l`osservatore romano - Amazon Web Services

Download Report

Transcript l`osservatore romano - Amazon Web Services

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLVI n. 59 (47.194)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
sabato 12 marzo 2016
.
Denuncia delle Nazioni Unite
Papa Francesco conclude gli esercizi spirituali
Illegali le espulsioni collettive
di migranti
Coraggio
di sognare
BRUXELLES, 11. Le espulsioni collettive di migranti previste nella bozza
d’accordo tra Unione europea e Turchia sono illegali. Lo ha affermato
ieri l’Alto commissario delle Nazioni
Unite per i Diritti umani, il principe
giordano Zeid Ràad Al Hussein,
precisando che «la bozza d’intesa
dell’Ue con Ankara solleva una serie
di preoccupazioni molto serie, comprese espulsioni collettive e arbitrarie, che sono illegali».
«Restrizioni al confine che non
permettono di determinare le circo-
stanze di ogni individuo violano le
legge internazionali ed europee», ha
proseguito il principe giordano.
L’Alto commissario dell’Onu ha comunque assicurato che solleverà la
questione durante una visita a Bruxelles all’inizio della prossima setti-
Rifugiati al confine tra Grecia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia (Reuters)
mana, in previsione del summit dei
Ventotto che si terrà il 17 e 18 marzo,
quando dovrebbe essere concluso
l’accordo.
Zeid ha poi ribadito la sua «profonda preoccupazione» per altre misure restrittive come l’innalzamento
di barriere, il rifiuto dell’accesso delle persone a procedure individuali e
per specifiche nazionalità.
E al termine, ieri, della sessione
dei lavori del consiglio dell’Ue degli
Affari interni, dedicata alle questioni
di immigrazione, l’Olanda ha precisato che gli hotspot — i centri di
identificazione e smistamento dei
migranti in arrivo — non devono limitarsi ad essere usati per le registrazioni e la ridistribuzione dei richiedenti asilo previste dall’agenda della
Commissione europea per l’immigrazione. «Gli hotspot non servono solo al ricollocamento», ha messo in
chiaro Klaas Dijkhoff, ministro della
Giustizia
e
dell’Immigrazione
dell’Olanda, il cui Governo detiene
la presidenza di turno del Consiglio
dell’Unione europea. Dijkhoff ha
spiegato che gli hotspot che Italia e
Grecia stanno realizzando (l’Italia ne
ha attivati quattro su sei) «servono
anche per capire cosa fare delle persone in arrivo», vale a dire gestire le
domande di richiesta d’asilo, stabilire la provenienza delle persone ed
«essere funzionali al rimpatrio»
quando necessario. Sugli hotspot, ha
aggiunto, serve però il sostegno degli Stati membri.
A rischio oltre un milione di persone
Allarme dell’Onu sulla tenuta della diga di Mosul
y(7HA3J1*QSSKKM( +]!"!%!=!$!
NEW YORK, 11. La diga di Mosul,
nel nord dell’Iraq, rischia di cedere
provocando una catastrofe. Per questo, i lavori di restauro e consolidamento, affidati alla ditta italiana Trevi, devono cominciare «al più presto». È il monito lanciato nelle ultime ore dalle Nazioni Unite a New
York dove si è svolta una riunione
presieduta dagli ambasciatori statunitense e iracheno al Palazzo di
Vetro.
Mosul è dall’estate del 2014 saldamente in mano al cosiddetto Stato
islamico (Is) che l’ha proclamata sua
capitale in Iraq. E oggi si è tornato
a parlare della tanto attesa offensiva
militare delle forze irachene e della
coalizione guidata dagli Stati Uniti
per riprendere il controllo di quella
che è la seconda città del Paese.
La diga di Mosul (Ansa)
Secondo il consiglio regionale di
Ninive, la regione di cui Mosul è
formalmente capoluogo, circa un milione di civili ancora residenti in città e nei suoi dintorni sarebbero costretti a lasciare le loro abitazioni in
caso di un’offensiva militare antijihadista. Ghazwan Hamed, membro
della giunta di Ninive, ha reso noto
che «sono in corso preparativi per
fare fronte a questa nuova futura
emergenza umanitaria».
In particolare, afferma Hamed citando dati dell’Onu, centri di accoglienza sono in via di allestimento
nella vicina regione autonoma del
Kurdistan. «Anche le organizzazioni
non governative — ha sottolineato —
svolgeranno un ruolo importante, in
coordinamento con un centro operativo appena costituito che sarà presieduto dal governatore della regione
di Ninive e dal presidente del consiglio regionale».
La data dell’offensiva su Mosul rimane comunque incerta. Mentre dovranno cominciare quanto prima i
lavori per il restauro della diga, che
in linea d’aria dista meno di venti
chilometri dalle postazioni dell’Is
più avanzate a nord di Mosul. Il 2
marzo scorso era arrivato da Baghdad l’annuncio della firma del
contratto tra la Trevi e le autorità
irachene per un intervento strutturale dal costo totale di 273 milioni di
euro. La presenza dei tecnici della
Trevi sarà accompagnata dall’arrivo
nei pressi della diga di un contingente di circa 500 militari italiani
che saranno dispiegati attorno al
cantiere ma dietro due anelli di protezione composti dai miliziani curdi
Peshmerga e dal reparto speciale
curdo Zerevani.
Secondo l’allarme lanciato nelle
ultime ore dall’Onu, se la diga dovesse cedere le acque del Tigri potrebbero travolgere oltre un milione
di persone. Lo sbarramento, considerato da anni il più pericoloso al
mondo, è lungo circa tre chilometri
e alto 131 metri. «Se si dovesse aprire
una falla — ha detto l’ambasciatrice
statunitense presso l’Onu Samantha
Power — in alcuni luoghi l’onda raggiungerebbe i 14 metri di altezza,
spazzando via ogni cosa, persone,
case, ordigni inesplosi e altro materiale pericoloso».
Nel frattempo, l’inviato speciale
dell’Onu per la crisi in Siria, Staffan
de Mistura, ha dichiarato di puntare
a «elezioni presidenziali e parlamentari sotto la supervisione dell’O nu
entro 18 mesi» dall’inizio dei colloqui di Ginevra, «vale a dire dal 14 di
questo mese».
«L’elemento più importante — ha
affermato — è l’agenda di tre punti,
che è stata definita dal Consiglio di
sicurezza, che anche la Federazione
russa ha adottato e che è contenuta
nella risoluzione 2254. Il primo punto è la formazione di un Governo
inclusivo. Il secondo è una nuova
costituzione e il terzo sono elezioni
entro 18 mesi dall’inizio dei colloqui». «Quindi — ha proseguito — la
mia speranza è che possiamo fare
progressi, sulla carta e non. Ma comunque almeno di fare progressi
tangibili in questa fase di colloqui».
Bisogna riscoprire «il coraggio di
sognare», quel coraggio testimoniato da santi come Francesco Saverio, che per tutta la vita coltivò il
«sogno» di arrivare in Cina. Lo ha
raccomandato Papa Francesco a
conclusione degli esercizi spirituali
ai quali ha partecipato insieme alla
Curia romana.
Al termine della decima e ultima
meditazione tenuta da padre Ermes
Ronchi nella mattina di venerdì 11
marzo, nella cappella della Casa
Divin Maestro dei religiosi paolini,
ad Ariccia, il Pontefice ha rivolto
parole di ringraziamento al predicatore, ringraziandolo in particolare per la sua «passione». Poi, prima di lasciare l’istituto, ha salutato
il personale della casa e i superiori
della Società San Paolo. Quindi è
rientrato in Vaticano a bordo di
uno dei tre pulmini che hanno accompagnato tutti i partecipanti.
Iniziati nella serata di domenica
6, gli esercizi dedicati al tema «Le
nude domande del Vangelo» si sono conclusi con una meditazione
mariana che ha preso spunto
dall’annunciazione, in particolare
dall’interrogativo rivolto dalla Ver-
Il leader Kim Jong Un ordina di essere pronti a sferrare attacchi nucleari
Più test atomici nordcoreani
PYONGYANG, 11. La Corea del Nord
deve essere pronta a sferrare attacchi
nucleari in ogni momento e a condurre più test atomici: è l’ordine impartito dal leader del regime comunista Kim Jong Un a ufficiali e
scienziati in un ciclo di imprecisate
esercitazioni notturne relative al lancio di missili.
Kim Jong Un, in un dispaccio
diffuso dall’agenzia ufficiale del regime Kcna, ha rimarcato la necessità di sviluppare ulteriormente gli armamenti nucleari, così come la capacità di promuovere «attacchi mortali ai nemici da qualsiasi posto, da
terra, aria, mare ed anche da postazioni sottomarine».
Il leader nordcoreano «ha dato
suggerimenti su come effettuare
esplosioni nei test nucleari per stimare il potere distruttivo delle nuove testate prodotte e altre indicazioni su come migliorare più in generale il potenziale d’attacco», ha aggiunto l’agenzia Kcna.
La nuova sfida a Seoul e Washington sopraggiunge mentre sono in
corso le manovre militari congiunte
tra i due Paesi. Dall’inizio, lunedì
scorso, delle esercitazioni, il regime
comunista di Pyongyang ha lanciato
ogni giorno degli avvertimenti a
Stati Uniti e Corea del Sud minacciando anche «un attacco nucleare
preventivo».
La tensione nella penisola coreana è aumentata dopo il quarto esperimento nucleare nordcoreano, effettuato in gennaio, seguito il mese
scorso dal test di un missile balistico. Le due mosse della Corea del
Nord hanno violato numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza
dell’Onu, che ha reagito imponendo
all’unanimità nuove sanzioni contro
il regime comunista di Pyongyang.
gine all’angelo: «Come avverrà
questo?». Il predicatore, religioso
dei Servi di Maria, ha richiamato
quelle parole per rilanciare il fascino di una fede calata nel quotidiano, nella semplicità di una vita toccata dalla grazia di Dio. Al termine
padre Ronchi, su indicazione del
Papa, ha impartito ai presenti la
benedizione con annessa l’indulgenza plenaria.
PAGINA 8
L’insegnamento di padre Sofronio
Passatore tra l’oriente
e l’occidente
ROSSELLA FABIANI
A PAGINA
4
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Nyundo
(Rwanda), presentata da Sua
Eccellenza Monsignor Alexis
Habiyambere, S.I., in conformità al canone 401 § 1 del
Codice di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di San Felipe (Venezuela), presentata
da Sua Eccellenza Monsignor Nelson Antonio Martínez Rust, in conformità al
can. 401 § 2 del Codice di
Diritto Canonico.
Provviste di Chiese
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Nyundo
(Rwanda) il Reverendo Anaclet Mwumvaneza, del clero
di Kigali, Segretario Generale di Caritas Rwanda.
Il leader Kim Jong Un insieme a ufficiali nordcoreani (Afp)
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di San Felipe
(Venezuela) il Reverendo
Víctor Hugo Basabe, del clero della Diocesi di El Vigía San Carlos del Zulia, finora
Segretario Generale della
Conferenza Episcopale del
Venezuela.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
sabato 12 marzo 2016
Mossa a sorpresa di Draghi che avvia una manovra da 2.200 miliardi di euro
La Bce
taglia i tassi
FRANCOFORTE, 11. Mario Draghi
stupisce ancora, trovando nella Bce
il consenso su un potenziamento
inatteso degli acquisti di debito, un
taglio del tasso principale di rifinanziamento, al minimo storico dello
0,0 per cento, e una spinta al credito bancario che non trova precedenti neanche fuori dall’Eurozona: l’arsenale è di oltre 2.200 miliardi di
euro. «Abbiamo mostrato che non
ci mancano le munizioni», dice il
presidente della Bce: un segnale forte ai dubbi dei mercati su quanto le
banche centrali possano ancora fare,
accolto oggi in maniera positiva da
tutte le borse europee dopo la reazione scomposta di ieri.
«Le misure approvate a stragrande maggioranza fanno piena giustizia della nostra volontà di agire»,
spiega Draghi ai giornalisti. «Imma-
La sede della Bce a Francoforte (Reuters)
ginate se non avessimo fatto niente,
incrociando le braccia e dicendo no
a qualsiasi cosa. Oggi ci ritroveremmo con una disastrosa deflazione»,
aggiunge il presidente della Bce.
Ma a differenza di occasioni passate, secondo quanto si apprende,
ieri non vi sarebbe stato un confronto serrato con la Bundesbank (che
peraltro non aveva diritto di voto in
base alla rotazione) nel consiglio
Bce. Piuttosto un negoziato “costruttivo” sulle singole misure con
appena due voti contrari sul solo
Qe (Quantitative easing), che passa a
80 miliardi di titoli comprati al mese e si aggiungono ora anche i corporate bond, tanto da poter parlare
di un vero e proprio Qe3.
Il segnale è diretto a chi temeva
che una fronda tedesca avrebbe
spaccato il consiglio Bce legandogli
le braccia. E anche a un’economia
sfiduciata che rischia un avvitamento sulla deflazione: di pari passo
con la crescita rivista in peggio, è
infatti drammatico il taglio delle stime d’inflazione da parte di Francoforte, che per quest’anno vede +0,1
per cento da +1 per cento di tre mesi fa e per il prossimo anno un magro 1,3 per cento. Il ritorno verso il
2 per cento slitta dunque al 2018 e
ci aspetta «inflazione negativa nei
prossimi mesi», spiega Draghi.
E c’è la novità di quattro maxiprestiti alle banche che rappresentano un unicum su scala globale per
stimolare il credito all’economia: alle banche che presteranno al di sopra di una soglia prestabilita, la Bce
presta liquidità illimitata non più a
tasso zero ma al tasso negativo sui
depositi: in pratica le paga (al tasso
dello 0,40 per cento) per prendere a
prestito purché reimpieghino i prestiti. L’intervento complessivo vale,
come detto, 2.200 miliardi.
Mentre secondo l’Onu l’Is amplia il controllo sul territorio
Al via il dialogo politico libico
TUNISI, 11. È in corso a Tunisi il
previsto incontro tra i rappresentanti del comitato per il dialogo libico,
presieduto
dall’inviato
speciale
dell’Onu, Martin Kobler, e dai rappresentanti della comunità internazionale. «Spero in colloqui costruttivi oggi: la Libia non è sola, è parte
della comunità internazionale», ha
detto Kobler.
Il vuoto politico in Libia «viene
sfruttato dal cosiddetto Stato islamico (Is), che ha significativamente
ampliato il suo controllo sul territorio». Lo scrivono esperti del Consiglio di sicurezza dell’Onu in un
rapporto. I jihadisti hanno reclutato
combattenti a Sirte, in particolare
«elementi emarginati dopo la caduta di Gheddafi». E a Tripoli e Sabrata l’Is si è rafforzato anche grazie all’afflusso di combattenti stranieri.
