L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 47 (47.182)
Città del Vaticano
sabato 27 febbraio 2016
.
Al congresso internazionale promosso da Cor Unum il Papa parla della carità nella vita della Chiesa
Per la prima volta dopo la storica intesa sul nucleare
Il cuore e la bussola
Iran al voto
La carità è il «cuore pulsante» della
vita della Chiesa e la «bussola» che
ne orienta i passi: lo ha ricordato
Papa Francesco nel discorso rivolto
venerdì mattina, 26 febbraio, ai partecipanti al congresso internazionale
organizzato dal Pontificio Consiglio
Cor Unum a dieci anni dalla pubblicazione dell’enciclica di Benedetto
XVI «Deus caritas est».
«La storia della Chiesa è anche
storia di carità» ha sottolineato in
proposito il Pontefice, spiegando
che si tratta di «una storia di amore
ricevuto da Dio, che va portato al
mondo». Proprio «questa carità ricevuta e donata è il cardine della storia della Chiesa e della storia di ciascuno di noi». Ne deriva perciò che
l’atto di carità non può essere considerato «solo un’elemosina per lavarsi la coscienza»; esso deve includere
invece «un’attenzione d’amore rivolta all’altro, che considera l’altro
un’unica cosa con sé stesso e desidera condividere l’amicizia con Dio».
Nel mettere in rilievo lo stretto legame tra carità e misericordia il Papa ha osservato che «Dio non ha
semplicemente il desiderio o la capacità di amare; Dio è carità: la carità
è la sua essenza, la sua natura». Egli
«non può stare da solo, non può
chiudersi in sé stesso, perché è comunione, è carità, e la carità per sua
natura si comunica, si diffonde». Ecco perché «Dio associa alla sua vita
di amore l’uomo e, anche se l’uomo
si allontana da lui, egli non rimane
distante e gli va incontro». In questo sta la sua misericordia: «è il suo
modo di esprimersi verso di noi peccatori, il suo volto che ci guarda e si
prende cura di noi». Carità e misericordia, dunque, «sono così strettamente legate, perché sono il modo
di essere e di agire di Dio: la sua
identità e il suo nome».
Ecco perché ogni forma di solidarietà e di condivisione è solo «un riflesso di quella carità che è Dio» e
alla quale «dobbiamo guardare come alla bussola che orienta la nostra
vita, prima di incamminarci in ogni
attività: lì troviamo la direzione, da
essa impariamo come guardare i fratelli e il mondo». Una carità che,
per Papa Francesco, dovrebbe rispecchiarsi sempre più nella vita della Chiesa. «Come vorrei — ha auspicato — che ognuno nella Chiesa,
ogni istituzione, ogni attività riveli
che Dio ama l’uomo!». La missione
degli organismi caritativi ecclesiali,
infatti, «è importante, perché avvicinano tante persone povere ad una
vita più dignitosa, più umana, cosa
quanto mai necessaria; ma questa
missione è importantissima perché,
non a parole, ma con l’amore concreto può far sentire ogni uomo
amato dal Padre, figlio suo, destinato alla vita eterna con Dio». Da qui
il grazie del Pontefice verso «tutti
coloro che si impegnano quotidianamente in questa missione». Con l’assicurazione che la Deus caritas est
«conserva intatta la freschezza del
suo messaggio, con cui indica la
prospettiva sempre attuale per il
cammino della Chiesa».
PAGINA 8
Donne iraniane in fila a un seggio elettorale (Ap)
TEHERAN, 26. Si sono aperti questa
mattina alle 8 ora locale (le 5.30 in
Italia) i seggi elettorali in Iran, dove si vota per il rinnovo del Parlamento e dell’Assemblea degli
esperti. Il presidente iraniano, Hassan Rohani, si è già presentato al
seggio allestito presso il ministero
degli Interni di Teheran per esprimere il suo voto. Accompagnato
dal ministro degli Interni, Abdolreza Rahmani Fazli, Rohani ha
quindi visitato il quartier generale
della commissione elettorale presso
il ministero. I seggi rimarranno
aperti fino alle 18, ma è possibile,
se necessario, un prolungamento
dell’orario.
Attesa per l’entrata in vigore della tregua concordata da Stati Uniti e Russia
Gli occhi del mondo puntati sulla Siria
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DAMASCO, 26. Mancano ormai poche ore all’entrata in vigore ufficiale
dell’accordo per la cessazione delle
ostilità tra Governo e ribelli in Siria.
La tregua dovrebbe infatti scattare
alla mezzanotte di oggi. «Il mondo
vi guarda» ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, rivolgendosi a Mosca e a Damasco,
che hanno aderito alla tregua. Ma
ha anche aggiunto che il Governo
di Washington continuerà il suo impegno in Siria e in Iraq e che «i siriani non saranno liberi finché Assad sarà al potere».
Difficile al momento capire come
e per quanto tempo la cessazione
delle ostilità potrà avere luogo. Gli
analisti sono scettici. Restano sul tavolo molte questioni, a cominciare
dai gruppi di combattenti coinvolti
dall’accordo. Stati Uniti e Russia
hanno infatti concordato di escludere il cosiddetto Stato islamico (Is) e
il Fronte Al Nusra: le operazioni
contro di loro andranno avanti. Più
intricata pare invece la questione dei
curdi siriani, importanti alleati di
Assad. La Turchia — che li considera
alleati del Pkk e quindi terroristi —
ha chiesto ieri di escluderli dalla tregua. Mosca non si è ancora espressa. I curdi siriani giocano un ruolo
decisivo nel contrasto sul terreno
all’avanzata dei jihadisti. Escluderli
dalla tregua vorrebbe dire avere un
sostegno in meno.
Intanto sul piano diplomatico,
Russia e Stati Uniti hanno presentato ieri al Consiglio di sicurezza
dell’Onu la bozza di una risoluzione che prevede la tregua in Siria.
Gli Stati membri hanno ora bisogno
di tempo per studiare il testo che
sperano di adottare «il prima possibile». Stando alle anticipazioni delle
agenzie, sul documento composto
da due pagine l’esercito siriano e i
gruppi di opposizione hanno notificato a Mosca e Washington di aver
accettato i termini della tregua e
l’impegno a rispettarla. Alla risoluzione verrà allegata la dichiarazione
congiunta di Washington e Mosca
adottata lunedì scorso, come anche
la lista dei gruppi a cui si applica la
tregua. Il testo, inoltre, incoraggia
tutti gli Stati membri del Consiglio
di sicurezza, e specialmente quelli
facenti parte del Gruppo internazionale di supporto alla Siria, ad usare
la propria influenza con le parti per
la fine delle violenze, assicurare
l’adempimento degli impegni e per
sostenere gli sforzi volti a creare le
condizioni per una duratura cessazione delle ostilità. Il documento
chiede poi la garanzia dell’accesso
agli aiuti umanitari e ribadisce il sostegno del Consiglio ai negoziati tra
Governo e opposizione.
Durante la discussione del testo,
l’inviato speciale Onu per la Siria,
Staffan de Mistura, presenterà agli
Stati membri un rapporto sugli sforzi necessari alla soluzione del conflitto, descrivendo l’intero processo
politico previsto. I negoziati a Ginevra sono fermi da quasi tre settimane: l’opposizione siriana ha deciso
di abbandonare il tavolo delle trattative dopo l’offensiva delle truppe
governative di Damasco ad Aleppo.
Offensiva, questa, che ha causato la
fuga di almeno trentamila persone
verso il confine turco.
Sul fronte militare, sono ripresi
nelle ultime ore i raid aerei a nord
di Aleppo: lo riferisce l’O sservatorio
siriano per i diritti umani (voce
dell’opposizione con sede a Londra)
che parla di almeno sette operazioni. Altri bombardamenti si segnalano nella zona occidentale della città.
E intensi raid aerei sono stati compiuti anche in alcuni sobborghi attorno a Damasco. Fonti sul terreno
Nessun accordo nel vertice Ue sull’immigrazione e in Grecia continuano gli arrivi
Rischio collasso
Cent’anni dalla morte di Henry James
Frasi senza fretta
ELENA BUIA RUTT
E
GABRIELE NICOLÒ
A PAGINA 4
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parlano di numerose vittime, per lo
più feriti, tra i civili a Zamalka, Arbin e Duma a nord e nord-est della
capitale, e a Daraya a sud. L’intensità dei bombardamenti — affermano
le fonti citate dalle agenzie — è andata aumentando nelle ultime ore. E
anche in Iraq le violenze non conoscono fine: l’Is ha rivendicato un
doppio attentato suicida avvenuto
ieri a Baghdad, che ha provocato la
morte di almeno quindici persone.
A tutto questo si aggiunge la situazione umanitaria, che peggiora di
giorno in giorno. Circa 370.000 civili siriani sono bloccati in aree sotto
assedio che non sono ancora state
raggiunte dai convogli umanitari
della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Mancano di tutto: dai generi di prima necessità ai servizi essenziali. A darne notizia è Jan Egeland, consigliere per le questioni
umanitarie dell’inviato de Mistura.
Finora soltanto 110.000 persone sono state raggiunte dagli aiuti in sei
località delle 17 che rimangono sotto
assedio. In una conferenza stampa
tenuta a Ginevra e trasmessa in diretta dalla televisione panaraba «Al
Jazeera», Egeland ha detto che 184
camion con a bordo cibo e medicinali hanno raggiunto sei località sotto assedio a partire dal 17 febbraio
scorso, quando sono partiti i primi
convogli umanitari in seguito ad un
accordo raggiunto da de Mistura
con il Governo di Damasco.
Ieri il Programma alimentare
mondiale (Pam) ha fatto paracadutare anche i primi aiuti dal cielo a
Deyr Ezzor, capoluogo dell’omonima
provincia
orientale,
dove
200.000 abitanti vivono intrappolati
a causa dell’assedio dell’Is. Egeland
ha detto che una parte del materiale
è finita fuori bersaglio e alcune casse sono andate distrutte perché il
paracadute non si è aperto. «I civili
non possono più sopportare la situazione in cui vivono» è stato il
drammatico appello lanciato da
Egeland alle parti coinvolte nel conflitto.
Sono circa 55 milioni gli iraniani
chiamati alle urne per eleggere i
290 membri del Parlamento e gli
88 rappresentanti dell’Assemblea
degli esperti. Si tratta della prima
tornata elettorale dopo lo storico
accordo sul nucleare firmato a
Vienna da Teheran con il gruppo
cinque più uno (i Paesi membri
permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti, Gran
Bretagna, Francia, Russia e Cina;
più la Germania). Ieri oltre 1.200
candidati si sono ritirati. In quasi
tutti i casi si tratta di candidati ammessi alle elezioni per il Majlis
(Parlamento) che hanno rinunciato
a vantaggio delle liste principali.
Per le elezioni parlamentari sono
rimasti in corsa 4.979 candidati.
Solo due, invece, i candidati che
hanno rinunciato a correre per
l’Assemblea degli esperti, dove si
presentano in 159.
Considerando entrambe le elezioni, sono in totale 5.138 i candidati in lizza. Le donne sono circa il
dieci per cento e sono tutte candidate al Parlamento. Nessuna è stata ammessa alle elezioni per l’Assemblea degli esperti. I risultati definitivi sono attesi entro 24 ore dalla chiusura per i seggi fuori Teheran. Nella capitale, che ha una popolazione di 12 milioni di abitanti,
ci vorranno almeno tre giorni.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza Monsignor Osvaldo
Padilla, Arcivescovo titolare di
Pia, Nunzio Apostolico in Corea e in Mongolia, con i Familiari.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
l’Onorevole Bodo Ramelow,
Ministro Presidente dello Stato
Libero di Turingia, con la Consorte, e Seguito.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza le
Loro Eccellenze i Monsignori:
— Aldo Giordano, Arcivescovo titolare di Tamada, Nunzio
Apostolico in Venezuela;
— Jean-Abdo Arbach, Arcivescovo di Homs dei Greco-Melkiti (Siria).
Predica di Quaresima
Questa mattina, nella Cappella «Redemptoris Mater», alla presenza del Santo Padre, il
Predicatore della Casa Pontificia, Padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la seconda predica di Quaresima.
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sabato 27 febbraio 2016
Migranti durante una distribuzione
di aiuti alimentari in Grecia (Ap)
Diecimila bambini scomparsi in Europa
Gli invisibili
di JOSÉ BELTRÁN
di LUCA M. POSSATI
Tensioni, accuse, polemiche. Quella
che si è riunita a Bruxelles per cercare una soluzione all’emergenza immigrazione è un’Europa senza progetti concreti e senza leader, persa in
cavilli burocratici e facili populismi.
Il summit, a livello dei ministri
dell’Interno, si è chiuso senza accordi. A tenere banco è stato soprattutto lo scontro politico tra Grecia e
Austria, con Atene che ha deciso di
richiamare l’ambasciatore a Vienna.
Un segno di protesta non solo contro la decisione austriaca di non invitare il Governo greco al recente
mini-summit sulla crisi migratoria,
ma anche contro l’inerzia di Bruxelles di fronte a una situazione fuori
controllo. Come ha riconosciuto anche il commissario Ue all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, «se
entro i prossimi dieci giorni non ci
saranno risultati tangibili sul fronte
della strategia europea di gestione
dei flussi di migranti, il rischio è che
l’intero sistema collassi completamente». Tra dieci giorni ci sarà infatti un nuovo vertice straordinario
dei leader dei ventotto insieme alla
Turchia. All’inviato di Ankara i ministri dell’Unione hanno chiesto di
ridurre drasticamente i flussi entro
quella data.
Sembra, al momento, di assistere
a un tragico, incontrollabile effetto
domino. Pochi giorni fa Vienna annunciava a sorpresa il rafforzamento
dei controlli alle frontiere e la limitazione degli ingressi. Sulla stessa linea si muoveva l’Ungheria di Viktor
Orbán, indicendo un referendum
sull’accettazione delle quote permanenti di ricollocamenti proposte dalla Commissione Ue in seguito a un
accordo tra i leader dei ventotto. Simultaneamente il Belgio decideva di
sospendere Schengen, mandando i
soldati a presidiare i punti di passaggio al confine. Croazia, Slovenia,
Slovacchia, Bosnia, Montenegro,
Romania e Bulgaria hanno seguito il
medesimo modus operandi. E così,
nel giro di poche settimane, con i
Balcani bloccati, in Grecia si sono
ammassate decine di migliaia di migranti e rifugiati, senza controlli né
registrazioni, né assistenza adeguata.
