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Mi presento

: mi chiamo Paola Sisti e sono in corsa per le primarie del Partito Democratico. Figlia, moglie, madre, ma prima di tutto donna di Santo Stefano: avevo vent’anni quando ho ottenuto l’impiego di Funzionario dell’Agenzia delle Dogane e ancora oggi, a 53 anni, lo amo moltissimo. La politica l’ho praticata sempre per passione e ho ricoperto ruoli istituzionali da Consigliere, Assessore e Vicesindaco del Comune di S. Stefano fino ad Assessore provinciale. Sono cattolica praticante e in merito a questo mi sono stati messi e tolti molti cappelli: "E' cattolica rossa, non è cattolica per niente, è troppo si sinistra, è troppo poco di sinistra, appartiene al Pd, viene dall'Ulivo"... tutto vero. Ho smesso di dire quello che non sono da molto tempo. La verità, pura e semplice, è che io sono tutte queste cose insieme e mi sento di appartenere a tutti. Chi mi conosce sa quanto è viscerale l’amore che nutro per il mio paese; a chi non mi conosce vorrei raccontare un po’ di me, se avrà la pazienza di leggere… Due sono gli ingredienti che mi hanno permesso di affrontare il lavoro in Provincia con serenità: l’esperienza fatta come consigliere e assessore del mio Comune e il legame forte con la mia terra. Quando, nel 2007, ho assunto l’incarico di assessore alla Formazione professionale, alle Politiche Culturali, all’Università e alle Pari Opportunità, per la prima volta mi sono confrontata con una realtà sconosciuta ma da subito affascinante: per la prima volta ho dovuto gestire un Fondo Strutturale europeo (FSE), per la prima volta la dimensione del mio impegno andava oltre i confini del mio comune. Quando ho capito che dipendeva da me la gestione di milioni di euro, ho avuto paura! Paura di non essere all’altezza, di non saper dare risposte adeguate a bisogni reali. E’ stato allora che il mio sangue santostefanese mi ha trasmesso il coraggio per iniziare quel lavoro elettrizzante, un sangue che scorreva anche nelle vene di mia nonna Benvenuta, una grande donna del nostro paese che con semplicità e saggezza ha costruito una vita intera su questo territorio, insegnandomi il valore dell’umiltà, della capacità di ascolto e, soprattutto, di chiedere aiuto. Mano a mano che le nebbie si diradavano, e che i tanti lavoratori della Formazione, della Provincia, delle Scuole e degli Enti cominciavano a conoscermi e capire che il mio obiettivo era la costruzione di una rete virtuosa pubblico/privata che lavorasse per il bene comune, il lavoro ha cominciato a dare frutti meravigliosi. Cito quattro fra i progetti più belli che abbiamo sviluppato insieme, specialmente per l’importanza degli utenti a cui si rivolgevano. Il più facile, dal punto di vista della popolarità, ma il più difficile per il reperimento di fondi e per la complessità del mondo degli utenti, è stato il Progetto ACCANTO, dedicato ai ragazzi diversamente abili degli istituti superiori di tutta la Provincia. La nostra ambizione è stata quella di offrire percorsi formativi personalizzati in base al tipo di disabilità e di talento, perché il loro permanere nella scuola non fosse solo un semplice parcheggio, ma una reale opportunità di apprendimento, nell’ottica dei beni più preziosi che appartengono a ogni essere umano: la libertà,

