miart 2016 - Il Giornale dell`Arte

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vedere a MILANO
E in LOMBARDIA
il giornale dell’arte
N. 3, aprile-maggio 2016, umberto allemandi Srl
miart 2016
Supplemento
a «Il Giornale
dell’Arte» didascalia
n. 363 APRILE didascalia
2016
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Supplemento a «Il Giornale dell’Arte» n. 359 dicembre 2015
INTERNATIONAL MODERN AND
CONTEMPORARY ART FAIR
tutta l’arte da vedere DA aprile a maggio
Il piacere di riscoprirci lombardi
Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del Fai, passa in rassegna
il patrimonio regionale e fa il punto su che cosa è cambiato dopo Expo
e su che cosa, ancora, deve cambiare
Grazie al lungo lavoro sulle molte proprietà che il FaiFondo per l’Ambiente Italiano protegge (la Lombardia è
al primo posto con nove luoghi di «straordinario» valore),
Marco Magnifico, al Fai dal 1985, vicepresidente esecutivo,
membro del Comitato Esecutivo dal 2010, ripercorre e
analizza per i lettori del «Vedere a Milano e in Lombardia»
i cambiamenti più significativi che prima e dopo Expo
hanno interessato la regione.
Che cos’è cambiato dopo Expo?
Devo riconoscere che mi ero sbagliato: inizialmente ero contrario
a Expo, invece ha fatto bene allo spirito, ha riportato nella gente
l’orgoglio e l’identità che si erano persi. Non solo il Comune di
Milano ma anche la Regione, malgrado tutto, ha riportato un
fare più moderato e consapevole della gestione precedente. Si è
riguadagnato il lombardo senso protestante di persone che lavorano
e non mostrano troppo. Perfino i grattacieli di Milano, che una volta
non apprezzavo, mi sembrano molto belli, sono un segno di novità,
dell’andare avanti.
Quindi il territorio viene guardato in modo diverso?
C’è più consapevolezza. Penso con soddisfazione alla reazione
dei piccoli amministratori del Parco Agricolo Sud, che si sono
fermamente opposti al consumo di suolo. C’è un recupero in tema
di cultura paesaggistica, forse succede in buona parte d’Italia
ma sento una regione che sta capendo la necessità di tornare a
guardare ai propri valori, alla propria storia, al proprio modo di
fare e a capire che ciò che si ha è un tesoro da salvaguardare.
Qualche esempio?
Il lago di Como è una méta ambita, qualche anno fa c’erano stati
goffi tentativi di ammodernare l’immagine del lago, scelto dai turisti
proprio per la sua atmosfera ottocentesca. C’eravamo battuti contro
un gigantesco porto turistico a Lecco, che avrebbe snaturato alcune
parti del lago e che non è stato riproposto dalla nuova giunta. Oggi
non ho più questa sensazione. Il sentimento diffuso è la consapevolezza
che quello che si perde è perso per sempre. Parlando ancora del lago
di Como c’è stata una bellissima opera comune delle amministrazioni
sulla variante della Tremezzina, la statale che costeggia il lago dalla
parte di Como e Menaggio, molto difficile da praticare. Il lavoro per
trovare la chiave giusta è stato straordinario, cercando di limitare al
massimo l’impatto che ha sul paesaggio questa nuova strada molto
importante e che va fatta. Anche nei piccoli comuni del Varesotto che
frequento spesso è risbocciato l’amore per la propria identità.
In quale situazione si trova la cultura?
Le amministrazioni si stanno rendendo conto di quello che devono fare
e il pubblico capisce che cosa deve chiedere. Ciò che cinque, dieci anni
fa sembrava noioso, musei, mostre, destinazioni tradizionali, è tornato
al centro dell’attenzione. C’è un movimento importante intorno alla
Certosa di Pavia: nessuno se ne ricordava più ed è una delle glorie non
solo nostre ma dell’Italia. Nei paesi circostanti delle amministrazioni
virtuose stanno facendo in modo che la Certosa torni a essere il fulcro
storico e turistico della zona, ora in mano a frati bisbetici che aprono
quando vogliono perché devono pregare, com’è logico che sia, ma è
una gestione sbagliata: chi gestisce un monumento di quella portata
Marco Magnifico
deve fare il gestore del patrimonio a beneficio di tutti.
Ci sono altre mete che il pubblico sta riscoprendo?
Non ho nulla contro le grandi mostre, ben vengano, ma preferisco
guardare al patrimonio fisso. Penso al Sacro Monte di Varese, fino a
pochi anni fa considerato patrimonio unicamente dei varesini, oggi,
forse perché sito Unesco, la gente inizia a domandarsi che cosa sia e a
visitarlo. Qualcuno l’ha definito un’opera di Land Art ante litteram del
cardinale Borromeo! C’è una gran voglia di tornare a guardare che cosa
c’è attorno e non solo perché si è costretti dalla crisi a viaggiare meno.
Come va il Fai in Lombardia?
Il Fai va come un treno, le nostre proprietà alla grande: i visitatori
aumentano, alla Villa del Balbianello sul lago di Como siamo arrivati
a 90mila visitatori l’anno, di cui molti stranieri e malgrado il prezzo
›4
del biglietto sia aumentato; stiamo pensando di chiuderla
Sommario
MILANO
Intervista a Vincenzo de Bellis Miart Il Salone del Mobile MiaFair Intervista a James Bredburne Le mostre di Palazzo Reale Il Museo del Novecento Il Castello Sforzesco Il Museo Diocesano Il Mudec Il Palazzo della Ragione Il Museo Poldi Pezzoli Le Gallerie d’Italia La XXI Triennale La Fondazione Carriero
La Fondazione Remo Bianco
La Fondazione Prada
L’Hangar Bicocca
La Fondazione Stelline
La Fondazione Trussardi
La Fondazione Marconi
Christian Stein
Giò Marconi
Dep Art
Raffaella Cortese Luisa Delle Piane
La Galleria Fumagalli
Francesca Minini
La Galleria M77
Lia Rumma
Luca Gracis
Arte Studio Invernizzi Moshe Tabibnia Carlo Orsi
Le aste di Porro
Sotheby’s e Christie’s
Le aste di Bolaffi
Le aste di Finarte
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La Galleria Ramera
La mostra di Christo
La Galleria dell’Incisione Il Palazzo Martinengo
La Galleria di Massimo Minini
La Galleria Paci
La Galleria E3
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BERGAMO
La Gamec
L’Accademia Carrara
Il progetto UBI Art Up 26
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MONZA
La Villa Reale di Monza 27
COMO
Villa Olmo La Fondazione Ratti 27
27
CREMONA
Il Museo Ala Ponzone
27
VARESE
Il MaGa di Gallarate
Villa Panza 28
28
SONDRIO
La Galleria del Credito Valtellinese 29
LECCO
Il Palazzo delle Paure
29
LODI
Le mostre di Bipielle
29
BRESCIA
Intervista a Luigi Di Corato
PAVIA
Le scuderie Viscontee
Il Castello di Montesegale
29
29
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Il Calendario delle mostre 30
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA
n. 3 APRILE | MAGGIO 2016
il giornale dell’arte
Società editrice Umberto Allemandi & C., piazza emanuele filiberto 13, 10122 Torino, tel. 011.8199111 fax 011.8193090
i «vedere a» sono un supplemento di «il giornale dell’arte»
Umberto Allemandi,
direttore responsabile
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Guest editor: Michela Moro
ha collaborato Tommaso Sante Monorchio
Editor at large: Jenny Dogliani
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e le dichiarazioni riferite dal giornale impegnano esclusivamente i rispettivi autori. Si consiglia di verificare al telefono
oppure online date e orari delle manifestazioni.
www.ilgiornaledellarte.com
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 3
Vedere a Milano Le fiere
Miart illumina e si rinfresca
L’arma segreta di Vincenzo de Bellis sono 150 gallerie
di qualità: una su quattro partecipa ad Art Basel
«Natural Instinct» di Athena Papadopulous. Courtesy Samuel Leuenberger e l’artista, Galleria Emalin
di Londra
MILANO. Con il direttore Vincenzo de Bellis (Putignano, Ba, 1977) al
quarto anno del suo mandato, Miart, la fiera internazionale d’arte
moderna e contemporanea che si svolge a fieramilanocity dall’8 al 10
aprile, pare aver trovato la giusta dimensione.
Com’è cambiata la sua attitudine nell’affrontare un compito
difficile per molti dei direttori che si sono avvicendati e «consumati» uno dopo l’altro?
Ho imparato a gestire il senso di responsabilità che una fiera del genere comporta.
Non solo sei esposto in modo estremo, ma sei responsabile anche dell’esposizione e
dell’economia di altri, in primis dei galleristi che affrontano con te quest’avventura.
Come sono stati questi anni di «Debellizzazione» di Miart?
Il primo recruitment è stato durissimo, le gallerie italiane mi parlavano a malapena, gli stranieri in genere ignoravano la nostra esistenza. La parte più difficile
Vincenzo de Bellis
è stata l’impatto con la città. Diverse istituzioni non interloquivano, il grimaldello
Miart è servito a mettere tutti insieme su un progetto comune. Devo dire che con
l’assessore Del Corno c’è stata un’immediata collaborazione e adesso ci sediamo tutti intorno a un tavolo per
far sì che le cose si concentrino, evitando dannose sovrapposizioni. Non ho assolutamente l’ambizione di parlare
di politica culturale, tra l’altro Milano è una città di cortili chiusi, riservata, ed è anche una città sulle spalle di
privati le cui azioni incidono sul pubblico, penso ad esempio alle molte Fondazioni, essenziali alla vita culturale
cittadina. Quando vedi che chi viene a Milano per il Salone del Mobile anticipa l’arrivo alla domenica precedente per vedere Miart, capisci che la macchina funziona.
Che cos’è successo sul territorio lombardo?
Siamo cresciuti nella presa sul pubblico generico in Lombardia ma anche nel resto d’Italia; arrivano molti
più appassionati che un tempo non si spostavano, abbiamo sempre fatto visitare ai nostri ospiti il resto
della regione. A livello pubblico la collaborazione con le istituzioni è eccellente: con Luigi Di Corato, direttore della Fondazione Brescia Musei, abbiamo concordato l’apertura della mostra di Christo a Brescia
prima di Miart, per trarre entrambi vantaggio dal flusso internazionale di visitatori che si trovano a
un’ora di distanza. Le collaborazioni sono ovunque: a Bergamo con la Gamec, a Varese con la Collezione
Panza, solo per citarne alcune.
Che cosa è rimasto stabile dall’inizio del suo mandato?
Il progetto è immutato, la fiera deve essere identica a se stessa per non generare instabilità. Fin dall’inizio
ho voluto un dialogo forte tra moderno e contemporaneo, perché il moderno è sempre stato una caratteristica che distingue Milano. La vera partita è stata vinta con le gallerie che propongono opere significative e non vivono solo di secondo mercato. Il design all’inizio ha stentato, ma perseverare ha pagato e
quest’anno ha una marcia in più. Ho mantenuto a 150 il numero delle gallerie, aumentandone la qualità,
tra queste 40 partecipano ad Art Basel.
Ci sono delle novità?
La costanza ci ha premiato, siamo cresciuti anche nel contemporaneo ma c’è sempre bisogno di una
rinfrescata. Con Alberto Salvadori, curatore della sezione Decades, abbiamo identificato alcune gallerie
con progetti da «illuminare» divisi per decenni dal 1910 al 1990. Il mercato premia alcuni momenti
storici dell’arte italiana, dagli anni ’50’ ai ’70, ma volevamo valorizzare fenomeni di altre decadi
qualitativamente importanti e ancora non così «caldi». È un omaggio alle gallerie che hanno un ruolo
di produzione culturale e non solo commerciale. Qualche esempio: Sperone Westwater propone un
repêchage dell’astrazione italiana degli anni ’20 e ’30, Michael Werner ci porta nel mondo storicizzato
della picture generation degli anni ’80, Wilkinson espone opere legate alla rivista Carnet del 1984, e per
gli anni ’90 c’è un focus dello Studio Guenzani con lavori degli artisti di allora: Cindy Sherman, Stefano
Arienti e Charles Ray tra gli altri.
La crisi tanto paventata è adesso all’orizzonte?
Il momento è delicato, ci aspettiamo una contrazione di circa il 20%, del resto le aste hanno già registrato
un ribasso. Ci sarà la crescita dei grandi artisti e mid-career riconosciuti dalle istituzioni, mentre sull’arte
contemporanea si tornerà a far la gavetta, la bolla speculativa sui giovani ha fatto il suo tempo.
Ci saranno ripercussioni anche sulle fiere?
Sì anche sulle fiere, che sono cresciute come funghi, ma chi ha deciso di contenersi è meno esposto.
Con solo 150 gallerie subiamo meno i contraccolpi del mercato; Miart non produce grandi utili ma è
un fiore all’occhiello di Fiera Milano, che concorda negli investimenti e nella decisione di mantenerla
piccola. q M.M.
Decadi, premi e oggetti rari
MILANO. Dall’8 al 10 aprile nel Padiglione 3 di fieramilanocity si svolge la XXI edizione di Miart, diretta da Vincenzo de Bellis
con la vicedirezione di Alessandro Rabottini. Partecipano 154 gallerie di arte moderna, contemporanea e design provenienti da
16 Paesi (Austria, Belgio, Corea, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Norvegia, Repubblica
Slovacca, Spagna, Stati Uniti, Svizzera e Uruguay). Come in ogni fiera che si rispetti non manca la sezione storico-cronologica, è la
nuova Decades, dove 9 espositori sono stati scelti per proporre un percorso lungo il XX secolo con i vari stand dedicati ai diversi
decenni. Un ulteriore tentativo per rivolgersi a quel mercato internazionale attratto dall’arte, in particolare italiana, del secondo
dopoguerra. Ritornano le quattro sezioni che caratterizzano la fiera dal 2013, il primo anno della direzione De Bellis: Established,
con 99 gallerie di moderno e contemporaneo (tra queste la Galleria Continua di San Gimignano, Pechino, Les Moulins e L’Avana,
Mazzoleni di Torino, Limoncello di Londra, Mathew di Berlino e New York e Massimo De Carlo di Milano, Londra e Hong Kong e
Tornabuoni di Firenze Londra, Milano e Parigi); Emergent, con 16 gallerie internazionali concentrate sulle nuove tendenze e le
giovani generazioni di artisti; TheNow, con 8 coppie di gallerie che mettono in dialogo un artista storico e uno di una generazione
più recente, e Object, con 14 espositori che propongono oggetti di design in edizione limitata. Più di 40 ospiti provenienti da tutto
il mondo animeranno il ciclo di conferenze miartalks, mettendo in dialogo vari linguaggi e discipline artistiche, tra i vari appuntamenti le conversazioni tra Francesco Bonami e Anri Sala, Hans Ulrich
Obrist e Virgilio Sieni, Chris Dercon e Tim Etchells, solo per citarne alcune. Non mancano infine il Fondo di acquisizioni Giampiero Cantoni, con 100mila euro per lo shopping della Fondazione Fiera
Milano, il Premio Emergent, per la migliore galleria emergente, il Premio Rotary Club Milano Brera, riservato alla sezione di arte contemporanea, e il Premio Herno, che si aggiudicherà lo stand con
il migliore progetto espositivo (nella foto, «Copper Canyon» di Ry Rocklen, 2013-24, Courtesy l’artista e Galleria Honor Fraser di Los Angeles). q J.D.
Miart, fieramilanocity, padiglione 3, gate 5, viale Scarampo, Milano, ven-sab 12-19, dom 11-19, www.miart.it, dall’8 al 10 aprile (antepirma e inaugurazione 7 aprile su invito)
Veduta aerea di Villa Panza. © Giorgio Majno Courtesy Fai
‹ 3 un giorno a settimana perché i luoghi vanno tutelati. Villa
Panza si sta avvicinando a 60mila visitatori l’anno, con una visibilità
internazionale che stupisce sempre. Wim Wenders, dopo la mostra
delle sue fotografie lo scorso anno dal titolo «America», ci ha regalato
cinque foto dicendo che Villa Panza è stata per lui un’esperienza unica
e speciale; sono gesti che colpiscono, specialmente se arrivano da uno
come Wenders che di posti ne ha certamente visti molti.
Qual è il sentimento del pubblico che la colpisce di più?
Un’altra nostra iniziativa, La Via Lattea, cercava nei cinque anni
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 4
precedenti Expo di rimettere in connessione i milanesi con il Parco
Sud, il più vasto parco agricolo europeo. Ci abbiamo portato decine
di migliaia di persone e questo ha scatenato la voglia di parlarsi e di
ricollegare i fili: i milanesi hanno voglia di conoscere il proprio territorio
e gli agricoltori di mostrare ai milanesi da dove proviene il latte che
bevono. Questo è un progetto finito, Expo è passata, ma continueremo
a operare lì, perché si è mosso qualcosa. D’altro canto perfino la
vecchia aristocrazia che una volta lasciava andare le proprietà, adesso
se ne occupa e non solo per mettere a reddito, ma perché capiscono
di aver un ruolo, sanno che avendo avuto tanto un po’ va restituito.
È un sentimento radicato nelle nuove generazioni, ne è un esempio il
progetto Cento Cascine di Alessandro Belgiojoso.
Quali sono ancora le criticità della regione?
Ci sono episodi della mala gestione del territorio e qui sono contento
di non essere tenero con l’amministrazione della Regione Lombardia,
che ancora pensa di riempirci di strade. La Broni-Mortara è una
superstrada inutile, che taglia senza ragione il Parco del Ticino. Non
capiscono, retaggio di antica ignoranza, che i terreni agricoli sono un
tesoro inestimabile. Ci sono cose disperanti, per esempio sul lago di
Garda a Sirmione c’è la villa di Catullo, che poi non è di Catullo, dove
c’è un lavoro enorme da fare. Ci sono i postumi dell’ubriacatura del
passato, purtroppo quello che è stato sciupato è perso per sempre.
E quali sono invece i cambiamenti positivi?
L’inversione nella consapevolezza di un numero sempre crescente di
amministratori, la curiosità nella gente, che vuole partecipare donando
anche solo uno, due o tre euro: quando facciamo le nostre campagne la
gente partecipa, perché ha capito che tale patrimonio le appartiene.
Come reagiscono i giovani?
Rispetto a una decina d’anni fa, i giovani tra i venti e trent’anni sono
molto più attenti. Abbiamo un maggior numero di volontari giovani
rispetto al passato, che si danno da fare e organizzano eventi. L’Albergo
Diurno Venezia è stato scoperto dai ragazzi del Fai che ci hanno chiesto
di intervenire; osano, propongono idee, hanno trovate completamente
diverse dalle nostre. Faimarathon, ad esempio, è un’iniziativa con cui si
aprono al pubblico oltre 500 luoghi in 130 città d’Italia proprio grazie
all’entusiasmo di 3.500 giovani volontari.
Ci sono delle piccole realtà degne di nota?
Borgarello in provincia di Pavia ha uno straordinario giovane sindaco,
Nicola Lamberti, che è stato capace di raccogliere l’intero paese a difesa
della settecentesca Villa Mezzabarba, prima che ulteriori speculazioni
oltre a quelle già avvenute nel parco della villa distruggessero
irrimediabilmente il patrimonio storico che essa rappresenta.
q Michela Moro (È la curatrice e autrice di tutti i testi non diversamente firmati
di questa edizione del «Vedere a Milano e in Lombardia»)
Vedere a Milano Le fiere
Milano a ferro, fuoco e plastica
Grazie alla 55ma edizione del Salone del Mobile e al dilagante
Fuorisalone, tutti si scoprono appassionati di design
MILANO. Per Salone, a Milano, si intende la settimana di
aprile durante la quale la città è messa benevolmente a
ferro e fuoco dal design in tutte le sue forme e coniugazioni
possibili. Una volta era solo l’esposizione in fiera dedicata
agli addetti del settore, con un corollario in città. Oggi
è diventato un appuntamento da non mancare per
chiunque si occupi di design e architettura anche in modo
tangenziale. Non c’è vetrina, spazio o showroom che non
sia dedicato all’argomento. L’indotto è importante per la
città, consapevolmente coinvolta in quella che si potrebbe
considerare l’alta stagione milanese. Fulcro e motore di
questa kermesse rimane il Salone del Mobile giunto alla
55ma edizione: si svolge alla Fiera Milano Rho ed è
visitato da circa 300mila operatori di oltre 160 Paesi e da
un pubblico di oltre 30mila persone il sabato e la domenica,
quando la Fiera è aperta al pubblico. Il Salone del Mobile è
uno dei più importanti appuntamenti espositivi italiani,
vetrina delle aziende più qualificate del mercato italiano
ed estero, che pone Milano al centro della produzione e
della ricerca. Quest’anno, per rispondere a precise esigenze
di mercato, viene lanciato il nuovo settore xLux, dedicato
all’arredamento di lusso. Per i saloni fieristici a scadenza
biennale, il 2016 è l’anno di EuroCucina e del Salone
Internazionale del Bagno. Il SaloneSatellite, cartina al
tornasole delle future stelle del design, espone i progetti
dei giovani affiancati per questa edizione da diverse scuole
internazionali di design.
Mentre gli operatori affollano la metropolitana che li porta
in fiera, la città è in piena ebollizione. Sotto il cappello
del Fuorisalone si raccoglie di tutto. Il Fuorisalone è una
costellazione di eventi nati spontaneamente, si promuove
in maniera autonoma grazie al lavoro di singole aziende e
designer e nel tempo si è ampliato talmente che la città è
stata divisa a seconda dei quartieri. Gli infaticabili uomini
da marciapiede del Salone si spostano in via Ventura,
via Tortona, Brera District ecc. I percorsi sono una
quindicina, il che significa scandagliare scientificamente
capannoni industriali, fabbriche dismesse, eleganti
showroom, edifici interi dedicati anche a progetti di questa o
quella Nazione: gli olandesi, ad esempio, sono sempre molto
seguiti e i Paesi nordici occupano vaste costruzioni. La folla è
poliglotta, internazionalissima e intergenerazionale, i grandi
vecchi sono riveriti ovunque e seguiti come rockstar e il Bar
Basso, un tempo classico e tranquillo bar del semicentro
milanese, è l’imprescindibile ritrovo notturno dove tutti
devono fare almeno una passatina a sera, vuoi per vedere
chi c’è, vuoi, soprattutto, per essere visti. Punto centrale
d’incontro diurno è invece la Statale, ovvero l’Università
degli Studi di Milano, nei cui spazi la rivista «Interni»
organizza una grande mostra giunta alla 19ma edizione che
si stende per i chiostri; anche questa addizione di diverse
installazioni realizzate dai più famosi architetti e designer,
l’anno passato ha registrato circa 250mila visitatori. Si tratta
della mostra evento «Interni Open Borders»,
allestita all’Orto Botanico di Brera con una serie di macrooggetti, microarchitetture e installazioni sperimentali
firmati da progettisti di fama internazionale che si
propongono di aprire i confini convenzionali di architettura
e design alla multidisciplinarietà e alla contaminazione.
Anche il Salone del Mobile, quello della fiera, ha la
tradizione di proporre mostre in città: nell’ambito della
XXI Triennale International Exhibition presenta infatti
nel Palazzo dell’Arte di Milano «Stanze. Altre filosofie
dell’abitare», una mostra che sottolinea il compito unico
dell’architettura d’interni e proietta il visitatore verso il
futuro dell’abitare. In un’offerta così sterminata è difficile
segnalare altro che non i macro-eventi. Del resto chi è in
città nei giorni caldi del Salone non può esimersi, anche in
modo accidentale, dallo scoprirsi molto interessato al design.
q Michela Moro
«Before Design: Classic» di Matteo Garrone. © Salone del Mobile
Salone del Mobile, Fiera Milano, Rho, dal 12 al 17 aprile (apertura al
pubblico sabato 16 e domenica 17 previa registrazione),
tel. 02/725941, www.salonemilano.it, [email protected]
Salone del Mobile c/o Palazzo dell’Arte, viale Alemagna 6, Milano,
tel. 02/724341, mar-dom 10,30-20,30, www.triennale.org, XXI
Triennale International Exhibition «Stanze. Altre filosofie dell’abitare»
dal 2 aprile al 12 settembre
Università degli Studi di Milano - Ca’ Granda ex Ospedale Maggiore
Orto Botanico di Brera, via Festa del Perdono 7, Milano,
tel. 02/503111, www.internimagazine.it , «Milano Capitale del
Design®2016» dall’11 al 19 aprile 2016 e «Interni Open Borders»
dall’11 al 23 aprile
Fuorisalone, sedi varie, Milano, www.Fuorisalone.it
La fotografia è MIA
Milano. La fotografia è parte integrante del panorama artistico, ma
è al contempo un’arte a sé stante
che necessita di spazi dedicati. Su
queste istanze è nata MIA Photo
Fair, la fiera dedicata alla fotografia
d’arte giunta alla sesta edizione, in
programma dal 28 aprile al 2 maggio
negli spazi The Mall, nel quartiere di
Porta Nuova Varesine, uno dei luoghi
più nuovi di Milano che inizia a storicizzarsi, diventando un classico punto d’incontro. In una delle architetture più avveniristiche della città si possono visitare 80
gallerie internazionali, sfogliare le pubblicazioni di 15 editori specializzati e conoscere i
lavori di 20 artisti indipendenti. La manifestazione ideata da Fabio Castelli, che condivide
la direzione con Lorenza Castelli, nelle passate edizioni è stata una buona vetrina per una
generazione di fotografi che faticavano a trovare spazio nelle più canoniche fiere d’arte,
dove la fotografia non è figlia di un dio minore, ma il confine tra arte, reportage, ritratto
e tecniche diventa labile e sfocato. In una fiera dedicata si possono invece prendere in
considerazione con maggior profondità gli argomenti più specificatamente legati al mezzo,
senza dimenticare la maggiore libertà di acquisto che respirano i visitatori, meno intimiditi
dalla fotografia che dall’arte contemporanea. Nei vari stand si ammirerà tra l’altro Christy
Turlington fotografata da Albert Watson a Luxor, l’India di Gianni Berengo Gardin e Sebastião Salgado, si potrà fare un salto nel passato fino al 1933 con Charlotte Perriand,
tornare al 1954 con l’Umbria di Fulvio Roiter e al 1966 con Sophia Loren e Richard Avedon fotografati da Tazio Secchiaroli (nella foto, uno scatto di Andre Villers con Picasso a
Vallauris nel 1953, Courtesy Suite 59 Gallery, © Andre Villers). Non mancherà inoltre lo
sguardo contemporaneo con autori quali Irene Kung e di Settimio Benedusi. Tre i premi da
assegnare. Il primo, quello nuovo, è dedicato alla memoria di Massimo Gatti scomparso lo
scorso novembre: l’artista più meritevole della sezione Proposta MIA (che ospita fotografi
indipendenti senza galleria) otterrà un premio in denaro e l’allestimento di una personale
nella galleria Glauco Cavaciuti Arte, partner di MIA. Alla quinta edizione è invece il Premio
BNL Gruppo BNP Paribas, grazie al quale i migliori progetti dei fotografi rappresentati in
fiera dalle proprie gallerie saranno acquisiti dall’istituto di credito per entrare in collezione.
Ritorna inoltre il Premio Archivi «Tempo ritrovato - fotografie da non perdere», ideato con
«Io Donna» e supportato da Eberhard & Co con il fine promuovere, riscoprire e tutelare
i fondi che documentano l’attività dei grandi fotografi italiani e in particolare, nel 2016,
quella degli anni Settanta.
