Marzo 2016 - Fonema Comunicazione

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Transcript Marzo 2016 - Fonema Comunicazione

MALATTIE
RARE
Marzo 2016
Editoriale
“Farmaci orfani”:
un corretto uso
del termine e una
riflessione sulle
risorse economiche
News
La Carta Europea del
paziente con fibrosi
polmonare idiopatica
Orizzonti
Ipercolesterolemia
familiare: cause,
nuovi trattamenti e
testimonianze
Scenari
Citomegalovirus
e ruolo delle
Associazioni
Focus
Malattie genetiche
rare: sequenziamento
del genoma e
riposizionamento dei
farmaci
News
a cura di
Una banca dati
in continuo
aggiornamento per la
classificazione delle
malattie rare
Inserto realizzato da Fonema Comunicazione SRL - OK Salute e Benessere non ha partecipato alla sua realizzazione e non ha responsabilità per il suo contenuto
2
malattie rare
editoriale
Farmaci orfani, non facciamoci ingannare dalle parole
“H
o una malattia rara, ma
non c’è una cura: alle
aziende farmaceutiche
non conviene investire per pochi pazienti”. Lettere così arrivano spesso
all’ Osservatorio Malattie Rare. Lo
sconforto di chi è malato è giustificato, ma questa lettura non è corretta.
A portar fuori strada è l’uso del termine ‘farmaci orfani’. Una delle definizioni diffuse è questa: “i farmaci
‘orfani’ sono destinati alla cura di
malattie rare. Le aziende farmaceutiche sono solitamente restie a sviluppare questi farmaci secondo le
normali condizioni di mercato, poiché i capitali investiti per la ricerca e
lo sviluppo dei prodotti non vengono recuperati attraverso le vendite
a causa della scarsa domanda”. Di
vero c’è che i farmaci orfani vengono usati per condizioni rare. Ad oggi
ne sono note nel mondo tra le 7.000
e le 8.000: moltissime non hanno un
farmaco che può curarle. In questi
casi sono le specifiche malattie ad
essere ‘orfane di una terapia’, più
semplicemente ‘malattie orfane’.
Il termine ‘farmaco orfano’ compare
con il Regolamento CE n. 141/2000,
più o meno l’equivalente europeo
dell’Orphan Drug Act approvato negli Usa nel 1983. Tradurre ‘Orphan
Drug’ con ‘Farmaco orfano’ è molto
immediato, eppure per rendere meglio l’idea si dovrebbe dire ‘farmaco
per malattia orfana’. Il termine ‘farmaco orfano’, estratto da questo contesto, può portare a domandarsi ‘di
cosa sono orfani i farmaci?’. Da qui
alcune risposte poco corrette: c’è chi
ritiene che siano orfani di interesse
da parte delle aziende e chi ritiene
siano orfani di ricerca e di investimenti, ma è una lettura scorretta.
È l’esistenza stessa di un numero
sempre maggiore di terapie per malattie che prima non avevano alcuna
cura a dimostrare che non mancano
OSSERVATORIO malattie rare O.Ma.R.
O.Ma.R. è la prima agenzia giornalistica nazionale, dedicata al mondo delle malattie
e dei tumori rari, accreditata tra le maggiori fonti di informazione su ricerca
scientifica, assistenza, sperimentazioni ed iniziative delle associazioni. Questo
risultato è dovuto ad una attenta verifica delle fonti d’informazione e alla chiarezza
di linguaggio che rende i contenuti scientifici comprensibili a un ampio target. Il
portale www.osservatoriomalattierare.it ha la certificazione Hon Code per l’affidabilità
dell’informazione medica.
Ilaria Ciancaleoni Bartoli
Ilaria Ciancaleoni Bartoli
Direttore O.Ma.R. – Osservatorio
Malattie Rare
né ricerca né interesse. Dal 2000 a
oggi oltre 1160 molecole hanno ricevuto la designazione di ‘farmaco
orfano’. Questo vuol dire che team
di esperti, nel 90% circa dei casi finanziati da aziende private – e con
molte eccellenze italiane di cui vi
raccontiamo nelle prossime pagine
- si sono messi all’opera per trovare
soluzioni a delle malattie rare. Tuttavia, nonostante il grande numero
di molecole candidate a diventare
farmaci, poco meno di un centinaio
hanno superato tutte le fasi della sperimentazione e sono arrivate ai pazienti: meno del 9% del totale. Tutte
le altre molecole non si sono dimostrate valide, sono ancora in fase di
sperimentazioni oppure attendono
ancora di completare gli iter burocratici per poter entrare sul mercato. Perché i tempi della scienza sono
lunghi e le basi di molte malattie
rare sono state chiarite solo da poco.
Ma se i pazienti sono pochissimi,
se i tempi per lo sviluppo di un farmaco orfano sono tanto lunghi e il
rischio di fallimento tanto alto, che
Laureata in scienze politiche e specializzata in relazioni pubbliche
dal 2010 decide di concentrarsi sulle malattie rare. Da qui la nascita del
quotidiano on line Osservatorio Malattie Rare.
Ilaria Vacca
Laureata in Filosofia e specializzata in bioetica, ha scelto la strada del
giornalismo scientifico e sociale. Coordinatore editoriale di O.Ma.R., è
appassionata di medical drama e social media. La trovate su twitter:
@vivosunamela.
Francesco Fuggetta,
laureato in Scienze della Comunicazione alla Nottingham
Trent University, ha scritto su Libero e L’Unione Sarda. Per due anni addetto
stampa dell’Azienda Sanitaria di Carbonia, collabora con O.Ma.R. dal 2014.
Margherita De Nadai
Laureata in Strategie di Comunicazione, si dedica a due delle sue più grandi
passioni: la scrittura e la medicina. È la web editor dell’O.Ma.R. dal 2015 e
scrive su diverse testate di area sanitaria.
cosa ha reso possibile alle aziende
farmaceutiche investire in questo
settore? Se questi risultati in termini di terapie si sono potuti raggiungere, parte del merito va certamente all’Orphan Drug Act prima, e
ai regolamenti comunitari poi, che
hanno previsto delle facilitazioni
per le aziende che sviluppano farmaci orfani. Alcuni paesi, tra cui
anche l’Italia, hanno poi previsto
ulteriori agevolazioni. Tutto questo
ha permesso alle aziende di investire e arrivare al risultato. Senza
questi aiuti probabilmente molte
malattie non avrebbero una cura.
Il vero ostacolo oggi sono le difficoltà economiche in cui versano molti
paesi. Perché questi farmaci, frutto
delle più avanzate biotecnologie,
hanno un costo, e le risorse sono
sempre meno. In Italia la spesa per
farmaci orfani è circa il 5% della spesa farmaceutica complessiva e meno
dell’1% della spesa sanitaria complessiva, un costo limitato ma in un periodo
di tagli nessun settore viene risparmiato. Il rischio è che i pazienti si vedano
negate delle terapie in base a dinamiche di spesa e di budget da rispettare.
Questo è quello che non deve accadere.
Ilaria Ciancaleoni Bartoli
Doing now what patients need next
La vita pone domande. Noi cerchiamo le risposte.
L’innovazione è la nostra risposta alle continue sfide della salute.
Lavoriamo ogni giorno per salvare le vite dei pazienti
e per aiutare milioni di persone in tutto il mondo.