la dignità, l’indipendenza. Vedere i ragazzi di “ACCANTO” organizzare lo spettacolo teatrale di fine corso, oppure vivere una settimana in completa autonomia in un appartamento, pensando da soli a organizzare la propria vita e i propri bisogni, grazie ad un dispositivo all’interno del percorso formativo che abbiamo chiamato “Le mie prime chiavi di casa”, mi ha ripagata di tutte le fatiche, delle ore estenuanti in riunioni programmatorie, dei viaggi a Genova per convincere la Regione a mettere a disposizione i fondi all’inizio di ogni nuovo anno scolastico. Il progetto più doloroso è stato quello legato al Centro Antiviolenza IRENE. Doloroso per il tema delicato che doveva affrontare: un conto è sentire il racconto di una violenza vissuta, diverso è vedere sul viso, sulle braccia, sul corpo e nell’anima violati, il segno delle percosse. Sentire la voce debole e tremante, vedere le lacrime, oppure guardare un volto senza lacrime, ma trasformato dal dolore e dall’umiliazione, di una donna vittima di violenza, è un’altra cosa. Una donna violata è uno spettacolo disarmante e inquietante. Ti viene voglia di fuggire, preferisci non conoscere la bestialità umana, ma rimani. Perché devi accogliere, in quanto Istituzione; perché l’ascolto è tua responsabilità e vocazione; perché davanti a te hai un’altra donna, un’altra te e tutto ciò che ti chiede è un aiuto. E’ da queste storie di dolore che nascono i progetti formativi legati alle donne vittime di violenza, per aiutarle ad emanciparsi da un amore che amore non è. Negli anni del mio assessorato abbiamo preparato sia le operatrici volontarie del centro, sia le Forze dell’Ordine a cui sporgere denuncia, sia gli operatori che a diverso titolo rientravano nel sistema dell’accoglienza. Entusiasmante e fresco: ecco le due parole migliori per definire il progetto GIOVANI IN EUROPA, che ha permesso agli alunni degli istituti superiori, compresi i percorsi triennali di avviamento al lavoro, di passare un mese in estate in un paese comunitario per imparare una lingua straniera e fare esperienze di lavoro nelle più grandi testate giornalistiche europee. Al rientro in Italia, questa professionalizzazione di alta formazione si sono tradotte nella nascita di un giornalino scolastico che accumunava tutti gli Istituti Superiori, chiamato “Sciacchetrà” . Il progetto più “impopolare” è stato quello di aiuto cuoco organizzato dentro il carcere, in due edizioni, chiamate ironicamente e per alleggerire la tensione della loro organizzazione “DEI DELITTI E DELLE PENTOLE” e “CUOCHI DENTRO”. Impopolare perché il pensiero più diffuso vuole che chi sbaglia paghi duramente: per i più, un carcerato è un essere abbietto, senza diritti né un nome, qualcosa di vergognoso che non merita pietà. Il pensiero comune vuole che chi ha commesso un crimine, non importa di quale tipo e gravità, non importa la ragione per cui l’ha fatto o la condizione sociale in cui è vissuto, sia rinchiuso e non importa se la società si dimentica che è un essere umano. Questa esperienza mi ha fatto riflettere a lungo, ma nonostante gli attacchi pesantissimi che ho ricevuto in Consiglio provinciale, ho deciso di battermi per porre in votazione il progetto. Perché nessuno merita di venire dimenticato. Perché sono cattolica e i cattolici, se portano lo spirito del Vangelo nel loro lavoro di amministratori, possono fare la differenza in politica. Le soddisfazioni non hanno tardato ad arrivare: il progetto che è nato è stato da subito una grande occasione di lavoro positivo per tutti ed è stato volano per altre esperienze positive che hanno coinvolto anche piccoli imprenditori. Il clima che i corsi hanno creato nel carcere è stato non solo occasione di crescita per i carcerati coinvolti, ma ha anche contribuito a migliorare le

condizioni di lavoro durissime della polizia penitenziaria, della Direttrice, degli assistenti sociali e degli psicologi. La certezza di aver compiuto la scelta giusta l’ho avuta quando un ragazzo di Torino, agli arresti domiciliari, è fuggito di casa, ha preso il treno e ha suonato alle porte del carcere della Spezia per chiedere di venire incarcerato in un luogo dove poteva imparare qualcosa, dove poteva ottenere con lo studio una qualifica professionale e avere così una speranza di lavoro e di vita migliori. Il giudice, con una sentenza piuttosto insolita, lo ha accontentato! Un’altra conferma, forse per me la più significativa perché pronunciata da un uomo di grande autorevolezza, l’ho avuta da Don Luigi Ciotti. Il suo volto era dolce e severo mentre le sue labbra sussurravano: “Non importa se la tua scelta è impopolare, è una scelta necessaria.” Quelle parole, pronunciate da un grande prete durante una visita al carcere, dove ha mangiato con i detenuti i piatti da loro stessi preparati, mi hanno fugato ogni incertezza.

