VELA - Banca di Formello e Trevignano Romano

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Transcript VELA - Banca di Formello e Trevignano Romano

N. 30 - Marzo 2016 - Periodico trimestrale di finanza e cultura - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - Roma Aut. N. 21/2009
IO
VE
VELA
GO
LA
LA RIVISTA DELLA BANCA
DI FORMELLO E TREVIGNANO
DI CREDITO COOPERATIVO
LA RIFORMA
DEL CREDITO
COOPERATIVO
UN MONDO
SOTTERRANEO
I CUNICOLI
DEGLI ETRUSCHI
STORIE DI VITA
DOLORES E LE CAMPANE
DI SANT'AMBROGIO
CAMPIONI
GIOVANNI DE CAROLIS
BCC
CREDITO COOPERATIVO
Formello
e
Trevignano Romano
L'apertura della Porta Santa
“Fratelli e sorelle carissimi, con lo sguardo fisso su Gesù Cristo e
sul Suo volto misericordioso, il Santo Padre, nella solennità della
Beata Vergine Maria, ha aperto il Giubileo straordinario che
dischiude per tutti noi e per l'umanità intera la porta della
misericordia di Dio. In comunione con la Chiesa universale,
questa celebrazione è preludio di una profonda esperienza di
grazia e riconciliazione”.
Esortazione del Vescovo S.E. Mons. Romano Rossi
Santuario della Madonna del Sorbo, 26 dicembre 2015
BCC
CREDITO COOPERATIVO
Formello
e
Trevignano Romano
N
N.. 30
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Periodico
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N.. 21/2009
21/2
2009
IO
VE
VELA
Sommario
GO
LA
LA RIVISTA DELLA BANCA
DI FORMELLO E TREVIGNANO
DI CREDITO COOPERATIVO
LA RIFORMA
DEL CREDITO
COOPERATIVO
UN MONDO
SOTTERRANEO
I CUNICOLI
DEGLI ETRUSCHI
STORIE DI VITA
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Editoriale del Presidente
L’Oleide di Spello
Il Punto del Direttore
I cunicoli degli Etruschi
DOLORES E LE CAMPANE
DI SANT'AMBROGIO
CAMPIONI
6
GIOVANNI DE CAROLIS
B
BCC
CC
CREDITO
CREDITO COOPERATIVO
COOPERATIVO
Formello
Formello
e
Trevignano
Trevignano Romano
Romano
La rivista della Banca
di Formello e Trevignano
di Credito Cooperativo
Periodico trimestrale
Anno 9 - N. 30
Marzo 2016
Registrato presso
il Tribunale di Tivoli
il 27-10-2008
al N. 21/2008
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12
Storie di vita
Ogni anno un Natale speciale
Le Terme di Diocleziano
Agricoltura
Redazione
Viale Umberto I, 92
Formello (Roma)
Tel. 06 90 14 30 95
Direttore Responsabile
Gino Polidori
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14 Il destro vincente
Redattore
Armando Finocchi
Ufficio Soci
Tel. 06 90 14 30 55
Stampa
Miligraf Srl
Via degli Olmetti, 36
Formello (Roma)
Tel. 06 90 75 142
Hanno collaborato
a questo numero:
Francesco Braghetta
Claudio David
Emanuela Gizzi
Luca Graziani
In copertina:
Particolare dei cunicoli
etruschi di Formello in uno
scatto di Alfonso Maria
Mongiu, fotografo
professionista che svolge
incarichi per riviste, agenzie
di comunicazione e musei
sui temi delle risorse storicoambientali
www.bccformello.com
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16 Il Premio letterario
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Vairo-Malavasi
La Banca incontra gli studenti
Salute
Navigare nella storia
Musica
Politica internazionale
Le ortensie fiorite reclinarono il
capo alla morte della dolce
Dolores. Ben presto appassirono.
In autunno una falce impietosa
tagliò gli arbusti riarsi dal sole.
Raccontiamo la sua storia a pag. 8.
Varata la riforma
del Credito Cooperativo
Il 16 febbraio scorso è entrato in vigore il Decreto Legge concernente la riforma delle Banche di Credito Cooperativo, che innova sensibilmente sia il loro modo di essere che le regole a cui
debbono sottostare. Con qualche novità, peraltro contestata dal
mondo bancario, sul testo in precedenza concordato tra i vertici
di Federcasse e lo stesso Governo. Tutti sperano per questo motivo in alcuni aggiustamenti in sede di conversione in legge. Ma andiamo con ordine. Le Banche di Credito Cooperativo dovranno aderire ad una società capogruppo, costituita in forma di società per
azioni, il cui patrimonio netto dovrà essere superiore ad un miliardo di euro. Presumibilmente sarà dunque un unico gruppo bancario cooperativo a livello nazionale.
L’adesione alla nuova Spa è obbligatoria, pena il ritiro della licenza bancaria o la modificazione della ragione sociale. L’adesione tuttavia non è automatica perché ogni istituto
di credito dovrà sottoscrivere un “patto di coesione” che disciplina la direzione e il coordinamento della capogruppo su tutte le banche, gli indirizzi strategici ed obiettivi operativi, i poteri necessari per tale attività proporzionati alla rischiosità di ogni singola banca
aderente. Sono compresi anche i controlli e i poteri d’influenza per assicurare il rispetto
dei requisiti prudenziali e delle altre disposizioni in materia bancaria. Tali poteri si spingono perfino, laddove esistano i presupposti, anche alla rimozione e sostituzione di singoli consiglieri e, ove occorra, della maggioranza degli organi di amministrazione e di
controllo.
Il Decreto Legge citato (14 febbraio 2016, n.18) prevede in buona sostanza norme più o
meno desunte dal progetto di autoriforma presentato da Federcasse con l’aggiunta però,
come detto, di alcune modificazioni al testo concordato, la più importante delle quali è
quella relativa alla cosiddetta “Way out”, ovvero la possibilità di non aderire a un’unica
capogruppo attraverso il “contratto di coesione”. Ne possono usufruire però soltanto le
Banche che abbiano almeno 200 milioni di patrimonio netto, alle quali è imposto l’obbligo, in tal caso, di versare allo Stato un balzello fiscale pari al 20% delle riserve accumulate in esenzione d’imposta.
Una previsione questa - qualcuno sostiene sotto la spinta di alcune banche toscane - di
sicuro dirompente e in ogni caso contraria allo spirito della riforma che tende a porre sotto lo stesso ombrello tutte le Banche di Credito Cooperativo. Si parla di una ventina di
BCC che hanno i requisiti per eludere l’obbligatoria adesione alla nuova Spa. Sono ovviamente quelle con più dotazione patrimoniale, con conseguenti riflessi sugli eventuali
oneri in capo a tutte quelle che entreranno nel Gruppo.
Vedremo ora se in sede di conversione in legge verranno apportate le modifiche richieste,
che non si limitano soltanto alla eliminazione della “Way out”.
Il Presidente
Gino Polidori
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VELA CREDITO COOPERATIVO
L’Oleide di Spello
Ritorna il grande evento organizzato dalla BCC di Spello e Bettona, con cui da
anni abbiamo stretto un gemellaggio. L'edizione di quest'anno si tiene sabato
23 e domenica 24 aprile, tra degustazioni di bruschette in piazza e osterie
aperte nei vicoli medievali. Da non perdere.
Oleide nasce dalla volontà di valorizzare le tipicità regionali dell'olio e le famiglie produttrici,
ma anche di creare occasioni di incontro tra tutti i
soci delle BCC italiane. Agli eventi in piazza e agli
stands eno-gastronomici si alternano convegni e riflessioni sul ruolo che le nostre aziende possono ricoprire nel mercato nazionale e internazionale. In
tutto il mondo, infatti, sono richiesti prodotti certificati
e di qualità, che con il loro gusto genuino sanno anche raccontare l'indentità culturale di chi da secoli li
coltiva con passione e competenza. “Anche le BCC
- si affermava in un recente convegno - hanno una
tradizione e un'esperienza specifica: quella di conoscere i territori, accompagnandoli nella loro storia
L’
senza imporre loro strategie nate altrove. Il dovere
storico del Credito Cooperativo è quello di difendere
queste tradizioni, aprirle all'innovazione e tramandarle alle prossime generazioni”.
L'evento più spettacolare dell'Oleide è la “Disfida
della bruschetta”: ispirata a un duello che nel Cinquecento oppose i cavalieri italiani a quelli francesi,
è una giocosa gara tra alcune BCC provenienti da
tutta Italia, ognuna interprete di metodi di coltivazione, tecniche di spremitura e ricette legate all'olio
extra-vergine d'oliva. I visitatori stessi voteranno la
bruschetta più buona. La nostra Banca ha vinto la
prima edizione e anche quest'anno presenterà l'olio
delle nostre colline.
