio termine».
ritorno al Qe
Per quanto riguarda però l’atteggiamento
della Bank of England, altri investitori sembrano ritenere che si tornerà, nel caso di
Brexit, senza troppi complimenti al quantitive easing e senza preoccupazioni per quanto
riguarda gli obiettivi di stabilità dei prezzi.
Così la pensa Ruth van de Belt di Kempen
Capital Management: «In una certa misura
i mercati stanno già scontando l’ipotesi di
una Brexit. Gli investitori richiedono un ren-
dimento più elevato per il rischio. I tassi di
cambio nominale della sterlina inglese sono
scesi sensibilmente nei mesi scorsi, anche
se la valuta rimane decisamente forte. L’esito del referendum avrà un impatto sui tassi
di interesse. In caso di uscita dall’Ue, la Boe
allenterà probabilmente la sua politica monetaria per compensare gli effetti negativi a
breve termine sull’economia. Il prezzo delle asset class britanniche, come le azioni e
l’immobiliare, sarà compresso nel caso che
la Brexit si trasformi in una realtà dopo il
referendum del 21 giugno».
Proprio la valuta di sua maestà Elisabetta
rischia di diventare il nodo su cui vanno a
concentrarsi tutte le tensioni, in particolare
se l’economia britannica dovesse all’improvviso trovarsi priva di capitali per finanziare
il proprio deficit corrente con il resto del
mondo. Il fenomeno comunque già oggi viene ampiamente scontato dai mercati: infatti,
nonostante un’economia in condizioni decisamente migliori rispetto a quella del resto
dell’Eurozona, è da mesi che il tasso di cambio del pound (il cross Eur-Gbp è passato da
circa 0,70 di novembre a poco meno di 0,79
a fine febbraio) e i tassi di interesse quotati
sui mercati swap sono in calo, a testimonianza di quelle che sono le aspettative future in
termini di politica monetaria».
quale svalutazione?
Il fenomeno potrebbe subire un’accelera-
zione importante in caso di Brexit. George Cole, Robin Brooks e Michael
Cahill, analisti dell’Economics research
team di Goldman Sachs, provano a fornire un obiettivo degli eventuali cali nel caso
che al referendum vincessero i propugnatori dell’uscita: «Quale ulteriore svalutazione è lecito aspettarsi nel caso in cui la
Gran Bretagna scelga di abbandonare l’Ue,
generando così un rallentamento dei flussi di capitale? Il numero dei fattori in gioco
impedisce di fornire una risposta definitiva:
possiamo però delineare una stima delle
dimensioni potenziali del movimento. Un
modo per farlo è assumere che la Brexit
porti a un’interruzione dei flussi di capitale
in Uk, che a sua volta forzi un rapido rientro dal deficit di partite correnti. Si tratta
di un’ipotesi che riconosciamo come piuttosto forte. In questo caso adattiamo all’economia britannica quello che definiamo il
tasso di cambio di equilibrio fondamentale,
che stima la relazione fra andamento della
moneta, del saldo di partite correnti e della
domanda domestica. Con questo modello
possiamo chiederci quale svalutazione sarebbe necessaria per colmare il deficit con
l’estero. Se imponiamo il pareggio, in questo
ambito puramente attraverso movimenti valutari, anziché incorporare anche una
diminuzione della domanda, con i dati più
recenti che indicano un deficit delle partite correnti pari al 3,7% del Pil, arriviamo
a stimare un calo della sterlina nell’ordine
del 15-20% nei confronti dei maggiori partner commerciali. Se il movimento fosse lo
stesso fra i vari cambi, si arriverebbe a un
cross Gbp-Usd pari a 1,15-1,20 e a 0,9-0,95
per quanto riguarda l’Eur-Gbp. La discesa
potrebbe risultare più contenuta a fronte
di una contrazione della domanda. Le nostre stime però implicano comunque uno
scivolone del pound del 15%, anche se si
verificasse una contrazione del 2% della domanda, per riuscire a colmare il deficit delle
partite correnti».
Ciò per quanto riguarda l’ipotesi negativa.
Ma se invece andasse tutto bene e la Brexit
venisse respinta? Magari si verificherebbe
un piccolo relief rally, per poi vedere gli
asset britannici tornare a legarsi alle incertezze dell’attuale ciclo globale. In attesa del
nuovo probabile cigno grigiastro sui mercati
di tutto il mondo.
FONDI&SICAV aprile 2016
51
ETP
Azionari
Rallenta
la corsa
di Paola Sacerdote
in collaborazione con Borsa Italiana
Dati al 29 febbraio 2016
52
FONDI&SICAV aprile 2016
Etf, Etc/Etn
Emittente
Etf
Etc
Db x-trackers-Deutsche Bank
160
9
iShares
131
Lyxor-Société Générale
130
Amundi 79
14
Ubs
82
Spdr Etfs-State Street
58
Source
28
PowerShares-Invesco 21
Rbs Market Access
10
Etf Securities
10
Ossiam 13 EMITTENTI
24
1
148
54
23
25
Boost
WisdomTree
Etn
13
9
731 195
103
Prosegue il trend di crescita del mercato
ETFplus, il segmento di Borsa Italiana dedicato a Etf, Etc, Etn e fondi aperti quotati.
Nel mese di febbraio sono stati listati 26
nuovi strumenti (25 Etf e un Etf attivo),
portando a 1.029 il numero degli Etp disponibili per gli investitori.
Gli asset under management degli strumenti exchange traded a fine febbraio si sono
attestati a 47,24 miliardi di euro, in leggero
calo rispetto ai 47,60 miliardi di euro al termine del 2015. Le turbolenze e la volatilità
registrate sui mercati nelle prime settimane
dell’anno hanno penalizzato in particolare
gli Etf azionari dei paesi sviluppati che, per
effetto delle performance negative degli indici equity, hanno visto un calo delle
masse in gestione da 21,10 a 19,27 miliardi di euro, con una contrazione dell’8,67%,
nonostante una raccolta netta positiva di
170,25 milioni di euro.
Più modesto il calo degli asset under management per gli Etf azionari emergenti, scesi
da 2,65 a 2,56 miliardi di euro, con flussi
comunque positivi, a quota 76,97 milioni di
euro. Gli Etf obbligazionari hanno beneficiato della fuga dal rischio degli investitori,
con le masse in gestione che sono aumentate del 6,17% passando da 15,87 a 16,85
miliardi di euro.
Si confermano molto positivi i dati sugli
scambi, a riprova del fatto che gli Etp riscuotono sempre maggiore interesse da
parte degli investitori. Il numero di con-
tratti medi giornalieri conclusi sul mercato
ETFplus nei primi due mesi dell’anno si è
attestato a 24.659, in aumento del 17,85%
rispetto al 2015 per un controvalore medio di 494,6 milioni di euro, in crescita del
21,88% sempre rispetto all’anno precedente.
A febbraio gli Etf più scambiati sono stati
tre prodotti emessi da Lyxor con sottostante l’indice Ftse Mib: il Lyxor Ucits Etf
Ftse Mib Daily Leveraged, a leva doppia
long, il Lyxor Ucits Etf Ftse Mib Dai Dou
Short Xbr, a leva doppia short, e il Lyxor
Ucits Etf Ftse Mib. Tra gli Etc, i più scambiati
sono stati tre strumenti a leva lunga e corta
sul petrolio: il Boost Wti Oil 3X Leverage
Daily, l’Etfs 2X Daily Long Wti Crude Oil e
il Boost Wti Oil 3X Short Daily.