MIA Photo Fair, The Mall, Porta Nuova Varesine, piazza Lina Bo Bardi 1, Milano, tel. 02/36755700, ven-sab/
lun 11-21, dom 10-20, www.miafar.it, dal 29 aprile al 2 maggio, (inaugurazione 28 aprile su invito)
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 5
Vedere a Milano Le mostre nelle sedi pubbliche
James il passionale vuole cambiare Brera
Il neodirettore Bradburne inizia mettendo a confronto Raffaello e Perugino
James M. Bradburne, direttore generale della Pinacoteca di Brera
e Biblioteca Nazionale Braidense. © Federico Ciamei
MILANO. Le note che Franz Liszt compose ispirandosi allo
Sposalizio della Vergine hanno risuonato nelle sale di Brera
per celebrare Raffaello e Perugino, esposti l’uno accanto
all’altro per la prima volta con il medesimo soggetto, lo
Sposalizio, maniera colta di accogliere il primo appuntamento
del ciclo «Dialoghi», che vede due capolavori a confronto:
uno di Brera e uno proveniente da altre istituzioni. La mostra
è accompagnata da un maneggevole «non catalogo» Skira. È
stato anche il debutto dell’energico James Bradburne come
direttore generale della Pinacoteca di Brera e Biblioteca
Nazionale Braidense, da pochi mesi installato nel suo nuovo
ruolo. Bradburne non ha perso tempo: quattro sale del museo
sono state riallestite con nuovi criteri, nuovi colori alle pareti
e nuove didascalie ed è già stato nominato il nuovo Cda che
si è messo subito al lavoro. Ricollocare Brera al centro della
scena espositiva milanese connettendo mondi diversi è il
primo obiettivo che l’anglo canadese sessantenne si è posto,
per nulla intimidito da chi lo sta aspettando al varco, anzi:
«Sono felice e grato che il ministero abbia pensato che io possa essere lo
strumento per cambiare un sistema che non funziona da anni. Forse
questo feeling che insieme si può ottenere un buon risultato è un effetto
post Expo, ma c’è una grande voglia cittadina di vedere Brera occupare
il posto che si merita nel panorama dei grandi musei internazionali: le
persone viaggiano, vedono i musei all’estero e fanno paragoni, dobbiamo
cambiare». Uno dei cambiamenti più evidenti sono le pareti
delle sale dipinte di un rosso granata molto mitteleuropeo, che
esalta le importanti opere raggruppate secondo nuove letture e
le grandi didascalie dense d’informazioni. L’allestimento delle
sale dove trovano posto Raffaello e Perugino sono invece
intoccate, «l’intervento dell’architetto Vittorio Gregotti funziona
bene», sostiene Bradburne. Quello che funziona certamente
sono i due Sposalizi affiancati, coevi e differenti. Il maestro,
Perugino, dipinge tra il 1499 e il 1504 la pala commissionata
per la Cappella del Santo Anello nella Cattedrale di Perugia.
Raffaello, l’astro nascente, nel 1504 rielabora innovando l’opera
del maestro; l’architettura del tempio che in Perugino è asse
centrale del dipinto, è allontanata da Raffaello che definisce
in maniera esemplare la prospettiva della costruzione;
Raffaello lascia la porta aperta sul panorama, il suo tempio non
conclude lo spazio, mentre nel dipinto di Perugino lo spazio
della porta aperta è occupato da una montagna. Ieratico per
Perugino, il Gran Sacerdote china la testa, non più impassibile,
per Raffaello. Fenomenali i copricapi immaginati da Perugino;
varietà d’individui i personaggi di Raffaello. Nella medesima
sala è presente anche il dipinto realizzato nel 1822 da JeanBaptiste Wicar a Perugia al posto della pala di Perugino
conservata al Musée des Beaux-Arts di Caen, in Francia, dopo la
requisizione di Napoleone del 1797. Già, la Francia: Bradburne
nella sua vita eclettica e poliedrica, esperto oltre che di
museologia di design, scienza e molto altro, ha abitato anche a
Parigi e poi a Londra, Amsterdam, Francoforte e Firenze, dov’è
stato direttore per nove anni della Fondazione Palazzo Strozzi,
ma da quando è stato nominato a Brera vive in un mondo
unico, contenuto in un quadrilatero ed è felice così.
Come ha affrontato l’esordio a Brera?
Stavo facendo una ricerca approfondita e ho riletto gli scritti di Franco
Russoli (1923-1977) soprintendente nel 1973-77, che apparteneva a una
generazione di museologi come Willem Sandberg e Nelson Goodman,
con una visione sociale molto potente, completa e realistica del ruolo del
museo nella società e del ruolo dell’arte nella vita delle persone. Il mio
modesto scopo è di portare qui parte della sua visione.
Non c’è solo Russoli di italiano nel suo modo di guardare
alla cultura.
La mia crescita è stata influenzata dall’approccio didattico della scuola
di Reggio Emilia, Gianni Rodari per esempio. Sono appassionato
dell’apprendimento e della passione umana di capire il mondo,
attitudine che purtroppo si perde andando a scuola.
Come vede Brera nel prossimo futuro?
Vorrei creare un ambiente che offra la riscoperta e la gioia di
apprendere. La chiave è un museo ricco di stimoli, che tenga conto dei
vari modi di imparare e anche dell’eterogeneità del pubblico. Ho trovato
qui poca attenzione al visitatore; invece ci sono diversità, come i bambini
o gli ipovedenti, per esempio, ed è inaccettabile che nel 2016 non se ne
tenga conto. Non ci saranno mostre autoportanti, voglio incoraggiare
la gente a tornare a Brera più volte per il piacere di un’altra visita. Le
mostre temporanee cannibalizzano i musei, il vero cambiamento sta nel
progettare il futuro portando il passato con noi.
Tutelare è una preoccupazione molto italiana. Lei che
cosa ne pensa?
La tutela è imprescindibile e spesso insufficiente, ma dovrebbe
Simbolisti con nuove tecnologie
Da Boccioni a Studio Azzurro: le quattro mostre di Palazzo Reale
MILANO. Dobbiamo agli austriaci e all’imperatrice Maria Teresa
d’Asburgo l’attuale edificazione del Palazzo Reale, nato come
palazzo comunale o Broletto nel Medioevo, diventato poi sede
istituzionale dei signori di questo o quel secolo, i Torriani, i
Visconti, gli Sforza. La commissione al Piermarini avrebbe
dovuto essere poco dispendiosa, ma con un risultato degno
della residenza di un arciduca asburgico. La costruzione iniziò
nel 1773 per terminare, a tempo record, nel 1778. Durante il
periodo napoleonico il palazzo fu depredato e perse parte
degli arredi originari, ma venne poi ampliato grazie all’opera
dell’architetto Luigi Canonica per diventare il palazzo di
Eugenio di Beauharnais. Nella seconda guerra mondiale,
il 15 agosto 1943, la Sala delle Cariatidi fu distrutta da un
bombardamento i cui segni sono rimasti indelebili nella sua
architettura. Il Palazzo è a tutti gli effetti la punta di diamante
del polo espositivo del Comune di Milano, insieme con la
Rotonda della Besana, il Palazzo della Ragione e il contiguo
Museo del Novecento (in cui ha trovato sede la collezione di
arte moderna); l’ala di sinistra ospita una parte del museo
dell’Opera del Duomo di Milano. Palazzo Reale è sede di
esposizioni temporanee a ciclo continuo. Attualmente le
mostre ospitate sono quattro: una dedicata al Simbolismo,
«Il Simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla
Grande Guerra», con un centinaio di opere tra dipinti,
sculture e una selezione di grafica, provenienti da istituzioni
museali italiane ed europee e da collezioni private, scelte per
rievocare l’ideale aspirazione di quel movimento artistico
europeo teso a raggiungere un effetto unitario e sempre alla
ricerca dell’opera d’arte totale. Curato da Fernando Mazzocca e
Claudia Zevi in collaborazione con Michel Draguet, il percorso
mette a confronto per la prima volta simbolisti italiani ed
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 6
europei quali Arnold Böcklin, Giulio Aristide Sartorio,
Fernand Khnopff, Jean Delville, Ferdinand Hodler,
Odilon Redon, Gustave Moreau e Giovanni Segantini,
tra gli altri. Un’altra esposizione, curata da Francesca Rossi e
Agostino Contò, è dedicata a uno dei più rilevanti artisti del
Novecento, Umberto Boccioni. Boccioni fa parte del dna
milanese e nel centenario della morte, avvenuta il 17 agosto
1916, viene celebrato con una grande mostra che ne raccoglie
i dipinti, le sculture e le incisioni più importanti; a questi
si aggiunge un corpus di 61 disegni e documenti inediti: un
totale di circa 300 opere per raccontarne il percorso artistico,
la notorietà internazionale e l’attività milanese. Ed è proprio
l’immagine di Boccioni ad accogliere i visitatori nel Palazzo,
immortalata nel celebre autoritratto proveniente dalla
Pinacoteca di Brera, esposto al centro della prima sala per
rendere visibile anche l’autoritratto presente sul retro. Vi sono
inoltre due appuntamenti dal sapore più contemporaneo: uno
«Elasticità» di Umberto Boccioni, 1912
essere inglobata nella valorizzazione dei musei. Non nel senso di
monetizzazione, ma per dare valore all’arte tutelata ed è ciò che mi
propongo di fare. Combatto invece la burocrazia che è il buio, voglio fare
le mie battaglie in pubblico, dichiarando i miei obiettivi.
Brera ha bisogno di soldi?
La priorità è cambiare Brera, non sono né i soldi né i visitatori che
latitano. Certo non possiamo fare le nozze coi fichi secchi, ma il Governo
dovrebbe attendersi dai musei scopi futuri e non guadagni immediati.
Entrando negli uffici il portiere mi ha chiesto «Va da
James?». Qualcosa sta cambiando nel rapporto con le
maestranze?
Le persone che fanno parte dei sindacati fanno anche parte della mia
squadra e alla fine della giornata di lavoro tutti vogliono trovare
soddisfazione in quello che fanno, è lo stesso scopo del sindacato. Vivete in
un sistema sovietico, senza nome e cognome, io voglio che tutti abbiano il
nome in vista e vengano al lavoro con piacere; non dimentichiamoci che
il primo incontro dei visitatori è sempre con i custodi.
Nella sala in cui avviene il dialogo tra Raffaello e Perugino
è esposta anche la Pala di Brera di Piero della Francesca:
sulla testa degli astanti la misteriosa conchiglia con l’uovo
di struzzo, simboli di nascita e vita futura. Esotericamente
un buon augurio per Brera. q Michela Moro
Pinacoteca di Brera, via Brera 28, Milano, mar-dom 8,30-19,15, tel.
02/72263264-299 www.pinacotecabrera.org, «Primo dialogo. Raffaello
e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine» fino al 27 giugno
Soffia il vento nel Museo del ’900
MILANO. Il Museo del Novecento è stato aperto nel 2010 con una collezione
di circa 400 opere allestite cronologicamente. Ad accogliere i visitatori è «Il
Quarto Stato» di Pellizza da Volpedo.
Il percorso si apre con un omaggio alle
avanguardie internazionali attraverso
dipinti di Picasso, Braque, Klee, Kandinskij e Modigliani. Ampio spazio viene dato al Futurismo con Boccioni, Balla, Depero, Gino Severini e Carrà, seguono sezioni dedicate a de Chirico, Morandi,
Martini, Melotti, Burri e Manzoni, con gli artisti di Azimuth
Castellani e Bonalumi che completano il percorso. A Fontana
è dedicato l’intero ultimo piano del museo, anche dalla piazza
si può ammirare la grande «Struttura» al neon posizionata
sul soffitto, ideata dall’artista per la IX Triennale di Milano nel
1951. Per il progetto «Museo Chiama Artista 2016», infine,
dall’8 al 10 aprile in occasione di Miart il Museo ospita «Bora»
(nella foto), la scultura video che sfida l’impossibilità di catturare il vento di Yuri Ancarani, emergente artista ravennate.
Museo del Novecento, via Guglielmo Marconi 1, Milano, mar-dom
9,30-19,30, lun 14,30-19,30, tel. 02/88444061,
www.museodelnovecento.org, «Yuri Ancarani: Bora» dall’8 al 10 aprile
dedicato ai trentacinque anni di lavoro del collettivo Studio
Azzurro (fondato a Milano nel 1982 da Fabio Cirifino, Paolo
Rosa, recentemente scomparso, e Leonardo Sangiorgi),
tra i primi gruppi italiani ad affrontare le nuove tecnologie
in maniera artistica e innovativa. Intitolata «Studio Azzurro.
Immagini sensibili» e curata dagli artisti stessi, la rassegna
presenta le installazioni video più significative, molte
delle quali interattive, più una nuova installazione realizzata
per l’occasione e dedicata a Milano. «2050. Breve storia
del futuro», infine, è una rassegna che prende il nome
dall’omonimo libro di Jacques Attali pubblicato nel 2006,
nel quale l’autore ipotizza il futuro del mondo e della nostra
società. Curata da Pierre-Yves Desaives, Jennifer Beauloye
e precedentemente allestita nei Musées Royaux des Beaux-Arts
de Belgique a Bruxelles, la collettiva ripercorre le tematiche
illustrate nel saggio di Attali attraverso otto stazioni e una
cinquantina di opere di artisti contemporanei internazionali
come David LaChapelle, Andreas Gursky, Francis Alÿs
e Alighiero Boetti, solo per citarne alcuni.
Palazzo Reale, piazza del Duomo 12, Milano, mar-dom 9,3019,30/lun 14,30-19,30/gio 9,30-22,30, tel. 02/88465230,
www.palazzorealemilano.it, «2050. Breve storia del futuro» fino al
29 mag., «Umberto Boccioni: Genio e Memoria» fino al 3 lug., «Il
Simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra»
fino al 5 giu., «Studio Azzurro. Immagini Sensibili»fino al 04 set.
Vedere a Milano Le mostre nelle sedi pubbliche
Muzio, Verna e Schialvino sono la forza dello Sforzesco
MILANO. Il Castello Sforzesco è il vertice laico della storia di Milano, contrapposto al cattolicissimo
Duomo, e come il Duomo racchiude i grandi tesori della città. Costruito nel XV secolo da Francesco Sforza duca di Milano, è stato per secoli cittadella militare, poi restaurato da Luca Beltrami
a fine Ottocento con l’intento di riportarlo alle medievali forme originarie. L’interno è susseguirsi
di tesori: nella Pinacoteca sono esposti dipinti di Andrea Mantegna, Paolo Uccello, Vincenzo
Foppa, Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Bramantino, nel Museo di Arte Antica si ammira
tra gli altri il monumento sepolcrale del crudele Bernabò Visconti, nella Sala delle Asse si trova il
migliore Leonardo da Vinci milanese di sempre; la scelta è amplissima tra il Museo egizio, il Museo
degli strumenti musicali, la Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli. Nell’antico Ospedale
Spagnolo ha trovato nuova sede la Pietà Rondanini (nella foto, © Roberto Mascaroni) scolpita da
Michelangelo tra il 1552 e il 1564, con un allestimento contemporaneo progettato dall’architetto
Michele De Lucchi. È consigliabile inoltre dare un’occhiata all’Archivio Fotografico, un po’ trascurato dai visitatori: Il patrimonio fotografico, composto da 850mila fotografie originali dal 1840 ai
giorni nostri, è rappresentativo di tutte le tecniche fotografiche e dell’attività di autori importanti tra
cui Nadar, Adolphe Braun, i Brogi e gli Alinari di Firenze, gli Anderson di Roma, Eugène Sévaistre,
i milanesi Alessandro Duroni, Pompeo Pozzi, Luigi Sacchi, Giulio Rossi, Icilio Calzolari, Giuseppe
Beltrami e Luca Comerio. Fino al 10 aprile nel Castello sono esposte 16 grandi xilografie di Gianfranco Schialvino e Gianni Verna, che da una trentina d’anni danno vita a soggetti tratti dai classici
della letteratura. Poi sarà la volta di «Ca’ Brüta 1921. Giovanni Muzio Opera Prima», ideata da Giovanni Tomaso Muzio in occasione del primo restauro dell’edificio, la mostra ripercorrere la carriera
di Muzio con disegni, progetti e fotografie di 29 autori tra cui Ugo Mulas e Gianni Berengo Gardin.
Castello Sforzesco, piazza Castello, Milano, lun-dom 7-19,30, tel. 02/88463700 www.milanocastello.it, «La nuova xilografia di Gianfranco
Schialvino & Gianni Verna e la rivista Smens» fino al 10 aprile e «Ca’ Brüta 1921. Giovanni Muzio Opera Prima» dal 15 aprile al 10 luglio
Miró primitivo tra manufatti esotici
MILANO. Fino agli anni Sessanta era un complesso industriale adibito alla produzione
di locomotive, carrozze ferroviarie e tram, adesso è occupato dalle Culture. In realtà
lo spazio risale al 1904, ma ha assunto la veste di Mudec-Museo delle Culture nel
marzo del 2015, offrendo molteplicità di proposte culturali e di servizi su 17mila metri
quadrati, all’interno delle linee sinuose frutto del progetto dell’architetto anglosassone
David Chipperfield: sale della collezione permanente e delle esposizioni temporanee,
auditorium, Mudec Bistrot, Mudec Design Store, Mudec Junior e anche il parcheggio,
dettaglio non trascurabile in una città come Milano. La collezione permanente raccoglie
un susseguirsi di manufatti esotici, oggetti riportati da esploratori, missionari, nuovi
viaggiatori o da viaggi specifici come quelli di alcuni commercianti di tessuti che si spinsero in Asia orientale alla ricerca del prezioso baco da seta a metà dell’800, in seguito
a un’epidemia del baco da seta italiano. E poi l’Africa e le colonie, le grandi esposizioni
universali fino al collezionismo del dopoguerra, influenzato dall’arte non europea. Fino
all’11 settembre il Mudec ospita la retrospettiva dedicata a Joan Miró, intitolata «La
Forza della Materia». Composto da un’ampia selezione di opere realizzate tra il 1931 e
il 1981 (nella foto, «Anatre in volo donna stella» 1965, © Successió Miró by Siae 2015),
il percorso prende in esame gli aspetti legati all’arte primitiva nella ricerca dell’artista
catalano, che nella sua poetica si traducono in un nuovo vocabolario di simboli. La mostra è ideata dalla Fundació Joan Miró di Barcellona e i lavori esposti provengono dalla
collezione della Fundació e da quella della famiglia dell’artista.
Mudec-Museo delle Culture, via Tortona 56, Milano, mar-dom 9,30-19,30/gio-sab 9,30-22,30/lun14,30-19, tel. 02/54917 www.mudec.it,
«Juan Miró. La Forza della Materia», fino al 11 settembre
Il mondo glitterato di Herb Ritts
MILANO. Vitali e piene di energia, le fotografie di Herb Ritts (1952-2002) rimangono tali anche a distanza di decenni. Visitando la mostra a Palazzo della Ragione ci si rende conto di quanto siano immagini iconiche e intramontabili, che hanno
saputo fissare i personaggi in maniera indelebile. La fortuna di Herb Ritts, californiano amante della luce naturale più cruda
e impietosa che lui sapeva governare con maestria, nasce assieme a
quella di Richard Gere, suo grande amico. L’attore fu fotografato prima
di essere attore e l’immagine pubblicata da «Vogue» nel 1978 fece la
fortuna di entrambi. Ritts diventò un affermato fotografo di moda, ma le
sue capacità espressive superavano i confini dei saperi, aggiungendo
a ogni immagine eleganza, leggerezza e intensità. Sono un classico i
fondi candidi delle foto su cui si stagliano i mille corpi del ballerino Bill
T. Jones, quelli casti, benché nudissimi, del gruppo di topmodel «Stephanie, Cindy, Christy, Tatjana, Naomi» (nella foto, © Herb Ritts Foundation)
fotografate a Hollywood nel 1989, e quello nerissimo di Alek Wek. Le oltre 100 immagini in mostra sono suddivise nei grandi temi che lo appassionavano, i ritratti, da Madonna a Michael Jackson, David Bowie, Tina
Turner, Jennifer López, Britney Spears, Reese Witherspoon, Brad Pitt,
Penélope Cruz ed Elizabeth Taylor; poi i corpi in movimento, i paesaggi
e l’Africa, che ha sempre esercitato un enorme fascino su Herb Ritts e
che lui ben conosceva. Ritts ritrae con passione il modo glitterato degli
anni Ottanta e Novanta e la sua profonda conoscenza del mezzo fotografico fa sì che le stampe in mostra siano tutte originali ai sali d’argento
o al platino, realizzate sotto il suo diretto controllo.
Palazzo della Ragione, piazza Mercanti 1, Milano, tel. 02/43353535, www.palazzodellaragionefotografia.it, «Herb Ritts. In equilibrio»
fino al 5 giugno
Antonio da Fabriano, su fondo blu
MILANO. L’idea del Museo Diocesano
nasce negli anni Trenta dal cardinale Schuster per tutelare, conservare e
promuovere il patrimonio della Diocesi
di Milano, la più grande del mondo cattolico. Negli anni Sessanta il cardinale
Montini individua la sede nel Chiostro
di Sant’Eustorgio, uno dei più antichi
della città, parzialmente distrutto dai
bombardamenti della seconda guerra
mondiale. Il museo è inaugurato nel
2001 dal cardinale Martini. La collezione permanente è composta da più di
settecento opere dei vari periodi storici
dal Medioevo agli anni recenti. Molte provengono dalla Quadreria Arcivescovile e da fondi privati, come il Fondo Oro e la
Collezione Marcenaro. La contemporaneità è rappresentata
da un nucleo sostanzioso di opere, tra le quali le ceramiche
di Lucio Fontana raffiguranti le tappe della via crucis. Oltre
ai quadri include una nutrita collezione di arredi liturgici, provenienti dalla Basilica dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore,
l’antica Basilica Apostolorum voluta dal vescovo Ambrogio nel
IV secolo. Per tutta la durata del Giubileo il Museo Diocesano
ospita, in sintonia con le indicazioni di papa Francesco, la Madonna della Misericordia di Antonio da Fabriano (nella foto).
Il dipinto del maestro marchigiano è stato realizzato intorno
al 1470 ed è tipico della tipologia di stendardi processionali
dipinti su entrambi i lati ma, come racconta Carlotta Beccaria che l’ha restaurato, «è un olio e tempera su tavola, mentre
solitamente questi oggetti erano dipinti su tela. Il peso del legno
ha probabilmente fatto sì che fosse già allora stato appoggiato,
perdendo le funzioni originali. Sul verso principale la Madonna
della Misericordia raccoglie sotto il manto i fedeli. Il retro era più
danneggiato e lo abbiamo ripulito delle ridipinture secolari, riportando alla luce i panneggi e parte del santo». In entrambe le
facce del dipinto le figure campeggiano su un fondo blu, alternativo all’oro, forse scelto per ragioni di economia e caso unico
in Antonio da Fabriano. Il dipinto è esposto al pubblico in occasione della speciale ricorrenza del Giubileo della Misericordia,
di solito non è visibile, perché normalmente conservato nei
saloni privati dell’Istituto Toniolo legato all’Università Cattolica.
Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese 95, Milano, mar-dom
10-18, tel. 02/89404714 www.museodiocesano.it, «Antonio da
Fabriano: La Madonna della Misericordia» fino al 20 novembre
Ricordi e segreti
nei cassetti di ieri e di oggi
MILANO. Stipi e cassettiere sono un classico dell’arredamento, evocano ricordi, segreti e tempi passati
e abbondano, con esemplari di eccezionale valore,
nel Museo Poldi Pezzoli.
Aggiungendo a questi i
classici del contemporaneo, come Side 1 di Shiro Kuramata del 1970 o i Ventisette cassetti
di Ettore Sottsass del 2001, si ha
una ragione in più per percorrere
le sale della casa museo. «Quasi
segreti. Cassetti tra Arte e Design» è una riflessione su
questi elementi funzionali capaci di contenere, ordinare e
nascondere obbligando a gesti semplici e rituali che provocano emozioni. I pezzi di Alessandro Mendini, Alik Cavaliere e Mario Botta sono accolti e installati tra quelli della
collezione: «piccole wunderkammer, dichiara la direttrice del
museo Annalisa Zanni, realizzate in materiali rari e preziosi
e destinate ad accogliere oggetti “speciali” nei loro cassetti
molte volte introvabili, se non per chi li creava e li possedeva». La mostra è l’occasione per scoprire dettagli curiosi
dell’arredare attraverso stipi napoletani del 1600 decorati
da placche d’avorio incise con carte geografiche (uno nella
foto), mobili a bambocci, si chiamano proprio così, decorati
con i putti e lo stipo superstar del XVII secolo di ebano e
pietre dure, uno dei mobili più celebri del Museo.
Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni 12, lun/mer-dom 10-18,
tel. 02/794889, «Quasi segreti. Cassetti tra Arte e Design» fino al 25 apr.
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 7
Vedere a Milano Le mostre nelle sedi private
Restituire, anzi ricucire le nostre origini
Carlo Bertelli illustra l’imponente campagna di restauro di Intesa Sanpaolo
MILANO. Banca-arte è un binomio imprescindibile nel
panorama culturale italiano. Le istituzioni bancarie
garantiscono la vivacità a un campo che dal punto di vista
economico languirebbe senza speranza, facendosi motore
di progetti e operazioni altrimenti impensabili. Uno degli
esempi più virtuosi è «Restituzioni», un programma
di Intesa Sanpaolo per la salvaguardia e la tutela del
patrimonio artistico italiano. Da 27 anni la Banca è impegnata
nel restauro di opere d’arte appartenenti a musei, siti
archeologici e chiese di tutta Italia. Il risultato si traduce
in una mostra pubblica biennale. Quest’anno le Gallerie
d’Italia sono invase da 145 manufatti provenienti da
tredici regioni italiane, raggruppati in 54 nuclei di opere
d’arte. Responsabile della curatela scientifica insieme con
Giorgio Bonsanti è lo storico dell’arte Carlo Bertelli, già
soprintendente di Brera, che ha risposto alle nostre domande.
Come avviene il reperimento delle opere da restaurare?
Non solo grandi capolavori ma anche opere minori,
molto diverse tra loro sia in termini cronologici sia per
materiali e tecniche.
È insita in «Restituzioni» la volontà di recuperare opere che
rappresentino la varietà del patrimonio storico-artistico italiano, le
segnalazioni ci arrivano dalle Soprintendenze che le raccolgono sul
territorio, le studiamo e poi si decide.
Com’è cambiata la vostra missione in questi anni?
Si è ampliato enormemente il campo d’azione, guardiamo veramente
a tutte le regioni; quest’anno sono stati inclusi tre rilievi lignei
provenienti dalla Slovacchia. Si viaggia, si seguono i restauri passo
a passo, ad esempio sono stato spesso a Reggio Calabria per il
grande Cavaliere di Marafioti, statua in terracotta del V secolo a.C.
rinvenuta in frantumi dall’archeologo Paolo Orsi nel 1911.
L’approccio alle opere è diverso rispetto ad anni fa?
Sicuramente. Bisogna affrontare restauri di 10, 15 anni fa, il
deperimento si accelera, ci sono opere del ’900 difficilissime da
restaurare perché non si può procedere con i protocolli tradizionali,
i lavori sono dettati dai materiali utilizzati. Un esempio: il dipinto di
Carlo Carrà «Madre e figlio» del 1917 era stato addirittura passato
da tela a tela, chi se lo aspettava? Ci sono sempre scoperte incredibili.
Questa esposizione riassume bene le conclusioni scientifiche dei
restauri e le portano a conoscenza del grande pubblico.
Sono cambiate anche le tecniche di restauro?