L'olio, un succo di storia
Quando alla fine del Settecento il grande poeta tedesco Wolfang Goethe varcò le
Alpi per visitare l'Italia, fu la presenza degli ulivi a fargli capire di essere entrato nella
civiltà del Mediterraneo, cresciuta attorno all'ulivo e al suo prodotto più prezioso,
l'olio. Non è soltanto un eccezionale alimento per condire e conservare i cibi, ma
nei secoli dall'olio sono stati ricavati combustibili per illuminare, unguenti per la
pelle, sansa per alimentare le stufe, saponi e creme di bellezza. L'olio ha anche ispirato gli artigiani nella costruzione di lucerne di argilla, già utilizzate dai greci e dai
romani, e che avevano talvolta le sembianze di animali, frutti o volti umani. Raffinate
lucerne in ottone erano in uso fino al secolo scorso e tramontarono soltanto con la diffusione della luce
elettrica. Le oliere erano invece modellate in vetro o lamiera oppure ancora in argento e oro per le tavole
della nobiltà. L'olivo ha intrecciato i suoi rami anche con le famiglie socie della nostra Banca: qui nella foto
vediamo la raccolta delle olive nelle campagne di Formello negli anni 50, mentre a pagina 12 intervistiamo
il produttore Domenico Di Fabio, a Trevignano.
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Un lungo percorso
di trasformazioni
Quella del 14 febbraio scorso è una delle più importanti riforme che
il Credito Cooperativo ha affrontato sin dai tempi della prima Cassa
Rurale italiana, nel lontano 1883. Da quel momento sono trascorsi
più di 130 anni e abbiamo sempre saputo interpretare i cambiamenti.
Qualche esempio.
Nel 1909 nasceva la Federazione nazionale delle Casse Rurali, per unire le tante esperienze di
cooperazione che stavano nascendo in tutta Italia, anche in seguito all'enciclica Rerum Novarum
di papa Leone XIII, che affermava la partecipazione alla vita sociale secondo gli ideali cristiani.
Erano gli albori di quella struttura “a rete” giunta fino ad oggi, con federazioni regionali e una
federazione nazionale.
A metà Novecento prima la legislazione fascista e poi una guerra disastrosa riducevano al minimo gli istituti di credito cooperativo, con gli uomini al fronte, dispersi o mai ritornati a casa.
Eppure la nostra storia non si è interrotta. Con il dopoguerra, ecco allora nascere altre Casse rurali e riaprire quelle chiuse, protagoniste della ricostruzione e dello sviluppo sociale ed economico a cui ancora oggi dobbiamo gran parte del nostro benessere. Non a caso è in quegli anni
che nasceva la nostra Banca, con due comitati promotori a Formello e a Trevignano.
Nel 1963 veniva costituito l’Istituto di Credito delle Casse Rurali e Artigiane (Iccrea), per coordinare le funzioni di credito delle singole banche, quando l'intera società italiana stava cambiando
la sua fisionomia, da paese agricolo a paese vocato anche all'industria e ai servizi. Successivamente la capogruppo di impresa, Iccrea Holding Spa, avrà funzioni di indirizzo, coordinamento
e controllo delle società partecipate.
Il rispetto dei depositanti, un tema tanto dibattuto in questi mesi, per noi è un valore assoluto.
Già nel 1978 veniva creato il Fondo Centrale di Garanzia, primo strumento di tutela dell’industria
bancaria italiana, sostituito e rafforzato in seguito dal Fondo di Garanzia dei Depositanti del
Credito Cooperativo (FGD) e dal Fondo Garanzia degli Obbligazionisti (FGO), strumento volontario ed esclusivo delle BCC, che tutela i nostri clienti portatori di obbligazioni. Recentemente è stato creato il Fondo di Garanzia Istituzionale (FGI), con il quale sono state sostenute
alcune BCC che presentavano delle criticità.
Nel 1993 le Casse rurali ed artigiane cambiavano nome, diventando ufficialmente Banche di
Credito Cooperativo, con l'entrata in vigore del “Testo Unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia”, che estendeva la nostra operatività per competere alla pari in un mondo economico
sempre più interconnesso.
Ora, questa nuova riforma. Siamo pronti a scrivere con tutti voi un'altra pagina di storia italiana.
Mario Porcu
Il Direttore
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VELA TERRITORIO
I cunicoli degli Etruschi
Benvenuti nel mondo sotterraneo in cui l'uomo e l'acqua
hanno modellato la pietra vulcanica.
il più spettacolare ed esteso
luogo segreto nei dintorni di Roma”, afferma senza
esitazione Luigi Plos, naturalista per passione e scopritore dei paesaggi più
suggestivi del Lazio. “Entrare nei cunicoli con i
piedi nell’acqua e nel
fango, vedere i giochi di
luce, in particolare di
quella che arriva dall’alto
dai pozzi di servizio che si
aprono come lucernari, è un'immersione totale, fisica e mentale,
in un mondo arcano”. Siamo dentro ai canali sotterranei scavati
dagli Etruschi di Veio.
“È
INCANALARE
LE ACQUE
Vennero costruiti più di
2.500 anni fa per captare
e raccogliere le acque piovane verso cisterne o invasi di raccolta, oppure
per drenare le acque ed
evitare il dilavamento
del suolo. In alcuni
casi la volta ha ceduto
e quelli che oggi ci appaiono come dei semplici fossi non sono altro
che i letti di antichi cunicoli. E del resto è stato
lo scorrimento dell'acqua a
renderli del tutto simili, erodendo il morbido tufo in canali
sotterranei e “marmitte” secondo la portata o la velocità
di scorrimento.
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Possiamo immaginare che per la maggior parte dell'anno la portata era
modesta, per poi gonfiarsi improvvisamente dopo un temporale ed
erodere con forza dirompente. E
siccome i cunicoli presentano tipi
diversi di roccia, lo scorrimento
dell'acqua ha formato pareti ondulate, con un effetto assai suggestivo, soprattutto se la luce penetra e si incanala anch'essa,
come l'acqua, tra le fenditure e le
rientranze.
I POZZI DI DISCESA
I cunicoli si trovano in genere a una
profondità compresa tra 2 e 10 metri
e in origine avevano le dimensioni
che permettevano a un uomo di
scavare. Quindi erano alti non più
di 1,80 metri e larghi almeno 60,
70 centimetri. La pendenza varia
tra l'1 e il 3%. A distanze regolari,
circa 40 metri, si trovano i pozzi di
discesa verticali: al momento dello
scavo ogni pozzo aveva un diametro
di circa un metro, ma a causa dell'erosione queste aperture superficiali sono oggi larghe anche 5 o 6
metri, talvolta accerchiate dalle radici di alberi rimaste magicamente sospese in aria dopo crolli successivi. Questi pozzi servivano di certo per portar
via il tufo appena scavato e per permettere la manutenzione del cunicolo,
calandosi al suo interno alla flebile
luce di una torcia.
FORMA, FORMELLO
Probabilmente è proprio dalla parola
latina “forma” (canale o condotto) che
TERRITORIO VELA
ha preso il nome la comunità di Formello, quando attorno al X secolo
vi si rifugiarono i contadini che
in precedenza vivevano
nelle fattorie della Domusculta Capracorum, il sistema di poderi, chiese e
case coloniche voluto
dal Pontefice.
Di questo parere sembra essere anche lo storico seicentesco Famiano
Nardini, che scriveva: “è meraviglioso lo spazio ch'è tra Formello e Isola [Farnese] quasi tutto
pensile per li tanti cuniculi, ch'egli ha
sotto. Molti rivi v'hanno longhi transiti sotto
terra, opere meravigliose, dalle quali forse acquistò il nome di Formello”.
Nardini dimostrò di avere un intuito inarrivabile per
i suoi contemporanei, osservando il paesaggio con
attenzione e confrontandolo con la documentazione
storica di cui venne in possesso. Fu proprio lui ad
affermare che le rovine di Veio si trovavano vicino
ad Isola Farnese, e non vicino a Civita Castellana,
come credevano in tanti.
IL CUNICOLO DEGLI OLMETTI
È il cunicolo meglio conservato del territorio di Formello. Lungo più di 5 km, ha origine ai piedi di
Monte Massaruccio, in località Albereto, quindi non
distante dal borgo medievale, e termina in località
La Selvotta con una scenografica cascata, in questo
caso in prossimità della città etrusca di Veio. Ancora
oggi vi confluiscono le acque superficiali.
In alcuni tratti corre a cielo aperto, quando la volta è
crollata, in altri ancora nel cunicolo originario, non
modificato dalle acque e perfettamente conservato.
In località Albereto il cunicolo nella parte alta è ancora
visibile nella sua configurazione originaria, con le
tracce di scavo intatte, mentre in basso l'acqua ha
modellato la roccia in scenografiche forme.