Ieri oltre mille migranti hanno rotto
la recinzione del campo di Diavata e
si sono messi in marcia verso Idomeni, al confine con la ex Repubblica
Passa al Senato
la fiducia
sulle unioni civili
ROMA, 26. Via libera del Senato italiano al disegno di legge che introduce le unioni civili tra coppie omosessuali quale «specifica formazione
sociale». Con 173 voti favorevoli e 71
contrari, ieri l’aula ha approvato la
norma sulla quale il Governo aveva
posto la fiducia. Soddisfazione da
parte del presidente del Consiglio
dei ministri, Matteo Renzi, che ha
commentato: «Con le riforme l’Italia
si rimette in piedi». La fiducia è stato «un passo avanti importante».
Numerose tuttavia le polemiche, con
il Movimento 5 Stelle che ha abbandonato l’aula. La norma passa ora
all’esame della Camera. Frutto di un
compromesso tra Partito democratico e il gruppo parlamentare Area
popolare, il nuovo testo della legge
non include l’obbligo di fedeltà né
la possibilità di adozione del figlio
del partner, la stepchild adoption,
punti inclusi invece nella precedente
versione. Saranno i giudici minorili,
caso per caso, a decidere sul procedimento di adozione.
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Nessun accordo nel vertice Ue sull’immigrazione e in Grecia continuano ad aumentare gli arrivi
Rischio collasso
jugoslava di Macedonia. A Idomeni,
dove la polizia greca stima ci siano
già 2.800 migranti, la situazione è
insostenibile e c’è il rischio di rivolte.
Ma non solo. Il blocco dei Balcani porterà molto probabilmente
all’arrivo in Italia, sulle coste pugliesi, di un fiume di esseri umani che
cercano un percorso alternativo.
«L’Italia ora non ha l’afflusso che
aveva qualche mese fa. Ma certo,
chiudendo da una parte il rischio è
sempre quello che si apra un’altra
strada» ha detto Filippo Grandi, Al-
to commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Incontri
sono già stati avviati tra le autorità
italiane e quelle di Albania e Montenegro per rafforzare la collaborazione in vista della stagione estiva,
quando il flusso degli arrivi aumenterà notevolmente.
Sul tavolo del confronto politico, i
nodi irrisolti sono molti, troppi. In
primo luogo la questione del piano
di ricollocamenti, messo in discussione da molti Paesi. Poi c’è la lentezza dei controlli, con gli hotspot (i
centri di registrazione e identifica-
zione) che stentano a partire soprattutto nei Paesi più esposti al flusso
degli arrivi, ovvero Italia e Grecia.
C’è poi, in terzo luogo, l’assenza di
una struttura unica europea in grado
di coordinare le procedure di rimpatrio. Con il susseguirsi di vertici inutili, si è venuto a creare uno spaventoso vuoto normativo. Un vuoto del
quale stanno approfittando soprattutto le organizzazioni di trafficanti
e le mafie locali. Per non parlare dei
populismi nazionali, delle spinte xenofobe e dei tanti euroscetticismi.
È alto un soldo di cacio. E non ha
un nome. Glielo hanno rubato. Di
lui non importa quasi a nessuno. E
a nessuno sembra neppure importare dove siano andati a finire lui e
gli altri 10.000 bambini migranti
che l’Europol dà per scomparsi in
Europa. Una cifra, resa nota un
mese fa, che rivela la mancanza di
controllo e di mezzi da parte delle
autorità europee per garantire i diritti dei minori che varcano le frontiere come immigrati, fuggendo
dalla povertà, o come rifugiati,
scappando della guerra.
È passato un mese e quei bambini sono ancora perduti. E dimenticati quasi da tutti. Questa è l’anestesia che favorisce la cultura
dell’indifferenza condannata da Papa Francesco. È successo anche in
Spagna, quella Spagna che guardava l’Italia, la Germania e la Svezia
deplorando quanto accadeva, con
la consapevolezza che il dramma
era lontano. Eppure, secondo i dati
della Croce Rossa spagnola ai quali il gruppo di ricerca della rivista
«Vida Nueva» ha avuto accesso,
nel 2015 si sono perse le tracce di
113 bambini migranti.
«Purtroppo questi numeri non
sono altro che la punta dell’ice-
Riguarderà la parte meridionale della tendopoli che ospita oltre tremila persone
Via libera allo sgombero di Calais
PARIGI, 26. Via libera del tribunale amministrativo di Lille all’ordinanza della prefettura che sancisce l’espulsione dei migranti e dei rifugiati nella parte sud della cosiddetta “giungla” di Calais,
un’enorme tendopoli che ospita circa tremila
persone.
Le operazioni, assicura la prefettura locale,
verranno effettuate «in modo umanitario e progressivo, e potrebbero durare settimane se non
addirittura un mese». Inoltre, il decreto di
espulsione «non si applicherà agli alloggi sociali
presenti nella zona meridionale della tendopoli». Il ministro dell’Interno francese, Bernard
Cazeneuve, ha sottolineato di non aver mai voluto «uno sgombero brutale». L’obiettivo è
«mettere al riparo e fornire una protezione agli
individui vulnerabili» ha assicurato il ministro,
aggiungendo: «Abbiamo l’intenzione di mettere
al riparo tutti coloro che sono nella zona sud di
Due migranti nel campo profughi di Calais (Reuters)
L’Fmi chiede al G20
riforme strutturali
PECHINO, 26. Le economie del G20
devono accelerare le riforme strutturali per la ripresa globale. È questo il messaggio di Christine Lagarde, direttore generale del Fondo
monetario internazionale (Fmi),
oggi a Shanghai per partecipare al
meeting dei ministri dell’Economia
e dei banchieri centrali dei Paesi
del G20.
Lagarde ha chiesto di «accelerare l’attuazione delle riforme strutturali nelle quali sono impegnati».
In un contesto segnato dalla fragile ripresa e dal rischio di calo
dell’economia globale, «abbiamo
bisogno di azioni urgenti non solo
per sostenere il potenziale economico ma anche per sostenere la fiducia nella ripresa e nella crescita
nel breve periodo».
Il direttore generale dell’Fmi ha
parlato anche della Cina, che ospita il meeting di quest’anno. «I leader cinesi — ha voluto sottolineare
Lagarde — riconoscono da tempo
l’importanza delle riforme strutturali per raggiungere una crescita si-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Per Cameron la Brexit
porterà prezzi più alti
cura, inclusiva e sostenibile» e la
Cina «ha bisogno di accelerare le
riforme strutturali per aumentare
la crescita potenziale, dare maggiore potere al mercato per giocare un
ruolo decisivo, accelerare la riforma delle imprese di Stato e approfondire le riforme del sistema di sicurezza sociale».
Le riforme strutturali non sono
però soltanto un problema della
Cina, ma di tutte le economie del
G20, e la loro urgenza è diventata
«sempre più pressante per il deludente stato della ripresa globale».
D’altra parte, anche l’O rganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) chiede
piani di riforme strutturali ai leader dell’economia globale per sostenere la crescita, rilanciare la produttività e creare nuovi posti di lavoro. Le raccomandazioni dell’istituto parigino sono contenute nel
rapporto «Going for Growth
2016» pubblicato proprio oggi in
occasione dell’inizio del G20 finanziario di Shanghai.
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Calais, a cominciare dai minorenni soli». Cazeneuve ha quindi annunciato la creazione di un
centro per 1.500 migranti a Calais ed è tornato a
dire che «non è mai stata questione di sgomberarli in modo brutale utilizzando i bulldozer e
lasciando che si disperdano in tutta la regione».
La Francia fa «tutto il possibile per accoglierli
degnamente». Al tempo stesso la lotta contro i
trafficanti di esseri umani e contro la criminalità
a essi legata dovrà essere implacabile, ha puntualizzato il ministro.
Pochi giorni fa era stato il quotidiano «La
Croix» a lanciare l’allarme sulla «situazione disastrosa» a Calais. In un reportage si metteva in
risalto la difficile situazione vissuta soprattutto
dalle donne, più esposte alle malattie dovute alle
cattive condizioni igieniche. E spesso sono proprio le donne a essere vittime di violenze in
mancanza di qualsiasi forma di protezione.
LONDRA, 26. A causa dei dazi e
della maggiore tassazione, in caso
di Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, i prezzi
dei beni e dei servizi aumenteranno a dismisura: lo ha detto oggi il
primo ministro britannico, David
Cameron, nel pieno della sua offensiva contro gli euroscettici in vista del referendum che si terrà il
prossimo 23 giugno.
Il premier ha citato apertamente
i prezzi «dei beni primari», «dei
voli e delle vacanze», in una spirale inflazionistica che potrebbe essere causata anche dal venir meno
di alcune spinte competitive, in
quanto molte aziende potrebbero
lasciare la Gran Bretagna o diminuire le loro attività sul territorio.
«Penso che ci si debba soffermare sul commercio — ha detto Cameron — e da quando abbiamo
aderito all’Ue i prezzi dei voli e
delle vacanze sono scesi. Questo è
qualcosa a nostro vantaggio». Poi,
l’affondo finale: «C’è un rischio
concreto, se usciamo. Avremmo
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
meno posti di lavoro, meno investimenti e prezzi più alti».
E, intanto, anche se l’immigrazione netta in Gran Bretagna è
scesa (di poco) dai livelli record, i
due schieramenti pro e contro la
Brexit si scontrano. Secondo i dati
dell’Ufficio nazionale di statistica,
sono entrate nel Paese 323.000 persone a settembre, rispetto al record
di 336.000 nel mese di giugno. Ma
questi numeri non soddisfano nessuno dei due “fronti” e hanno innescato nuove polemiche.
Il premier Cameron afferma che
i numeri «restano troppo alti», soprattutto rispetto al suo target di
portare l’immigrazione netta al di
sotto di 100.000 unità, ma è fiducioso che le restrizioni al welfare
ottenute con l’accordo fra Londra
e Bruxelles «avranno un impatto».
Non è d’accordo il leader
dell’Ukip, Nigel Farage, secondo
cui è «ridicolo» l’atteggiamento
del Governo e l’unico modo per
controllare gli ingressi è quello di
votare in favore della Brexit.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
berg» avvertono dalla Croce Rossa,
convinti che si tratti di minori rubati alle loro famiglie, caduti nelle
mani delle mafie e sfruttati. Se si
La copertina della rivista spagnola
«Vida Nueva» che dedica l’ultimo numero
ai minori migranti scomparsi
confrontano questi dati con quelli
forniti da altri enti che lottano contro la tratta delle persone, la cifra
potrebbe aumentare considerevolmente. Lo testimoniano sia la Fundación Amaranta sia il Proyecto
Esperanza, organizzazioni delle religiose adoratrici che cercano di
salvare le donne e i bambini vittime della tratta e della prostituzione. «È duro dirlo, ma i bambini
che scompaiono dai nostri centri
non vengono più ritrovati» denuncia Pilar Casas, direttrice di
Amaranta.
Quando, alcuni anni fa, fu scoperta una presunta rete di minori
“rubati” negli ospedali a madri single durante la dittatura franchista
per essere dati a famiglie strutturate, l’opinione pubblica si scandalizzò. Al punto da generare un’attenzione quotidiana che smosse i politici, con analisi del DNA e processi
giudiziari. L’attesa fu tale da portare alla realizzazione di programmi
televisivi, serie e addirittura film.
Questi 113 bambini rubati in territorio spagnolo, così come gli altri
10.000 persi in Europa, non susciteranno tanta attesa. Forse perché
sono nati nell’Africa subsahariana
o in Siria? Al di là degli striscioni
di benvenuto ai rifugiati, le autorità spagnole sono più preoccupate
di conquistare la Moncloa dopo le
elezioni che di affrontare questo
dramma. Prova ne sono la mancanza di una legge contro la tratta,
l’inesistenza di un regolamento che
sviluppi l’attuale legge sull’asilo o
l’assenza di un piano coordinato
per identificare il DNA dei minori e
consentire di seguirli.
Di fronte a tale inerzia, la Chiesa
spagnola si addentra laddove lo
Stato non vuole arrivare. E come
fanno a Lesbo quanti cercano di
salvare chi arriva sui barconi, così
tanti cristiani salvano questi minori. Persi. Sfruttati. E invisibili.
Colloquio tra Putin
e Lukashenko
MOSCA, 26. Il leader del Cremlino,
Vladimir Putin, si è recato ieri in
visita a Minsk dove ha incontrato
il presidente bielorusso, Aleksandr
Lukashenko, poco prima di una seduta
del
Consiglio
supremo
dell’Unione degli Stati di Russia e
Bielorussia. Intanto, i ministri degli
Esteri europei hanno deciso di non
rinnovare le sanzioni alla Bielorussia e a Lukashenko, che a ottobre
scorso erano già state temporaneamente sospese per quattro mesi.
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sabato 27 febbraio 2016
pagina 3
L’inviato dell’Onu ribadisce il sostegno al Governo del premier Al Sarraj
Ucciso il capo dell’Is
nella città libica di Sabrata
TRIPOLI, 26. Resta caotica la situazione in Libia, con violenti scontri a
Bengasi e a Sabrata, in attesa che
lunedì il Parlamento di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, voti la fiducia al premier
incaricato, Fayez Al Sarraj, e al suo
Governo composto da tredici ministri.
Bouabdullah Haftar, capo del cosiddetto Stato islamico (Is) a Sabrata, è stato ucciso insieme ad altri
due terroristi islamisti, Hamuda
Aziz e Ahmed Sasi. Lo ha reso noto
ieri sera il sito Al Wasat, secondo
cui altri due terroristi, Abul Qasem
Al Aghani e Ahmed Al Sharif, sono
stati catturati dalle milizie locali legate alla coalizione dei gruppi armati dell’area di Tripoli e Misurata.
Le milizie hanno circondato giovedì sera un gruppo di jihadisti nella zona di Al Zuagha, che si trova
tra Sabrata e Ajilat. Le persone uccise e catturate sono tra i miliziani
che mercoledì scorso hanno preso il
controllo per alcune ore del centro
di Sabrata. I terroristi erano arrivati
a occupare il centro della cittadina.