Etf più scambiati del mese
ISIN
Denominazione
Controvalore (mln €)
% totale
FR0010446658
LYXOR UCITS ETF FTSE MIB DAILY LEVERAGED 47.571
19,02%
FR0010446666
LYXOR UCITS ETF FTSE MIB DAI DOU SHT XBR 30.868
12,34%
FR0010010827
LYXOR UCITS ETF FTSE MIB
18.898
7,56%
FR0007054358
LYXOR EURO STOXX 50 (DR) UCITS ETF
4.054
1,62%
IE00B1XNH568
iSHARES FTSE MIB UCITS ETF (DIST)
3.854
1,54%
Controvalore (mln €)
% totale
Etc più scambiati del mese
ISIN
Denominazione
IE00B7ZQC614
BOOST WTI OIL 3X LEVERAGE DAILY
72.981
25,31%
JE00B2NFTJ73
ETFS 2X DAILY LONG WTI CRUDE OIL
27.422
9,51%
IE00B7SX5Y86
BOOST WTI OIL 3X SHORT DAILY
20.988
7,28%
GB00B15KXV33
ETFS WTI CRUDE OIL
12.750
4,42%
IE00B8VC8061
BOOST NATURAL GAS 3X LEVERAGE DAILY
12.363
4,29%
Storico Aum Etf per classi d’investimento
5,02%
3,39%
6,05%
39,90%
45
Etf azionari sviluppati
40
Etf obbligazionari
35
30
Etf azionari emergenti
25
Etf style
45,63%
20
Altro
15
10
5
0
2004 2005 2006 2007 2008200920102011201220132014 2015 2016
mld euro
1,64
3,98 7,63 10,06 10,2313,4717,6716,7118,1724,8434,32 43,29 42,22
Afflussi netti Etf
Afflussi netti
10
Effetto Prezzo
8
Variazione annuale
6
4
2
0
3,98
-3,80
2,11
1,11
7,73
2,91
1,33
0,08
1,31
-2,25
1,38
5,66
1,02
1,75
8,07
0,90
1,22
-2,29
-2
-4
2008 20092010 2011 2012 2013 201420152016
FONDI&SICAV aprile 2016
53
ETP
Vincenzo Sagone
Responsabile ETF, Indexing & Smart
Beta Business Unit
Amundi SGR
In
continua
crescita
di Paola Sacerdote
Il 2015 è stato un anno record per l’industria europea degli Etf, con una raccolta
netta di 72,2 miliardi di euro, in aumento
del 61,6% rispetto al 2014, e masse in gestione che hanno raggiunto 452 miliardi di
euro.
Con Vincenzo Sagone, head of Etf
indexing & smart beta business unit di
Amundi, Fondi&Sicav ha analizzato le ragioni alla base del successo di questi strumenti. E soprattutto è stato tracciato un
bilancio del 2015 per la sua società.
Il 2015 è stato il migliore anno di
sempre in termini di raccolta per
l’industria europea degli Etf. Al di
là delle caratteristiche ormai riconosciute di questi strumenti, quali sono i principali driver presso gli
investitori per spiegare una crescita
che sembra inarrestabile?
«Alla base del successo degli Etf ci sono
sempre state e rimangono determinanti
tuttora due caratteristiche strutturali: il
fatto che sono strumenti efficienti dal punto di vista dei costi e che sono prodotti
trasparenti, qualunque sia il tipo di replica.
A questi due punti di forza negli anni se
ne sono aggiunti altri: innanzitutto, rispetto non solo a un decennio fa, ma anche a
un quinquennio, ormai tutti gli emittenti
hanno oggi un’offerta veramente completa
di strumenti, che danno la possibilità di investire praticamente in tutte le asset class
disponibili sul mercato. In secondo luogo,
è il settore che ha una marcia in più per
quanto riguarda l’innovazione: basti pensare ai prodotti smart beta, che sono oggi un
key point per tutta l’industria degli Etf, che
sta investendo molto nello sviluppo e nella
promozione di queste nuove tipologie di
strategia».
Qual è stato il bilancio di Amundi
per il 2015 in Europa? In particolare quali sono state le asset class che
hanno maggiormente trainato la vostra raccolta?
«Con un mercato europeo che è cresciuto
in media in sei anni del 19%, noi siamo cresciuti nello stesso periodo del 34%. Il 2015
è stato particolarmente importante per la
raccolta degli Etf e abbiamo raggiunto i 20
miliardi di asset under management, quin-
54
FONDI&SICAV aprile 2016
di siamo molto soddisfatti. Per quanto riguarda i settori trainanti, nel corso di tutto
l’anno gli investitori istituzionali sono stati
sovrappesati sulla parte equity Europe ed
euro e, di conseguenza, essendo stato questo il settore più investito nel 2015, abbiamo visto gli afflussi maggiori sui prodotti legati a indici quali Eurostoxx 50 e Msci Emu.
L’anno scorso abbiamo poi emesso prodotti innovativi, che hanno riscosso molto
successo: dal Floating Rate Euro Corporate,
che è stato il primo prodotto in Europa a
fornire un’esposizione alle obbligazioni a
tasso variabile ed è tra gli strumenti che
hanno raccolto maggiormente, al Global
Equity Multi Smart Allocation Scientific
Beta, il primo Etf smart beta multi-fattoriale
sviluppato in collaborazione con l’Edhec-Risk Institute che ha raccolto tanto e continua ad andare bene».
Avete riscontrato alcune specificità
del mercato italiano rispetto a quello europeo? «Direi di no; i dati a livello italiano non
differiscono molto, perché lo scorso anno
c’è stata in tutta Europa una correlazione
di temi di investimento estrema, per cui
l’asset allocation dei clienti istituzionali è
stata praticamente identica ovunque. L’unico comparto nel quale l’investitore del
nostro paese ha puntato maggiormente è
stato l’Etf Government Bond Lowest Rated,
il fondo sui titoli di stato dei paesi europei
periferici, che si è posizionato tra i primi
cinque per raccolta a livello continentale e
dove la percentuale italiana è stata particolarmente elevata».
Il mercato europeo, a differenza di
quello statunitense, è sempre stato
caratterizzato prevalentemente da
una clientela di tipo istituzionale.
Secondo voi è un trend destinato a
continuare anche in futuro?
«È un dato di fatto che in Europa gli istituzionali sono sempre stati i maggiori fruitori di questo tipo di prodotti: secondo le
stime, l’80% degli asset under management
degli Etf sono da attribuire a questa tipologia di clientela. Però su questo tema noi
iniziamo a intravedere un cambiamento di
rotta, dovuto prevalentemente a iniziative
sviluppate dal lato dell’offerta: da un anno a
questa parte le reti di distribuzione si stanno orientando verso la creazione sempre
più massiccia di prodotti costruiti con gli
Etf, dalle gestioni patrimoniali, ai certificate,
alle unit-linked, nei quali questo strumento
viene abbinato alla capacità dei gestori professionali di fare asset allocation, per non
parlare del nuovo tema dei robo-advisor,
che utilizza come prodotto principale proprio l’Etf».
Sui mercati i primi due mesi del 2016
sono stati piuttosto turbolenti. Quali sono state le ripercussioni su segmento degli Etf?
«A inizio 2016 quasi tutti erano posizionati
come nel 2015, quindi molto sovrappesati
sull’azionario europeo, e nelle prime settimane dell’anno abbiamo assistito a vendite
massicce prevalentemente su questa asset
class e sull’azionario giapponese, con gli investitori che hanno tolto rischio dai portafogli e si sono spostati sul cash o sul money
market, che sono asset class dove l’Etf non
esiste, per cui l’industria ha registrato flussi
negativi. Ora, però, stiamo iniziando a vedere una rotazione settoriale, con un riposizionamento degli istituzionali sui corporate
bond e sugli high yield, un movimento che
secondo noi continuerà nei prossimi mesi, a
maggior ragione dopo la riunione della Bce
del 10 marzo, nella quale Mario Draghi ha
dichiarato che estenderà il quantitative easing anche ai corporate bond».
Quali sono i progetti in cantiere per
l’anno in corso in termini di ampliamento della gamma d’offerta e
sviluppo di nuove soluzioni di investimento, in particolare nell’ambito
smart beta?
«Per quanto riguarda le proposte innovative, visti i risultati record ottenuti nel 2015,
continueremo ad ampliare l’offerta di soluzioni a basso costo allineate alle esigenze
di asset allocation degli investitori. L’offerta
di nuove fonti di potenziale rendimento e
di soluzioni smart beta è sicuramente uno
dei punti chiave per il 2016. Inoltre, abbiamo emesso poche settimane fa l’Etf BBB
Euro Corporate Investment Grade, uno
strumento che investe in un basket investment grade posizionato sui titoli a più alto
spread, particolarmente interessante anche
alla luce delle ultime decisioni della Banca
Centrale Europea».
FONDI&SICAV aprile 2016
55
9 SU 10 INVESTITORI
SI DICHIARANO ALLA RICERCA DI NUOVE
STRATEGIE PER DIVERSIFICARE MEGLIO
I PROPRI PORTAFOGLI.*
UNA SCELTA COMPLETA A VOSTRA DISPOSIZIONE
1
2
1
1
4
3
Un modello costruito attorno ad una molteplicità di gestori al vostro servizio.
Per saperne di più: ngam.natixis.it
1 Una controllata di Natixis Asset Management. 2 Una controllata di Natixis Asset Management e di Natixis Asset Management Asia Limited, basata a Singapore e Parigi. 3 Comprende 6 società distinte
specializzate in private equity. L’offerta non é disponibile in tutti i paesi. 4 Una divisione di investimento globale di Natixis Asset Management
* Natixis Global Asset Management, Sondaggio Globale – Individui, febbraio 2015. Il sondaggio ha coinvolto 7.000 investitori con almeno 200.000€ di patrimonio in 17 paesi. 500 partecipanti sono italiani.