Tiziana Guida, geologa e direttore della rivista “Professione Geologo”, studia i cunicoli di Formello da
dieci anni. “Altre zone del Lazio presentano simili interventi idraulici, ma la rete dei cunicoli di Formello
è una tra le più capillari, e si potrebbe pensare ad
elaborare un “Piano delle forre e dei cunicoli” che
identifichi specifici strumenti di tutela e valorizzazione, al fine di una fruizione turistica ecocompatibile”, dice. Nel frattempo ha proposto e ottenuto l'isti
tuzione del geosito “Cunicolo dell'Albereto”, entrato
a far parte dell'Inventario nazionale dei geositi.
UN TERRITORIO PRIMIGENIO
Incamminarsi nelle forre, entrare con circospezione
in questi antichi cunicoli ci riporta a un territorio
primigenio, dove l'opera dell'uomo è così antica
da considerarsi dimenticata a favore delle piante e
degli animali. L'uomo si appropriò dell'opera della
natura, solcando con strumenti rudimentali il tufo
formatosi dal raffreddamento delle lave vulcaniche.
Ma poi la natura si è riappropriata dell'opera dell'uomo, e varcare oggi questi ingressi sotterranei ci
porta dritti verso i segreti della Terra.
LUIGI PLOS
Appassionato naturalista, ha riportato l’attenzione su siti dimenticati da secoli ed è l’animatore del gruppo Facebook
“Luoghi segreti a due passi da
Roma”. È possibile leggere gli articoli delle sue esplorazioni sul sito
www.luigiplos.it
TIZIANA GUIDA
Geologa, libera professionista, opera
prevalentemente nel campo della
difesa del suolo e della geologia applicata alla pianificazione territoriale. È responsabile della comunicazione
dell'Ordine dei geologi del Lazio e
cura progetti ed eventi per la divulgazione delle tematiche geologiche.
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VELA STORIE DI VITA
Dolores e le campane
di Sant’Ambrogio
u via Roma, all’angolo con viale Umberto I, si
affacciava una graziosa villetta, oggi riconvertita
ad attività commerciale. Piccoli souvenir di terracotta ornavano la facciata e un filare di ortensie
correva lungo i muretti di recinzione. A una delle
colonne del cancello d’ingresso c’era una targa:
“La Trappola del sole”.
S
Vi abitava Dolores, un’anziana signora milanese, sempre sorridente, cortese con tutti, che passava gran
parte della giornata alla finestra per vedere i bambini
giocare nel giardino di fronte. Era nata a Milano nel
1895 da una famiglia benestante e fin da piccola frequentava lo studio medico del padre, avvicinandosi
così alla sofferenza degli altri. Proprio questo segnerà
il suo destino. Allo scoppio della prima guerra mondiale partì come crocerossina al seguito delle truppe.
Negli ospedali da campo dove venivano ricoverati i
nostri soldati, non c’era spazio per il riposo e Dolores,
poco più che ventenne, non lesinò la fatica per curare
quei giovani soldati arrivati fin lì in condizioni il più
delle volte disperate.
Un giorno ne portarono uno con gravi ferite per
l’esplosione di una mina. Aveva bisogno di continue
cure e tanto conforto per lenire il dolore e alimentare
la speranza di aver salva la vita. La giovane crocerossina ogni giorno era al suo fianco pronta a curare, a
incoraggiare, cambiare bende, somministrare farmaci
e dispensare sorrisi. Quel giovane ferito era Domenico
La Ragione, classe 1889, ed era di Formello. Nessuno
dei due poteva immaginare che quell’incontro avrebbe
cambiato la vita di entrambi. Col passare dei giorni
nacque tra loro un legame sottile che pur tra tanto
dolore diventò ben presto vero grande amore.
Finita la guerra si sposarono e andarono ad abitare a
Milano nei pressi della Basilica di Sant’Ambrogio in
un elegante appartamento non distante da quello
della famiglia di lei. Quando dal campanile dei Monaci della chiesa del Santo Patrono il suono delle
campane scendeva nelle strade adiacenti avvolgendo
ogni cosa, il cuore di Dolores si apriva alla gioia e
alla speranza di una vita finalmente felice. Quel concerto campanario di cinque bronzi in Do3 maggiore
crescente scandiva i suoi giorni felici, pur nella mancanza di figli che non arrivarono mai, diventando
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STORIE DI VITA VELA
pian piano portatore di ricordi lontani e di sogni legati
a un avvenire luminoso.
Durante i mesi estivi i due coniugi venivano a Formello
per trascorrere le vacanze con la famiglia di Domenico,
facendo provare a Dolores il caldo delle colline formellesi e i profumi della campagna romana. Vestiva
con eleganza e quando usciva di casa nei giorni di
festa indossava sempre cappellini colorati, antico retaggio della borghesia ambrosiana.
Dopo la seconda guerra mondiale, con l'avanzare dell'età e il raggiungimento della pensione, decisero di
lasciare le nebbie del Nord per venire ad abitare quaggiù, in una villetta fatta appositamente costruire, che
vollero chiamare “La Trappola del Sole”, quasi a esorcizzare il freddo padano e i miasmi della grande città.
E anche quelli furono anni felici, specialmente per
Domenico che aveva sempre sentito nostalgia del
paese natale. Poi il compagno della vita morì improvvisamente nel 1966, e da quel giorno la prospettive
della gentile signora lombarda cambiarono di colpo.
Un velo di tristezza calò nel suo cuore, senza farle
perdere tuttavia i consueti modi gentili verso coloro
che di tanto in tanto andavano a farle visita.
Era Carlotta, una vicina di casa, che provvedeva alle
sue necessità, e le portava dal vicino ristorante Bovarelli
il pranzo e la cena. La cucina della Trappola del Sole
era ormai un luogo di ricordi, con piccoli oggetti colorati disseminati perfino sulla macchina del gas, foto
di gioventù e pupazzetti di stoffa che le facevano compagnia durante le giornate passate in attesa di niente.
Si animava soltanto all’approssimarsi delle feste natalizie, quando si recava nei negozi del paese per comprare tanti piccoli regali che collocava sui bracci di
un appendiabiti a forma di Pinocchio, un altro personaggio da fiaba della sua casa.
Per il 7 dicembre, festa di Sant'Ambrogio, le braccia
del burattino erano cariche di pacchetti. Di buon
mattino usciva sulla veranda, tirava fuori il suo appendiabiti e cominciava a distribuire i regalini colorati a chiunque passava lì davanti, dal dipendente
comunale che puliva le strade, ai ragazzini che andavano a scuola, ai vicini di casa.
“Venite, venite - diceva con forza - oggi è Sant’Ambrogio protettore della mia città e anche se così
lontane sento le campane
suonare, le sento, le sento, le
sentite anche voi?”
A chi si attardava per ringraziarla, descriveva l'indimenticabile armonia del campanile
dei Monaci che aveva accompagnato i tempi felici della
propria giovinezza.
Passarono altri anni finché in
una notte d’inverno del 1988
cadde procurandosi la rottura
del femore. Ritornò dall’ospeDolores Tortima
dale qualche tempo dopo, ma
ormai la sua salute era compromessa, non poteva più vivere da sola.
Per la solitudine in cui era costretta a vivere, unica
compagna ormai dell’ultimo tratto della sua esistenza,
fu consigliata di ricoverarsi in una casa di cura del viterbese. Ma lei rifiutava di andarci, voleva rimanere in
quella villetta con ampie finestre su via Roma, così
piena di ricordi. Ma quel giorno purtroppo arrivò.
Prima di partire disse alla sua amica Artemide, che
si era recata a salutarla, di non preoccuparsi, di
stare tranquilla perché finita la cura sarebbe certamente tornata.
Non fu così. Nella casa di riposo, consapevole forse
che il suo destino si sarebbe concluso in quel posto
sconosciuto, si chiuse in un ostinato silenzio. Non
parlava e non rispondeva a nessuno, neanche a chi si
recava a farle visita. Con la testa costantemente appoggiata sul petto per non uscire da quel suo nuovo
mondo fatto di silenzio e tristezza, morì nel maggio
del 1988, proprio quando il filare delle ortensie, che
tanto amava, coronò di colori il marciapiede di fronte
alla Trappola del Sole.
Ben presto però anch’esse reclinarono il capo e con il
caldo rovente di Agosto appassirono. In autunno una
falce impietosa tagliò gli arbusti riarsi dal sole.
Oggi Dolores, Dolores Tortima, riposa nel cimitero di
Formello in una piccola tomba accanto al suo sposo
Domenico, e sopra a quella dell’amica del cuore Artemide. (G.P.)
VELA CON IL PATROCINIO DELLA BANCA
Ogni anno
un Natale speciale
A Formello e a Campagnano le associazioni dei commercianti hanno riscaldato i
giorni di festa con giochi per bambini, zucchero filato, luminarie e un concorso
fotografico.