Un inserto realizzato da Fonema Comunicazione srl • Editorial manager: Giuseppe Burzo • Project director: Ginevra De Fassi Negrelli
• Redazione: O.Ma.R, [email protected] • Contatti: www.fonemacomunicazione.com
[email protected] - Tel. +39 0692948749 - Fax +39 0692932720 - Fonema Comunicazione @FonemaC
Impaginazione e grafica: Fabio Salamida • Stampa: Ciscra spa • Distribuzione: Ok Salute e Benessere • Carta Giornale Migliorato ISO 72° da 55 gr/mq
indice
malattie rare 3
INDICE
NEWS
ORIZZONTI
Fibrosi Cistica, i nuovi
trattamenti possono cambiare
la vita dei pazienti
Tommasa: “la mia lotta contro
il colesterolo”
Pagina 4
Pagina 7
Voce ai pazienti: la Carta
Europea per la fibrosi
polmonare idiopatica
NEWS
Telethon Italia: la lotta alle
malattie genetiche rare
Pagina 5
ORIZZONTI
Malattie rare endocrinologhe:
sono più di 300 e necessitano
di competenza specifica
Ipoparatiroidismo: ora sono disponibili le linee guida internazionali
Pagina 6
IL 2015 IN CIFRE
Europa
93 nuovi farmaci autorizzati
dall' EMA (Agenzia
Europea per i Medicinali)
39 (42%) sono nuove
sostanze attive
18 (19%) sono destinati
al trattamento delle
malattie rare
5 (5%) hanno una procedura
di approvazione accelerata
Fonte: European Medicine Agency
USA
45 farmaci innovativi approvati
dalla Food and Drug
Administration (FDA)
16 (36%) sono First in Class
hanno dei meccanismi
d'azione diversi da quelli delle
terapie esistenti
21 (47%) sono destinati
al trattamento delle
malattie rare
27 (60%) hanno una procedura
di approvazione accelerata
Fonte: Rapporto annuale del Centro
per la Valutazione dei Farmaci
e della Ricerca (CDER)
Ipercolesterolemia familiare
omozigote: anche in Italia
il nuovo trattamento
SCENARI
Citomegalovirus in gravidanza:
subdolo e pericoloso
Acromegalia, i farmaci arrivano
dove la chirurgia non ce la fa
Mieloma multiplo: il secondo
tumore del sangue più diffuso
Pagina 8
NEWS
La distrofia di Duchenne:
stato dell’arte e innovazioni
terapeutiche
Pagina 9
FOCUS
Riposizionamento dei farmaci:
uno sguardo al futuro
Lucia è veneta, ha 5 anni
e due malattie rare
Pagina 10
NEWS
Recordati Rare Diseases
Foundation: formazione e informazione sulle malattie rare
Orphanet: il database dedicato a
malattie rare e farmaci orfani
Pagina 11
4
malattie rare
news
FIBROSI CISTICA, I NUOVI TRATTAMENTI POSSONO
CAMBIARE LA VITA DEI PAZIENTI
Per la fibrosi cistica non esiste una cura, ma da circa 8 mesi
anche in Italia è disponibile il primo trattamento che agisce
direttamente sulle cause della patologia e non solo sui sintomi.
Si tratta di Ivacaftor, un modulatore della proteina CFTR
L
a fibrosi cistica è una malattia
rara a trasmissione genetica che colpisce 1 neonato su
2.500 – 2.700. A causare la malattia
è un difetto della proteina CFTR la
cui funzione è di regolare gli scambi
idroelettrolitici. L’alterazione della
proteina comporta un’anomalia del
trasporto di sali e determina principalmente la produzione di secrezioni
“disidratate”: il sudore è molto ricco
in sodio e cloro, il muco è denso e vischioso e tende a ostruire i dotti nei
quali viene a trovarsi. A essere colpiti dagli effetti della malattia sono
principalmente l’apparato respiratorio, le vie aeree, il pancreas, il fegato,
l’intestino e l’apparato riproduttivo, soprattutto nei maschi a causa
dell’ostruzione dei dotti spermatici.
Per la fibrosi cistica non esiste una
cura, ma da circa 8 mesi anche in
Italia è disponibile il primo trattamento che agisce direttamente sulle
cause della patologia e non solo sui
sintomi. Si tratta di Ivacaftor, un modulatore della proteina CFTR, che si
usa in pazienti con almeno una mutazione ‘gating’, cioè in pazienti in cui
la CFTR è presente sulla membrana
cellulare, ma non svolge la corretta
funzione di canale per il trasporto del cloro, e anche per i pazienti
con almeno una mutazione R117H.
“Sulla base dei risultati ottenuti dai
miei pazienti – spiega il Dr. Vincenzo
Carnovale, Medico del Centro di Riferimento Regionale Fibrosi Cistica
dell’Adulto della Campania – Università degli Studi di Napoli Federico
II – posso certamente affermare che
grazie a questo farmaco i pazienti
stanno molto meglio. Abbiamo osservato che i pazienti che presentavano
una condizione clinica di gravità
lieve-moderata, attualmente stanno
benissimo. Chi aveva già sviluppato
i danni legati all’avanzamento della
patologia, ha manifestato un chiaro miglioramento clinico, oltre alla
normalizzazione del test del sudore.
Questo ci permette di dichiarare che
per i pazienti è estremamente vantaggioso iniziare il trattamento il più
precocemente possibile, per evitare
che la patologia si possa aggravare.”
“L’esperienza ci ha dimostrato che
il farmaco funziona e cambia il decorso della malattia. Agisce, inoltre,
come se fosse un antibatterico: favorendo il ripristino della funzione
proteica, il farmaco modifica il microambiente polmonare, che così
non favorisce più la proliferazione
batterica: i pazienti si ammalano
di meno e vivono meglio. Ivacaftor,
inoltre, permette il recupero di
un’ottimale condizione nutrizionale,
che è fondamentale per combattere
la malattia. Il miglioramento della qualità della vita è tale che – ad
esempio – una mia giovane paziente
ha espresso il desiderio di affrontare
una gravidanza per il forte desiderio
di maternità. Attualmente presso il
nostro centro sono 17 i pazienti che
hanno iniziato il trattamento: la funzionalità respiratoria è migliorata, il
peso corporeo è aumentato e hanno
mostrato meno esacerbazioni di malattia. Ciò significa che ora possono
sentire la propria voce è più difficile.
Uno degli esempi più recenti del successo di tali azioni è rappresentato dalla Carta Europea del Paziente
con Fibrosi Polmonare Idiopatica:
un documento ufficiale, pubblicato
anche sulla rivista European Respiratory Journal, e presentato al Parlamento Europeo nell’ottobre 2015.
La Carta, realizzata grazie alla collaborazione tra medici e pazienti,
è stata promossa da 11 associazioni di 9 Paesi Europei. L’Italia è stata rappresentata dall’associazio-
ne AMA Fuori dal Buio di Modena.
Attualmente in Europa si stima che il
numero di soggetti affetti da Fibrosi
Polmonare Idiopatica (IPF) sia compreso tra 80.000 e 111.000 persone.
Ma di che malattia stiamo parlando?
Si tratta di una patologia polmonare,
per la quale i polmoni si riempiono
di tessuto fibroso; la malattia toglie
letteralmente il fiato, fino all’insufficienza respiratoria. Le cause di questa
malattia non sono note, da qui il nome
‘idiopatica’, e non esiste una cura definitiva. Tuttavia esiste una terapia in
VOCE AI PAZIENTI: LA CARTA EUROPEA
PER LA FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA
I
gruppi e le associazioni di pazienti svolgono oggi un ruolo
sempre più importante nel difendere e sostenere i diritti di chi è affetto da patologie gravi e invalidanti.
Promuovere la ricerca scientifica,
garantire le migliori prestazioni sanitarie, l’equità e l’eguaglianza delle
cure, offrire supporto psicologico
ai pazienti: sono i principali obiettivi che si prefiggono oggi i gruppi di
advocacy. Tale azione è più che mai
necessaria nell’ambito delle malattie
rare: essendo pochi i pazienti a far
Vincenzo Carnovale
Responsabile del Centro di
Riferimento Regionale Fibrosi
Cistica dell’adulto della
Campania – Università degli Studi
di Napoli Federico II
praticare terapie antibiotiche meno
impegnative, possono dedicare
meno tempo alla terapia in generale e più tempo alla propria vita.”
Il farmaco però serve solo ai pazienti
che presentano delle mutazioni specifiche. La seconda buona notizia è
che presto i pazienti italiani potranno disporre anche di un nuovo farmaco, da poco approvato dall’EMA.