E, intanto, le forze del generale
Khalifa Haftar hanno annunciato la
presa del centro di Bengasi e in
particolare di alcuni importanti palazzi delle istituzioni locali. In sostegno all’azione dell’esercito sono
giunti anche i caccia libici che hanno bombardato le postazioni dei
jihadisti, consentendo l’avanzata dei
militari. Da undici giorni è in corso
un’offensiva dell’esercito per la riconquista di Bengasi che ha portato
alla presa da parte dei militari di diversi quartieri della città e alla ritirata degli uomini dell’Is e di Ansar
Al Sharia. Si contano decine di
morti e oltre 150 feriti nella battaglia.
Rivendicato dai fondamentalisti
Attacco a colpi di mortaio
a Mogadiscio
MO GADISCIO, 26. È di quattro morti
e otto feriti il bilancio dell’attacco
sferrato ieri sera con colpi di mortaio dai miliziani di Al Shabaab vicino al palazzo presidenziale somalo a
Mogadiscio. Tra le vittime dell’ennesima azione armata dei fondamentalisti anche due donne e un bambino.
Lo rende noto la polizia locale, spiegando che i miliziani legati al gruppo terroristico di Al Qaeda avevano
mirato al palazzo presidenziale, ma i
colpi di mortaio sono caduti nelle
vicinanze, a trecento metri dal Parlamento.
Un responsabile della polizia somala ha detto che «diversi colpi di
mortaio hanno colpito delle case
abitate situate non lontano dal palazzo presidenziale». I fondamentalisti di Al Shabaab hanno rivendicato
l’attacco.
E, intanto, l’esercito del Kenya ha
negato ieri sera l’uccisione di 180
suoi soldati da parte di Al Shabaab
nell’attacco a una base militare di El
Ade, nel sud della Somalia, lo scorso
15 gennaio, come affermato in precedenza dal presidente somalo, Hassan
Sheikh Mohamoud. Il portavoce
delle forze di difesa del Kenya, il colonnello David Obonyo, ha detto di
«voler smentire le informazioni date
dal presidente della Somalia Hassan
Sheikh Mohamoud che tra i 180 e i
200 dei nostri soldati sono stati uccisi nell’attacco. Non voglio commentare oltre, non conosco la fonte di
questa notizia», ha detto Obonyo alla stampa.
«Dal momento che i commenti
sono stati fatti da un presidente in
carica, la questione diventa diplomatica. Organismi di Governo se ne
occuperanno», ha aggiunto Obonyo.
Nairobi non ha mai fornito i numeri
delle vittime subite, mentre gli Al
Shabaab, rivendicando l’azione, avevano riferito di aver ucciso un centinaio di soldati kenyoti. Se fossero
confermati i dati forniti dal presidente somalo, quello alla base di El
Ade sarebbe il più sanguinoso attacco sferrato dagli Al Shabaab in un
decennio.
Il Kenya ha solo detto che le
bombe usate erano tre volte più potenti di quelle utilizzate da Al Qaeda nell’attentato del 1998 contro
l’ambasciata degli Stati Uniti a Nairobi, dove morirono 224 persone. Il
Kenya ha inviato circa 4.000 militari
in Somalia nell’ambito della missione dell’Unione africana per combattere gli insorti.
L’inviato speciale dell’Onu per la
Libia, Martin Kobler, ha affermato
che «la lista dei ministri proposta
dal premier Fayez Al Sarraj non è
esemplare ma è la migliore possibile». Il diplomatico tedesco ha spiegato che «i politici della Cirenaica
devono accettare questo stato di fatto che non possono ignorare. Non
sarete uno Stato da un giorno all’altro perché Muammar Gheddafi ha
costruito uno Stato fantasma». Ma
Kobler ha ricordato che «non possiamo aspettare molto, tutte le parti
devono ritornare a unire il Paese».
Infine, l’Italia è pronta a un’azione di supporto in Libia, nel momento in cui le autorità libiche dovessero avanzare la richiesta. Lo
scenario è stato discusso ieri dal
Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal capo dello Stato, Sergio
Mattarella.
Ultima tappa del viaggio africano di Ban Ki-moon
Nel Sud Sudan
la pace al di sopra della politica
JUBA, 26. Il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, è arrivato a Juba, capitale del Sud Sudan, per
affrontare con il presidente, Salva Kiir, il tema della
guerra civile che sta lacerando il Paese dal 2013 e le
questioni in sospeso che permetterebbero di implementare l’accordo di pace raggiunto tra il Governo e i
ribelli, firmato lo scorso agosto.
Il segretario generale — che al suo arrivo è stato accolto dal ministro degli Esteri Barnaba Marial Benjamin — ha ribadito che il Governo del Sud Sudan deve
assumersi maggiori responsabilità e proteggere la popolazione, che ha subito violenze, esodi e fame. Inol-
Islamabad invita tutti i talebani a partecipare ai colloqui con Kabul
Dialogo per il futuro dell’Afghanistan
ISLAMABAD, 26. Il ministero degli
Esteri del Pakistan ha reso noto che
«tutti i gruppi talebani» sono stati
invitati a partecipare ai colloqui di
pace con il Governo afghano che
dovrebbero svolgersi nelle prossime
settimane. Il portavoce del ministero
degli Esteri pakistano, Nafees Zakaria, ha assicurato ai giornalisti che
esiste un accordo sul fatto che i colloqui fra i rappresentanti del Governo di Kabul e i talebani afghani avverranno «senza precondizioni».
Questa dichiarazione contrasta
con una presa di posizione di un responsabile dell’ufficio politico dei
talebani afghani in Qatar secondo
cui gli insorti parteciperanno al dia-
logo solo «a certe condizioni». Zakaria ha infine detto che «il Gruppo
di coordinamento quadripartito (Afghanistan, Pakistan, Stati Uniti e
Cina) ha una responsabilità congiunta per far avanzare il processo
di riconciliazione e rendere possibile
un dialogo diretto fra il Governo afghano e vari gruppi talebani».
Diplomazia del cricket
tra India e Pakistan
ISLAMABAD, 26. Il Governo pakistano ha autorizzato ieri la nazionale
di cricket a partecipare a un torneo
mondiale che si terrà in India. Lo
riporta il quotidiano «The Express
Tribune». La decisione è stata annunciata dal presidente della Federazione nazionale, Shaharyar Khan,
ed era attesa da milioni di tifosi di
entrambi i Paesi dove il cricket è lo
sport più popolare.
Il responsabile ha aggiunto che
si aspetta anche che i supporter pakistani possano ottenere i visti per
andare a vedere i match in India.
La coppa del mondo World T20,
organizzata dall’International Cric-
ket Council (Icc) e che si tiene
ogni due anni, si giocherà dall’8
marzo al 3 aprile.
La decisione del Governo ha un
chiaro significato politico, sottolineano gli esperti internazionali. Lo
scorso anno c’era stato un disgelo
delle relazioni tra i due Paesi asiatici storicamente rivali. Tale disgelo
era stato reso possibile grazie a una
serie di incontri distensivi tra il premier pakistano, Nawaz Sharif, e il
premier indiano, Narendra Modi.
Tra le misure di riappacificazione
c’era anche la cosiddetta “diplomazia del cricket”, più volte sperimentata in passato.
Tuttavia, negli ultimi tempi le
tensioni sono tornate a crescere.
L’attacco terroristico avvenuto nel
gennaio scorso contro una base aerea nello Stato indiano del Punjab
ha di nuovo fatto salire il livello
dello scontro tra le due Nazioni
causando lo slittamento del round
di negoziati di pace. In effetti — dicono gli analisti — la questione della lotta al terrorismo globale rappresenta uno dei punti cruciali nel
contenzioso: più volte infatti negli
ultimi tempi l’India ha accusato il
Pakistan di non svolgere adeguatamente controlli e attività di prevenzione contro i jihadisti.
Battaglia nel centro della città libica di Bengasi (Ap)
Intanto, l’ex governatore della
provincia occidentale afghana di
Herat, Sayed Fazlullah Wahidi, sequestrato due settimane fa a Islamabad, è stato rilasciato e consegnato
dalla polizia pakistana alle autorità
diplomatiche di Kabul. Lo riferisce
Tolo Tv. In dichiarazioni all’emittente Wahidi ha ricordato di essere stato rapito vicino a un supermercato
della capitale pakistana e di essere
stato trasferito bendato in un’auto a
Mardan, città della provincia di
Khyber Pakhtunkhwa.
E, infine, il sogno del bimbo afghano fan di Lionel Messi, che non
potendosi permettere la maglia del
suo idolo ne indossava una ricavata
da una busta di plastica, è diventato
realtà e ora indossa la maglietta originale del campione argentino, con
tanto di firma e dedica. Una storia a
lieto fine quella di Murtaza Ahmadi,
cinque anni, che vive in una zona
rurale della provincia di Ghazni.
Del piccolo fan del calciatore si cominciò a parlare un mese fa per una
foto che lo ritraeva di spalle con indosso un sacchetto di plastica riadattato a maglia di calcio con scritto
a pennarello il nome Messi e il numero 10 del giocatore: il massimo
che il papà profugo era riuscito a fare per regalare un po’ di felicità al
figlio.
tre ha chiesto ai leader di questo giovane Stato africano di mettere la pace al di sopra della politica e di
creare un Governo di transizione di unità nazionale.
Tema scottante di questo incontro è il recente attacco
a un campo profughi a Malakal, capitale dello Stato
dell’Alto Nilo, che ospita 45 mila persone, con un bilancio di diciotto vittime. Secondo documenti interni
dell’Onu e fonti umanitarie, nell’attacco sarebbero implicati i soldati dell’esercito governativo.
Juba è stata l’ultima tappa del viaggio in Africa di
Ban Ki-moon. Precedentemente aveva visitato il Burundi e la Repubblica democratica del Congo.
Confronto tra i repubblicani
ancora in lizza per la nomination
WASHINGTON, 26. Marco Rubio e
Ted Cruz, entrambi in corsa per la
nomination repubblicana alle presidenziali statunitensi, si sono schierati contro il loro rivale Donald
Trump durante l’ultimo dibattito
prima del Super Tuesday, la mega
tornata delle primarie di martedì
prossimo.
Il senatore della Florida e quello
del Texas hanno accusato Trump di
avere assunto immigrati irregolari,
di non avere ancora pubblicato la
sua dichiarazione dei redditi e di
avere cambiato opinione su diversi
temi. Senza però riuscire a scalfirlo.
Il magnate americano al momento guida i sondaggi nazionali ed è
in testa in molti degli Stati dove si
voterà la prossima settimana e dove
potrebbe conquistare anzitempo la
nomination repubblicana.
Durante il dibattito a Houston,
in Texas, Rubio ha ricordato che
«abbiamo una decisione incredibile
da prendere, non solo sulla direzione dell’America, ma sull’identità del
nostro partito e del movimento
conservatore». Dobbiamo «vincere
queste elezioni e non possiamo farlo con un candidato che è d’accordo con Hillary Clinton e non può
batterla al dibattito e alle urne», ha
affermato da parte sua Cruz, accusando Trump di avere ancora una
volta cambiato posizione anche sulla riforma del sistema sanitario del
presidente Obama.
In prima fila, a seguire l’ultimo
confronto televisivo prima del super
martedì, c’erano Bush padre e l’ex
first lady Barbara, che in Texas
hanno la loro casa.
Apple blinda
l’iPhone
e sfida l’Fbi
Anche i droni
nella lotta a Zika
in Brasile
WASHINGTON, 26. La Apple blinda i propri telefoni cellulari e alza
il tiro nella battaglia sulla privacy
contro l’amministrazione Obama.
Da una parte c’è infatti stato il
fermo rifiuto di sbloccare l’iPhone
di uno degli autori della strage di
San Bernardino — «non ci possono forzare, viola i diritti costituzionali» — e dall’altra il mandato
ai suoi ingegneri di sviluppare
nuove misure di sicurezza che renderanno impossibile accedere a un
iPhone bloccato usando metodi
simili a quelli al centro della battaglia legale che si sta combattendo davanti alla magistratura californiana. E, intanto, Google e Facebook si schierano con Apple
nella battaglia contro l’Fbi. I due
colossi presenteranno in tribunale
mozioni a sostegno di Apple.
SAN PAOLO, 26. La città di San
Paolo ha annunciato che faciliterà
l’uso di droni per combattere la
zanzara Aedes Aegypti vettore di
malattie come Zika, dengue e chikunguny. In particolare i tecnici
del ministero della Salute hanno
perlustrato la zona orientale della
capitale, dove si sono registrati il
maggior numero di casi, di cui
uno mortale. L’obiettivo della misura è creare una mappatura dei
possibili focolai larvali delle zanzare, soprattutto in aree di difficile
accesso o in zone residenziali.
Nel frattempo si è registrato il
primo caso di Zika in Giappone e
i primi due contagi nella Repubblica Ceca, in un uomo che è stato in Martinica e in una donna
non incinta di ritorno dalla Repubblica Dominicana.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
sabato 27 febbraio 2016
Cent’anni dalla morte dello scrittore statunitense Henry James
La critica è concorde nel definirlo
l’iniziatore del romanzo psicologico
Brusca fu la rottura con la tradizione
tutta presa nel descrivere gli esterni
Frasi
senza fretta
finatezza estetica, appartenente a
uno scrittore amante dell’arte, conoscitore di numerose lingue, avido
lettore, nonché autore di una produzione smisurata che lo consacra ancora oggi, a cento anni dalla morte
(avvenuta a Londra il 28 febbraio
1916), figura chiave nella storia del
romanzo moderno.