È per questo che diventa importante la riunione di Tunisi che — anche se iniziata al rallentatore e con
qualche intoppo procedurale — rappresenta la via “extraparlamentare”
che dovrebbe portare al varo del
Governo di unità nazionale libico
del premier Fayez Al Sarraj. Questo
nonostante il Parlamento di Tobruk
— unico riconosciuto internazionalmente — continui a negargli la fiducia. La comunità internazionale attende la nascita di un Esecutivo per
concordare modi e tempi della lotta
contro l’Is e affrontare l’emergenza
migranti.
E il tempo stringe: in Libia «siamo ogni giorno più forti» grazie
all’afflusso di combattenti nel Paese,
«raddoppiati negli ultimi mesi», è
la minaccia di Abdel Qader Al Najdi, il sedicente nuovo leader dell’Is
nel Paese nordafricano.
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
[email protected]
www.osservatoreromano.va
Un’abitazione devastata a Bengasi (Afp)
Forze di sicurezza tunisine
alla ricerca di miliziani islamisti
TUNISI, 11. Le forze di sicurezza
tunisine hanno compiuto nella
notte una serie di perquisizioni e
rastrellamenti a Ben Guerdane, la
città nei pressi del confine della
Libia presa d’assalto da gruppi di
jihadisti, alla ricerca di terroristi
del cosiddetto Stato islamico (Is)
nascosti nel centro abitato della
città. Lo ha riferito stamani l’emittente radio locale Shems Fm.
Si sono registrati inoltre nuovi
scontri a fuoco tra fuggiaschi e
forze dell’ordine mentre i cittadini
hanno segnalato alla polizia la pre-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
senza di miliziani in alcune case
della periferia.
Con le operazioni svolte ieri è
salito a 49 il numero dei terroristi
uccisi, riferisce un comunicato del
ministero dell’Interno, secondo cui
nel corso dell’intervento le forze di
sicurezza hanno ucciso due estremisti nella località di Hassi Nour.
Un altro uomo è stato arrestato e i
militari hanno sequestrato quattro
kalashnikov. Nei quattro giorni di
battaglia a Ben Guerdane sono
morti anche 13 soldati e sette civili.
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
Dal 1 al 4 marzo
Visita in Gran Bretagna
dell’arcivescovo Gallagher
Dal 1° al 4 marzo scorsi si è svolta a
Londra la visita ufficiale dell’arcivescovo Paul R. Gallagher, segretario
per i Rapporti con gli Stati, accompagnato da monsignor Carlo Alberto Capella, officiale della medesima
sezione della Segreteria di Stato.
L’ospitalità è stata offerta dal cardinale Vincent Gerard Nichols, arcivescovo di Westminster, e dall’arcivescovo Antonio Mennini, nunzio
apostolico presso la Corte di San
Giacomo, che ha accompagnato
monsignor Gallagher durante la sua
permanenza in Inghilterra.
La visita è stata contraddistinta
da una serie di interessanti e profittevoli incontri, primo fra i quali
quello a Lambeth Palace, martedì 1°
marzo, con sua Grazia Justin Welby,
arcivescovo di Canterbury, e la consorte. Con il primate della Chiesa
anglicana si è potuto tra l’altro constatare la buona collaborazione ecumenica che anima i rapporti tra le
comunità cristiane presenti sul suolo
inglese.
Nella mattinata di mercoledì 2
marzo, il segretario per i Rapporti
con gli Stati è stato ricevuto
dall’onorevole Theresa May, ministro dell’Interno. I temi del colloquio hanno riguardato principalmente le questioni migratorie e la
sicurezza dei minori nell’accesso a
internet, e si è riconosciuto il ruolo
positivo che la Chiesa cattolica svolge in Gran Bretagna.
Dal ministero dell’Interno, monsignor Gallagher si è trasferito a quello degli Affari esteri e del Commonwealth, dove è stato ricevuto
dall’onorevole David Lidington, ministro per l’Europa. Lo scambio di
opinioni ha permesso di volgere
uno sguardo al complesso volto del
continente europeo, soprattutto in
riferimento a quelle situazioni che
richiedono una particolare attenzione umanitaria.
A seguire, monsignor Gallagher si
è recato al dipartimento per l’Energia e il Cambiamento climatico, dove è stato accolto da lord Nicholas
Bourne di Aberystwyth, sotto-segretario di Stato per il Cambiamento
climatico e per il Galles. Nel dialogo sono stati espressi apprezzamenti
Si dimette
il primo ministro
irlandese
DUBLINO, 11. Crisi politica in Irlanda. Il nuovo Parlamento di
Dublino, eletto il 26 febbraio
scorso, ha negato ieri sera la fiducia al Governo di Enda Kenny,
che ha formalmente rassegnato le
sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica. La decisione, rilevano gli analisti, provoca un vuoto politico che per
essere colmato potrebbe richiedere settimane di difficili trattative
tra i vari gruppi politici.
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
per l’enciclica di Papa Francesco
Laudato si’ e si è convenuto sull’importanza di far seguire ai principi
morali circa la tutela del creato, gesti concreti che le comunità locali
possono intraprendere per dare efficacia alla difesa dell’ambiente.
Dopo una colazione presso l’episcopio di Westminster, a cui hanno
preso parte anche rappresentanti
della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, monsignor
Gallagher ha incontrato, al Parlamento, l’onorevole Theresa Villiers,
segretario di Stato per l’Irlanda del
Nord. Nel colloquio si è tra l’altro
dato atto del contributo offerto dalle comunità cristiane all’importante
processo di riconciliazione in corso.
Il segretario per i Rapporti con
gli Stati ha incontrato, quindi,
l’onorevole Justine Greening, segretario di Stato per lo Sviluppo internazionale, presso il relativo dipartimento. Nell’incontro si è constatato
il ruolo svolto dalle istituzioni cattoliche nei processi di sviluppo in varie aree del mondo. Tale ruolo si
qualifica pure per la consolidata capacità di rispetto verso le culture
dei popoli cui si rivolge.
La seconda parte del pomeriggio
è stata dedicata alla celebrazione eucaristica che monsignor Gallagher
ha presieduto nella cappella St. Mary Undercroft, situata al di sotto
della Westminster Great Hall. Hanno concelebrato il reverendo Pat
Browne, RC Duty Priest presso le
Camere del Parlamento, e il reverendo Christopher Thomas, segretario
generale della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles. La messa
era aperta a tutti e, in particolare, vi
hanno preso parte i membri dell’All
Party Parliamentary Group on the
Holy See. Il momento conviviale
che è seguito, ospitato presso la
Speaker’s House, è stato l’occasione
per rinnovare vincoli di amicizia e
stima, e per scambiare vedute su temi internazionali di ampio respiro.
Giovedì 3 marzo, a metà mattinata, la baronessa Patricia Scotland di
Asthal, segretario generale del Commonwealth, ha ricevuto monsignor
Gallagher presso i propri uffici nel
ministero degli Affari esteri e del
Commonwealth. In tale occasione,
oltre a illustrare l’identità dell’istituzione, soprattutto a seguito delle recenti riforme statutarie che l’hanno
caratterizzata, il colloquio si è soffermato, tra l’altro, sulle conseguenze dei cambiamenti climatici che interessano non pochi Paesi membri
del Commonwealth.
Una colazione di lavoro con i
consiglieri legali del ministero degli
Affari esteri e del Commonwealth
ha concluso la mattinata. Il pomeriggio è stato introdotto dalla baronessa Joyce Anelay di St John’s, ministro di Stato per gli Affari esteri e
il Commonwealth. La baronessa
Anelay ha presieduto un incontro,
aperto ai collaboratori e ai dipendenti del ministero, sul ruolo delle
religioni nell’attuale contesto internazionale. Nel suo intervento, cui
sono seguite le domande dei presenti, monsignor Gallagher ha ricordato che per comprendere quanto ac-
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
cade nel mondo oggi sia necessaria
anche la conoscenza delle religioni,
non bastando più rappresentarle solo come un fenomeno regressivo o
come fatto pertinente unicamente al
privato. Monsignor Gallagher si è
detto anche convinto che, per l’edificazione del bene comune pure a livello mondiale, occorra incontrarsi,
conoscersi e ritornare ad avere stima
gli uni degli altri, soprattutto quando le differenti voci tendono a una
logica compaginativa e non conflittuale. Del resto, il ruolo sovranazionale delle religioni è evidente. Apprezzabile è anche la loro capacità
di agire positivamente in favore delle popolazioni, come pure il consolidarsi del dialogo ecumenico e interreligioso. Tali elementi contribuiscono a realizzare una fitta rete di
relazioni che superano i confini nazionali e di cui occorre tenere conto. In conclusione, il segretario per i
Rapporti con gli Stati ha auspicato
che l’identità e la missione delle religioni siano meglio conosciute dagli operatori degli affari internazionali.
Monsignor Gallagher è stato,
quindi, ospite del Royal United
Services Institute, dove ha presentato un’ampia relazione a proposito
dei contenuti della “politica estera”
di Papa Francesco. Dopo aver introdotto i termini della questione, con
un breve excursus sulla peculiarità
della presenza della Santa Sede e
dello Stato della Città del Vaticano
sulla scena internazionale, il presule
ha presentato i punti salienti
dell’esortazione apostolica Evangelii
gaudium e dell’enciclica Laudato si’,
testi verso i quali si è rilevato l’apprezzamento di non pochi uditori.
Traendo, poi, differenti spunti dagli
interventi che il Santo Padre ha pronunciato in occasione dei viaggi internazionali, monsignor Gallagher
ha delineato il ruolo innegabile di
leadership che è andato vieppiù riconoscendosi a un Papa che viene
da una megalopoli del sud del mondo. La sua contestazione dei mali
del nostro tempo e la sua azione a
favore dei poveri, dei migranti, degli ultimi, delle vittime cioè della
“cultura dello scarto”, ne hanno fatto in poco tempo una delle voci
morali più ascoltate del pianeta. Il
suo modo di essere presente nello
spazio pubblico, l’immediatezza dei
suoi gesti e l’efficacia del suo linguaggio sembrano imprimere alla
sua missione un vigore e un’efficacia
“politica” da pochi altri eguagliata.
Inoltre, la sua prospettiva, che propone di dare centralità alle periferie,
contribuisce a superare vecchie contrapposizioni geopolitiche. Ecologia,
povertà e guerra si richiamano continuamente nei suoi messaggi e sono
comprensibili all’uomo di tutte le
latitudini. Fin dall’inizio di questi
ormai tre anni di pontificato, ha ricordato monsignor Gallagher, Papa
Francesco si è impegnato per sostenere il processo di pacificazione in
alcune aree del Medio oriente e il
suo contributo è stato importante
nel condurre in porto lo storico accordo tra Cuba e Stati Uniti d’America. Insomma, ha concluso il presule, comprendere il ruolo “politico”,
nel senso più alto del termine, che
la Chiesa con Papa Francesco sta
svolgendo nel mondo oggi, significa
capirne il profondo desiderio che
mira, in nome del Vangelo, a realizzare l’amicizia tra i popoli, a costruire ponti e a consolidare la pace
tra le nazioni.
La serata è stata, infine, impreziosita da un’interessante e gradita visita guidata all’esposizione «Botticelli
Reimagined», realizzata presso il
Victoria and Albert Museum, offerta
gentilmente dall’ambasciatore Nigel
Baker.
Come è facile intuire, la visita
londinese del segretario per i Rapporti con gli Stati è stata intensa e
fruttuosa e, grazie anche alla puntuale programmazione dell’ambasciata del Regno Unito, come anche
all’ospitalità del cardinale Nichols,
arcivescovo di Westminster, e
dell’arcivescovo Mennini, nunzio
apostolico, essa ha efficacemente
contribuito a rafforzare i legami di
stima e collaborazione tra la Santa
Sede e il Regno Unito.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
[email protected]
Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 12 marzo 2016
pagina 3
Guerriglieri
delle Farc
sulle montagne colombiane (Afp)
Commemorazioni in tutto il Giappone
BO GOTÁ, 11. La guerriglia delle Farc
(Forze armate rivoluzionarie della
Colombia) e il Governo colombiano
hanno desistito in maniera consensuale dal rispettare il termine fissato
per la firma dell’accordo di pace entro il 23 marzo, lasciando aperta
l’opzione a prorogare i negoziati in
corso a Cuba dal 2012 per porre fine
a più di cinquant’anni di conflitto
armato.
Il termine di sei mesi per concludere i negoziati di pace era stato stabilito dal presidente Juan Manuel
Santos e dal leader delle Farc, Timoleón Jiménez detto Timochenko, lo
scorso 23 settembre nella capitale cubana. Il primo a prorogare il dialogo
— sostenuto da Jiménez — è stato il
presidente Santos, affermando che
dopo tanti sforzi è preferibile stabilire un’altra data anziché firmare un
«cattivo accordo». Prima ancora, a
Cuba, Joaquín Gómez, membro della direzione e negoziatore delle Farc,
aveva appoggiato la posizione del
presidente, affermando che il Capo
di Stato ha agito con obiettività.
Non è stata ancora comunicata una
nuova data, ma a detta delle Farc,
l’accordo dovrebbe essere firmato
entro l’anno, permettendo alla stessa
di trasformarsi in partito politico e
di partecipare alla prossima campa-
Lo tsunami
cinque anni dopo
Tra Governo colombiano e Farc
Slitta l’accordo di pace
gna elettorale. La scadenza del 23
aveva alimentato maggiori aspettative per la visita storica del presidente
Barack Obama prevista tra il 20 e il
22 di questo mese. Difatti l’Amministrazione statunitense — che per anni
ha finanziato la lotta contro le Farc
— appoggia i negoziati. Attualmente
Farc e Governo stanno negoziando
un cessate il fuoco bilaterale definiti-
vo e il referendum popolare sugli accordi; si tratta degli ultimi punti ancora in sospeso del processo di pace
che è stato seguito da Cuba e Norvegia come Paesi garanti, e dal Cile
e Venezuela in qualità di «Paesi accompagnanti».
Le parti hanno già raggiunto un
consenso parziale sulla riforma agraria, la lotta contro il traffico di dro-
ga, la partecipazione politica dei
combattenti, la giustizia e il risarcimento alle vittime. Da otto mesi le
Farc rispettano una tregua unilaterale e il Governo ha sospeso i bombardamenti. La sfida cruciale ora sarà il dibattito sulle complesse questioni relative alla fine del conflitto,
in particolare il cessate il fuoco e la
consegna definitiva delle armi.
TOKYO, 11. Cerimonie in tutto il
Giappone, oggi, nel quinto anniversario del terremoto e del successivo tsunami che l’11 marzo del
2011 devastarono la costa nordest
della regione del Tohoku, provocando più di 18.000 vittime e la catastrofe nella centrale di Fukushima, il disastro nucleare più grave
dopo quello di Chernobyl (1986).