Le tecniche d’ispezione unite alla ricerca hanno fatto passi
straordinari. I sistemi laser permettono di imparare tutto sui bronzi
(li abbiamo usati per guardare la testa dell’imperatore Antonino Pio),
sono cambiate le precauzioni di conservazione e i modi di vedere il
restauro. Sempre parlando del Cavaliere di Marafioti il problema
era che cosa fare di un grande restauro: si è deciso di restaurare
il restauro. In altri casi, vedi l’affresco della Chiesa di San Pietro
all’Olmo a Cornaredo, abbiamo l’affresco senza sapere com’erano
le pareti su cui poggiava, una vera avventura. Per l’armatura
giapponese di Torino della metà del XVII secolo sono state impiegate
le tecniche e le conoscenze più diverse: acciaio, oro, lacca, cuoio, pelle
e seta sono stati restaurati da persone diverse, ognuna con differente
specializzazione. Le opere ci raccontano molto della storia dei luoghi:
il mosaico con i pugili della seconda metà del I secolo a.C. di Ravenna
spiega un capitolo importante per la città, la sfida per l’acqua
e l’acquedotto di Teodorico.
Quali riflessioni stimola una simile operazione?
La conservazione mette in luce un problema europeo. Contro la
distruzione sistematica che sta avvenendo in certe parti del mondo,
Carlo Bertelli
«Madre e figlio» di Carlo
Carrà, 1917, dopo il restauro
bisogna costruire un presidio europeo per un’azione energica di
salvaguardia della nostra civiltà. Copriamo meno le nostre statue
e affermiamo il nostro status culturale dichiarando che le abbiamo.
L’attenzione con cui il pubblico segue i restauri mostra che queste
opere sono vive e non devono morire. Il mondo è cambiato. Non
essendoci continuità col passato bisogna guardarlo per ricucire
le nostre origini. q Michela Moro
Il «Grand Tour» delle Gallerie d’Italia
MILANO. «Il Cavaliere di Malta» emerge dal buio dello sfondo
in tutta la potenza che Caravaggio sapeva imprimere ai propri dipinti. La vividezza dell’immagine è uno dei regali che la
mostra «Restituzioni» offre al visitatore (cfr. box qui sotto).
Ne parla Michele Coppola, (nella foto, © Maurizio Tosto),
responsabile Beni Culturali di Intesa Sanpaolo e direttore
delle Gallerie d’Italia.
Quali sono le particolarità di questa edizione di «Restituzioni?
È la grande mostra delle opere restaurate nel biennio scorso, un viaggio attraverso trenta secoli di arte e cultura Italiana, un Grand Tour ideale che testimonia la maturità e la
profondità dell’impegno nel programma di Intesa Sanpaolo.
«Restituzioni» è un’iniziativa guardata con gratitudine anche
dalle Amministrazioni, perché arriva dove il mondo pubblico
non riesce a mettere in sicurezza parte del patrimonio del
nostro Paese.
Com’è nato il programma?
Per sistematicità di lavoro Restituzioni è il più importante progetto di restauro italiano. È nato nel 1989 e la mostra conclusiva dell’ultimo biennio di restauri arriva per la prima volta
alle Gallerie d’Italia di Milano. È l’unico progetto così diffuso,
capace di raggiungere in ciascuna edizione territori nuovi e di
ridare vita a protagonisti della storia dell’arte del nostro Paese, che possono così essere restituiti alla pubblica fruizione.
Elemento centrale è la selezione fatta dalle Soprintendenze
insieme ai curatori Carlo
Bertelli (cfr. intervista accanto) e Giorgio Bonsanti.
La mostra «Restituzioni»
non rincorre nessuna
spettacolarizzazione, ma
concentra la propria attenzione sulla bellezza e
sul valore artistico delle
opere, non solo quelle più
conosciute, ma spesso capolavori da scoprire.
C’è una novità: avete aperto le frontiere.
La Banca è una realtà finanziaria non soltanto italiana, è ragionevole quindi che i territori che appartengono all’attività
ordinaria di Intesa Sanpaolo siano coinvolti in un programma
così importante che riguarda le proprie attività culturali. Il
primo Paese coinvolto è la Repubblica Slovacca, di cui sono
esposti tre rilievi lignei barocchi del 1744-51, provenienti dal
Monte Calvario di Banskà Štiavnica.
Ha qualche preferenza tra le opere esposte?
«Il Cavaliere di Malta» di Caravaggio, un dipinto che si vorrebbe osservare per ore, ma potrei dire la stessa cosa delle
altre opere in mostra, ciascuna con la propria affascinante
storia da raccontare.
145 opere dall’antichità al Novecento
MILANO. Nelle Gallerie d’Italia, Gallerie di Piazza Scala dal primo aprile al 17 luglio la mostra «Restituzioni 2016» presenta per la prima volta insieme 145 manufatti tra reperti
archeologici, costumi della Commedia dell’Arte, paramenti religiosi, ma anche sculture e dipinti di autori quali Lorenzo Lotto, Perugino, Luca Giordano, Rubens, Caravaggio e Carlo
Carrà. Opere dall’antichità al Novecento, tutte restaurate nell’ambito del programma di valorizzazione e salvaguardia del patrimonio artistico di Intesa Sanpaolo (cfr. le due interviste
in questa pagina). Tra le tele, tavole, gruppi scultorei e oggetti di oreficeria esposti figurano una rara armatura giapponese conservata al Polo Reale di Torino, le cui varie parti sono
state realizzate in un periodo compreso tra la fine del XV e il XVIII secolo (nella foto, un particolare dopo il restauro), il dipinto «Madre e figlio» firmato da Carlo Carrà nel 1919, il
gruppo scultoreo del Cavaliere Marafioti risalente 420-400 a.C. e nove contenitori di vetro muranesi del XV e XVI secolo, provenienti originariamente da un convento padovano. q J.D.
Gallerie d’Italia, Gallerie di Piazza Scala, piazza della Scala 6, mar-mer/ven-dom 9,30-19,30, gio 9,30-22,30 (la biglietteria chiude un’ora prima del museo), tel. 800/167619, www.gallerieditalia.com,
«Restituzioni 2016. La bellezza ritrovata. Caravaggio, Rubens, Perugino, Lotto e altri 140 capolavori restaurati» dal 1 aprile al 17 luglio
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 8
Vedere a Milano Le mostre nelle sedi private
La triennale che c’era prima della biennale
Torna dopo 20 anni la XXI Esposizione
Internazionale della Triennale di Milano
Milano. Evento molto atteso dal mondo dell’architettura e del design, e non solo,
la XXI Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, intitolata «21st
Century. Design After Design», ritorna a vent’anni dall’ultima edizione, avvenuta nel 1996 col titolo premonitore «Identità e Differenze». In questo lasso di tempo
l’istituzione milanese ha ribadito il suo ruolo centrale nel mondo della cultura
locale e ha deciso anche di recuperare la tradizione della grande mostra triennale,
abbandonata anni fa a favore di un programma di rassegne diffuse. L’esposizione
della Triennale ha un glorioso passato che racchiude in sostanza l’intera storia
dell’architettura e del design moderni. Nata ben prima della Biennale dell’Architettura di Venezia, per tutto il Novecento è stata l’unico importante momento di
raccoglimento e riflessione sul costruire e l’abitare, in tempi in cui non era così
scontata la circolazione di idee e di immagini. La mostra si estendeva nel Palazzo
dell’Arte, progettato da Giovanni Muzio e inaugurato nel maggio del 1933 con la V
Triennale, e nel Parco Sempione su cui si affaccia, dove spesso venivano costruiti
edifici a grandezza naturale.
Nel 21mo secolo la Triennale ha deciso di occupare l’intera città, includendo una
serie di importanti luoghi espostivi milanesi. Nell’articolato programma sono coinvolte diciotto sedi che sono: Triennale (via Alemagna 6), Fabbrica del Vapore
(via Procaccini 4), Hangar Bicocca (via Privata Chiese 2), Campus del Politecnico
(piazza Leonardo Da Vinci 26), Campus della Iulm (via Carlo Bo 1), Mudec (via
Tortona 54/via Bergognone 34), Museo della Scienza e della Tecnologia «Leonardo da Vinci» (via San Vittore 21), Base (via Bergognone 34), Palazzo della «Metamorfosi Vegetali» di Francesca
Permanente (via Filippo Turati 34), Area Expo (Rho), Museo Diocesano (corso di Lanzavecchia e Hunn Wai, 2013 (Woman
Porta Ticinese 95), Headquarters Pirelli (viale Piero e Alberto Pirelli), Università in Italian Design)
degli Studi di Milano (via Festa del Perdono 7), Grattacielo Pirelli (via Fabio
Filzi 22), Accademia di Belle Arti di Brera (via Brera 28), Spazio Oberdan (via Vittorio Veneto 2), Triennale ExpoGate
(via Luca Beltrami 1) e Villa Reale di Monza (via Brianza 1, Monza), sede storica delle prime Mostre Internazionali. «21st
Century. Design After Design» non propone una visione sul futuro, ma piuttosto una decodificazione dei cambiamenti in
atto nell’architettura e nel design, soprattutto per quanto riguarda l’approccio al progetto, così profondamente mutato nei
tempi recenti. L’impatto della globalizzazione sul design, l’arrivo del XXI secolo, la relazione tra città e design, i rapporti
tra design e accessibilità delle nuove tecnologie dell’informazione e tra design e artigianato sono alcuni dei temi affrontati.
L’abitare in senso lato include istanze considerate argomenti antropologici come la morte, il sacro, l’eros, il destino, le
tradizioni e la storia, strettamente connessi all’occuparsi di architettura e design e presi in considerazione dalle 20 mostre
in programma. Un progetto di così ampio respiro necessita non più di un solo responsabile scientifico, come avveniva in
passato, ma di un nutrito gruppo di curatori per affrontare i temi delle mostre, tra questi Andrea Branzi, Cino Zucchi,
Gillo Dorfles e Pierluigi Nicolin, solo per citarne alcuni. Come nella tradizione sono presenti oltre 30 Paesi tra cui Algeria, Canada, Cina, Corea, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Kazakistan, India, Iran, Messico, Polonia, Portogallo, Russia e Singapore. Insomma è una full immersion nell’architettura e nel design da affrontare con calma, distribuita
com’è in sei mesi di esposizione. q Michela Moro
Triennale di Milano Design Museum, viale Emilio Alemagna 6, Milano, mar-dom 10,30-20,30, tel. 02/724341 www.triennale.org, «XXI Triennale
Esposizione Internazionale Milano 2016 21 Century. Design After Design» dal 2 aprile al 12 settembre
Arte liquida e gotica
MILANO. È uno degli spazi espositivi più centrali e più antichi
della città ancora da scoprire. La Fondazione Carriero è stata
inaugurata lo scorso 16 settembre, in un luogo che tutti i milanesi conoscono almeno dall’esterno: Casa Parravicini (nella
foto), uno dei pochi edifici privati di Milano risalenti al 1400,
residenza gotica in mattoni di cotto, appoggiata allo stile rococò di Palazzo Visconti di Modrone, alle spalle di piazza San
Babila. Giorgio Carriero, imprenditore e collezionista che l’ha
voluta, ha l’attitudine non profit del mecenate. La Fondazione
non include nomi di brand, non promuove né vende nulla, non
mostra le collezioni del fondatore, ma si propone come polo
di produzione artistica e culturale, con ingresso gratuito, un
luogo d’incontro e di riflessione sull’arte contemporanea. La
seconda mostra della Fondazione è dedicata a Lucio Fontana
(1899-1968) e Leoncillo (1915-1968) ed è curata da Francesco Stocchi (nella foto), cui abbiamo rivolto alcune domande.
Perché avete scelto di accostare Fontana e Leoncillo?
Bisogna attivare la storia, rileggerla. Le ricostruzioni storiche
hanno valore se nascono da indagini contemporanee, l’arte è
liquida, bisogna guardare il passato con gli occhi di oggi. Gli
spazi della Fondazione sono inconsueti, tra pubblico e privato,
e anche questo contribuisce a nuove prospettive.
In che cosa consiste la lettura inconsueta dei due autori?
Hanno un percorso parallelo e interessi simili, ad esempio parteciparono entrambi alla XXVII Biennale di Venezia nel 1954, fu
un momento importante delle reciproche carriere e ricerche,
ma associandoli risalta soprattutto quanto profonda sia stata
la loro tensione per fare emergere la forma insita nella materia,
mentre tutti gli artisti creano una forma con la materia.
Quale dinamica si è creata tra Fontana e Leoncillo?
Il rapporto è bilaterale, grazie a Leoncillo si capisce ad esempio
che cosa ha portato al taglio di Fontana: il percorso non è stato
un gesto emotivo ma il risultato di più di vent’anni di ricerca ed
è anche un’idea fortemente legata alla materia.
Perché il mercato deve ancora riscoprire Leoncillo?
È un artista intenso, individuale, le sue opere non si prestano a
spiegazioni didascaliche e non c’è narrazione opera per opera.
Non è facile perché non trasmette quiete, inoltre ha prodotto
poco contro un Fontana entusiasta dell’azione.
Entrambi utilizzano la ceramica, in che modo?
Prima di loro la ceramica era considerata un’arte minore, loro
la nobilitano operando nella scultura. Si vede nella mostra: le
opere bidimensionali di Fontana sono quadri scultorei, mentre
Leoncillo esprime una sensibilità pittorica nelle sue sculture.
Che cosa hanno in comune?
Danzano entrambi nella linea tra astratto e figurativo, sorpassando il limite della categoria e delle discipline. q M.M.
Fondazione Carriero, via Cino del Duca 4, Milano, lun-ven 11-18
(su appuntamento), sab 11-18, tel. 02/36747039,
www.fondazionecarriero.org, «Fontana, Leoncillo. Forma della materia»
dal 5 aprile al 9 luglio
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 9
Vedere a Milano Le mostre nelle sedi private
Mille sfumature di Bianco
Dal 2011 una Fondazione riscopre l’allievo solitario
di De Pisis
MILANO. Si potrebbe dire che «i gusti dei padri ricadono sui figli». Virgilio Gianni era un
imprenditore illuminato che nel 1953, grazie a De Pisis, incontrò Remo Bianco (1922-1988),
artista vicino allo Spazialismo di Lucio Fontana, al Movimento nucleare e all’ambiente culturale della Galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo. Gianni diventò il principale collezionista
e mecenate di Bianco, che sostenne tutta la vita permettendogli di seguire le molte strade
della sua poliedrica ricerca. Riccardo Gianni, figlio di Virgilio, in continuità con l’impegno del
padre e con il sostegno della sorella dell’artista Lyda Bianchi, ha costituito nel 2011 la Fondazione
Remo Bianco, dove il pubblico può riscoprire un artista intenso, curioso e profondamente legato
alla più fertile stagione artistica milanese e italiana, quella degli anni ’50 e ’60. Remo Bianco è nato
a Milano nel 1922 da una famiglia modesta. Ha frequentato i corsi serali dell’Accademia di Brera e
fu immediatamente notato da Filippo De Pisis, che rimarrà il suo maestro. L’attitudine di Bian-
co nei confronti dell’arte è sintomatica dei tempi. Dopo un debutto figurativo iniziò a esplorare
altri linguaggi e pratiche artistiche e questa predisposizione a imboccare nuove strade rimarrà un
segno della sua carriera. Pur essendo immerso nell’intensa vita culturale milanese, la sua fu una
vita da «ricercatore solitario», come si autodefinì, da battitore libero ed eclettico. Ha sempre lavorato in modo aperto, i suoi cicli si sovrappongono per materiali, tecniche e ricerche. Dalle
opere spaziali e nucleari degli anni ’50, caratterizzate da un forte impatto materico, passò
all’arte improntale, al recupero della realtà che ci circonda attraverso oggetti di poco valore
contenuti in sacchetti di plastica disposti su quadri, i «Sacchettini Testimonianze». Arrivarono
poi le opere tridimensionali, realizzate su plastica vetro e legno, i collage, che nel tempo
diventarono assemblage di cotone, jeans, velluto, ritagli di indumenti, e i tableaux dorés,
uno dei cicli più noti dell’artista e il più duraturo. Foglie d’oro su sfondi monocromi o bicolori
di materiali inattesi come la paglia, compongono espressioni di una «maturità contemplativa»,
come ha scritto Paolo Biscottini, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione con
il fine di studiare e valorizzare l’opera di Remo Bianco. Anche la scienza affascinò Bianco e
ciò si riflette in opere realizzate dagli anni ’60 con lo Sephadex (un gel chimico che divide le
sostanze secondo il loro peso specifico), nelle «Sculture Calde» e in altre sperimentazioni, tra
le quali sono anche da ricordare i «Quadri Parlanti» e le performance con la sorella Lyda,
ballerina classica. «Sicuramente mio padre era interessato all’aspetto molto eclettico e innovatore di Remo
Bianco e al fatto che le sue opere più azzardate sono sempre risolte anche esteticamente, afferma Riccardo
Gianni, inoltre aderiva in pieno alla visione dell’artista raccolta nella frase: “Certo non posso mai dire sto
lavorando a questo, sì, lavoro anche a questo, ma nel frattempo continuano dentro di me le risonanze di altri
momenti, di altri periodi che devo portare avanti”». q M.M.
Fondazione Remo Bianco, via Quintiliano 30, Milano, tel. 02/5097254 (su appuntamento),
www.remobianco.org
Androidi e opere criminali nella torre dorata
«Impronta» di Remo Bianco, 1956
MILANO. La nuova sede della Fondazione Prada è un’eccellenza cittadina. Rem Koolhaas ha trasformato l’ex distilleria
Società Italiana Spiriti combinando edifici preesistenti con
nuove ardite soluzioni architettoniche per farne risultare
differenti parti espositive. La collezione, ospitata nelle aree
perimetrali della distilleria, vanta installazioni da fare invidia
a molti musei, come quelle di Robert Gober e Louise Bourgeois nella luccicante torre dorata o il «Progetto Grottesco» di
Thomas Demand, meticoloso e dettagliato allestimento sugli
antichi Grotti. Il bar Luce progettato dal super regista Wes
Anderson, un luogo dove bere un buonissimo caffè e fare un
tuffo nell’Italia di provincia fatta di bar démodé, è diventato
immediatamente uno dei luoghi da non perdere in città. Le
mostre temporanee sono sempre in heavy rotation. Due quelle in corso: «To the Son of Man Who Ate the Scroll» è una collettiva curata da Goshka Macuga
dedicata alla storiografia dell’uomo, all’angoscia del tempo che passa, alla perdita dei riferimenti
del passato e alla riflessione di questa angoscia nel percorso artistico. Tra le opere esposte,
un androide dell’artista polacca, lavori di Alberto Giacometti, Lucio Fontana, Hanne Darboven
e molti altri. «L’Image volée» (nella foto, la locandina, © John Baldessari, 2016) è una mostra
progettata da Thomas Demand che mette in luce la bellezza nel gesto del furto e dell’appropriazione, debita o indebita, di un’immagine o di un patrimonio estetico. Tante le opere «criminali»:
il tappeto persiano rubato da Maurizio Cattelan per la mostra «Art by Telephone» a Chicago, il
quadro di Gerhard Richter trasformato in tavolino da Martin Kippenberger, la foto di Man Ray
che ritrae Duchamp contraffatta da Elaine Sturtevant, piccolo genio dell’arte della falsificazione.
Fondazione Prada, largo Isarco 2, Milano, lun-gio 10-19, ven-dom 10-21, tel. 02/56662611
www.fondazioneprada.org, «Thomas Demand: l’Image volée» fino al 28 aprile e «Goshka Macuga: To the Son
of Man Who Ate The Scroll» fino al 19 giugno
Letti, giostre e funghi giganti
3Dti tititititi patititillti sagtitiatititititititititititititititititititititititititititititititititititititititititititititi
MILANO. La mostra di Carsten Höller all’HangarBicocca intitolata «Doubt» obbliga i visitatori a decidere come affrontare il percorso e in che direzione andare. Del resto la pratica dell’artista belga
(Bruxelles, 1961), che vive e lavora tra Stoccolma,
Svezia e Biriwa (Ghana), è di riflettere sulla natura
umana e sulla possibilità di nuovi modelli abitativi. Il
pubblico è sempre coinvolto attraverso opere finalizzate a suscitare diversi stati d’animo, gioia, euforia,
allucinazioni e dubbi, per dare vita a nuove interpretazioni del reale. La scelta è per Höller il punto focale: «Puoi avere la sensazione di perderti qualcosa perché c’è sempre un’altra possibilità o c’è sempre un altro modo di percorrere la mostra»
spiega. Sono esposte opere nuove e storiche di grandi dimensioni, che ingaggiano i visitatori da
un punto di vista personale e collettivo: bisogna prendere decisioni e osservare quelle degli altri.
«Doubt» divide lo spazio in due sezioni. I visitatori per entrare scelgono verde o giallo. Le opere
sull’asse centrale dello spazio creano un muro divisorio che permette di vedere la mostra solo
a metà. Il pubblico deve ricordarla così fino al momento in cui incontra l’altra metà, percorrendo
il lato opposto. Altre opere, invece, fanno sperimentare la sensazione del volo, due letti vagano
ininterrottamente nello spazio mentre una giostra per adulti suscita sentimenti contrastanti. Vi
sono poi lavori che rimandano a esperimenti ottici, con i quali l’artista invita a guardare il mondo
capovolto, o sculture mobili che permettono di interagire con dei funghi giganti (nella foto, «Y»
di Carsten Höller, 2003. Courtesy l’artista e Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, Vienna.
Foto Attilio Maranzan, particolare). Una mostra, insomma, decisamente da esperire.
Fondazione Pirelli HangarBicocca, via Chiese 2, MIlano, gio-dom 11-23, tel. 02/66111573,
www.hangarbicocca.org, «Carsten Höller. Doubt» dal 7 aprile al 31 luglio
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 10
Vedere a Milano Le mostre nelle sedi private
Da Leonardo al primo dopoguerra
Nella Fondazione Stelline schermi olografici
e opere di Balla, Sironi, Carrà e C.
«I filosofi (I professori)»
di Ottone Rosai, 1920
© Luca Postini. Courtesy Museo del
Novecento, Milano
MILANO. Dopo la peste del 1576, nel tentativo di arginare la crisi e la miseria che stava attraversando la città, l’arcivescovo di Milano
san Carlo Borromeo, con un intervento provvidenziale prese in affitto l’ex monastero delle Benedettine di Santa Maria della Stella,
dando riparo anche a orfani, emarginati e barboni che vivevano per le strade. Negli anni seguenti nacque l’Ospedale dei Poveri
Mendicanti e Vergognosi della Stella. Alla metà del 1600 la struttura rivolgeva i suoi servizi quasi totalmente all’infanzia bisognosa
e ospitava soprattutto giovani orfane ribattezzate «Stelline» in memoria dell’antico monastero. Le Stelline sono rimaste tali e nello
stesso luogo fino al 1971, poi il palazzo, che era già stato ristrutturato nel corso dei secoli, è stato ulteriormente rinnovato e scorporato in varie istituzioni. La Fondazione Stelline, costituita nel 1986 con un accordo tra Regione Lombardia e Comune di Milano,
svolge un’attività coordinata di mostre, eventi e congressi; in trent’anni sono stati organizzati oltre trecento eventi. Fino al 22 maggio negli spazi espostivi della Fondazione è ospitata la mostra «Gallerie Milanesi tra le due guerre», curata da Luigi Sansone.
Sono esposti dipinti e sculture che riportano alla luce la vita culturale e la vivacità artistica delle gallerie milanesi nel ventennio
successivo alla grande guerra. La mostra ha un sapore storico ed esplorativo e permette di riscoprire una Milano già internazionale
in grande fermento artistico. Il periodo storico artistico preso in esame analizza l’attività delle principali gallerie milanesi tra il 1919
e il 1939; presso le loro sedi si tennero mostre di artisti che spaziavano dal tardo Ottocento al Futurismo, dal Gruppo Novecento
all’Astrattismo, dall’Aeropittura al Chiarismo sino al movimento Corrente. Le storiche gallerie, come Pesaro, Bardi, Scopinich,
Milano, Salvetti, Dedalo, Bottega di Poesia, Il Milione, Barbaroux, Micheli, Gussoni, Centrale e Mostre Temporanee, ospitavano
Balla, Carrà, Campigli, Casorati, de Chirico, De Pisis, Fontana, Funi, Guttuso, Kandinskij, Licini, Melotti, Prampolini, Rosai, Medardo Rosso, Savinio, Severini, Sironi, Usellini, Wildt e molti altri. In mostra sono esposti anche documenti che fanno
rivivere la Milano di allora e quella specifica atmosfera ricca di curiosità e lungimiranza. Fino al 18 dicembre, inoltre, la Fondazione
Stelline ospita il percorso «Leonardo racconta Leonardo» composto di tre schermi olografici attraverso cui l’artista racconta la sua
vita e le sue opere, offrendo al pubblico l’opportunità di interagire.
Fondazione Stelline, corso Magenta 61, Milano, mar-dom 10-20, tel. 02/45462411, www.stelline.it, «Gallerie Milanesi tra le due guerre» fino al
22 maggio e «Leonardo racconta Leonardo» fino al 18 dicembre
Sarah Lucas al Grand Hotel
Milano. È incredibile come dopo tanti anni di riscoperta dei luoghi milanesi, gli esploratori della Fondazione Trussardi riescano sempre a tirar fuori dal cappello una novità. L’Albergo Diurno Metropolitano
«Venezia» è un posto speciale e fascinoso, nel quale Sarah Lucas (Londra, 1962) celebre per lo sguardo
beffardo e acuto su tabù e atteggiamenti maschilisti, interviene mettendo in scena miti e stereotipi
femminili e maschili. Quando l’Albergo Diurno fu inaugurato nel 1926, su progetto attribuito a Piero
Portaluppi, era una vera modernità: oltre a bagni pubblici, barbiere (nella foto, © Filippo Poli, Courtesy
Fai), parrucchiere e manicure, comprendeva casellario postale, telefono, deposito bagagli, agenzia di
viaggio, sportello bancario, servizio di dattilografia, lavanderia e stireria per abiti, vendita di abbigliamento
e oggetti d’uso personale e persino un avanguardistico impianto di radiodiffusione. Caduto in disuso per
lungo tempo, nel 2015 è divenuto patrimonio Fai e per la prima volta nei suoi 90 anni di storia, l’Albergo
ospita un progetto site specific di arte contemporanea, realizzato grazie alla collaborazione tra la Fondazione Nicola Trussardi, Miart e Fai. Venerdì 8, sabato 9 e domenica 10 aprile si può visitare l’Albergo per
scoprire un mix di mosaici, sculture, installazioni e interventi sonori che hanno come tema principale il
corpo, la sua rappresentazione, le sue storie e gli stereotipi di cui si nutre la nostra società: un cortocircuito affascinante tra la Milano del secolo scorso e la visione pungente e dissacrante di Sarah Lucas.
Albergo Diurno Metropolitano «Venezia», piazza Guglielmo Oberdan, Milano, www.fondoambiente.it, «Sarah Lucas: Situations» dall’8 al 10 aprile
Cinquant’anni fa da Giorgio Marconi
Milano. Nella storica palazzina su tre
livelli della Fondazione Marconi viene
riproposta in versione aggiornata la
mostra inaugurale dello Studio Marconi (aperto l’11 novembre 1965), che
vedeva insieme Valerio Adami (nella
foto, «Studio per cena. Camera d’hotel»,
1967, © Valerio Adami by Siae 2015),
Lucio Del Pezzo, Mario Schifano ed Emilio Tadini. «Presentando le opere di quel
periodo dei quattro artisti allora emergenti, si vuole dare un’idea del particolare momento creativo di ciascuno, operando una
ricognizione sul passato della galleria e dei suoi protagonisti
che non ha nulla di nostalgico e celebrativo, ma che “a posteriori” non sarà priva di sorprese», dichiarano dalla Fondazione.