Documento promozionale non contrattuale. Natixis Global Asset Management S.A. è la società capogruppo di una serie di società specializzate nella gestione e distribuzione a livello mondiale, compresi i
gestori indicati. Questi gestori sono ammessi a prestare servizi di gestione unicamente nei o dai Paesi in cui hanno sede o sono autorizzate. Natixis Global Asset Management é rappresentata in Italia da
NGAM S.A., Succursale Italiana, Via Larga, 2 - 20122 Milano, Italia.
MESSAGGIO PUBBLICITARIO AD USO ESCLUSIVO DEGLI INVESTITORI PROFESSIONALI.
ADINT164-0915
CONSULENTI
RETI
«La piattaforma Alfabeto è
un nuovo servizio pensato
per i private banker e i clienti
di Fideuram: un progetto
di integrazione tra canale
fisico e digitale, tramite il quale
professionisti e investitori
potranno interagire
e operare sia online
sia offline»
ANTONELLO PIANCASTELLI
condirettore generale
Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking
FONDI&SICAV aprile 2016
57
ANTONELLO PIANCASTELLI
condirettore generale
Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking
CONSULENTI
RETI
Quando la
consulenza
è il marchio
di fabbrica
a cura di Massimiliano D’Amico
A poco meno di un anno dalla nascita di
Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking, Fondi&Sicav ha intervistato il
condirettore generale Antonello Piancastelli per tracciare un primo bilancio
dell’operazione e per spiegare i progetti futuri della società.
Qual è il bilancio della super-Fideuram?
«Benché l’operazione coinvolgesse società
dalle dimensioni particolarmente rilevanti e
sulla carta le complicazioni non mancassero,
siamo felici di constatare che il processo si
è concluso con grande soddisfazione proveniente da tutte le componenti del nostro
gruppo. Ritengo che il buon esito sia da attribuire in gran parte alla volontà delle business
unit, dei consulenti e dei banker, di collaborare ancora di più, mettendo a fattore comune
le diverse eccellenze, nel rispetto delle proprie peculiarità e differenze. Sembra banale
dirlo, ma per collaborare efficientemente è
indispensabile condividere parte delle competenze».
All’interno del gruppo è nato l’Investment Center. Di cosa si tratta?
«La funzione di Investment Center, svolta da
Fideuram Investimenti, consiste in primis
nello sviluppare e selezionare costantemente i migliori strumenti d’investimento in linea
con le esigenze della clientela, ma anche supportare le strutture di governo commerciale
delle nostre reti nell’individuazione degli indirizzi di investimento coerenti con i diversi
profili di rischio della clientela. Per la nostra
Sgr si tratta di un’ulteriore affermazione
non soltanto come fabbrica, ma sempre più
come centro di eccellenza capace di fornire
una consulenza interna su mercati, prodotti
e portafogli».
Prima ha fatto riferimento alla consulenza. Come cambierà l’advisory
nei prossimi anni?
«L’Italia è oggi a un bivio importante perché
le fonti di rendita cui gli italiani erano abituati, strumenti a reddito fisso, investimenti immobiliari, piccola e media impresa, da
qualche anno si stanno inaridendo. Il paese
rischia di perdere così un pezzo fondamentale del suo valore e, per questo, i consulenti
finanziari hanno oggi un ruolo ancora più
58
FONDI&SICAV aprile 2016
importante. Ritengo che un quadro del genere non possa che rappresentare una leva
straordinaria per lo sviluppo del risparmio
gestito e in quest’ambito i consulenti svolgeranno un ruolo sociale fondamentale, poiché
spetterà loro trovare nuove fonti di reddito
per gli italiani. Ovviamente per svolgere al
meglio questo compito i professionisti dovranno riempire di contenuti il termine consulenza, identificando le priorità e le esigenze
dei clienti, specie in una fase di mercato particolarmente complicata e dopo l’illusione
durata un quinquennio durante il quale tutti
erano convinti che l’andamento dei mercati
sarebbe stato, sempre e comunque, semplice
e direzionale».
Quali strategie, secondo lei, i clienti,
supportati dai consulenti, dovrebbero considerare maggiormente?
«Oggi, rispetto al passato, stanno emergendo
stili di gestione diversi, ma non è detto che
sia automatico trovare rendimento. Stiamo
assistendo al grande recupero degli alternativi che, dopo avere destato l’attenzione degli
istituzionali e del mondo del private banking,
ora hanno giustamente acceso l’interesse
della clientela retail. È chiaro che rimanendo liquidi i clienti si condannano all’erosione del capitale e per questo motivo devono
necessariamente ricercare fonti di guadagno
nei mercati azionari; ma non è detto che l’unico modo di scovare rendimenti sia legato
al beta di mercato. I clienti, nel rispetto del
loro profilo di rischio, possono affrontare
diversamente i momenti di volatilità e rimanere investiti con soluzioni differenti che
permettano una diversificazione nella creazione di valore, sia attraverso la direzionalità
del mercato, sia mediante strategie absolute
return. Avere un’offerta in costante sviluppo,
con accesso a strumenti di gestione molto
diversi, quali le strategie sugli asset reali o
sugli hedge, rappresenta un plus distintivo di
Fideuram. Non a caso siamo i primi in Italia a lanciare una piattaforma di investimenti
alternativi, disegnata da noi, che permetterà
a una platea più ampia di investitori di accedervi, il che è molto importante perché
l’obiettivo è anticipare un trend che andrà
sicuramente a svilupparsi».
Come procede il percorso della consulenza evoluta di Fideuram?
«Con la consulenza evoluta Sei siamo stati
i pionieri dell’advisory specializzata in Italia.
È il nostro marchio di fabbrica: noi siamo
consulenti da sempre. Offriamo un servizio
di consulenza base prestata gratuitamente a tutti i clienti con una forte attenzione
al presidio del rischio e all’adeguatezza del
portafoglio complessivo, paragonabile a servizi che altri attori definiscono evoluti. Nella
consulenza evoluta Sei, fornita a fronte della sottoscrizione di un contratto dedicato
e soggetto al pagamento di commissioni,
personalizzazione e controllo continuo del
rischio si fanno ancora più sofisticati, per
rispondere alle esigenze sempre più complesse della clientela di fascia alta. A proposito di consulenza, siamo molto contenti del
cambio di denominazione della categoria: è
il segnale più evidente di un percorso che
per Fideuram dura da oltre 40 anni. Ovviamente vogliamo restare all’avanguardia e
continuare a innovare. Un importantissimo
contributo in questa direzione è la piattaforma Alfabeto, un nuovo servizio pensato
per i private banker e i clienti di Fideuram:
un progetto di integrazione tra canale fisico e digitale, tramite il quale professionisti
e clienti potranno interagire e operare sia
online sia offline. Alfabeto permetterà al risparmiatore di essere in contatto costante
e diretto col proprio private banker nella
modalità preferita. Quest’ultimo, a sua volta,
avrà ulteriori possibilità per promuovere se
stesso e il gruppo, dialogando con i clienti
attuali e potenziali, condividendo dati e analisi, proponendo soluzioni di investimento.
In pratica, un ufficio digitale del private banker all’interno del quale il risparmiatore e il
private banker saranno sempre in contatto.
Alfabeto è un investimento importantissimo,
già partito in fase di test a marzo, che sarà
esteso a tutta la rete a partire da giugno».
La nascita del nuovo Albo codifica
dopo oltre 10 anni la figura del consulente autonomo. Che cosa si aspetta?
« Avere un’offerta in costante
sviluppo, con accesso a
strumenti di gestione molto
diversi, quali le strategie
sugli asset reali
o sugli hedge,
rappresenta un plus
distintivo di Fideuram»
FONDI&SICAV aprile 2016
59
«Credo che siano tutte novità molto positive, cambiamenti che aiuteranno a evidenziare
meglio il valore dell’advisory professionale e
a fare chiarezza nei diversi ambiti in cui viene
prestato il servizio di consulenza. Anche la
scelta di ridenominare i consulenti “indipendenti” in “autonomi” aiuta a fare chiarezza,
poiché il termine indipendenti creava un equivoco. In linea generale, penso che la concorrenza sia un bene e quindi avere finalmente
disciplinato una professione che altrimenti in
Italia non poteva prendere il via, rappresenti
un fattore positivo. Spero nei prossimi mesi,
tuttavia, di vedere un’evoluzione di questo
mercato e in particolare che si crei un ecosistema che attualmente in Italia non esiste e
che permetta ai consulenti autonomi di fare
il proprio lavoro al meglio, nell’interesse della
clientela. In tutti i paesi dove la consulenza
autonoma si è sviluppata, infatti, esistono
diverse piattaforme di intermediazione che
danno accesso ai mercati, alle informazioni
specializzate, allo sharing di idee, alla formazione, mentre al momento su questi fronti
i consulenti autonomi italiani sembrano più
che altro costretti a fare da sé».