Si tratta di una combinazione di Lumacaftor e Ivacaftor: di fatto il primo
medicinale, per il trattamento della
causa alla base della fibrosi cistica,
in soggetti di età pari o superiore a
12 anni che presentano due copie
della mutazione F508del, la più
diffusa.
Ilaria Vacca
grado di rallentane la progressione. Si
tratta del pirfenidone, molecola disponibile anche in Italia dal 2013, al quale
ora tutti i pazienti possono accedere.
Non è però sempre stato così. Troppo spesso i pazienti si scontrano
con la lentezza della burocrazia e
con il mancato riconoscimento della
propria patologia o la mancata esenzione dai ticket. Per tutti questi motivi è stata redatta la Carta Europea
del Paziente con Fibrosi Polmonare
Idiopatica, che ha individuato 5 temi
chiave: la necessità di migliorare la
diagnosi, l’accesso al trattamento,
l’approccio olistico, la consapevolezza della malattia e le cure palliative.
“Gli sforzi fino ad ora compiuti – ha
detto Rosalba Mele, presidente di
AMA - potrebbero risultare vani
senza l’appoggio dei decisori politici: per questo abbiamo inviato un
forte messaggio alla Commissione
Europea e agli stati membri sollecitando una tempestiva presa in
carico, perché i nostri pazienti tutto
hanno tranne che tempo da attendere.”
Per saperne di più: www.ipfcharter.org. Ilaria Vacca
news
malattie rare 5
TELETHON ITALIA: LA LOTTA ALLE MALATTIE GENETICHE RARE
N
on sempre hanno un nome e
ancora meno spesso una cura.
Colpiscono una percentuale
molto bassa della popolazione, circa il
6-8%, per questo sono definite ‘rare’ e
si manifestano più frequentemente nei
primi anni di vita. La diagnosi, quando
c’è, arriva in un tempo medio di 6-8
anni tra indagini e ipotesi errate. Possono colpire più organi, compromettendo funzioni fondamentali per la vita
quotidiana. Alcune di loro colpiscono
solo una decina di persone nel mondo,
eppure non è un buon motivo per il
quale non cercare una terapia, una cura
per migliorare la loro qualità della vita,
per salvarle. Sono oltre seimila quelle finora conosciute: stiamo parlando
delle malattie genetiche rare, causate
da una o più mutazioni dei geni o alterazioni dei cromosomi in grado di dare
origine a una o a molteplici patologie
e che nell’Unione Europea hanno una
prevalenza di 5 casi su 10.000 persone.
Conoscerle, studiarle e trovare una
cura è l’obiettivo di Telethon, Fondazione nata negli Stati Uniti negli anni
’60, poi approdata anche in Italia, grazie alla volontà di Susanna Agnelli in
collaborazione con l’Unione italiana
lotta alla distrofia muscolare, allo scopo
di finanziare e promuovere la ricerca
scientifica su questo tipo di malattie.
Telethon Italia si compone di tre istituti: l’Istituto San Raffaele-Telethon per
la Terapia Genica (TIGET) con sede a
Milano, l’Istituto Telethon di Genetica e
Medicina (TIGEM) con sede a Pozzuoli
(Napoli) e l’Istituto Telethon Dulbecco,
un istituto virtuale intitolato al premio
Nobel per la Medicina Renato Dulbecco.
Con i fondi raccolti, grazie all’omonima maratona televisiva che ogni anno
va in onda sulle reti Rai, alle iniziative
di raccolta, alla rete dei partner e ai
volontari sul territorio, la Fondazione
Telethon a oggi ha avuto la possibilità
di compiere la sua attività di ricerca su
450 malattie genetiche rare, e per oltre 20 patologie sono riusciti a trovare
una cura. Sono oltre 10.222 gli articoli che hanno pubblicato dal 1990 ad
oggi, le cui citazioni medie sono le più
alte rispetto a quelle italiane, europee
e statunitensi. Inoltre oltre 50 bambini affetti da tre gravi patologie, grazie alla ricerca finanziata da Telethon
Telethon Italia si compone di tre istituti: l’Istituto San
Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (TIGET) con sede
a Milano, l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM)
con sede a Pozzuoli (Napoli) e l’Istituto Telethon Dulbecco,
un istituto virtuale intitolato al premio Nobel per la Medicina
Renato Dulbecco
sulla terapia genica, ora stanno bene.
Nel 2014-2015 Telethon ha destinato 43,7 milioni di euro, pari al 75%
degli impieghi totali, per finanziare la
propria attività di ricerca, finanziando il lavoro di centinaia di ricercatori
italiani. Sono state messe a punto 23
linee di ricerca nei loro istituti e avviati 55 attività e progetti nell’anno.
Le ultime sfide e gli ultimi successi?
Telethon ha recentemente identificato il primo gene che controlla la forma
dell’ippocampo, struttura del nostro
cervello responsabile della memoria,
aprendo importanti scenari per la comprensione dei disturbi cognitivi. E ancora, un gruppo di ricerca italiano ha
dimostrato che l’antidepressivo mirtazapina può avere effetti benefici sui sintomi della sindrome di Rett, una malattia neurologica genetica rara che causa
ritardo mentale in 1:10.000 bambine.
Inoltre, un team di ricerca internazionale ha individuato una possibile strategia
terapeutica per la cura della sindrome
di Duncan, una malattia genetica che
si manifesta con una mononucleosi infettiva fulminante scatenata da un virus
molto diffuso della famiglia degli herpes.
Ma questi sono solo gli ultimi successi ottenuti dalla ricerca finanziata da Telethon. Grazie alle numerose donazioni e all’impegno dei
ricercatori si può fare molto altro ancora.
Marghertina De Nadai
6
malattie rare
MALATTIE RARE ENDOCRINOLOGICHE: SONO PIU’ DI 300 E
NECESSITANO DI COMPETENZA SPECIFICA
L
e malattie rare endocrinologiche rappresentano un
gruppo di patologie estremamente eterogeneo, che interessano
circa 20-25 persone ogni milione
di abitanti. Comprendono tumori
rari, disordini metabolici minerali
e ossei, patologie legate a squilibri
ormonali, patologie di pancreas,
surreni e paratiroide. In totale le
malattie endocrinologiche classificate dalla SIE, Società Italiana di
Endocrinologia, sono ben 346. Si
tratta di patologie, per lo più geneticamente determinate, di difficile
diagnosi e per le quali spesso si accumula un ritardo diagnostico che
può arrivare anche a 10 anni. “Riconoscere una patologia rara può
essere difficile – spiega Maria Luisa
Brandi - ma da quel riconoscimento
dipende la salute del paziente. Per
questo motivo con la SIE abbiamo
realizzato una classificazione completa, che per ogni patologia riporta
fenotipo, marcatori biologici, età di
manifestazione, incidenza, prevalenza e bibliografia di riferimento.
Si tratta di uno strumento prezioso, che potrà aiutare gli endocrinologi nella loro pratica quotidiana.”
Il mancato riconoscimento di una
patologia, o l’errata diagnosi, possono cambiare completamente la
vita dei pazienti. “Basti pensare ai
casi in cui vengono eseguiti trattamenti chirurgici inutili, oppure ai
drammatici casi in cui un tumore
benigno non viene individuato e,
col tempo, si trasforma in neoplasia maligna. Quando un paziente
arriva da noi con un’anomalia endocrinologica abbiamo il dovere di
indagare sulla sua storia familiare,
sulla specificità della sua condizione. Non possiamo fermarci alle
apparenze.” L’immenso lavoro di
classificazione della SIE, pubblicato lo scorso anno sul Journal of
Endocrinological Investigation, è la
risposta a una fortissima necessità
di informazioni sulle malattie rare.