Durante la cerimonia al Teatro
nazionale di Tokyo, a cui hanno
partecipato l’imperatore Akihito
con la consorte Michiko, assieme al
primo ministro, Shinzo Abe, è stato osservato un minuto di silenzio
alle 14.46 (le 6.46 in Italia), l’ora
della terrificante scossa di magnitudo 9 sulla scala Richter. Altre commemorazioni hanno avuto luogo
nelle tre prefetture di Fukushima,
Miyagi e Iwate. Il terremoto, il più
violento mai registrato nel Paese
del Sol levante, fu seguito da un
gigantesco maremoto con onde fino a 30 metri di altezza, che travolse oltre 260 località costiere.
Le persone sgomberate per sfuggire alla contaminazione nucleare
furono più di 100.000, ma — a distanza di cinque anni — nelle tre
Per la prima volta toni pacati e senza attacchi personali
Nota dell’episcopato sul «particolare momento» del Brasile
Dibattito moderato
tra i candidati repubblicani
Chiesto l’arresto
preventivo di Lula
WASHINGTON, 11. Esordio in versione “presidenziale” per Donald
Trump al dibattito repubblicano di
Miami, il dodicesimo della serie
Gop. «Non posso credere quanto civile sia stato il dibattito fino a questo momento», ha tenuto a sottolineare lo stesso magnate newyorchese
che ha mantenuto toni pacati ed evitato affermazioni al vetriolo nei confronti dei rivali, pur ribadendo le
sue posizioni, in particolare sui musulmani e i lavoratori stranieri.
Trump ha insistito che per eliminare il cosiddetto Stato islamico (Is)
serve una forza militare di almeno
Dibattito televisivo tra i candidati repubblicani alla nomination (Ansa)
venti o trentamila uomini. E se non
proprio tutti i musulmani, sicuramente «molti di loro ci odiano» ha
rimarcato. «Io non sono interessato
al politicamente corretto, mi interessa risolvere il problema prima che
sia troppo tardi».
«Dobbiamo lavorare con la comunità musulmana e i Paesi musulmani
per combattere l’estremismo violento», è stata la replica di Marco Rubio mente Ted Cruz ha provato l’affondo, accusando Trump di semplicismo su tutta la linea. Ma il tycoon
non ha perso il suo inedito aplomb
mostrando toni conciliatori.
«Siamo tutti sulla stessa barca —
ha detto Trump — dobbiamo insieme trovare una soluzione e troveremo una risposta». L’unica battuta
l’ha riservata ai democratici, sottolineando di averli seguiti attentamente
«sebbene siano davvero molto noiosi». Dal canto suo, ha promesso di
fare di tutto per non toccare lo stato
sociale mentre Rubio ha sottolineato
l’esigenza di alzare gradualmente
l’età pensionabile.
Sia Cruz sia Rubio, che hanno entrambi origini cubane, hanno contestato la normalizzazione delle relazioni con L’Avana da parte di Obama mentre Trump si è detto convinto della necessità di cambiare politica perché dopo mezzo secolo «ci
vuole un grande accordo».
BRASILIA, 11. Nuove nubi si addensano in Brasile su Luiz Inácio
Lula da Silva. La Procura di San
Paolo ha infatti chiesto l’arresto
preventivo dell’ex presidente, indagato per riciclaggio e falso ideologico. La magistratura indaga su
un’abitazione di lusso, che risulta
intestata a una impresa di costruzioni, l’Oas, coinvolta nella tangentopoli brasiliana, ma che l’accusa ritiene sia di proprietà dell’ex
capo dello Stato.
La richiesta è stata fortemente
criticata dai deputati del Partito
dei lavoratori (Pt), i quali hanno
affermato che chiedere l’arresto
preventivo di un ex presidente
della Repubblica, in una fase iniziale di inchiesta, è una misura
estrema. È la prima volta dalla fine della dittatura militare che la
magistratura brasiliana chiede l’arresto di un ex capo di Stato. L’accusa sostiene che Lula avrebbe
cercato di occultare la proprietà
dell’immobile. La richiesta di arresto preventivo sarà esaminata dal
giudice Maria Priscilla Veiga Oliveira, della quarta sezione penale
del tribunale di San Paolo. Non si
conosce ancora la data della decisione. Il pubblico ministero Cassio
Conserino ha spiegato di aver sollecitato la misura cautelare nei
confronti di Lula per evitare che
Visita di Justin Trudeau a Washington
Asse ambientale tra Stati Uniti e Canada
WASHINGTON, 11. «Si dice che si scelgono gli
amici, ma non si possono scegliere i vicini. Ebbene, per una questione di geografia, Stati Uniti e
Canada possono ritenersi fortunati ad essere vicini». Il presidente Obama ha salutato in questo
modo la visita a Washington del nuovo primo
ministro canadese, Justin Trudeau. Si tratta della
prima visita di un capo di Governo di Ottawa
negli Stati Uniti in vent’anni.
Obama e Trudeau intendono cementare il già
solido rapporto esistente tra i due Paesi e facilitare in futuro la circolazione di persone e merci.
Ma il punto centrale dell’agenda bilaterale riguarda l’ambiente e il rispettivo impegno contro
i cambiamenti climatici.
I due leader hanno infatti concordato una serie
di azioni comuni per ridurre le emissioni di anidride carbonica e altri gas a effetto serra, nel
quadro degli impegni assunti dalla comunità internazionale alla Cop21 di Parigi. L’obiettivo
principale è portare gli Stati Uniti e il Canada in
prima fila nel processo di transizione verso una
economia globale sostenibile dal punto di vista
ambientale.
Obama e Trudeau si sono impegnati a tagliare
le emissioni di metano del settore gas-petrolifero
dal 40 al 45 per cento entro il 2025, rispetto ai livelli del 2012. «Sono fiducioso — ha detto il premier durante la conferenza stampa congiunta nel
Rose Garden — perché entrambi vogliamo una
crescita economica “pulita” e lavorando assieme
arriveremo allo scopo prima di quanto si possa
pensare». «Dal mio punto di vista — ha sottolineato il presidente statunitense — non so cosa
non mi possa piacere di Trudeau, siamo uno lo
specchio dell’altro, ci guidano gli stessi valori».
Obama e Trudeau hanno poi sollecitato gli altri Paesi del G20 a promuovere politiche in linea
con le conclusioni del vertice sul clima dello
scorso anno a Parigi e per la protezione delle comunità indigene delle regioni sempre più colpite
dai cambiamenti climatici.
Un vertice di alto livello sull’emergenza climatica nella regione dell’Artico sarà organizzato dai
due Paesi il prossimo agosto.
Obama e Trudeau alla Casa Bianca (Afp)
l’ex presidente inquini le prove e
per motivi di «ordine pubblico».
Sul «particolare momento» vissuto dal Paese sono oggi intervenuti i vescovi che hanno diffuso
una nota approvata dal Consiglio
permanente della Conferenza episcopale riunito a Brasília. «Viviamo una profonda crisi politica,
economica e istituzionale — scrivono i presuli — che ha come quadro
di fondo l’assenza di riferimenti
etici e morali, pilastri della vita e
dell’organizzazione della società
intera».
I vescovi brasiliani sottolineano
come il superamento di questa crisi passi per il rifiuto sistematico
della corruzione, per l’incremento
dello sviluppo sostenibile e per il
dialogo. I sospetti di corruzione
devono essere rigorosamente investigati e giudicati dalle autorità
competenti. Questo garantisce la
trasparenza e ristabilisce un clima
di credibilità nazionale.
Ma nel momento attuale, sottolinea la nota, non bisogna esasperare gli animi, la situazione esige
rispetto e dialogo e anche le manifestazioni devono essere pacifiche,
oltre che rispettose delle persone e
delle istituzioni. «Siamo chiamati
al dialogo — conclude la nota
dell’episcopato — per edificare un
Paese giusto e fraterno».
prefetture quasi 58.000 persone vivono tuttora nei complessi di prefabbricati adibiti a centri di accoglienza, per gran parte persone anziane vulnerabili a problemi fisici e
psichici connessi al terribile incidente nucleare.
Secondo le Camere di commercio delle prefetture di Fukushima,
Miyagi e Iwate, solo il 18 per cento
delle imprese economiche della zona è tornato ai livelli pre-2011. Imprese che molto spesso erano di
coltivatori, allevatori e pescatori, e
che devono fare i conti anche con i
rischi della contaminazione.
Un rapporto indipendente evidenzia che ci vorranno almeno cento anni per decontaminare le aree
più colpite. Il Governo ha attivato
un piano di ricostruzione e di decontaminazione, ma è ancora incerto il destino di nove milioni di metri cubi di detriti contaminati. Analoghi interrogativi si pongono per
le 75.000 tonnellate di acqua radioattiva usata per il raffreddamento dei reattori di Fukushima, dove
i lavori di decontaminazione dovrebbero durare almeno altri 30, 40
anni.
Intanto, il processo di smantellamento della centrale prosegue senza sosta, mentre va avanti il dibattito tra l’opinione pubblica, divisa
sulla opportunità di una dipendenza dal nucleare, e l’Esecutivo, deciso a un riavvio delle centrali con
maggiore sollecitudine, pur nel rispetto di standard di sicurezza più
elevati. In un sondaggio dell’agenzia Kyodo, due terzi dei governatori e amministratori locali chiedono una riduzione dell’impiego del
nucleare, mentre alcuni auspicano
una chiusura definitiva dei reattori.
Dipendenti
pubblici rapiti
in Pakistan
ISLAMABAD, 11. Almeno nove dipendenti della Autorità di sviluppo
delle aree tribali pakistane sono
stati sequestrati ieri da sconosciuti
nel Waziristan meridionale, al confine con l’Afghanistan. A quanto si
è appreso, il rapimento sarebbe avvenuto nell’area di Khola, vicino a
Wana, il capoluogo del territorio
tribale, dove il team era in visita
per programmare un progetto di
sviluppo. Del gruppo facevano
parte anche il direttore della stessa
autorità, Atiq Bangash, due ingegneri, due autisti e un geologo, oltre ad altri impiegati. Nessuno ha
per il momento rivendicato l’operazione avvenuta in un’area relativamente tranquilla del Waziristan
meridionale. Nel 2013, nella stessa
zona, i talebani sequestrarono otto
dipendenti
del
dipartimento
dell’acqua e dell’energia, che furono liberati quasi due anni dopo.
L’Afghanistan chiede giustizia
per Farkhunda
KABUL, 11. Il presidente afghano,
Ashraf Ghani, ha ordinato ieri al
procuratore della Repubblica di riaprire l’inchiesta sulla brutale uccisione, avvenuta il 19 marzo 2015, di
Farkhunda Malikzada, una donna
falsamente accusata di avere distrutto pagine del Corano, linciata dalla
folla all’esterno di una moschea. La
decisione è stata presa dopo che la
Corte suprema afghana ha recentemente ridotto le pene di 13 imputati,
quattro dei quali precedentemente
condannati a morte, e dopo pesanti
critiche all’operato della giustizia locale da parte di alcune organizzazioni umanitarie.
Il massimo tribunale afghano ha
commutato la pena dei quattro condannati a morte, riducendola per tre
di essi a 20 anni di carcere, e per il
quarto a dieci. Anche le pene degli
altri nove imputati sono state sensibilmente ridotte. In un comunicato
in cui stigmatizzano il cattivo funzionamento della giustizia in Afghanistan, le organizzazioni umanitarie
sostengono che «è necessario rendere funzionante in modo corretto la
legge del 2009 sulla eliminazione
della violenza contro le donne per
offrire qualche speranza in più a
quelle persone di sesso femminile
che il sistema giudiziario locale attualmente non protegge».
E sono trascorsi 15 anni da quando, nel 2001, i talebani afghani distrussero con la dinamite i monumentali Buddha di Bamyan, due
enormi statue alte 55 e 33 metri scolpite nella pietra a 230 chilometri da
Kabul. Uno dei crimini più odiosi
contro uno dei patrimoni dell’umanità di cui si sono macchiati i talebani sotto la guida del mullah
Omar, che considerava «simboli pagani» quelle rappresentazioni di inestimabile valore.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
sabato 12 marzo 2016
Il monastero di san Pantaleimon
sul monte Athos
L’insegnamento spirituale di padre Sofronio
Passatore tra l’oriente
e l’occidente
di ROSSELLA FABIANI
ra il 1917 e il 1923 scomparvero
128 vescovi e 25.000 sacerdoti,
altre migliaia furono imprigionati in campi di lavoro, mentre
venivano distrutte 40.000 chiese, chiusi i monasteri e confiscati i beni
ecclesiastici. Eppure lo Spirito non ha mai
smesso di soffiare: profili di volti della
Russia eccelsa, anche se umile e sofferente, hanno di continuo richiamato a un pellegrinaggio dello Spirito fino alla riscoperta della Santa Rus’.
Nella prospettiva di un’autentica complementarità tra cristianità d’oriente e
d’occidente si colloca l’opera di un grande
F
Padre Sofronio, al secolo Sergej Semionovich Sacharov
starec come l’archimandrita Sofronio che
con il suo lavoro ci sollecita a riprendere il
complesso rapporto tra l’Europa e il suo
oriente, la Russia, oltre che a rintracciare i
fondamenti comuni della cultura cristiana
e della Chiesa indivisa. Ma padre Sofronio ci invita anche ad affrontare la teologia della persona, «il soggetto principale
degli sviluppi teologici a venire» secondo
la definizione del metropolita Callistos,
vescovo nella stessa giurisdizione in cui
Sofronio fonderà il monastero di San Giovanni Battista a Maldon nella contea
dell’Essex, in Inghilterra.
In questa prospettiva, la cosa più preziosa da dare a una persona è il tempo, e
lo starec Sofronio, a ognuna delle persone
che ha incontrato, ha dato il suo tempo
migliore. A questo gigante dello Spirito
del secolo scorso — canonizzato nel 1988
dal Patriarca di Costantinopoli — l’Associazione Insieme per l’Athos ha dedicato
all’Accademia di Romania a Roma la giornata «Padre Sofronio (Sacharov). Dal
Monte Athos all’Essex: l’archimandrita
Sofronio e il suo insegnamento spirituale»
alla quale sono intervenuti monsignor Siluan Span, vescovo della diocesi ortodossa
Romena d’Italia, Adalberto Mainardi, monaco di Bose, l’arciprete Sergio Mainoldi,
decano per l’Italia dell’arcivescovado delle
Chiese ortodosse russe in Europa occidentale, Stefano Caprio, sacerdote e docente
al Pontificio istituto orientale, Giuseppe
Balsamà e Antonio Manzella dell’Associazione Insieme per l’Athos.
