hyper planes of simultaneity final italiano

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HYPER PLANES OF SIMULTANEITY

In

Fabio Giampietro

’s work the barriers of art come tumbling down and a relation of continuity and simultaneity between the three spatial dimensions and time becomes tangible, though still imponderable, at the viewer’s eyes. His work marks the liberation of painted forms from the classical framework, enhancing a process, already well established in the course of Italian modern and contemporary art, that started with the revolutionary theories of Futurism at the beginning of the XIX Century and continued in the velocity of Lucio Fontana’s gesture of cutting the canvas to explore the space behind and beyond it. His work melts the tradition of painting to the most innovative technologies conjugating the planes of space and time and annihilating the contemplative distance between the senses of the spectator and the reality of the art work. The virtual dilatation of the painting invites the spectator to experience its reality within its newly exploded boundaries, calling on all the possible resources of psycho-sensorial experience.

Giampietro

’s main achievement lies in the fact that he shows that the painted work on canvas has no longer a central core, though it exists and faces us, but presents a dissemination of observing points linked to the spectator’s physical movements inside the virtual coordinates of the space arranged for us by the creative mind of the artist. For this reason in than ever.

Giampietro

’s work every step inside the work marks also our voyage inside the nightmares and the dreams of the artist’s mind, more vividly and presently

Gianluca Ranzi

critico d’arte

Questo progetto tratta dei

tre piani temporali

e la loro simultaneità paradossale attraverso la combinazione di una

mostra tradizionale

e un'esperienza di

realtà virtuale

.

L'ispirazione iniziale proviene da due quadri della produzione artistica ultra decennale di

Fabio Giampietro.

Quei quadri rappresentano il piano temporale del passato.

Oculus Rift è un dispositivo di realtà virtuale sviluppato inizialmente per essere impiegato nell'industria dei videogiochi, ma di rencente molte altre - e più interessanti

applicazioni sono entrate in fase di ricerca e sviluppo.

Lo schermo visualizza due immagini affiancate, una per ogni occhio. Un insieme di lenti è sovrapposto allo schermo, in modo da mettere a fuoco e rimodellare l'immagine per ciascun occhio creando un effetto stereoscopico e tridimensionale.

Il visore incorpora diversi sensori che monitorano i movimenti della testa di chi lo indossa e regolano l'immagine di conseguenza. La versione piu’ recente è dotata di un accessorio esterno di positional-tracking, che rende l’head-tracking molto accurato.

Sperimentare un ambiente completamente tridimensionale attraverso l'Oculus è - ad oggi - l’esperienza virtuale piu’ immersiva mai realizzata.

Per sua natura questa tecnologia è strettamente legata alla computer grafica e al mondo del 3d, quindi ampiamente ignorata nelle belle arti.

Una volta iniziato il progetto ci chiedevamo se la visualizzazione di un’opera d’arte - un dipinto nella fattispecie – tramite Oculus sarebbe riuscita a trasmettere la sensazione tangibile e organica che una tela può offrire, superando la sensazione di astratto e freddo tipica delle ricostruzioni digitali. Dopo una serie di iterazioni siamo riusciti a rendere la dimensione tattile della tela, la pittura e le pennellate.

L'esperienza virtuale rappresenta il secondo piano temporale, il futuro.

Avviene quindi una traduzione della materia e dei pigmenti di colore in codice binario che permette di tornare alla tangibilita’ della tela con una nuova prospettiva.

Data la profondità e l'immensità della veduta all'interno dell'esperienza virtuale,

Giampietro

ha immaginato una tela dipinta panoramica curva in cui ha riportato al presente la visione virtuale, determinando in questo modo la coesistenza dei tre piani temporali.

Questo è l'ultimo piano temporale. Il presente.

Con il ritorno alla tela fisica, come cartoline dal futuro.

Giampietro

ha la possibilità di dipingere multiple vedute dell’ esperienza virtuale, inviandole all’inverso,

Fabio Giampietro

è nato nel 1974 a Milano, Italia, dove vive e lavora.