Lo Studio Marconi ha rappresentato uno snodo cruciale per
la realtà artistica milanese e per trent’anni ha ospitato nelle sue sale i protagonisti della scena internazionale dell’arte
contemporanea, dalle avanguardie alle nuove tendenze. Figlio di un grande corniciaio, Giorgio Marconi studiò medicina,
ma incontrando i maestri del Novecento e appassionandosi
all’arte nella bottega del padre, rinunciò all’università. Iniziò
la propria attività nel ’65, con l’apertura della galleria in via
Tadino 15. Per decenni ha rappresentato un gruppo di artisti
italiani molto attivo che includeva, oltre ai succitati, Enrico
Baj, Emilio Isgrò, Giuseppe Uncini, Mimmo Rotella, Gianfranco Pardi, artisti stranieri come Sonia Delaunay, Joe Tilson,
Louise Nevelson, Richard Hamilton e molti altri. Nel 1992,
chiuso lo Studio Marconi, è iniziata la collaborazione col figlio
Gio e con la sua Galleria Giò Marconi (nata nel 1990). Nel
2004 Giorgio Marconi ha istituito la Fondazione Marconi, che
valorizza e promuove gli artisti presenti nelle sue collezioni
anche con importanti fondi, come nel caso di Man Ray.
Fondazione Marconi, via Alessandro Tadino 15, Milano, mar-sab 1013/15-19, tel. 02/29419232, www.fondazionemarconi.org, «Adami,
Del Pezzo, Schifano, Tadini (50 anni dopo)» fino al 23 aprile
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 11
Vedere a Milano Le mostre nelle gallerie
Christian Stein festeggia cinquant’anni con una sede che fa invidia ai musei
Tra i progetti di Gianfranco Benedetti le grandi personali
di Fabro, Paladino e Paolini
MILANO. Il sito internet della Galleria Christian Stein ben
la rappresenta: senza fronzoli, chiaro e con informazioni
essenziali. Far parte del mondo Stein è appartenere a un
universo esoterico e rarefatto, che comunica al minimo per
scelta del gallerista Gianfranco Benedetti e per la storia
della galleria. Anche sulla fondatrice Christian Stein le
informazioni online scarseggiano, si sa solo che la galleria
è nata nel 1966 a Torino e che la signora Stein, che preferì
il nome del marito al suo, è scomparsa nel 2003.
Chi se la ricorda verso la fine degli anni ’90 racconta
di una donna fragile, che dava sempre l’impressione di
riusciti a recuperare tutte le opere presenti nella prima mostra
del ’64 alla Galleria Vismara. Come per le precedenti dedicate ad
Alighiero Boetti e a Jannis Kounellis, anche in questa occasione
abbiamo realizzato una mostra museale. Vengono tantissimi
giovani, del resto Fabro insegnava a Brera e molti suoi ex allievi
sono tornati più volte.
Quali sono i progetti futuri?
A seguire ci sarà Paladino, a novembre faremo una piccola
celebrazione per il cinquantesimo anniversario della galleria, che
ha aperto nel 1966. Sarà la volta di Giulio Paolini, era il prediletto
della signora Stein ed è stato felice della proposta.
Scanavino per estimatori
MILANO. L’8 aprile nella galleria Dep Art viene inaugurata una
mostra dedicata agli ultimi diciotto anni di attività di Emilio
Scanavino (1922-1986). Dopo aver gravitato in gioventù intorno al gruppo degli spazialisti milanesi di Fontana & C., l’artista genovese ha costituito in Europa e in Italia un esempio
di Informale e di Espressionismo astratto affine alle ricerche
oltreoceano. Oltre a numerose personali e antologiche in Europa e in America, nella sua lunga carriera ha partecipato a
sei Biennali di Venezia. Il suo segno pittorico più caratteristico
è una specie di «nodo» o «garbuglio», che a partire dal 1954,
quando è ancora un segno indistinto e immerso nel colore,
diventa via via più concreto, perfettamente delineato negli ultimi lavori. La mostra presenta una serie di opere sperimentali
(nella foto, «Alfabeto senza fine», 1974), meno note anche al
pubblico di estimatori. È esposta per la prima volta «Nascosto
I», un’opera del 1968 nella quale l’aspetto sperimentale è
evidente nelle geometrie e nei volumi spaziali che penetrano
o racchiudono il «nodo», aprendo nuove possibilità estetiche.
La galleria d’arte moderna e contemporanea Dep Art, fondata
nel 2006 da Antonio Addamiano partecipa alle più importanti
fiere nazionali e internazionali e tratta principalmente l’opera di artisti storicizzati. Questa mostra s’inscrive negli eventi
sparsi in città collegati all’inaugurazione di Miart. Dal 2015
la galleria ha dato il via all’archiviazione delle opere di Turi
Simeti, del quale entro la fine del 2016 sarà dato alle stampe
il catalogo ragionato delle opere su tela, curato da Antonio
Addamiano e Federico Sardella.
Dep Art, via Comelico 40, Milano, mar-sab 15-19, tel. 02/36535620,
www.depart.it, «Scanavino. Opere 1968-1986» dal 9 aprile all’1 giugno
«Nord, Sud, Est, Ovest, giocano a Shanghai» di Luciano Fabro, 1989-94. © Agostino Osio. Courtesy Archivio Luciano e Carlo Fabro e Galleria Christian Stein
essere vista da lontano. Invece era sicuramente forte,
appassionata e dalla «tenace concezione etico-professionale che
rinunciando ad aderire alle oscillazioni volubili del mercato e
delle mode, ha saputo tenere d’occhio il rapporto con gli artisti e
la storia alla quale ha partecipato, accompagnando, sostenendo e
amando l’opera di una generazione di artisti formatasi in Italia e
dal respiro internazionale», scrive Bruno Corà nel testo del
catalogo «Collezione Christian Stein. Una storia dell’arte
italiana» edito nel 2010 in occasione della doppia mostra
tenutasi presso l’Ivam di Valencia e il Museo Cantonale
d’Arte di Lugano. Fin dagli esordi la galleria lavora con
artisti che rappresentano l’arte italiana: Alighiero Boetti,
Luciano Fabro, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Francesco
Lo Savio, Piero Manzoni, Mario Merz, Aldo Mondino,
Giulio Paolini e Mario Schifano. A questi si aggiungono nel
tempo Anselmo, Zorio, Penone, Parmiggiani, Uncini e i più
giovani Domenico Bianchi e Remo Salvadori.
Gianfranco Benedetti regge le sorti della galleria dal
1985, avendo iniziato a collaborare nel 1972. Lo spazio
espositivo è recentemente raddoppiato: oltre alla galleria
di corso Monforte, accanto allo studio di Lucio Fontana,
da un paio d’anni le mostre occupano la galleria-museo
con quattro capannoni nella zona di Pero.
Perché avete scelto una sede decentrata?
Avevamo già questi spazi e li usavamo poco. In tempi non sospetti
Calzolari aveva espresso il desiderio di fare lì la sua personale. Con
L’Expo, le nuove strade, la vicinanza agli aeroporti è diventato un
luogo perfetto.
Negli ultimi sei mesi la galleria ha dedicato una
mostra a Luciano Fabro (1936-2007).
La mostra raccoglie quasi tutte le opere più importanti della sua
carriera, inclusa la ricostruzione della mostra realizzata nel ’75 a
Torino. Ci sono pezzi importantissimi, le sue «Italie» più conosciute,
i «Piedi», gli «Attaccapanni» e anche opere come «Lo Spirato» che
lui non prestava nemmeno ai musei e ora è esposto da noi. Siamo
Fate due mostre l’anno, online si trovano poche
informazioni e poche foto delle opere, siete quasi
una società segreta, come mai?
Credo sia quasi un incentivo, le nostre sono mostre di grande
respiro, museali, e vale la pena vederle dal vero e non online; mi
piace che la gente si muova, faccia un piccolo sforzo; inoltre per
comprare le opere bisogna vederle.
Lavora ancora con gli stessi artisti con i quali la
galleria ha iniziato, è una rarità in un mondo dove
tutto è fluido, anche i rapporti artista-gallerista.
Siamo fedeli, il nucleo è sempre lo stesso. Del resto questa
generazione di artisti ha cambiato il linguaggio dell’arte in
maniera radicale e sono ancora sulla cresta dell’onda. Sì, credo
siano la fiducia, il rispetto e la stima.
Guardate alle generazioni più giovani?
Certo, l’abbiamo fatto, oltre a Salvadori e Bianchi lavoriamo
con Marco Bagnoli, Paolo Canevari, Peter Wüethrich, Bernard
Frize, Christopher Wool, Josh Smith e abbiamo in programma
una mostra di Jeff Elrod. In realtà non ho tempo per seguire i
giovanissimi e mi concentro sugli artisti con i quali ho maggiori
affinità, oltre che corrispondenza generazionale.
Tra i moltissimi insegnamenti della signora Stein
qual è quello che oggi ancora utilizza?
Sicuramente quello di saper installare le opere nello spazio.
Non ha mai desiderato sostituire col suo il nome
della galleria?
Mi piace rendere omaggio alla signora Stein, del resto lavoro qui
dal 1972, ci sono abituato. Poi Christian Stein suona meglio, non
trova? q Michela Moro
Il Modernismo di Günther Förg
MILANO. Giò Marconi ha imparato il mestiere a bottega, e
che bottega. Figlio di Giorgio, rinomato gallerista con lo Studio
Marconi, nel 1990 ha aperto una nuova galleria concentrata
sulle proposte delle più giovani generazioni di artisti. Negli
anni ha presentato artisti internazionali allora poco noti in
Italia e oggi largamente riconosciuti, tra questi Franz Ackermann, John Bock, Nathalie Djurberg, Wade Guyton, Christian
Jankowski, Sharon Lockhart, Michel Majerus, Jonathan
Monk, Jorge Pardo, Paul Pfeiffer, Tobias Rehberger, Markus
Schinwald, Dasha Shishkin, Elisa Sighicelli, Thaddeus Strode, Catherine Sullivan, Vibeke Tandberg, Grazia Toderi, Atelier Van Lieshout, Francesco Vezzoli e Christopher Wool. Dalla galleria di via Tadino 15, nel 2015 si è trasferito al numero
20 della stessa strada, in uno spazio più consono ai tempi. Il
progetto architettonico è dello studio Kuehn Malvezzi. Dal 7
aprile la galleria propone «Le coppie si passano la palla», personale di Günther Förg (nella foto, «Untitled», 2004. © Filippo
Armellin, Courtesy Giò Marconi), artista tedesco scomparso
nel 2013, figura di spicco nel panorama artistico degli anni
’80 e membro di un’influente generazione che include Martin
Kippenberger, Georg Herold e Albert Oehlen. La sua ricerca
all’interno del Modernismo prende spunti pittorici dall’architettura, dalla scultura e dalla fotografia per riflettersi sia sull’esperienza individuale sia sulla memoria storica.
Galleria Giò Marconi, via Alessandro Tadino 20, Milano, mar-sab 1119, tel. 02/29404373, www.giomarconi.com, «Günther Förg»,
dal 7 aprile al 21 maggio
Galleria Christian Stein, corso Monforte 23, Milano,
tel. 02/76393301, via V. Monti 46, Pero (Mi), 02/38100316,
www.galleriachristinastein.com, [email protected],
«Luciano Fabro» fino al 10 aprile, «Mimmo Paladino» a seguire
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 13
Vedere a Milano Le mostre nelle gallerie
Tra segni, fantasmi e silueta
Bächli, Mendieta e Ansarinia da Raffaella Cortese
«The Weather» di Barbara Bloom, 2015-16,
Courtesy Galleria Raffaella Cortese
MILANO. La Galleria Raffaella Cortese è stata fondata
nel 1995 in un piccolo spazio casalingo della gallerista.
Nel 2007 si è trasferita nella sede attuale, duplicandosi
ed espandendosi fino all’ultima aggiunta nel 2015. Con
vista su strada e tre numeri civici è diventata un centro
espositivo che ben si adatta alle esigenze degli artisti
con cui lavora: Francesco Arena, Miroslaw Balka, Yael
Bartana, Keren Cytter, Michael Fliri, Roni Horn, Joan
Jonas, Kimsooja, Anna Maria Maiolino, Marcello
Maloberti, Kiki Smith, Jessica Stockholder e T. J.
Wilcox, solo per citarne alcuni.
Fino a maggio ospita contemporaneamente le personali
di Silvia Bächli, Ana Mendieta e Nazgol Ansarinia.
Svizzera, classe 1956, la Bächli realizza principalmente
lavori su carta, sperimentando tecniche e formati diversi
e sviluppando un linguaggio pittorico formalmente
immediato e minimale. La sua è una ricerca personale sulla
linea intesa come segno grafico e artistico. Realizzate tra
il 2013 e il 2015, le opere in mostra sintetizzano gli ultimi
sviluppi del suo lavoro sia dal punto di vista del colore sia
del gesto. Il titolo della rassegna «Avanti. Diventa» è tratto
dalla raccolta poetica It (1969) della scrittrice danese Inger
Christensen, che già aveva ispirato il lavoro dell’artista nel
padiglione svizzero della Biennale di Venezia del 2009. La
seconda mostra è quella di Ana Mendieta (1948-1985), che
nel 1983, anno in cui vinse il Prix de Rome per la scultura,
si trasferì da New York a Roma, città che amò per la sua
ricchezza artistica e storica. Nel periodo di residenza
presso l’American Academy in Rome, ebbe la possibilità
di sviluppare la sua tecnica scultorea allontanandosi
dalla produzione di lavori ambientali per dedicarsi alla
creazione di sculture e disegni che conservano, però, le
forme e i profili dei primi lavori, definiti comunemente
silueta. Il percorso propone alcune opere del periodo
romano, che si concluderà col ritorno a New York e la
tragica morte dell’artista, caduta dal 35esimo piano del suo
appartamento. «Paper Trail» di Nazgol Ansarinia, nato a
Teheran 1979, infine, ruota intorno a tre progetti aperti
che rispecchiano la poetica dell’artista, centrata sull’esame
e l’elaborazione della vita quotidiana di Teheran. I collage
«Reflections/Refractions» esplorano visivamente il
quotidiano attraverso forme geometriche applicate ad
alcuni lavori a specchio, mentre i «Pillars» rievocano le
colonnine neoclassiche delle architetture kitsch delle case
degli arricchiti iraniani. Figura inoltre il nuovo progetto
«Membrane»: nella costruzione di nuovi complessi
residenziali a Teheran spesso rimangono tracce sui muri
laterali delle vecchie costruzioni demolite. «Membrane»
è lo studio dei fantasmi di questi edifici, mappati
dall’artista con uno scanner 3D per ricreare un modello
tridimensionale in cui rivive parte dell’edificio distrutto.
Galleria Raffaella Cortese, via Stradella 1-4-7, Milano, mar-sab 10-13/15-18,30, tel. 02/2043555 www.galleriaraffaellacortese.com, «Silvia Bächli:
Avanti. Diventa», «Ana Mendieta» e «Nazgol Ansarinia. Paper Trail» fino al 11 maggio
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 14
L’«objet prouvé» di Christoph Radl
MILANO. «Sedere non è solo un verbo» potrebbe essere il
sottotitolo della mostra «Useless Design» di Christoph Radl
(nella foto, © Sergey Sapozhnikov) da Luisa delle Piane, una
delle storiche gallerie milanesi dedicate al design contemporaneo (e forse l’unica). La mostra inaugura durante Miart per
traghettarsi poi verso il Salone del Mobile. Radl, graphic designer nato in Svizzera, cittadino austriaco, dal 1977 residente
a Milano, realizza progetti per editori, musei e istituzioni da
Mondadori a Palazzo Grassi, dalla Pinacoteca Agnelli alla Qatar Museums Authority. A lui abbiamo rivolto alcune domande.
Com’è nata l’idea di questa mostra?
Da sempre si dice basta col design, nessuno vuole un’altra sedia! Allora ho preso 10 seggiole di Ikea, che diventano «Mystery
Chair» (nella foto, un rendering. Courtesy l’artista), ho aggiunto
un tavolo disegnato da Jean Prouvé ancora in produzione da
Vitra e ho rivestito tutto con le parole di varie canzoni che hanno a che fare col sedere, diciamo un’applicazione grafica alla
musica contemporanea.
Un’operazione concettuale a cavallo tra arte e design.
Viene trent’anni dopo la Proust Chair di Mendini, è un po’ un’operazione alla Fornasetti fatta oggi, io ho fatto il mio lavoro da
grafico e il tavolo di Prouvé è diventato un vero «objet prouvé». I
mobili sono installati e mimetizzati da una carta da parati che
confonde idee e oggetti, sono tutti pezzi unici dipinti a mano e
in vendita a basso costo. Come scrive Francesco Bonami nel
testo che accompagna il progetto: «Circondati da un panorama
di parole che ricoprono i muri sui quali il testo è ora leggibile
ora illeggibile a seconda della nostra disponibilità a farlo, tavolo e sedie si rincorrono come il remake aggiornato di una
scena di Alice nel Paese delle Meraviglie dove la poverina
si ritrova per chissà quale motivo in un mondo dove le cose
diventano parole facendo il solletico al nostro sedere quando
vogliamo riposarci sedendosi su di loro». q M.M.
Galleria Luisa delle Piane, via Giusti 24, Milano, lun 15,30-19,30,
mar-sab 10,30-13/15,30-19,30, tel. 02/3319680,
www.gallerialuisadellepiane.it, «Useless Design» fino al 30 aprile
Vedere a Milano Le mostre nelle gallerie
Fumagalli diventa milanese
Riapre il 26 maggio l’ex galleria bergamasca
Il Mediterraneo di Lagomarsino
«Via Bound» di Kenneth Noland, 1970
MILANO. La Galleria Fumagalli è stata attiva a Bergamo dal 1971, ma da maggio si trasferirà a Milano. Ubicata nella corte interna di
un palazzo nei pressi di via Turati, mira a diventare uno dei punti di riferimento e d’incontro dell’arte contemporanea nel panorama milanese. Diretta dal 2007 da Annamaria Maggi, la Galleria segue da sempre un programma storico sull’Arte informale, l’Arte
povera e l’Astrattismo. Rappresenta alcuni noti artisti del XX secolo, volgendo anche uno sguardo alle generazioni più giovani. Tra
i suoi artisti vi sono Carla Accardi, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Jim Dine, Chiara Dynys, Piero Gilardi, Jannis Kounellis,
Jason Martin, Maurizio Nannucci, Kenneth Noland, Giò Pomodoro, Mimmo Rotella, Mauro Staccioli e Gilberto Zorio. L’avventura
milanese viene inaugurata con una collettiva con Enrico Castellani, Robert Mangold, Robert Morris e Kenneth Noland, aperta dal
26 maggio al 10 settembre e curata da Hayden Dunbar, specializzato nello studio dell’Arte minimal degli anni ’60 e ’70. Considerato
uno dei più iconici minimalisti americani, Robert Morris è un grande innovatore per l’uso dei materiali e della performance e ha
sensibilmente contribuito all’idea dell’installazione contemporanea come opera racchiusa in uno spazio dotata di molteplici elementi fisici, materici e performativi. Enrico Castellani è un simbolo dell’arte italiana contemporanea nel mondo. I suoi lavori minimali dagli anni Sessanta a oggi sono caratterizzati dalla costante e analitica ricerca sulla luce, la monocromia e la ripetizione dei
pieni e dei vuoti data dalle ritmiche estroflessioni sulla tela. Il percorso comprende inoltre lavori di grandi dimensioni di Kenneth
Noland, artista americano scomparso nel 2010 che rappresenta al meglio e nei più importanti musei del mondo l’astrattismo made
in Usa. A chiudere il quartetto è infine un altro americano, Robert Mangold, nato nel 1937. Mangold traduce i fondamentali elementi formali, come la linea e il colore, in dipinti, stampe e disegni ove attraverso la semplicità delle forme esprime idee complesse. Nei suoi lavori, la superficie di ogni tela è disegnata a mano e le linee di grafite variano con modulazioni sottili di colore. q M.M.
Galleria Fumagalli, via Bonaventura Cavalieri 6, Milano, tel 348/8905781, www.galleriafumagalli.com, «Enrico Castellani, Robert Mangold, Robert
Morris, Kenneth Noland. A personal view of Abstract painting and sculpture», dal 26 maggio
MILANO. Per la sua prima personale nella galleria di Francesca Minini, Runo Lagomarsino, svedese, classe 1977,
attivo tra il Brasile e la Svezia, presenta una serie di opere
attraverso cui riflettere sui modelli di colonialismo e di dominio politico che macchiano la storia della contemporaneità occidentale. Ad aprire il percorso è un cartello con
la scritta «Deportation regime», omaggio alle ricerche del
filosofo Giorgio Agamben sul rapporto tra la sovranità e il
diritto alla vita. A dare il titolo alla mostra «L’Occidente è
ovunque guardi» è la serie di mappe fluttuanti (nella foto,
«Sea Grammar», 2015), appese sottosopra, nelle quali è
impossibile stabilire dei confini, riconoscere dei riferimenti
temporali e territoriali. Si tratta di una rappresentazione di
ciò che sta accadendo nel Mediterraneo, teatro di tragici
conflitti e di equilibri geopolitici irrisolti ed estremamente
complicati. Un tema cui allude anche un’altra delle opere
esposte «Mare Nostrum» a proposito della quale il curatore Luigi Fassi scrive: «È una vera e propria sintassi mediterranea, articolata grazie a una grammatica interna, con
la quale possiamo vedere, sentire, ascoltare questo mare.
Ecco che le ottanta immagini costruite da Lagomarsino vanno a definire un racconto del nostro mare; una sequenza
di diapositive ci permette di leggere un’interezza che lentamente si dissolve lasciando spazio a un buco che risucchia il Mediterraneo facendolo scomparire definitivamente.
Con esso scomparirebbe anche la millenaria civiltà che ha
definito e costruito il progredire del mondo e della razza
umana». q J.D.
Francesca Minini, via Massimiano 25, Milano, mar-sab 11-19,30,
tel. 02/26924671, www.francescaminini.it, «Runo Lagomarsino.
West is everywhere you look» fino al 6 maggio
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 15
Vedere a Milano Le mostre nelle gallerie
Dipingo così combatto la paura
Quadri, disegni e fotografie di Bernardo Siciliano
MILANO. Il 29 febbraio i mille metri quadrati della M77 Gallery erano gremiti di ospiti per l’inaugurazione della personale di Bernardo Siciliano, artista romano nato nel 1969 di stanza a New
York. Perfetta per Siciliano la M77 Gallery, che si pone come punto di riferimento della ricerca
artistica contemporanea con particolare attenzione alla pittura.
«Panic attack» è una mostra completa che parte dai grandi dipinti di più di due metri per arrivare ai disegni su carta e alle fotografie, illustrando chiaramente il modus operandi dell’artista,
la sua capacità di trasformare in «altro» luoghi lividi e vuoti.
Siciliano, i suoi dipinti sono garage e depositi, strade deserte e scale di metropolitana.
Racconto quello che vedo, rappresento la mia vita privata attraverso posti che conosco bene, a 100 metri dal mio
studio o da casa, nel quartiere di Brooklyn, dove vivo. Passo accanto a edifici industriali, dove i camion caricano
e scaricano, guardo e dipingo; esco dalla metro a Tribeca, guardo e dipingo; è il mio mondo, guardo Manhattan
e dipingo.
Come realizza le sue opere?
L’impianto del quadro è dal vero, solo se conosci la prospettiva e la guardi dal vivo puoi dipingere bene, se partissi dalle foto non sarebbero mai quadri per me. Io uso il paesaggio intorno a me, ma ho sempre bisogno di molto
tempo. Devo guardare la stessa cosa molte volte senza accorgermene finché un giorno l’immagine si manifesta.
Ho bisogno di tempo perché i lavori sono lenti e spesso proseguono insieme. Devo dire che oggi sono più veloce di
anni fa, anche se la figura rimane lenta per me.
Gli spazi vuoti amplificano la paura, il «Panic Attack» trasuda dai quadri.
La pratica del dipingere calma la mia ansia, mentre lavoro ho solo pratici problemi pittorici, come risolvere il
rosso o il blu o il ginocchio della ragazza. Poi l’ansia ritorna nell’immagine stessa, ma io nel frattempo ho pensato
ad altro, è un po’ una pratica meditativa.
Non dev’essere stato facile diventare pittore in un momento in cui i critici guardavano
altrove.
Le difficoltà della pittura esistono sempre, ci sono artisti più rappresentativi del mondo contemporaneo, ma la
pittura rimane un linguaggio necessario. I pittori ci sono e continuano a dipingere, la situazione non fa sempre
Bernardo Siciliano e «Panic Attack» di Bernardo Siciliano. Courtesy l’artista
piacere, ma vado avanti perché non posso fare altro. Nel mondo accademico americano i grandi pittori come
Jenny Saville, John Currin e Cecily Brown insegnano tutti perché è prestigioso, anche per gli studenti, e questo
significa qualcosa; ma non faranno mai una mostra al MoMA.
Oltre ai lavori su carta è esposta una serie di foto. La fotografia è diventata parte della
sua pratica?
Le foto parlano delle grandi solitudini, che sono sempre la mia paura, ma sono più contemplative. q M.M.
M77 Gallery, via Mecenate 77, Milano, mar-sab 11-19, tel. 02/84571243, www.m77gallery.com, «Bernardo
Siciliano: Panic Attack» fino al 21 maggio
Le emozionanti odissee di William Kentridge
MILANO. L’anima di Lia Rumma rimane napoletana, malgrado sia nata a Voghera e trascorra a Milano buona parte del suo tempo. È una delle grandi
donne dell’arte contemporanea, presente sulla scena dal 1971, anno in cui ha aperto la galleria a Napoli con una mostra di Joseph Kosuth. Da allora,
con discreto coraggio, dalla sua galleria sono passati i grandi nomi di Arte povera, Minimalismo, Land art e Arte concettuale e artisti come Alberto
Burri, Donald Judd, Robert Longo, Gino De Dominicis, Michelangelo Pistoletto, Agostino Bonalumi, Giovanni Anselmo e Gilbert & George. Nel 1999 ha
aperto un secondo spazio a Milano, nel cuore di Brera, e l’ha inaugurato con una personale di Enrico Castellani. Tra gli artisti della scuderia Rumma si
annoverano anche Shirin Neshat, Anselm Kiefer, Marina Abramovic e Gilberto Zorio, solo per citarne alcuni. Nel 2010 la galleria milanese si è spostata
in via Stilicone, in un edificio di dimensioni museali dove gli artisti possono esporre con grande respiro e ambizione. In aprile lo spazio è occupato
dalla mostra «Triumphs, Laments, and other Processions» di William Kentridge, che lavora con la galleria da molti anni. L’artista sudafricano opera
con media diversi che convogliano sempre in un unico, stupefacente risultato. Racconta tribolazioni umane, epiche odissee, differenze sociali ancora
insormontabili con una leggerezza di soluzioni estetiche impressionante. Il classico tratto a carboncino dei suoi disegni viene sovrapposto e ripetutamente cancellato nei film; nelle performance e negli spettacoli teatrali le scene sono semplici e gli strumenti musicali elementari, ma nonostante ciò i
contenuti si caricano di emozionante complessità. Il piano terra è occupato dall’installazione video a 8 canali «More Sweetly Play the Dance» del 2015
(nella foto, © Studio Hans Wilschut. Courtesy Lia Rumma, Milano e Napoli), esposta lo scorso anno all’Eye Museum di Amsterdam, mentre i piani superiori sono dedicati alla serie «Triumphs and Laments»: incisioni e carboncini sulla linea delle opere esposte all’ultima Biennale di Venezia del 2015.
