Sos spreco del cibo: un mese di spesa finisce

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Transcript Sos spreco del cibo: un mese di spesa finisce

-MSGR - 06 UMBRIA - 56 - 17/03/16-N:
56
Terni
Giovedì 17 Marzo 2016
www.ilmessaggero.it
Sos spreco del cibo:
un mese di spesa
finisce tra i rifiuti
La foto
I dati Adoc: nonostante la crisi si buttano via ancora
molti prodotti alimentari, soprattutto quelli freschi
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IL RAPPORTO
Quasi 400 euro, in media, buttati
nella spazzatura da ogni famiglia ternana ogni anno (poco meno dell'equivalente di un mese di
spesa), un'altra montagna di cibo gettata tra i rifiuti da produttori, supermercati, negozi al dettaglio. Anche a Terni lo spreco
alimentare rappresenta un fenomeno rilevante, stando a dati e
testimonianze: le ultime statistiche a disposizione dell'Adoc dicono che le famiglie ternane sono sempre meno sprecone (la
percentuale di alimenti gettati è
scesa del 6% in 5 anni), ma ad oggi, sempre a Terni, si continua a
buttare circa il 7% di quanto si
spende per la spesa (380 euro
complessivi).
I DEPERIBILI
«Il 36% dei prodotti che si buttano sono quelli freschi - spiega
Angelo Garofalo, presidente regionale dell'associazione dei consumatori -, come latte, uova e
carne, ma tra i prodotti più sprecati troviamo il pane (18%), frutta e verdura (16%). Quanto ai motivi dello spreco, la causa è l'eccesso di acquisto generico o per
offerte speciali». C'è poi la grossa
fetta dello spreco generato da negozi e dai ristoranti, un problema sollevato già da tempo (con
tanto di foto a testimoniarlo) dal
giudice ternano Maurizio Santoloci, sempre attento ai temi dell'
ambiente e delle risorse. «Nei
cassonetti, posizionati spesso di
fronte a panifici, pochi minuti
dopo l'orario di chiusura - dice il
magistrato - si vedono troppo
spesso anche quantitativi rilevanti di pane di ogni tipo, pizza e
cornetti appena gettati via. Altrettanto spesso non si tratta di
pane e prodotti derivati secchi,
ammuffiti o comunque deteriorati, ma di ottimi prodotti freschi
di giornata perfettamente commestibili. Quello che non riusciamo a vendere lo gettiamo via come rifiuto, anche in grande
quantità. Il problema è che sono
in molti, troppi a fare così, anche
nella nostra città. Con quel grande quantitativo di pane e derivati
si possono raggiungere - felicemente - barboni in strada, la Caritas, le case-famiglia della città,
comunità di recupero».
LO SCANDALO
Con queste considerazioni Santoloci in passato aveva non solo
invitato i cittadini a "scandalizzarsi", ma anche lanciato anche
un appello a tutti gli esercenti
per creare una rete di recupero
del cibo rimasto, donandolo a enti e strutture caritatevoli. «Ma la
risposta è stata scarsa e di fatto
non si è concluso nulla» spiega
ancora. Al di là di qualche commerciante che in autonomia ha
deciso di mettere a disposizione
gratuitamente fuori dal negozio,
dopo l'orario di chiusura, il pane
MANCA UNA RETE
EFFICIENTE
CHE NE PERMETTA
IL RIUTILIZZO IN FAVORE
DI CHI È IN CONDIZIONI
DI POVERTÀ
La scheda
Volontariato, i numeri della solidarietà
Oltre 38.000 pasti forniti in
mensa ogni anno, quasi 94
mila alimenti distribuiti, 227
utenti assistiti grazie
all'Emporio della solidarietà,
tra cui 42 bambini: sono i
numeri della Caritas che
dimostrano le difficoltà in cui
vivono molte famiglie ternane.