Santo Stefano:

ogni angolo, strada o vicolo, ogni profumo mi riporta indietro nel tempo, al germoglio dell’amore che oggi mi lega saldamente a questa terra, al paese dove ho vissuto e lavorato tutta la mia vita, dalla nascita e anche prima e fino alla morte e anche oltre! La mia famiglia, i miei nonni, i miei genitori, i miei suoceri hanno vissuto questo territorio come la “casa” di sempre e per sempre. Ogni vicenda di gioia o di dolore l’abbiamo vissuta dentro una comunità allargata che con tutte le sue contraddizioni, come ogni altro luogo del mondo, sa essere generosa, accogliente, solidale, creativa, orgogliosa e soprattutto sa essere “territorio”, inteso non solo come spazio geografico ma soprattutto come spazio del cuore. Certo, anche questa comunità si è profondamente trasformata, ed è proprio qui, nella presa di coscienza di una realtà collettiva, che dobbiamo progettare il nostro futuro: un futuro a cui tutti siamo chiamati a partecipare, costruito sulla ricomposizione del racconto della memoria. Se dimentichiamo il nostro passato, se non saremo in grado di trasmetterlo ai nostri figli, alle future generazioni, saremo destinati a diventare un luogo qualunque: senza storia, senza ricordi, dove vivremo in solitudine, da perfetti sconosciuti, sbirciando dalle finestre un eterno presente privo di contenuti. La memoria: è questa la chiave che farà scattare la serratura del futuro, è una bussola sociale, una mappa che custodisce tutti i tempi dell’uomo – il germoglio, il giovane virgulto, il ramo spoglio – e ci aiuta a progettare e rielaborare il futuro sulla base delle esperienze già vissute non solo come singoli, ma come collettività. E’ insieme, uniti per mano, che la forza del nostro vivere si innescherà ed è insieme che dobbiamo trovarla e trovarci, nel dialogo e nella condivisione, nella capacità di costruire senso di appartenenza, valorizzando creatività e progettualità nell’ottica del “costruire collettivamente” il quotidiano di tutti e di ognuno.

Perché mi candido?

La risposta è la più semplice, ma anche la più vera: mi candido per occuparmi del mio territorio, della mia gente! Sono tempi difficili, tempi in cui la crisi ha impoverito non solo le famiglie, ma anche gli enti locali. E’ sempre più difficile donare qualcosa al prossimo, ma io vorrei che i miei anni di esperienza all’interno delle Istituzioni fossero un investimento da offrire ai miei concittadini. Sono tante le domande che leggo ogni giorno sui volti dei miei compaesani e a ciascuna di esse, che riguardino la casa, la scuola, i servizi, lo spreco e la sobrietà del vivere, l’inclusione, il lavoro, i giovani, la sanità, la formazione, la solitudine, io voglio dare una risposta. Non solo: quella che io e i miei compagni di viaggio vogliamo impegnarci a costruire è una città ideale, accogliente, su misura di chi vi abita, un luogo dove ogni cittadino di ieri e di oggi possa costruire la sua identità. Siamo convinti che occorra pensare a un impegno per i prossimi anni che affronti il tema delle piccole cose quotidiane, a un progetto per scrivere un “

Grande Piano di Piccole Opere

” che darà risposta a quelle esigenze quotidiane che, se soddisfatte rapidamente, potrebbero cambiare in modo tangibile la qualità della vita di tutti. Un ricordo mi sussurra nella mente: quello di Helen Adams Keller, scrittrice, attivista suffragetta e insegnante statunitense, sordo-cieca dall’età di 19 mesi, la cui vicenda ispirò la famosa opera letteraria, teatrale e cinematografica “Anna dei miracoli”. Fu lei a dire, a proposito del lavoro di squadra: “Da soli possiamo fare così poco; insieme possiamo fare così tanto.” E’ proprio questo che anima con tanta passione sia me che la mia squadra: il sogno di “un’altra città possibile”, dove fondamentale è l’apporto di tutti, una città che solo i mattoni della condivisione, della solidarietà e della partecipazione possono costruire! Per farlo è necessario immaginare un programma basato su diversi punti strategici, di cui proverò, qui di seguito, a scrivere un breve sunto. •