Attraverso la sua tecnica unica (dipinge sottraendo il colore dalla tela) esprime una potente e intensa pittura figurativa. Ha tenuto diverse esposizioni a Venezia, Milano, Bologna, Padova, Berlino, Parigi, Istanbul, Zurigo, Toronto e Shanghai.

Al momento è uno dei più giovani pittori italiani piu’ in voga.

Alessio De Vecchi

è nato nel 1980 a Milano. Ha lavorato per dieci anni come art director e cg artist a New York e Tokyo, con clienti come Citibank, La Prairie, H & M, Margiela, Deloitte, HBO, Green Cross, Cappellini. Inoltre, le sue creazioni sono apparse su Vogue, ID Magazine, Monitor, Icon, Frame. Il suo lavoro come visual artist è stato proiettato a Pause Fest 2015 di Melbourne.

“L’abbraccio tra arte e scienza ha radici profonde: dalle visionarie sperimentazioni di Leonardo agli studi percettivi dei cinetico-programmati, gli esempi in merito sono talmente numerosi da permettere di tracciare un percorso che copre l’intera storia dell’umanità. Un simile discorso, però, necessita innanzi tutto una precisazione: la relazione tra creatività artistica e tecnologia è interessante quando le due discipline si incontrano per generare contenuti e concetti capaci di sollecitare riflessioni e per offrire agli artisti nuove possibilità espressive. Troppo spesso, invece, abbiamo assistito all’impiego pretestuoso di nuove tecnologie per produrre trovate di poco spessore, spettacoli a uso e consumo di chi dall’arte cerca lo “stupore immediato”, l’abbaglio di un fuoco d’artificio senza alcun seguito. La premessa mi pare importante poiché qui si sta parlando di un artista, un pittore, che ha deciso di introdurre un sofisticato ritrovato ottico nella propria cifra stilistica. Immagino che siano ben pochi (sempre che ce ne siano) coloro che hanno indossato gli occhiali che Fabio Giampietro porta con sé per presentare il progetto e non hanno provato meraviglia, trattenendo il fiato per un istante. Bisogna di dire, però, che non solo l’opera di Giampietro ma qualsiasi immagine proiettata in quel modo davanti ai nostri occhi avrebbe generato la medesima reazione. E questo è il punto, a mio avviso, il nodo focale della questione. Qualsiasi immagine avrebbe generato la “meraviglia”. L’opera di Giampietro apre invece la strada alla “riflessione”. Non è un’immagine qualsiasi: è il suo lavoro, il suo modo di dipingere, la sua visione del mondo che trae dalla tecnologia nuova linfa vitale, crescendo e dirigendosi verso diverse possibilità espressive e concettuali grazie a un nuovo ritrovato scientifico e non per un nuovo ritrovato scientifico. Quello che noi vediamo nella terza dimensione, altro non è che un’opera che, nonostante la novità percettiva, continua a essere un quadro, realizzato con la tecnica che da sempre contraddistingue la ricerca dell’artista: ne percepiamo la pennellata, il gesto con cui il colore viene “sottratto” dalla superficie, il disegno prospettico, la scelta cromatica che rendono le tele di Giampietro

artista giovane ma già dalla personalità ben definita e sicura

inconfondibili. Questa nuova modalità visiva non inventa ma semmai rafforza elementi già presenti nella sua ricerca. Il tema del tempo, ad esempio, che diventa centrale in questa nuova versione. Le visioni di Giampietro ci trasportano in una dimensione straniante, nella quale lo spazio-tempo non esiste. Sospese tra l’oggi e il domani, le città ritratte sono al contempo reali e immaginifiche, possibili eppure innaturali.