Tra le patologie probabilmente
meno note ci sono le malattie rare
genetiche delle ossa, come l’osteogenesi imperfetta. Per queste
malattie lo Skeletal Rare Diseases
Working Group della International
Osteoporosis Foundation (IOF), di
cui la Prof.ssa Brandi è il Presidente,
ha recentemente elaborato una nuova classificazione delle rare malattie
genetiche delle ossa che si basa sulla
loro patogenesi metabolica. Questo
lavoro, già pubblicato su Osteoporosis International, rappresenta un
primo passo verso la creazione di un
registro internazionale delle malattie scheletriche rare e fornisce importanti informazioni utili allo sviluppo di nuovi percorsi diagnostici e
terapeutici per queste patologie che,
sebbene debilitanti, sono spesso
trascurate. “A causa della rarità di
queste malattie la diagnosi rappresenta una sfida, e la maggior parte
dei pazienti, che spesso sono bambini, dispone attualmente di poche
opzioni terapeutiche. Ad oggi, la
diagnosi delle malattie scheletriche rare si basa principalmente
sull’analisi del fenotipo clinico e
sugli esami di radiografia. Crediamo che la conoscenza della via
metabolica che caratterizza queste malattie fornisca importanti
informazioni che possono aiutare
i medici a selezionare il trattamento farmacologico più appropriato”.
Ilaria Vacca
Per tentare di colmare l’attuale carenza di informazioni in merito alla diagnosi e al trattamento della malattia,
la Società Europea di Endocrinologia
(ESE) ha creato un gruppo di lavoro
multidisciplinare,
principalmente
composto da ricercatori clinici europei, che ha condotto un’analisi sistematica della letteratura nel tentativo
di identificare il miglior trattamento
per i pazienti adulti con ipoparatiroidismo cronico. Al termine di questa
ricerca, poco più di 300 studi sull’ipoparatiroidismo sono stati considerati
pertinenti e sottoposti ad una valutazione dei dati e degli elementi di prova necessari all’elaborazione delle
linee guida. Tale documento è stato
poi pubblicato sull’ European Journal
of Endocrinology, allo scopo di fornire ai medici un insieme strutturato di
consigli pratici per la diagnosi, il trattamento e la gestione quotidiana di
pazienti adulti affetti da ipoparatiroidismo cronico non associato a malattia renale allo stadio terminale (ESRD).
In generale, le raccomandazioni
dell’ESE sono focalizzate sull’im-
portanza di effettuare tempestivi
esami per l’ipoparatiroidismo in
tutti i pazienti che manifestano
bassi livelli di calcio e di ormone
paratiroideo, ma anche sulla necessità di una rinnovata attenzione a quelle specifiche circostanze,
come la fertilità, la gravidanza o
l’allattamento, che rendono particolarmente delicato il trattamento delle giovani donne, le
quali hanno una maggiore probabilità di essere colpite dalla malattia.
Ilaria Vacca
Maria Luisa Brandi
Professore ordinario di
endocrinologia all’Università di
Firenze, coordinatrice del Club
su Malattie Rare della Società
Italiana di Endocrinologia,
Presidente dello Skeletal Rare
Diseases Working Group della
International Osteoporosis
Foundation (IOF)
IPOPARATIROIDISMO: ORA DISPONIBILI LE LINEE GUIDA
INTERNAZIONALI
L’
ipoparatiroidismo è una rara
malattia endocrina caratterizzata da un deficit di ormone
paratiroideo e da bassi livelli di calcio
nel sangue. Principalmente, la patologia si manifesta come conseguenza della rimozione chirurgica della
tiroide o delle ghiandole paratiroidi.
Sebbene esista una terapia specifica,
approvata per ora negli USA, l’attuale
standard di cura per l’ipoparatiroidismo è rappresentato dalla somministrazione di integratori di calcio e
di analoghi attivi della vitamina D.
Nessuna malattia è così rara da non meritare attenzione.
Il portale delle malattie rare
e dei farmaci orfani
www.orphanet.it
orizzonti 7
TOMMASA: “LA MIA LOTTA CONTRO IL COLESTEROLO”
T
ommasa ha 24 anni ed è nata
in provincia di Agrigento.
Oggi vive a Frosinone, studia
all’Università di Tor Vergata e col suo
sorriso contagioso racconta quello che
definisce “un percorso in salita”. Perché da quando è nata Tommasa lotta
contro l’ipercolesterolemia familiare
omozigote, una forma molto rara e
grave di ipercolesterolemia ereditaria.
Secondo le ultime stime della European Atherosclerosis Society, tuttavia, pare che questa forma abbia una
prevalenza di 1:160.000-300.000:
molto maggiore, quindi, di quella storica di 1:1.000.000. Inoltre, la
patologia è spesso trattata in ritardo e in modo insufficiente, e anche
con le migliori terapie disponibili
(statine ad alto dosaggio e inibitori
dell’assorbimento del colesterolo),
solo circa il 20% dei pazienti raggiunge gli obiettivi di colesterolo
LDL raccomandati dalle linee guida.
Tommasa, che fa parte dell’Associazione Nazionale Ipercolesterolemia
Familiare, ha raccontato all’Osservatorio Malattie Rare cosa significhi
convivere con questa patologia. “Ho
scoperto di essere affetta da ipercolesterolemia familiare omozigote
all’età di due anni, quando dietro i gomiti e dietro le cosce apparvero degli
xantomi, macchie giallastre causate
dall’accumulo di lipidi sotto la pelle.
Così i medici di Palermo mi indirizzarono all’Umberto I di Roma, dalla
Prof.ssa Claudia Stefanutti, che mi
prese in cura e da lì è iniziato il mio
percorso di vita, sempre in salita”.
A quattro anni e mezzo, Tommasa
inizia a sottoporsi alla plasmaferesi,
una procedura extracorporea simile
alla dialisi, che rimuove dal sangue
il colesterolo in eccesso. “All’inizio –
racconta – è stata una grande sofferenza; poi col tempo, facendola ogni
settimana, mi sono abituata. Con gli
altri pazienti e con i medici si è instaurato un rapporto straordinario, e
mi sono sentita come in una famiglia”.
Ma le difficoltà continuano: nel 2009
la ragazza subisce un’operazione
per l’inserimento di un bypass alla
coronaria sinistra. “Ho sostituito
due valvole, l’aortica e la mitrale, e
la mia vita è cambiata: prima stavo
malissimo, non potevo fare praticamente nulla, né attività fisica, né
uscire con gli amici: dopo l’operazione ho iniziato persino a fare sport”.
Poi, nel gennaio 2014, arriva la notizia di un nuovo trattamento, la lomi-
tapide. “Per me è stato fantastico: lo
attendevo da tanto tempo, quindi ho
voluto iniziare subito la sperimentazione. All’inizio è stato un po’ un
calvario, perché è vero che con la
plasmaferesi occorre fare una determinata dieta, però ogni tanto potevo
sgarrare, mangiare un po’ di cioccolato o qualcosa di più grasso, mentre
con la lomitapide no, perché ha degli effetti collaterali non indifferenti
e quindi bisogna stare più attenti”.
Oggi Tommasa continua la terapia, e
non si sottopone più all’aferesi ogni
settimana, ma ogni 15 giorni. “I risultati sono straordinari, sto meglio
anche dal punto di vista psicologico.
Mi sento più libera di uscire, spostarmi da casa, fare vacanze: non avrei
mai pensato a un cambiamento del
genere”.
Francesco Fuggetta
IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE OMOZIGOTE,
ANCHE IN ITALIA IL NUOVO TRATTAMENTO
L’
eccesso di colesterolo nel sangue può dipendere da varie
cause, dall’alimentazione alla
presenza di diverse patologie. Ma il
fattore scatenante può essere anche
ereditario: è il caso dell’ipercolesterolemia familiare, una rara e grave malattia causata da un difetto genetico che
altera la funzione del recettore delle
lipoproteine a bassa densità (LDL-C,
il cosiddetto “colesterolo cattivo”).