Non deve trarre in inganno il tono barocco o edoardiano a cui ap- scelta finale che prelude alla sconfitpartengono pagine formate da frasi ta. Come avviene in Ritratto di siperfette, articolate, lunghissime. gnora, uno dei suoi libri più noti,
Frasi “senza fretta” e senza fine, en- dove la protagonista, Isabel Archer,
dless sentence come le ha definite giovane e bella americana, sposa un
Pound nel settimo dei suoi Cantos, uomo che poi si rende conto di non
forse dovute anche al fatto che, ne- amare, un uomo egoista solamente
gli ultimi anni della sua vita, Henry interessato ai suoi soldi. Ma Isabel,
James dettasse i suoi lavori a una nonostante la possibilità di separarsi
stenografa. Quella dello scrittore e crearsi una nuova vita sentimentastatunitense è una prosa caratteriz- le, sceglie di far prevalere il senso
di GABRIELE NICOLÒ
zata da lunghe digressioni, ricche del dovere e tornare dal marito. In
di aggettivi e subordinate, che sem- Ritratto di signora il provincialismo e
iù si cerca di conoscebra semplicemente registrare sulla l’ingenuità di Isabel rimangono inre Henry James meno
pagina un parlato fitto di impreslo si comprende, più
sioni, congetture, speculazioni,
si leggono recensioni
ma che in realtà si rivela capace
La prosa caratterizzata
critiche delle sue opedi inabissamenti nelle profonre, più il percorso narrativo da
dità dell’io, svelandone i
da digressioni ricche di subordinate
lui tracciato risulta oscuro e inconflitti più intimi e le
è capace di inabissarsi
tricato. È proprio sulla cifra elutensioni più radicali.
siva che pervade i romanzi e i
Il giro di vite è uno
nelle profondità dell’io
racconti dello scrittore statunitra i primi capolavori di
svelandone conflitti e tensioni
James: una novella gotense che si fonda il valore di
tica che evidenzia — coun’impresa letteraria che, a dime L’inquilino fantasma,
stanza di cent’anni dalla sua
L’altare dei morti, Gli trappolati in quella ricca e decadenmorte, continua a interrogare e
amici degli amici e molte te società fiorentina e romana, dove
ad affascinare.
altre storie — la sua la giovane viene ingannata sui reali
In un articolo del 1952, «The
passione per il sopran- sentimenti dell’uomo che di lì a poNew York Times» discettava del
naturale, inteso come
«paradosso» di James, che si
co sposerà, confinandosi in un deestensione del mondo
spiega attraverso la semplicità
stino di solitudine e dissoluzione
reale: quei fantasmi
derivante da un periodare fioriche, a detta di Virginia psichica.
to, imperlato di eufemismi e di
Con
questo
romanzo
si
delinea
Woolf, «hanno le loro
ammiccamenti al lettore, e, nello
origini dentro di noi» e una tematica ricorrente in Henry Jastesso tempo, attraverso la comindicano come Henry mes, costituita dalla perenne dialetplessità di dinamiche psicologitica
sociale
e
culturale
tra
gli
Stati
James, da «raffinato,
John Sherffius, «Caricatura di Henry James»
mondano sentimentale Uniti e l’Europa, continente di cui
(XIX secolo)
vecchio signore, riesca continuerà a essere affascinato, fino
ancora a farci avere a decidere di prendere, nel 1915, la
La sua eroina per eccellenza
cittadinanza inglese.
paura del buio».
è Isabel Archer
Il rapporto Europa-America, asquestioni ultime» o che Flannery
La storia è quella di una giovane
sume
la
forma
del
conflitto
anche
in
O’Connor definiva «il mistero della istitutrice che deve prendersi cura di
In cerca dell’indipendenza
due piccoli orfani in una vasta e lu- Daisy Miller, L’americano e I bostonostra posizione sulla terra».
la perderà ma si riscatterà
Nato a New York il 15 aprile 1843, gubre villa di campagna, in cui si niani, incardinati sulla contrapposizione
tra
un
vecchio
continente
artida una ricca famiglia di industriali manifestano sinistri fenomeni soOnorando il senso del dovere
di origine irlandese, Henry James ri- prannaturali. Ispirato alla figura di sticamente raffinato quanto estenuacevette un’educazione libera e Bertha, la donna malata di mente to dalla corruzione e dal prestigio
sociale,
e
un’America
intraprendenall’avanguardia da suo padre, Henry rinchiusa in soffitta, protagonista lache che pur si sciolgono, nello
terale di Jane Eyre (su te, cinica e spregiudicata.
svolgersi della trama, con facile
Il contrasto, la contraddizione, il
cui si verseranno fiumi
e immediata naturalezza.
di inchiostro), il perso- prosaico fanno più che mai da conUna tematica ricorrente
Ed è concorde la critica nel
naggio della governante trappunto alle raffinatezze del bello
riconoscere in James, insieme alè scandagliato nelle sue in Ore italiane, una sorta taccuino di
è costituita dalla dialettica
la scrittrice londinese Virginia
profondità psicologiche, viaggio che testimonia la presenza
sociale e culturale
Woolf, l’iniziatore del romanzo
al punto che le tortuosi- altalenante per circa quarant’anni in
psicologico, che rompe bruscatra gli Stati Uniti e l’Europa
tà di voleri e responsa- Italia di un James, che nelle righe
mente con la tradizione narratibilità finiscono per con- finali esprime apertamente il suo
va precedente in prevalenza inamore per questo Paese nell’intradufondersi.
trisa di descrizioni, non di rado
James era interessato cibile frase the luxury of loving Italy.
stucchevoli, dell’ambiente estersenior, vivace intellettuale, influen- ad articolare, a volte fino al parossi- Pagine in cui alla descrizione dei
no. Le sue opere infatti scelgono
zato dalle teorie di Swedenborg, fi- smo, il conflitto morale e le scelte luoghi narrati si mescolano le diretcome terreno d’elezione l’animo
losofo e mistico svedese del Sette- dell’individuo, scaturite dal fronteg- te impressioni di un autore altridei protagonisti, soggiogati dal
cento. Gli studi dei due fratelli, giare una realtà impari e una società menti ricordato come quel grande
William e Henry, furono irregolari a sopraffattrice. La partita giocata ha costruttore di storie “altrui” che, pritumultuoso andirivieni di affetti
causa dei continui spostamenti di come posta in palio la ricerca di sé, ma di morire, decise di eliminare
e sensazioni. Ma la grandezza di
scuole e città tra Stati Uniti e Euro- anche a costo di chiudersi con una ogni traccia della sua vita privata.
questa strategia narrativa non
pa (Ginevra, Londra, Parigi e Bonn)
che caratterizzeranno poi la vita
adulta di Henry e diverranno, per lo
scontro tra culture innescato, il tema
chiave di gran parte dei suoi romanzi. A circa vent’anni, dopo aver abbandonato la facoltà di legge a Harvard, Henry James iniziò la sua carriera letteraria con la pubblicazione
di diverse recensioni critiche e dei
primi racconti: nel corso della sua
lunga vita, scriverà ventidue romanLe magnifiche cento: la rivista settimanale
degli Stati Uniti, del Regno Unito, del Canada e
zi e centododici racconti, oltre ad
statunitense «Time» ha stilato in questi giorni
dell’Australia. E accanto alle scrittrici selezionate
alcune opere teatrali (di scarso sucuna classifica delle scrittrici più lette negli ultimi
sono state collocate le principali opere da loro
cesso) e a un gran numero di saggi
anni. E le celebri firme, soprattutto del passato,
vergate. In questo solenne scenario è riuscita a
e articoli, attestandosi come uno deci stanno tutte: da Jane Austen a Virginia Woolf,
fare breccia una curiosità: nella prima bozza della
gli autori più prolifici della storia
da Mary Shelley a George Eliot, da Kate Chopin
classifica compariva il nome di Evelyn Waugh:
della letteratura. La sua narrativa fu
a Susan Sontag. Il filo conduttore che lega le
cioè un uomo (lo scrittore britannico noto per i
profondamente influenzata da Nadiverse opere è dato dalla capacità di ogni
suoi romanzi ad alto tasso di satira). La svista è
thaniel Hawthorne, Charles Dicscrittrice di commuovere il lettore con storie
stata subito corretta, e Waugh sostituito con
kens, Honoré de Balzac e Ivan Turedificanti che fanno appello ai sentimenti più
Marguerite Duras. Ma qualcuno se ne è accorto,
genev.
nobili e più alti: l’amore, la compassione, la
e ha fatto circolare su internet la classifica
L’acuta osservazione e lo studio
generosità, lo spirito di sacrificio. Al riguardo si
“viziata”. L’avesse saputo, Waugh non ci sarebbe
dei moti dell’animo umano, che cosottolinea come in queste opere di genio sia
rimasto male: mentre, infatti, i suoi personaggi si
stituiscono il nucleo centrale delle
assente ogni cedimento al versante svenevole o
caratterizzano anche per la misantropia, lo
sue opere, fanno riferimento a un
sdolcinato della letteratura. Il «Time» spiega che
scrittore aveva sempre nutrito un’alta stima per le
l’inchiesta ha sondato i gusti di lettori e lettrici
forte senso morale celato in una rafdonne: soprattutto se scrittrici.
di ELENA BUIA RUTT
illiam James, famoso psicologo e affermato
filosofo,
non mancava di
sottolineare
nelle
sue lettere al fratello Henry un certo
disappunto per la dedizione assoluta di quest’ultimo a un fare artistico
che ne totalizzava una vita priva di
affetti o eventi rilevanti, all’infuori
di un continuo girovagare in Europa. Eppure, lungi dal costituire un
intrattenimento svagato e superfluo,
la letteratura per Henry James rappresentava un mezzo per dare voce
a quelle che Aristotele chiamava «le
W
Paradosso
e avanguardia
P
Da Jane Austen a Virginia Woolf
Chi è la più letta del reame?
consiste tanto nella radicalità di
un cambio di prospettiva: si sublima piuttosto nella capacità di
dare icastico rilievo all’atmosfera
di paesaggi naturali e di interni
di abitazioni proprio a partire
dalla scavo introspettivo, spesso
impietoso, dei personaggi. I due
piani, insomma, incisivamente
s’intrecciano in una sorta di
osmosi che finisce per dare a
ogni sua opera un respiro epico.
James raggiunge livelli eccelsi
nel creare il romanzo cosmopolita inglese e nel trasformarlo in
un certosino studio delle persone, delle consuetudine e della
ma prima a Londra e poi a Roma quell’indipendenza si trasformerà, proprio in virtù di
scelte errate, in un nodo che finirà per soffocare i suoi sentimenti più nobili e per non farle
comprendere quelli altrui, altrettanto puri: sposerà Gilbert
Osmond, arido ed egoista. Ma
troverà una sorta di riscatto
nell’abbracciare, pur con travaglio, il senso del dovere: porterà
fino in fondo il peso di una
scelta che mai avrebbe dovuto
fare.
James, raccontano documenti
e testimonianze dell’epoca, era
Nicole Kidman nella parte di Isabel Archer nel film «Ritratto di signora» (1996)
morale del continente americano
e di quello europeo, descrivendone con pari efficacia gli aspetti tragico e comico. Nella sua
opera gli americani sono spesso
dipinti come i fieri e venerandi
depositari dell’innocenza dell’Eden e, inconsapevoli del male, si scoprono poi quanto mai
vulnerabili nell’atto di avventurarsi fuori del loro paradiso.
È quanto accade a Daisy Miller gravemente ferita, prima nello spirito e poi nella carne, dalla
sua esperienza europea. Nella
prima versione, apparsa nel 1878
su «The Cornhill Magazine», il
titolo completo della novella è
Daisy Miller. A Study, cioè uno
studio degli usi e dei costumi
degli americani e dei loro compatrioti che hanno scelto di vivere all’estero. È questa una
scelta coraggiosa e rischiosa: per
farla occorre esserne all’altezza.
Non avrà successo allora la
migliore creatura uscita dalla
penna di James: quella Isabel
Archer indimenticabile protagonista del romanzo, fiore all’occhiello della sua narrativa, Ritratto di signora, del 1881. Giovane e bella fanciulla, decide di
compiere un viaggio in Europa
nel segno dell’indipendenza da
ogni laccio e da ogni pastoia:
riluttante nel riconoscersi debitore — in termini di struttura
narrativa e di prosa — verso altri
colleghi. Ma non c’è dubbio che
in certe pennellate dirette a descrivere i sommovimenti dell’animo umano è dato di riscontrare l’influenza di Jean Austen
e di George Eliot, di Balzac e di
Flaubert. Ma il suo orgoglio ha
una ragion d’essere: nessuno
prima di lui, infatti, aveva scavato così a fondo nell’animo umano. Gli scrittori inglesi e francesi, per quanto attenti e sensibili
alla vita interiore dei loro personaggi, mantenevano pur sempre
una diligente devozione per
l’ambiente esterno, preoccupandosi di renderlo, a beneficio del
lettore, dettagliato e plausibile.
L’obbligo di rispettare la verosimiglianza del mondo descritto
affonda le radici, nell’intrigante
narrativa di James, in un’altra
intuizione e in un’altra ispirazione: è il cuore di ogni persona,
buona o malvagia che sia, a dettare i ritmi dell’esistenza. E la
grandezza di ogni scrittore si
misura sulla capacità di trasfondere nella pagina, nel segno di
un’arte raffinata, il sempre fluttuante diagramma dell’animo
umano.
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 27 febbraio 2016
pagina 5
Giacomo Borlone, «Cristo tentato da Satana»
(1470, Chiesa di San Bernardino, Clusone)
di MICHAEL DAVIDE SEMERARO
el tempo della secolarità, nella cultura del
postmoderno, che fa
da sfondo al crepuscolo dei lunghi secoli vissuti in regime di cristianità, la Quaresima assume un’importanza ancora
più grande perché diventa il tempo
e il modo in cui i discepoli di Cristo
— liberi e convinti — si rimettono in
cammino per convertire il loro cuore
alla logica e allo stile del Vangelo.
Papa Francesco, nella bolla di indizione del Giubileo straordinario
della misericordia, si sofferma in
modo del tutto particolare su questo
tempo che gli antichi definivano la
decima di tutto l’anno. Il vescovo di
Roma sembra augurarsi possa essere,
in verità, il momento più prezioso
dell’anno giubilare ed esorta così:
«La Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta più intensamente
come momento forte per celebrare e
sperimentare la misericordia di Dio»
(Misericordiae vultus, 17). In realtà, il
Giubileo della misericordia è una
porta sul futuro della Chiesa nel suo
mistero di amore ricevuto che si fa
ministero di compassione elargito in
modo sovrabbondante a tutta l’uma-
N
Il libro
È appena uscito per le
Edizioni San Paolo il
volume La Quaresima.
Un’occasione da non perdere
(Cinisello Balsamo, 2016,
pagine 91, euro 10) che
propone delle riflessioni su
vari aspetti del cammino di
preparazione alla Pasqua.
Pubblichiamo il capitolo
iniziale.
nità. A cinquant’anni dalla chiusura
del concilio Vaticano II, Papa Francesco conferma l’intuizione di Papa
Giovanni XXIII, che sul letto di morte ebbe a dire:
«Ora più che mai, certo più che
nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e
La quaresima tempo di recupero e di crescita
Pozzi di grazia
dovunque i diritti della persona
umana e non solamente quelli della
Chiesa cattolica. [...] Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che incominciamo a comprenderlo meglio.
[...] È giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne
l’opportunità e di guardare lontano».