La foto vincitirice del concorso “Scatta e vinci”
e attività commerciali animano le nostre comunità: sono negozi storici dalla lunga tradizione
oppure start-up innovative create da giovani imprenditori. Quasi tutti i commercianti sono soci o correntisti della BCC. Si riuniscono periodicamente, sottoscrivono quote annuali per organizzare gli eventi,
si danno da fare in prima persona. Senza di loro i
nostri paesi sarebbero tristi dormitori.
“In questi anni, da quando è stata rifondata nel 2003,
l'Associazione dei commercianti di Formello per ogni
Natale ha ideato una festa: con i gonfiabili per bambini, le automobili d'epoca, le bancarelle o le pizze
fritte”, ci dice Erminio Lurci, il presidente, che con
Anna Clara D'Alessio e Teresa Ronzetti ha coinvolto
tutti gli altri commercianti. Una delle iniziative più
curiose è quella di accogliere i fedeli che la sera del
24 dicembre escono dalla messa con una nevicata
artificiale, in piazza San Lorenzo, o quella di invitare
gli zampognari a suonare per le vie del paese.
L
10
E anche quest'anno i commercianti hanno saputo divertire i più piccoli, con giochi e zucchero filato.
“Nell'epoca dei grandi centri commerciali, anonimi
e quasi stordenti, fare shopping nelle vie dei nostri
paesi ha riacquistato tutto il suo fascino”, afferma
Monica Cardinali, presidente dell'Associazione dei
commercianti di Campagnano, ricostituita nel 2014
con il nome di Ascoarca. “Il bravo venditore sa
consigliare il cliente, perché il rapporto umano
viene prima di quello economico. Ci si scambia
soprattutto fiducia”. Quest'anno l'associazione campagnanese ha proposto un concorso fotografico per
immortalare gli angoli più suggestivi del paese. In
palio c'era un buono-spesa nei negozi associati. A
vincere è stata Martina Britelli, di Sacrofano, che si
trovava a Campagnano proprio per passeggiare
lungo il corso tra i negozi aperti: ha fotografato la
fontana di piazza Cesare Leonelli con i caratteristici
delfini in travertino.
CONOSCERE ROMA VELA
Le Terme di
Diocleziano
Aggirandoci tra queste architetture
monumentali comprendiamo che i
Romani volevano costruire per
l'eternità.
lavori vennero avviati nell'anno 298, demolendo
un intero quartiere esteso per più di dieci ettari.
Appena otto anni dopo, le terme furono inaugurate.
Erano imponenti, grandi il doppio rispetto alle Terme
di Caracalla, con migliaia di vasche, aule e mosaici:
il più spettacolare complesso termale dell'antichità,
per almeno due secoli luogo di incontro, divertimento e benessere.
Iniziarono la loro decadenza con le invasioni dei
Goti, nel 537, quando anche la popolazione di
Roma era notevolmente diminuita. Apparvero allora,
destino comune a molte opere antiche, come
enormi cave per prelevare materiali edili destinati a
nuove costruzioni. Lo stesso pontefice Sisto V, alla
fine del Cinquecento, è qui che attinse marmi e
mattoni per edificare la sua villa sull'Esquilino. E
tuttavia questo luogo, ormai solitario, attorniato da
orti e utilizzato anche come ricovero per cavalli,
non finiva di incantare artisti e viaggiatori. I grandi
ambienti delle terme vennero invece riutilizzati nei
secoli come depositi di grano e di olio, mentre in
anni più recenti alcuni edifici hanno ospitato carceri,
scuole e uffici postali.
Anche una piccola chiesa appariva addossata alle
mura antiche, e nello stesso periodo venne ampliata
nella basilica che vediamo oggi: dal genio di Michelangelo nasceva la certosa di Santa Maria degli
Angeli e dei Martiri. Si credeva infatti che i lavori
erano stati eseguiti in gran parte da cristiani resi
schiavi, considerando che proprio negli anni di Diocleziano si consumava l'ultima grande persecuzione
dei seguaci di Cristo. Michelangelo riutilizzò le architetture romane creando una basilica eccezionalmente larga. I grandi spazi delle terme romane avevano ammaliato anche lui.
I
Il calendario
Sabato 12 marzo: Villa dei Quintili
La più estesa e fastosa residenza del suburbio romano si
estende sulla via Appia ed evoca la memoria dei due
fratelli proprietari, cui venne confiscata per ordine di Commodo: consta di un quartiere ufficiale, un'area residenziale,
grandi aule termali, decorazioni policrome, cisterne per
l'approvvigionamento idrico e tanta storia da raccontare.
Sabato 7 maggio: Chiesa dei Cappuccini
Dopo due anni di restauro torna a brillare questo favoloso
gioiello del Seicento romano, autentico scrigno che custodisce gelosamente i suoi tesori: le pale d'altare dei più famosi
artisti romani, i monumenti funerari, il museo sulla santità
cappuccina, la celebre cripta con le ossa dei defunti.
Sabato 11 giugno: Palazzo Doria-Pamphilj
di Valmontone
Alla scoperta del maestoso palazzo, all'epoca inserito in
un complesso urbano provvisto di foresteria, armeria,
stalle, granaio, carceri, botteghe e decorato su tutto il
piano nobile con uno splendido ciclo di affreschi seicenteschi recentemente recuperati.
Le partenze in pullman avvengono da Trevignano (ore
8:00) e da Formello (ore 8:30). È necessario prenotarsi
ad ogni singola gita, fino all'esaurimento dei posti disponibili, al numero 06 90 14 30 55 (Ufficio Soci). Ad
attenderci ci sarà la nostra bravissima guida Valeria Marino. Ogni socio può farsi accompagnare da un famigliare. Chiediamo ai nostri soci prenotati di mantenere
l'impegno o, in caso di un imprevisto, di avvertire dell'assenza entro il giovedì precedente la data della gita,
in modo da dare tempo all'Ufficio Soci di contattare i
prenotati nella lista di riserva.
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VELA AGRICOLTURA
AZIENDE
Quando si dice:
coltivare una passione
A Trevignano incontriamo Domenico Di Fabio, da mezzo
secolo appassionato coltivatore di olivi.
AGRICOLTURA VELA
i lasciamo il paese alle spalle per salire leggermente verso le colline, in una località da decenni chiamata “Campo L’Olivo”, di certo perché
gli olivi qui crescono bene, riparati dalla tramontana,
e fruttificano baciati dal sole. Ad accoglierci c'è il
nostro socio Domenico Di Fabio, classe 1937, che
questi olivi li ha piantati più di sessanta anni fa.
C
E pensare che era un terreno abbandonato.
C'erano rovi e sterpaglie. Il terreno l'avevo ereditato
da mio nonno. Ho pulito e dissodato tutto il campo
e ho piantato gli olivi. Dopo la guerra, l'azienda
agricola di Vicarello funzionava bene. L'Ispettorato
agrario vi faceva corsi gratuiti di potatura. Avevo 16
o 17 anni e vi partecipai. Eravamo una quindicina,
noi ragazzi di Trevignano. Iniziai ad amare questa
pianta.
A Vicarello lavorava anche tuo padre.
Sì, fino alla guerra. Partì per il fronte e non tornò
più. Si chiamava Giuseppe. Morì in un campo di
prigionia in Polonia e solo dopo tanti anni sono riuscito a riportare le sue spoglie a Trevignano.
Ironia della sorte, l'olivo è un albero di pace.
L'olivo è un albero straordinario e arricchisce la nostra tavola con l'olio, il segreto della dieta mediterranea. Ed è anche simbolo di operosità e di pace, è
vero. Ho piantato due qualità di olivo: il leccino e
il frantoio. Il leccino resiste meglio alla stagione
fredda. Il frantoio invece è più delicato; noi lo chiamiamo “la nostrana”.
In questi giorni stai ultimando la potatura.
Tra i rami deve passare il sole. Per questo gli olivi
vengono potati facendo crescere tre o al massimo
quattro rami principali: si chiama impalcatura. Le
piante giovani hanno una potatura a piramide, che
dalla punta si allarga fino alla base del ramo. Le
piante adulte hanno invece una chioma più uniforme. Gli olivi vanno potati quando non fa freddo,
perché i tagli e le ferite inferti dalla potatura con la
basse temperature possono danneggiarli. L'olivo rallenta il suo ciclo vitale, ma non va a riposo come
invece il pesco o il susino.
Ti piace lavorare personalmente in campagna?
L'agricoltura ha bisogno di passione, cura e pazienza, ma ci ripaga con dei frutti non solo materiali.
È una forma di armonia con il mondo. Lavoro ancora
con entusiasmo: ho un trattore cingolato Fiat 25 del
1956, un morgano e una spandi-letame. Certo, invece della raccolta a mano oggi usiamo gli abbacchiatori ad aria compressa. In meno di una settimana
tra le nostre 70 piante riusciamo a raccogliere 30
quintali di olive, negli anni buoni quasi 40.