Nato nel 1896 a Mosca, in una grande giunto un livello elevato nella morale
famiglia ortodossa, padre Sofronio, al se- umana o in una via di ascesi e anche di
colo Sergej Semionovich Sacharov, speripreghiera (anche i farisei digiunavano e
mentò la presenza di Dio, dopo essere
recitavano lunghe preghiere), ma colui che
passato attraverso un fraintendimento inporta in sé lo Spirito Santo».
tellettualistico iniziale: abbandonato infatti
Nel 1925, lasciata Parigi, raggiunge il
il Dio vivente della sua infanzia, si rivolge
al misticismo orientale non cristiano. Con- monte Athos dove entra nel monastero di
fondendo l’individuo con la persona, ser- San Pantaleimon, diventando monaco con
ve, come lui stesso dirà più tardi, il «Dio il nome di Sofronio. Secondo l’espressione
dei filosofi che in realtà non esiste». Dopo di Teodoro Studita che ama citare, per
avere studiato Belle Arti a Mosca, a 26 Sofronio il monachesimo è «la terza graanni si trasferisce a Parigi dove si dedica zia», la vita celeste sulla terra, il cuore spialla pittura, che «lo possiede come uno rituale della Chiesa. Presto riceve la grazia
schiavo» (scriverà poi), ed espone nei luo- della preghiera incessante, «dono di Dio
ghi più illustri dell’arte moderna, dal Sa- collegato a un altro dono: il pentimento».
lon d’Automne al Salon des Tuileries. Ma Trasfigurato dalla preghiera, diventa prela pittura non lo soddisfa: «I mezzi di cui ghiera. Il monaco, per lui, è l’icona della
disponevo erano incapaci di restituire la Madre di Dio. È colui che prega per il
mondo intero.
bellezza che regna nella natura».
Dopo cinque anni al monte Athos, vieLa svolta avviene il giorno di Pasqua
del 1924: colui che egli aveva abbandona- ne ordinato diacono e conosce lo starec
to, gli si manifesta. «Io sono colui che so- Silvano. Subito Sofronio, intellettuale colno» (Esodo, 3, 14): questa rivelazione fatta to e ferito dalla metafisica, si mette ai piea Mosè da Dio è per padre Sofronio una di di questo uomo semplice e quasi analvera via di Damasco.
«Grande è la parola io
— scrive —. Essa desiSosteneva che il cristianesimo
gna la persona e poiché Dio dice “Io”, l’uonon fosse una dottrina ma la vita
mo può dire “tu”. È
E riteneva che la teologia
una relazione. E la preghiera è questa relazionon fosse un esercizio speculativo
ne del figlio con il Pama l’«essere ispirati dalla grazia divina»
dre». Desideroso di dedicare la sua vita a
Dio, entra all’Istituto
Saint-Serge, appena fondato a Parigi. An- fabeta che viveva al massimo grado l’amoche gli studi, però, non lo soddisfano: fi- re per i nemici. «Tieni il tuo spirito all’inno alla morte manterrà un atteggiamento ferno e non disperare»: padre Sofronio
comprende che questo richiamo a una pecritico verso la teologia accademica.
Per Sofronio, discepolo fedele di san renne autocondanna è il cammino più diSilvano (1866-1938), «il cristianesimo non retto per rendere il nostro cuore umile e
è una dottrina, ma la vita». La teologia libero di ricevere l’amore di Dio. Perché
non è un esercizio speculativo, ma «lo sta- «una cosa è l’umiltà ascetica e tutt’altra
to di essere ispirati dalla grazia divina» e cosa è l’umiltà di Cristo»: la prima consila santità non è di ordine etico, ma onto- ste nel vedersi come il «peggiore di tutti»,
logico: «Non è santo colui che ha rag- la seconda è «un attributo dell’amore di
Dio che si offre senza misura», è l’azione
dello Spirito Santo in noi, quando viviamo l’intera umanità come noi stessi.
Dopo la morte dello starec Silvano (24
settembre 1938), padre Sofronio va a vivere come eremita in una cella a Karoulia,
nel cuore del monte Athos. Qui la preghiera allarga il suo cuore: sente l’eco della guerra nella profondità della sua caverna. Di notte, in particolare, il grido
dell’umanità sofferente gli trafigge il cuore
e, come lo starec Silvano, prega per il
mondo intero piangendo come per se stesso. In queste lacrime, dono di Dio, vede
un riflesso della preghiera di Cristo nel
giardino del Getsemani: capisce allora il
profondo significato della parola di Cristo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma la pietra angolare del Vangelo
per padre Sofronio è l’amore per i nemici:
unico rimedio per tutti i mali, criterio ultimo e insuperabile della vera fede, della
vera comunione con Dio e della verità
nella Chiesa. Ordinato ieromonaco presso
il monastero di San Paolo nel 1941, un anno dopo è elevato alla dignità di padre
spirituale. Da questo momento sarà il confessore in diversi monasteri: è l’inizio di
una paternità spirituale che non cesserà fino alla sua morte.
Verso la fine del 1943, si trasferisce
nell’eremo della Santa Trinità, nei pressi
di Nea Skiti: le condizioni di vita sono
durissime e la sua salute ne risente. Due
anni dopo, sarà costretto a rinunciare ad
abitare quella cella. Vive per un po’
nell’eremo di Sant’Andrea, ma nel 1947,
ormai molto malato, è costretto a tornare
in Francia: vivrà in quella piccola Russia
dell’immigrazione che era Saint-Geneviève-des-Bois, vicino a Parigi. Attratte dal
suo irraggiamento spirituale, persone dai
più diversi orizzonti culturali si riuniscono
attorno a lui.
Nel 1959, dopo aver cercato invano in
Francia un luogo adatto per iniziare
un’esperienza di vita comunitaria, padre
Sofronio parte per l’Inghilterra con alcuni
discepoli. Il gruppo si stabilisce a Tolleshunt Knights nell’Essex, in una vecchia
casa parrocchiale in disuso: nasce il monastero di San Giovanni Battista, che prende
il nome della sua prima cappella, ornata
di icone dipinte da padre Gregoire Krug.
Per chi scopre il suo monastero è difficile non pensare allo spirito mistico di san
Sergio di Radonez o di san Nilo Sorski.
Come quest’ultimo, Sofronio dà grande
valore all’attività intellettuale: come per
lui, il rispetto per l’unicità della persona
prevale sulla regola. Non è il typicon, l’ordinamento del monastero, che crea l’unità
della comunità, ma la volontà e la piena
coscienza di vivere nello Spirito di Cristo.
Il grande pericolo di una regola, nella vita
monastica e altrove, è quello di incoraggiare la persona a mettersi in regola con
se stessa. L’unica regola valida è invece
Cristo con il quale, a rigore, non possiamo mai «essere in regola» e di fronte al
quale il nostro pentimento non avrà fine
sulla terra. Per questo il monastero di San
Giovanni Battista, il cui fondamento spirituale è l’insegnamento di san Silvano, non
avrà regole, ma soltanto un orario: l’organizzazione della giornata nei tre tempi del
pasto, del lavoro e della preghiera. Una
vita semplice, eucaristica, evangelica.
Ritrovando i suoi vecchi carismi, padre
Sofronio apre un laboratorio di iconografia e, insieme ai suoi monaci e soprattutto
alle sue monache, orna di affreschi il refettorio e la nuova chiesa, dedicata oggi a
San Silvano. E, presa la penna, scriverà
articoli e libri (come Vita di San Silvano,
L’umiltà ascetica consiste
nel vedersi come il peggiore di tutti
mentre l’umiltà di Cristo
è un attributo
dell’amore di Dio
Vedremo Dio com’è. Autobiografia spirituale,
Ascesi e contemplazione e La preghiera:
un’opera infinita). Muore l’11 luglio 1993,
quando sta per compiere novantasette
anni.
Posto dapprima sotto la giurisdizione
del Metropolita Antonio di Sourozh, Esarca per l’Europa occidentale del patriarcato
di Mosca, e dal 1965 direttamente sotto la
giurisdizione del Patriarca ecumenico di
Costantinopoli, il monastero di San Giovanni Battista oggi ospita circa venticinque monaci e monache di dodici nazionalità diverse. Ritroviamo l’ecumenismo del
cuore di padre Sofronio nei circa mille
ospiti, in gran parte non ortodossi, che il
monastero accoglie ogni anno.
Con la sua iconografia leggermente naturalistica, la costituzione in ufficio della
preghiera di Gesù, l’importante lavoro di
traduzione svolto dai suoi discepoli, il dialogo e l’amicizia spirituale con molti cristiani di altre confessioni, padre Sofronio
è stato, per citare l’espressione di Olivier
Clément, un vero «passatore» tra l’oriente
e l’occidente cristiano, uno dei grandi testimoni di questo secolo dell’universalità
dell’ortodossia.
«Una mattina di ottobre» di Virginia Baily
L’attimo che cambia tutto
di CLAUDIO TOSCANI
Entra immediatamente in tema e in trama Virginia Baily, emergente scrittrice
inglese, impostasi all’attenzione internazionale di lettori e critici con Una mattina di ottobre (Milano, Edizioni Nord,
2016, pagine 406, 16,90 euro), frastagliato racconto che parte dalla rievocazione
del rastrellamento del ghetto ebraico di
Roma da parte dei nazisti il 16 ottobre
1943.
Chiara e Davide sono i protagonisti
della storia splendidamente narrata
Che trae spunto
dal rastrellamento nel ghetto di Roma
Chiara Ravello, nubile, via dei Cappellari 147 — come si legge dalla sua
carta d’identità — è una giovane donna
che cammina spedita alle sei del mattino per una via della capitale, fingendo
di recarsi dalla madre in ospedale, lasciando per altro da sola la sorella Ceci-
lia, minore di lei e sofferente di epilessia. In realtà, obbedisce a una convocazione clandestina.
Poche righe e abbiamo tutte le coordinate: personali, familiari, urbane, ambientali e persino storico-politiche. Poche pagine e irrompe nel libro una delle
più orribili imprese degli occupanti tedeschi nel clima di persecuzione dei cittadini ebrei.
«Alcuni indossano ancora la biancheria da notte sotto i cappotti. I soldati li
spintonano con le canne dei fucili. Che
ne faranno di loro? Probabilmente li
portano al nord, in un campo di lavoro.
Bambini e vecchiette in un campo di lavoro?».
È uno dei tanti capitoli dello sconfinato dramma della Shoah — 1.259 deportati, tornati 16 — ma il libro tiene
sullo sfondo il genocidio, dedicando il
suo articolato intreccio al destino del
piccolo Davide, portato col resto della
famiglia verso un furgone telonato, prima fase del lungo viaggio verso
Auschwitz. Il momento in cui Chiara,
astante occasionale all’operazione, intercetta lo sguardo della madre di Daniele
che — con muta ma straziante ingiunzione — la invita a prendersi il figliolet-
to, già sull’autocarro con lei, il marito e
un’altra bambina, e salvarlo da una più
che probabile fine. E così accade: intervenendo col cuore in tumulto e un’imprevista irruenza, Chiara strappa il piccolo dalle mani della soldataglia, qualificandolo come suo nipote e, soprattutto, cittadino italiano, portandoselo a
casa.
Già da questo concitato inizio, la
prosa di Baily si mostra ponderatamente
ferma, compatta, concreta, attenta a
ogni dato, a ogni particolare sia della
realtà sia delle inquiete movenze degli
stati d’animo, così come avverrà, lungo
tutto il testo, per ogni occorrenza descrittiva di luoghi, volti, paesaggi romani o della vicina campagna.
Anche la struttura del romanzo è attentamente studiata: la storia viene rilasciata al lettore per tranches temporali
che alternano momenti di vita presenti e
passato-prossimi, in modo che si seguano, a piani alterni, esistenze in divenire.
Quella di Chiara che, tra mille difficoltà
pratiche ma anche disagi psicologici,
porta avanti la crescita di Davide; quella stessa del ragazzo che mal si ambienta, all’inizio, nel traumatico realizzarsi
di un suo inatteso destino e che giunge-
rà a rischiare la sua salvezza per una
scelta che è uno dei segreti del romanzo. Ma anche quella di Maria, figlia di
Davide, che a un certo punto svanisce
nel nulla lasciando in un interrogante
smarrimento coloro che lo hanno accudito sino ad allora.
Maria, si diceva, cresciuta nel Galles
presso una famiglia adottiva che cerca
fino all’ultimo di celarle la sua vera
identità, e che un bel giorno decide di
recarsi in Italia, dopo lunghe ricerche,
da quella Chiara Ravello che deve pur
sapere qualcosa di suo padre.
Intanto il clima cambia, nel senso che
Roma è liberata dagli Alleati, e che anche i protagonisti si trasferiscono, sotto
l’occhio acuto e ricettivo dell’autrice che
non si lascia sfuggire nulla. Anzi, quasi
fotografa: i mutamenti della città, l’evoluzione dei rapporti umani dei suoi personaggi, le condizioni di vita, gli eventi
politico-ideologici del Paese.
Se non conta l’anticipo del finale, che
vieterebbe a chi legge la sua giusta ricompensa, è però d’obbligo mettere in
evidenza qualcosa del molto che il libro
intende dare oltre ai fatti, alle cause e
agli effetti.
Quel 16 ottobre 1943
La prova di Baily è apprezzabile perché ci fa riflettere sulla potenza dell’attimo in cui il fato ci può privare di tutto;
sul senso da dare al nostro esserci, che
spesso ignoriamo o facciamo finta di
non vedere; sul fatto che, collegando
ciò di cui disponiamo a ciò che ci sembra irrealizzabile, otteniamo di maturare
concretamente e moralmente. E, infine,
su come quello al bene sia un istinto
non meno perentorio di quello al male.
Perché la capacità di amare non è meno
praticabile del suo contrario.
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 12 marzo 2016
pagina 5
Jorge Luis Borges Acevedo
e sua sorella Leonor Fanny
negli anni Quaranta
Il cardinale Girolamo Seripando e la Riforma cattolica
Per capirsi
te le ricerche successive hanno con- sorpresa nel trovarsi inaspettatatratto un debito rilevante con que- mente di fronte a un seguace del
sto lavoro dello storico tedesco. neoplatonismo rinascimentale di
Non sono ovviamente mancate, an- matrice ficiniana, fornendo così un
che prima di Jedin, indagini im- indizio significativo dell’oblio cui
portanti sulla figura di Seripando era stata consegnata tutta la prima
riformatore religioso, teologo, pa- parte dell’attività intellettuale di
uno dei grandi padri conciliari a
store.