Centri storici

: Sono loro l’anima di ogni comunità. Prenderci cura dei borghi antichi è come accudire i nostri antenati, che su quel pezzo di terreno hanno sognato, lavorato duramente e costruito la città che oggi allatta tutti noi. Dentro ogni casa, ogni strada, ogni chiesa e anche sulle mura che li circonda, possiamo leggere la storia di ognuno di noi. Per questo siamo pronti a impegnarci a incentivare le ristrutturazioni, la pulizia e la manutenzione delle strade e delle mura, il ripristino delle pavimentazioni e degli arredi urbani. Vogliamo immaginare i nostri borghi come luoghi ideali per l’arte e la musica e per questo favoriremo l’insediamento di artisti locali e non solo, attraverso politiche di abbattimento delle tasse locali per chi vorrà vendere o affittare immobili di proprietà. Esistono realtà vicine a noi,

come Bussana Vecchia nel Comune di Sanremo, che hanno conosciuto una nuova vita grazie ad artisti provenienti da tutto il mondo, che tuttora vi svolgono la loro attività. La protagonista dell’opera di valorizzazione dei centri storici dovrà essere la piazza principale di S. Stefano

: PIAZZA GARIBALDI

, che dovrà diventare il simbolo della rinascita di tutto il Comune. Non è pensabile che nel terzo millennio, dopo aver promesso la sua ricostruzione per troppi anni, dopo aver fatto un concorso di idee per la sua progettazione, ancora oggi quel luogo sia rimasto abbandonato e che si presenti ai cittadini come ai visitatori in una veste vergognosa e umiliante di degrado, con caratteristiche anche di pericolosità per chi, nonostante tutto, continua a viverlo e frequentarlo. Difficile dire, oggi, se sarà possibile una sua completa ristrutturazione: non conosciamo la situazione finanziaria del Comune e non vogliamo fare promesse che non siamo in grado di mantenere. Ci proponiamo però di assumerci l’impegno, nei primi

cento giorni

di governo, di una completa riqualificazione della piazza, che preveda il rifacimento delle aiuole sia con la piantumazione di verde e fiori, sia con la sostituzione della pavimentazione di tutti i marmi e dei cordoli che la circondano. •

Quartieri – frazioni – periferie

S. Stefano è profondamente cambiata negli ultimi anni: molti nuovi cittadini hanno comprato casa nel nostro territorio, soprattutto giovani coppie che dobbiamo coinvolgere e rendere parte attiva del tessuto sociale della nostra comunità. Dobbiamo invertire completamente la rotta per evitare che il nostro Paese diventi solamente un luogo “dormitorio”, dove non ci si conosce e dove è difficile stabilire relazioni umane basate su principi di solidarietà e partecipazione. Per fare questo occorre combattere il degrado di alcune zone, anche semplicemente con lavori di pulizia ordinaria e quotidiana, favorendo attività di aggregazione sociale e culturale, magari chiedendo aiuto e collaborazione alle tante associazioni di volontariato che operano sul nostro territorio. Luoghi come la Stazione, l’insediamento urbano dell’area ex-Sirma ed altri che insistono su tutto il territorio comunale devono essere continuamente monitorati per evitare il radicamento di fenomeni di piccola delinquenza che finiscono per impedire ai cittadini di vivere i luoghi pubblici come luoghi di aggregazione e per garantire una qualità alta della vita. •

Cimiteri

Nell’immaginario collettivo i cimiteri sono il luogo del dolore e dei legami indissolubili con chi ci ha lasciato, che meritano maggior cura e rispetto di quelli attuali. Il culto della tomba è il rito che tutti compiamo per mantenere il legame con chi abbiamo amato, sia egli un genitore, un figlio, un coniuge, un amico, ed è per questo che il dovere di un’Amministrazione è la cura amorevole di un luogo che appartiene a tutti.

L’impegno sarà da un lato strutturale, per affrontare la necessità di sempre maggiori spazi, da colmare sia con nuove progettazioni, sia con il recupero condiviso dei loculi eterni, dall’altro di manutenzione e pulizia per ripristinare il decoro che si confà a una comunità civile. •