Dopo la raccolta, quando vanno macinate le olive?
L'oliva va macinata prima possibile. Dopo la raccolta, va conservata in cassette arieggiate, con tutte
le foglie, perché le foglie evitano che le olive si ammassino. In questo modo le drupe rimangono intatte.
Le olive devono prendere aria e non vanno lasciate
in luoghi chiusi e troppo caldi; è meglio tenerle
sotto un portico, protette dal sole e dalla pioggia.
Ma al più presto bisogna portarle al frantoio. L'ideale
sarebbe raccoglierle il giorno e macinarle la sera
stessa. In questo modo l'olio avrà poca o nessuna
acidità. È l'olio migliore.
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VELA CAMPIONI
Il destro vincente
In un match intenso e senza esclusione di colpi lo scorso 9 gennaio
Giovanni De Carolis è diventato campione mondiale WBA dei pesi
supermedi. Vi raccontiamo la sua storia e la sua visione dello sport in
un'intervista esclusiva. È nostro correntista all'Agenzia di Monterosi.
ottobre 2015, Karlruhe, Germania. Sul ring
Giovanni De Carolis, classe 1984, sfida il campione in carica Vincent Feigenbutz. Anche Giovanni,
dopo alterne vicende tra le categorie dei pesi medi e
dei supermedi, fino a quel momento ha al suo attivo
stupende vittorie ai punti o per KO tecnico. Suona la
campanella del ring: Giovanni è forte nelle prime riprese ma poi subisce il ritorno di Feigenbutz, che alla
fine vince ai punti: 115 a 113. Una sconfitta di misura
che consente al nostro pugile di ottenere la rivincita.
E la rivincita va in scena sempre in Germania, il 9
gennaio di quest'anno, alla Baden Arena di Offenburg.
“Duemila anni dopo la battaglia nella foresta di Teutoburgo, sconfiggeremo di nuovo l’esercito romano”,
aveva dichiarato baldanzosamente Feigenbutz fa-
17
14
cendo riferimento alla sanguinosa battaglia che aveva
decimato i legionari romani. Ma qualcuno già intuisce
che stavolta le cose andranno diversamente.
Il match è vibrante. Giovanni parte di nuovo all'attacco e fa sue le prime riprese, usa il destro per
colpire e il sinistro per arginare, con combinazioni
efficaci che più di una volta costringono il tedesco
alle corde, che però resiste e anzi si riprende nella
parte centrale dell'incontro. Giovanni dà il meglio di
sé nel nono e nel decimo round, colpisce al volto,
sferra due destri potenti. Il tedesco non cade ma si
aggrappa alle corde. L'arbitro sorregge Feigenbutz,
capisce che ormai non c'è storia, sospende il match.
In quel momento Giovanni De Carolis è campione
del mondo dei supermedi.
IL FILO DELLACAMPIONI
MEMORIA VELA
Lo incontriamo nella sua palestra NEXT, sulla Via
Cassia, a Monterosi, prima del bivio per Nepi, tra
persone di tutte le età che hanno scelto di curare il
corpo e la mente con una sana attività sportiva. Lo
salutano, gli chiedono consigli, si complimentano
ancora con lui per la recente vittoria.
Come è nata la passione per la boxe?
Mi sono avvicinato al pugilato quasi per caso. Giocavo a calcio nell'Almas Roma. Ero centrale di difesa
e ho iniziato a frequentare una palestra per rafforzare
la muscolatura. Lì ho visto degli sportivi che praticavano pugilato. Non il body-building, ma proprio
la boxe. Non per scolpire il corpo, quindi, ma per
essere forti davvero. Mi affascinarono subito le caratteristiche del pugile: la forza, la resistenza, la velocità, la tattica.
Dietro a questa vittoria ci sono anni di sacrifici.
Per seguire la mia passione ho lavorato come cameriere e poi in una rivendita di materiali edili, anche quando nel 2007 sono diventato professionista.
La ditta di materiali edili è diventata uno dei miei
sponsor, li ringrazio.
Hai avuto grandi maestri?
Sì. Nella palestra di pugilato il maestro ti orienta e
ti costruisce. Interpreta le tue caratteristiche, picchiatore o schermidore, e fa emergere le tue potenzialità. Il pugilato è uno sport individuale solo in
apparenza. Nella mia vittoria c'è il lavoro dei maestri
Italo Mattioli e Luigi Ascani, del preparatore atletico
Antonello Reggina e del nutrizionista Carmine Orlandi. Ognuno con la sua specializzazione.
Dopo estenuanti allenamenti, un pugile diventa
tale solo sul ring.
Sul ring il combattimento è la fusione tra testa e
cuore. Il cuore non ti fa mollare quando prendi un
colpo duro. Ma soltanto con il cuore ti fai travolgere
dagli istinti, se la testa non sa controllarli.
A un certo punto hai lasciato gli altri lavori per
combattere e insegnare boxe.
Sempre nel 2007 conseguii gli attestati da tecnico di
pugilato e iniziai a tenere corsi in alcune palestre di
Roma. Avevo capito che questo era il mio futuro professionale e non solo sportivo. Aprii una prima palestra
in un centro sociale a Mazzano. “Intrepida”, si chiamava. Da quel momento al mio fianco c'è Veronica,
mia moglie, insegnante di fitness. Venivano già allora
tanti ragazzi. Anni di grande impegno e grandi soddisfazioni, a contatto con persone a cui devo tanto e a
cui ho voluto dare tanto.
In quel periodo ti sei avvicinato al Credito Cooperativo.
Ho scoperto un modo di fare banca basato sul rapporto personale. Chi viene da una grande città forse
non ci è abituato. Sono nato a Fonte Meravigliosa,
sulla Via Laurentina. Ho vissuto a Fidene e poi nella
Tuscia romana, prima a Mazzano e ora a Monterosi.
A Monterosi, due anni fa, hai aperto questa bella
palestra.
Ho imparato molto dai miei maestri e da tanti incontri tra le corde dei ring di tutta Europa.
Adesso voglio insegnare quanto ho appreso
nella vita e nello sport. Perché la vita e lo
sport si assomigliano molto. Conta il sacrificio e la forza di volontà. Non ci sono
scorciatoie.
Torniamo a quella notte magica del 9 gennaio...
Abbiamo avuto il merito di crederci fino in
fondo, allenandoci ogni giorno, compreso
Natale, Santo Stefano e Capodanno. Ora ho
un altro sogno nel cassetto: difendere il titolo
a Roma, la mia città natale. Sarebbe davvero
fantastico.
L’abbraccio dei cittadini di Monterosi
Dopo il saluto della Banda musicale, il sindaco Sandro Giglietti ha premiato il campione del mondo nella Sala
del Consiglio comunale, gremita di amici e concittadini. In quest’occasione l’assessore Andrea Bomarzi ha letto
una lettera di congratulazioni del nostro Direttore generale Mario Porcu sul valore educativo dello sport.
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VELA CON IL PATROCINIO DELLA BANCA
Il Premio letterario VairoMalavasi compie dieci anni
Il dialogo tra le generazioni, l'amore per la conoscenza e il succedesi delle stagioni come si alternano gioia e dolore. Questi i
temi della decima edizione del premio intitolato alle docenti
Anna Luisa Vairo e Paola Malavasi nel Liceo Vian di Bracciano.
chi si chiede in che cosa consiste il nostro passato,
una delle risposte che si possono dare è quella di
provare a conoscere il passato prossimo della propria
esistenza, risalendo alle proprie origini. È quanto suggerisce Giulia Uda, vincitrice della sezione Prosa con
il brano “Dialogare con il passato”, in cui il protagonista, un ragazzo, ha spesso sollecitato il nonno a raccontare gli episodi salienti della propria vita, ricevendone sempre, come risposta, un secco “il passato è
passato”! Ma quando il nonno si ritrova su un letto
d'ospedale, inizia a raccontare: gli studi, il lavoro, il
servizio militare, il primo bacio, il matrimonio e la nascita di un figlio, il padre del ragazzo. E nell’ascoltare,
il giovane comincia a comprendere quale è la sua dimensione nel tempo e nella vita.
Con il brano “Filo sofia”, nel concetto greco di “amore
per la conoscenza”, Andrea Fornara ha esplorato il
campo della conoscenza nelle sue varie forme, sottolineando come ciò può comportare un senso di soddisfazione e di felicità, che potrebbe essere senza fine.
Giordano - è il nome del protagonista - man mano che
procedeva nello studio, “chiedeva”, “cercava”, “confrontava”. Ma doveva rendersi conto che la realtà concreta della vita quotidiana sembra andare in una direzione diversa, se persino con le leggi di legislatori privi
di lungimiranza l’umanità sembra trasformarsi in una
massa di “schiavi”, privi di ogni prospettiva, incapaci
di pensare liberamente e di rendere utile la propria
vita. Una speranza tuttavia permane, solo se gli uomini
torneranno a riscoprire la bellezza e la gioia della conoscenza.