“L’abbraccio tra arte e scienza ha radici profonde: dalle visionarie sperimentazioni di Leonardo agli studi percettivi dei cinetico-programmati, gli esempi in merito sono talmente numerosi da permettere di tracciare un percorso che copre l’intera storia dell’umanità. Un simile discorso, però, necessita innanzi tutto una precisazione: la relazione tra creatività artistica e tecnologia è interessante quando le due discipline si incontrano per generare contenuti e concetti capaci di sollecitare riflessioni e per offrire agli artisti nuove possibilità espressive. Troppo spesso, invece, abbiamo assistito all’impiego pretestuoso di nuove tecnologie per produrre trovate di poco spessore, spettacoli a uso e consumo di chi dall’arte cerca lo “stupore immediato”, l’abbaglio di un fuoco d’artificio senza alcun seguito. La premessa mi pare importante poiché qui si sta parlando di un artista, un pittore, che ha deciso di introdurre un sofisticato ritrovato ottico nella propria cifra stilistica. Immagino che siano ben pochi (sempre che ce ne siano) coloro che hanno indossato gli occhiali che Fabio Giampietro porta con sé per presentare il progetto e non hanno provato meraviglia, trattenendo il fiato per un istante. Bisogna di dire, però, che non solo l’opera di Giampietro ma qualsiasi immagine proiettata in quel modo davanti ai nostri occhi avrebbe generato la medesima reazione. E questo è il punto, a mio avviso, il nodo focale della questione. Qualsiasi immagine avrebbe generato la “meraviglia”. L’opera di Giampietro apre invece la strada alla “riflessione”. Non è un’immagine qualsiasi: è il suo lavoro, il suo modo di dipingere, la sua visione del mondo che trae dalla tecnologia nuova linfa vitale, crescendo e dirigendosi verso diverse possibilità espressive e concettuali grazie a un nuovo ritrovato scientifico e non per un nuovo ritrovato scientifico. Quello che noi vediamo nella terza dimensione, altro non è che un’opera che, nonostante la novità percettiva, continua a essere un quadro, realizzato con la tecnica che da sempre contraddistingue la ricerca dell’artista: ne percepiamo la pennellata, il gesto con cui il colore viene “sottratto” dalla superficie, il disegno prospettico, la scelta cromatica che rendono le tele di Giampietro

artista giovane ma già dalla personalità ben definita e sicura

inconfondibili. Questa nuova modalità visiva non inventa ma semmai rafforza elementi già presenti nella sua ricerca. Il tema del tempo, ad esempio, che diventa centrale in questa nuova versione. Le visioni di Giampietro ci trasportano in una dimensione straniante, nella quale lo spazio-tempo non esiste. Sospese tra l’oggi e il domani, le città ritratte sono al contempo reali e immaginifiche, possibili eppure innaturali.

In bilico tra la fantasia in bianco e nero di Jules Verne, la carica visionaria di Sant’Elia e l’inquietudine di Blade Runner, sono spazi talmente magici e sospesi da sembrarci familiari, come se ci raccontassero il nostro domani, ricordandoci il nostro ieri. Un futuro fermo nell’attualità, che respira ancora il passato. Questo cortocircuito temporale costituisce probabilmente la vera forza dell’opera dell’artista, la sua carica evocativa, la sua capacità di attrazione e fascinazione. Perduti in una memoria che riconosciamo come nostra ma che in verità non ci appartiene, in grado di sollecitare ricordi e stimolare fantasie futuribili, quei luoghi moltiplicano ora il loro potenziale, facendosi avvolgenti e tangibili, vivendo in tre possibili dimensioni: quella del quadro dipinto, quella virtuale e quella rielaborata dopo l’esperienza della visione tecnologica. Tre momenti nello spazio-tempo che si sovrappongono, si intrecciano, sviluppano una riflessione straordinaria sulla percezione del fruitore dell’opera, ma anche sulle dinamiche creative dell’artista, dando a una tecnologia che a “noi profani” pare oggi eclatante ma che certamente nei prossimi anni diventerà consuetudine nella nostra quotidianità, una nuova ragione di essere.“

Simona Bartolena

curatrice

HYPER PLANES OF SIMULTANEITY