Proprio l'Emporio di via
Vollusiano ha compiuto
recentemente un anno di vita e
si stima che nel complesso
abbia aiutato (visto che ogni
utente corrisponde ad un
nucleo familiare) circa 600
persone. Solo a gennaio sono
stati distribuiti 1.236 chili di
prodotti alimentari e 199 litri
di latte. «Si tratta di un piccolo
servizio - commenta Daminato
- che speriamo possa
continuare a crescere, magari
in altre zone della diocesi. Al
momento non possiamo fare
di più, ci servirebbero più
prodotti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
invenduto, sono invece una ventina le attività che hanno attivato
convenzioni con le strutture della Caritas diocesana, in base alle
loro disponibilità settimanali di
prodotti e agli esuberi di produzione. «Ci sono privati, aziende e
negozi molto generosi che ci offrono prodotti freschi in scadenza, pane, pasta, verdure, oppure
prodotti per la colazione - spiega
il direttore della Caritas, Claudio
Daminato -. E' un aiuto importante, ma purtroppo non ancora
sufficiente perché la gente che ci
chiede aiuto è tanta e la crisi continua».
Federica Liberotti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Matrimoni alla cascata, sì o no? È l’ora di decidere
Matrimoni alla cascata, sì o no? Ne discuterà oggi la seconda commissione consiliare, convocata
dal presidente Francesco Filipponi a Palazzo Spada. All'ordine del giorno l'approfondimento della
mozione (Brizi, Mascio) per la celebrazione dei matrimoni nel sito della cascata delle Marmore. Si
parlerà anche della riqualificazione dell'area esterna del parco archeologico di Carsulae.
La Caritas: ancora troppa burocrazia per il recupero
La Asl: portate a casa quello che resta dal ristorante
LA NOVITÀ
La proposta di legge contro lo
spreco alimentare approdata
nelle ultime ore alla Camera potrebbe facilitare, dal punto di vista burocratico, le donazioni di
eccedenze e prodotti scartati, visto che fino ad oggi a frenarle è
stata spesso una normativa a
tratti stringente e a tratti poco
chiara. «Ben venga questa legge,
speriamo sia emanata presto
per tutelare gli operatori in modo uniforme» commenta Danilo
Serva, direttore dell'Unità operativa complessa Igiene e alimenti dell'Usl 2. In base alla proposta (che prevede anche incentivi per i supermercati e ristoranti) le donazioni - è questa
una novità prima non disciplinata con chiarezza - saranno
possibili anche oltre il termine
minimo di consumazione, purché siano garantite l'integrità
dell'imballaggio e le condizioni
di conservazione. «E' una questione di buon senso - spiega lo
stesso Serva -, che dipende dalle
caratteristiche dell'alimento: se
un'azienda alimentare lavora
nel rispetto del piano di autocontrollo e dice chiaramente
quali sono le modalità di conservazione che il consumatore deve seguire dal momento della
cessione, il prodotto non si altera immediatamente dopo la data di scadenza e può essere con-
sumato anche successivamente, senza rischi». Secondo Serva
poi, dal punto di vista igienico-sanitario, non ci sono grosse
differenze tra la vendita e la donazione, «perché tutte le imprese alimentari nel momento in
cui avviano la loro attività vengono autorizzate alla cessione,
sia essa gratuita o no. Quindi se
produco un pollo arrosto o un filone di pane, che io la venda o lo
regali non c'è differenza, se c'è
la garanzia del prodotto». Che ci
sia al momento però una certa
rigidità nella disciplina lo conferma Daminato, secondo il quale, ad esempio, la mensa della
Caritas - che è sottoposta a ripetuti controlli dell'Asl - «da tempo non può più contare sui prodotti di ristoranti e rosticcerie,
in base alla normativa sui tra-
sporti degli alimenti». «Allo
stesso modo - continua - non
possiamo più ricevere il cibo
avanzato dalle feste, non rispetteremmo le norme». In merito
al tema degli avanzi dei ristoranti - «portare a casa i residui è
una gran cosa» dice Serva - anche l'Adoc si augura l'introduzione in Umbria di una normativa sulla "doggy bag", la classica
sporta.