A partire dal secolo XIX, infatti, Trento. Seripando stesso, a partire
una cospicua serie di studi dedica- dagli anni Cinquanta del Cinqueti, in particolare, al ministero epi- cento, guarderà con un certo discopale a Salerno e all’attività con- stacco ad alcune sue esperienze
ciliare, ha gettato nuova luce sulla maturate all’interno della scuola
figura dell’agostiniano, la cui rile- platonica di Egidio da Viterbo, sulvanza nella storia della Chiesa del la quale ha di recente posto l’attensuo tempo emerge già con chiarez- zione John Monfasani ricostruenza nella monumentale Storia dei done la fisionomia complessiva. A
Papi di Ludwig von Pastor. In nes- suo tempo, anche Eugenio Garin e
suno di questi studi si sono tutta- François Secret avevano mostrato
via rivelate quella organicità della l’esigenza di sviluppare le tracce
ricostruzione e quella profonda co- presenti nell’opera jediniana e indinoscenza delle fonti cato la via per una riscoperta di
che costituiscono due quella parte della produzione filodell’agostiniano.
dei caratteri distintivi e sofico-teologica
insieme il motivo della Una produzione per nulla margifreschezza e dell’attua- nale che occupò Seripando fino allità della monografia la seconda metà degli anni Trenta
jediniana.
Il primo dei due volumi accoglie i quattro
capitoli iniziali della
Tradotta in italiano
monografia, a partire
la monumentale biografia
dal periodo della complessa formazione relidi Hubert Jedin
giosa e intellettuale di
dedicata a uno degli artefici
Seripando, un periodo
segnato dall’incontro
del concilio di Trento
con la scolastica agostiniana egidiano-tomista, con l’umanesimo
napoletano dell’Accademia pontaniana e del Cinquecento, quando una stacon il platonismo cri- gione pur feconda della teologia
stiano del Rinascimen- cattolica fu superata per la sua evito. Emerge qui, con dente inadeguatezza di fronte alle
grande chiarezza, il nuove sfide poste dalla Riforma
ruolo decisivo nella d’Oltralpe.
Nel secondo volume della bioformazione del giovane agostiniano di una grafia, Jedin concentra la sua attendelle figure religiose zione sul periodo dell’episcopato
più importanti del salernitano di Seripando, sulla sua
Cinquecento, l’agosti- ricca predicazione, in cui si riflettoniano Egidio da Viter- no non soltanto gli interessi politici
Ritratto del cardinale Girolamo Seripando (stampa del 1636)
bo (1469-1532), eloquen- del presule, ma anche la rinnovata
tium religiosissimus, reli- attenzione pastorale dell’episcopato
giosorum eloquentissimus tridentino e, infine, sul ruolo di
nel fermento spirituale del XVI secolo, (così scrive Pietro Summonte, in- cardinale legato di Pio IV (1559Brescia 2016, due volumi, pagine terprete di Giovanni Pontano, in 1565) svolto dall’agostiniano nel
1328, euro 80).
una dedica dell’Aegidius pontania- corso dell’ultima sessione del conSi tratta di un’opera miliare nel- no indirizzata all’eremita agostinia- cilio di Trento, in una delle sue fasi
la storiografia del concilio e della no, eponimo di quello scritto), pro- conclusive e in assoluto più difficiRiforma cattolica che Mario Bendi- totipo ideale del frate umanista, li. Il volume si conclude delineanscioli (1903-1998) desiderava fosse priore generale dell’Ordine, cardi- do il profilo spirituale dell’agostitradotta dalla Morcelliana già dal nale e protagonista di un altro con- niano e, in due ampie appendici,
1938 e, di nuovo, tra gli anni Cin- cilio, il Lateranense V (1512-1517).
tratta le questioni relative al lascito
quanta e Sessanta quando, assieme
In seguito viene approfondito manoscritto, alle fonti sulla vita di
a Massimo Marcocchi, Stefano Mi- l’impegno di Seripando nel gover- Seripando e offre la trascrizione di
nelli e Giulio Colombi, lavorava no dell’Ordine agostiniano di cui una serie di trattati, prediche e aball’edizione della Storia del Concilio fu anch’egli priore generale, non- bozzi di meditazioni. Il volume è
di Trento di Jedin (Morcelliana, ché la sua partecipazione alla pri- infine arricchito dal saggio biblio1949-1981). Solo così, sosteneva ma sessione del concilio di Trento grafico di Vitale e dagli indici detBendiscioli, si sarebbe potuta offri- e ai dibattiti su Scrittura e Tradi- tagliatissimi, che riproducono quelre al lettore italiano un’immagine zione, sul peccato originale e sulla li di Jedin, onomastico e dei concompleta, criticamente fondata, giustificazione — ben nota la sua venti agostiniani citati nell’opera.
della Riforma cattolica. Della ver- proposta sulla doppia giustificazioLa traduzione della monografia
sione italiana fresca di stampa si è
di Jedin sul cardinale
fatto carico proprio Giulio Colomagostiniano è dunque
bi, storico traduttore dell’editrice
un contributo ancora
bresciana e collaboratore in Mormolto utile alla cultuUn’immagine criticamente fondata
celliana di Bendiscioli, insieme ad
ra italiana e vede la
luce in un momento
Attilia Dente e Angelo Maria Vitasugli avvenimenti del XVI secolo
ecclesiale di grande rile, studioso del platonismo rinasciintende stimolare una riflessione
levanza, la preparaziomentale e della tradizione teologica
ne alla comune comsulla profonda frattura
eremitana, al quale si deve anche
memorazione della Ril’ampio e aggiornato saggio biblioche visse la Chiesa in Occidente
forma (1517-2017). Dografico sull’opera di Seripando e
po un secolo di ecusulla sua ricezione.
menismo e oltre cinFin dal 1937, anno di pubblicaquant’anni di dialogo
zione della monografia di Jedin,
l’opera è stata un evento determi- ne poi modificata e approdata alla tra luterani e cattolici, la pubblicanante nelle ricerche sulla storia del dottrina della giustificazione accol- zione di Jedin è stata desiderata e
Cinquecento religioso, non solo ta dal Concilio e ribadita, con pro- realizzata come un segno e uno stiitaliano. Benedetto Croce, la recen- fonda commozione, anche sul letto molo alla riflessione sulla profonda
sì subito su «La Critica» e scrisse: di morte a Trento: «Anche su que- frattura che visse la Chiesa in Oc«Con questa monografia del Jedin, sto punto credo come crede la cidente a partire dal XVI secolo,
la vita e l’opera di Girolamo Seri- Chiesa, che possiamo confidare su perché anche attraverso la conopando ottiene finalmente la tratta- nessun altro fuorché in Gesù Cristo scenza della storia, avvicinata in
zione esatta e piena che da molto e nella grazia di Dio cosicché, mo- modo scientifico e critico, senza
rendo, sono nella Chiesa, della pregiudizi ideologici e apologetici,
tempo si desiderava».
Non è dubbio che dalle ricostru- Chiesa e per la Chiesa» — e ancora cresca sempre di più la comprenzioni storiche del concilio di Tren- sull’obbligo della residenza dei ve- sione, il rispetto e la collaborazione
to, compresa quella curata dallo scovi iure ecclesiastico e sui Sacra- per la restaurazione dell’unità cristiana secondo la verità del Vangestesso Jedin, fino alle indagini in- menti.
In merito alla formazione giova- lo di Gesù che tanto stava a cuore
torno a quel complesso e ancora in
parte inesplorato fenomeno costi- nile di Seripando, si deve rilevare allo storico tedesco e, prima ancotuito dall’evangelismo italiano, tut- come Jedin confessi tutta la sua ra, al cardinale agostiniano.
di RO CCO RONZANI
ttesa e auspicata ormai
da molti decenni da
parte della comunità
scientifica,
l’edizione
della monumentale biografia dedicata dallo storico e teologo tedesco Hubert Jedin (19001980) al cardinale agostiniano Girolamo Seripando (1493-1563), uno
dei massimi artefici del concilio di
Trento, vede ora la luce in traduzione italiana — a distanza di quasi
ottant’anni dalla prima edizione e
di quasi settant’anni dalla versione
parziale in lingua inglese — grazie
alla collaborazione tra l’editrice
Morcelliana e il Centro culturale
agostiniano di Roma (Girolamo Seripando. La sua vita e il suo pensiero
A
Il mondo dell’arte riscopre l’opera della sorella del grande scrittore argentino
Borges
il fratello di Norah
di SILVIA GUIDI
ipingeva angeli perché era
certa che esistessero» racconta Rodolfo Braceli parlando dell’opera di Leonor Fanny
Borges Acevedo, sorella del
celebre scrittore argentino,
Jorge Luis. «Amava il cielo
perché ha sempre sfumaturebellissime. E perché è un posto con poco traffico». Sono
frasi tratte dall’ultima intervista; Norah Borges sarebbe
morta quello stesso anno, nel
1998, a 97 anni. Autrice di
quadri luminosi, solari, con
campiture di colori decisi a
forti contrasti, privi di chiaroscuro e di ombre, aveva scelto
per la sua vita privata l’ombra
e la discrezione. Di artisti ce
n’erano già abbastanza in famiglia: oltre al fratello, anche
il marito, lo scrittore Guillermo de Torre, conosciuto grazie a un amico comune, il
poeta Juan Ramón Jiménez,
che le aveva commissionato
una serie di tavole per illustrare un suo libro. E, comunque,
essere la sorella di un gigante
come Borges non dev’essere
stato semplice, chiosa María
Jesús Espinosa de los Monteros su «El País» del 9 marzo
scorso, che ha dedicato a Norah una pagina monografica.
«Voglio che nei miei quadri
tutto sia in quiete e in silenzio» amava dire la pittrice, allergica ai riflettori e alla girandola di doveri sociali che la
fama porta sempre necessariamente con sé. «Non le è mai
importato diventare famosa,
preferiva prendere il the con le
amiche, mangiare pane e bur-
«D
Non le è mai importato
diventare famosa
E preferiva regalare i quadri
piuttosto che venderli
ro con la gente semplice. Le
sue opere le regalava, non le
vendeva quasi mai, e raramente faceva mostre» conferma
Braceli. Durante il soggiorno
a Maiorca, nel 1919, con la famiglia — mentre suo padre stava cercando di curare una grave patologia agli occhi che lo
avrebbe portato alla cecità, la
stessa sorte che poi sarebbe
toccata a Jorge Luis — fu colpita dal paesaggio delle Baleari, dai popolani di Valldemossa e dalla bontà e dalla dolcezza delle contadine locali.
Fu un periodo di grande
creatività artistica: dipingeva
quasi ossessivamente donne
nascoste da ventagli e copricapi elaborati, umili e maestose
con le loro anfore per l’acqua
sulle spalle.
A chi le chiedeva giudizi su
questo o quello scrittore rispondeva con un sorriso:
«Mio fratello e mio marito
hanno già letto tutti i libri del
mondo». Ma i quadri, le illustrazioni e le bellissime litografie di Norah non sono destinate a restare confinate nel
cassetto di un antiquario. A
quasi vent’anni dalla morte, la
sua opera sta lentamente riemergendo dall’oblio. Recentemente una serie di mostre — a
Palma di Maiorca, a Varsavia
e a Buenos Aires — hanno fatto di nuovo parlare della “meno ultraista degli ultraisti” come l’ha definita Juan Manuel
Bonet, direttore dell’Istituto
Cervantes a Parigi, inquadrando la sua produzione nella
temperie culturale della rivista
«Ultra y Reflector». Il suo è
un universo estetico vasto, ricco, multiforme, nato dal metis-
res», scrivendo articoli di critica d’arte con lo pseudonimo
di Manuel Pinedo. «Ai miei
tempi le ragazze non frequentavano i caffè letterari» avrebbe spiegato molti anni più tardi a Rodolfo Braceli che le
chiedeva il perché del suo costante understatement. Un modo, molto “borghesiano”, in
realtà, di affrontare il mondo
facendosi scivolare addosso la
sua arroganza, trovando consolazione nell’infinita meraviglia dell’arte; tanti episodi della sua vita, realmente accaduti,
sembrano usciti dai libri del
fratello, dove immaginazione,
realtà e sogni si mescolano.
E da uno dei racconti di
Jorge Luis sembra uscita la vicenda di Rogelio Pfirter: «È
uno strano scherzo del destino
La foto “dei tre Jorge”: Bergoglio, González Manent e Borges
sage fra elementi apparentemente lontani fra loro, spiega
Bonet, che riuscì a intervistarla nel 1990 per la rivista sivigliana «Renacimiento». Soprattutto nella produzione degli anni Venti «si combinano
in lei l’influenza della stampa
espressionista tedesca, delle xilografie fiamminghe di Frans
Masereel, stili tipicamente spagnoli e la riscoperta di Buenos
Aires e del realismo magico
sudamericano». È curioso notare come i tre maggiori artisti
legati al movimento spagnolo
dell’ultraismo in realtà non
fossero spagnoli: «oltre a Norah, Rafael Barradas, uruguayano, e Władysław Jahl polacco».
In Spagna Norah si innamora perdutamente delle opere di El Greco, che definisce
«per metà scultura, per metà
pittura». A Siviglia conosce
Pablo Picasso, Joan Miró i
Ferrà (che non le sta particolarmente simpatico), Miguel
de Unamuno, Federico García
Lorca. A Madrid studia con
Julio Romero de Torres e lavora a più riprese con Jiménez; in Svizzera perfeziona la
tecnica della xilografia con Arnaldo Bossi ed Ernst Kircher e
studia scultura da Maurice
Sarkisoff. Una volta tornata in
Argentina, inizia a collaborare
alla rivista «Martín Fierro,
Proa y Anales de Buenos Ai-
essere oggi l’ambasciatore argentino in Vaticano, e trovarsi
davanti un ex professore che
adesso è diventato Papa» racconta il diplomatico. Proprio a
quella stagione appartiene anche una foto tornata di attualità per l’identificazione di uno
dei personaggi raffigurati, il
più giovane.
Siamo nel 1965: Borges ha
66 anni ed è conosciuto in tutto il mondo, Bergoglio è un
giovane maestrillo della Compagnia di Gesù, responsabile
di due gruppi di studenti liceali a cui insegna letteratura
e psicologia nel Colegio de la
Inmaculada Concepción a
Santa Fe. Ha invitato a tenere
un corso ai ragazzi sulla letteratura gaucha il già celeberrimo scrittore che, inaspettatamente, ha accettato l’invito.
Dopo sei ore di autobus, Borges raggiunge la meta, dove
Bergoglio fa gli onori di casa.
Con il gesuita e lo scrittore,
sullo sfondo c’è Jorge González Manent, che all’epoca dirigeva la rivista della scuola. Il
terzo Jorge non è poi arrivato
a prendere i voti ed è entrato
come grafico nel mondo dei
giornali. Un fotografo di «El
Litoral» immortala la scena. E
fuori campo, tra gli allievi che
ascolteranno Borges, c’è anche
Rogelio Pfirter, che ora rappresenta il suo paese presso la
Santa Sede.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
sabato 12 marzo 2016
Disperato appello del coordinatore dell’assistenza ai profughi di Caritas Hellas
LONDRA, 11. La strategia di prevenzione del terrorismo rischia di alienare le persone e mette troppa pressione a chi, avendo incarichi pubblici, come per esempio nelle scuole,
viene invitato a presentare denunce
e segnalazioni alle autorità. È l’allarme lanciato dall’arcivescovo di
Westminster e presidente della
Conferenza episcopale di Inghilterra
e Galles, cardinale Vincent Gerard
Nichols, durante un incontro
interreligioso svoltosi nella sede
dell’arcivescovado e promosso dalla
Conferenza episcopale e dalla St.