Una sorta di traslazione temporale, poi, è quella immaginata da Alessandra Sala in “È impossibile, solo
che lo pensi che lo sia”. La protagonista, al suono della
sveglia, si affretta a recarsi a scuola per una supplenza
nello stesso istituto dove aveva studiato. È la sua prima
esperienza di insegnante, motivo di ansietà e di felicità
A
16
insieme. Ripercorre i corridoi di un tempo e riconosce
alcuni dei docenti che erano stati suoi professori, ma,
entrata in classe, è accolta dal silenzio degli alunni,
che non l’attendevano. Basandosi sulla sua personale
esperienza di alunna, sperimenta però un approccio
positivo con loro, raccontando la sua storia di allieva e
cercando di capire i loro interessi. Un nuovo suono di
sveglia le rintrona nella testa: occorre organizzarsi e
andare a scuola, non per insegnare, ma per affrontare
da studentessa l’esame di maturità!
Nella sezione Poesia il vincitore è stato Andrea Bergodi,
con i versi intitolati “Inverno”, in cui ripercorre le sensazioni che ognuno di noi avverte quando il gelo
scende e ricopre di ghiaccio ogni cosa, “l’anima dell’uomo” e tutto ciò che la nutre e la ispira. Al rapido
calar della luce, si ricerca il tepore delle coltri, mentre
la mente rimane ancora un po’ offuscata. A poco a
poco tutto si scioglie e ritornano le sensazioni positive,
che danno luogo a nuove speranze. E mentre effimere
gioie pervadono l’animo umano, ritorna un altro inverno.
Una serie di immagini e di vicende, il succedersi del
giorno e della notte, con i loro suoni, profumi e colori,
si affollano anche nella mente del protagonista della
poesia “Preludio” di Alessandro Di Pauli. Ma una forza
gli impone di ascoltare la realtà della ragione, proprio
quando un sentimento di malinconia pervade tutti i
suoi pensieri, poiché alla fine tutto finirà nel nulla. “Familia” di Alessandro Vatrano è invece un inno alla
figura paterna, con le sue forze e le sue debolezze, i
suoi sentimenti e le sue aspettative di serenità. In lingua
inglese, nella poesia “Wonderful in time” Ira Marku ha
voluto infine evocare l’importanza di sentirsi sempre
di umore positivo, per essere felici, per amare, per risplendere come le “stelle in cielo”, per sentirsi belli
nel cuore, per ricominciare ad agire, per essere persone
libere e piene di sorprese. (Mario Carfì)
CITTADINI DI DOMANI VELA
La Banca incontra gli studenti
per parlare dell'antico mulino ad acqua e di beni culturali
ra febbraio e marzo la Banca ha ospitato alcune
scolaresche di Formello per raccontare la storia
del mulino sul Cremera e per discutere del valore
dei beni culturali. Ad accogliere studenti e insegnanti c'erano il Presidente Gino Polidori, il Direttore generale Mario Porcu e la Commissione Soci.
A cosa serviva il mulino? Perché a un certo punto
della sua storia secolare è stato abbandonato? Cosa
possiamo fare per recuperarlo? E cosa potrà diventare in futuro? Cos'è un bene culturale? Perché rappresenta una ricchezza per l'intera comunità? A
queste e altre domande i ragazzi hanno risposto
con entusiasmo e creatività, immaginando di trasformare il mulino in un museo sulla farina e sul
pane, in un'aula all'aperto per studiare la natura, in
un centro-visite e meta di passeggiate, perché un
bene culturale è ciò a cui diamo valore.
L'incontro con le scuole fa parte dell'intento della
Banca di coinvolgere cittadini, istituzioni, insegnanti
e studenti nel recupero della “Mola”: un progetto
avviato con la presentazione del volume “Quel mulino sul Cremera”, regalato ad ognuno degli studenti
T
partecipanti, e che vedrà un altro importante momento agli inizi di ottobre, quando oltre cento geografi provenienti da tutta Italia verranno a Formello
per visitare il paese, le valli del Sorbo e proprio
queste antiche macine di pietra che non finiscono
di affascinarci.
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VELA SALUTE
AZIENDE
Prevenire
il tumore
ai polmoni
Prof. Pierfilippo Crucitti
Scopriamo le cause e la diffusione di questa malattia con il Prof. Pierfilippo
Crucitti, chirurgo toracico. Una visita di controllo può salvarci la vita.
gni volta che respiriamo, i nostri polmoni assorbono l'ossigeno presente nell'aria facendolo
passare nel sangue, che a sua volta lo trasporterà in
tutto l'organismo. Un tumore ai polmoni è una
massa che ostruisce il corretto flusso dell'aria oppure
provoca emorragie polmonari o bronchiali.
O
Qual è il maggiore responsabile dell'insorgere del
tumore ai polmoni?
Il fumo è il maggior responsabile di questa patologia,
causando l’85% dei tumori del polmone. Ciò significa che più si è fumato, più sarà alta la probabilità
di ammalarsi. Tanto che il tumore ai polmoni colpisce prevalentemente soggetti di età superiore a 50
anni che abbiano fatto prolungato uso di tabacco. Il
rischio di ammalarsi per un fumatore è di 14 volte
maggiore rispetto ai non fumatori e fino a 20 volte
se si fumano più di 20 sigarette al giorno.
Quindi smettere di fumare è l'azione preventiva
più importante da fare.
Sì. Nei soggetti che smettono di fumare il rischio si
riduce gradualmente nel corso di 10-15 anni, fino
ad eguagliare quello di chi non ha mai fumato. Occorre però fare attenzione anche al fumo passivo.
Negli ultimi anni la legislazione italiana sempre di
più ha tutelato i non fumatori dal fumo passivo, nei
luoghi di lavoro e nelle aree comuni, come ristoranti
o sale d'aspetto.
Ci sono però soggetti esposti per ragioni professionali.
Per lavoro molte persone sono costrette al contatto
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con sostanze pericolose come l'amianto, l'arsenico,
il cromo, il nickel o il radon. Il radon è un gas radioattivo invisibile e inodore che si forma nel suolo
e nelle rocce: non solo chi lavorava in miniera era
esposto al radon, ma in alcune zone sono state riscontrate tracce di radon nelle abitazioni. L'amianto
è purtroppo oggi ancora presente in condutture idriche o nei tetti di capannoni, persino in semplici
pensiline. Un retaggio del passato che dobbiamo
eliminare. E persino l'esposizione alla fuliggine e al
catrame aumentano il rischio, come in generale l'inquinamento atmosferico. È chiaro che queste categorie di persone dovrebbero, più di altre, sottoporsi
ai controlli.
Esiste una predisposizione genetica?
Sì. Chi ha un parente prossimo che in passato ha
sofferto di tumore ai polmoni può presentare un rischio leggermente superiore. Ma la cruda verità è
che il tumore ai polmoni può colpire chiunque.
Quanto è diffuso?
Una recente indagine dell'Associazione Italiana Registri Tumori ha stimato in oltre 38.000 le diagnosi
all'anno di tumore ai polmoni. É una cifra che costituisce l'11% di tutte le diagnosi di tumore in Italia.
Se però andiamo a vedere i dati di mortalità legata
al tumore del polmone, ci accorgiamo come questa
malattia sia al primo posto come causa di morte
per cancro sia nell’uomo che nella donna, provocando nei primi un numero di decessi pari alla
somma delle neplasie della prostata più quelle del
SALUTE VELA
Un Respiro per la Vita
colon e del pancreas, e nelle seconde pari alla
somma dei tumori della mammella, colon e ovaio.
Una curiosità: negli ultimi anni si è registrato un
lieve aumento di incidenza proprio nelle donne,
perché le donne fumatrici sono in aumento rispetto
agli uomini.
Come si manifesta?
È questo il problema. Il tumore al polmone è una
delle neoplasie più subdole perché difficilmente si
manifesta nei primi stadi. Nel 76% dei casi la diagnosi viene effettuata quando il paziente presenta
già i sintomi di una malattia avanzata: tosse, perdite
di sangue con i colpi di tosse, difficoltà respiratorie,
dolore al torace. In molti casi è già troppo tardi.
Ciò fa sì che la sopravvivenza per questa forma tumorale sia ancora molto bassa: a 5 anni dalla diagnosi sopravvive soltanto una persona su sei.
La guarigione completa, però, non è un miraggio.