Quando un soggetto eredita il gene difettoso per il recettore delle LDL da entrambi i genitori, si parla di ipercolesterolemia familiare omozigote. Queste sono
forme rarissime: colpiscono infatti circa
un individuo su 300.000, ma sono anche
molto più gravi di quelle eterozigoti.
Chi è affetto da questa malattia sviluppa una precoce e progressiva aterosclerosi, cioè un restringimento delle
arterie che può portare a infarto, ictus
o altri problemi cardiovascolari. Fino
ad oggi per questi pazienti le uniche
opzioni terapeutiche erano rappresentate da una dieta ferrea, dall’uso di
farmaci come le statine e dall’aferesi
delle lipoproteine, un procedimento
di rimozione meccanica del colesterolo dal sangue. Ma questi trattamenti,
anche se efficaci, in genere non sono
in grado di ridurre il colesterolo fino
ai livelli raccomandati dalla European Atherosclerosis Society (EAS).
Ora, però, per questi pazienti è arrivata un’importante novità: un farmaco specifico per la loro patologia. Nel
giugno 2015, infatti, l’Agenzia Italiana
del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la
commercializzazione in Italia della
lomitapide. Il farmaco è un inibitore
della proteina di trasferimento microsomiale dei trigliceridi e permetterà ai
pazienti adulti di ridurre ulteriormen-
te i loro livelli di “colesterolo cattivo”.
Sarà poi compito dei clinici arrivare
all’approvazione di linee guida sulle
nuove indicazioni di trattamento di
questi nuovi farmaci e sulla loro combinazione con l’aferesi lipoproteica.
La società scientifica internazionale Mighty Medic, costituita lo scorso
18 dicembre a Roma, è già al lavoro.
“Il nostro obiettivo – spiega la
Prof.ssa Claudia Stefanutti, Responsabile dell’U.O. Tecniche Terapeutiche
Extracorporee dell’Università “Sapienza” di Roma e coordinatrice di
Mighty Medic – è condividere in modo
interdisciplinare competenze diverse
nell’ambito delle malattie dismetaboliche. La società non si pone solo
obiettivi di ricerca, ma anche di tipo
educativo e formativo, perché queste
patologie sono ancora poco note e sotto
diagnosticate”. Francesco Fuggetta
Claudia Stefanutti
Responsabile della Unità
di Tecniche Terapeutiche
Extracorporee - Centro
afferente alla rete dei
Presidi di Riferimento per le
Malattie Rare della Regione
Lazio - Laboratorio per lo
Studio, Diagnosi e Terapia delle
Dislipidemie e Prevenzione della
Aterosclerosi - Dipartimento di
Medicina Molecolare - “Sapienza”
Università di Roma.
Coordinator of the
Multidisciplinary International
Group for Hemapheresis Therapy
and MEtabolic DIsturbances
Contrast - MIGHTY MEDIC.
8
malattie rare
scenari
CITOMEGALOVIRUS IN GRAVIDANZA: SUBDOLO E PERICOLOSO
I
l citomegalovirus (CMV) è un agente infettivo molto comune, tanto che
il 60-80% degli adulti lo contrae. I
sintomi sono simili a quelli dell’influenza
e nella maggior parte dei casi l’infezione
non ha conseguenze rilevanti. Durante la
gravidanza però contrarre questa infezione diventa estremamente rischioso: il
virus potrebbe essere trasmesso al feto,
che non è dotato delle armi immunitarie
per combatterlo. In questo caso si parla
di citomegalovirus congenito. Questa
infezione può produrre danni di entità
variabile al nascituro e riguardare il sistema nervoso centrale, provocare ritardo cognitivo, sordità congenita o cecità.
La prima arma contro il CMV è sicuramente la prevenzione: il CMV si trasmette attraverso i fluidi corporei, quindi una
corretta igiene (lavarsi le mani, evitare il
contatto con le secrezioni orali, evitare i
rapporti sessuali a rischio) può prevenire l’infezione. In particolar modo devono
fare attenzione le donne in gravidanza
che hanno altri figli di età prescolare
e scolare e le donne che lavorano con
i bambini (insegnanti, educatrici etc).
Si tratta però di un virus estremamente comune, tant’è che in gravidanza
sarebbe bene eseguire il test di screening. Consiste in un semplice esame
del sangue, attraverso il quale vengono
misurati gli anticorpi specifici, detti
immunoglobuline. Se alle analisi gli
anticorpi IgM risultano positivi l’infezione è in atto. Se gli anticorpi IgG sono
negativi siamo in presenza di un’infezione primaria, la più pericolosa. Se
anche le IgG sono positive, può trattarsi di un’infezione primaria recente
o una riattivazione o reinfezione. Sarà
quindi necessario eseguire il cosiddetto test di avidità che permette di
sapere se l’infezione si è avuta nei tre
mesi precedenti o se è avvenuta anteriormente: se ci si è ammalate prima
della gravidanza i rischi si abbassano
all’1% circa. Se è confermata l’infezione primaria in gravidanza, è bene rivolgersi ad una struttura specializzata.
Quando si scopre l’infezione primaria nella maggior parte dei casi viene
consigliata l’interruzione di gravidanza, senza nemmeno fare i test di
approfondimento, anche se solo con
l’amniocentesi però si può poi essere
sicuri che l’infezione fetale sia in corso.
In caso l’infezione materna sia confermata esiste un’opzione terapeutica,
rappresentata dalla somministrazione
di immunoglobuline specifiche, che
abbattono notevolmente il pericolo
di trasmissione del virus al feto (nel
caso in cui non abbia ancora contratto il virus), o lo aiutano a combattere
la malattia. Le immunoglobuline specifiche sono però ancora considerate
una terapia sperimentale, malgrado
le ormai numerose pubblicazioni internazionali, e in Italia di rado vengono proposte alla gestante, se non
in strutture private e a pagamento.
In Italia è attiva l’associazione AntiCito Onlus, che da anni si occupa di far conoscere questa patologia, promuovere la prevenzione,
supportare la ricerca scientifica e offrire assistenza alle famiglie che si trovano a dover fronteggiare la malattia.
Ilaria Vacca
ACROMEGALIA, I FARMACI ARRIVANO DOVE LA CHIRURGIA NON CE LA FA
L’
acromegalia è una malattia
rara, grave e invalidante caratterizzata dal progressivo ingrossamento delle ossa acrali
(della testa, delle mani e dei piedi),
delle labbra e di alcuni altri organi
con conseguenti alterazioni metaboliche che comportano un rischio
per la vita dei pazienti. I pazienti
con acromegalia non trattata, infatti, hanno un tasso di mortalità pari
a circa il doppio rispetto a quello
osservato nella popolazione generale e una riduzione media dell’aspettativa di vita di circa 10 anni.
La patologia è causata da un’ipersecrezione cronica di ormone della
crescita (GH), che, in oltre il 95% dei
pazienti, ha origine da un tumore: un
adenoma ipofisario secernente GH.
La diagnosi è spesso tardiva rispetto all’esordio della malattia e
gli effetti a lungo termine possono
essere irreversibili. Le complicanze possono comprendere diabete,
alterazione del metabolismo dei
lipidi e ipertensione, con un elevato rischio di infarto e ictus. Un problema particolarmente grave per
i pazienti può essere quello delle
fratture vertebrali da osteoporosi:
sono a rischio infatti anche quando i valori di densità minerale ossea all’esame della mineralometria
ossea computerizzata (MOC) sono
solo lievemente ridotti o addirittura normali. Lo ha mostrato nel
2005, per la prima volta nella letteratura internazionale, un gruppo
degli endocrinologi guidato da Andrea Giustina, professore ordinario
di Endocrinologia all’Università
degli Studi di Brescia. Per questa
patologia esistono oggi diverse
opzioni terapeutiche, in primis la
chirurgia. Nei casi però in cui l’adenoma non sia asportabile, l’opzione
farmacologica consiste negli analoghi della somatostatina, un ormone
prodotto dall’ipotalamo. Questi farmaci, in circa la metà dei pazienti,
raggiungono l’obiettivo di inibire
l’ormone della crescita; per l’altra
metà sarà disponibile a breve anche
in Italia la molecola di nuova generazione pasireotide. Un’ulteriore alternativa è il pegvisomant, che ha un effetto
periferico sull’ormone della crescita
bloccandone l’azione, ma non ha alcun
effetto sull’adenoma.