Mary University. All’incontro hanno
preso parte, tra gli altri, Ephraim
Mirvis, Chief Rabbi of Great Britain and the Commonwealth of Nations, considerato la massima autorità spirituale e morale ebraica ortodossa in Gran Bretagna, e lo studioso del mondo islamico Syed Ali Raza Rizvi.
Davanti a una sala gremita di
partecipanti, il cardinale Nichols ha
detto di non avere dubbi che il terrorismo sia una minaccia, ma ha ribadito che la riflessione alla base
della politica del Governo per contrastare la radicalizzazione dovrebbe
essere più precisa. Secondo il porporato, «siamo a un punto molto
delicato, in cui la definizione di ciò
che è l’estremismo potrebbe essere
seriamente sbagliata». Le misure di
prevenzione — parte della strategia
antiterrorismo del Governo inglese
come di tanti altri Governi occidentali — stanno ricevendo diverse critiche soprattutto per aver reso le istituzioni pubbliche, come scuole e
ospedali, responsabili della segnalazione di potenziali esponenti radicali alle autorità.
Si tratta, come si può immaginare, di un tema estremamente delicato, anche perché la nuova strategia
antiterrorismo prevede misure di diverso tenore, alcune delle quali agiscono opportunamente sotto l’aspetto culturale. Per arginare la propaganda jihadista nel Regno Unito sono stati stanziati cinque milioni di
sterline (circa 6,8 milioni di euro).
Il denaro è in gran parte destinato a
diverse associazioni che si occupano
di contrastare il fascino che l’estremismo esercita soprattutto sui più
giovani. A questo fine, l’attività si
concentra in gran parte su internet,
con l’utilizzo dei social network e di
diversi siti creati allo scopo. Per cercare di fermare il fenomeno dei ragazzi britannici che si sono uniti
all’Is, ora, con le nuove misure antiterrorismo, i genitori potranno richiedere che i passaporti dei loro figli minorenni siano requisiti per im-
Rischio collasso
per il campo di Idomeni
ATENE, 11. «La Macedonia ha
chiuso completamente la frontiera e non si sa se è una decisione
temporanea oppure questa è la
fine della rotta balcanica». È
quanto ha dichiarato Rino Pistone, coordinatore migranti
della Caritas Hellas per la Grecia del Nord, in merito alla situazione attuale di Idomeni, il
campo profughi in territorio
greco al confine con la Macedonia. Secondo le notizie che stanno arrivando in queste ore si rischia una vera catastrofe umanitaria. «Nel frattempo — ha raccontato Pistone al Sir — è piovuto tantissimo e alcune delle
tende provvisorie sono allagate,
fa freddo e nel campo ci sono
tra le tredici e le quindicimila
persone, moltissime famiglie con
bambini anche neonati, parenti
anziani e persone disabili».
Esponenti religiosi chiedono linee guida chiare
Intervento di Migrantes
Regno Unito
e lotta al terrorismo
Una politica
basata
sull’incontro
pedire che questi possano viaggiare
in Siria o Iraq.
A far muovere le critiche però sono principalmente le misure che
prevedono di rafforzare i poteri di
vigilanza delle forze di sicurezza. La
polizia potrà intercettare le comunicazioni internet e tracciare profili a
secondo dell’uso dei social network.
Syed Ali Raza Rizvi avverte che
questa strategia potrebbe non avere
il successo sperato: «Purtroppo,
credo che fallirà a causa della
quantità di denunce che stanno ricevendo le autorità. Il Governo non
ha guardato abbastanza in profondità per dare una linea guida chiara
agli insegnanti e agli operatori di
comunità. Dovrebbe esserci più
consultazione e collaborazione con i
membri della comunità musulmana,
ciò contribuirebbe a migliorare l’intera strategia».
Oltre ad analizzare la questione
delle misure antiterrorismo, il cardi-
nale Nichols, il rabbino Mirvis e lo
stesso Raza Rizvi si sono soffermati,
inoltre sul tema «Vivere come minoranza creativa nel Regno Unito» e
hanno condiviso le esperienze delle
loro comunità di fede nel contribuire al bene comune.
Il rabbino ortodosso, facendo tesoro della lunga esperienza ebraica
di vita in terre straniere, ha ribadito
l’importanza di un’accoglienza che
vada verso l’integrazione ma non
l’assimilazione. Secondo Raza Rizvi,
la comunità musulmana ha da dare
molto alla società britannica e ha lamentato il fatto che alcuni leader
islamici non siano riusciti a rappresentare l’islam come una fede che si
basa sul rispetto, sull’amore e sulla
giustizia. L’educazione, del resto, è
un elemento fondamentale dell’integrazione, come ha sottolineato nel
suo intervento anche il cardinale
Nichols.
ROMA, 11. «Serve una proposta
politica e sociale, che ripensi il
futuro dell’Italia come un Paese
che sappia incontrare l’altro».
È quanto ha sottolineato monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione
Migrantes, intervenendo a Roma a un convegno su «Migranti fenomeno globale e integrazione possibile», organizzato
da Retinopera, il coordinamento di una ventina di enti, associazioni e organismi del mondo
cattolico impegnati sulla dottrina sociale della Chiesa.
Monsignor Perego ha ribadito l’esigenza di una riflessione
«che solleciti una cultura non
dello scarto, ma dell’incontro,
che poggi su quattro pilastri
fondamentali: il rispetto, l’accoglienza, l’inclusione e l’integrazione».
La capienza del campo profughi di Idomeni è di circa 1800
persone e l’area è stata pensata
per «una sosta transitoria» mentre adesso le persone ci vivono
per settimane: «Ci sono poche
tende grandi allestite dall’Alto
commissariato per i profughi —
ha spiegato il coordinatore della
Caritas Hellas — mentre il resto
della gente si arrangia e una
parte dorme all’addiaccio».
Le tende sono direttamente
collocate sui terreni agricoli divenuti oggi pieni di fango in seguito alla pioggia. «Anche le
condizioni sanitarie sono disastrose, mancano bagni e acqua.
Molte delle persone — ha aggiunto — sono malate, c’è un vero e proprio allarme sanitario».
Il sovraffollamento del campo
di Idomeni sta creando disagi
anche per la distribuzione degli
aiuti umanitari. Nei giorni scorsi, ha raccontato Pistone, «non
siamo riusciti a distribuire i pacchetti cibo, gli impermeabili e il
vestiario. È talmente pieno di
gente che è pericoloso. C’è il rischio di provocare l’assalto della
folla».
Secondo il coordinatore migranti della Caritas Hellas «la
chiusura delle frontiere non risolve il problema con i profughi,
ma lo aggrava, come si vede
concretamente a Idomeni». Alla
decisione della Macedonia di
chiudere la frontiera sono seguite altre restrizioni. In Serbia,
Croazia e Slovenia, per esempio,
saranno ammessi solo migranti
con visti e passaporti validi. La
misura viene spiegata dalle autorità balcaniche con le decisioni
prese nel corso del summit europeo con la Turchia del 7 marzo.
«Finora — ha proseguito Pistone
— molti dei migranti erano muniti solo dei pass di riconoscimento rilasciati all’arrivo dalla
polizia greca che li identificava,
perché erano rimasti senza documenti. In questo modo, anche
se la maggior parte proviene
dalla Siria e dall’Iraq e avrebbe
i requisiti per ottenere lo status
di rifugiati, non potranno mai
raggiungere la loro meta», che
nella maggior parte dei casi è la
Germania.
Mercoledì scorso a Idomeni
sono arrivati dei pullman stracolmi di migranti. «In questo
modo — conclude Pistone — la
Grecia si trasforma in un campo
profughi a tempo indeterminato
e il Paese già stremato, la sua
gente e tutti i migranti, stanno
pagando a caro prezzo il rifiuto
della solidarietà europea».
L’arcivescovo di Atene Hieronymos
parteciperà al concilio panortodosso
ATENE, 11. L’arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos
parteciperà, assieme a 24 metropoliti, al concilio panortodosso che si terrà a
Creta dal 16 al 27 giugno. La decisione è stata presa nel corso dell’assemblea
straordinaria dei vescovi della Chiesa ortodossa di Grecia, che si è riunita l’8
marzo scorso. Tra le questioni all’ordine del giorno c’era appunto la partecipazione al concilio. A questo proposito, un comunicato ufficiale della
Chiesa ortodossa di Grecia afferma che «riguardo al tema cruciale del
Concilio panortodosso, Sua Beatitudine ha ringraziato il patriarca
ecumenico Bartolomeo per i suoi sforzi perché si realizzi il prossimo giugno
a Creta questo avvenimento ecclesiastico storico». Sottolineando la grande
importanza dell’unità ortodossa di fronte al resto del mondo cristiano, l’arcivescovo — si legge ancora nel comunicato — ha affermato che «era particolarmente importante dare una testimonianza comune da parte delle Chiese
locali sorelle», oltre a «inviare un messaggio di vita e di speranza a chi è
vicino e a chi è lontano». La decisione del sinodo è stata presa con voto
segreto.
Teologi e responsabili ecclesiali austriaci sulle politiche migratorie
Organizzazioni cattoliche in Spagna sull’accordo europeo sui rimpatri
Le persone prima di tutto
Desiderio negato
VIENNA, 11. Il principio etico
che non può essere messo in discussione da nessuno nell’affrontare l’attuale ondata migratoria è
«la protezione delle persone in
difficoltà che fuggono dalla
guerra, dalle violenze e dalle
persecuzioni» perché questo è
«un elemento chiave del cristianesimo, dell’umanità e della moderna cultura dei diritti umani»
con implicazioni «ben più ampie degli obblighi internazionali
derivanti dalla Convenzione di
Ginevra». Così si legge nel primo dei tre brevi punti della
«Dichiarazione di teologi e responsabili ecclesiali riguardo la
politica austriaca sui rifugiati»,
resa pubblica nei giorni scorsi e
sottoscritta da cinquanta teologi,
responsabili di ordini religiosi e
istituzioni ecclesiali.
Il documento — diffuso dall’agenzia Sir — ricorda che «una
politica di misure a breve termi-
ne, per interessi nazionali e con
azioni unilaterali, rischierebbe di
indebolire l’Unione europea e
destabilizzerebbe gli altri Paesi
membri dell’Unione europea».
L’Austria collabori dunque nel
«trovare un percorso comune
europeo per affrontare la sfida
umanitaria», ora e nel lungo periodo, a cercare «soluzioni comuni riguardo le cause dell’immigrazione e la situazione dei rifugiati nei Paesi confinanti con
le aree di guerra civile».
Il documento termina con
una netta condanna della «politica calcolata della paura e della
disumanità» fatta di «incitamento ai sentimenti xenofobi, diffusione di notizie false sui rifugiati
e opposizione all’accoglienza dei
richiedenti asilo in Austria. Solo
un approccio concreto e responsabile al tema dell’asilo è in consonanza con i valori europei».
Di recente il vescovo di Eisenstadt e commissario per i Rifugiati e l’integrazione della
Commissione degli episcopati
della Comunità europea (Comece) monsignor Giles Zsifkovics,
ha ribadito che «solo in un ambiente di ascolto rispettoso e
aperto dialogo di scambio l’uno
con l’altro, riusciremo a bloccare
lo sviluppo della crisi», operando «con lo stile di umanità cristiana nei Paesi d’origine dei rifugiati, in quelli di transito e in
quelli riceventi».
MADRID, 11. Sgomento e critica
all’accordo sui rifugiati raggiunto nei giorni scorsi a Bruxelles
tra l’Unione europea (Ue) e la
Turchia sono stati espressi da diversi organismi cattolici, fra i
quali Caritas Spagna, Conferencia española dos religiosos
(Confer) il settore sociale della
Compagnia di Gesù e la Commissione episcopale giustizia e
pace. In una dichiarazione congiunta, le istituzioni ecclesiali
che lavorano con i rifugiati e i
migranti si sono dette estremamente preoccupate per l’accordo
che permetterà alla Turchia di
riprendersi indietro tutti i migranti arrivati in Grecia. Per ciascun rimpatriato, l’Europa si impegna ad accogliere un rifugiato
che ha fatto domanda nei campi
profughi turchi.
Le organizzazioni caritative
criticano questo accordo che, a
loro modo di vedere, «rappresenta un cambiamento radicale
nella politica migratoria e un
passo indietro nei diritti umani». Per la Chiesa, queste decisioni dell’Unione europea nei
confronti dei profughi, spesso
confuse e caotiche, deteriorano
l’immagine di tutto il continente, delle sue istituzioni e della
sua popolazione. Pertanto, le organizzazioni cattoliche invitano
gli Stati membri a rispettare la
convenzione di Ginevra e i valori sanciti nelle loro costituzioni:
«Esortiamo ancora una volta
l’Ue a fornire canali sicuri e legali per entrare nel nostro territorio, garantendo la protezione
dei diritti e della dignità delle
persone in fuga dal terrore e
dalla disperazione umana».
Secondo Caritas, Confer, settore sociale della Compagnia di
Gesù e Giustizia e pace «l’accordo adottato con la Turchia
vìola le convenzioni internazionali ed europee ratificate dagli
Stati membri che vietano esplicitamente il rimpatrio delle persone vittime di guerre o perseguitate». Da qui, l’appello alla comunità cristiana e all’intera società civile affinché esprimano il
loro rifiuto inequivocabile per
questo accordo che «condanna
tutti quegli esseri umani, in particolare donne e bambini, a veder ridotto il loro desiderio di libertà».
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 12 marzo 2016
pagina 7
Fátima e padre Manuel Nunes Formigão
All’incrocio
con la misericordia
di ARNALD O PINTO CARD OSO
Se la misericordia rappresenta il
cuore del Vangelo, come ricorda
Papa Francesco, a sua volta, la “riparazione” è il centro del messaggio di Fátima, come dimostrano la
vita e le opere di padre Manuel
Nunes
Formigão
(1883–1958),
l’apostolo delle apparizioni della
Cova di Iria. Che relazione esiste
tra il dono della misericordia e il
significato della riparazione, così
come l’ha promossa padre Formigão?
L’importanza della riparazione,
nella vita e nell’opera di padre
Formigão, si deve a diversi fattori
di ordine nazionale ed ecclesiale.