È questa la sfida: identificare un numero sempre
maggiore di pazienti con cancro nelle primissime
fasi. In questi casi, un intervento chirurgico di rimozione della parte di polmone interessata dal tumore e dei linfonodi circostanti consente, in genere,
di ottenere la completa guarigione. Grazie alla chirurgia mininvasiva toracoscopica, inoltre, il paziente
dopo pochi giorni di degenza può tornare a casa e
riprendere velocemente le attività quotidiane. Non
è neppure necessario che si sottoponga a cicli di
radio o chemioterapia.
Ma tutto inizia da una diagnosi precoce.
Negli ultimi decenni si sono tentate diverse strade
per la diagnosi precoce, come l’esame dell’espettorato o la comune radiografia del torace, ma con
scarso successo. Da qualche anno, tuttavia, sono
disponibili nuovi strumenti di diagnostica per immagini, in grado di visualizzare tumori di dimensioni
millimetriche. La Tomografia Computerizzata Spirale
a basso dosaggio, chiamata TC spirale, un’evoluzione della vecchia TAC, è in grado di dare immagini
di migliore qualità in pochissimo tempo e si è dimostrata uno strumento efficace per lo screening di
questa malattia in categorie di pazienti a rischio.
Purtroppo, ad oggi, in Italia questa metodica non è
coperta dal Sistema sanitario nazionale. Al Campus
Bio-Medico, fino al 30 giugno, le persone a rischio
possono sottoporsi gratuitamente a questo esame.
Fino al 30 giugno è possibile
prenotare una
TAC e una visita
specialistica di
Chirurgia Toracica
gratuita
presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico (a Roma, Via Àlvaro del Portillo, 200) contattando il numero 06-225411460. L'iniziativa di prevenzione, giunta alla quarta edizione, è promossa
dall'Unità Operativa Semplice di Chirurgia Toracica
diretta dal Prof. Crucitti e ha consentito di sottoporre
a TC spirale oltre 2.500 pazienti, asintomatici, a rischio di sviluppare una neoplasia al polmone. Nel
36% dei soggetti analizzati sono stati riscontrati dei
noduli, di cui l’11% con caratteristiche suggestive di
malignità che hanno richiesto indagini più approfondite. Quarantacinque persone sono state già operate
per asportare quello che è risultato essere un tumore
maligno del polmone. “I pazienti operati sono oggi i
nostri più grandi sostenitori”.
La Giornata mondiale
senza tabacco
Usato in passato anche come insetticida o come allucinogeno nei riti degli sciamani, il tabacco è la sostanza-base delle sigarette e dei sigari. Ha modificato
interi paesaggi in Brasile, India e Cina, solo per citare
i tre più grandi paesi produttori. Alla metà del '900
nei nostri territori la sua coltivazione venne speri-
mentata a Vigna di Valle e a Santa Cornelia. Ce lo ha
raccontato più volte la nostra socia Anna Sanapo.
Solo pochi anni fa si fumava liberamente nei luoghi
pubblici, ma la medicina ha dimostrato i seri pericoli
per la salute causati dalla dipendenza dal tabacco. Il
31 maggio di ogni anno l'Organizzazione mondiale
della sanità (OMS) celebra la “Giornata mondiale
senza tabacco”, sollecitando politiche e buone abitudini per ridurne il consumo.
19
VELA NAVIGARE NELLA STORIA
I Rotoli
del Mar Morto
Qumran, sulla riva occidentale del Mar Morto, ebbe la stessa sorte di
tutti gli altri insediamenti o fortezze che si opposero all'avanzata
impietosa dell'esercito romano. Nessuna importanza gli avrebbe
assegnato la storia se un fatto imprevisto, accaduto 20 secoli dopo, non
avesse portato quei luoghi all’attenzione del mondo, quando un pastore
fece una scoperta straordinaria.
bbiamo già descritto l'assedio di Masada. Per
arrivare nella fortezza degli Zeloti, la legione
“Fretensis” marciò per giorni tra il limitare del deserto di Giuda e le sponde del Mar Morto, in
un’opera di rastrellamento sistematico delle ultime
frange della resistenza.
Una strada in ripida discesa che dal lago di Tiberiade
scende all’inferno, tra strapiombi di pietra arenaria, di
gole improvvise, fino a sprofondare per oltre 400 metri
sotto il livello del mare. A circa 12 chilometri a sud di
Gerico la legione romana incontrò l’insediamento di
Qumran, posto su una terrazza che interrompe il vertiginoso dispiegarsi del versante roccioso della montagna verso il Mar Morto. Un clima insopportabile in
quei luoghi, soprattutto d’estate, quando la temperatura
arriva ai 45 gradi all’ombra. Grande caldo, con l’aria
immobile, densa di umidità per la consistente evaporazione del mare salato.
Su in alto, al di là del ciglio della catena montuosa
che strapiomba verso il mare, sorgono le città più importanti come Gerusalemme, Betlemme, Hebron. Da
lì l’impressionante visione del deserto di Giuda dal
colore giallastro, al blu del mare in fondo alla valle,
agli altipiani di Moab che delimitano la parte orientale
della faglia.
A
20
QUEI ROTOLI MISTERIOSI DI PERGAMENE E PELLE
DI CAMMELLO
Nel 1946 un pastore di nome Jum’a Muhammed inseguiva una capra allontanatasi dal gregge, lanciando
urla e richiami. Uno dei sassi che ogni tanto tirava tra
gli scoscesi dirupi, s’infilò direttamente in un’apertura
della roccia, causando un frastuono di cocci che rimbombò nella grotta.
Il mattino seguente, al sorgere del giorno, un cugino
del pastore, presente al fatto, corse sul posto convinto
di trovare un tesoro. Muhammad adh-Dhib (Maometto
il lupo), questo era il suo nome, si calò all’interno dell’anfratto e trovò diverse giare d’argilla, in alcune delle
quali rinvenne rotoli di pergamena e altri in pelle di
cammello, scritti in ebraico, aramaico e greco.
Deluso per non aver trovato monete o altri oggetti di
valore, portò i rotoli al villaggio con l’intenzione di ricavarne qualcosa. I due cugini per la verità ricevettero
una modestissima somma da Kando, il ciabattino del
paese, che arrotondava le magre entrate come occasionale antiquario.
Di mano in mano i rotoli pervennero in possesso di
gente esperta che, con stupore, costatarono che i manoscritti erano autentici e risalivano al periodo del Secondo Tempio. La notizia ben presto divenne di do-
NAVIGARE
IL FILO DELLA
NELLA
MEMORIA
STORIA VELA
minio pubblico e allora occasionali esploratori e studiosi di materiale antico cominciarono a setacciare le
numerose grotte che punteggiavano le pareti rocciose
circostanti.
Ne furono scoperte una trentina, gran parte delle quali
non contenevano alcunché essendo servite esclusivamente, a parere degli esperti, come rifugio all’avanzare
dell’esercito romano. In undici di esse invece furono
rinvenuti circa 900 rotoli, oggetto a tutt’oggi di accese
dispute sulla loro provenienza, sugli autori e sul periodo in cui furono redatti.
IL TESTAMENTO DELLA COMUNITÀ DI QUMRAN
Viveva a Qumran una comunità giudaica che si era
data una ferrea organizzazione ed una serie di regolamenti i cui aspetti terminologici e religiosi furono poi
condivisi dal nascente cristianesimo. Costoro appartenevano alla setta ascetica degli Esseni – anche qui il
dibattito tra gli studiosi è acceso - che vivevano nella
povertà e nella preghiera.
Dice Plinio il Vecchio, che visitò quei luoghi: “Sono
un popolo unico nel suo genere e ammirevoli sopra a
tutti gli altri popoli, senza donne, avendo rinunciato
all’amore, senza denaro, avendo per compagnia solo
gli alberi di palma. Grazie alla moltitudine dei nuovi
arrivati, questo popolo rinasce ogni giorno in egual
numero; in verità affluiscono tanti che, stanchi delle
alterne vicende della fortuna, la vita indirizza ad adottare i loro costumi”.
Scrissero o copiarono sulle pergamene, tra il 170 prima
di Cristo e il 70, l’imponente documentazione. Che i
rotoli siano stati scritti o copiati in quei posti, l’ha confermato, nel 2010, un autorevole parere scientifico
dei Laboratori Nazionali del Sud (LNS) di Catania dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, attraverso un
complesso sistema di analisi.
La straordinaria documentazione può dividersi in due
grandi gruppi. Il primo riguarda testi biblici, il secondo
i cosiddetti testi settari, contenenti regole, principi e
statuti della comunità e testi apocalittici. Si rilevano in
essi sorprendenti parallelismi con le pratiche religiose
del cristianesimo, come il rito battesimale e la confessione dei peccati. Nel “Rotolo della Guerra” sono dettagliati ai fedeli i preparativi per un’imminente lotta
contro le forze del male, con la “distruzione dei malvagi” (si tratta dei Romani?) e l’istituzione del regno di
Dio. Stesse aspirazioni dei primi cristiani che ritenevano imminente tale evento. Identiche convinzioni o
credenze, diverse le vie per approdare ad un mondo
più giusto. La catastrofe del 70 spazzerà via ogni illusione.