Galleria Lia Rumma, via Stilicone 19, tel. 02/29000101, mar-sab 11-13,30/14,30-19, www.liarumma.it, «William Kentridge» dal 9 aprile al 12 giugno
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 16
Vedere a Milano Le mostre nelle gallerie
Arte cinematografica
MILANO. È il regista cinematografico Francesco Castellani
il curatore della collettiva «L’occhio cinematico», con cui la
galleria A arte Invernizzi indaga le affinità tra il cinema e le
arti visive. Ad accomunare le due discipline nella visione del
filmmaker sono espedienti tecnici, narrativi e stilistici come
il fotogramma, il fuoricampo, il flashback, l’ellissi, l’uso della luce e di particolari strumenti ed effetti ottico-fotografici.
Articolato nei due piani della galleria, il percorso si apre con
sculture, spazi elastici e lavori «tridimensionali» di Nicola Carrino, Enrico Castellani, Gianni Colombo (nella foto, «L’occhio
cinematico», 1964, © Bruno Bani, Courtesy A arte Invernizzi),
Dadamaino, Riccardo De Marchi e François Morellet, tutti
artisti che portano in superficie forze e tensioni nascoste, con
la stessa forza di un fuoricampo cinematografico. Proseguendo s’incontrano le pennellate modulari di Niele Toroni, che si
susseguono sulla parete come un piano sequenza. Michel
Verjux fa da raccordo tra le due parti della mostra, introducendo al linguaggio analitico e alle elaborazioni cromatiche
e plastiche di Alan Charlton, Carlo Ciussi, Lesley Foxcroft,
Mario Nigro e Pino Pinelli, in cui l’idea, o meglio, l’illusione
del movimento trasforma le singole parti in un’immagine del
tempo. Accompagna la mostra un catalogo (italiano e inglese)
con saggio del curatore e una poesia di Carlo Invernizzi. q J.D.
Fossili, meduse contemporanee
e visioni marine
Le creazioni di Roberto Bricchi e Steffen Dam nella Galleria Gracis
MILANO. Visitare la Galleria Gracis in maggio sarà entrare in uno spirito estivo con un excursus che va dai fossili alle meduse
contemporanee. «La stanza delle meraviglie: cielo, mare e terra tra illusione e realtà» fa sognare non solo visioni marine, ma
mondi lontani, terre misteriose e creature esotiche. I pezzi in mostra sono il frutto di una collaborazione a più mani tra il gallerista milanese e due illustri antiquari, Peter Petrou e Simon Cohen, ai quali si aggiunge l’artista Roberto Bricchi. Difficile
scegliere tra i pezzi, tutti particolarissimi e permeati di storie affascinanti, con i quali ognuno può crearsi un’immaginaria e
personale wunderkammer. Il leone marino dal curioso nome latino Odobenus Rosmarus Rosmarus porta benissimo i suoi 10mila
anni e non pare per nulla intimidito dalle meduse incapsulate nel vetro dell’artista contemporaneo Steffen Dam, danese
che lavora da sempre col vetro. In principio lo soffiava, ma nel corso del tempo ha iniziato a incastonare in
contenitori pieni di vetro oggetti immaginati sempre di vetro. Dam dichiara di voler descrivere ciò
che non è tangibile con i sensi di tutti i giorni. I suoi cilindri contengono specie che non esistono,
plausibili sì, ma non di questo mondo. Eppure guardando le sue meduse non si è toccati da dubbi:
sono state catturate mentre emergevano dagli abissi. Si può anche imparare qualcosa osservando i
modelli didattici di fiori di fine Ottocento o sognare ere geologicamente lontanissime che hanno prodotto sculture contemporanee come il fossile di legno di Araucaria del periodo Triassico di
240 milioni di anni fa, la Labradorite del Madagascar e il geode di Ametista dell’Uruguay. I denti di
narvalo, cetaceo artico dal dente che ricorda l’unicorno, sono ammessi: non si commette nessun peccato, hanno almeno 150 anni, mentre i pruriginosi Coco de Mer delle Seychelles sono della prima metà
del XX secolo. Le opere del milanese Roberto Bricchi sono altrettanto ingannatrici, è un’iguana, ma di terracotta e ossa di pollo, è un pesce, ma di gesso, vetro e pelle di rospo; somigliano ad animali conosciuti
ma all’improvviso ci si accorge di anomalie poetiche, di imperfezioni artistiche che creano universi
animali paralleli. Si sogna, sì, nell’interno di un palazzo milanese. q Michela Moro
In alto, «The fish». A destra, «Depilosterox», due creazioni di Roberto Bricchi
A arte Invernizzi, via D. Scarlatti 12, Milano, lun-ven 10-13/15-19,
tel. 02/29402855, wwwaarteinvernizzi.it, «L’occhio cinematico.
Arti visive e cinema oltre la soglia del visibile» fino al 4 maggio
Galleria Gracis, piazza Castello 16, Milano, tel. 02/877807, lun 15-19, mar-ven 10-13/15-19, «La stanza delle meraviglie: cielo, mare e terra tra
illusione e realtà» dal 19 maggio al 17 giugno
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 17
Vedere a Milano Gli antiquari
Camminare
su un Tintoretto
Venticinque tappeti
da Moshe Tabibnia
MILANO. Il più antico tappeto del mondo è arrivato
dalla Siberia, dov’è rimasto congelato per più di 2.500
anni, ma soltanto nel XIII secolo i tappeti fanno la
loro vera comparsa. Quando arrivarono in Europa
erano oggetti preziosi, privilegio di pochi, contenitori di parole, gesti e significati intrinsechi.
Ancora oggi i tappeti afgani contemporanei raccontano la guerra con armi e carri armati.
Ispirazione per la storia dell’arte, alcuni tappeti sono intrecciati a dipinti importanti: questo
il filo, è il caso di dirlo, che lega i tappeti della mostra «Suolo sacro» nella Galleria Moshe
Tabibnia con dipinti presenti nelle collezioni della Pinacoteca di Brera e nel Museo Poldi
Pezzoli. Uno degli aspetti interessanti della mostra è la prossimità della galleria a entrambi
i musei, cosicché il visitatore può apprezzare le due versioni, reale e dipinta, del medesimo
manufatto. Sono esposti 25 pezzi unici di grande qualità, tra questi i «tappeti dei pittori»: «Tintoretto», «Holbein» o «Lotto», il cui nome deriva dagli artisti europei che li raffigurarono per
primi, nonostante fossero stati tessuti principalmente in Anatolia in secoli lontani. I tappeti
«Tintoretto» sono fra le tipologie più classiche della produzione di Ushak, Anatolia; sia per
il colore, il rosso, sia per il disegno e la tecnica molto fine, sono i più ambiti e ricercati tra
quelli tessuti in questa località. Tintoretto, così soprannominato per via della professione del
padre che era tintore di tessuti, ritrae un tappeto che porta il suo nome ne «Il ritrovamento del corpo di san Marco» del 1562-66, oggi a Brera. La presenza di un tappeto anatolico
all’interno della «Pala di Santa Maria in Porto», dipinta dal ferrarese Ercole De Roberti
per la chiesa di Santa Maria in Porto nei pressi di Ravenna e ora esposta a Brera, testimonia la fervida attività commerciale italiana nel XIV e XV secolo, annoverando l’importazione
di sontuosi tappeti dall’Oriente. In mostra vi è il corrispondente tappeto detto «Holbein»,
proveniente dall’Anatolia occidentale, prima metà del XVI secolo. Il tappeto «Transilvano,
a doppia nicchia con bordura a stelle e cartigli», Anatolia occidentale fine XVI secolo,
di qualità museale, appartenuto a un famoso archeologo, trova corrispondenze nel dipinto
«Interno con tappeto, spada e brocca su un tavolo», eseguito nel 1666 dal fiammingo
Cornelis De Man. Mondi da scoprire, prima che la collezione si disperda negli acquisti dei collezionisti; unica certezza l’Holbein, che troverà posto nel futuro Museo del Tappeto di Brescia.
Un «tappeto Tintoretto» di Ushak, prima metà
del XVI secolo. Courtesy Galleria Moshe Tabibnia
Galleria Moshe Tabibnia, via Brera 3, Milano, mar-sab 10-19, tel. 02/8051545, www.moshetabibnia.com,
«Suolo sacro. Tappeti in pittura (Xv-XIX secolo)» dal 6 aprile al 2 luglio
Il bis di Carlo Orsi
e il genio di Canova
Milano. Visitare la Galleria Carlo Orsi vale sempre la
pena: nello spazio vellutato le opere sono poche, di altissima qualità e s’impara sempre qualcosa di nuovo. A maggior ragione se la visita è corredata da una pubblicazione
densa d’informazioni. La passione è il motore che da
sempre alimenta Carlo Orsi: «Sono felice di fare esclusivamente il mio mestiere, di riportare alla luce opere dall’oblìo.
Trovo un privilegio fantastico dedicarsi alla ricerca e allo
studio», dice Carlo Orsi (nella foto), nominato presidente
dell’Associazione Antiquari d’Italia per il biennio 201617, al secondo mandato consecutivo, risponde alle nostre
domande seduto accanto a un monumentale Canova, alto
quasi tre metri con la base. È un calco del genio giacente
(nella foto) situato sul monumento a Clemente XIII Rezzonico in San Pietro a Roma, firmato dall’artista, e visibile
anche sul retro, dettaglio importantissimo per gli studiosi.
Pur nella sua monumentalità mantiene una grazia unica,
una morbidezza sensuale che invita ad accarezzarlo, tanto
da spingere il pruriginoso papa Leone XII a rivestirlo con un drappeggio in stucco. «Non sono un
acquirente di aste, compro da mercanti e privati, spiega l’antiquario, questa scultura è rimasta
nelle mani dei proprietari fino a quando è stata esposta».
È rientrato da poco da Maastricht, dove da anni espone a Tefaf. Ha rilevato dei cambiamenti?
Tefaf è la qualità conclamata, l’unica fiera che permette di passare dalla Preistoria all’arte contemporanea con un rigore unico. Nello specifico vediamo, non solo a Tefaf, che l’antiquariato
non è più fonte di «arredamento», nessuno fa più case in stile, ad esempio, Settecento veneziano o Biedermeier. Ci si concentra sui singoli pezzi, non vanno più seggiole e tavoli ma bronzetti
oppure opere uniche e importanti. Il contatto con realtà diverse e
collezionisti di tutto il mondo ha ampliato i gusti verso una maggior
convivenza tra contemporaneo e antico, anche se a guadagnarci di
più è molto spesso il contemporaneo.
È stato rieletto presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia,
com’è la situazione italiana?
L’antiquariato è uno dei campi più controllati al mondo, in una maniera
ossessiva che una volta non esisteva: devi essere sempre perfetto con
i certificati, quindi lo Stato potrebbe partire dal presupposto che siamo
persone oneste. q M.M.
Galleria Carlo Orsi, via Bagutta 14, Milano, lun 15-19, mar-ven 10-13/15-19, tel. 02/76002214,
www.galleriaorsi.com
CARLO ORSI
PIETRO DI FRANCESCO ORIOLI (Siena 1458 – 1496)
Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista e Girolamo,
tempera su tavola centinata, 71,6 x 51,3 cm
via Bagutta, 14 – 20121 Milano
tel. +39 02 76 00 22 14
[email protected]
www.galleriaorsi.com
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 18
Vedere a Milano Le case d’asta
Miro Porro a caccia di stelle
Modigliani e Bonalumi nell’asta di maggio
MILANO. Quando si parla di aste in un Paese come il nostro è importante tener presente che il
mondo del collezionismo e l’offerta sono composti da una costellazione ricca e piena di sorprese e non solo da colossi internazionali. In questo panorama un buon posto è occupato da
Porro & C., casa d’aste nata nel 2003 per volontà di Casimiro Porro, navigatissimo dealer,
con sede milanese nei pressi della Basilica di Sant’Ambrogio. Piccoli capolavori sono passati
da qui per finire nelle mani di lungimiranti collezionisti, dalla prima asta del 2003 che presentava una collezione d’arte napoletana dal Seicento alla metà dell’Ottocento comprendente dipinti, mobili e preziose porcellane di Capodimonte, fino alle più recenti, dove sono
stati proposti importanti opere di ogni epoca con un attento occhio al contemporaneo e alle
superstar delle italian sales quali Burri, Castellani, Capogrossi, Fontana, Griffa e Scheggi. I risultati sono stati significativi, basti pensare ai due Capricci di Francesco Guardi
battuti nel 2004 per 1.167.800 euro o a «Carte de Mars par l’Eau et le Fer» di Yves Klein, aggiudicato nel 2012 per 849.800 euro. Tra il 2004 e il 2005 la moda ha occupato la casa d’aste con
le vendite delle collezioni Biki, la grande
couturiére degli anni Cinquanta imparentata con Puccini, ricca di capolavori della
pittura veneziana del Settecento, mentre
il 2005 è stato il momento della collezione
di Gianni Versace con due vendite: la prima degli arredi e i dipinti dell’abitazione
milanese, la seconda delle collezioni conservate nella villa di Moltrasio sul lago di
Como. Il successo è stato suggellato dalle
percentuali di vendita che per la prima
asta Versace è giunta al 95%. Quest’anno a
brillare nell’asta di maggio dedicata all’arte moderna e contemporanea organizzata
da Kimiko Bossi, capo del dipartimento,
saranno soprattutto due lotti. Il primo è
un Modigliani intitolato «Cariatide», stimato 130mila-150mila euro, parte di una
serie di lavori eseguiti dal pittore livornese nel 1911-13, che comprende dipinti, disegni preparatori e sculture e testimonia
l’interesse di Modigliani per l’arte greca
antica e per quella africana, con elemen«Azzurro» di Agostino Bonalumi, 1989
ti sapientemente mescolati. L’altra stella
dell’asta sarà «Azzurro» di Agostino Bonalumi del 1989, stimato 130mila-150mila euro.
Con le sue poetiche estroflessioni della tela,
Bonalumi rappresenta uno dei più desiderati
artisti sul mercato, come testimonia il suo successo negli appuntamenti internazionali, dove
si è registrato il suo nuovo record con «Bianco»
del 1966, aggiudicato nel 2014 per 626.500 euro.
Porro & Co., via Olona 2, Milano, tel. 02/72094708,
www.porroartconsulting.it, «Opere d’Arte Moderna e
Contemporanea», esposizione dal 26 maggio al 31
maggio, asta 31 maggio
Una «Cariatide» di Amedeo Modigliani
Cavaliere misterioso
Milano. Figlio del poeta Alberto Cavaliere e della scultrice ucraina Fanny Kaufmann, allievo all’Accademia di Brera di Marino Marini, Alik Cavaliere (1926-1998) è stato
uno scultore originale in grado di fondere temi e stili classici con l’irriverente linguaggio dadaista, il Surrealismo e
il bricolage. A ripercorrerne la non troppo nota vicenda è
Sotheby’s, con una piccola retrospettiva curata da Angela Vettese ed esposta in Palazzo Serbelloni. Il percorso
parte da due lavori di fine anni Cinquanta/inizio Sessanta, intitolati «Studio per giochi proibiti» e «Fine di un amore», accompagnati da alcuni dipinti che ne documentano
studio e gestazione. Seguono opere come «Cortile» del
1965-67 (nella foto) e «… e venne la pioggia» del 1968, raffinate composizioni fatte di piccoli
omini in bronzo ed elementi vegetali con cui l’artista racconta la complessità del rapporto tra
uomo e natura. Tra le più recenti sculture in mostra, che in tutto sono sette, vi è «Dafne» del
1991, dove il mito e la storia fanno la loro comparsa insieme a una visione più intimistica dell’animo umano e del mondo naturale. Per quanto riguarda invece l’altro colosso mondiale nel
settore delle aste, Christie’s, l’appuntamento è per il 5 aprile con l’unica asta italiana annuale
di arte moderna e contemporanea, nella quale saranno proposte opere di Fontana, Castellani,
Burri, Pistoletto, Scheggi, Bonalumi e molti altri tra i più riconosciuti artisti nostrani. q J.D.
Sotheby’s, Palazzo Serbelloni, corso Venezia 16, Milano, mar-gio 10-18, ven 10-13, www.sothebys.com, «Alik
Cavaliere» dal 5 all’8 aprile (inaugurazione il 4 alle 18)
Christie’s, via Clerici 5, Milano, tel. 02/3032831, lun-ven 9-13/14-18, www.christies.com, «Arte moderna e
contemporanea» 5 aprile
Arte Antica
Arte Moderna
Arte Contemporanea
via Olona 2, 20123 Milano
+39 02 72094708
www.porroartconsulting.it
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 19
Vedere a Milano Le case d’asta
Collezionisti di storie
L’esperta Silvia Berselli presenta la seconda asta di fotografie di Bolaffi
MILANO. Dalle piume di struzzo alla fotografia il passo è lungo 125 anni: piume e pietre preziose erano l’attività della
torinese famiglia Bolaffi prima che l’intraprendente Alberto
si dedicasse alla filatelia nel 1890.
Nel tempo gli interessi dell’attività si sono ampliati fino alle
Aste Bolaffi del 1990, con la prima vendita all’incanto di francobolli, cui si sono aggiunti monete, libri antichi, autografi,
antiquariato, manifesti, fotografia, vini e gioielli. In maggio
avrà luogo a Milano l’asta di fotografia: «È la seconda che
facciamo dopo l’esordio nel 2015 che ha totalizzato un soddisfacente
407.244 euro, commenta l’esperta del dipartimento Silvia Berselli, e ci sono maggiori aspettative. Proponiamo circa 300 lotti».
Oggi la linea di demarcazione tra arte e fotografia è
sempre più sottile, qual è la vostra posizione?
Credo che il percorso nelle gallerie sia il sistema migliore per essere
riconosciuti dal mercato. Quando i giovani artisti ci interpellano
ricordo loro che non è la casa d’aste il luogo più adatto per crescere
nella fotografia. Noi non vogliamo entrare in collisione con le
gallerie e la fotografia più contemporanea. Tra l’altro oggi il
paradosso è che fotografare è tecnicamente molto facile e proprio
per questo è molto più difficile trovare nuovi linguaggi e nuove
forme espressive. Quindi dare un giudizio obiettivo e valutare
quanto dureranno nel tempo, diventa complicato.
È cambiato il collezionismo fotografico? Sono cambiati
i collezionisti?
I collezionisti sono più giovani che in altri ambiti, in genere vanno
dai trenta ai cinquant’anni, anche per le foto storiche, forse perché
la fotografia è più vicina alla nostra sensibilità contemporanea.
A grandi linee ci sono due filoni di collezionismo: chi s’interessa al
fotogiornalismo sul genere di Cartier-Bresson e Robert Capa guarda
con distacco chi segue la ricerca fotografica di Man Ray e viceversa.
In tempi più recenti, però, chi lavora sulla denuncia sociale ed è più
legato a mondi come il World Press Photo,
penso ad esempio a Sebastião Salgado e
Steve McCurry, è amato per le belle foto
d’autore e le molte mostre che la gente ha
negli occhi, travalicando i generi.
Che cosa c’è in catalogo per la
prossima asta?
Una parte è dedicata all’Ottocento,
mercato ridotto ma esigente che ricerca
pezzi particolari. Abbiamo una serie direi
osé di dagherrotipi stereoscopici, che forse
una volta erano considerati pornografici.
Sono immagini positive e negative da
visualizzare attraverso doppie lenti, sono
colorate a mano, ragazze coi fiori nei
Dagherrotipo stereoscopico ottocentesco
«Tulipano triste» di André Kertesz, 1894-95
capelli, fotograficamente opere molto ben composte e riuscite.
Che cosa riserva invece il Novecento italiano?
Tra gli autori italiani più amati abbiamo Mario Giacomelli, con
quindici pezzi esaustivi del suo percorso, dalla «Buona Terra» ai
«Pretini». Luigi Ghirri è stato l’autore top lot della prima asta,
aveva decuplicato la stima e quel successo ha fatto sì che la stima
sia passata da 1.500 euro a circa 7mila/8mila, secondo tiratura
e soggetto. I lavori astratti e colorati di Franco Fontana ben
bilanciano e completano questo percorso nel paesaggio italiano.
E per quanto riguarda il mercato internazionale?
In trecento lotti la scelta è vasta. Tra tutti va sicuramente citato
il «Tulipano triste» dell’ungherese André Kertész, (1894-1985), uno
dei maggiori fotografi del XX secolo, con una base d’asta piuttosto
bassa per un lavoro del genere.
Il motto di casa Bolaffi è da sempre «Per noi la storia
è un oggetto da collezione». Sicuramente lo è anche la
fotografia.
q Michela Moro
Aste Bolaffi, via Manzoni 7, Milano, tel. 02-89013452,
www.astebolaffi.it, «Asta di Fotografia» 17 maggio
ASTE BOLAFFI
FOTOGRAFIA
Milano, 17 maggio 2016
Vendita all’asta di fotografie d’autore
di Berenice Abbott, Manuel Alvarez Bravo, Gabriele Basilico,
Elliott Erwitt, Nan Goldin, Steve McCurry, Helmut Newton,
insieme con un’ampia selezione
dei maestri Mario Giacomelli e Luigi Ghirri.
Spazio Bigli - via Bigli, 11/a
Esposizione da sabato 14 maggio
Aste Bolaffi ricerca arredi e dipinti, libri rari,
fotografia, vini, gioielli e manifesti.
I nostri esperti sono a disposizione
per l’esame e la valutazione
di oggetti di pregio da inserire nei cataloghi
delle prossime vendite all’asta.
[email protected] 011.557.63.72
Per informazioni e richieste catalogo:
Milano, Silvia Berselli [email protected] 02.49.48.88.63
Torino, Chiara Pogliano [email protected] 011.55.76.339
www.astebolaffi.it
Siamo
presenti a
Luigi Ghirri
Lido di Spina, 1973
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 20
Vedere a Milano Le case d’asta
Un po’ casa d’aste e un po’ art advisory
La nuova Finarte punta sui mercati finanziario, medio-piccolo e online
e fissa a maggio i prossimi appuntamenti
MILANO. Finarte nasce nel 1959 e rinasce nel 2015. Era
stata fondata dal banchiere milanese Gian Marco
Manusardi per assistere collezionisti e operatori del
settore nell’acquisto e nella vendita di opere d’arte. Fu una
delle prime società al mondo a lavorare su finanziamenti
in un campo che, all’epoca, non aveva alcun credito
presso le istituzioni bancarie. La linea della casa d’aste
era di puntare l’attenzione su aste specialistiche che
oltre all’arte di ogni epoca includessero tutti i settori del
collezionismo: dalla numismatica ai gioielli, agli argenti
e alle porcellane. Dopo una lunga storia e vicissitudini
economicamente sfortunate, il marchio storico è tornato
alla ribalta: una cordata di amici internazionali e operanti
in settori diversi lo ha rilevato dopo il fallimento,
dichiarato dal Tribunale di Milano nel 2012, con l’intento
di occupare la fascia intermedia tra le grandi case
internazionali e il medio-piccolo mercato di provincia.
L’idea è di affiancare l’attività di casa d’aste a quella di
art advisory indirizzata verso il sistema bancario e il
mercato finanziario in generale. Finarte ha aperto le porte
dei nuovi uffici milanesi nel novembre 2015, nel cuore
di Brera, ed è stata accolta come una vecchia conoscenza,
dando il segnale di come i brand italiani siano più forti
delle proprie vicende. «Vogliamo essere degli intermediari
senza dover difendere delle posizioni, usando il linguaggio della
Borsa, aveva dichiarato il nuovo presidente Giancarlo
Meschi, vorremmo aiutare il mercato a seguire le passioni, le
valutazioni artistiche dei collezionisti che non necessariamente
sono interessati a rincorrere un mercato speculativo. Vogliamo
svecchiare l’immagine del mercato tradizionale e guardiamo
con grande attenzione al mercato online». Le offerte sono
Finarte, via Brera 8, Milano, tel. 02/36569100, www.finarte.it
raccolte online, i cataloghi tutti digitalizzati e le
aste si svolgono in sala. La prossima asta di Arte
moderna e contemporanea è mercoledì 11 maggio
nel Palazzo della Permanente, a Milano, già sede delle
aste autunnali. Tra le opere all’incanto, un singolare
mosaico degli anni Trenta di Atanasio Soldati valutato
70mila-90mila euro. Nelle settimane successive si terrà
una vendita di fotografia, soprattutto del ’900, con
particolare attenzione alla modalità della timed auction,
asta online a tempo con data di apertura e di chiusura.
La prima tornata di aste dedicate all’Arte antica, all’Arte
contemporanea e del XX secolo ha registrato per il 2015
un risultato di 2,5 milioni di euro, raccolti in gran parte
dall’Arte Contemporanea. In testa alla top ten i classici
preferiti di questi anni: al primo posto Enrico Castellani
con «Senza titolo (Superficie blu)» del 1961 (inchiostro e
cera su tela), aggiudicato per 363mila euro, seguito da
Giorgio de Chirico con «Piazza d’Italia» di metà anni
1950 venduto per 267mila euro, al terzo posto Mario
Schifano con «Pittura» del 1959 (cemento su tela) venduto
per 93mila euro. All’epoca avevano dichiarato da Finarte:
«I risultati delle aste di arte del XX secolo e di arte contemporanea
ci incoraggiano, perché dimostrano come il mercato abbia risposto
in modo positivo alla nostra offerta che è la prima del nuovo corso
di Finarte». Si aspetta l’asta di maggio per vedere come
l’équipe di esperti (composta da Camilla Prini, capo
dipartimento Arte moderna & contemporanea, Michele
Danieli, capo dipartimento Dipinti antichi, Marco
Bertoli, capo dipartimenti Dipinti XIX secolo, e Roberto
Mutti, capo dipartimento Fotografia) ha affrontato il
secondo passo della rinata Finarte. q M.M.
«Senza titolo» di Atanasio Soldati, anni Trenta (particolare)
Carlo Nangeroni
Elementi a luce variabile, 1975
Acrilico su tela, 157 x 123 cm
ASTA DI ARTE MODERNA
E CONTEMPORANEA
11 maggio 2016 | La Permanente, Milano
In vista della nostra asta primaverile,
siamo a disposizione per una valutazione
gratuita e confidenziale delle vostre opere d’arte.
Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea
Via Brera 8, 20121 Milano | T. +39 02 3656 9105
[email protected] | www.finarte.it
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 21
Vedere in Lombardia Brescia
I musei bresciani fanno quadrato
Gli effetti della direzione di Luigi Di Corato sulla Fondazione Brescia Musei
BRESCIA. Dal 2014 Luigi Di Corato è il direttore
della Fondazione Brescia Musei (www.
bresciamusei.com), un complesso sistema
museale che raccoglie il Museo di Santa
Giulia, Brixia-Parco Archeologico di Brescia
romana (entrambi patrimonio Unesco), la
Pinacoteca Tosio Martinengo, il Museo
delle Armi Luigi Marzoli e il Museo del
Risorgimento.
Direttore, qual è la sua visione per Brescia
Musei e quali sono i primi risultati?