Verde – ambiente – parchi urbani

Il verde urbano è uno dei patrimoni più importanti per una comunità e S. Stefano in questi anni ha investito poco in questo settore. Il nostro impegno sarà la cura e il ripristino degli spazi già esistenti e abbandonati da anni: il parco “Aldo Moro”, il cosiddetto “campetto delle Suore” sono il simbolo della mancata attenzione alla cura del verde. Quei luoghi devono tornare ad uso dei cittadini, soprattutto dei più piccoli, e per questo occorre tenerli puliti e in sicurezza con recinzioni adeguate. Non solo: il nostro progetto comprenderà la possibilità di intervenire con un minimo di infrastrutturazione attraverso bandi pubblici rivolti a enti ed associazioni a fini ludico-ricreativi. Naturalmente sappiamo che questo non può bastare: ci sono tanti cittadini per spazi verdi troppo esigui. Nella nostra “città ideale” organizzeremo aree verdi di prossimità adeguatamente infrastrutturate, valorizzando l’area fluviale in accordo con il Parco di Montemarcello e la pista ciclabile, che rappresenta un percorso splendido – da dover mantenere sempre pulito e in sicurezza – sulle sponde del canale Lunense. Da creare e valorizzare anche le aree dei parchi dedicate ai nostri

amici a quattro zampe

: amando molto gli animali e il mio cagnolone Duca, ci tengo particolarmente al progetto di

creare e promuovere zone di sgambamento in libertà e sicurezza per i cani

, con anche la creazione di

aree dedicate a progetti di addestramento

che creeranno occupazione e una maggiore serenità per tutti. •

Valorizzazione delle aree agricole

Questo è un tema strettamente legato a quello dei parchi e del verde pubblico. I cambiamenti sociali di cui il nostro territorio è stato protagonista hanno portato negli anni ad un sempre più massivo abbandono delle terre coltivate, con conseguenti situazioni di degrado. È per questo che l’impegno dell’Amministrazione che verrà dovrà puntare al recupero dei terreni, favorendo percorsi di valorizzazione di produzioni di olio e vino di qualità. Per realizzare questo progetto abbiamo pensato a quelle che oggi si chiamano “Cooperative di Comunità”, cioè una forma di cooperativa che recupera la dimensione comunitaria e risponde a bisogni molteplici di produttori agricoli, allevatori e artigiani: bisogni sociali, sanitari, educativi, di attività commerciali, ma anche di recupero di beni ambientali e monumentali, il tutto creando sviluppo e occupazione. L’Amministrazione comunale dovrà essere promotrice e garante delle attività di progettazione, sostenibilità economica, promozione e valorizzazione di tutto il percorso istitutivo, per traguardare nel giusto lasso di tempo la completa autonomia dei soci cooperatori.

Scuola - Formazione - Lavoro

Dalle elementari di S. Stefano, Madonnetta e Ponzano Belaso (1° scuola a tempo pieno della Val di Magra), alle materne pubbliche e private fino alle medie, le nostre scuole sono sempre state espressione di eccellenza, su cui fare investimenti sia da un punto di vista della didattica extracurricolare, sia da quello del reperimento di fondi per la manutenzione e l’ampliamento degli edifici scolastici. A questo proposito occorrerà, in ragione anche dell’utilità della presenza delle due Materne private, senza le quali le nostre scuole non sarebbero in grado di esaurire tutte le richieste, pensare a un aiuto economico che permetta loro di offrire tariffe adeguate e di sopravvivere. Non solo: le due Scuole Materne private paritarie “Domenico Civoli” e “Nostra Signora delle Grazie” hanno offerto un servizio alla popolazione molto prima che nascesse quello pubblico e, nonostante noi crediamo fermamente nella centralità della scuola pubblica, siamo pronti a investire risorse e valorizzare presidi che, prima che scolatici, sono sociali e culturali. Nei primi mesi di mandato, con l’apertura dell’anno scolastico 2016/2017, promuoveremo gli Stati Generali sulla Scuola, per favorire, in un’ ottica di ascolto reciproco, una collaborazione che traguardi l’elaborazione di progetti condivisi: la costruzione di una comunità civica nasce tra i banchi di scuola e investire sui giovani è l’unico modo di pensare con fiducia e speranza alla comunità del domani, a una S. Stefano del 2050. Solo così il ruolo del Comune nelle funzioni di programmazione territoriale dell’offerta formativa ne uscirà rafforzato: ripensando e qualificando non solo i servizi tradizionali (i cosiddetti servizi integrativi, gestiti dal Comune), ma anche sostenendo le istituzioni scolastiche autonome nella gestione e nella prevenzione delle situazioni di disagio sociale. Strettamente legato al tema della scuola e della formazione è il tema del lavoro. Potrebbe non sembrare così, in considerazione del fatto che le nostre scuole arrivano fino alle medie, ma è proprio in questi anni di percorso scolastico che è possibile avvertire i disagi sociali e personali degli studenti, ed è nostro compito affrontarli ed elaborarli in un’ottica di aiuto reciproco e di responsabilizzazione. Fondamentale l’obiettivo di organizzare e progettare attività a sostegno degli studenti, per coadiuvare gli insegnanti e le famiglie nella loro attività didattico/educativa. La scelta del percorso scolastico superiore deve essere consapevole e valorizzare i talenti di ciascuno studente. Per questo ci impegneremo per aprire sportelli di ascolto, con l’aiuto di psicologi e pedagogisti, che affrontino il tema dell’orientamento scolastico nell’interesse non solo degli studenti più brillanti, ma di tutti. A questo proposito cito uno dei più grandi educatori di tutti i tempi, Don Milani, che scrisse, in lettera a una professoressa: “Se si perde loro (i ragazzi più difficili), la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati.” •