Com’è iniziato l’anno per Fideuram
sul fronte dei nuovi inserimenti?
60
FONDI&SICAV aprile 2016
«Abbiamo iniziato l’anno in linea con il
trend 2015, inserendo 61 nuovi private
banker. Ritengo che sia un risultato molto
confortante, poiché i momenti di volatilità come quello che stiamo vivendo scoraggiano naturalmente i trasferimenti, ma
sono confidente che il trend dovrebbe
rafforzarsi nel corso del 2016. Detto ciò,
tradizionalmente Fideuram non traccia un
identikit delle figure che vorrebbe inserire
e non opera attraverso campagne di reclutamento: riteniamo, infatti, che il cuore della
nostra attività risieda nella capacità di indirizzarci verso una sempre maggiore professionalità delle risorse e di sviluppare la rete
attraverso l’impegno dei nostri manager.
Questo approccio ha consentito di reclutare molte figure provenienti dalle banche,
dalle reti, dalle strutture di private banking,
oltre ai circa 200 giovani professionisti inseriti attraverso l’iniziativa Essere Fideuram
Essere Consulente. Chi crede nel nostro business model, nella consulenza, nella serietà e
nella preparazione ed è deciso ad apportare
valore ai clienti da noi è il benvenuto. Sicuramente conta l’esperienza ma ancora di
più la capacità professionale di sposare un
modello ben preciso. Fideuram, in ogni caso,
spicca nettamente come banca leader del
mercato private italiano e questo fattore
ci rende più attrattivi nel dialogo con i migliori banker della concorrenza. Non a caso
lo scorso anno Fideuram e Sanpaolo Invest
hanno inserito 236 colleghi provenienti dai
competitor».
Crede che i professionisti, così come
i clienti, siano pronti ad abbracciare
con più decisione la consulenza evoluta?
«Sì, assolutamente. Per noi la consulenza
a pagamento è una realtà ormai da tempo,
con numeri in continua crescita. A oggi sono
più di 67 mila i clienti che hanno già sottoscritto il contratto di consulenza Sei, portando gli Aum dell’advisory evoluta a quota
32 miliardi di euro. Guardiamo con serenità
alle evoluzioni normative in atto poiché siamo già pronti: il modello che abbiamo realizzato in questi anni è già coerente con la
differenziazione dei tipi di servizio previsti
da Mifid II. Ci sono i presupposti perché la
consulenza evoluta si sviluppi ulteriormente, benché sia difficile individuare quali saranno gli spazi di penetrazione sul mercato
italiano. Ciò che importa è la qualità del
servizio, che deve essere alto, indipendentemente dal modello adottato».
L’arrivo di nuovi player ha innalzato
i costi d’ingresso dei nuovi professionisti?
«No. Per un motivo ben preciso. Fideuram
seleziona solo quelle professionalità che
hanno voglia di costruire un percorso di sviluppo serio e che non sono mossi dalla volontà di trasferirsi da noi per mere questioni
economiche. Credo che in tal senso il nostro
modello non sia confrontabile con quello di
altri, quindi onestamente non penso che almeno per noi sia cambiato molto riguardo ai
costi di reclutamento».
Da una recente ricerca condotta da
Swg è emerso che l’11% dei consulenti aspira a diventare banker in un
istituto di credito. Qual è il suo punto
di vista?
«Credo che entrambe le modalità di offrire
advisory finanziaria abbiano una valenza indiscutibile, da filtrare alla luce delle evidenti
differenze: va da sé che chi si sente più appagato a svolgere un’attività imprenditoriale
si troverà meglio a fare il consulente finanziario, mentre chi invece ricerca la sicurezza
della relazione da dipendente si troverà forse più a suo agio nel ruolo di banker. Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking, in ogni
caso, ha la fortuna di potere contare su due
business unit che si sono guadagnate il medesimo rispetto, quindi, per noi la questione
è assai semplice. Sia chi vuol fare il consulente, sia chi privilegia la figura del private
banker dipendente può farlo semplicemente
rivolgendosi a Fideuram. Per quanto riguarda l’aspirazione di una parte dei consulenti a
diventare banker, posso soltanto constatare
che non solo è un fenomeno che non osserviamo, ma che i nostri inserimenti provenienti dal mondo bancario dimostrano che il
trend è opposto».
unico sul mercato, un’offerta prodotti che
sfrutta il meglio degli strumenti di casa e di
terzi, piattaforme informative e operative
all’avanguardia, oltre a una struttura dedicata
che supporta i consulenti su temi che vanno
al di là del solo portafoglio d’investimento.
Proprio per aiutarli a rispondere alle nuove
istanze che giungono dalla clientela, abbiamo
realizzato una struttura, il Private Wealth Management Hub, che è in grado di fornire ai
nostri professionisti una consulenza su tutti
gli asset non finanziari, real estate in primis».
Ancora dalla ricerca Swg emerge che i
professionisti non vedono grandi opportunità di crescita all’interno delle
loro mandanti. Come si sta muovendo Fideuram su questo fronte?
«Secondo me, l’aspirazione a passare da
consulente a manager riguarda solo una piccola parte della popolazione dei consulenti.
Come in tutte le attività, c’è chi ha l’obiettivo
di diventare il migliore nella propria professione mentre altri, una quota minore, vogliono intraprendere un percorso di crescita
aiutando i colleghi a fare ancora meglio. A
qualunque delle due categorie appartengano,
Fideuram asseconda l’ambizione dei propri
professionisti. Li supportiamo da subito, cercando di essere molto attenti alla loro formazione fin dai primi passi, ricercando quali
consulenti, specie tra i più giovani, abbiano
le carte in regola e la voglia di intraprendere la carriera manageriale. Abbiamo creato
un livello intermedio tra il professionista e
il manager, che chiamiamo group manager,
che, pur mantenendo il proprio portafoglio,
ha anche un ruolo da supervisore su alcuni
colleghi che gli vengono affidati. Questo ruolo è stato creato appositamente per aiutare
il professionista a capire se ciò che fa è in
linea con le proprie ambizioni e per saggiare
i compiti della posizione che può arrivare a
svolgere».
Tornando alla ricerca sono emerse,
un po’ a sorpresa, criticità sul fronte
della remunerazione. Come vi state
muovendo in tal senso?
«Credo che l’elemento chiave risieda nell’offrire ai consulenti le condizioni per svolgere
al meglio la propria professione e avere le
migliori possibilità di aumentare consistenza
e qualità del proprio portafoglio. In questa
ottica Fideuram mette a disposizione dei
suoi professionisti un modello di servizio
FONDI&SICAV aprile 2016
61
COME VENIRE INCONTRO
ALLE ESIGENZE DEI PROFESSIONISTI
CONSULENTI
RETI
I nodi
da
sciogliere
a cura di Massimiliano D’Amico
62
FONDI&SICAV aprile 2016
Non sempre le cose sono come
sembrano. Probabilmente è questa l’espressione che raffigura meglio alcuni degli spunti emersi dalla
ricerca commissionata dall’Anasf a
Swg per la tre giorni di ConsulenTia 2016
Se per molti anni gli addetti ai lavori hanno
considerato i consulenti finanziari una sorta
di categoria professionale privilegiata, ben
pagata, capace di raggiungere il successo in
ogni fase di mercato, analizzando nel dettaglio i risultati del sondaggio Swg sembra che
le reti vengano ritenute poco sensibili alle
istanze avanzate dagli advisor. Basti pensare
che la soddisfazione professionale è piena
e completa solo per il 59% dei professionisti, mentre la percentuale sale addirittura
all’86% per i private banker.
Il non sempre ottimale rapporto dei consulenti con le mandanti può essere riassunto
in due temi principali: la remunerazione e le
possibilità di crescita. Se nel primo caso solo
il 20% dei consulenti finanziari interpellati
si è dichiarato soddisfatto del trattamento
economico, la percentuale sale leggermente
(al 25%) quando si parla delle possibilità di
crescita professionale. Benché non tutte le
strutture si ritrovino in questi dati, i principali player del mercato sono intervenuti per
spiegare come si muovono quotidianamente
per venire incontro alle richieste avanzate
dai professionisti.