È un progetto culturale a 360 gradi sul ruolo del
museo, che dev’essere un attore dello sviluppo collettivo al servizio
della società e non un contenitore di eventi temporanei. Le mostre
sono parte del museo, ma al suo interno. Lavoriamo cioè per produrle
e non per acquistarle. Parallelamente costruiamo un percorso di
professionalizzazione dei lavoratori di Brescia Musei. Abbiamo già
prodotto un ciclo di mostre sul Rinascimento oltre a «Roma e le genti
del Po» e «Chagall. Anni russi 1907-1924», con l’intervento di Dario Fo,
(terminate queste ultime due il 15 febbraio scorso).
L’amministrazione è interessata e attenta?
Il sindaco e il vicesindaco hanno la cultura come priorità cittadina,
sanno che è un asset strategico. Caso più unico che raro non ho mai
subito tagli. Lavoriamo sul nostro patrimonio secondo una logica (forse)
poco italiana: ci riuniamo ogni 10 giorni con le altre istituzioni facendo
quadrato sulla progettazione integrata.
Quali sono le priorità?
La prima è il «software», restituire ai cittadini il loro patrimonio con un
accesso garantito; sono particolarmente orgoglioso dei 50mila ragazzi
delle scuole che hanno partecipato ai nostri laboratori didattici, ad
esempio. Il secondo è l’«hardware», ovvero, rendere i musei piacevoli e
accoglienti, penso al riavvio della Pinacoteca Tosio Martinengo, chiusa
dal 2009. Stiamo anche facendo un gran lavoro sul parco archeologico
insieme al Comune di Brescia, la Soprintendenza e il Ministero, in un
circolo virtuoso con standard internazionali.
La prossima sfida è la mostra al Museo di Santa Giulia
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 22
con l’installazione di Christo sul lago d’Iseo.
È un progetto importante, prodotto da noi e realizzato con competenze
interne, con sponsorizzazioni e collaborazioni, in primis quella del
Comitato Promotore presieduto dell’instancabile Umberta Gussalli
Beretta. È un lavoro coordinato sul territorio, anche il lago sarà
presidiato ad hoc.
Altri progetti realizzati?
«SubBrixia-Arte in metro», la metropolitana che attraversa Brescia per
15 chilometri (con 17 stazioni), che ha cambiato la mobilità cittadina.
Gli artisti Rä di Martino, Marcello Maloberti, Francesco Fonassi, Patrick
Tuttofuoco ed Elisabetta Benassi hanno lavorato in alcune fermate
creando installazioni apposite con linguaggi diversi, raccontando una
storia dove l’unico filo conduttore è la nostra metro e la nostra città.
Brescia fa viaggiare le sue opere più importanti
Fino a giugno 2017, in concomitanza con il restauro della Pinacoteca
Tosio Martinengo, 35 opere della collezione viaggeranno per l’Europa
con la mostra «Brescia. Il Rinascimento nel Nord Italia. Moretto, Savoldo,
Moroni. Raffaello, Tiziano, Lotto» in tre tappe: al Museo Nazionale di
Varsavia, al Kansallis Museo (Museo Nazionale di Finlandia) di Helsinki
e al Rijksmuseum Twenthe di Enschede in Olanda. q Michela Moro
Il Coro delle Monache del Monastero di San Salvatore-Santa Giulia. In alto a sinistra Luigi Di Corato
Vedere in Lombardia Brescia
Il nuovo miracolo annunciato di Christo
Un’installazione sul lago d’Iseo e una mostra nel Museo di Santa Giulia
BRESCIA E LAGO D’ISEO. Camminare sulle acque, passeggiando a piedi nudi sul lago d’Iseo, è uno degli ultimi interventi di Christo,
che insieme a Jeanne-Claude, scomparsa nel 2009, ha costituito quel duo unico e perseverante cui è dedicata una mostra nel
Museo di Santa Giulia. L’artista bulgaro naturalizzato americano, nato nel 1935, torna in Lombardia, dove già nel 1970 in piazza
Duomo e in piazza Scala a Milano aveva impacchettato i monumenti di Vittorio Emanuele e Leonardo da Vinci. «Ho vissuto in Europa
dal 1958 al 1964 e ho visitato bene i laghi italiani, dichiara Christo, l’Iseo è un lago unico, al centro c’è Monte Isola, dove vivono 2.000 persone che
potranno quotidianamente camminare sulle acque insieme ai visitatori. Abbiamo scelto i giorni più lunghi dell’anno, dal 18 giugno al 3 luglio, per
permettere alle persone di percorrere “The Floating Piers” 24 ore al giorno, senza interruzione. Sarà un camminamento di 3 chilometri da Sulzano a
Monte Isola (includendo l’isola di San Paolo) coperto di un tessuto arancione, si avrà sui piedi
il fluire delle acque». Dal 7 aprile al 18 settembre, inoltre, il Museo di Santa Giulia
ospita la mostra «Christo and Jeanne-Claude. Water Projects», che racconta
come nel corso di cinquant’anni di carriera la coppia abbia lavorato su progetti
legati a paesaggi segnati dalla presenza di mare, fiumi, laghi e oceani. «Vogliamo
offrire al grande pubblico la possibilità di utilizzare al massimo il museo. Esponiamo disegni
e foto di 30 progetti (opere realizzate e non) e i 7 progetti connessi al tema dell’acqua, racconta Germano Celant, curatore dell’intero progetto; non è una mostra passiva:
esporremo anche tutto il working process dei «Floating Piers», raccogliendo le immagini che
il pubblico scatterà». Attraverso oltre 150 studi, disegni e collage originali, modelli in scala, fotografie dei progetti realizzati, video e film relativi, si svela
un mondo in cui sì c’è bisogno di fortuna, come dice Christo, ma c’è anche una
capacità di visione e di tenuta non comune: «Ho realizzato nella mia carriera 22 progetti, 37 non hanno preso ancora vita, spiega l’artista, ma con Jeanne-Claude dicevamo che
«The Floating Piers» di Christo, 2014.
bisogna sempre riprovare con qualche vecchio progetto, rileggerlo con occhi diversi. Il legame
© Christo, foto di André Grossmann
contemporaneo tra arte e tecnologia è fonte di nuove esperienze, anche se cerchiamo di avere
sempre dei progetti tecnicamente abbastanza semplici per non aver troppi legami. Questo ad esempio utilizza una tecnologia impensabile negli anni
’70: abbiamo un’illuminazione a batterie che permette ai visitatori di camminare tutta la notte». q M.M.
Museo di Santa Giulia, via dei Musei 81/b, Brescia (Bs), mar-mer/ven 9,30-17,30, gio 9,30-22, sab-dom 9,30-19, tel. 030/2977834,
www.bresciamusei.com, www.mostrachristo.bresciamusei.com, «Christo and Jeanne-Claude Water Projects» dal 7 aprile al 18 settembre.
The Floating Piers, Project for Lake Iseo, Lago d’Iseo, dal 18 giugno al 3 luglio www.thefloatingpiers.com
Vetri, rovine e vedute
BRESCIA. Palazzo Martinengo è uno dei molti palazzi della famiglia Martinengo nel centro di Brescia, di fronte all’area archeologica del Capitolium.
La prima fondazione risale all’XI secolo. La struttura attuale è in gran parte
seicentesca, con tracce medievali nel portico e rinascimentali nella cappella
del vescovo di Famagosta Mattia. Tra gli ospiti illustri si annovera Ugo Foscolo, che venne qui a conoscere la contessa Marzia Martinengo. Museo
dagli anni Novanta, ha ospitato mostre su Arturo Benedetti Michelangeli,
Cagnaccio di San Pietro, Andy Warhol, Adolfo Wildt e altri. Ora è di scena
una retrospettiva sui vedutisti veneziani, soprattutto i tre più grandi: Canaletto (nella foto, «Il molo, Palazzo Ducale e il campanile di San Marco»), Bellotto e Guardi. Il percorso cronologico è suddiviso in
10 sezioni arricchite da vetri di Murano di Maria Grazia Rosin, tra cui l’installazione «Gelatine Lux», esposta alla 53ma Biennale
di Venezia. Chiude la mostra la sala «Venezia teatro della vita», con dipinti con scene di vita quotidiana ambientate in campi e
campielli, tra le calli e i canali della città.
Palazzo Martinengo, via dei Musei 30, Brescia, mer-ven 9-17/sab-dom 10-20, tel. 327/3339846, www.amicimartinengo.it, «Lo Splendore di
Venezia: Canaletto, Bellotto, Guardi e i Vedutisti dell’Ottocento» fino al 12 giugno
Kenna analogico
BRESCIA. Specializzata nel
settore della grafica mitteleuropea tra Otto e Novecento, con una predilezione per
l’area austriaca, tedesca e
cecoslovacca, la Galleria
dell’Incisione ha aperto nel
1972 grazie a Chiara Fasser.
Sin dall’inizio ha proposto
artisti importanti moderni e
contemporanei come Otto
Dix, George Grosz, Karl Hubbuch, Max Klinger, Richard Müller e Rudolf Schlichter,
contribuendo anche a valorizzare autori allora poco conosciuti in Italia. La galleria dà inoltre spazio ad artisti di
generazioni più recenti nonché a collezioni di xilografie
giapponesi. Negli ultimi anni ha iniziato a guardare con
interesse anche alla fotografia, esponendo autori come
Martine Franck, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando
Scianna, Enzo Sellerio, Elliott Erwitt e Steve McCurry.
Fino a maggio è in corso la personale di Michael Kenna «Conversazioni col Paesaggio». Inglese, classe 1953,
considerato tra i più autorevoli fotografi della scena internazionale, Kenna continua a lavorare con la pellicola, in
analogico. I soggetti ricorrenti sono ponti, nuvole, fabbriche, stazioni, alberi, fontane, tutti rigorosamente in bianco
e nero; gli scatti vengono realizzati con lunghe esposizioni,
privilegiando le atmosfere dell’alba, del tramonto e della
notte. L’uomo è completamente assente e la sua presenza è semplicemente suggerita dall’atmosfera metafisica.
La mostra include una cinquantina di fotografie realizzate
in Giappone e in Cina dagli anni Novanta a oggi e alcuni
lavori europei e americani (nella foto, «Torii Gate, Study 2,
Shosanbetsu, Hokkaido, Japan», 2014. Courtesy Michael
Kenna). Il 30 aprile ha luogo in galleria un incontro con
Michael Kenna, che oltre a presentare la mostra, firmerà le
copie del catalogo Forms of Japan edito da Prestel.
Galleria dell’Incisione, via Bezzecca 4, Brescia, mar-dom 17-20,
tel. 030/304690, www.incisione.com, «Michael Kenna.
Conversazioni col Paesaggio» fino al 20 maggio
Michael
Kenna
Gli archetipi di Tiziana De Palma
BRESCIA. Via Moretto è una lunga via che attraversa il cuore della città passando vicino
alla chiesa quattrocentesca di Santa Maria dei Miracoli (a due passi dalla stazione) per
arrivare fino alla piazzetta della Pinacoteca Tosio Martinengo, ricca di opere recentemente
valorizzate. In questo contesto colmo di storia nasce la galleria Ramera Arte Contemporanea con l’obiettivo di promuovere e divulgare la creatività contemporanea. Recentemente
ha rinnovato i propri spazi, inaugurando con una collettiva di Maurizio Battaglia, Franco
Franchi, Marco Paghera, Gianfranco Silvestrin e Tiziana De Palma, con i quali c’erano già
state collaborazioni presso sedi temporanee sul territorio bresciano. Una di queste, intitolata «Di Forme», venne ospitata nel Convento dei Servi di Maria della Santissima Annunciata
di Rovato, enorme edificio che si vede viaggiando in treno sull’altura sopra Rovato quando
ci si avvicina alla città di Brescia. Il 15 aprile Tiziana De Palma presenta una personale in
via Moretto. Foggiana residente a Brescia, nata nel 1970, l’artista focalizza il suo interesse
sulla concretezza dei materiali e sulla necessità di esplorare gli archetipi naturali e le forme pure, il cerchio, il quadrato, il triangolo, utilizzando colori primari e simboli primordiali, delineati con la pittura o scolpiti in modo essenziale (nella foto, una sua opera).
Ramera Arte Contemporanea, via Moretto 2/b, Brescia, mar-ven 16-19, sab 10-12,30/16-19, tel. 393/0092746,
www.rameraartecontemporanea.it, «Tiziana De Palma» dal 15 aprile
Dal 2 aprile al 20 maggio 2016
Il 30 aprile Michael Kenna sarà in galleria per la
firma del suo ultimo libro “Forms of Japan”.
Via Bezzecca, 4 - Brescia
Tel. 030 304690
www.incisione.com
Via Moretto, 2B BRESCIA Tel +39 393 00 92 746
E-mail: [email protected]
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 23
Vedere in Lombardia Brescia e Bergamo
John Hilliard con uno scoiattolo
BRESCIA. Massimo Minini ha aperto la prima galleria nel
1973, guardando all’Arte concettuale, all’Arte povera e al
Minimal. Nel tempo la lista si è allungata fino a contenere i temi più urgenti dell’arte contemporanea e quasi tutti i
nomi di rilievo internazionale come Ettore Spalletti, Jan Fabre, Anish Kapoor, Alberto Garutti, Salvo, Luigi Ontani, Maurizio Cattelan, Boetti, Accardi, Fabro, Paolini, LeWitt, Graham,
Buren e anche Yona Friedman, Peter Halley, Ghada Amer e
Tino Sehgal. Per illustrare la mostra dedicata a John Hilliard,
artista concettuale britannico nato nel 1945, non c’è niente
di meglio che le parole del gallerista, eccellente raconteur:
«John pratica da sempre una fotografia ambigua. A prima vista non si capisce bene cosa stia succedendo. Il suo lavoro
ha bisogno di tempo per essere capito, minimi spostamenti
di immagine e di senso si sovrappongono lentamente a formare l’immagine finale del lavoro, ammesso che ne esista una, non due, tre. John sposta le grandi e le piccole fotografie nel suo studio.
Le guardiamo e commentiamo una a una. Mi accorgo che molte formano una coppia, ogni lavoro
rimanda a un secondo, o forse viceversa. Gli comunico questa mia impressione. Man mano che le
opere si mostrano, sempre più «coppie» appaiono: due uomini su una soglia, ma in tempi e pose
leggermente diversi; due castelli sulla collina; due cavalli nella brughiera. Questa storia comincia
a intrigarmi. Propongo che la mostra (e il libro) si basino su questo dualismo. Mentre spostiamo
opere uno scoiattolo entra e mangia briciole per terra. Parto con questo racconto di opposti in
testa. John ci deve pensare. Alla fine anche lui é convinto. A volte uno sguardo esterno porta una
lettura che sorprende persino l’autore» (nella foto, «Having arrived by land, by air, by sea», 1975).
Galleria Massimo Minini, via Apollonio 68, Brescia, lun-ven 10,30-19,30, sab 15,30-19,30,
tel. 030/383034, www.galleriaminini.it, «John Hilliard. Town and Country» fino al 30 aprile
Dal Messico a Porto Cervo
BRESCIA. Paci Contemporary è stata fondata nel centro di Brescia nel 2004 da Giampaolo
Paci, giovane gallerista proveniente dall’allora innovativo mondo dell’arte in tv. La galleria
espone opere di artisti storicizzati ed emergenti, dedica particolare attenzione al medium
fotografico, spazia dalle nuove tecnologie alla complessa struttura delle video installazioni
ed è parte di Aipad (Association of International Photography Art Dealers), l’associazione
internazionale di gallerie di fotografia.
Gli artisti esposti nel corso degli anni
denotano una predilezione per la fotografia: Jerry Uelsmann, Phil Borges,
Mario Cravo Neto, Les Krims, Arthur
Tress, Clark&Pougnaud e Maggie
Taylor. Paci Contemporary è presente in numerose fiere di arte contemporanea italiane e internazionali e ha
inoltre aperto uno spazio «estivo» a
Porto Cervo, in Costa Smeralda, dove
sono allestite esposizioni stagionali per collezionisti in vacanza. Dal 2
aprile la sede di Brescia ospita la mostra «Mexico» di Maurizio Galimberti
(nella foto, «Tempio Maya, museo di
antropologia, 18/02/2009». Courtesy
Paci Contemporary), fotografo comasco nato nel 1956. Il suo lavoro è caratterizzato dalla
creazione di un mosaico visivo di immagini congiunte, la definizione che dà di se stesso è:
«poeta della Polaroid» o «Instant Polaroid artist». «Mexico» è un viaggio fisico e mentale in
cui il fotografo applica la propria tecnica di scomposizione e assemblaggio delle immagini.
Galleria Paci Contemporary, via Trieste 48, Brescia, mar-sab 10-13/15,30-19, tel. 030/2906352
www.pacicontemporary.com, «Maurizio Galimberti: Mexico» dal 2 aprile al 30 settembre
Le anatomiche deformazioni del giovane Boezio
BRESCIA. La Galleria E3 Arte Contemporanea ha inaugurato la sua
attività nel maggio 2014, a due passi dal complesso monumentale
di Santa Giulia e dal Capitolium. Finora ha esposto autori italiani
come Agostino Bonalumi, Dadamaino, Paolo Scheggi, Alberto Biasi,
Marcello Morandini e Ugo La Pietra. Fino al 7 maggio è di scena la
personale di Alessandro Boezio (nella foto, «Rebis»), artista bresciano, classe 1983, che utilizzando diversi materiali realizza parti anatomiche assemblate in modo surrealistico e grottesco. Pur andando in
diverse direzioni, la sua opera mantiene un legame saldo e distinto
con la scultura tradizionale, che però supera attraverso i mutamenti
di scala, la deformazione e modificazione anatomiche dei soggetti
prescelti, la ricerca di materiali contemporanei e di nuove idee di allestimenti. Boezio ha esposto in importanti istituzioni pubbliche come
il Macro e la Pelanda a Roma, il Museo Pino Pascali a Polignano a
Mare (Ba), oltre ad aver partecipato alla collettiva «100 Curators 100
Days» alla Saatchi Gallery di Londra.
E3 Arte Contemporanea, via Trieste 30, Brescia, gio-sab 15,30-19,30, tel. 339/4822908,
www.e3artecontemporanea.com, «Alessandro Boezio: Archetype Apotropaic», fino al 7 maggio
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 24
Stagioni e ragioni
Nella Gamec le fotografie di Ryan McGinley
e le installazioni di Rashid Johnson
Bergamo. Dal 1991 la Gamec, Galleria
d’arte moderna e contemporanea di
Bergamo, è il punto focale dell’arte contemporanea in città, accostando alla collezione
permanente una fitta programmazione di
mostre temporanee che nel tempo hanno
coinvolto dagli artisti bergamaschi ai nomi
più interessanti della scena internazionale.
Situato nell’ex monastero delle Servite e
delle Dimesse, già sede del 5° Reggimento Alpini, l’edificio è stato recuperato alla
funzione attuale grazie al restauro dell’architetto Vittorio Gregotti realizzato dal
Comune di Bergamo e dal Credito Bergamasco ed è connesso al Parco Suardi con una
passerella in fase di progettazione. Il Museo
si trova di fronte all’Accademia Carrara,
della quale costituisce un ampliamento
formatosi grazie ad acquisti, lasciti e depositi di privati. Allestita in dieci sale su tre piani
per un totale di circa 1.500 metri quadrati,
la collezione permanente è divisa in quattro
nuclei principali: la Collezione Manzù, la
Raccolta Spajani, la Raccolta Stucchi e la
sala Caleidoscopio. Comprende sculture,
dipinti e disegni di artisti italiani e stranieri del Novecento, un nucleo di modelli per
medaglie donati da Vittorio Lorioli, acqueforti di Trento Longaretti, incisioni di Gio- «Fatherhood» di Rashid Johnson, 2015.
vanni Fattori e Carlo Carrà, due ambienti © l’artista. Foto Alex Delfanne. Courtesy l’artita e Hauser && Wirth
futuribili di Joe Colombo e un archivio di
623 fotografie. La galleria ospita anche opere di disegno industriale, come le creazioni di Pio
Manzù «Parentesi» e «Fiat 127». Nella Raccolta Spajani sono compresi piccoli capolavori di Vasilij
Kandinskij, Umberto Boccioni, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Giorgio Morandi e
Giacomo Balla. Per quanto riguarda le esposizioni temporanee, fino al 15 maggio si può visitare
la personale di Ryan McGinley intitolata «The Four Seasons». L’artista americano utilizza la fotografia per analizzare le tematiche della giovinezza, della libertà, dell’edonismo, degli eccessi,
dello spirito vitale e del rapporto tra uomo e natura, creando opere ricche di forza, attrazione e
fascinazione. Il percorso include oltre quaranta lavori di medio e grande formato selezionati
dal curatore Stefano Raimondi. Nelle stesse date si può inoltre ammirare «Reasons» di Rashid
Johnson, personale il cui titolo, che tradotto significa ragioni, allude ai motivi che spingono
l’autore a generare l’opera. L’artista, nato a Chicago nel 1977, presenta dipinti, video, sculture
e installazioni. Nelle sue opere, materiali del passato della cultura afroamericana si assemblano
per diventare oggetti di una narrazione di più ampio respiro. q Michela Moro
Gamec. Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, via San Tomaso 53, Bergamo, mar-dom 9-13/15-18,
tel. 035/270272, www.gamec.it, «Ryan McGinley» e «Rashid Johnson» fino al 15 maggio
Il conte e l’Accademia
BERGAMO. L’Accademia Carrara fu istituita nel 1794
come Pinacoteca e Scuola di Pittura su iniziativa
del conte Giacomo Carrara (1714-1796), mecenate
e raffinato collezionista, per ospitare la sua vasta
raccolta di dipinti, poi ricevuta in eredità dalla città
di Bergamo nel 1796. Da allora l’Accademia ha visto aumentare la propria collezione grazie ai lasciti
di importanti collezionisti privati e oggi consta di
1.796 dipinti dal XV al XIX secolo (tra cui opere di
Pisanello, Beato Angelico, Botticelli, Bellini, Carpaccio, Mantegna, Dürer, Pieter Brueghel il Vecchio, Raffaello, Baschenis, Fra Galgario, Tiepolo, Canaletto e
Piccio), 130 sculture, 777 disegni, 7.600 stampe e
60 ventagli, ma non è tutto. Il nome Accademia non
è casuale: nel legato ereditario del conte Carrara vi
era specifica volontà di dare spazio anche alla formazione di artisti con una scuola di pittura e scultura. Tale scuola è diventata l’Accademia di Belle Arti. Recentemente ristrutturata,
la Pinacoteca è stata restituita alla collettività nel 2015 con le sue 28 sale che includono,
tra l’altro, un nucleo di Lorenzo Lotto e la ritrattistica cinquecentesca con Moroni protagonista. Per visitarla in modo intelligente è consigliabile seguire uno dei percorsi suggeriti dal
sito del museo, che propone scelte interessanti e ironiche. Seguendo criteri contemporanei, che permettono di scoprire nuovi dettagli, le opere sono raggruppate in nove sezioni:
Capolavori, Lorenzo Lotto, Giovan Battista Moroni, Moda, Volti, Santi, Donne, Paesaggi
e vedute, Amori (nella foto, «San Sebastiano» di Raffaello Sanzio, 1501-02 ca, Courtesy
Accademia Carrara).
Accademia Carrara Pinacoteca di Bergamo, piazza Giacomo Carrara 82, Bergamo, mar-dom 10-19,
tel. 035/234396, www.lacarrara.it
Vedere in Lombardia Bergamo
In Banca matura l’interesse per l’arte
Da due anni e mezzo e con appuntamenti mensili
UBI presenta al pubblico artisti e opere della propria collezione
BERGAMO. A Bergamo si entra in banca anche solo per
vedere la novità e l’ingresso è per tutti. La UBI-Banca
Popolare di Bergamo nel 2014 ha inaugurato l’iniziativa
Art Up, che sta riscuotendo un ottimo successo: ogni
mese un’opera della collezione della banca viene esposta
nell’atrio della sede centrale di piazza Vittorio Veneto,
accompagnata da una cartolina compatta di spiegazioni
chiare. «Siamo già al trentesimo artista, racconta soddisfatto il
curatore della collezione e ideatore dell’iniziativa, Enrico
De Pascale, il riscontro è sempre notevole, c’è molta curiosità per
i nuovi linguaggi, le opere vengono lette e comprese dal pubblico
non specializzato con molto interesse». La Banca Popolare di
Bergamo ha iniziato a collezionare pochi anni dopo la sua
fondazione, avvenuta nel 1869. Un tempo acquisiva le opere
attraverso i concorsi in città, a Milano e in Lombardia,
spesso con i famosi premi acquisto, ma nel tempo ha
allargato il raggio, sempre più internazionale. Una piccola
commissione scientifica, espressione della dirigenza
della banca, acquisisce le opere, non necessariamente
contemporanee, con un budget annuo. Può essere
Evaristo Baschenis, maestro seicentesco della natura
morta, o Andrea Mastrovito, nato nel 1978 e residente
a New York. «Compriamo arte antica ma abbiamo un occhio di
riguardo per i giovani», prosegue il curatore. Sì, ma
sono entrambi di Bergamo, «Vero, ma noi
guardiamo alla qualità, ci interessano
artisti internazionali con
aperture locali.
La Banca Popolare di Bergamo
Siamo liberi di scegliere tipologie diverse, se esiste
direi che il filo conduttore è la pittura. Bergamo ha
sempre avuto una grande tradizione pittorica e noi
guardiamo alla pittura contemporanea, abbiamo
in collezione Imi Knoebel, ad esempio. Nel 2005
abbiamo commissionato a Yan Pei Ming un grande
ritratto di papa Giovanni XXIII, adesso in comodato
nel nuovo ospedale cittadino che porta il suo nome.
La pittura fa parte della storia della città: tra il
1939 e il 1942 si è tenuto qui il Premio Bergamo,
alternativa alla cultura di regime, che ha premiato
Guttuso». I visitatori che hanno frequentato la
Una «Mappa» di Alighiero Boetti, 1984. Courtesy Banca Popolare di Bergamo
sede di piazza Vittorio Veneto in questi due
anni hanno conosciuto da vicino Alighiero
Boetti, Sislej Xhafa, Darren Almond, Michel Majerus,
domenica del mese il Chiostro Rinascimentale di
Thomas Grunfeld, Stefano Arienti, Peter Halley e Liam
Santa Marta, dove un monolito di Anish Kapoor riflette
Gillick, tra gli altri. Terminata a fine marzo l’esposizione
l’edificio un tempo convento femminile; omaggio al luogo
dell’opera di Alessandro Piangiamore, ad aprile è la volta
sono anche la scultura cardinalizia di Giacomo Manzù e
di Cosimo Terlizzi, nato nel 1973 a Bitonto, ma con base
le suorine di Elia Ajolfi. «Bergamo, chiosa De Pascale, è una
in Svizzera. È la prima volta che ART UP propone un lavoro
città fortunata, offre un humus molto fertile all’arte, è una fucina
video, medium lontano dalla pittura, benché il lavoro di
di giovani talenti, i collezionisti sono molto attivi e i piani regolatori
Terlizzi sia vicino, nelle sue modalità espressive, a mondi
hanno saputo proteggere la città in tempi difficili». q Michela Moro
antichi e familiari. «La Benedizione degli Animali» del
ART UP. Collezione d’Arte UBI - Banca Popolare di Bergamo,
2013, pluripremiato in vari festival internazionali, è stato
piazza Vittorio Veneto 8, Bergamo, lun-ven 8,20-13,20/14,40-16,10
girato in una cascina del bergamasco, con una mucca, un
(ingresso libero), «Cosimo Terlizzi» fino al 30 aprile
maiale, un fagiano e una fragranza che oscilla tra sacro
e profano. Nei mesi futuri si alterneranno nello spazio di
ART UP Bernard Frize, Oscar Giaconia, Shirley Kaneda,
Paul Morrison, Alessandra Spranzi, Rudolf Stingel,
Peter Zimmermann e John Armleder. Forse una sola
opera non è interamente rappresentativa del corpus di
BERGAMO. La relazione tra spiritualità, pittura e realtà digitalavoro di un’artista, ma sicuramente è più che sufficiente
le è al centro dell’opera di Thomas Helbig, artista tedesco,
per stimolare un interesse o una reazione anche in chi è
nato a Rosenheim nel 1967, cui la Galleria Thomas Bramdigiuno di arte contemporanea. Il legame tra la banca e il
billa dedica una personale fino al 6 maggio. Sono esposti
territorio è sempre stato molto forte, l’idea di condividere
una quindicina di dipinti realizzati utilizzando il velluto al poil proprio patrimonio artistico, così come la tradizione di
sto della tela e la vernice spray, che lascia la traccia in nemecenatismo, ha radici lontane. La realtà artistica cittadina
gativo di catenine e rosari precedentemente appoggiati sul
è una e trina: la Pinacoteca dell’Accademia Carrara,
supporto pittorico. Le immagini così ricavate sono vibranti
composta da lasciti di importanti collezionisti privati e
giochi di luce che fanno della superfice l’oggetto centrale
istituita nel 1796, l’Accademia di Belle Arti e la Gamec,
dell’opera: un’inafferrabile manifestazione del trascendenmuseo sostenuto dalla banca fin dall’origine. Le tre realtà
te, sospesa tra dimensione astratta e figurativa. q J.D.
costituiscono un’isola che dialoga e rende vivace la città.