Ilaria Vacca
MIELOMA MULTIPLO: IL SECONDO TUMORE DEL SANGUE PIU’ DIFFUSO
C
on il progressivo incremento
dell’età media della popolazione nei paesi più industrializzati, anche l’incidenza complessiva
delle malattie neoplastiche del sangue sta progressivamente crescendo. Ciò è diretta conseguenza della
maggiore suscettibilità a sviluppare
tumori nell’anziano, regola cui non
si sottraggono le neoplasie ematologiche. I progressi della ricerca
hanno tuttavia portato all’introduzione nella pratica clinica di farmaci a bersaglio molecolare che alla
maggiore attività antineoplastica
associano una minore tossicità e si
adattano quindi anche al trattamento dei pazienti più anziani. Questi
farmaci hanno pertanto contribuito significativamente allo sviluppo
di strategie terapeutiche efficaci e
migliorano sensibilmente l’aspettativa di vita, soprattutto nei pazienti
più anziani per cui in passato vigeva un certo nichilismo terapeutico.
Un tipico esempio è costituito dal
mieloma multiplo: è il secondo tumo-
re del sangue più diffuso, dopo il linfoma non-Hodgkin. Questa patologia
è dovuta alla trasformazione neoplastica delle plasmacellule, cellule immunitarie che hanno la funzione di
produrre anticorpi e difenderci dalle
infezioni. Si manifesta con l’avanzare
dell’età: due terzi dei casi insorgono
dopo i 65 anni. In Italia ogni anno si
registrano più di 4.500 nuovi casi, con
un’incidenza lievemente maggiore
negli uomini rispetto alle donne. Negli ultimi 30 anni per questa malattia
il tasso di sopravvivenza dei soggetti
con mieloma è molto migliorato, in
relazione all’uso di nuovi agenti farmacologici. “Le innovazioni in questo
settore iniziano dal primo decennio
degli anni 2000 – spiega il Prof. Fabrizio Pane - quando due categorie di
farmaci, immunomodulatori e inibitori di proteosoma, sono stati impiegati prima nei trials clinici e poi nella
pratica clinica per il trattamento di
questi tumori. Siamo passati dunque
da una terapia basata unicamente su
agenti chemioterapici (quindi dotati
di una tossicità non troppo selettiva
nei confronti delle cellule neoplastiche), ai farmaci biologici: molto più
tollerabili e efficaci verso lo specifico bersaglio molecolare, le plasmacellule neoplastiche del mieloma.”
Il mieloma multiplo è una malattia dell’anziano, paziente per antonomasia poco capace di reggere
una chemioterapia aggressiva. “I
farmaci biologici sono in grado di
impattare significativamente sulle aspettative di vita di questi pazienti. Per questo noi ematologi
abbiamo necessità di avere a disposizione nuovi farmaci, soprattutto
quelli che rappresentano un’innovazione, perché sono quelli che si traducono in un guadagno in termini
di efficacia terapeutica. Riserviamo
dunque una grande attenzione verso
questo nuovo prodotto che è atteso
con ansia proprio per i risultati che
ne hanno consentito la registrazione”.
Un esempio di tali risultati è rappresentato dall’approvazione da parte
di AIFA di pomalidomide, farma-
co biologico per assunzione orale,
in associazione a desametasone,
per il mieloma multiplo recidivante e refrattario. Il farmaco è disponibile in Italia dal settembre 2015.
Ilaria Vacca
Fabrizio Pane
Presidente SIE (Società Italiana
di Ematologia), professore
Ordinario di Ematologia e
direttore dell’Unità Operativa
di Ematologia e Trapianti di
Midollo all’Azienda Ospedaliera
Universitaria Federico II di
Napoli
news
malattie rare 9
LA DISTROFIA DI DUCHENNE: STATO DELL’ARTE
E INNOVAZIONI TERAPEUTICHE
L
a distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è una malattia genetica rara neuromuscolare a trasmissione recessiva
legata al cromosoma X, quindi che
colpisce solo i maschi, caratterizzata da degenerazione progressiva dei muscoli scheletrici. È la più
grave tra le distrofie muscolari: ha
un esordio precoce e colpisce progressivamente tutta la muscolatura portando i ragazzi a perdere la
deambulazione ed essere costretti sulla sedia a rotelle intorno ai
9/12 anni, a perdere anche l’uso
delle braccia e ad aver bisogno di
aiuto nella respirazione. La DMD
colpisce infatti in modo specifico
il tessuto muscolare scheletrico,
compresi i muscoli respiratori e
cardiaci, ed è caratterizzata da
una progressiva distruzione del
tessuto muscolare che viene sostituito da tessuto fibroso e adiposo.
I primi sintomi della patologia
si manifestano intorno ai tre
anni: i bambini hanno difficoltà
nel correre, salire le scale, saltare. Con il progredire dell’età,
le difficoltà motorie diventano
evidenti e al momento dell’ingresso nella scuola elementare
il quadro clinico è chiaro: l’andatura è oramai anomala e con
frequenti cadute, la camminata
avviene spesso in punta di piedi. L’approccio terapeutico fino ad
ora è stato basato solo sull’uso
di corticosteroidi e su una presa
in carico multidisciplinare che
comprende fisioterapia, chirurgia
ortopedica, prevenzione cardiologica e assistenza respiratoria.
Tale approccio ha permesso di
prolungare la sopravvivenza dei
ragazzi dalla prima adolescenza
fino ai 25-30 anni. Ma questo non
rappresenta un punto di arrivo;
alcune opzioni terapeutiche sono
in sviluppo nei laboratori di alcune biotech e nelle strutture sanitarie di tutto il mondo, Italia in
primis. In particolare, per alcuni
pazienti portatori di una particolare mutazione genetica chiamata
‘nonsenso’, oggi è già disponibile
una specifica terapia in grado di
rallentare la progressione della
malattia e la conseguente perdita della capacità di camminare.
In Italia la principale realtà associativa di riferimento per la DMD
è Parent Project Onlus, attiva dal
1996, con il fine di migliorare la
qualità della vita dei bambini e
ragazzi affetti da tale patologia,
attraverso tre obiettivi primari:
informare e sostenere le famiglie, promuovere e finanziare la
ricerca scientifica per sconfiggere la patologia, sviluppare un
network collaborativo, attivo
su tutto il territorio nazionale.
Ilaria Vacca
10
malattie rare
focus
RIPOSIZIONAMENTO DEI FARMACI: UNO SGUARDO AL FUTURO
L
e malattie genetiche rare sono
tra le più difficili da diagnosticare. Sono migliaia, ma ancora
moltissime quelle senza un nome, che
probabilmente interessano solo qualche
decina di pazienti in tutto il mondo. “Per
le malattie rare c’è ancora grande necessità di diagnosi – spiega il prof. Giuseppe
Novelli - quando una famiglia o un paziente sono orfani di diagnosi si verifica
quel fenomeno che possiamo definire
‘turismo medico’: intere famiglie che
ripetono analisi su analisi, spostandosi
da un centro medico all’altro, con costi economici e umani altissimi. Fino a
qualche tempo fa purtroppo per una
diagnosi genetica c’era bisogno di collezionare i dati di un gran numero di casi
simili. Oggi tutto è cambiato: grazie alle
nuove tecnologie è possibile ottenere il
sequenziamento completo del genoma,
con costi relativamente contenuti e tempistiche brevi. ”Il progresso scientifico
ha quindi cambiato completamente la
storia di questi bambini e di queste famiglie, altrimenti destinati a vivere orfani di diagnosi, orfani di terapia e senza
alcuna risposta alle tantissime domande
che quotidianamente logorano chi vive
in tali condizioni di incertezza. “Abbiamo
finalmente assegnato a queste malattie
un nome e un cognome, scoprendo che
spesso sono accomunate dallo stesso
difetto genetico. In questi casi abbiamo
un’arma in più a nostra disposizione,
quella che ora viene definita la strategia di riposizionamento dei farmaci.”