In primo luogo, alla sua amara
esperienza nazionale, a partire del
regicidio (1908), avvenuto mentre
egli si trovava ancora a Roma. In
seguito, alla decisiva influenza che
ebbe su di lui il messaggio della
Vergine, dopo i «colloqui intimi e
misteriosi» con i tre pastorelli. Occorre aggiungere che, nella prima
metà del XX secolo, era in forte
espansione la pratica devozionale
che consisteva nell’alleviare le sof-
ferenze del Cuore di Gesù. Comprendiamo, allora, come il movimento di riparazione non sia stato
un’invenzione di padre Formigão,
ma un modo di essere cristiano,
frutto di un’eredità secolare, teologicamente e pastoralmente consolidata, che ha tratto maggior vigore
dalle apparizioni del 1917.
In questo contesto, Formigão
soffrì molto per la persecuzione alla Chiesa promossa dal regime repubblicano, per la partecipazione
militare alla grande guerra, per le
agitazioni popolari. Temendo calamità maggiori, il suo pensiero, soprattutto in seguito al «messaggio» di Giacinta, una dei tre pastorelli, si concentrava sul fatto
che potesse trattarsi di segni divini
di fronte alle infedeltà di tutto un
popolo.
Come avvenne per Paolo sulla
strada di Damasco («Saulo, Saulo,
perché mi perseguiti», Atti degli
apostoli, 9, 4), perseguitare la Chiesa era offendere Dio. Da qui, nasceva per Formigão l’urgenza di
un esempio di conversione che potesse significare corrispondenza e
fedeltà ai disegni di Dio. Quest’atteggiamento esistenziale traduceva
l’imperativo di salvare il mondo
mediante la riparazione, realizzando il primo passo per alleviare le
sofferenze del Signore. «La riparazione è un mistero d’amore che
coinvolge la persona e la missione
redentrice di Gesù Cristo», ha
scritto il gesuita Lucio Craveiro da
Silva, assistente ecclesiastico della
congregazione delle Riparatrici di
Fátima, in un fondamentale saggio
del 1997 sul «cammino spirituale»
di padre Formigão.
Attraverso il cammino di riparazione, il credente partecipa alla
missione di Cristo: risponde
Un 2015 da incorniciare
Il santuario di Fátima ha registrato nel corso del 2015 il
maggior numero di pellegrinaggi degli ultimi anni. Lo
rende noto lo stesso santuario portoghese che, attraverso
il suo sito in rete, ha diffuso i dati relativi allo scorso anno, durante il quale si sono recati a rendere omaggio alla
Vergine della Cova di Iria 4.390 gruppi organizzati per un
totale di 587.128 pellegrini provenienti da novanta Paesi.
La parte del leone la fanno i gruppi di devoti portoghesi
con 1.591 gruppi e 461.300 pellegrini. Quelli presi in considerazione sono ovviamente soltanto i pellegrinaggi organizzati per i quali è certamente più agevole un conteggio
accurato. Complessivamente, invece, si può stimare che
circa 6,7 milioni di fedeli abbiano partecipato alle 9.948
celebrazioni che si sono tenute nel santuario.
I cosiddetti mesi mariani sono anche quelli che, come
era immaginabile, hanno registrato i maggiori livelli di affluenza: maggio con il numero più alto di gruppi portoghesi (423) e ottobre con la partecipazione più consistente
dei gruppi stranieri (553). Per quanto riguarda i luoghi di
Fátima, il più visitato risulta la casa di Lucia con 336.299
presenze. Il rettore del santuario, padre Carlos Cabecinhas, ha nel frattempo annunciato la realizzazione di un
“Portico del centenario” in vista delle celebrazioni del
2017. «Ciò che caratterizzerà il santuario nel corso dei
prossimi due anni, ma soprattutto il 2017 — ha spiegato —
sarà l’istituzione di cosiddetti “pellegrinaggi giubilari”, organizzati per quei fedeli che vorranno celebrare con noi il
centenario delle apparizioni della Vergine ai pastorelli».
all’amore di Dio, nella misura in
cui cerca di “ricordargli” i Suoi
doni e i Suoi diritti, implorando
perdono e misericordia per l’uomo
peccatore. Di fronte all’insensatezza del peccato e dell’infedeltà, il
credente si presenta come intercessore umile e fiducioso, cercando di
consolare Dio, offeso nella Sua
bontà. In questo modo, la riparazione traduce una relazione con
Dio sull’esempio di Cristo (cristocentrismo) e secondo una dimensione umana (antropomorfismo),
esprimendo una coscienza viva del
peccato, come atto che offende
Dio e realtà che sfigura l’immagine
di Dio nell’uomo.
Nel cammino della fede, la riparazione s’incrocia con la misericordia e ciò trova fondamento su radici bibliche. Se qualcosa le distingue, è il punto di partenza. Mentre nella riparazione si parte
dall’uomo peccatore per giungere
a consolare Dio, nella misericordia
si parte da Dio per rigenerare l’uomo peccatore. Nel centro, c’è sempre la conversione dell’uomo, resa
possibile dalla sua apertura alla
misericordia di Dio. Proprio questo è il cuore del messaggio di Fátima, così come lo propone padre
Formigão: dove c’è riparazione,
non può esserci peccato. Un movimento di riparatori-riparatrici significa, pertanto, far valere i doni
e i diritti di Dio, essere fedeli alla
Sua alleanza d’amore, “soffrire”
per le infedeltà proprie e altrui, riparando una relazione distrutta e
offrendo a Dio sofferenze e sacrifici.
Secondo questa visione, l’accompagnamento
degli
eventi
straordinari di Fátima da parte di
Formigão introdurrà nel cuore del
Portogallo, mediante la penitenza
e la preghiera dei pellegrini, un dinamismo di lotta contro le forze
del male. Così si affermava, in modo nascosto ma reale, la forza della misericordia di Dio. L’idea della
riparazione, ricevuta attraverso i
contatti con i pastorelli, divenne
una delle chiavi di comprensione
del messaggio di Fátima, tanto da
spingere padre Formigão a fondare
la congregazione delle suore ripa-
Per la celebrazione conclusiva dell’Anno innocenziano
Il cardinale Francesco Monterisi
inviato speciale del Papa
Com’è noto, il 27 febbraio scorso è stata pubblicata la nomina del
cardinale Francesco Monterisi, arciprete emerito della basilica papale di
San Paolo fuori le Mura, a inviato speciale del Papa alla celebrazione
conclusiva dell’Anno innocenziano, indetto nel quarto centenario della
nascita di Papa Innocenzo XII, che si terrà a Spinazzola il 13 marzo.
La missione pontificia che accompagnerà il porporato sarà composta da
don Michele Lombardi, parroco della parrocchia di San Pietro Apostolo
(Chiesa Madre) in Spinazzola e rappresentante della zona pastorale di
Spinazzola-Poggiorsini, e dal frate minore conventuale padre Giovanni
Iasi, parroco della parrocchia di Maria Santissima Annunziata in
Spinazzola. Pubblichiamo il testo della lettera pontificia di nomina.
Venerabili Fratri Nostro
FRANCISCO S.R.E. Cardinali
MONTERISI
Archipresbytero olim Basilicae
Papalis Sancti Pauli extra Moenia
Ad instar Patris misericordis, qui
de cunctis oppressis, indigentibus
aliisque mala patientibus maximam iugiter habet curam, illustris
Decessor Noster Innocentius XII
valde sollicitus fuit ut Ecclesiae sui
temporis filios verbo ac potissimum exemplo hoc doceret quod
iam multo ante elato regi pagano
Deus per prophetam suaserat:
«Redime iniquitates tuas misericordiis pauperum» (Dn 4, 24).
Nunc autem, occurrente Iubilaeo Misericordiae, in quo omnes
homines enixe cohortamur ut sint
misericordes sicut Pater, laeto animo accepimus petitionem Venerabilis Fratris Ioannis Ricchiuti, Archiepiscopi-Episcopi AltamurensisGravinensis-Aquavivensis, qui nuper humane a Nobis poposcit ut
Patrem Purpuratum mitteremus ad
Marco Massarelli, «Papa Innocenzo
Spinatiolam, id est nativum locum
memorati Pontificis Innocentii XII,
ubi mox sollemniter concludetur
Annus Innocentianus, quarto saeculo ab eiusdem ortu elapso incohatus. Ad te igitur, Venerabilis
Frater Noster, qui tot per annos
cotidiana actuositate expleta pro
XII»
Ecclesiae et Apostolicae Sedis utilitate insignem te confirmasti Domini Iesu ministrum, qui insuper
eadem in regione Apulia cunabula
habuisti, fidentes recurrimus teque
his Litteris Nostrum
Missum
Extraordinarium ad illam celebrationem destinamus.
Volumus ergo ut vices Nostras
agas atque die XIII proximi mensis
Martii, qui Nobis quoque tres
abhinc annos post electionem factus est peculiaris ac memorandus,
Spinatiolae liturgicis celebrationibus Nostro nomine praesideas et
sacerdotes fidelesque adstantes
suaviter horteris ad Christi eximiam bonitatem sequendam atque
Beatissimam Virginem Mariam
Matrem Misericordiae pie venerandam, sicut his in regionibus maioribus semper erat consuetudo. Demum Provido Caelesti Patri imo
ex corde gratias agere oportet pro
hoc magno Pastore universali, qui
iubilaeo anni MD CC Petrinum
suum ministerium pie conclusit.
Scias profecto volumus, Venerabilis Frater Noster, hanc missionem tuam Nos precibus esse comitaturos. At orationes vicissim
exposcimus pro gravi Nostro Petrino munere fideliter exercendo. Benedictionem denique Apostolicam,
caelestis gratiae nuntiam et propensae Nostrae voluntatis testem,
dilectis filiis filiabusque nobilis regionis Apuliae omnibusque hanc
gratam commemorationem participantibus nomine Nostro peramanter largiaris velimus.
Ex Aedibus Vaticanis,
XXV mensis Februarii,
anno MMXVI,
Pontificatus Nostri tertio.
die
ratrici. Per Formigão la riparazione
non è un formalismo rituale, ma è
preghiera, alleviare le sofferenze di
Cristo, adorazione, impegno.
Attraverso la riparazione, l’uomo esce da se stesso e si volge
verso Dio; attraverso la misericordia, Dio viene incontro all’uomo,
aprendo il suo cuore alla conversione. Senza la misericordia, la riparazione scompare, perché il Signore «preferisce la misericordia
al sacrificio» (Matteo, 9, 13). Secondo il messaggio di Fátima, la
riparazione e la misericordia trovano il loro spazio privilegiato
nell’Eucaristia e nel sacramento
della riconciliazione. In questi atti
sacramentali si concentrarono l’at-
tenzione pastorale e la gioia di
padre Formigão.
In rapporto alla misericordia,
l’altro dato da evidenziare è il ruolo della Vergine Maria. Le apparizioni nella Cova di Iria, una volta
confermata la loro veridicità, sono
viste da Formigão come segni della misericordia divina. Con la sua
presenza materna, Maria, Madre
di Dio e Madre della Chiesa, viene
a ricordare, attraverso tre umili
bambini, la via del Vangelo insegnata dal Figlio e dimenticata dagli uomini. A Fátima, la maternità
di Maria diventa segno e strumento della misericordia divina.
*Postulatore
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
sabato 12 marzo 2016
Maestro della Madonna di Palazzo Venezia
«Santa Maria Maddalena»
(XIV secolo, particolare)
Videomessaggio del Pontefice
Dio va anche fra le pentole, scriveva santa
Teresa d’Ávila. Il Signore dell’universo si
muove nella nostra cucina, fra brocche,
pentole, stoviglie, casseruole e tegami. Nella decima e ultima meditazione degli esercizi spirituali predicati al Papa e alla Curia
romana nella Casa Divin Maestro di Ariccia, padre Ermes Ronchi ha spiegato venerdì mattina, 11 marzo, il significato della presenza di Dio nelle cose quotidiane, ordinarie, domestiche.
È il messaggio che viene dai trenta anni
trascorsi da Gesù a Nazaret, ha sottolineato
il religioso. Durante quel periodo, che Paolo VI chiamava la grande scuola di cristianesimo, Maria vive il miracolo del quotidiano,
senza clamori, facendo a meno di angeli e
visioni. In questo senso, trovare Dio in cucina significa portare Dio in un territorio di
prossimità. Il servo di Maria ha ricordato in
proposito Giuliana di Norwich, che in una
delle sue visioni parla di Dio con l’aggettivo di domestico, familiare, di casa. Del resto, se non lo si avverte nelle cose più semplici — ha ammonito padre Ronchi — non
abbiamo ancora trovato il Dio della vita;
anzi, siamo ancora alla rappresentazione
del Dio della religione.
Il predicatore ha fatto notare che la donna di Nazaret lancia all’umanità una sfida
enorme: passare da una spiritualità che si
fonda sulla logica dello straordinario a una
mistica del quotidiano. In pratica, si va dalla rappresentazione teorica alla realtà tangibile, che è semplice, domestica, dimessa. E
Dio la attraversa. Siamo così proprio nella
cucina, nel luogo che ricorda il nostro corpo, il bisogno del cibo, la lotta per la sopravvivenza, il gusto di cose buone, i nostri
piccoli piaceri, e poi la trasformazione dei
doni della terra e del sole.
Il dramma della nostra fede, ha sottolineato Ronchi, è che il Dio della religione e
il Dio della vita si sono allontanati. Insieme
con Maria abbiamo questa occasione di ricongiungere il Dio della religione, del culto, al Dio della vita, quello del cantico delle creature, che colora di luce gli sguardi e
riscalda gli abbracci.
Il religioso ha poi invitato a riflettere sulle parole dell’angelo che entra nella casa di
Maria. Questo avviene in un giorno qualunque, in un luogo qualunque. E si tratta
di una giovane donna qualunque: il primo
annuncio di grazia del Vangelo è dunque
consegnato nella normalità di una casa. In
effetti — ha fatto notare il predicatore —
qualcosa di colossale accade nel quotidiano,
senza testimoni, lontano dalle luci e dalle
emozioni del tempio. È bello pensare, ha
aggiunto, che Dio ti sfiora non solo nelle
liturgie solenni delle cattedrali, nelle abbazie, nelle cappelle, nelle veglie, ma anche, e
soprattutto, nella vita comune, nel quotidiano. Infatti la casa non è solo la dimora che
Sostegno
alle famiglie in difficoltà
«La famiglia è uno dei beni più
preziosi dell’umanità, ma non è forse il più vulnerabile?». Se lo chiede
Papa Francesco nel videomessaggio
diffuso da giovedì 10 marzo sul sito
internet (www.apmej.org) dell’Apostolato della preghiera.
Il Pontefice commenta in spagnolo (il video con i sottotitoli in
sei lingue diverse è
disponibile
sul
sito
www.thepopevideo.org)
la sua intenzione universale per il mese di
marzo, dedicata alle famiglie
in
difficoltà.
«Quando la famiglia
non è protetta e incominciano le difficoltà di
tipo economico, di salute, di qualsiasi tipo, i
bambini crescono in circostanze difficili» sottolinea Francesco mentre
le immagini di una
bambina seduta sulle
Conclusi ad Ariccia gli esercizi spirituali per la Curia romana
Le pentole di santa Teresa
accoglie e ripara: è una fessura sull’infinito,
perché Dio è là dove siamo noi stessi. È
nella casa che Dio sfiora, tocca le sue creature, sia quando esse sono nella gioia, sia
quando sono nel pianto.