Il futuro della Chiesa o è la misericordia tra i credenti e verso tutti,
oppure non sarà, perché gli uomini
e le donne, altrimenti, andranno ad
attingere l’acqua della consolazione
ad altri pozzi e ad altre sorgenti pur
di non morire di sete per mancanza
di speranza e di promessa di vita.
Nell’esortazione apostolica Evangelii
Gaudium, Papa Francesco ha indicato le «vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni» (n.1) e ha confermato questa consegna alla Chiesa,
che è in Italia, in occasione del recente Convegno Ecclesiale nazionale
di Firenze dopo averlo ribadito nella
bolla di indizione del Giubileo:
«Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per
andare incontro ad ogni persona
portando la bontà e la tenerezza di
Dio!» (n. 5).
La Quaresima diventa così un
tempo non solo propizio, ma pure
emblematico di quel cammino che i
discepoli di Cristo sono chiamati a
compiere ogni anno e in modo sempre più profondo e consapevole. Se
gli antichi cristiani dicevano giustamente di non poter rinunciare alla
celebrazione della domenica (sine dominico non possumus), potremmo dire
che la nostra generazione di discepoli non può in nessun modo rinunciare alla Quaresima come tempo di
purificazione, di conversione, di incremento di intelligenza del Vangelo
che siamo chiamati a imparare e
quasi a patire. Questo proprio in vista di una profonda trasformazione
della vita di ogni battezzato chiamato a purificarsi e a entrare così in relazione più profonda e più autentica
con Dio, per essere sempre più capae di crescita in una testimonianza se- ce di relazioni fraterne di qualità che
rena, disarmata, cordiale e affidabile.
siano un segno di speranza per tutti.
Il tempo di Quaresima, sin
La Quaresima è il tempo che, dapdall’antichità, è vissuto come particolarmente propizio e adatto alla prima offerto in particolare ai catecrescita nella vita di fede. La stessa cumeni e ai penitenti, diventa, ben
istituzione della «sacra quarantena» presto, l’occasione che si rinnova
nasce dalla necessità di avere un ogni anno per tutti i credenti di
tempo particolare dell’anno in cui riandare alle fonti della propria vita
preparare i catecumeni al Battesimo, di fede e di togliere, mediante l’asceda ricevere nella Veglia pasquale, e si e la preghiera, la terra che rischia
alla riconciliazione dei penitenti, ce- di otturare i pozzi della grazia (cfr.
lebrata la mattina del Giovedì santo. Genesi 26, 15). Per dissotterrare queLa Quaresima è, quindi, un tempo sta presenza di Dio nella nostra vita
di preparazione e di purificazione. Il e far riemergere la nostra coscienza
richiamo poi all’esempio dello stesso battesimale, la Quaresima è veramente un’occasione
da non perdere e un
tempo di penitenza
Il mistero di Cristo
cui non possiamo rinunciare se vogliamo
e quello dell’uomo
tenere viva l’armonia
Sono due i punti di riferimento centrali
che abbiamo ricevuto
in dono mediante il
nel cammino da compiere ogni anno
Battesimo. Pensiamo
in modo sempre più profondo
a quanto Origene dice dei Patriarchi quali archetipi e modelli
Signore Gesù, che passa «quaranta di fede: «Troviamo sempre le solite
giorni e quaranta notti» (Matteo 4, fatiche dei patriarchi per i pozzi.
2) nel deserto prima di cominciare il [...] Ci sono dunque i pozzi, scavati
suo ministero pubblico, fa di questo dai servi di Abramo, che i Filistei
tempo un periodo privilegiato di im- avevano riempito di terra. Isacco si
pegno nell’imitare l’esempio del Sal- accinge in primo luogo a pulire quevatore per ravvivare la grazia del sti. I Filistei odiano le acque, amano
Battesimo che ci ha innestati nella la terra; Isacco ama le acque, cerca
sua stessa vita.
sempre i pozzi, pulisce i vecchi, ne
Vi sono due punti di riferimento apre di nuovi. [...] Chi sono costoro,
fondamentali in questo tempo parti- che riempiono i pozzi di terra? Sencolarmente sacro: il mistero di Cristo za dubbio coloro che ripongono nele il mistero dell’uomo. Tutto lo sfor- la legge un senso terreno e carnale, e
zo e l’impegno sta proprio nel ren- precludono quello spirituale e mistidere possibile una sorta di compene- co, in modo da non bere e da non
trazione tra il mistero di Cristo, che permettere agli altri di bere. [...] Se
ci è rivelato, e il mistero di umanità dunque anche voi che oggi ascoltate
queste cose, le accogliete con fede,
anche in voi opera Isacco, purifica i
vostri cuori da sentimenti terreni, e,
vedendo che nelle divine Scritture
sono nascosti questi così grandi misteri, progredite nell’intelligenza,
progredite nei sensi spirituali. Anche
voi comincerete ad essere maestri, e
da voi procederanno fiumi d’acqua
viva (Giovanni 7, 38). Poiché è presente il Verbo di Dio, e questa è ora
la sua operazione: rimuovere la terra
dall’anima di ognuno di voi, e aprire
la tua fonte. Infatti è in te, e non
viene dal di fuori, così come è in te
il regno di Dio (Luca 15, 8)» (Omelie
sui numeri 12).
La Quaresima è il tempo in cui ci
dedichiamo in modo appassionato al
recupero delle sorgenti interiori. Così annotava nel suo Diario una ragazza come Etty Hillesum che, pur
non avendo nessuna esperienza di
Quaresima — essendo ebrea non praticante —, imparò da quello che dovette patire (cfr. Ebrei 5, 8) durante
la persecuzione nazista: «Dentro di
me c’è una sorgente molto profonda.
E in quella sorgente c’è Dio. A volte
riesco a raggiungerla, più sovente essa è coperta da pietre e sabbia: allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo» (Diario 19411942, a cura di J. G. Gaarlandt,
Adelphi, Milano, 2012, p. 153). Potremmo dire che rispetto alle pratiche penitenziali dell’antichità, talora
assai appariscenti, oggi la grande sfida della Quaresima è
questo lavoro di liberazione e valorizzazione di
quella presenza di Dio —
discreta e nascosta — che
abita il nostro cuore e già
dimora nella vita e nella
storia di tutti... ma che
talora rimane come soffocata da troppe preoccupazioni e da innumerevoli
distrazioni. La rinuncia
dunque diventa per noi
un lavoro di consapevolezza e di ritorno all’essenziale in tutti gli ambiti
della nostra vita. Così ci
fa pregare e sperare la
Colletta del Mercoledì
delle Ceneri, evidenziando i cardini del cammino
quaresimale: «O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare
con questo digiuno un
cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi
della penitenza il combattimento contro lo spirito
del male».
Marc Chagall, «Risurrezione» (1937-1948)
Marianna d’Asburgo-Lorena e le radici del femminismo
Una storia rimossa
di CRISTIANA D OBNER
a vita, eccezionale, di un
membro della casa d’Asburgo
regnante
nell’impero
austroungarico è stata relegata
nell’ombra per secoli perché
donna e perché coinvolta nella fondazione di ordini religiosi. Si tratta di Marianna, sorella dell’imperatore d’Austria
Francesco II. Ora, grazie allo studio rigoroso e preciso di Eva Fontana Castelli, ricco di carteggi inediti e molti documenti (Marianna d’Asburgo-Lorena, protagonista di una storia rimossa 17701809, San Pietro in Cariano, Gabrielli,
2015, pagine 343, euro 23) ritorna alla
ribalta e costringe a ripensare alcuni nodi intriganti: la libertà della donna, il
rapporto della casa regnante con la
L
Ingresso dell’Imperatore Francesco
I
Chiesa, il significato di un carisma fondazionale.
L’arco di vita di Marianna, nata a Firenze nel 1770 e morta in esilio nel 1809
a Neudorf — ultima propaggine ungherese dell’Impero — si dispiega per soli
39 anni ma si interseca con protagonisti
di ardue vicende ecclesiastiche: il Papa
Pio VI, Niccolò Paccanari, Leopoldina
Naudet, la fondazione delle dilette e dei
padri della fede.
Figlia del granduca di Toscana Pietro
Leopoldo, che diventerà l’imperatore
Leopoldo III, e di Maria Luisa Borbone, Marianna ricevette un’educazione
d’Austria in Vienna il 16 luglio 1814 dopo la pace di Parigi (1828)
raffinata, pari a quella dei fratelli maschi e impartita, per volere del genitore,
con metodi moderni e innovativi che
escludevano del tutto le punizioni corporali.
Ma la vita mondana e lussuosa di
Vienna e della sua corte, considerata la
più sfarzosa dell’epoca, non si confaceva ai suoi desideri di una vita pia, ritirata e di consacrazione a Dio. Marianna
conobbe Niccolò Paccanari, persona dotata di capacità relazionale e di introspezione spirituale, fondatore della Società della fede di Gesù con l’intento di
far rinascere, sotto altra denominazione,
la soppressa Compagnia di Gesù.
L’arciduchessa Marianna lo protesse
e, grazie a lei, fu ordinato sacerdote nel
1800 ma non le riuscì invece di salvarlo
dall’accusa di vari reati e dalla condanna del Sant’Uffizio a dieci anni di carcere e all’interdizione perpetua del ministero sacerdotale. Irrisolto ancora il
mistero della sua morte avvenuta durante l’occupazione francese di Roma e il
presunto riconoscimento del cadavere,
decapitato, ripescato nel Tevere.
I legami con la Compagnia di Gesù
intercorrono
attraverso
Leopoldina
Naudet che, fonda nel 1816 le dilette di
Gesù, approvate da Gregorio XVI nel
1833, e le considera il ramo femminile
dei gesuiti.
Leopoldina, figlia di un ufficiale austroungarico a servizio di Leopoldo di
Asburgo Lorena, nata a Firenze ma vissuta in Austria e in Francia per le tristi
vicissitudini della sua famiglia, provata
prima dalla morte della madre e poi da
quella del padre, si lega agli orizzonti
spirituali e culturali dell’arciduchessa
Marianna.
Ampio il respiro culturale europeo
delle due donne e il vigore nella capacità di promuovere l’educazione delle giovani. Le loro conoscenze risalivano fino
al famoso libro del 1792 I diritti delle
donne, firmato dall’antesignana del femminismo Mary Wollstonecraft, che auspicava l’uscita delle donne da quella
che definiva la loro «deplorevole condizione», lontana dalla verità e dallo sviluppo dell’intelligenza e della cultura.
La travagliatissima vita dell’arciduchessa Marianna, tubercolotica e debolissima tanto da dover essere nutrita con
latte naturale femminile, rivela un alto
profilo spirituale in un’intensa vita di
preghiera, segnata dalla speciale caratteristica dell’abbandono, aspirazione condivisa con Leopoldina che scriveva:
«Voglio solo occuparmi della Tua gloria
e servire la Tua volontà. A me penserai
Tu. Ho bisogno di guida e di conforto,
di aiuto e di speranza, per me e per
questa mia opera. Pensaci tu. A te affido ogni cosa».
Il rango membro della casa imperiale
male si addiceva al ruolo di co-fondatrice e di madre generale e anche a quello
di badessa delle canonichesse di Praga
che, oltre a un cospicuo appannaggio,
godeva di un privilegio molto ambito:
incoronare la Regina di Boemia. Marianna lo fece comunque due volte, con
la sua stessa madre e con la cognata.
Ma la capacità di opporsi al dominio
del fratello, si palesò in tutte le scelte di
Marianna che, nei diversi conflitti e
spostamenti, era controllata dagli ambasciatori austriaci e finì con l’essere destituita dal suo status di badessa di Praga.
L’arciduchessa visse a lungo a Roma
ma dovette poi tornare entro i confini
dell’impero e, parzialmente, sottostare al
volere politico del potente fratello: «Le
disposizioni imperiali miravano, chiaramente, oltre che ad allontanarla fisicamente dai paccanaristi, a evitare anche
ogni ulteriore contatto con le sue compagne e amiche, avendole proibito di
portarne con sé alcune, per impedire
quindi di organizzare ancora una comunità».
Ricevette un’educazione raffinata
pari a quella dei figli maschi
impartita con metodi moderni e innovativi
Ma il fratello imperatore
ne limitò sensibilmente l’azione
Il temperamento dell’arciduchessa si
rivela nelle lettere, soprattutto quelle indirizzate all’imperatore, in cui non manca di protestare e di sottolineare di sentirsi in una posizione punitiva e degradante e che «si sarebbe sentita peggio
di una schiava», qualora non avesse potuto godere della sua libertà. Rivendica
«il diritto di vivere come io desidero»,
cioè vivere con le sue compagne e portare a termine quella che riteneva la sua
missione attraverso i padri della fede.
La vita infatti è breve e Marianna vuole
essere certa di aver compiuto la volontà
di Dio.
Lasciando Roma, da Gorizia l’arciduchessa raggiunse Lubiana e poi dovette
inoltrarsi ancora più addentro nel territorio austriaco nel Banato, oggi Romania, sempre con lo slancio interiore che
la caratterizzava: «Sono e sarò sempre,
quale mi conosce — scriveva a Serafino
Mannucci — tutta unita al Signore e per
il suo santo servizio».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
sabato 27 febbraio 2016
La Chiesa in Perú vicina alle popolazioni indigene
Il petrolio
soffoca l’Amazzonia
Tre diocesi colombiane denunciano le carenze del sistema sanitario
Senza cure
e senza diritti
BO GOTÁ, 26. Le tre diocesi colombiane di Quibdó, IstminaTadó e Apartadó e sessantotto
organizzazioni sociali del dipartimento di Chocó hanno inviato
nei giorni scorsi una lettera al
presidente della Repubblica,
Juan Manuel Santos, per lamentare la carenza di medici specialisti e di medicina generale impiegati nel servizio pubblico.
Nella missiva, in particolare,
il vescovo di Quibdó, monsignor Juan Carlos Barreto Barreto, ha domandato come mai una
provincia con cinquecentomila
abitanti non abbia un ospedale
di terzo livello mentre l’unico
nosocomio esistente, di secondo
livello, versa in cattive condizioni. «Per ottenere cure specialistiche — ha ricordato il presule —
si deve andare in altre province
nel Paese». L’ospedale di Quibdó non è in grado di garantire
cure adeguate alla popolazione.