Galleria Thomas Brambilla, via Casalino 25, Bergamo, mar-sab 14Mentre spesso le collezioni delle banche non sono
19, tel. 035/247418, www.thomasbrambilla.com, «Thomas Helbig.
accessibili al grande pubblico, BPBG contribuisce a far
In a present» fino al 6 maggio
conoscere parte della propria anche aprendo ogni prima
Vernice spray su velluto e rosari
Pittura olandese e fiamminga dalla Hohenbuchau Collection da Liechtenstein. The Princely Collections, Vienna
un progetto
JOR DAE NS·R U B E NS·B R U EG H E L
partner istituzionali
partner tecnici
media partner
fortedibard.it
T.
+39 0125.833811
Pieter van der Croos (Alkmaar 1609/10–1701 Amsterdam) Estuario con navi olandesi e vento forte al largo di un molo, olio su tavola, HOHENBUCHAU COLLECTION, prestito permanente LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vienna
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 26
Vedere in Lombardia Monza, Como e Cremona
Caravaggio con
Quattroruote
La «Flagellazione di Cristo» di Caravaggio, 1607-08
Nella Reggia di Monza un dipinto
dal Museo di Capodimonte
e una mostra sul design
e la tecnologia
MONZA. Caravaggio come regalo di Pasqua non è male, un’unica opera da osservare con attenzione, godendosi i dettagli fino
in fondo, grazie al progetto del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e «il Cittadino di Monza e Brianza», volto a mostrare
gratuitamente al pubblico della Reggia un capolavoro indiscusso della storia dell’arte. Nel Salone delle Feste della Villa Reale arrivata infatti la «Flagellazione di Cristo» del Caravaggio, commissionata per la cappella della famiglia De Franchis nella Chiesa partenopea di San Domenico Maggiore e conservata nel Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli. La grande tela fa parte
del Patrimonio del Fondo Edifici di Culto, nato quando soppresse le corporazioni religiose nella seconda metà dell’Ottocento,
i beni mobili e immobili di proprietà ecclesiastica sono stati in gran parte acquisiti dallo Stato Italiano. Quattro i personaggi: i
tre aguzzini, scuri, dall’aria feroce e in movimento e al centro il Cristo, luminoso e chiaro, che pare danzare ed è già immobile,
legato a una colonna. Commenta il curatore Andrea Dusio: «Alla pittura del vero e al realismo della fase romana si sostituisce qui un
atteggiamento diverso, con recuperi classicisti e manieristi ma anche, dall’altra parte, la radicalizzazione del processo di sperimentazione figurativa. Penso al vuoto occupato dall’ombra che anticipa le opere siciliane; mentre il ricorso a una figura inchinata in primo piano che funge da
potentissima cesura ottica e quasi da mediazione tra il piano della visione e quello dell’azione, rimanda a un espediente compositivo lungamente
meditato prima di quest’opera».
Se nella Reggia è di scena l’arte del passato, nel Serrone lo sono il futuro del design e della tecnologia. La Triennale (cfr. p. 9)
ripassa dal via e torna ai luoghi d’origine, nella Villa Reale dov’era nata nel 1923. Le prime quattro edizioni dell’«Esposizione
Internazionale delle Arti Decorative» si svolsero qui nel 1923, 1925, 1927 e 1930, promosse dal Consorzio Milano-MonzaUmanitaria. Tra gli artisti della prima edizione vi furono Gio Ponti, Marcello Nizzoli, Fortunato Depero e Vittorio Zecchin,
segnale dell’interesse verso il design e il nuovo nell’architettura. L’anno precedente, nel 1922, in soli 110 giorni, una squadra di
3.500 operai costruì l’Autodromo di Monza, altro esempio di modernità, seguendo il progetto dell’architetto Alfredo Rosselli e
dell’ingegner Piero Purricelli. Istituzioni e luoghi che si ritrovano da aprile (col Salone del Mobile) fino a settembre (col Gran
Premio di Monza) nella mostra che festeggia i sessant’anni della rivista Quattroruote sotto il cappello della XXI Triennale.
Allestita nel Serrone della Villa, la mostra «Road to Revolution» fa viaggiare il visitatore con una serie d’installazioni che vanno dal passato al futuro dell’auto; il futuro come lo s’immaginava nella prima metà del secolo scorso e come lo prefiguriamo
oggi. Attraverso il design e le invenzioni tecnologiche l’automobile non solo è in grado di adattarsi al mondo ma lo caratterizza
sempre di più, nella stessa misura in cui la tecnologia modifica le nostre abitudini e il nostro habitat urbano. q M.M.
Villa Reale di Monza, viale Brianza 1, Monza, mar-dom 10-19, ven 10-22, tel. 039/39464213, www.reggiadimonza.it, primo piano nobile, Salone
delle Feste: «La Flagellazione di Cristo del Caravaggio dal Museo Nazionale di Capodimonte» fino al 17 aprile. Serrone: «Quattroruote Road to (R)
evolution» fino a settembre
Olmi e filosofi nella villa neoclassica
Como. Villa Olmo (nella foto), tra i simboli principali di Como,
rispecchia la consuetudine delle famiglie nobili del XVIII secolo di possedere una residenza suburbana. Circondata da un
grande giardino all’italiana, è inserita nel percorso lungolago
che sin dall’Ottocento collega le ville affacciate sul lago lungo
l’antica via Regina, attuale strada statale tra Como e Chiavenna. Sorge all’estremità nord-occidentale della città, al termine della passeggiata a lago realizzata nel 1957 per collegare
tra loro gli edifici patrizi più importanti. Il suo nome, secondo
una tradizione non documentata, è dovuto alla preesistente
presenza nell’area di due esemplari di olmo molto vecchi e
di grandi dimensioni. Fu realizzata in stile neoclassico tra il
1782 e il 1787 dall’architetto ticinese Simone Cantoni, per
conto di Innocenzo Odescalchi, la cui facoltosa famiglia, con
un papa all’attivo, nel 1664 aveva acquistato parte dei beni e
dei terreni dell’abbazia di Santa Maria di Vico detti dell’Olmo.
L’ispirazione neoclassica è visibile nella facciata, il cui corpo
centrale rilevato in avanti presenta cinque archi d’ingresso
sovrastati da sei colonne ioniche alternate a medaglioni raffiguranti filosofi. Nel 1824, con la morte del marchese Odescalchi, la Villa passò alla famiglia Raimondi che vi ospitò illustri
personaggi della storia italiana ed europea come Giuseppe
Garibaldi e la famiglia imperiale di Ferdinando I d’Austria, per
poi essere venduta nel 1883 al duca Guido Visconti di Modrone, nonno del regista Luchino. Lo stemma in pietra dei Visconti è al centro della balaustrata che corona l’edificio. Nel 1925
fu ceduta al Comune di Como che due anni dopo, in occasione
del primo centenario della morte di Alessandro Volta vi allestì
l’Esposizione Internazionale Voltiana. Da allora la Villa è sede
di mostre, manifestazioni e convegni.
Villa Olmo, via Simone Cantoni 1, Como, mar-dom 10-18,
tel. 031/252352, www.villaolmocomo.it
Villa Reale sulla strada imperiale
Monza. La Villa Reale di Monza (nella foto, © Mario Donadoni archivio Consorzio Villa Reale e Parco di Monza) è un
grande palazzo in stile neoclassico voluto dall’imperatrice
d’Austria Maria Teresa quale residenza estiva per la corte
arciducale del figlio Ferdinando. La scelta di Monza fu determinata dalla salubrità dell’aria e dall’amenità della cittadina,
ma anche dal fatto che esprimeva un simbolo di legame
tra Vienna e Milano, trovandosi sulla strada per la capitale
imperiale. L’incarico della costruzione, conferito nel 1777
all’architetto imperiale Giuseppe Piermarini, fu portato a
termine in soli tre anni, con costi contenuti grazie all’utilizzo
razionale dei materiali e alla scelta di sostituire la decorazione in marmo con decorazione a stucco, tecnica presa dal
modello Rococò. L’estensione è vastissima: 700 locali per
un totale di 22mila metri quadrati. I giardini e il parco sono
spettacolari quanto la villa: il parco è il quarto recintato più
grande d’Europa e il primo tra quelli circondati da mura. I
giardini, in parte separati dal resto, sono all’inglese con laghi, rogge e un tempietto in stile neoclassico e conservano
una grande varietà di specie botaniche, riflettendo la passione dell’arciduca Ferdinando per la natura. L’edificio destinato alle serre per il servizio dei giardini della Villa, denominato
Orangerie nel progetto originale del Piermarini e oggi comunemente noto come il Serrone, fu costruito nel 1790. Voluto
dall’arciduca Ferdinando d’Asburgo-Este, fu disegnato sul
modello dell’Orangerie della reggia di Schönbrunn. Posto sul
lato nord della villa, era collegato a questa tramite un corridoio chiamato «Passaggio delle dame». Il grande complesso
include un teatrino di corte e una cappella. Dopo recenti
restauri, l’edificio è sede di mostre temporanee.
Villa Reale di Monza, viale Brianza 1, Monza, mar-dom 10-19, ven
10-22, tel. 039/39464213, www.reggiadimonza.it
I cent’anni di Antonio Ratti
Arcimboldo contro gli sprechi
Como. La Fondazione Antonio Ratti (nella foto, Villa Sucota,
© Giovanna Silva) ospita fino al 17 aprile «Textilities… Once
Removed», seconda parte del progetto espositivo che celebra
il trentesimo anniversario della Fondazione e il centenario della nascita del suo fondatore, Antonio Ratti (1915-2002). La
mostra analizza come punto di partenza un gruppo di opere
di Charlotte Posenenske (1930-1985), tra i principali artisti
tedeschi degli anni ’60, legata al minimalismo e dedita principalmente alla scultura. Nel 1968 Posenenske decise di abbandonare l’arte, poiché secondo lei non poteva avere un reale
impatto politico. Solo negli anni ’70, con l’avvento dell’arte concettuale, fu chiaro quanto le sue istanze fossero state importanti. Le sue opere in mostra sono messe a confronto con un
ampio nucleo di poesia concreta a due e tre dimensioni, creata
negli anni Cinquanta e Sessanta dal collettivo brasiliano Noigandres, e con opere di André Cadere, Hilary Lloyd e Janice
Kerbel. La sezione dedicata a Noigandres comprende un vasto
numero di poesie postali e tridimensionali, serigrafie, collage,
libri e documenti. Un’ultima sezione è infine dedicata a ottocentesche matrici di stampa katagami e tessuti tinti «a riserva»
appartenenti alla collezione permanente della Fondazione.
CREMONA. La Pinacoteca del Museo Civico «Ala Ponzone»,
ospitata nel cinquecentesco Palazzo Affaitati, è nata grazie
alle raccolte della famiglia Ponzone ed è stata destinata a uso
pubblico col testamento del marchese Giuseppe Sigismondo
Ala Ponzone nel 1842. Ampliata con le opere provenienti da
alcune chiese cremonesi soppresse, la raccolta di dipinti e
sculture ammonta oggi a più di duemila pezzi, solo in parte
esposti nelle sale: sculture, affreschi strappati, tavolette da
soffitto e un’ampia selezione di lavori di pittori lombardi tra cui
Bembo, Procaccini, Boccaccino e Nuvolone. Si possono ammirare il celebre dipinto del 1587-90 di Giuseppe Arcimboldo
«L’Ortolano» (nella foto, courtesy Museo Civico Ala Ponzone), i
ritratti di casa Ponzone e varie testimonianze della pittura dei
secoli XVII, XVIII e XIX. Il terzo piano ospita il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, con
la collezione grafica delle Raccolte museali che
assomma a circa duemila disegni e quattromila
stampe. Fino al 17 aprile il museo ospita inoltre le opere vincitrici del
Syngenta Photography
Award 2015, il concorso
fotografico internazionale
dedicato alla sostenibilità globale. I lavori, che
esplorano il tema «Scarcity-Waste (Scarsità-Spreco)», sono allestiti nella
Sala delle Colonne, dov’è
ubicato il capolavoro di Arcimboldo, cui è stata ispirata la mascotte di Expo
Milano 2015.
Fondazione Ratti, via Cernobbio 19, Como, mar-dom 14,30-17,30,
tel. 031/3384976 www.fondazioneratti.org, «Textilities… And Roses
too» fino al 17 aprile
Museo Civico Ala Ponzone, via Ugolani Dati 4, Cremona, mar-dom
10-17, tel. 0372/31222, www.musei.comune.cremona.it «The
Syngenta Photography Award: Scarcity-Waste» fino al 17 aprile
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 27
Vedere in Lombardia Varese
La Pietra e il corso d’acqua
L’artista, designer e architetto a confronto con nove giovani artisti nel MaGa
GALLARATE (VA). Il 1949 è l’anno di fondazione del Premio Nazionale Arti Visive Città di
Gallarate, nato con lo scopo di costituire, attraverso le opere premiate e acquisite, la Civica
Galleria d’Arte Moderna. Nel tempo il Museo, che dal 2010 si chiama MaGa, ha perseguito la
propria missione di aggiornare le collezioni volgendo l’attenzione al territorio e alla contemporaneità. Una missione cui si lega la mostra «Ugo La Pietra. Abitare è essere ovunque a casa
propria» che oltre alle sale del museo occupa spazi pubblici eterogenei all’Aeroporto di Malpensa e nel centro della città. «Il progetto, spiega la direttrice del MaGa Emma Zanella, nasce
parallelo alla mostra del 2014 della Triennale di Milano, si focalizza su Ugo La Pietra (nato nel 1938 a Bussi
sul Tirino, Pe) come precursore di ricerche con i suoi lavori storici e prende in esame anche le sue riflessioni
sull’arte pubblica». Lo spazio urbano è costantemente analizzato da La Pietra sia come struttura
organizzata sia come luogo germinatore di pratiche progettuali artistiche e provocatorie. Così
a Malpensa, attraversando la Porta di Milano, passaggio pedonale obbligato tra treno e aereo,
il grande pubblico incontra «Interno/Esterno», un’installazione che rappresenta un ambiente
domestico ma anche un orizzonte prospettico milanese con al centro i binari del tram. Nel cuore di Gallarate ci si può invece accomodare su «Soggiorno urbano», un salotto realizzato per
l’occasione dall’artista, architetto e designer in pietra leccese. «Molti progetti e interventi di La Pietra
presenti nella mostra curata da Marco Meneguzzo sono ancora attualissimi, osserva Zanella, e dialogano
con gli artisti della XXV edizione del Premio, perché vogliamo creare vasi comunicanti tra le varie attività
del MaGa». Il Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, sempre attivo, contribuisce
con gli acquisti ad aggiornare la collezione del museo. Quest’anno le opere inedite realizzate
dai nove artisti selezionati hanno come punto focale il MaGa e il rapporto con la storia della
«Abitare
è essere
ovunque
a casa
propria
(Giulianova,
Pe)» di Ugo
La Pietra,
1968.
città, in particolare con il corso d’acqua che la attraversa: il © l’artista
torrente Arno, simbolo dell’anima manifatturiera e tessile
della città, in parte coperto nel
’900, ma rimasto ben presente come segno urbanistico e come rimozione. «A12, Luca Bertolo,
Ludovica Carbotta, Ettore Favini, Luca Francesconi, Christiane Löhr, Marzia Migliora, Cesare Pietroiusti e
Luca Trevisani sono stati lasciati liberi nei progetti (che verranno acquisiti dal museo), ma stimolati a non
arredare la città, ponendosi in relazione profonda con il territorio e il tessuto urbano del centro, prosegue
la direttrice. A corollario della mostra inoltre la città ospita incontri, performance, dibattiti, altre mostre e
iniziative culturali nei teatri e nella Società Fotografica». Alla fine di aprile, nello spazio espositivo di
Legnano, Palazzo Leone da Perego/MaGa, inaugura invece «La figura e i suoi luoghi», antologica
dedicata a Franco Fossa, artista legato al Realismo esistenziale nato a Rho nel 1924. «Ci tengo
infine a sottolineare la nostra vocazione alla collaborazione, conclude Zanella, ricordando il dialogo aperto
con i musei inglesi in occasione della mostra “Missoni, l’arte, il colore”, che ha chiuso qui il 24 gennaio e dal 6
maggio al 4 settembre sarà ospitata al Ftm-Fashion and Textile Museum di Londra, unico museo del Regno
Unito dedicato esclusivamente agli sviluppi della moda contemporanea». q Michela Moro
MaGa Museo d’Arte Gallarate, via Egidio De Magri 1, Gallarate (Va), mar-ven 10-12,30/14-18, sab-dom
11-19, tel. 0331/706011, www.museomaga.it, «Ugo La Pietra. Abitare è essere ovunque a casa propria.
Opere e ricerche nell’ambiente urbano 1966-2016» dal 16 aprile al 18 settembre
Papaveri contro prato
VARESE. Villa settecentesca, collezione di arte contemporanea, parco all’inglese e fino al 15 maggio una mostra sulla natura: la scelta per una visita a Villa Panza è amplia. Il
luogo è uno dei capisaldi del Fai. La collezione Panza comprende installazioni di Dan Flavin (nella foto, una sua opera. Courtesy Fai) e James Turrell acquistate da Giuseppe
Panza quando questo genere di lavori erano interesse di pochi esperti collezionisti. Alcuni sono nomi che non è frequente vedere in Italia, come Robert Irwin, Phil Sims, David
Simpson, Stuart Arends e Max Cole. Tra loro trova posto anche una bellissima sala di Ettore Spalletti. In un interessante contrasto con gli arredi d’alta epoca della villa sono
esposte inoltre opere d’arte africana e precolombiana, altra passione del collezionista milanese. Fino a maggio si aggiungono a tutto ciò le opere di Roxy Paine e Meg Webster,
due artisti americani accomunati dall’idea della natura come ciclo continuo, che hanno occupato la villa e il parco con 28 opere in armonia con il luogo, pur avendo ognuna una
definita personalità. Paine riproduce fiori, piante, funghi e imbandisce perfino una tavola da pranzo per dittatori. Webster realizza veri e propri monumenti dedicati alla terra, coni
d’acqua rovesciati e dischi di rame scaldati dal sole. E quando Payne, infine, propone uno scampolo di papaveri, Webster risponde con un blocco di prato realizzato nel 1989,
proveniente dalla collezione Panza.
Villa e Collezione Panza, piazza Litta 1, Varese, mar-dom 10-18, tel. 0332/283960, www.visitfai.it/villapanza, «Natura naturans. Roxy Paine e Meg Webster (Opere dal 1982 al 2015)» fino al 15 magg.
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 28
Vedere in Lombardia Lecco, Lodi, Pavia e Sondrio
I tetti in ardesia di un neoumanista
Nell’inferno dantesco con un Angelo
SONDRIO. Angelo Vaninetti, nato nel 1924 e morto nel 1997 a Regoledo di Cosio, era un artista schivo,
un vero montanaro che ha sviluppato la propria ricerca in solitudine, lontano da ogni corrente. In maniera
autentica e moderna ha raccontato la tradizione contadina valtellinese sull’orlo della sparizione, lasciando
un resoconto vivido della vita di montagna e del mondo contadino, raffigurandone gli oggetti di uso quotidiano, le baite, i colori scuri del legno e i tetti di ardesia. La Valtellina è stata per Vaninetti un pretesto necessario per interpretare la realtà, per riannodare memorie e identità che non hanno soltanto i colori di un luogo. Proseguendo un
progetto in nuce già prima della scomparsa del pittore, la Fondazione Gruppo Credito Valtellinese propone la monografica «Angelo
Vaninetti. I colori della memoria» curata da Graziano Tognini, nella Galleria Credito Valtellinese di Sondrio. Il Gruppo consta ormai
di quattro spazi espositivi: a Milano e a Sondrio due sedi con lo stesso nome: Galleria Credito Valtellinese, fondate entrambe
nel 1987; a Fano la Galleria Carifano e ad Acireale la Galleria Credito Siciliano. Ne parla Cristina Quadrio Curzio (nella foto),
direttrice artistica delle Gallerie insieme a Leo Guerra.
Com’è nata la Fondazione e con quali linee guida?
È nata nel 1998 per volontà del Gruppo Credito Valtellinese e ha come principali interessi l’arte, la formazione e la beneficenza.
Lavoriamo nei luoghi di appartenenza della banca, in uno stretto rapporto tra cultura e territorio. Gli interessi artistici della Fondazione confluiscono principalmente sul ’900, la grafica e il design, gli artisti emergenti e il territorio, ad esempio se troviamo un
artista marchigiano lo proponiamo a Fano. Le mostre sono interamente prodotte al nostro interno e pensate per i nostri spazi
espositivi, sempre gratuite. Sviluppiamo i progetti con collezionisti, prestatori, eredi: la mostra di Vaninetti è realizzata con la figlia
dell’artista e la Casa Museo che porta il suo nome. Crediamo nella ricerca e costruiamo progetti per offrire qualcosa di inedito.
Come risponde il pubblico del territorio?
È vivace e molto attento, forse meno bombardato d’informazioni che altrove; a Sondrio gli spazi espositivi e l’offerta sono pochi,
soprattutto le nuove generazioni sono desiderose di personaggi da conoscere, leggono i cataloghi con attenzione, sono interessate, all’occasione pongono molte domande; ci seguono dal 1987, parte del pubblico è cresciuta con noi.
Pochi mesi prima della morte, Vaninetti scrive nei suoi diari: «Ho sprovincializzato e storicizzato la Valtellina che resta in debito
con me. La mia pittura è il mio testamento spirituale. Ho reso protagonisti gli ultimi e invito l’uomo contemporaneo a un nuovo
umanesimo, recuperando il cuore e le emozioni. Ritengo che la modernità in arte consista nella perfetta congiunzione di filosofia
malinconica e poesia sentimentale». Forse parte del debito è stata saldata in questa occasione (nella foto, «Porta rossa»).
Galleria Credito Valtellinese, piazza Quadrivio 8 e MVSA, Palazzo Sassi de’ Lavizzari, via Maurizio Quadrio 27, Sondrio, mar-ven 9-12/15-18,
tel. 0342/526569, www.creval.it, «Angelo Vaninetti. I colori della memoria» fino al 28 maggio
Tranquillo ma scapigliato
Il pittore schivo
PAVIA. Durante la visita alla mostra sulla Scapigliatura, nelle
Scuderie Viscontee, si è accompagnati dalle parole di Tranquillo Cremona (nella foto, «Le curiose» 1875-78), uno dei maggiori
esponenti che racconta il fermento culturale dell’epoca, la vita,
l’opera e le forti personalità dei suoi compagni scapigliati tra cui
Medardo Rosso, Daniele Ranzoni e Luigi Conconi. Un racconto pittorico ma anche musicale e letterario che approfondisce
con cinquanta opere degli artisti più rappresentativi della Scapigliatura, quella rivoluzione artistica e quel fenomeno morale
e politico così importante per il nostro Paese.
Le Scuderie fanno parte del complesso del Castello Visconteo di Pavia, che fu costruito nel
1360 da Galeazzo II Visconti. I Visconti vollero
anche disegnare un grandioso parco di caccia,
che si estendeva originariamente per una decina di chilometri, fino alla Certosa di Pavia.
Oggi parte del territorio del parco è ancora presente, ma non è più collegato al castello ed è
chiamato Parco della Vernavola. Dal secondo
dopoguerra un’area del Castello ospita i Musei Civici di Pavia e la parte che ospitava le
Scuderie, con la sua architettura gotica e gli
archi a sesto acuto, è dedicata alle mostre.
Lecco. Costruito nel
1905 nello stile neomedievale tipico del periodo,
affacciato sul lungolago,
il Palazzo delle Paure
(nella foto) fino al 1964 è
stato sede dell’Intendenza di Finanza, del Catasto
e della Dogana, da qui il
suo curioso e pertinente
nome. L’edificio dalla facciata in bugnato, con la torre rettangolare, le trifore e lo stemma dei Visconti proveniente dal vicino Pretorio feudale, è stato
ristrutturato e inaugurato nel 2012. Da allora ospita la sezione di
arte contemporanea della Galleria Comunale, con opere dei più
importanti artisti locali: Vitali, Secomandi, Stefanoni, Chiappori,
Gasparini e altre donate al museo da alcuni tra i maggiori artisti italiani come Enrico Castellani, Enrico Baj, Enrico Scanavino,
Alik Cavaliere, Mimmo Rotella e Arnaldo Pomodoro. Al secondo
piano si trova la Sezione di Grafica e Fotografia, con le raccolte
del Sistema Museale Urbano Lecchese. In aprile vi è la mostra
del solitario e schivo Gaetano Orazio (1954), che propone i suoi
dipinti di «realismo espressionista».
Scuderie del Castello Visconteo, viale XI Febbraio 35, lun-ven 1013/14-18,30, sab-dom 10-19, tel. 0382/33676, www.scuderiepavia.
com, «Tranquillo Cremona e la Scapigliatura» fino al 5 giugno
ANGELO
VANINETTI
Palazzo delle Paure Galleria Comunale d’Arte, piazza XX Settembre
22, Lecco, mer 9-13, gio 15-18,30/21-23, ven 15-18,30, sab-dom
10,30-18,30, tel. 0341/286729, www.museilecco.org, «Mostra
dell’artista Gaetano Orazio», fino al 31 agosto
I COLORI
DELLA
MEMORIA
Una produzione della Fondazione Gruppo Credito Valtellinese e del Museo di Arte Contemporanea
Angelo Vaninetti con la collaborazione di Città di Sondrio e del Comune di Cosio Valtellino
LODI. Rileggere Dante attraverso
l’arte è la proposta della Fondazione Banca Popolare di Lodi,
istituita nel 2008 per valorizzare
le risorse sociali, economiche e
culturali del territorio lodigiano.