Cultura – volontariato - associazionismo

“Con la cultura non si mangia”. Non è una frase che tutti noi conosciamo? Eppure esprime una vergognosa falsità, perché la cultura non solo è cibo per la nostra mente, ma è anche

aria per il cervello e balsamo per il cuore. Ma come coniugare la scarsità di risorse con la necessità prioritaria di programmare eventi culturali anche in territori di piccole dimensioni come il nostro? La risposta è semplicissima: S. Stefano da sempre produce naturalmente cultura ed è dal valorizzare ciò che già abbiamo in abbondanza che nasce il nostro progetto culturale: fare del nostro paese un “Paese della Musica”. Per intere generazioni le famiglie storiche della nostra comunità hanno fatto sì che la musica fosse il centro delle nostre attività culturali: sul nostro territorio si sono organizzati in maniera volontaria le Corali e soprattutto, dopo molti anni, si è ricomposta, grazie alla passione e alla pazienza di molti nostri concittadini, la Filarmonica. E’ da lì che ripartiremo, dalla valorizzazione di realtà che, seppur formate da volontari, hanno raggiunto livelli professionali molto alti. L’impegno dell’Amministrazione sarà dedicato alla ricerca di un marchio appositamente dedicato, per far sì che S. Stefano sia riconosciuta e riconoscibile come comunità musicale e perché la musica diventi una caratterizzazione identitaria della comunità. Studieremo la possibilità di aprire una scuola di musica comunale, per far sì che il naturale talento dei santostefanesi trovi supporto didattico di qualità. La Filarmonica sarà dotata di una sede appropriata e sarà collegata alle attività scolastiche extracurricolari, per far sì che il culto della musica appassioni le nuove generazioni. In passato abbiamo aderito a un progetto europeo che aveva dotato le Scuole medie ed elementari del territorio di aule musicali, nel tentativo di educare alla cultura musicale le nuove generazioni. Dobbiamo semplicemente ritornare a queste esperienze positive che, a costi contenuti, producono effetti nel medio e lungo termine di straordinaria importanza. Riproporremo e consolideremo il progetto iniziato durante gli anni del mio assessorato delle “Ville e dimore storiche”, creando un itinerario di valorizzazione che racconti la loro bellezza sia da un punto di vista architettonico che da quello delle famiglie che le hanno costruite e abitate: Villa Boeri, Villa Arzelà, Villa Pratola, Palazzo Remedi, Villa Vaccari, tutti luoghi che raccontano la storia della nostra comunità. In accordo con i privati proprietari le apriremo, rendendole così fruibili per brevi periodi all’anno. La Rievocazione Storica è senz’altro l’iniziativa di maggior valore tra quelle culturali di S. Stefano. Quando è iniziata, grazie all’intuizione di un nostro concittadino, ero assessore e ho percepito l’enorme potenzialità che essa poteva racchiudere. Negli anni è molto cresciuta e la scommessa per il futuro è che diventi un evento che coinvolga sempre più persone, per un periodo che, auspicabilmente, possa perdurare tutto l’anno. Le scuole saranno un laboratorio irresistibile per tutti i ragazzi, dove questi potranno studiare l’evento e l’epoca storica alla quale si ispira per aiutare a perfezionare la veridicità degli abiti, degli utensili e degli attrezzi, nel tentativo di rendere sempre più rigorosa l’organizzazione. L’infiorata del Corpus Domini e, in generale, la valorizzazione delle celebrazioni religiose (spesso riconosciute come identitarie anche dalla società laica santostefanese) devono far parte a pieno titolo della programmazione culturale della nostra comunità.