«Non abbiamo servizi specialistici», ha sottolineato ancora il
vescovo. Secondo monsignor
Barreto Barreto, la mancanza di
acqua e di fognature nel Chocó
rende ancora più vulnerabili gli
abitanti della zona, che si ammalano sempre più spesso e più
gravemente mentre si registrano
alti tassi di mortalità infantile.
La lettera al presidente Juan
Manuel Santos è stata recapitata
quindici giorni fa, ma i firmatari
ci tengono a sottolineare che al
momento non è stato dato alcun
riscontro. Nel documento, di
due pagine, si chiede anche l’intervento della Soprintendenza
della salute.
Già nei mesi scorsi, gli stessi
vescovi avevano descritto la dura realtà della regione: le necessità di base insoddisfatte, l’alto
tasso di povertà economica, l’in-
sufficiente tutela dei diritti umani. «La mancanza di accesso alla
salute, all’istruzione, a un alloggio degno, ai servizi igienici di
base, al lavoro e agli incentivi
per lo sviluppo dei contadini e
dei settori popolari, hanno configurato una società civile emarginata e impoverita, che chiede
giustizia e di essere liberata da
flagelli come lo spostamento
forzato, il confinamento, la persecuzione nel proprio territorio,
il narcotraffico, l’estrazione mineraria illegale e l’estorsione.
Questo panorama di sofferenza
— hanno aggiunto i presuli — è
aggravato dalla presenza costante di gruppi armati che fanno
del Pacifico uno scenario di
guerra, nel quale gli abitanti sono vittime degli scontri violenti
armati e di costanti minacce alla
loro incolumità».
LIMA, 26. La Chiesa in Perú è vicina alla popolazione della provincia di Bagua, regione amazzonica del nord del Paese, colpita
dall’emergenza idrica dovuta a
un disastro ambientale. Da un
mese infatti le comunità indigene, circa 60.000 persone, sono
senza acqua potabile. Il 25 gennaio scorso si è verificato, infatti,
un grave guasto all’oleodotto che
attraversa la gola di Inayo con
una una prima fuoriuscita di petrolio, seguita dopo poco da
un’altra. Il liquido inquinante si
è riversato nei fiumi e nei canali.
Un danno enorme per tutta la
popolazione, che non trova più
l’acqua per bere, lavarsi e preparare il cibo. Per questa gente,
inoltre, anche la principale fonte
di alimentazione viene dalla pesca nei fiumi, che però adesso sono contaminati anch’essi dal petrolio. Il vicario apostolico di
Jaén en Perú Gilberto Alfredo
Vizcarra Mori, che nei giorni
scorsi si è recato sul posto portando assistenza e conforto alla
popolazione, ha espresso la
preoccupazione della comunità
ecclesiale. In una dichiarazione,
firmata assieme agli operatori pastorali della zona della foresta del
vicariato apostolico e diffusa attraverso la rete ecclesiale Panamazzonica, si chiede un’azione
urgente «per risolvere i danni che
questo incidente sta causando alla natura in questa regione e in
particolare alle persone delle diverse comunità che vivono sulle
rive dei fiumi Chiriaco e Maranon nella zona di Inayo». In
questo senso, si aggiunge, «le autorità devono, in modo responsabile e veloce, fornire una risposta
soddisfacente a questo disastro».
Nel documento, come riferisce
l’agenzia Fides, vengono presen-
Documento della Conferenza episcopale dominicana
Messaggi dei presuli in occasione della ricorrenza
Il futuro
si chiama onestà
La Giornata
della donna paraguayana
SANTO D OMINGO, 26. Occorre vigilare sulla democrazia del Paese.
È quanto afferma la Conferenza
episcopale dominicana in un messaggio pubblicato in vista del giorno dell’indipendenza nazionale, il
27 febbraio, con il titolo Próximas
elecciones y otras urgencias (Prossime
elezioni e altre questioni urgenti).
Nel documento, suddiviso in
venticinque punti, i presuli invitano fedeli e cittadini a una seria e
approfondita riflessione sulla situazione del Paese caraibico soprattutto in vista delle elezioni generali del 15 maggio prossimo. Dopo
una serie di «considerazioni» relative alla scelta dei candidati — si
invita a verificare la serietà dei
programmi di governo o a osservare se la campagna elettorale viene
svolta nel rispetto dell’ambiente —
i vescovi si rivolgono all’intera comunità nazionale. Chiedendo in
primo luogo che la campagna elettorale si svolga in maniera pacifica,
quale segno di una società matura,
assicurando in questo senso piena
fiducia al lavoro della Commissione elettorale centrale. «Dobbiamo
essere gelosi e vigilanti sulla nostra
democrazia» si legge nel testo, in
cui i vescovi ricordano inoltre la
necessità di estendere i benefici
dell’assistenza sanitaria, perché, rilevano, «ci sono molti malati vulnerabili che non hanno le risorse
economiche per affrontare la loro
situazione di salute».
In questo contesto, come riferisce l’agenzia Fides, il presidente
della Commissione elettorale centrale, Roberto Rosario Márquez,
ha espresso apprezzamento per le
parole dell’episcopato, in particolare per aver fatto appello alla società e ai partiti politici per sostenere
e accogliere i risultati delle elezioni
del 15 maggio. «La Chiesa cattolica e la nazione possono essere sicuri che nelle nostre mani questo
processo si svolgerà con rispetto e
affidabilità, le nostre risorse umane
e materiali ci consentono di affermare che siamo pronti a farlo
bene».
Le principali emergenze del Paese, dalla corruzione della classe
politica all’aumento della criminalità, sono state affrontate recentemente
anche
dal
presidente
dell’episcopato, Gregorio Nicanor
Peña Rodríguez, vescovo di Nuestra Señora de la Altagracia en Higüey, in una lettera pastorale diffusa il mese scorso in occasione della
festa patronale della nazione. «La
corruzione crea ingiustizia scandalosa e disuguaglianza sociale, allargando il divario tra le persone che
sono diventate ricche, come per
magia, senza altra giustificazione
se non dopo aver assunto un incarico nella pubblica amministrazione», ha denunciato il presule che
ha messo in guardia da un’attività
politica ridotta a «business per
avere denaro facile». Parole di
condanna anche per la recrudescenza della violenza e della criminalità. «Appare incredibile — scrive il presidente dell’episcopato —
veder uccidere solo per un cellulare oppure sopportare la vergogna
di riconoscere il coinvolgimento in
atti criminali dei membri delle autorità che devono garantire l’ordine e combattere la violenza».
Un tema quello della corruzione
al centro anche di un intervento
che l’arcivescovo emerito di Santiago de los Caballeros, Ramón
Benito de la Rosa y Carpio, ha tenuto nel corso di una trasmissione
televisiva per commentare la delicata situazione che attraversa il
Paese. «Il lavoro e l’onestà — ha
detto — non sono una cosa superata, la generazione che si dimentica
di questo è una generazione che
non vivrà bene».
ASUNCIÓN, 26. «Condanniamo i gesti di violenza maschilista contro le
donne e, in particolare, le bambine
e le adolescenti come uno dei più
grandi mali della nostra società.
Sollecitiamo le istituzioni competenti ad agire con fermezza di fronte a
questi atti, e a migliorare le politiche di promozione della donna contro ogni violazione dei suoi diritti.
Esortiamo tutte le persone di buona
volontà a promuovere la vita e la dignità umana, specialmente delle
donne». È questo, in sintesi, l’appello che la Conferenza episcopale
del Paraguay (Cep) ha rivolto mercoledì 24 febbraio, in occasione della “Giornata della donna paraguayana” celebrata in tutto il Paese. La
Giornata si tiene in ricordo della
prima assemblea delle donne americane, svoltasi in Paraguay il 24 febbraio 1967, nel contesto della guerra
della “Triplice alleanza”.
Nel messaggio dell’episcopato,
viene sottolineato il ruolo fondamentale delle donne nella trasmissione del Vangelo e nell’opera pastorale della Chiesa, nonché il loro
contributo alla vita della società. «I
vescovi del Paraguay — si legge nel
messaggio — salutano tutte le donne
e ricordano il ruolo storico che hanno svolto e continuano a svolgere
nella costruzione della società e della cultura nel nostro Paese. Nel ricordare le parole di Papa Francesco,
ribadiamo ancora una volta che le
donne paraguayane hanno la memoria e la genetica di quelle che hanno
ricostruito la vita, la fede e la dignità del nostro popolo, essendo chiamate a ragione le più gloriose
dell’America. Loro malgrado — continuano i presuli — le situazioni difficili che molte di loro sono costrette a vivere, sono esempio di lotta e
di forza quotidiana. La presenza
delle donne è essenziale nella Chiesa. Sono molte, infatti, le donne
sante, madri, educatrici, discepole e
missionarie di Gesù, promotrici della pace che questa terra paraguayana ha visto nascere. Pertanto, le
esortiamo — conclude il messaggio
della Conferenza episcopale — a
continuare a testimoniare la fede e
la speranza, sotto la protezione di
Maria, in una società che ha bisogno di riflettere sui valori umani e
cristiani per poter andare avanti».
tate anche delle richieste relative
a interventi specifici. Dalla necessità di un indennizzo per la perdita delle coltivazioni agricole,
per molti unico mezzo di sussistenza, all’avvio di una bonifica
per garantire che l’acqua non
comporti nessun rischio per la
salute e la vita delle persone, degli animali e dell’ambiente. In tale prospettiva, si sollecita anche
l’esecuzione di un monitoraggio
continuo delle acque dei fiumi
inquinati insieme a una capillare
opera d’informazione per suggerire alla popolazione tutte le precauzioni necessarie a proteggere
la salute e l’ambiente.
Il comunicato conclude sottolineando la necessità di indagare
sulle cause di questi incidenti, in
modo che non si ripetano, ipotizzando, in questo senso, che forse
le installazioni petrolifere, vecchie di quarant’anni, «avrebbero
bisogno di essere rinnovate».
Concluso a Tampa l’incontro dei vescovi delle Americhe
Portatori
di misericordia
TAMPA, 26. Favorire in tutto il continente l’incontro e l’esperienza della misericordia di Dio. È con questo
impegno che si sono conclusi ieri a
Tampa, in Florida, i tre giorni di lavori dei vescovi delle Americhe. Un
incontro informale, di dialogo e di
preghiera, che ormai dal 1967 raduna con una cadenza annuale o biennale le presidenze delle Conferenze
episcopali degli Stati Uniti, del Canada e del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Un’occasione
per fare il punto sugli sviluppi e le
sfide pastorali del continente, che
quest’anno appare forse ancora più
importante soprattutto alla luce delle recenti visite apostoliche di Papa
Francesco: Ecuador, Bolivia e Paraguay a luglio, Cuba e Stati Uniti a
settembre, Messico soltanto pochi
giorni fa. «Questo incontro dei vescovi è sempre una fonte di incoraggiamento per i nostri rispettivi episcopati. Impariamo molto gli uni
dagli altri. Ci aiutiamo a vicenda.
Ci incoraggiamo. Siamo uniti nel
nostro desiderio di seguire fedelmente Cristo», ha dichiarato il presidente dell’episcopato canadese, il
vescovo di Hamilton, David Douglas Crosby.
All’edizione annuale, organizzata
dall’episcopato canadese, hanno
partecipato quattordici presuli. Tema principale dell’incontro la riflessione su Cristo, volto della misericordia, alla luce dell’enciclica Lau-
dato si’ e del documento di Aparecida. In questa prospettiva, i presuli
hanno sottolineato come, soprattutto in questo anno santo, il principale obiettivo pastorale deve per tutti
essere quello di «rivelare la presenza
di Dio e di incoraggiare i profeti di
misericordia».
Il tutto ovviamente, come sottolinea il comunicato diffuso al termine
della riunione, va contestualizzato
nella «complessità del problemi che
oggi i cattolici devono affrontare»
nella società, tenendo anche conto
delle diverse culture presenti all’interno della Chiesa. Le discussioni
hanno toccato perciò una vasta
gamma di temi: l’immigrazione,
l’evangelizzazione delle aree urbane,
i diritti degli aborigeni, il suicidio
medico assistito, il pericolo della
pornografia e della crescente minaccia contro la libertà religiosa. Problematiche complesse e grandi implicazioni sociali e pastorali. I vescovi hanno però condiviso il comune desiderio di invitare tutti a «un
incontro con Cristo».
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 27 febbraio 2016
pagina 7
Il cardinale Turkson sulla cura del creato
di JEAN-LOUIS TAURAN
Il libro Loado seas, mi Señor. Comentario a la encíclica del Papa Francisco
Laudato si’, di Fernando Chica Arellano e Carlos Granados García, (Madrid, Biblioteca de Autores Cristianos,
2015, pagine 368, euro 20) ci mostra la
ricchezza dell’enciclica di Papa Francesco Laudato si’. Scorrendo le pagine
dell’opera, mi sono convinto che ciò
che propone l’enciclica non è altro che
una nuova civiltà.
Laudato si’ non è un’enciclica sul
cambiamento climatico. È un’enciclica
sociale. Il Papa inizia guardandosi attorno e percepisce che tutto è interconnesso: gli esseri umani, la natura,
l’ambiente, il creato e la società. Da
qui la grande affermazione: «ecologia
umana ed ecologia ambientale camminano insieme». Siamo chiamati a contemplare il mondo con gli occhi del
Creatore: la Terra è l’ambiente che bisogna custodire e il giardino che occorre coltivare. Il rapporto uomo-natura non deve essere sorretto dall’avidità,
dalla manipolazione e dallo sfruttamento. Deve conservare l’armonia del
creato, affinché tutto sia al servizio degli uomini di oggi e di domani. Siamo
quindi di fronte a un’ecologia globale.
Per il credente, l’ambiente è “divino”,
perché può essere interpretato come
spazio di unione con Dio.
Laudato si’ denuncia una forma di
divinizzazione della tecnica e del mercato. Non esiste una crescita infinita o
illimitata (cfr. n. 139). Inoltre, è un appello a cambiare il nostro modo di
pensare e di vivere. Perciò siamo invitati ad abbandonare la logica del dominio, dello sfruttamento, dello spreco
e della depredazione.
Per il Santo Padre la crisi ecologica
e la crisi sociale sono due facce della
stessa medaglia. Per questo motivo occorre un approccio integrale per combattere la povertà, ridare dignità agli
esclusi e contemporaneamente salvaguardare la natura.