Com’è facile intuire il tema più sentito e
appassionante è la remunerazione. «In tutte
le ricerche sull’industria della consulenza finanziaria, Azimut figura da sempre al primo
posto per livello di soddisfazione complessiva in termini di remunerazione», attacca
Paolo Martini, direttore commerciale del
gruppo Azimut. «Ciò che abbiamo fatto in
questi ultimi cinque anni è stato costruire
una vera piattaforma indipendente di prodotti e servizi che vanno dai fondi di casa,
agli strumenti di terzi (23 accordi), al mondo del private insurance e della consulenza
a pagamento, oggi fiore all’occhiello della
nostra offerta private. Spetta poi al consulente scegliere sulla base dei suoi desiderata
e delle caratteristiche dei suoi clienti cos’è
meglio. I bravi professionisti devono essere
liberi di scegliere perché ragionano sempre
nell’interesse del cliente».
Paolo Martini
direttore commerciale
gruppo Azimut
«I risultati raggiunti nel 2015, un anno di
grandi successi, confermano ancora una volta la validità del nostro modello di servizio
e vanno giustamente celebrati, poiché ci
permettono di investire costantemente sui
nostri professionisti, partendo dalla remunerazione, ma non solo», risponde Massimo
Doris, amministratore delegato di Banca
Mediolanum. Lo scorso anno, infatti, l’utile netto della capogruppo (438,6 milioni)
ha superato ogni record e la raccolta netta
della banca ha registrato il secondo miglior
risultato di sempre (4,6 miliardi di euro).
«Questi fattori, associati allo sviluppo qualitativo dei family banker e degli asset da loro
gestiti, ci permettono di offrire un payout
che ci posiziona ai vertici dell’industria»,
chiarisce Doris. «Basti pensare che nel 2014
il portafoglio medio dei family banker si attestava a 12,3 milioni di euro, mentre nei 12
mesi successivi si è assistito a un progres-
so continuo che ha portato gli asset medi
pro-capite a quota 13,3 milioni, il tutto evidenziando un turnover bassissimo: il 3,9%».
«Certamente la remunerazione», rimarca
Ferdinando Rebecchi, responsabile life
banker Bnl (gruppo Bnp Paribas), «è
una componente importante nell’attività di
un consulente finanziario e sono molte le
variabili che la compongono: bonus, management fee, contributi, minimi garantiti, anticipi
provvigionali e piani di fidelizzazione».
Nel caso dei life banker la struttura ha sviluppato un sistema che prevede diverse
tipologie di remunerazione sui prodotti di
banking, sui finanziamenti e sui servizi a pri-
« Lo sviluppo qualitativo
dei family banker e degli
asset da loro gestiti ci
permette di offrire
un payout che
ci posiziona ai vertici
dell’industria»
Massimo Doris
vati e aziende. «La nostra offerta è quindi
molto composita e interessante, soprattutto
Ferdinando Rebecchi
responsabile life banker
Bnl (gruppo Bnp Paribas)
per chi sa guardare all’evoluzione della figura del promotore in consulente. La grande
novità è che i nostri professionisti sono remunerati su tutte le tipologie di prodotto e
servizio».
IWBank Private Investments continua a puntare su reclutamenti di qualità e
sistemi di remunerazione e fidelizzazione
equilibrati, in linea con le best practice di
mercato. «Sono elementi cardine della nostra strategia di crescita», sottolinea il direttore generale, Andrea Pennacchia. «Su
questo fronte riscontriamo forte interesse
e apprezzamento dai professionisti di settore. Il 2015 è stato un anno di successo dal
punto di vista del reclutamento con oltre
100 consulenti inseriti e il 2016 prosegue
Massimo Doris
amministratore delegato
Banca Mediolanum
FONDI&SICAV aprile 2016
63
Andrea Pennacchia
direttore generale
IWBank Private Investments
sullo stesso trend. Contiamo a oggi oltre
830 professionisti». IWBank Private Investments ha inoltre lanciato nel 2014 un piano
di fidelizzazione aziendale che prevede un
accantonamento annuo fino allo 0,10% delle
masse in risparmio gestito del consulente,
erogato in due tranche al settimo e decimo
anno».
Dopo avere ricordato in quale scenario
competitivo operano le società, Luca Gasparini, head of multi channel banking di
Banca Popolare di Milano, apre l’importante tema della sostenibilità del business della consulenza finanziaria. «Siamo in
una fase storica, dove si cresce prevalentemente grazie al reclutamento. Per i profili
che ci interessano abbiamo calibrato una
proposta articolata, mettendo in pratica soluzioni che mettono in primo piano il rapporto consulente-cliente, modulando proposte che dal punto di vista commissionale
Luca Gasparini
head of multi channel banking
Banca Popolare di Milano
64
FONDI&SICAV aprile 2016
valorizzano anche i portafogli costituendi e
non solo quelli già costituiti. Puntiamo a un
modello win win che deve essere sostenibile sia per il professionista sia per la banca»
Visto che oggi esistono precise disposizioni
normative in materia di politiche e prassi di
remunerazione per le fasce retributive più
elevate, i professionisti si dovranno abituare, sottolinea Gasparini, a non guardare più
a quelli che in passato hanno beneficiato di
tante condizioni favorevoli, ma sarà necessario comprendere che alla base di una pianificazione finanziaria deve esserci la sostenibilità. «Secondo me si va verso due tendenze:
la prima è che la dimensione dei valori in
gioco a livello di singoli portafogli si andrà
a innalzare, mentre la seconda è che il consulente non vivrà più soltanto di business
tradizionale. Se ci sono clienti imprenditori con cui la banca sviluppa una relazione,
ciò andrà anche a beneficio dei consulenti».
Anche Gasparini, come altri interlocutori,
« I professionisti si dovranno
abituare a non guardare più
a quelli che in passato hanno
beneficiato di tante condizioni
favorevoli, ma sarà necessario
comprendere che alla base
di una pianificazione
finanziaria deve esserci la
sostenibilità»
Luca Gasparini
segnala un trend in grande crescita in questi
ultimi anni: la possibilità per i consulenti di
incassare fee importanti distribuendo prodotti che non fanno parte del consueto pacchetto degli investimenti finanziari.
«Da anni, in Credem», conferma il direttore commerciale della rete di promozione
finanziaria, Duccio Marconi, «cerchiamo
di aumentare le fonti di reddito per il consulente anche per fare fronte al calo dei margini degli asset gestiti cui abbiamo assistito.
Questo è un processo irreversibile, sia alla
luce delle normative comunitarie in arrivo,
Duccio Marconi
direttore commerciale della rete
di promozione finanziaria
Credem
sia perché tipico di un mercato maturo e
sempre più efficiente». Oggi i professionisti
del Credem possono collocare tutti i prodotti disponibili in filiale e per ognuno di
Massimo Giacomelli
responsabile della rete
consulenti finanziari
Widiba
questi ricevono un compenso, mediamente
il 30% delle provvigioni dal collocamento di
prodotti banking come prestiti, carte, conti,
segnalazioni aziende. «Accanto a ciò», sot-
tolinea Marconi, «sta sempre più prendendo
piede il servizio di consulenza multibrand,
molto apprezzato dalla clientela, che permette al wealth management, che rimane il
core business dell’attività di un consulente,
di divenire una nuova e importante fonte di
reddito».
Sempre sul tema dei prodotti di terzi, Massimo Giacomelli, responsabile della rete
consulenti finanziari di Widiba, ricorda
che la sua è «una delle aziende con il più
alto indice di soddisfazione dei consulenti
finanziari in termine di remunerazione (ricerca Eurisko), non solo per l’aliquota retrocessa, ma soprattutto per il fatto che non
abbiamo vincoli sulla remunerazione in caso
di strumenti di terzi rispetto agli strumenti
di casa, anche perché non abbiamo prodotti
monobrand per il risparmio gestito, contro
una media Assoreti superiore al 70%. Il nostro obiettivo è rafforzare ulteriormente
questa strategia, aumentando ancora di più
la soddisfazione dei nostri consulenti. Siamo,
inoltre, in grado già oggi di erogare un servizio di advisory a parcella alternativo alle
provvigioni standard, offrendo loro maggiore serenità per il futuro».
Saverio Scelzo, amministratore delegato
e presidente di Copernico Sim, invece,
punta il dito contro quelle strutture che
adottano ancora uno schema piramidale, un
sistema che sottrae gran parte dei fondi che
potrebbero essere destinati alla remunerazione dei professionisti, ma al contempo
prevede che questo trend sia comunque destinato a esaurirsi. «Noi offriamo una retribuzione molto elevata, a volte doppia rispet-
Saverio Scelzo
amministratore delegato
e presidente
Copernico Sim
to ad altre realtà, poiché abbiamo adottato
fin dalle origini una struttura piatta e non
abbiamo livelli provvigionali diversi a seconda dello status del consulente».