Un ultimo pensiero va alla ex Ceramica Vaccari, una fabbrica che è stata ricchezza non solo per la comunità di Ponzano che vi è sbocciata intorno, ma anche per tutto il territorio e i suoi abitanti, per generazioni. Lì sono nate le storie del movimento operaio e di quello sindacale, storie di cui tutti noi siamo figli. Ha fatto bene l’Amministrazione a lavorare per far entrare la Ex Vaccari nei siti dei “Luoghi del Cuore” del FAI, perché quella fabbrica è “luogo del cuore” di ognuno di noi. Totalmente diverso è il Progetto NOVA. E’ noto quasi a tutti che noi non abbiamo approvato la scelta di quel progetto, soprattutto perché è mancata una reale condivisione con la popolazione e, per quanto ci riguarda, anche con il Partito che rappresenta la maggioranza in consiglio comunale e di cui anche noi facciamo parte. Le risorse, in parte derivanti dal bilancio comunale e in parte da fondi europei, impegneranno il nostro Comune per diversi anni, per non parlare delle spese di valorizzazione e gestione del bene recuperato, che resteranno sulle spalle dell’Ente per lungo tempo. Diverse le difficoltà che l’Amministrazione era stata chiamata ad affrontare: quella di intervento legata alla consistente estensione del sito, la difficoltà a trovare partner privati che fossero in grado di investire sul progetto, la necessità di bonificare un sito industriale in disuso... tutto questo avrebbe dovuto spingere l’Amministrazione a trovare momenti di riflessione e condivisione pubblica – momenti che, purtroppo, non ha voluto trovare. Un’opera così importante, non solo da un punto di vista di risorse pubbliche investite, un intervento così condizionante la vita dei cittadini nei prossimi anni, non poteva e non doveva essere compiuto senza le necessarie trasparenza e condivisione. Allo stato attuale, la realtà è che non è immaginabile, per il futuro, pensare di tornare indietro da quelle scelte: troppo alto sarebbe il costo e soprattutto inutile e poco lungimirante. Il nostro impegno dovrà necessariamente andare nello studio e nella realizzazione di un modello di gestione che permetta la fruibilità e la sostenibilità economica del bene. Un’ultima parola riguarda l’associazionismo. Il nostro territorio è esemplare per la tante forme di associazione che si sono organizzate e lavorano, spesso in silenzio, per il benessere e lo sviluppo della comunità. Il lavoro dei cittadini volontari rappresenta una ricchezza che merita considerazione per i molteplici effetti positivi che genera: solidarietà, condivisione, cura, accoglienza e integrazione, socialità e costruzione di comunità. Oggi le Amministrazioni non potrebbero sopravvivere se non avessero il sostegno e la collaborazione del mondo dei volontari. A questo proposito, affermo che molti anni fa il Comune si era dotato delle strumento della Consulta del volontariato: noi ripartiremo da lì, riattivando uno strumento istituzionale che costruirà una rete di collaborazione virtuosa tra le varie realtà associazioniste e l’Amministrazione stessa, nella convinzione che un lavoro comune ben strutturato possa davvero aiutare i cittadini a riconoscersi in una comunità e, di conseguenza, a impegnarsi per essa.

Conclusioni

Quelli che ho esposto sommariamente sono temi a noi cari. Non ancora un programma elettorale vero e proprio, ma idee e valori fondanti da cui nasceranno i futuri progetti per la nostra comunità. “L'avvenire della città interessa e deve interessare tutti i cittadini, perché tutti spontaneamente contribuiscono a determinarlo con il loro modo di pensare e di vivere, con le loro aspirazioni, qualità e miserie, con il loro lavoro e con la loro vita: pertanto deve essere il più possibile il prodotto culturale ottenuto con il concorso di idee della collettività; e più ancora il prodotto di solidarietà e responsabilità ottenuto con lo sforzo, la generosità e la capacità di tutti i cittadini”. Così scriveva Giuseppe Dossetti ed è così che anche noi la pensiamo.