Si tratta sostanzialmente dell’utilizzo
di farmaci ‘vecchi’ per nuovi impieghi
terapeutici, una nuova strategia di sviluppo farmacologico e un promettente ambito di ricerca, nel campo della
scienza medica traslazionale. Celebre
è l’esempio della talidomide, molecola
proposta come sedativo poi rivelatasi
teratogena. Questo trattamento è stato
escluso dal mercato fino a pochi anni fa,
quando i ricercatori hanno scoperto la
sua azione di inibitore dell’angiogenesi
e della sintesi del TNF-alfa nel mieloma multiplo e nel sarcoma di Kaposi,
aprendo la strada allo sviluppo di derivati di nuova generazione. Farmaci
praticamente scomparsi dal mercato,
perché ritenuti obsoleti o addirittura
dannosi e molecole il cui percorso di
sviluppo non si è mai concluso, possono
essere rilanciati per indicazioni diverse.
“Quando c’è una base genetica comune
tra patologie abbiamo delle opportunità di azione in più, per questi farmaci
come la metformina (utilizzata per il
controllo del diabete, dal costo peraltro
bassissimo) viene oggi utilizzato per il
trattamento del tumore del colon e della
mammella. Per le malattie rare questo
tipo di vantaggio è più utile che mai: si
può arrivare presto al farmaco, senza
necessità di sperimentazioni su grandi
numeri, a favore dei gruppi geneticamente stratificati. Per una patologia rara
ridurre i tempi di sperimentazione di
un farmaco a meno di 8 anni è un risultato straordinario: tutto ciò è possibile
grazie al sequenziamento del genoma.”
Per questo in Italia è nato un progetto, da un’idea della Senatrice Cattaneo,
per costruire un programma nazionale, sotto l’egida ministeriale. “Si tratta
del ‘Progetto Genoma Italia’, progetto
sul quale il Ministero della Salute in-
sintomi: febbre, transaminasi ben sopra i limiti, una colecistite, inappetenza, vomito, diarrea. La bimba a volte
non riesce nemmeno a camminare, le
infezioni si susseguono e per lei non ci
sono i giochi all’aria aperta, l’asilo e gli
amichetti, ma camici bianchi, prelievi,
biopsie e ricoveri. “Il fegato le si stava
ingrossando – dice il papà – i linfonodi aumentavano, poi si sono aggiunte
dermatiti, panniculite e infiammazioni.
È in quel momento che è cominciata la
terapia di immunosoppressione. Sempre nel 2012 si sono accorti che aveva
pochissimo tessuto adiposo sottocutaneo, ma in un quadro così complesso
non gli è stata data troppa importan-
za”. Lucia però è sempre più magra e la
sua pancia è sempre più gonfia: i valori
del sangue non sono mai tornati nella
norma. Nel 2013 la famiglia fa i bagagli
e va al Meyer di Firenze per ricominciare tutte le visite da capo in cerca
di una soluzione. Al Meyer riescono a
controllare le infiammazioni con dei
farmaci approvati per un gruppo di
malattie rare chiamate CAPS, che funzionano. Il fegato però continua a crescere, transaminasi e colesterolo sono
fuori controllo. Al Meyer indirizzano
la famiglia negli Usa, al centro NIH di
Bethesda. “Lì ci hanno parlato di un
medico di Pisa, il prof. Santini, che stava utilizzando la leptina per curare la
lipodistrofia, una malattia che si manifesta con la mancanza di tessuto adiposo sottocutaneo e accumuli di grasso
negli organi interni, come in mia figlia.
Da Bethesda abbiamo telefonato a Santini, fissato un incontro e siamo tornati
in Italia”. Il medico che poteva aiutare
Lucia era a pochi chilometri dall’Ospedale in cui aveva passato tanto tempo.
“La situazione è apparsa subito grave – racconta il prof. Ferruccio Santini, Responsabile Centro Obesità U.O.
Endocrinologia 1 Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana –, la bambina
aveva una lipodistrofia generalizzata
autoimmune e il fegato pieno di grasso.
Volevo usare Metreleptin, un farmaco
a base di leptina umana ricombinante, lo avevo già somministrato in altri
casi all’interno di un programma di
LUCIA È VENETA, HA 5 ANNI E DUE MALATTIE
RARE: DAGLI USA L’HANNO MANDATA
A CURARSI IN ITALIA, A PISA
Q
uando mamma e papà l’hanno portata a casa dopo la
nascita Lucia era una bimba
come le altre. Ad appena 6 mesi, però,
sono arrivate le prime infezioni, una
alle vie urinarie e una sottocutanea da
streptococco. A Verona, l’ospedale più
vicino, sono cominciati gli accertamenti: i globuli bianchi erano bassissimi.
“Non sapevano che dire – racconta il
papà – e allora siamo andati al Gaslini
di Genova. La prima diagnosi è stata
di neutropenia autoimmune. Le hanno dato il G-CSF per far alzare i globuli
bianchi, lì per lì ha funzionato e ci siamo tranquillizzati”. La serenità però ha
breve durata, Lucia dopo poco ha altri
Che cos’è la lipodistrofia generalizzata
“La lipodistrofia generalizzata - spiega il prof. Ferruccio Santini è una malattia ultra rara e che si manifesta in modo eterogeneo.
Quello che accomuna i pazienti è la perdita, parziale o totale, del
tessuto adiposo sottocutaneo. Le cause possono essere genetiche
oppure autoimmuni. Più il paziente perde il ‘grasso’ più la patologia è
grave. La scomparsa del tessuto adiposo crea una serie di scompensi
metabolici: il grasso circolante, non avendo dove depositarsi, si
‘attacca’ dove può, per lo più al fegato o nei visceri. Il valore dei
trigliceridi nel sangue sale e si manifesta dislipidemia, compare il
diabete, e in alcuni casi ci possono anche essere delle complicanze
cardiache”. Fino ad oggi i medici cercavano di controllare le
complicanze, oggi invece c’è un’opzione farmacologica. Negli Usa è
già regolarmente in commercio un farmaco specifico, Metreleptin,
a base di leptina umana ricombinante, un ormone che normalmente
viene prodotto proprio dal tessuto adiposo; per l’Europa si
attendono invece le necessarie autorizzazioni.
Giuseppe Novelli
Rettore dell’Università degli
Studi di Roma Tor Vergata e
Ordinario di Genetica medica
Direttore dell’UOC di Genetica
Medica della stessa Università
vestirà attenzione e 15 milioni di euro
in tre anni. I fondi non sono certamente sufficienti, ma i contributi dei
privati non tarderanno ad arrivare.”
Un progetto quindi dalle potenzialità
enormi, così come enormi sono le potenzialità della genomica, intesa come
settore di ricerca e sviluppo di tecnologie, sia in termini strettamente medici
che di spinta economica. Ilaria Vacca
Ferruccio Santini
Responsabile Centro Obesità
U.O. Endocrinologia 1 Azienda
Ospedaliero-Universitaria Pisana
uso compassionevole americano. Il
programma però nel frattempo era
terminato, negli Usa il farmaco era in
commercio ma in Italia ancora no. Non
sapendo come averlo mi sono rivolto
all’azienda farmaceutica, vista l’urgenza sono stati disponibili a darmelo
gratuitamente. Ha funzionato”. “Da quando Lucia ha cominciato a
usare questo farmaco – dicono i genitori - la pancia è sparita, il fegato
si è ridotto, trigliceridi, colesterolo,
transaminasi sono tornati nella norma. La lipodistrofia è sotto controllo, rimane ora da affrontare la linfoproliferazione. Stiamo pensando
di tornare a Bethesda e vedere se
si può tentare una terapia diversa
dall’immunosoppressione,
anche
sperimentale”. “Lucia ormai sa di
essere malata – dice la mamma – ci
sono periodi in cui tutte le settimane deve fare un prelievo e come tutti i bimbi non ama aghi e punture,
ma sa di averne bisogno. Spesso la
sorprendo a guardare video sul corpo umano, per lei è normale sentire
parlare dei vari organi e vuole capire”.