Il problema delle strutture piramidali delle reti, secondo Scelzo, si fa sentire ancora
pesantemente sul fronte della remunerazione e si affianca al tema delle economie di
scala. «Le strutture troppo piccole, probabilmente, non sono in grado di legittimare
adeguatamente il ruolo del manager, mentre
società dai team numerosi, non generando
innovazione strutturale, devono giocoforza
strutturarsi come una piramide, consolidando così rendite e privilegi a scapito dei
consulenti. Dal 2018, anno di entrata in vigore della Mifid II, ci saranno tuttavia notevoli
cambiamenti per consentire una retribuzione e retrocessioni adeguate. Credo che
il nostro mondo subirà trasformazioni più
rilevanti rispetto a quanto visto in passato
con la prima versione della direttiva europea».
LA CRESCITA PROFESSIONALE
Da sempre si sente affermare che la crescita
professionale dei consulenti non solo è alla
base del raggiungimento dei target identificati dalle reti, ma anche della competitività
e quindi del successo di ogni società. Non
sempre, tuttavia, le mandanti sembrano focalizzarsi su questo tema, almeno considerando i dati emersi dalla ricerca condotta da
Swg. Va da sé che le strutture sono costantemente impegnate a venire incontro alle
esigenze di crescita professionale manifestate dai consulenti.
«I nostri professionisti», rimarca Doris,
«rappresentano l’asset più prezioso di Banca Mediolanum, poiché sono i veri protagonisti capaci di determinare il successo
o meno delle nostre strategie e su questo
punto, devo sottolinearlo, in questi anni tutti hanno sempre risposto “presente!”». Sul
fronte della crescita professionale, grazie
alla Mediolanum Corporate University, ai
family banker vengono garantiti formazione
e aggiornamento continui. L’obiettivo che
Banca Mediolanum si è posta è consentire
una crescita delle risorse, sia sui contenuti più specificatamente operativi della loro
professione, sia in termini di crescita motivazionale e di senso di appartenenza ai valori fondanti della società. «Con 603 mila ore
FONDI&SICAV aprile 2016
65
elettronica avanzata, l’innovativo servizio
ordini Web paperless, e il recente Iw Money,
dotiamo i nostri professionisti di supporti
tecnologici avanzati, preservando sempre il
fattore umano alla base della loro relazione
con il cliente. Siamo infatti convinti che il
rapporto di fiducia centrato sul confronto
costante tra consulente finanziario e cliente sia e sarà un elemento imprescindibile,
ma che allo stesso tempo la tecnologia
consenta di integrare e arricchire questa
relazione».
Anche sul fronte delle possibilità di crescita professionale, Martini rivendica l’attività
svolta e i risultati raggiunti dalla sua società.
«In tutte le ricerche sul mondo delle reti,
Azimut figura da sempre al primo posto
per impegno e attenzione nei confronti dei
professionisti. La società è governata e gestita per dare soddisfazione ai clienti e agli
azionisti che nel nostro caso coincidono anche con i consulenti, quindi risulta naturale
che ci siano convergenze di interessi. Ladi formazione annua riteniamo di assolvere
appieno al compito di sostenere le ambizioni di crescita dei singoli family banker.
Senza dimenticare che, grazie alla nuova
carriera manageriale, dal punto di vista organizzativo, la nostra è una struttura con un
massimo di quattro livelli, ma che dà a tutti
la possibilità di crescere sulla base di dati
oggettivi. Non solo. I nostri costanti investimenti sul fronte tecnologico e organizzativo ci permettono di offrire ai professionisti
i migliori strumenti per operare quotidianamente, con l’obiettivo di liberarli dalle
incombenze burocratiche per focalizzarsi
con maggiore decisione sulla relazione con
la clientela».
Nella convention annuale di qualche settimana fa, per esempio, Banca Mediolanum
ha lanciato la App Family Banker Mobile,
un’applicazione grazie alla quale i family
banker possono accedere in mobilità al
proprio elenco clienti e navigare a livello
informativo in ogni singola posizione, verificandone il saldo, i movimenti di conto
corrente, i fondi, le polizze e i dossier titoli. «Ma soprattutto abbiamo presentato», prosegue Doris, «Mediolanum ForYou,
un sistema che facilita il lavoro del family
banker nel perfezionamento della vendita
di mutui e prodotti di finanza personale e
66
FONDI&SICAV aprile 2016
che gli permette di delegare al call centre
dedicato la gestione del rapporto diretto
con il cliente nella fase legata agli adempimenti burocratici».
Pennacchia ribadisce che anche IWBank
Private Investments è in grado di offrire
importanti opportunità di crescita ai propri consulenti finanziari, sia grazie a un programma articolato e ampio d’investimento
che può contare sul supporto della capogruppo Ubi Banca, sia mediante l’innovazione tecnologica per liberare i professionisti dalle incombenze burocratiche. «Gli
investimenti realizzati e quelli pianificati,
anche attraverso rilevanti iniziative di comunicazione, e la possibilità di valorizzare
le sinergie all’interno del gruppo, sono chiaramente un’ottima opportunità di sviluppo
del business dei nostri professionisti. Un
secondo elemento distintivo è l’architettura aperta che consente ai nostri consulenti
finanziari di offrire una vasta e diversificata
gamma di prodotti in grado di soddisfare
le esigenze di ogni singolo cliente. Infine la
digitalizzazione dei processi banca-cliente,
mette oggi i nostri consulenti nelle condizioni di ottimizzare il loro lavoro, liberando
tempo importante da dedicare allo sviluppo della clientela e alla gestione della relazione. Grazie a strumenti come la firma
«La risposta di Widiba
per aiutare la crescita
dei propri consulenti è un
percorso formativo sul
cambiamento delle modalità
di erogazione della consulenza
in base ai futuri dettami
normativi della Mifid II»
Massimo Giacomelli
voriamo inoltre per evitare di essere come
tutti gli altri e far diventare quindi fungibili
i nostri professionisti. Siamo stati innovatori con l’integrazione fabbrica-distribuzione,
l’estero, il wealth management e il mondo
imprese. Adesso ci stanno venendo dietro
in molti e per noi è motivo di orgoglio sapere che facciamo due-tre anni prima cose
che poi diventano patrimonio comune».
Grazie al fatto di non essere banca, Martini
sottolinea che Azimut ha sviluppato una tra
le migliori piattaforme aperte di prodotti e
servizi in Europa costruita secondo un mo-
dello di multi family office che consente al
consulente di trovare la soluzione migliore
a seconda del bisogno del cliente.
La risposta di Widiba per aiutare la crescita
dei propri consulenti è un percorso formativo sul cambiamento delle modalità di erogazione della consulenza in base ai futuri
dettami normativi della Mifid II. «Si tratta»,
ricorda Giacomelli, «di un investimento
economico molto importante per erogare
una formazione multilivello che coinvolgerà
sia i manager sia i consulenti finanziari: sui
manager con l’obiettivo di ampliare le loro
competenze gestionali e sui consulenti finanziari per sviluppare nuove modalità di
approccio con i clienti, con un focus particolare sull’educazione finanziaria. Questa
attività e la creazione della nuova piattaforma di Advice, sono i principali progetti
strategici del 2016, già partiti».
Rebecchi preferisce, invece, fare un distinguo tra consulenti senior e figure junior.
«Per i primi, che sono professionisti di
consolidata esperienza e provenienti da
importanti realtà, entrare in una rete come
la nostra significa lavorare in un contesto
tanto nazionale, insieme ai tanti colleghi
Bnl, quanto internazionale con la possibilità
di interfacciarsi con le società specialistiche
del gruppo Bnp Paribas, un player internazionale presente in 75 paesi nel mondo.
Questo, credo, sia per molti una grande occasione di crescita e di esperienza».
Rebecchi aggiunge inoltre che buona parte della filiera manageriale sul territorio è
ancora in fase di costruzione (la struttura
è nata poco più di un anno e mezzo fa) e si
consoliderà nei prossimi anni. «Dal punto
di vista della crescita manageriale, l’esperienza life banker rappresenta quindi una
straordinaria opportunità».
I junior sono invece ragazzi con mentalità
imprenditoriale che, attraverso l’Accademia Finanziaria Bnl, sono avviati alla professione di consulente finanziario e vengono
aiutati a intraprendere un percorso di sviluppo professionale e personale.