F. Lib.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giudice Maurizio Santoloci
«DOBBIAMO IMPARARE
A SCANDALIZZARCI
PER IL PANE GETTATO
È UN DONO NON UN RIFIUTO»
Maurizio Santoloci
magistrato
Pane e altri generi alimentari gettati tra i rifiuti
«Macoregioni, Umbria e Marche unite, ma occhio alla Toscana»
IL DIBATTITO
Sulla proposta di riordino delle
Regioni italiane contenuta nel ddl
Morassut-Ranucci, la necessità
dell’accorpamento è senza dubbio benvenuta ma alcune delle
proposte paiono francamente poco attendibili, in quanto sembrano derivate da un approccio geografico di tipo esclusivamente fisico, superficiale. In questa breve riflessione voglio tuttavia soffermarmi, per farla breve, soltanto
sulla sistemazione dell'Umbria e
delle Marche, che ben conosco
per avervi vissuto circa ottanta anni ed esercitato la mia attività di
professore nella Facoltà di Medicina dell'Ateno perugino nelle
due città capoluogo e di studioso
delle problematiche ambientali.
In questa parte dell’Italia centra-
le, sulla base di ben evidenziate affinità storiche, culturali, commerciali ed economiche, nell'area a
nord di Roma, esiste un antico nucleo consolidato di rapporti fra le
province di Perugia e Terni ad est
con Ancona, Macerata, Ascoli Piceno (un pò meno con la città di
Pesaro) e a sud con Rieti e Viterbo. Ne fanno fede le affluenze all'
Ateneo perugino da tutti questi
territori (oggi condivise con quello di Ancona, Macerata e con il polo viterbese) ma soprattutto le comuni vicende storiche, che ben
conosciamo; gli scambi culturali,
le attività comuni nei parchi naturali e nelle attività produttive, i
prodotti artistici che possono essere riscontrati negli abitati, nei
conventi e nelle abbazie, illustrati
nei musei; infine l’intensità e la direzione dei traffici. Nonostante le
difficoltà infrastrutturali tuttora
esistenti. Il nuovo asse stradale
tra Terni e Rieti fa si che questa
città possa raggiungere l’Umbria
in mezzora e Perugia con un’altra
ora, con tempi ben più lunghi per
recarsi a l’Aquila, con cui ha avuto ed ha rapporti e legami assai
scarsi. Il completamento della superstrada tra Viterbo e la cosa tirrenica consentirà, finalmente, di
collegare il Tirreno all’Adriatico,
cosicché questa regione si potrà
configurare come la vera “regione
Lamberto Briziarelli
«SI RISCHIA
UN IMPOVERIMENTO
DI TERNI E PERUGIA
RISPETTO A FIRENZE
DA SEMPRE CITTÀ
ACCENTRATRICE»
dell’Italia centrale”, fra Adriatico
e Tirreno, bagnata da due mari. A
correzione della proposta fatta
propria dal Governo mi permetterei di avanzare due ipotesi di lavoro, sulle quali vorrei anche attrarre l’attenzione degli umbri. In via
prioritaria una regione composta
da Umbria, Marche, con le ex province di Rieti, Viterbo (ed Arezzo,
tra parentesi, per motivi evidenti)
vero cuore del Centro Italia, bagnata da due mari, che potrebbe
appunto recare tal nome. Il ricorso alla storia potrebbe far pensare
ad un ripristino dello Stato della
chiesa, certamente; ma il lungo
governo laico che si è succeduto a
partire dal 1870 dovrebbe aver
creato anticorpi sufficienti verso
un ritorno del dominio pontificale. Né dovremmo correre, come
umbri, il rischio d ulteriore impoverimento della Regione e delle
-TRX IL:16/03/16
città di Perugia e Terni per l’inevitabile spostamento di alcuni centri direzionali verso Firenze, da
sempre accentratrice e matrigna
verso le stesse altre province toscane. Volendo aderire alla necessità di fare regioni più grandi possibili, si proponga di aggregare
tutto quanto sopra alla Toscana,
con una grande regione, denominata però Centro Italia e non solo
Toscana. La questione di Rieti si
pone, certamente, in quanto la città capoluogo di regione in questo
caso diventerebbe più lontana di
Aquila ma avrebbe una sua logica
tornando ad essere provincia di
Perugia, assieme a Terni e Viterbo; questa aggregazione consentirebbe di riunire tre realtà che hanno avuto sempre scambi intensi,
di vario genere.
Lamberto Briziarelli
Epidemiologo Ateneo di Perugia
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