Dove immaginiamo oggi la presenza di
Dio? Forse nelle chiese, nelle liturgie? Rispondendo affermativamente a questo interrogativo il predicatore ha ricordato tuttavia
che il nostro è un Dio da sorprendere nelle
strade, nelle case, nelle culle, nelle mani di
chi spezza il pane. E infatti l’immagine che
resta di Gesù non è quella della frequentazione dei templi ma quella della frequentazione della vita: strade, campi, lago, la casa
dove si banchetta, dove si piange. Maria —
ha spiegato padre Ronchi — cambia il volto
di Dio: invita a ridipingere l’icona di Dio, a
farne un Dio desiderabile, bello, attraente.
Quale immagine di Dio trasmette Maria?
Prima di tutto il suo è il Dio della gioia. La
lieta notizia che apre la lieta notizia, quasi
un raddoppio di evangelo, è nella prima
parola dell’angelo kaire: rallegrati, Maria.
Gioia è la prima parola. Non si tratta di un
saluto rispettoso, ma di un invito, quasi un
ordine, un imperativo: «Rallegrati, esulta,
gioisci! Sii felice Maria, Dio ha posto in te
il suo cuore». Parole in cui vibra una nota
che tutti i giorni cerchiamo: la gioia. Infatti
l’angelo non dice: «Prega, inginocchiati, fa’
questo o quello», ma semplicemente:
«Apriti alla gioia, come una porta si apre al
sole».
Dio, ha rimarcato il servo di Maria, si avvicina e porta una carezza, viene e stringe
in un abbraccio, viene e porta una promessa di felicità. La vicinanza divina conforta
la vita e seduce ancora perché parla il linguaggio della gioia. In effetti, la gioia di
Maria, che diventa danza e canto nel Magnificat, fa sì che la fede sia ciò che è: ospitalità di un Dio innamorato e affidabile.
Per questo Maria ricorda che la fede o è fiducia gioiosa o non è. Forse — ha fatto notare padre Ronchi — è più fondamentale
Quarta predica di quaresima
Sessualità incompresa
Dobbiamo recuperare «l’originario progetto di
Dio» sul rapporto tra uomo e donna. «Uno
dei torti più grandi che facciamo a Dio», infatti, è di aver reso tutto ciò che riguarda
l’amore e la sessualità «un ambito saturo di
malizia» dove «Dio non deve entrare», quasi
fosse «di troppo». Secondo questa visione, è
come se fosse «Satana, e non Dio» il creatore
dei sessi e «lo specialista dell’amore». Nella
quarta predica di quaresima, tenuta venerdì 11
marzo nella cappella Redemptoris Mater, padre Raniero Cantalamessa, prendendo in esame la costituzione pastorale Gaudium et spes,
ha centrato la riflessione su matrimonio, sessualità e famiglia.
Analizzando i testi biblici della creazione, il
religioso ha innanzitutto sottolineato come i
due racconti che si ritrovano nella Genesi concorrano a una visione complessiva del progetto
divino in quanto evidenziano l’uno «il fine
procreativo», e l’altro il «fattore unitivo» tra
uomo e donna. Riguardo alla «distinzione dei
sessi», il cappuccino ha anche attinto a una
affascinante spiegazione letteraria, quella di
Paul Claudel: «L’uomo è un essere orgoglioso,
e non c’era altro modo di fargli comprendere
il prossimo che quello di farglielo entrare nella
carne». Cioè, ha chiosato il predicatore della
Casa Pontificia, «aprirsi all’altro sesso è il primo passo per aprirsi all’altro che è il prossimo,
fino all’altro che è Dio». Il matrimonio, quindi, «nasce nel segno dell’umiltà; è riconoscimento di dipendenza e quindi della propria
condizione di creatura». E «innamorarsi di
una donna o di un uomo è fare il più radicale
atto di umiltà». Perciò se, come pensava
Schleiermacher, l’essenza della religione consiste nel sentimento di dipendenza di fronte a
Dio, possiamo concludere che «la sessualità
umana è la prima scuola di religione».
Un tale progetto, caratterizzato dalla pari
dignità di uomo e donna, è stato ferito dal
peccato e, come si legge sempre nella Bibbia,
stravolto dalle scelte del popolo di Dio: così,
ha illustrato il cappuccino, «il matrimonio da
fine diventa mezzo», ovvero «struttura d’autorità di tipo patriarcale, destinata principalmente alla perpetuazione del clan», e la donna, da
«compagna», appare sempre più «subordinata
scale davanti alla porta chiusa di
casa evocano una situazione familiare di difficoltà.
«Voglio condividere con voi, con
Gesù — conclude il Papa — la mia
intenzione del mese: perché le famiglie in difficoltà ricevano il sostegno necessario e i bambini possano
crescere in ambienti sani e sereni».
all’uomo».
Richiami alla bellezza originaria del
progetto, ha sottolineato padre Cantalamessa, si ritrovano chiari nei profeti e
nel Cantico dei Cantici: «Assumendo
l’unione dell’uomo e della donna come
simbolo dell’alleanza tra Dio e il suo
popolo, di riflesso, essi rimettevano in
primo piano i valori dell’amore mutuo,
della fedeltà e dell’indissolubilità che
caratterizzano l’atteggiamento di Dio
verso Israele». Finché è lo stesso Gesù
ad affermare «che c’è un intervento diretto di Dio in ogni unione matrimoniale»: a elevare, cioè, il «matrimonio a
“sacramento”, cioè a segno di un’azione di Dio».
Riportando il tutto a «cosa l’insegnamento biblico dice a noi oggi», il
predicatore ha invitato a considerare la
moderna contestazione del progetto biblico su sessualità, matrimonio e famiglia con l’atteggiamento caratterizzato
da un dialogo «che non esclude neppure l’autocritica». Così, ad esempio, le critiche portate
sin dall’illuminismo e dal romanticismo al matrimonio tradizionale visto «esclusivamente nei
suoi “fini” oggettivi: la prole, la società, la
Chiesa, e troppo poco in se stesso, nel suo valore soggettivo e interpersonale», vanno considerate come qualcosa che va proprio «nel senso originario della Bibbia». Tanto che, ha sottolineato padre Cantalamessa, «il Vaticano II
ha recepito questa istanza quando ha riconosciuto come bene ugualmente primario del
matrimonio il mutuo amore tra i coniugi». E,
ha aggiunto, nell’enciclica Deus caritas est Benedetto XVI «è andato oltre, scrivendo cose
profonde e nuove a proposito dell’eros nel matrimonio e negli stessi rapporti tra Dio e l’uomo».
Un’altra istanza, purtroppo «disattesa lungo
i secoli», è quella relativa alla «pari dignità
della donna nel matrimonio». Il recupero del
progetto originario divino, ha detto il cappuccino, ci consente anche di fronteggiare nel migliore dei modi le «proposte folli» della cosiddetta gender revolution.
Sadao Watanabe, «Adamo ed Eva» (1980)
Non meno importante, ha aggiunto, è il
compito di riscoprire l’ideale biblico del matrimonio e della famiglia, proponendolo al mondo «con i fatti, più che con le parole». Si potrà così testimoniare concretamente cosa significa essere creati maschio e femmina «a immagine di Dio». Dio, infatti, «è amore e l’amore
esige comunione». Perciò «due persone che si
amano riproducono qualcosa di ciò che avviene nella Trinità». L’inappagamento e le deviazioni di certi comportamenti sessuali derivano
proprio dal discostamento da questa realtà e
dalla trasformazione dell’atto sessuale in «gesto fine a se stesso» e non più vissuto come
«dono reciproco».
L’ultimo consiglio dato da padre Cantalamessa ha riguardato il fatto che «consacrati e
sposati» possono aiutarsi, «edificarsi a vicenda». Gli sposati, infatti, sono richiamati dai
consacrati «al primato di Dio e di ciò che non
passa», ma anche questi ultimi hanno qualcosa da imparare dagli sposati: «la generosità, la
dimenticanza di sé, il servizio alla vita e, spesso, una certa “umanità” che viene dal duro
contatto con le realtà dell’esistenza».
per la fede il sorriso gioioso della ragazza
di Nazaret che non l’impressionante serietà
di antichi profeti o il ruvido Battista. In
questo senso, Maria entra in scena come
una profezia di felicità per la nostra vita,
come una benedizione di speranza, consolante, che scende sul nostro male di vivere,
sulle solitudini patite, sulle tenerezze negate, sulla violenza che ci insidia ma che non
vincerà, perché la bellezza è più forte del
drago della violenza.
Il messaggio portato dall’angelo assicura
che c’è una felicità nel credere, un «piacere» di credere. In effetti, non è Maria a essere felice, è la sua fede. Lo confermano
Elisabetta («beata te perché hai creduto») e
Gesù a Tommaso («beati quanti crederanno»). La fede — ha aggiunto il religioso —
non porta sottrazioni, ma addizioni: più
Vangelo entra nella mia vita più siamo vivi.
Credere, ha spiegato, è acquisire bellezza
del vivere, cioè credere che è bello vivere,
lavorare, pensare, creare, avere amici, dare
vita, essere prete e suora. Tutto questo ha
un senso e questo senso è positivo e durerà
per tutta l’eternità. In pratica, credere è una
festa.
Il predicatore ha poi ricordato che Maria
è una ragazza che crede nell’amore: l’angelo fu mandato a una vergine, promessa sposa di un uomo chiamato Giuseppe. Questo
significa che la ragazza ha già detto il suo
primo sì; ma non a Dio, a Giuseppe. Con i
racconti del Vangelo, di Maria sappiamo
due cose: ha un amore e una casa. In effetti, ha osservato Ronchi, noi possiamo fare a
meno di molte cose ma non di una casa.
Possiamo essere poveri di tutto, ma per vivere abbiamo bisogno di amore. Benché
povera di tutto — ha fatto notare — D io
non ha voluto che Maria fosse povera
d’amore. L’amore ha sete di eternità e interpella il perché dell’esistenza. Da parte sua,
la Vergine crede nell’amore umano: è innamorata di Giuseppe, e proprio per questo è
aperta al mistero. Dato che la ragazza è entrata nelle cose dell’amore, ora può anche
entrare nelle cose del cielo. D’altronde, se
c’è qualcosa sulla terra che apre la via
all’assoluto, questo è l’amore, luogo privilegiato dove arrivano gli angeli. Infatti, il
cuore è la porta di Dio.
Anche nella meditazione di giovedì pomeriggio, 10 marzo, il predicatore aveva invitato a riflettere sull’amore di Dio per l’uomo che accende i cuori e apre gli occhi.
L’uomo che vuole amare trova davanti a sé
un ostacolo pericoloso: l’indifferenza. In effetti, il contrario dell’amore non è l’odio,
ma proprio l’indifferenza. Partendo dall’episodio della manifestazione di Gesù ai discepoli sul lago di Tiberiade in una notte senza stelle, padre Ronchi ha ricordato la domanda: «Mi ami tu?», rivolta a Simon Pietro e rinnovata per tre volte. Si tratta di un
interrogativo centrale per l’uomo. Occorre
riscoprire il cuore semplice della fede: credere nell’amore che Dio ha in noi. Infatti la
salvezza non consiste nel fatto che noi
amiamo Dio, ma nel fatto che Dio ama noi.
L’amore che Dio ha nei nostri confronti è
un amore verso di noi, ma anche dentro di
noi: ciò vuol dire che non solo ama noi, ma
ama in noi. In ogni nostro amore è lui che
ama. Dio è l’amore in ogni amore. Esiste
un unico grande amore — ha detto il predicatore — che muove il sole e le altre stelle,
che muove il Creatore verso la sua creatura,
il Signore verso la Chiesa, Adamo verso
Eva, ed è un unico mistero. Dice Paolo:
questo mistero è grande.
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in Rwanda e in Venezuela.
Anaclet Mwumvaneza
vescovo di Nyundo
(Rwanda)
È nato il 4 dicembre 1956 a
Murambi, nel territorio della parrocchia di Rulindo, arcidiocesi di
Kigali. Ha frequentato le scuole
primarie a Rulindo (1963-1969),
per passare poi al seminario minore Saint Léon di Kabgayi (19691973). All’età di 25 anni è stato accolto nel cosiddetto Séminaire des
Aînés di Kabgayi. Dopo quattro
anni di formazione è entrato nel
seminario propedeutico di Rutongo, nell’arcidiocesi di Kigali
(1984-1985), per completare poi gli
studi di filosofia (1985-1987) e teologia (1987-1991) nel seminario
maggiore di Nyakibanda, nella
diocesi di Butare. È stato ordinato
sacerdote il 25 luglio 1991. Dopo
l’ordinazione è stato vicario parrocchiale ed economo a Kabuye
(1991-1992) e parroco della Sainte
Famille a Kigali (1992-2000). Dal
1993 è membro del consiglio dei
consultori e del consiglio finanziario dell’arcidiocesi di Kigali. Tra il
2000 e il 2004 ha compiuto gli
studi a Roma, conseguendo un
dottorato in diritto canonico presso la Pontificia università Gregoriana. Quindi è stato parroco di
Kicukiro e professore invitato di
diritto canonico nel seminario di
Nyakibanda (2004-2005), direttore
diocesano della Caritas e presidente della commissione Giustizia
e pace dell’arcidiocesi di Kigali
(2005-2013). Nel 2013 è stato nominato difensore del vincolo al
tribunale ecclesiastico interdiocesano di Rwanda. Dallo stesso anno è segretario generale di Caritas
Rwanda.
Víctor Hugo Basabe
vescovo di San Felipe
(Venezuela)
È nato a Bobures, nella diocesi
di El Vigía - San Carlos del Zulia,
il 17 dicembre 1961. Prima di entrare in seminario ha compiuto gli
studi in giurisprudenza e ha esercitato la professione di avvocato.
Ha compiuto la formazione sacerdotale presso il seminario maggiore Juan Pablo II di Barquisimeto e
presso l’Ateneo pontificio Regina
Apostolorum a Roma. Ha ottenuto la licenza in diritto canonico
presso la Pontificia università Lateranense a Roma. Ha ricevuto
l’ordinazione sacerdotale il 19 agosto 2000, incardinandosi nella diocesi di El Vigía - San Carlos del
Zulia. Ha svolto successivamente i
seguenti incarichi: vicario parrocchiale della cattedrale di El Vigía,
cancelliere della curia diocesana,
moderatore della curia diocesana,
parroco di Nuestra Señora del
Carmen, parroco di San Pedro
Apóstol, parroco di Santa Bárbara, sottosegretario e, dal 2015, segretario generale della Conferenza
episcopale del Venezuela.