Ilaria Ciancaleoni Bartoli
news
malattie rare 11
Recordati Rare Diseases Foundation: formazione
e informazione sulle malattie rare
La Recordati Rare Diseases Foundation è stata
fondata per colmare alcuni vuoti educazionali,
migliorare le conoscenze in questo delicato settore
e per riuscire a porre sempre più al centro il paziente
I
l numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra
le 7.000 e le 8.000, ma è una cifra
che cresce con l’avanzare della scienza
e in particolare con i progressi della ricerca genetica. Stiamo dunque parlando non di pochi malati, ma di milioni di
persone in Italia e addirittura decine
di milioni in tutta Europa. Nonostante gli enormi passi in avanti compiuti
nel settore, la formazione e l’informazione in questo settore rappresentano
ancora una criticità, siano esse rivolte
ai medici che agli stessi pazienti. La
Recordati Rare Diseases Foundation
è stata fondata proprio per colmare
alcuni di questi vuoti educazionali e
migliorare le conoscenze in questo
delicato settore e per riuscire a porre
sempre più al centro il paziente. Ogni
anno la fondazione organizza corsi
di formazione professionale avanzati
e indipendenti, che sono altamente
specializzati nell’area delle malattie
rare. Sin dal 2000, anno della creazione ufficiale della “Orphan Europe
Academy”, sono stati formati più di
2.000 professionisti in tutto il mondo.
Il Prof. Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù di Roma, è uno dei
sei membri del Comitato Scientifico
composto da scienziati, clinici e accademici che lavorano nel campo delle
malattie rare. Dallapiccola ci ha spiegato nel dettaglio la mission della fondazione: “La Fondazione promuove il
miglioramento della diagnosi e della
cura delle persone affette da malattie
rare. Per raggiungere questo obiettivo, si fa carico di organizzare eventi
con un focus specifico sulla formazione. Questa attività non ha molti altri
esempi significativi analoghi, data la
complessità della tematica, l’elevato livello di competenza richiesti e la limitata esperienza basata spesso su piccoli numeri di pazienti, obiettivi che la
Fondazione raggiunge cooptando nei
suoi corsi i più autorevoli esperti disponibili a livello europeo e mondiale.
La maggior parte dei corsi realizzati e
in programmazione si focalizzano sulle malattie metaboliche. I temi principali oggetto di questi programmi
formativi riguardano le modalità con
le quali sospettare la presenza di una
malattia rara, la sua diagnosi, la presentazione clinica, le migliori strategie
terapeutiche, con l’obiettivo ultimo
di migliorare il riconoscimento della malattia e la sua presa in carico. In
secondo luogo condividere esperienze
nel trattamento delle malattie rare,
per le quali le esperienze individuali sono limitate. Inoltre, migliorare il
dialogo tra le diverse specializzazioni
mediche, in particolare nel caso delle
malattie mutisistemiche. Infine, rafforzare la collaborazione scientifica e
incoraggiare la ricerca nel campo delle
malattie rare. In occasione della Giornata delle Malattie Rare, che ricorre
quest’anno il 29 febbraio, la Fondazione supporta il primo Incontro tra i
pazienti e gli esperti, a Praga, dedicato
all’omocistinuria, una patologia rara,
multisistemica, che coinvolge gli oc-
Bruno Dallapiccola
Direttore Scientifico Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù di
Roma. Genetista, Coordinatore
di Orphanet Italia e membro
di EUCERD (European Union
Committee of Experts on Rare
Diseases) per l’Italia
chi, lo scheletro, il sistema nervoso e
l’apparato vascolare. A questo evento
saranno presenti i pazienti e i clinici provenienti da tutto il mondo, con
l’obiettivo di informarsi e informare,
ragionando insieme sull’obiettivo del
miglioramento diagnostico attraverso
lo screening neonatale e una migliore
presa in carico dei pazienti affetti dalla
patologia. Nel 2016 sono previsti altri
due eventi principali, il primo in Asia
a Taipei dal 10 al 12 giugno dedicato
alle malattie pediatriche neurometaboliche e ai disturbi del movimento, il
secondo a Parigi, dal 3 al 5 novembre,
che avrà un focus sulle miopatie metaboliche”. Ilaria Vacca
ORPHANET: IL DATABASE DEDICATO A MALATTIE RARE
E FARMACI ORFANI
Il database è supervisionato da un comitato di gestione,
un comitato direttivo, un comitato scientifico internazionale
e, in alcuni paesi, da un comitato scientifico nazionale
O
rphanet è il più importante
database multilingue dedicato alle malattie rare
e ai farmaci orfani, ad accesso
libero e gratuito. È gestito da un
consorzio di 40 paesi, coordinato dal team francese dell’INSERM, Institut National de la
Santé et de la Recherche Médicale.
Collegandovi a www.orphanet-italia.it
potrete quindi accedere a un elenco delle malattie rare con relative
classificazioni,
un’enciclopedia
sul tema in lingua francese e in
inglese (progressivamente sarà
tradotta in tutte le altre lingue del
sito), un elenco dei farmaci orfani
con tutte le loro fasi di sviluppo,
un elenco dei servizi specialistici
presenti nei paesi che fanno parte di Orphanet. Informazioni sui
centri specializzati, sui laboratori
di diagnosi, sui progetti di ricerca in corso, sulle sperimentazioni
cliniche, sui registri, sui network,
sulle piattaforme tecnologiche e
sulle associazioni di pazienti. Troverete anche una sezione dedicata
alle raccomandazioni per la presa
in carico in situazioni d’urgenza e
le linee guida sull’utilizzo dell’anestesia (in caso di necessità di
interventi chirurgici) per un gran
numero di patologie. È inoltre presente una raccolta di studi e articoli tematici: moltissime informazioni di grande interesse per
i pazienti, i familiari, i medici di
medicina generale e gli specialisti.
Come si ottengono dunque tutti
questi preziosi dati e che valore
hanno? I team nazionali hanno il
compito di raccogliere informazioni sulle consulenze specialistiche,
sui laboratori di diagnosi, sulle attività di ricerca in corso e sulle associazioni di pazienti nei rispettivi paesi. Inoltre, si occupano delle
traduzioni. La raccolta dei dati e
la diffusione delle informazioni si
attengono alle disposizioni legali
in vigore nei vari Paesi impegnati
nel progetto: codice etico professionale, legge sull’elaborazione
dati, sui diritti di proprietà intellettuale e qualsiasi altra legge
o regolamento applicabile. Le informazioni e i servizi presenti in
Orphanet sono conformi ai codici
e alle indicazioni emanati da comitati etici ad hoc, riconosciuti a
livello nazionale e internazionale,
riguardanti il rispetto dei diritti
dei pazienti, il rispetto della confidenzialità delle informazioni,
la pratica della medicina on-line e la sicurezza dei network.
Il database è supervisionato da un
comitato di gestione, un comitato
direttivo, un comitato scientifico
internazionale e, in alcuni paesi,
da un comitato scientifico nazionale. Il coordinatore di Orphanet
Italia è il Prof. Bruno Dallapiccola,
uno dei più famosi genetisti italiani e Direttore Scientifico Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di
Roma. Tutte le informazioni disponibili al pubblico sono validate da un componente del comitato
scientifico prima della pubblicazione on-line. Tutti i team si attengono alle Procedure Operative
Standard di Orphanet. Il team coordinatore francese è responsabile della gestione di database e sito
web, controllo di qualità, elenco
delle malattie rare, classificazioni e dell’edizione dell’enciclopedia.
Ilaria Vacca
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