Anche la rete consulenti di Banca Popolare
di Milano si sta affacciando sul mondo della
consulenza finanziaria italiana. «Un mercato», precisa Gasparini, «che ha già preso la
sua conformazione e dove sono presenti
banche-reti che hanno dimensioni molto
importanti. C’è da sottolineare, tuttavia,
che reti distributive molto ampie prevedono un’articolazione di livelli gerarchici e organizzativi che rischiano di spersonalizzare
il rapporto con i professionisti, che potrebbero percepire la direzione commerciale
come un’entità lontana. Proprio perché la
rete Bpm Personal Banking è una realtà ancora piccola in fase di sviluppo, da una parte risponde al bisogno del professionista di
non vedersi solo un numero, ma di sentirsi
valorizzato, dall’altra gli offre opportunità
di occupare ruoli di responsabilità e coordinamento». Punta, invece, sull’assistenza
continua assicurata da esperti in altri settori la proposta di crescita del Credem.
«La promozione finanziaria Credem è una
realtà in cui il modello banca-rete sta funzionando con successo come dimostrano i
dati di sviluppo nelle masse di questi ultimi
tre anni: più di 1,5 miliardi di nuova raccolta. Il modello di integrazione tra promotori
e filiali è oggi uno tra i pochi sul mercato
che possa dirsi realizzato senza ombra di
dubbio. Forse è però meno evidente l’opportunità che si offre ai consulenti di crescere professionalmente grazie alla sinergia
con le varie funzioni: essere affiancanti durante visite di sviluppo da professionisti di
business settoriali come i colleghi di Credemleasing, di Credemfactor, gli specialisti
dei centri imprese o di Euromobiliare Fiduciaria (la fiduciaria del gruppo) è fonte di
accrescimento professionale e personale».
Le competenze, secondo Marconi, prendono spessore nel tempo e il consulente è in
grado di acquisire maggiore consapevolezza e affrontare con i clienti qualsiasi loro
esigenza. Questo discorso vale anche per
il core business della promozione perché
nell’area wealth il professionista ha strutture dedicate che lo supportano per dare
consulenza a 360 gradi al cliente: immobiliare, preziosi, arte, pianificazione successoria e legale, family office.
FONDI&SICAV aprile 2016
67
giri di poltronA
CONSULENTI
RETI
Poker
d’oro per
il Leone di Trieste
Banca Generali centra un poker di reclutamenti di elevato standing. La rete guidata
dal direttore commerciale Marco Bernardi
ha visto crescere le fila dei propri professionisti in Toscana con l'ingresso di Daniela
Panarello e Lara Tarca, uscite dalla Cassa di
Risparmio di Carrara dove gestivano portafogli per oltre 50 milioni complessivi, per
entrare negli uffici di Massa. Ad Arezzo invece si segnala il consulente Simone Gallai che
ha scelto di entrare nel team dell'area manager Massimiliano Ruggiero (Emilia-Romagna
e Toscana). Nel Nord est del manager Leandro Bovo arriva invece un nuovo private
banker proveniente da Banca Popolare di
Vicenza a Bassano del Grappa. Si tratta di
Alberto Sterle, che gestisce oltre 50 milioni
per la clientela.
MARCO BERNARDI
direttore commerciale
Banca Generali
68
FONDI&SICAV aprile 2016
FinecoBank:
obiettivo
100-140 ingressi
La rete dei Pfa di FinecoBank, guidata dal
direttore commerciale Mauro Albanese, si
rafforza con l’ingresso di Edoardo Pascucci, che dopo un’esperienza in Banca Etruria, entra a far parte del team lombardo
del group manager Matteo Claudio Cazzola, coordinato dall’area manager Filippo
Viganò.
MAURO ALBANESE
direttore commerciale
FinecoBank
Widiba, salgono
a 19 gli
inserimenti 2016
Nuovo ingresso in Widiba, guidata dal responsabile della rete consulenti finanziari,
Massimo Giacomelli. Fabio Agovino, professionista molto affermato in Campania
va, infatti, a rafforzare il team dell’area
manager Fabrizio Sorrentino. Classe 1971,
laurea in economia e commercio, portafoglio di 20 milioni di euro, il professionista
ha iniziato la sua attività di promotore in
Ing, poi confluita in Xelion Banca, e successivamente in Fineco.
Banca
Euromobiliare,
focus sul private
Prosegue la crescita, con una campagna di
reclutamento ad hoc nel Veneto, di Banca
Euromobiliare, guidata dal direttore generale
Giuseppe Rovani con Stefano Bisi responsabile della promozione finanziaria. Nell’ultimo
mese, Sergio Benassi, direttore vendite della
promozione finanziaria, ha potenziato la sua
squadra con l’inserimento di due professionisti del settore bancario: Carmen Beraldo
(Padova/Treviso) e Giuliano Simonetto (Pordenone). Simonetto, vicedirettore di filiale e
gestore dei portafogli privati della clientela,
entra a far parte del team coordinato dall’area
manager Roberto Cavallarin e svolgerà la sua
attività presso la filiale di Pordenone, mentre
Beraldo giunge da Veneto Banca dove si occupava di gestire e sviluppare un portafoglio di
clientela privata.
STEFANO BISI
responsabile
della promozione finanziaria
Banca Euromobiliare
« Io veglio sulle generazioni future, e voi ? »
In Candriam investiamo ogni giorno per il tuo futuro.
Candriam, gestore di patrimoni indipendente presente in Italia, investe ogni giorno per il futuro dei vostri
clienti privati proponendo una gamma di fondi che accompagna i loro progetti di vita più belli.
I nostri 3 fondi adottano una strategia di gestione flessibile e diversificata :
• Candriam Bonds Total Return
• Candriam L Multi Asset Income
• Candriam L Multi Asset Income and Growth
Candriam, invest with conviction and responsibility
Questo documento è indirizzato esclusivamente a investitori professionali ed é fornito a scopo esclusivamente informativo, non costituisce un’off erta per l’acquisto o la vendita di
strumenti fi nanziari, né rappresenta un consiglio di investimento o una conferma di transazione di alcun genere, eccetto laddove non sia espressamente così convenuto.
Attenzione : i risultati passati di uno strumento fi nanziario o indice, o di un servizio di investimento, o le simulazioni di risultati passati, o le previsioni di risultati futuri non costituiscono
indicatori affi dabili dei risultati futuri. Candriam consiglia vivamente agli investitori di consultare, tramite il nostro sito web www.candriam.com, il documento “informazioni chiave per
gli investitori” (KIID), il prospetto e tutte le altre informazioni pertinenti prima di investire in uno dei nostri fondi.
LIFESTYLE
DIAMANTI
Il più alto
valore nel
più piccolo
spazio
70
FONDI&SICAV aprile 2016
Al di là del fatto che nella maggior parte dei
casi quando si acquista un diamante si bada
soprattutto alla bellezza e all’emozione che
può dare, per scegliere al meglio occorre anche una razionalità che renda l’acquisto un
investimento, che finora si è peraltro rivelato
uno dei migliori in assoluto. Di ciò parla Raz
Dokhanian, amministratore delegato di
Itc Diamond Investment.
Anche nella costruzione dei portafogli sui diamanti d’investimento si
utilizza un’asset allocation strategica (o passiva) o tattica (o attiva)
come avviene per i titoli?
«I diamanti sono un asset reale e in presenza di un’asset allocation strategica e
tattica è fondamentale comprendere come
si determina il valore di un diamante da investimento. Le pietre vengono classificate
attraverso le quattro C: Carat, Color, Cut
e Clarity. Queste caratteristiche, incrociate
tra loro, determinano il prezzo di ogni pietra e, di conseguenza, il trend di rendimento.
Per la creazione di un’asset allocation efficiente utilizziamo specifici fogli di analisi che
ci consentono di valutare precisamente la
performance di ogni singola pietra e di effettuare una corretta diversificazione. Infatti
il Rapaport, il listino dei diamanti da investimento, non aumenta mai in maniera uniforme, ma va interpretato, esattamente come
avviene in finanza per un settore composto
da diversi titoli, che pur esprimendo nella
loro complessità un indice, hanno valori singoli differenti. Per i diamanti da investimento
è la stessa cosa: ogni pietra ha un proprio
codice Isin, in un certo senso, e ha prezzo e
rendimento differenti».
Come si costruisce un portafoglio
sui diamanti d’investimento a rischio ridotto, bilanciato e aggressivo?