Oltre a sostenere varie associazioni culturali, la Fondazione
è attiva in città sia nella propria
sede dedicata, Bipielle Arte, sia
in altri spazi, come avviene con
la mostra itinerante organizzata
per il 750mo anniversario della
nascita di Dante Alighieri, celebrato nel 2015, intitolata «Come
gente che pensa a suo cammino. Persone e Personaggi della
Divina Commedia». Ospitata nell’ex Chiesa di San Cristoforo,
l’esposizione è alla settima tappa dopo Romano di Lombardia,
Verona, Lovere, Gromo, Grumello del Monte e Clusone. Il percorso raccoglie episodi e personaggi danteschi illustrati con le
opere dell’artista Angelo Celsi, nato nel 1937 a Songavazzo, in
Valle Seriana (Bg), allievo, in giovane età, di Arturo Tosi. I dipinti
esposti (nella foto, «Valletta dei principi»), sono tutti delle medesime dimensioni, ispirati a passi cruciali dell’opera dantesca.
Quindici le tele ambientate nell’Inferno, sette nel Purgatorio e
tre nel Paradiso. Più ampio spazio è stato riservato all’Inferno,
dalle tinte più marcate e dalla maggiore drammaticità. Angelo
Piazzoli, segretario generale della Fondazione Credito Bergamasco (del Gruppo Banco Popolare) commenta: «Ripercorrere
il cammino di Dante consente di tornare alle radici comuni della
nostra cultura, all’italianità e ai suoi valori fondanti, alla grandezza del genio italico, (capace di affrontare ciò che nessuno, né
prima né poi, ha più realizzato) trasmettendo un messaggio di
orgoglio, di fiducia nel futuro e di consapevolezza dei nostri mezzi
(intellettuali e morali) che ci derivano dalla nostra storia e dalla
nostra tradizione». La mostra è organizzata da Fondazione Credito Bergamasco e Fondazione Banca Popolare di Lodi, curata
da Angelo Piazzoli, con la collaborazione del curatore letterario
Enzo Noris (ingresso libero, catalogo in distribuzione gratuita).
Ex Chiesa di San Cristoforo, via Fanfulla 18, Lodi, mar-ven 16-19,
sab-dom festivi 10,30-12,30/16-19, tel. 0371/440711,
www.fondazionebipielle.it, «Come gente che pensa a suo cammino.
Persone e Personaggi della Divina Commedia» dal 2 apr. al 1 mag.
Un castello per un museo
Montesegale (Pv). Prosegue la collaborazione tra il Museo del
Fango, un museo interattivo di arte contemporanea nato nel
2010 per opera di Michele Cannaò, e il Castello di Montesegale (nella foto), maniero trecentesco che dopo avere ospitato, tra l’altro, l’antologica di Cannaò e la mostra del Realismo
Terminale del poeta Oldani, apre le porte dal 4 al 26 giugno al
progetto «La luna, la mente e le mani», che coinvolge vari linguaggi (pittura, teatro, cinema, alta moda e poesia) attraverso
mostre e stage settimanali con artisti come Paola Grott, Luisa
Pelosio, Marco Dentici, Corrado Accordino e Nino Pracanica.
Castello di Montesegale, via Castello, Montesegale (Pv), www.
museodelfango.it, «La luna, la mente e le mani» dal 4 al 26 giugno
Galleria
Credito Valtellinese
MVSA
18.03----28.05.2016
Orario di apertura
Ma-Ve
h 9.00-12.00 / 15.00-18.00
Chiuso sabato,
domenica e lunedì
Info
[email protected]
www.creval.it
Ingresso libero
Indicazioni cromatiche
VERDE
C100 M40 Y100
PANTONE 349
R39 G105 B59
BLU
C100 M80 Y20 K40
PANTONE 281
R32 G45 B80
ROSSO
C40 M100 Y100
PANTONE 187
R123 G45 B41
Comune di
Cosio Valtellino
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 29
Vedere a Milano e in Lombardia Il calendario delle mostre
Provincia di Milano
MILANO
Albergo Diurno Metropolitano
Venezia
piazza Guglielmo Oberdan
www.fondoambiente.it
Sarah Lucas. Situation
8 aprile ➤ 10 aprile
Assab One
via Assab 1, 02/2828546
www.assab-one.org
Nath. Du Pasquier + Airmail
5 aprile ➤ 6 maggio
Biblioteca Trivulziana
piazza Castello 1, 02/88463690
Parole di legno
➤ 10 aprile
Bibl. Umanistica dell’Incoronata
Switch On Dal
9 aprile ➤ 22 aprile
Casa del Manzoni
via Morone 1
Dacci oggi il nostro pane
quotidiano
➤ 28 maggio
Castello Sforzesco
piazza Castello, 02/88463700
www.milanocastello.it
Gianfranco Schialvino e Gianni Verna e la rivista Smens
➤ 10 aprile
Giovanni Muzio. Opera Prima
15 aprile ➤ 10 luglio
fieramilanocity
viale Scarampo, pad. 3 800/820029,
02/49971, www.miart.it
Miart 2016
8 aprile ➤ 10 aprile
Fondazione Achille Castiglioni
piazza Castello 27, 02/8053606
www.achillecastiglioni.it
Achille e Pier Giacomo
Castiglioni
➤ 30 ottobre
Fondazione Arnaldo Pomodoro
via Vigevano 9, 02/89075394
www.fondazionearnaldopomodoro.it
A. Cozzi, S. Cozzi, M. Janssen
6 aprile ➤ 16 aprile
Antonella Zazzera. Premio per
la scultura Arnaldo Pomodoro
11 maggio ➤ 22 luglio
Fondazione Carriero
via Cino del Duca, 4, 02/36747039
www.fondazionecarriero.org
Fontana Leoncillo
5 aprile ➤ 9 luglio
Fondazione Corrente
via Carlo Porta 5, 02/6572627
www.fondazionecorrente.org
Ernesto Treccani
➤ 24 giugno
Fondazione Marconi
via Tadino 15, 02/29419232
www.fondazionemarconi.org
Adami, Del Pezzo, Tadini,
Schifano (50 anni dopo…)
➤ 23 aprile
Fondazione Prada
largo Isacco 2, 02/56662611
www.fondazioneprada.org
An Introduction
➤ 1 maggio
Goshka Macuga
➤ 19 giugno
Thomas Demand
➤ 28 agosto
William N. Copley
10 ottobre ➤ 10 gennaio 2017
Fondazione Stelline
corso Magenta 61, 02/45462111
www.stelline.it
Gallerie Milanesi tra le due
guerre
➤ 22 maggio
Leonardo racconta Leonardo
➤ 18 dicembre
Gallerie d’Italia - Piazza Scala
piazza della Scala 6, 800/167619
www.gallerieditalia.com
Restituzioni 2016
1 aprile ➤ 17 luglio
Hangar Bicocca
via Chiese 2, 02/66111573
www.hangarbicocca.it
Carsten Höller. Doubt
7 aprile ➤ 31 luglio
21st Century. Design after
Design
2 aprile ➤ 12 settembre
Institut français Milano
corso Magenta 63
Vis-à-vis
➤ 4 aprile
Istituto Svizzero
via Vecchio Politecnico 3
02/76016118
Riviera. Prologo
➤ 24 giugno
Museo del Novecento
via G. Marconi 1, 02/88444061
www.museodelnovecento.org
Yuri Ancarani. Bora
8 aprile ➤ 10 aprile
Linda Fregni Nagler
4 aprile ➤ 10 aprile
Museo di Storia Naturale
corso Venezia 55, 02/88463337
Vulcani. Origine e evoluzione
➤ 11 settembre
Museo Diocesano di Milano
corso di Porta Ticinese 95
02/89404714,
www.museodiocesano.it
La Madonna d. Misericordia
di Antonio da Fabriano
➤ 20 novembre
Museo Poldi Pezzoli
via Manzoni 12, 02/794889
www.museopoldipezzoli.it
Quasi segreti
➤ 25 aprile
Nonostante Marras
via Cola di Rienzo 8
02/89075001
Daniela Zedda. Senes
➤ 28 aprile
Pac - Padiglione di Arte Cont.
via Palestro 14, 02/76009085
www.comune.milano.it/pac
Cuba. Tatuare la storia
5 luglio ➤ 12 settembre
Armin Linke
➤ 6 gennaio 2017
Palazzo della Ragione
piazza dei Mercanti 1, 02/43353535
www.palazzodellaragionefotografia.it
Herb Ritts. In equilibrio
➤ 5 giugno
Palazzo Reale
piazza Duomo 12, 02/88465230
www.palazzorealemilano.it
Il Simbolismo
➤ 5 giugno
Boccioni
➤ 3 luglio
Studio Azzurro
6 aprile ➤ 4 settembre
2050. Breve storia del futuro
➤ 29 maggio
Piazza XXIV Maggio
Max Papeschi
1 aprile ➤ 30 aprile
Pinacoteca di Brera
via Brera 28, 02/72263264-299
Raffaello e Perugino
➤ 27 giugno
Sedi varie
Photofestival Milano 2016
20 aprile ➤ 12 giugno
Milano Design Week 2016
12 aprile ➤ 17 aprile
Fuori Salone 2016
12 aprile ➤ 17 aprile
Milano Asian Art
www.asianart.milano.it
12 maggio ➤ 31 maggio
Triennale Design Museum
viale Alemagna 6, 02/724341
www.triennale.it
W Women in Italian Design
2 aprile ➤ 19 febbraio 2017
Triennale di Milano
viale Alemagna 6, 02/724341
www.triennale.it
XXI Esposizione Internazionale
della Triennale di Milano
2 aprile ➤ 12 settembre
Stanze. Altre filosofie
dell’abitare
2 aprile ➤ 12 settembre
Università degli Studi
via Festa del Perdono 7
02/503111, www.internimagazine.it
Milano Capitale del Design
11 aprile ➤ 19 aprile
Interni Open Borders
11 aprile ➤ 23 aprile
A arte Invernizzi
via D. Scarlatti 12, 02/29402855
L’occhio cinematico
➤ 4 maggio
Aica, Andrea Ingenito Cont. Art
via Massimiano 25, 02/36798346
Angelo Brescianini
➤ 8 aprile
Antonio Colombo
via Solferino 44, 02/29060171
A. Cantafora e A. Mendini
6 aprile ➤ 19 maggio
AreaB
via M. D’Oggiono 10, 02/58316316
Back to Massimo Gurnari
➤ 9 aprile
Artopia
via Lazzaro Papi 2, 02/5460582
Elizabeth McAlpine
➤ 28 aprile
Avantgarden Gallery
via Cadolini 29, 340/3513709
Daze. Now and Later
1 aprile ➤ 19 maggio
Banca Generali
via San Paolo 7, 02/809391
Farhan Siki
➤ 30 settembre
Banca Sistema
02/802801
Vedere A MILANO E in LOMBARDIA | 30
Thomas Scalco
➤ 27 maggio
Bottegantica
via Manzoni 45, 02/62695489
Volti e luoghi nella pittura
dell’800
➤ 14 maggio
Brand New Gallery
via Farini 32 , 02/89053083
Josh Reames e Kate Steciw
8 aprile ➤ 12 maggio
Canepanery contemporary
Foro Buonaparte 48, 02/36768281
Nam June Paik
➤ 9 aprile
Cardi Gallery
c.so di Porta Nuova 38, 02/45478189
Sol LeWitt
➤ 15 aprile
Carla Sozzani
corso Como 10, 02/653531
Gufram on the rocks
9 aprile ➤ 1 maggio
World Press Photo 2016
7 maggio ➤ 5 giugno
Christian Stein
corso Monforte 23 , 02/76393301
Luciano Fabro
➤ 10 aprile
Circoloquadro
via Thaon di Revel 21, 02 /884442
Giulio Zanet
5 aprile ➤ 4 maggio
Collez. Giuseppe Iannaccone
c/o corso Matteotti 11, 02/7642031
Davide Monaldi. In Pratica
➤ 30 aprile
Luca De Leva
9 aprile ➤ 13 novembre
Costantini Art Gallery
via Crema 8, 02/87391434
Malena Mazza. Me-nè
14 aprile ➤ 21 maggio
Deodato Arte
via Santa Marta 6
02/39521618, www.deodato.com
Japan Pop
➤ 10 maggio
Dep Art
via Comelico 40
02/36535620, www.depart.it
Emilio Scanavino
8 aprile ➤ 1 giugno
ESH Gallery
via Forcella 7, 02/56568164
Stefania Pennacchio
➤ 17 aprile
Claudio Destito
21 aprile ➤ 27 maggio
Fabbrica del Vapore
via Procaccini 4, 02 36755700
21st Century. Design after
Design
2 aprile ➤ 12 settembre
Fabriano boutique Milano
via Ponte Vetero 17
Vanni Cuoghi
➤ 20 aprile
Farsetti arte
via Manzoni/via Spiga, 02/76013228
George Tatge
6 aprile ➤ 7 maggio
Federico Rui
via Turati 38 , 392/4928569
Barbara Nahmad
➤ 22 aprile
Fm centro per l’arte contemp.
via Piranesi 10, 02/73981
L’Inarchiviabile
8 aprile ➤ 15 giugno
Francesca Minini
via Massimiano 25, 02/26924671
Runo Lagomarsino
➤ 6 maggio
Galleria Blu
via Senato 18, 02/76022404
Davide Nido
19 aprile ➤ 22 luglio
Galleria Ciocca
via Lecco 15, 02/29530826
Tomaso Binga
➤ 3 giugno
Galleria Gracis
piazza Castello 16
02/877807, www.gracis.com
La stanza delle meraviglie
19 maggio ➤ 17 giugno
Galleria Luisa Delle Piane
via Giuseppe Giusti 24,02/3319680
Useless Design
➤ 30 aprile
Galleria Fumagalli
via B. Cavalieri 6, 348/8905781,
www.galleriafumagalli.com
A personal view of abstract
painting and scultpture
dal 26 maggio
Galleria Milano
via Manin 13, 02/29000352
Francesco Pedrini. Nebula
➤ 30 aprile
Galleria Pack - Spazio 22
viale Sabotino 22, 02/86996395
Debora Hirsch
➤ 2 giugno
Galleria Previtali
via Lombardini 14, 02/58113090
Annamaria Formica
7 aprile ➤ 14 maggio
Galleria Raffaella Cortese
via Stradella 1, 4, 7, 02/2043555
www.galleriaraffaellacortese.com
Ana Mendieta
➤ 11 maggio
Nazgol Ansarinia
➤ 11 maggio
Silvia Bächli. Avanti. Diventa
➤ 11 maggio
Galleria Riccardo Crespi
via Mellerio 1, 02 89072491
Sebastiano Sofia
➤ 16 aprile
Galleria Scoglio di Quarto
via Ascanio Sforza 3, 02/58317556,
Marco Solzi
➤ 30 aprile
Galleria Seno
via Ciovasso 11, 02/8692868
Sara Forte
➤ 17 aprile
Galleria Tega
via Senato 20, 02/76006473
Pietro Consagra
➤ 28 aprile
Giò Marconi
via Tadino 15, 02/29404373
Allison Katz
➤ 11 aprile
Günther Förg
7 aprile ➤ 21 maggio
Giuseppe Piva
via San Damiano 2, 02/36564455
www.giuseppepiva.com
Samurai
12 maggio ➤ 31 maggio
Gluck 50
02/45484623
Invernomuto
➤ 20 settembre
Kaufmannrepetto
via di Porta Tenaglia 7, 02/72094331
P. Campanini e M. Suarez
6 aprile ➤ 6 giugno
Leica Galerie
via Mengoni 4, 02/70006237
Andy Summers
➤ 3 maggio
Lia Rumma
via Stilicone 19, 02/29000101
Marzia Migliora
➤ 18 aprile
William Kentridge
9 aprile ➤ 12 giugno
Lisson Gallery Milano
via Zenale 3, 02/89050608
Richard Deacon
➤ 29 aprile
Lorenzelli Arte
corso Buenos Aires 2, 02/201914
Alberto Magnelli
➤ 23 aprile
Luca Tommasi
via Tadino 15, 335/242433
Peter Schuyff
➤ 14 maggio
M77 Gallery
via Mecenate 77, 02/84571243
www.m77gallery.com
Bernardo Siciliano
➤ 21 maggio
Maroncelli 12
via Maroncelli 12 , 335/8403484
Martino Fiorattini
11 maggio ➤ 1 luglio
Massimo De Carlo
via Ventura 5, 02/70003987
Massimo Bartolini
6 aprile ➤ 6 giugno
Aaron Young
➤ 25 aprile
Felix González-Torres
20 maggio ➤ 20 giugno
Mirco Cattai
via Manzoni 12, 02/76008959
www.mircocattai.com
Terracotta per l’eternità
12 maggio ➤ 31 maggio
Monica De Cardenas
via F. Viganò 4, 02/29010068
www.monicadecardenas.com
Marco Basta
➤ 7 maggio
Montrasio Arte
via di Porta Tenaglia 1 , 02/878448
Dennis Oppenheim
➤ 9 aprile
Land Art
21 aprile ➤ 12 giugno
Moshe Tabibnia
via Brera 3, 02/8051545
www.moshetabibnia.com
Suolo sacro
6 aprile ➤ 2 luglio
Nuages Arte contemporanea
via del Lauro 10, 02/72004482
José Muñoz
➤ 9 aprile
Nuova Galleria Morone
via Nerino 3, 02/72001994
La sfida di Aracne
➤ 13 maggio
Officine dell’Immagine
via Atto Vannucci 13, 334/5490900
Gohar Dashti. Limbo
➤ 16 aprile
Officine Saffi
via A. Saffi 7, 02/3665696
Kati Tuominen Kuvia
➤ 27 maggio
Palazzo Sorbelloni
c.so Venezia 16, www.sothebys.com
Alik Cavaliere
4 aprile ➤ 8 aprile
Ponti x l’Arte
via Vitali 1, 02/798500
Paolo Facchinetti
➤ 15 aprile
Primo Marella Gallery
viale Stelvio 66, 02/87384885
Nidhal Chamekh
➤ 11 aprile
Progettoarte elm
via Fusetti 14, 02/58123147
Guarneri, Olivieri, Verna
➤ 29 aprile
Prometeogallery
via Ventura 3, 02/26924450
Mechanisms of Power
➤ 17 aprile
Gabriella Ciancimino
➤ 10 maggio
Raucci/Santamaria
via Francesco Redi 23
Cheyney Thompson
➤ 6 maggio
Renata Fabbri
via Stoppani 15/c, 02/91477463
Luigi Carboni
➤ 22 aprile
Ribot gallery
via Enrico Nöe 23, 393/470509323
Vera Kox
➤ 30 aprile
Spazioborgogno
Ripa di Porta Ticinese 113,
335/5654727
Massimo Uberti
➤ 23 aprile
Studio d’Arte Cannaviello
piazzetta Bossi 4, 02/87213215
Siegfried Anzinger
➤ 7 maggio
Studio Guenzani
via Eustachio 10, 02/29409251
Los Angeles 1990-2010
➤ 20 maggio
Studio la Città Temp. Space
via Pestalozzi 4, 045/597549
Jacob Hashimoto
7 aprile ➤ 15 maggio
Superstudio Più
via Tortona 27, 02/422501
Maria Cristina Carlini
12 aprile ➤ 17 aprile
The Mall
piazza Lina Bo Bardi 1
02/36755700, www.miafair.it
MIA Fair 2016
29 aprile ➤ 2 maggio
Tornabuoni Arte
via Fatebenefratelli 34, 02/6554841
Antologia scelta 2016
➤ 30 giugno
Ventura, D. Ghetta Temp. Space
via Ventura 6
Isabella Kohlhuber
➤ 16 giugno
Viasaterna
via Leopardi 32, 02/36725378
Lorenzo Vitturi
5 aprile ➤ 5 giugno
Whitelight Art - Copernico
via Copernico 38
Gino Sabatini Odoardi
➤ 15 aprile
Wunderkammern
via Ausonio 1A
JonOne
➤ 21 maggio
Zero...
via Tadino 20, 02/87234577
Hans Schabus
➤ 24 aprile
Cally Spooner
8 aprile ➤ 7 maggio
Imitatio Christie’s II
8 aprile ➤ 14 maggio
Provincia di Bergamo
BERGAMO
Banca Popolare di Bergamo
piazza Vittorio Veneto 8
ART UP: Cosimo Terlizzi
➤ 30 aprile
Gamec
via San Tomaso 53, 035/270272
www.gamec.it
Ryan McGinley
➤ 15 maggio
Rashid Johnson
➤ 15 maggio
Aldo Rossi. Grafica 1973-97
10 aprile ➤ 10 luglio
Baco - Base Arte Contemp.
via Arena 9
Israel Lund
➤ 15 maggio
Galleria Marelia
via Guglielmo d’Alzano 2b
035/0603115, 347/8206829
Matteo Emery
➤ 30 aprile
Thomas Brambilla
via Casalino 23/25, 035/247418
Thomas Helbig
➤ 6 maggio
Klaus Rinke
7 maggio ➤ 30 luglio
Traffic Gallery
via san Tomaso 92, 035/0602882
Mattia Zoppellaro. Scratches
➤ 7 maggio
Provincia di Como
COMO
Fondazione Antonio Ratti
via per Cernobbio 19, 031/233111
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➤ 17 aprile
Provincia di Varese
VARESE
Varese
Villa e Collezione Panza
piazza Litta 1, 0332/283960
Roxy Paine e Meg Webster
➤ 15 maggio
Galleria Ghigghini
Paolo Borghi
➤ 30 aprile
RHO
Fiera Milano
strada Statale del Sempione 28
02/725941, www.salonemilano.it
Salone del Mobile
12 aprile ➤ 17 aprile
Provincia di Cremona
CREMONA
Museo Civico «Ala Ponzone»
Via Ugolani Dati 4, 0372/31222
Syngenta Photography Award
➤ 17 aprile
GALLARATE
MaGa - Museo Arte Gallarate
via De Magri 1, 0331/706011
www.museomaga.it
Ugo La Pietra
16 aprile ➤ 18 settembre
vaprio d’adda
Villa Castelbarco Albani
via per Concesa 4, 02/90965254
Antiquari in Villa. XIV Edizione
2 aprile ➤ 10 aprile
Provincia di Lecco
LECCO
Palazzo delle Paure
piazza XX settembre 22
0341/286729
LAVENO MOMBELLO
Midec
Lungolago Perabò 5, 0332/625551
Cosmologia domestica
➤ 3 aprile
Provincia di Brescia
BRESCIA
Metropolitana
SubBrixia
➤ 30 giugno
Musei di Santa Giulia
via dei Musei 81b, 030/2977834
www.bresciamusei.com
Christo and Jeanne-Claude
7 aprile ➤ 18 settembre
Lago d’Iseo
www.thefloatingpiers.com
The Floating Piers
18 giugno ➤ 3 luglio
Palazzo Martinengo
via dei Musei 30, 327/3339846,
I vedutisti dell’Ottocento
➤ 12 giugno
APalazzo Gallery
piazza Tebaldo Brusato 35
030/3758554, www.apalazzo.net
Lollipop
➤ 10 maggio
Em’kal eyongakpa
➤ 10 maggio
E3 Arte Contemporanea
via Trieste 30, 339/4822908
Alessandro Boezio
➤ 7 maggio
Galleria dell’Incisione
via Bezzecca 4, 030/304690
www.incisione.com
Michael Kenna
2 aprile ➤ 20 maggio
Galleria Massimo Minini
via Apollonio 68, 030 383034
John Hilliard
➤ 30 aprile
Paci contemporary
via Trieste 48, 030/2906352
Maurizio Galimberti
2 aprile ➤ 30 settembre
Ramera Arte Contemporanea
via Moretto 2/b, 339/0092746
Tiziana De Palma
dal 15 aprile
desenzano del garda
Leonardvs bottega d’arte
vicolo Fosse Castello 10
0185/1772947, www.leonardvs.it
6 visioni
➤ 1 maggio
montichiari
Museo Lechi
Piazza Teatro 23, 030/9650455
Giampaolo Talani
16 aprile ➤ 4 maggio
Gaetano Orazio
➤ 31 agosto
MALGRATE
Casa sull’albero
viale Penati 5/7
www.casa-sullalbero.it
Alan Rankle
➤ 17 aprile
Provincia di Lodi
LODI
Ex Chiesa di San Cristoforo
via Fanfulla 18, 0371/440711
www.fondazionebipielle.it
Persone e personaggi della
Divina Commedia
2 aprile ➤ 1 maggio
Provincia di Mantova
MANTOVA
Museo Archeologico Nazionale
Salvare la Memoria
➤ 2 giugno
Casa del Mantegna
via Acerbi 47, 0376/360506
www.casadelmantegna.it
Vittorio Varrè
➤ 25 aprile
CAstel d’ario
Casa Museo Sartori
via XX Settembre 11/13/15
Di Fiore in Fiore
➤ 10 aprile
Provincia di Monza
e Brianza
MONZA
Arengario
piazza Roma, 039/383220
Robert Doisneau
➤ 3 luglio
Museo della velocità
Ayrton Senna. L’ultima notte
➤ 24 luglio
Villa Reale
viale Brianza 1, 039/39464213
www.reggiadimonza.it
Flagellazione di Cristo di
Caravaggio
➤ 17 aprile
Quattroruote Road to (R)
evolution
➤ 30 settembre
Architettura al Belvedere
➤ 12 settembre
Maurizio Caldirola
via Volta 26
Bernardí Roig
➤ 16 aprile
Joys
21 aprile ➤ 25 giugno
Provincia di Pavia
PAVIA
Pavia
Scuderie del Cast. Visconteo
viale XI Febbraio 35, 0382/33676
Tr. Cremona e la Scapigliatura
➤ 5 giugno
Montesegale
Castello di Montesegale
via Castello, www.museodelfango.it
La luna, la mente e le mani
4 giugno ➤ 26 giugno
Provincia di Sondrio
SONDRIO
Galleria Credito Valtellinese
Palazzo Sertoli, piazza Quadrivio 8
0342/526569, www.creval.it
I libri Einaudi 1933-1983
➤ 23 aprile
Eadweard Muybridge
19 maggio ➤ 31 luglio
Angelo Vaninetti
➤ 28 maggio
design: dariocarta.com
IMI KNOEBEL, Canapé Monochrome Terre d’Ombre Brûlée, 1990, acrilico su legno, cm. 150�x�230�x�10, Collezione Banca Popolare di Bergamo
Incontri ravvicinati con la collezione d’arte
di Banca Popolare dI Bergamo
a cura di Enrico De Pascale
Dal 2014 Banca Popolare di Bergamo promuove il progetto ART UP, un’iniziativa culturale
finalizzata alla conoscenza del proprio patrimonio artistico. Ogni mese un’opera d’arte
della sua collezione viene esposta e illustrata al pubblico nella Sede Centrale di Bergamo.
Una raccolta ampia e articolata, iniziata nel 1869, in cui importanti autori della scena
artistica nazionale – da Baschenis a Fra’ Galgario, da Boetti a Ghirri, da Paolini a Spalletti –
dialogano con i maggiori interpreti del panorama internazionale: Armleder, Buren, Fabre,
Gelitin, Gillick, Halley, Kapoor, Yan Pei-Ming, Stingel, Tillmans, Xhafa…
Banca Popolare di Bergamo | Piazza Vittorio Veneto 8 | Bergamo
Orari: lunedì > venerdì | 8.20�/�13.20 | 14.40�/�16.10
INGRESSO LIBERO
Statua naofora di Amenmes e Reshpu - XIX dinastia, regno di Ramesse II e/o periodo successivo (1279-1186 a.C.) - Calcare egiziano
Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto di Marco Ravenna
www.gallerieditalia.com
Dal 1 aprile al 17 luglio
Gallerie d’Italia - Piazza Scala 6, Milano
Ingresso gratuito per scolaresche e minori di 18 anni
e per tutti i clienti del Gruppo Intesa Sanpaolo
Con il patrocinio di