La storia di Qumran, di per sé straordinaria, fa rivivere
il dramma di quelle popolazioni che davanti all’avanzare di un esercito invincibile, determinato e crudele,
cercavano, a volte inutilmente, di sfuggire al massacro,
nascondendosi nelle viscere della terra dopo aver murato nella roccia il loro sapere e le loro convinzioni
religiose. (G.P.)
VELA CRONACHE DAL NOVECENTO
La benedizione degli animali
nella festa di Sant'Antonio abate
Di origine egiziane, Sant'Antonio è considerato uno dei precursori dell'ascetismo
monastico cristiano. Secondo la tradizione
è il protettore del bestiame e degli animali
domestici, ma anche degli eremiti e dei
contadini. Una leggenda vuole che proprio
la notte di Sant'Antonio gli animali parlassero e che fosse di cattivo augurio ascoltare
i loro discorsi.
MUSICA
VELA
Alexandre Tansman
tra musica colta e popolare
Un viaggio alla scoperta di uno dei compositori più
importanti e prolifici che la chitarra abbia conosciuto
nel Novecento
Laureato in chitarra presso
il Conservatorio Ottorino
Respighi di Latina,
attualmente frequenta il
Biennio di specializzazione
al Conservatorio Licino
Refice di Frosinone,
alternando l'attività
didattica a quella
cameristica e solistica.
Vive a Formello.
el groviglio di tendenze, mode
e correnti musicali che hanno
colorato il XX secolo, la musica di
Alexandre Tansman rappresenta una
“monade” ferma nel tempo, divisa
tra ciò che è colto e ciò che è popolare, tra ciò che è stato e che sarà.
Nato nel 1897 a Lods, una piccola
cittadina non distante da Varsavia,
da una famiglia ebrea, il giovane
Alexandre mostra sin dall'età di 5
anni delle notevoli capacità musicali al pianoforte, tanto da riuscire ad
entrare nel conservatorio della sua
città a 11 anni per seguire i corsi di
armonia e composizione. Dopo
aver conseguito la laurea in legge e
filosofia nel 1918, Tansman tenta la
fortuna a Parigi, dove trascorrerà
gran parte della sua vita; in questo
ambiente culturale in fermento entrerà in contatto con personalità musicali di spicco, tra cui Maurice Ravel e Igor Stravinsky.
Ma l'incontro che cambierà drasticamente la vita umana e artistica del
compositore polacco sarà quello
con Andrés Segovia, proprio a Parigi
nel 1924; il virtuosismo, la personalità e l'eclettismo del chitarrista spagnolo incantano Tansman, il quale
legherà la sua attività compositiva
tanto alla chitarra quanto alla figura
PAOLO DE ANGELIS
NEO-LAUREATO IN CHITARRA
DI
N
di Segovia stesso. Da questo rapporto fraterno tra i due nasceranno brani per chitarra sola, quasi tutti dedicati a Segovia, di indiscusso valore,
tra i quali la “Mazurka”, il “Piece en
forme de Passacaille”, la “Suite in
modo polonico” e il “Pezzo in modo antico”, in cui Tansman eredita,
elabora e sintetizza tutti gli elementi
e le forme musicali provenienti dalla
tradizione barocca e dall'impeccabile contrappunto bachiano, mescolandoli con temi e melodie popolari
della sua terra. La forma musicale
che ne deriva è caratterizzata da un
involucro “vecchio” che ingloba però contenuti di grande sensibilità e
coscienza compositiva, capaci di
andare a toccare l'essenza più intima della chitarra.
Ma è la “Cavatina e Danza Pomposa” che rappresenta forse il più importante esempio di sintesi tra elementi colti e popolari nella produzione chitarristica di Tansman; la cantabilità tipica della “cavatina” dell'opera italiana (forma musicale che solitamente veniva utilizzata dai personaggi per presentarsi sulla scena) e i
procedimenti modali tipici della musica dell'Est Europa si intrecciano in
una forma musicale e una scrittura
accostabili alla Suite barocca. L'estrema versatilità e l'intelligenza musicale sono doti che caratterizzeranno
Tansman lungo tutta la sua carriera,
portando il compositore ad elaborare
brani per chitarra e orchestra, sinfonie e musica per film, senza però mai
scadere nel banale.
23
VELA POLITICA INTERNAZIONALE
Arcobaleni di altri mondi
Jecar Nehgme Cristi: una biografia storica per
raccontare il Cile degli anni ’80
DONATELLA ORTENZI
NEO-LAUREATA IN SCIENZE STORICHE
DI
Appassionata di storia e
di politica internazionale,
attualmente frequenta un
Master in Cooperazione
e Sviluppo. Vive a Roma.
mmaginiamo la Storia come studio del passato, con distacco,
spesso come qualcosa che non ci
riguarda. La storia è invece una
scienza che si occupa innanzi tutto
degli esseri umani nel tempo e nello spazio; è disciplina del movimento e del cambiamento o, come
sosteneva Marc Bloch, è “l’andirivieni”, il dialogo tra passato e presente.
La storiografia non è certo esente da
logiche di potere, aspetto che per
secoli ha eluso dalla narrazione storica fette importanti di società. Al
tempo stesso, la ricostruzione storica risente di una rigida gerarchia tra
le fonti: un atteggiamento che, oltre
a generare visioni parziali, ha finito
con l’assegnare ad alcune tipologie
di fonti un ruolo secondario. Basti
pensare che per molto tempo popoli che tramandavano la propria cultura attraverso l’oralità sono stati
considerati “popoli senza storia”.
Oggi c’è una certa unanimità da
parte del mondo scientifico nel ritenere che la storia debba prediligere i problemi e non i temi, le persone prima che i personaggi.
Perché scrivere la biografia di un
giovane militante del Movimiento
de Izquierda Revolucionaria (MIR,
il movimento politico - guerrigliero di estrema sinistra attivo in Cile), che venne ucciso dalla polizia
I
24
segreta del generale Augusto Pinochet Ugarte il 4 settembre 1989,
quando in Cile tramontava la dittatura militare pinochetista e ci si preparava alle elezioni democratiche?
Ricostruire il vissuto di Jecar, sin
dalla sua infanzia, significa parlare
delle migrazioni arabe nel nuovo
continente a metà del Novecento.
Significa analizzare quelle discontinuità che caratterizzarono gli anni
’60 a livello non solo cileno, ma regionale: la nascita della guerriglia e
della via armata come strumenti
per realizzare la Rivoluzione proletaria. Parlare di Jecar è parlare della
speranza nata con il governo della
Unidad Popolar e tramontata con
quel fatidico 11 settembre 1973. Jecar è la crescita senza punti fermi,
è la sorte di coloro che perdono la
pace per mano militare, è la rabbia
e l’entusiasmo di una generazione,
quella degli anni ’80, cresciuta all’ombra dell’ingiustizia di un regime che cercava di correggere i pensieri plasmando il sentire stesso delle persone. Parlare di Jecar è rico-
struire come la Giunta militare annientò la rete di organizzazioni sociali esistenti, di come svilì la partecipazione popolare, di come soffocò canali politici e spazi naturali
di articolazione della società civile.
Jecar è la disarticolazione e riarticolazione della società cilena, è il
simbolo di una gioventù che non si
arrese allo status quo, ma cercò di
ribaltare la correlazione di forze. La
vita di Jecar coincide con uno spaccato della storia recente cilena che
non è solo la storia delle istituzioni,
ma è soprattutto la storia degli esseri umani e dei processi sociali.
Parlare oggi di Rivoluzione socialista può apparire anacronistico e nostalgico, ma il “fallimento” di un
progetto non coincide necessariamente con l’invalidazione della sua
causa.
Forse bisognerebbe chiedersi cosa
si potrebbe riscattare del progetto
del MIR cercando di recuperare la
morale, la convinzione e l’entusiasmo che hanno mosso la prospettiva rivoluzionaria.
CONSIGLIO DI
AMMINISTRAZIONE
Presidente
Gino Polidori
Formello
e
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DIREZIONE
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Monterosi
Campagnano di Roma
Trevignano
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Nepi
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di Roma
Monterosi
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Sabazia
Anguillara Sabazia
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Formello
Le Rughe
Olmetti
O
Cesano di Roma
Una storia di amicizie
profonde
Inviateci le vostre
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sociali della Banca
Trent’anni di viaggi, scoperte e momenti condivisi
Stiamo ripercorrendo questa grande avventura condivisa, raccogliendo testimonianze,
appunti di viaggio e fotografie, soprattutto le immagini di gruppo: una storia di incontri,
scoperte e amicizie profonde.
Ogni socio può contribuire a questa raccolta, consegnando le proprie fotografie o
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In Tunisia nel 2000