«Per un portafoglio a basso rischio, consigliamo un orizzonte temporale di medio-lungo termine. Si usano le pietre al
massimo delle loro caratteristiche, quindi i
colori più alti nella scala, D–E–F, e le purezze più alte, cioè IF e VVS1/2. La caratura,
invece, viene definita in base all’importo investito. Per dare un’idea di rendimento, questo genere di portafoglio ha reso nel 2015
rispetto al 2014 il +3,78%, performance in-
teressante in ambito finanziario, ma modesta
per i diamanti da investimento. Il portafoglio
bilanciato ha invece un orizzonte temporale
di medio termine. Si effettuano sempre le
scelte delle pietre in base alle loro caratteristiche, ma se ne inseriscono in portafoglio
anche altre che commercialmente possono
essere più aggressive. Diamanti di colore F e
G (terzo e quarto colore della scala) e con
caratteristiche leggermente minori di purezza, quindi VS1/2-SI1. Per un portafoglio
aggressivo si usano pietre di colore F-G e H
con caratteristiche di purezza VS1/2 e SI1/2.
L’orizzonte temporale è di breve termine. I
pezzi con queste caratteristiche hanno avuto rendimenti dal 13,5% al 15%. L’incremento dei ritorni è molto legato alla crescita dei
paesi emergenti, perché le caratteristiche
espresse da questo tipo di diamanti sono
fortemente richieste in Cina e in India. Per
questo consideriamo una parte delle pietre
che compongono l’asset allocation “commerciali”. Grande importanza viene attribuita alla dimensione della pietra e all’effetto che fa (il tema sociale del mostrare è
cresciuto molto in Cina ed è caratteristica
da sempre importante in India) e al taglio.
Per i diamanti da investimento l’unico taglio
ammesso è quello a brillante con parametri
qualitativi very good ed excellent».
I portafogli hanno una parte core e
una satellite?
«Sì, certo. Potremmo definire la parte core
quella costituita da pietre con carature importanti che arrivano a occupare almeno il
20% del portafoglio. Satellite, invece, è composta da pietre di 0,50 di caratura, che è la
prima misura utilizzata nel mercato dei diamanti da investimento, che arriva fino a 3
carati. Queste pietre sono più veloci da disinvestire e possono essere utilizzate anche
per costruirsi una sorta di cedola».
Nel caso che l’investitore decida di
smobilizzare le proprie posizioni,
quali difficoltà deve affrontare? Su
quali garanzie e quali vantaggi può
contare?
«Parliamo di asset reali, quindi è necessario
allineare domanda e offerta. Mediamente si
stimano un paio di settimane di tempo per
disinvestire fino ad arrivare a un mese. Migliori garanzie sono certamente offerte da
chi opera sul mercato degli investimenti e
sul mercato classico dei gioiellieri, in quanto
la possibilità di ricollocare le pietre è duplice. International Trading Company-Diamond
Investment, ad esempio, fa parte di una grande azienda multinazionale che opera a 360
gradi nel mercato dei diamanti da investimento e nella gioielleria a livello mondiale e
che tratta, solo in Italia, migliaia di pietre da
investimento ogni anno. I vantaggi possono
essere riassunti nell’assenza di tassazione
sul capital gain, nella mancanza di impatto
sull’asset ereditario, sulla sovrannazionalità
del bene non legato alle valute e alla possibilità quindi di essere rivenduto in tutto il
mondo essendo un bene al portatore. Si usa
definire il diamante Il più alto valore nel più
piccolo spazio».
TRE PORTAFOGLI IN DIAMANTI
INVESTIMENTO DA 10.000 EURO
Totale pietre
Totale carati
Totale $
Cambio
3
1,50
$ 9.350,00
0.9009 Totale € IVA inclusa
€ 10.276,57
Proiezione dell’investimento nel tempo:
2016 2021 20262031 20362041
€ 10.277 € 13.752 € 18.404 € 24.628 € 32.958 € 44.106
INVESTIMENTO DA 50.000 EURO
Totale pietre
8
Totale carati
Totale $
Cambio
5,60
$ 45.419,00
0.9009
Totale € IVA inclusa
€ 49.919,93
Proiezione dell’investimento nel tempo:
2016 2021 20262031 20362041
€ 49.920
€ 66.804
€ 89.399
€ 119.636
€ 160.100
€ 214.250
INVESTIMENTO DA 200.000 EURO
Totale pietre
23
Totale carati
18,20
Totale $
Cambio
Totale € IVA inclusa
$ 180.092,00 0.9009€ € 197.938,76
Proiezione dell’investimento nel tempo:
2016 2021 20262031 20362041
€ 197.939
€ 264.887
€ 354.478
€ 474.372
€ 634.816
€ 849.528
fonte: Itc Diamond Investment
FONDI&SICAV aprile 2016
71
LIFESTYLE
il lato glam della finanza
Dopo
Salone
2016
Agalma Medusae è il nome di un brand di
nicchia specializzato nella creazione di gioielli e orologi nato in Sicilia e fortemente
legato da un rapporto di amore e di esclusività alla sua terra e alla sua bellezza. Le
sue creazioni sono frutto di una lunga attività di ricerca e di studio dell’iconografia e
dell’estetica più raffinata e meno percorsa
attraverso la quale si è espresso il concetto
di bello elaborato nella meravigliosa isola.
il sito del DOPO SALONE 2016
è stato realizzato da
72
FONDI&SICAV aprile 2016
Traderlink
Trading Library
Morningstar
ITForum
19-20 maggio 2016
Rimini
Il grande evento dedicato all’Investment e al Trading
Un ricco calendario di convegni dedicati al risparmio gestito,
sessioni di trading in tempo reale e incontri con i grandi esperti
della scena finanziaria italiana e internazionale.
ingresso gratuito
Ti aspettiamo! www.itforum.it
Info: - [email protected]
ITForum si tiene presso il Palacongressi di Rimini - Via della Fiera, 23
La produzione di arredi su misura e la continua ricerca di finiture di altissimo livello
sono il punto fermo che attesta la versatilità della società nata a Meda nel 1916 dal
cuore e dalle mani di Giuseppe Asnaghi.
Glamour, eleganza e bellezza sono le peculiarità del carattere di Asnaghi Interiors che
coniuga lo stile tradizionale con le esigenze
del mercato moderno e le interpretazioni
dei nuovi trend abitativi.
Tra i più premiati birrifici al mondo, il birrificio Doppio Malto nasce a Erba dalla
passione e dai viaggi verso gli Usa di Alessandro Campanini, dove ha imparato a conoscere il mondo delle birre artigianali. Da
qui la scelta di trasformare una passione in
professione. Oltre a produrre birre artigianali di ottima qualità, Doppio Malto offre
nel suo locale la mescita diretta delle birre
prodotte e una varietà di squisiti piatti della
cucina mediterranea ed internazionale.
100 esclusive camere con vista mozzafiato
si affacciano sullo splendido golfo del Pevero, tre raffinati ristoranti che alternano
diversi sapori, cinque piscine a sfioro con
cascate a vari livelli immerse nell’incanto di
giardini fioriti. Tutto questo e molto altro è
il Colonna Pevero Hotel, paradiso di quiete
e armonia a 5 stelle, situato nel cuore della
Costa Smeralda ad appena 250 metri dalle
spiagge smeraldine più famose al mondo.
VERDIANA
&
BENIAMINA
fatto a mano a milano
74
FONDI&SICAV aprile 2016
Un angolo segreto nel cuore di Milano, in
via Marco Polo 13, custodisce l’arte preziosa della sartoria al femminile. Si chiama
‘Verdiana & Beniamina’, lo ha creato Marina Ferrari, sarta per scelta e vocazione,
una storia di passione per i viaggi e i mondi
femminili declinati oggi in un lavoro che è
amore per la bellezza e la qualità.
Troviamo insieme
la giusta soluzione
Il mondo degli investimenti sta cambiando. Ma non i vostri
bisogni. Cambiamo modo di investire.
Scopri come su blog.axa-im.it o parla
con il tuo consulente finanziario
AXA Investment Managers, il tuo partner negli investimenti
per una gestione di lungo periodo.
MESSAGGIO PUBBLICITARIO – PRIMA DELL’ADESIONE LEGGERE LE INFORMAZIONI CHIAVE PER GLI INVESTITORI (KIID) E IL PROSPETTO, disponibili su www.axa-im.it il presente documento
non costituisce un’offerta o una sollecitazione all’investimento in prodotti finanziari del gruppo AXA. A cura di AXA Investment Managers Italia SIM S.p.A., Corso di Porta Romana, 68
20122 – Milano, Tel (+39) 02 58299.11, iscritta al n. 210 dell’albo delle SIM tenuto da CONSOB www.consob.it Design: AXA IM Paris Communications – Photos: ShutterStock.