I dieci comandamenti dell’enciclica «Laudato si’»
La logica
del buon vivere
Il testo è attraversato da assi fondamentali che gli conferiscono unità. Il
Papa stesso li menziona all’inizio del
suo scritto. Si tratta dell’«intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel
mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme
di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il
valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di
dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e
la proposta di un nuovo stile di vita»
(n. 16).
Alla luce di queste considerazioni,
secondo quanto ha scritto il noto giornalista francese Henri Tincq, si potreb-
bero formulare dieci comandamenti di
Papa Francesco per tutelare il pianeta.
Primo: uscirai dal mondo dell’indifferenza. La terra è la nostra casa comune.
Secondo: lotterai contro il riscaldamento del sistema climatico. Occorre
promuovere fonti di energia alternativa
e rinnovabile, cambiare stile di vita, di
produzione e di consumo.
Terzo: approvvigionerai di acqua
tutta la Terra. L’accesso all’acqua potabile è un diritto umano fondamentale.
Quarto: metterai al centro i poveri.
Lottare per la salvaguardia del pianeta
presuppone anche l’eliminazione delle
disuguaglianze sociali. Eppure gli
esclusi sono oggi ancora l’immensa
maggioranza.
Quinto: combatterai il mito del progresso indefinito. La crescita duratura
e i progressi tecnici non sono neutri.
Tendono all’accumulazione di guadagni che permettono ai Paesi ricchi di
sperimentare il sovrasviluppo, dove
consumo e spreco si danno la mano,
mentre le nazioni povere restano nella
miseria.
Sesto: resisterai all’onnipotenza. C’è
un nesso tra il degrado dell’ambiente e
il degrado umano ed etico. Occorre un
approccio integrale per combattere la
povertà, conferire dignità agli esclusi e
al tempo stesso preservare la natura.
Settimo: entrerai nella logica del dono gratuito. La Terra ci è stata data.
Non si può quindi intendere secondo
criteri utilitaristici. Appartiene a quanti
vengono dopo di noi.
Ottavo: Favorirai la transizione
energetica. Occorre sviluppare gradualmente forme di energia poco inquinante, promuovere un’agricoltura
diversificata, assicurare l’accesso all’acqua potabile. In questo contesto, bisogna pensare a istituzioni internazionali
dotate di potere di sanzionare.
Nono: accetterai di rallentare la
marcia. Bisogna fermarsi e pensare che
«quando siamo capaci di superare l’individualismo, si può effettivamente
produrre uno stile di vita alternativo e
diventa possibile un cambiamento rilevante nella società» (n. 208).
Decimo e ultimo: cercherai una felice sobrietà. Si tratta di apprezzare le
piccole cose, di ringraziare per le possibilità che la vita offre.
Concludendo, il grido della natura
maltrattata e il grido dei poveri abbandonati giungono fino in cielo. È importante sapere che mondo desideriamo trasmettere alle generazioni future
(cfr. n. 160). Papa Francesco ci fa capire meglio la complessità dei problemi,
non esitando a utilizzare il metodo del
dialogo con la filosofia e le scienze
umane. Ci invita a ripensare il nostro
mondo e ad agire. In definitiva, Francesco propone alle società materialistiche assetate di “benessere” il “buon vivere”.
L’ottava
opera di misericordia
C’è un’ottava opera di misericordia, sia corporale che spirituale, da aggiungere alle sette
riportate dalla tradizione della
Chiesa: è la «cura per la nostra
casa comune». A proporla è
stato il cardinale Peter Kodwo
Appiah Turkson, presidente
del Pontificio consiglio della
giustizia e della pace, il quale,
parlando il 25 febbraio alla Villanova University di Philadelphia, ha modulato la sua conferenza dedicata all’enciclica
Laudato si’ sul registro di una
«riflessione quaresimale per
l’anno della misericordia».
Partendo dalla considerazione che «la vita umana si fonda
su tre relazioni fondamentali e
strettamente intrecciate: quella
con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra», il
porporato ha sottolineato che
«quando uno di questi rapporti si rompe» infrange in qualche modo il nostro essere pienamente inseriti nell’universo.
Ecco allora che la «“tremenda
responsabilità”
del
genere
umano verso la creazione» di
cui parla l’enciclica, il dovere
morale di essere non «semplici
buoni amministratori» ma di
avere una vera e propria «cura» per la casa comune, ha
portato il presidente di Iustitia
et Pax a rileggere le tradizionali opere di misericordia secondo una «chiave» suggerita dalla stessa Laudato si’.
Le opere corporali possono
dunque declinarsi così: nutrire
gli affamati, specialmente quelli che soffrono di povertà e siccità; dar da bere agli assetati,
in particolare a chi non ha ac-
L’ecologia integrale secondo il Pontefice
di NUNZIO GALANTINO
Nella sua esplicita citazione del
modello francescano, l’enciclica
Laudato si’ addita lo stile di
«un’ecologia integrale, vissuta con
gioia e autenticità» (n. 10). In linea con i suoi predecessori, Papa
Francesco ne esplicita le coordinate antropologiche: tale ecologia,
infatti, «richiede apertura verso
categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano» (n. 11). Scrive
il Papa: «Non ci sarà una nuova
relazione con la natura senza un
essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia. […] Non possiamo illuderci
di risanare la nostra relazione con
la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali» (nn. 118-119). In un
unico abbraccio, questa sensibilità
tiene insieme molteplici quadri di
riferimento: c’è un’ecologia economica, chiamata a considerare gli
equilibri dello sviluppo a livello
globale, e un’ecologia sociale,
aperta alle dimensioni della solidarietà e dell’amicizia; c’è un’ecologia culturale, inclusiva rispetto
alle differenze e alle interpretazioni, ai simboli e alle tradizioni, e
c’è un’ecologia della ferialità, che
vive negli spazi della vita quotidiana.
“Ecologia integrale” è tutto
questo insieme. In un momento
storico in cui la diffidenza verso
gli integralismi può contaminare
questa idea, non dobbiamo stan-
Per riparare la casa comune
carci di ripeterne la verità: solo integrandosi con il creato, la dignità
umana potrà scoprirsi accolta in
un progetto che la vuole parte viva di un universo pulsante. L’ecologia integrale è un’ecologia che
non funziona a tratti, a intermit-
bili di una «casa comune» di cui,
spesso, sembriamo aver perso le
chiavi.
L’esperienza del volontariato si
innesta creativamente e legittimamente in questo dovere di responsabilità. Risponde, per restare an-
tenza, a compartimenti stagni.
Non è — dice il Papa — quell’ecologia «superficiale o apparente
che consolida un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità» (n. 59), quasi bastasse fare a gara a chi è più bravo a non
gettar cartacce per dire di aver fat-
cora a quanto ci dice la Laudato
si', all’esigenza di supportare in
maniera concreta e realistica quella pur necessaria educazione ambientale che, pur essendo chiamata a creare una “cittadinanza ecologica”, «a volte si limita a informare e non riesce a far maturare
Volontari internazionali
Tratta dall’ultimo numero del mensile «Popoli e Missione»,
pubblichiamo ampi stralci di una riflessione, a firma del
vescovo segretario generale della Conferenza episcopale
italiana, in cui si evidenzia come la comprensione del concetto
di “ecologia integrale”, così come presentato dal magistero
pontificio, sia essenziale per valorizzare pienamente l’opera del
volontariato internazionale.
to il proprio dovere. È qualcosa di
molto più grande, e al contempo
di molto più profondo e radicale:
è una prova dell’essere, più che
dell’agire; è l’esperienza confortante di abitare spazi e tempi dilatati; è sentirsi ovunque responsa-
delle abitudini». Solo quando la
prassi ecologica nasce da «motivazioni adeguate» e si sviluppa «secondo una trasformazione personale» si può parlare di impegno
efficace ed effettivo. E più ancora:
«Solamente partendo dal coltivare
solide virtù è possibile la donazione di sé in un impegno ecologico» (n. 211).
Il volontariato è precisa espressione di questo orientamento virtuoso e consapevole. Fare volontariato significa sempre fare della
determinatezza delle proprie scelte
un dono. Ne può essere destinataria la società nel suo insieme, ma
più spesso a beneficiarne sono
gruppi marginalizzati, esperienze
ferite dell’umano che diversamente faticherebbero a trovare accoglienza e solidarietà.
Nella sua declinazione ecologica, il servizio volontario è rivolto
alla custodia della casa comune,
della quale intende valorizzare
l’unicità e la ricchezza. Essere volontari per l’ecologia e l’ambiente
è sempre un esercizio di responsabilità: è risposta alla consapevolezza di aver ricevuto tanto, è impegno per la preservazione di un
dono che riconosciamo non essere
soltanto nostro. Lo abbiamo
ascoltato più volte, ed è stato ripetuto anche durante il meeting
di Parigi sul clima: potremmo
davvero essere l’ultima generazione a essere chiamata in causa per
un cambiamento globale. Dopo,
potrebbe essere troppo tardi. Nella sua azione di gratuità, il volontariato esprime proprio la convinzione di essere destinatari di un
appello estremo: esso non è soltanto un ultimatum, ma è anche
un invito a prendere consapevolezza in maniera decisa e radicale
di quella che da più parti viene
intesa come la transitività del dono: abbiamo avuto in eredità la
terra dai nostri padri, siamo chiamati a riconsegnarla (perlomeno
intatta, se non migliorata) a chi
verrà dopo di noi. Di padre in figlio, di dono in dono, questa catena virtuosa produce vita: è generativa. E lo è ancor più se si considera la proporzione del lascito,
che non riguarda solo questo o
quel contesto locale, ma ha estensioni planetarie.
L’ispirazione cristiana ha effetti
tutt’altro che secondari in quest’esercizio di gratuità. Un volontariato cristiano è necessariamente
qua pulita e abbondante; vestire gli ignudi, soprattutto gli
esposti al freddo dell’inverno e
al dolore dell’indifferenza; dare
riparo ai senza tetto, in particolare alle vittime delle guerre
e del mare; curare i malati,
specialmente quelli che sono
stati avvelenati dalle scorie delle industrie; riscattare i prigionieri, soprattutto coloro che
sono oppressi da sistemi economici e politici crudeli o dalle
dipendenze dei piaceri del
mondo; proteggere la dignità
della persona umana, specialmente seppellendo i morti con
reverenza.
E quelle spirituali: insegnare
a coloro che non si accorgono
come i loro stili di vita danneggino gli altri; dare speranza
a chi dispera per il futuro dei
propri o cari e per quello del
mondo; ammonire coloro che
peccano contro il prossimo e
l’ordine naturale; sopportare le
sofferenze inflitte dall’avidità;
perdonare le offese commesse
contro l’umanità e il bene della
creazione; confortare coloro
che sono afflitti dalla corruzione e dai cambiamenti del clima; desiderare di pregare sempre per i vivi, i morti e le future generazioni.
Si aggiunge, quindi, l’ottava
opera: la «cura per la nostra
casa comune». Potremmo così,
ha detto il cardinale Turkson,
vivere la misericordia nel suo
doppio volto: quello di dono
gratuito dal Signore e quello
di «sorgente che zampilla
dall’interno» che ci porta a
condividere con gli altri il dono del creato.
Dal 6 all’11 marzo ad Ariccia
integrale, nel senso che ha per oggetto e per soggetto l’uomo, la totalità delle sue dimensioni, la verità più profonda e indisponibile
del suo essere. Si potrebbe anche
dire che idealmente l’impegno volontario di un cristiano non è mai
part-time. Questo non significa
che non risenta delle naturali limitazioni nella disponibilità degli individui, ma in linea di principio
non si lascia determinare da compromessi, se sono in gioco la dignità dell’altro e l’autenticità del
servizio alla sua umanità. Non fa
meraviglia che un’espressione qualificatissima di tale servizio scelga
deliberatamente di estendersi oltre
ogni confine di nazionalità, lingua, cultura e tradizione. Un volontariato internazionale esprime
proprio l’universalità — vorrei dire:
la cattolicità — del dono, nella lucida consapevolezza che il destino
dei popoli, delle molteplici culture
e delle complesse società che vivono sul nostro pianeta è sempre intrecciato. La finalità di questo volontariato non è servire un uomo,
o un gruppo di uomini, ma “servire l’uomo”.
Non c’è quindi spazio per l’opzionalità. Un tragico luogo comune identifica il volontariato con
qualcosa di accessorio, di sostituibile, di non necessario. Il volontariato “da salotto”, quello che si fa
come espressione di carità a basso
prezzo, quello che è unicamente
volto a pacificare la coscienza dinanzi ai drammi e alle contraddizioni del mondo, non ha nulla a
che fare con il servizio integrale
all’uomo negli spazi e nei tempi
che esso abita.
Il vero volontariato fa piuttosto
casa con l’uomo: lo visita, lo trova
e lo scova negli anfratti che la storia gli ritaglia; siede affianco a lui,
mangia, lavora, studia, sogna, soffre con lui; e se il tetto che ha sulla testa non è solido, lo aiuta a ripararlo. Ma forse che fare casa,
costruire, custodire, restaurare la
casa dell’uomo non sia in fondo il
senso più genuino dell’ecologia?
Al di là dell’immediato impegno
per l’ambiente, non vi è forse —
nella prospettiva integrale che
abbiamo tracciato, con Papa Francesco — la doppia esigenza di
uscire incontro all’uomo e di abitare con lui?
Esercizi spirituali
per il Papa
e la Curia romana
Dieci domande per prepararsi alla
Pasqua. Sono le «nude domande
del Vangelo» che padre Ermes
Ronchi, dell’ordine dei servi di
Maria, presenterà a Papa Francesco e ai membri della Curia romana durante gli esercizi spirituali in
programma dal 6 all’11 marzo nella Casa Divin Maestro di Ariccia.
Il programma degli esercizi prevede per la domenica iniziale, alle
18, l’adorazione eucaristica e la recita dei vespri. Le giornate successive si apriranno con le lodi alle
7.30, seguite da una prima meditazione alle 9.30 e poi dalla concelebrazione eucaristica. Quindi, alle
16, si terrà la seconda meditazione
che precederà l’adorazione eucaristica e i vespri. Nella giornata
conclusiva, venerdì 11, è in programma un’unica meditazione.
«Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse
loro: Che cosa cercate?» (Gv, 1,
38): è la prima delle domande
evangeliche, che aprirà la riflessione di domenica 6 e che farà da introduzione all’intero ciclo di esercizi. A seguire, nei giorni successivi, le altre meditazioni: «Perché
avete paura, non avete ancora fede?» (Mc, 4, 40), «Voi siete il sale
della terra. Ma se il sale perde sapore, con che cosa lo si renderà
salato?» (Mt, 5, 13), «Ma voi, chi
dite che io sia?» (Lc, 9, 20), «E
volgendosi verso la donna, disse a
Simone: vedi questa donna?» (Lc,
7, 44), «Gesù domandò ai discepoli: Quanti pani avete?» (Mc, 6,
38; Mt 15, 34), «Allora Gesù si alzò e le disse: Donna, dove sono?
Nessuno ti ha condannata?» (Gv,
8, 10), «Donna, perché piangi?
Chi cerchi?» (Gv, 20, 15), «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?»
(Gv, 21, 16), «Maria disse
all’angelo: Come avverrà questo?»
(Lc, 1, 34).
Durante il periodo di ritiro, come di consueto, vengono sospese
le udienze private e speciali, compresa l’udienza generale del mercoledì.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
sabato 27 febbraio 2016
Al congresso promosso da Cor Unum il Pontefice parla della carità nella vita della Chiesa
Il cuore
e la bussola
La carità è il «cuore» della vita della
Chiesa e la «bussola» che ne orienta i
passi: lo ha ricordato Papa Francesco
nel discorso rivolto venerdì mattina, 26
febbraio, ai partecipanti al congresso
internazionale promosso da Cor Unum
a dieci anni dall’enciclica di Benedetto
XVI «Deus caritas est».
Cari fratelli e sorelle,
vi accolgo in occasione del Congresso Internazionale sul tema: “La carità non avrà mai fine (1 Cor 13, 8).
Prospettive a dieci anni dall’Enciclica Deus caritas est”, organizzato dal
Pontificio Consiglio Cor Unum, e
ringrazio Mons. Dal Toso per le parole di saluto che mi ha rivolto a nome di tutti voi.
La prima Enciclica di Papa Benedetto XVI tratta un tema che permette di ripercorrere tutta la storia della
Chiesa, che è anche storia di carità.
È una storia di amore ricevuto da
Dio, che va portato al mondo: que-
sta carità ricevuta e donata è il cardine della storia della Chiesa e della
storia di ciascuno di noi. L’atto di
carità, infatti, non è solo un’elemosina per lavarsi la coscienza; include
«un’attenzione d’amore rivolta all’altro» (cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium, 199), che considera l’altro
«un’unica cosa con sé stesso» (cfr.
San Tommaso d’Aquino, Summa
Theologiae, II-II, q. 27, art. 2) e desidera condividere l’amicizia con Dio.
La carità sta dunque al centro della
vita della Chiesa e ne è veramente il
cuore, come diceva santa Teresa di
Gesù Bambino. Sia per il singolo fedele, sia per la comunità cristiana
nel suo insieme vale la parola di Gesù, secondo cui la carità è il primo e
il più alto dei comandamenti: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il
tuo cuore e con tutta la tua anima,
con tutta la tua mente e con tutta la
tua forza... Amerai il tuo prossimo
come te stesso» (Mc 12, 30-31).
L’Anno giubilare che stiamo vivendo è anche l’occasione per ritornare a questo cuore pulsante della
nostra vita e della nostra testimonianza, al centro dell’annuncio di fede: «Dio è amore» (1 Gv 4, 8.16).
Dio non ha semplicemente il desiderio o la capacità di amare; Dio è carità: la carità è la sua essenza, la sua
natura. Egli è unico, ma non è solitario; non può stare da solo, non
può chiudersi in Sé stesso, perché è
comunione, è carità, e la carità per
sua natura si comunica, si diffonde.
Così Dio associa alla sua vita di
amore l’uomo e, anche se l’uomo si
allontana da Lui, Egli non rimane
distante e gli va incontro. Questo
suo venirci incontro, culminato
nell’incarnazione del Figlio, è la sua
misericordia; è il suo modo di esprimersi verso di noi peccatori, il suo
volto che ci guarda e si prende cura
di noi. «Il programma di Gesù — è
scritto nell’Enciclica — è “un cuore
Il patriarca Abuna Matthias a Roma
per incontrare il Papa
Il Patriarca della Chiesa ortodossa Tewahedo
etiopica, Abuna Matthias I, sarà a Roma dal 26
al 29 febbraio. Il Patriarca incontrerà Papa Francesco lunedì 29. Farà inoltre visita al Pontificio
Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e si recherà anche sulla tomba dell’apostolo
Pietro. Domenica 28 celebrerà la divina liturgia
con la comunità etiopica di Roma nella cappella
del Collegio urbano. Abuna Matthias I è stato
eletto Patriarca della Chiesa ortodossa Tewahedo
etiopica il 28 febbraio 2013.
«Maria e il Bambino» (XV secolo, icona etiopica della scuola di Fere Seyon)
Secondo un’antica tradizione, il primo grande
evangelizzatore degli etiopi fu san Frumenzio, un
cittadino romano di Tiro che era naufragato sulla
costa africana del mar Rosso. Frumenzio fu ordinato vescovo da sant’Atanasio di Alessandria e
tornò poi in Etiopia per promuovere l’evangelizzazione del Paese.
La Chiesa ortodossa d’Etiopia appartiene alla
“famiglia” delle Chiese ortodosse orientali. Questa Chiesa, unica nel suo genere, ha mantenuto
diverse pratiche ebraiche, come la circoncisione,
il rispetto delle regole alimentari e l’osservanza
dello shabbat del sabato e della domenica. La liturgia etiope è di origine alessandrina (copta) ed
è influenzata dalla tradizione siriaca. La liturgia è
stata sempre celebrata nell’antica lingua Ge’ez fino a tempi molto recenti. Oggi una traduzione
della liturgia nell’amharic moderno è usata sempre più nelle parrocchie. Prosegue una forte tradizione monastica. La Chiesa conta oggi 35 milioni di membri. Esiste anche una grande comunità a Roma.
Per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa
cattolica, essi sono cordiali e si intensificano. Il
precedente Patriarca della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo, Abuna Paulos, ha reso visita a
Giovanni Paolo II nel 1993 e nel 2009 ha incontrato Benedetto XVI. All’inizio di ottobre 2009,
dietro invito del Papa, Abuna Paulos ha parlato
alla seconda assemblea speciale per l’Africa del
Sinodo dei vescovi sulla situazione del continente
africano e sulle sfide che le popolazioni africane
devono affrontare. Come membro della “famiglia” delle Chiese ortodosse orientali, la Chiesa
ortodossa etiope Tewahedo partecipa ufficialmente alla Commissione mista internazionale per il
dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le
Chiese ortodosse orientali. Nel gennaio 2012, l’incontro della Commissione è stato ospitato ad Addis Abeba da Abuna Paulos I, che è poi deceduto
il 16 agosto 2012.
che vede”. Questo cuore vede dove
c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente» (n. 31). Carità e
misericordia sono così strettamente
legate, perché sono il modo di essere
e di agire di Dio: la sua identità e il
suo nome.
Il primo aspetto che l’Enciclica ci
ricorda è proprio il volto di Dio: chi
è il Dio che in Cristo possiamo incontrare, com’è fedele e insuperabile
il suo amore: «Nessuno ha un amore
più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15, 13).
Ogni forma di amore, di solidarietà,
di condivisione è solo un riflesso di
quella carità che è Dio. Egli, senza
mai stancarsi, riversa la sua carità su
di noi e noi siamo chiamati a diventare testimoni di questo amore nel
mondo. Perciò dobbiamo guardare
alla carità divina come alla bussola
che orienta la nostra vita, prima di
incamminarci in ogni attività: lì troviamo la direzione, da essa impariamo come guardare i fratelli e il mondo. «Ubi amor, ibi oculus», dicevano
i Medioevali: dove c’è l’amore, lì c’è
la capacità di vedere. Solo «se rimaniamo nel suo amore» (cfr. Gv 15, 117), sapremo comprendere e amare
chi ci vive accanto.
L’Enciclica — ed è il secondo
aspetto che vorrei sottolineare — ci
ricorda che questa carità vuole rispecchiarsi sempre più nella vita della Chiesa. Come vorrei che ognuno
nella Chiesa, ogni istituzione, ogni
attività riveli che Dio ama l’uomo!
La missione che i nostri organismi di
Eredità viva
Riuniti non solo per un congresso celebrativo ma per confermarsi in
una missione. Nel salutare il Papa, monsignor Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio consiglio Cor Unum, ha presentato al
Pontefice il «grande mondo del servizio della carità della Chiesa»
rappresentato dai partecipanti al convegno dedicato all’enciclica
Deus caritas est, un documento «che ha fecondato il cuore di tante
persone in questi dieci anni». Un’eredità viva che alimenta l’impegno quotidiano: «Se Dio è carità — ha infatti aggiunto monsignor
Dal Toso — e se Cristo è il volto di Dio, allora portare la carità è
portare Cristo». Ed è questa, ha concluso, «la grande missione della
Chiesa: mostrare all’uomo il volto di Dio che in Cristo si è manifestato servo dell’umanità, soprattutto di quella ferita e scartata».
Per il diritto a rimanere
I cristiani in Medio oriente non sono e non devono «essere spostati a
tavolino in base a interessi di parte»,
ma come cittadini «di pari dignità
devono vedere riconosciuta la possibilità di restare per essere artefici di
unità e riconciliazione». Lo ha detto
il cardinale Leonardo Sandri intervenendo alla tavola rotonda sul tema:
«Una cristianità multiconfessionale:
dialogo e relazioni tra le Chiese cristiane nei Paesi arabi», svoltasi giovedì 25 febbraio a Roma. L’incontro
si inserisce nel programma della con-
Come grano per il mulino
tutti. Infatti, da un passo della lettera di san
Giacomo (1, 18-25) «ricaviamo uno schema di
lectio divina fatto di tre tappe od operazioni successive».
La prima tappa è l’ascolto della parola: in
questa fase «bisogna guardarsi da due pericoli».
Il primo è quello di «fermarsi al primo stadio e
di trasformare la lettura personale della parola di
Dio in una lettura impersonale». Questo pericolo è «molto forte, soprattutto nei luoghi di formazione accademica». L’altro rischio, invece, è
«il fondamentalismo: il prendere tutto quello che
si legge nella Bibbia alla lettera, senza alcuna
mediazione ermeneutica». In effetti, ha osservato
il predicatore, «solo apparentemente i due eccessi, dell’ipercriticismo e del fondamentalismo, sono opposti: essi hanno in comune il fatto di fermarsi alla lettera, trascurando lo Spirito».
La seconda tappa suggerita da san Giacomo
«consiste nel “fissare lo sguardo” sulla parola,
nello stare a lungo davanti allo specchio, insomma nella meditazione o contemplazione della parola». I padri, ha ricordato il cappuccino,
«usavano a questo riguardo le immagini del masticare e del ruminare». Inoltre, ha aggiunto, nello specchio della parola «non vediamo soltanto
noi stessi e la nostra deformità; vediamo prima
mo concretamente alla grande missione della Chiesa di comunicare
l’amore di Dio, che vuole diffondersi.
Cari fratelli e sorelle, l’Enciclica
Deus caritas est conserva intatta la
freschezza del suo messaggio, con
cui indica la prospettiva sempre attuale per il cammino della Chiesa. E
tutti siamo tanto più veri cristiani,
quanto più viviamo con questo spirito.
Vi ringrazio ancora per il vostro
impegno e per quanto potrete realizzare in questa missione di carità. Vi
assista sempre la Vergine Madre e vi
accompagni la mia benedizione. Per
favore, fate un atto di carità e non
dimenticatevi di pregare per me.
Grazie.
Intervento del cardinale Sandri sul dialogo tra le Chiese cristiane in Medio oriente
Seconda predica di quaresima
Accogliere, contemplare, fare. Sono i tre verbi
chiave legati intimamente al rapporto del cristiano con la parola di Dio. Li ha spiegati padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, durante la seconda predica di quaresima,
svoltasi, alla presenza del Papa, venerdì mattina,
26 febbraio, nella cappella Redemptoris Mater del
Palazzo apostolico. Con questa riflessione il cappuccino ha voluto proporre una riflessione sulla
costituzione dogmatica Dei Verbum, continuando
a illustrare i principali documenti del Vaticano II
che sono al centro delle prediche della Quaresima di quest’anno.
Padre Cantalamessa ha fatto notare come la
Dei Verbum sia l’unica costituzione, insieme con
la Lumen gentium, ad avere la qualifica di dogmatica. Ciò si spiega con il fatto che «con questo
testo il concilio intendeva riaffermare il dogma
della ispirazione divina della Scrittura e precisare, nello stesso tempo, il suo rapporto con la tradizione». Dopo aver ricordato che «il Dio biblico è un Dio che parla» e lo fa attraverso la bocca del profeta e con il fiato dello Spirito Santo,
il predicatore ha parlato della parola di Dio come cammino di santificazione personale. E ha ricordato che nella Scrittura troviamo la proposta
di un metodo di lettura della Bibbia accessibile a
carità svolgono è importante, perché
avvicinano tante persone povere ad
una vita più dignitosa, più umana,
cosa quanto mai necessaria; ma questa missione è importantissima perché, non a parole, ma con l’amore
concreto può far sentire ogni uomo
amato dal Padre, figlio suo, destinato alla vita eterna con Dio. Io vorrei
ringraziare tutti coloro che si impegnano quotidianamente in questa
missione, che interpella ogni cristiano. In questo Anno giubilare ho voluto sottolineare che tutti possiamo
vivere la grazia del Giubileo proprio
mettendo in pratica le opere di misericordia corporale e spirituale: vivere
le opere di misericordia significa coniugare il verbo amare secondo Gesù. E così, tutti insieme, contribuia-
di tutto il volto di Dio; meglio, vediamo il cuore
di Dio».
La terza tappa consiste, infine, «nell’obbedire
alla parola». Infatti, le parole di Dio, «sotto
l’azione attuale dello Spirito, diventano espressione della vivente volontà di Dio per me, in un
dato momento». Se ascoltiamo con attenzione,
ha aggiunto, «ci accorgeremo con sorpresa che
non c’è giorno in cui, nella liturgia, nella recita
di un salmo, o in altri momenti, non scopriamo
una parola della quale dobbiamo dire: “Questo è
per me! Questo è quello che oggi devo fare!”».
Obbedire alla parola significa, in pratica, «seguire le buone ispirazioni». Per questo, il progresso
spirituale personale «dipende in gran parte dalla
sensibilità alle buone ispirazioni e dalla prontezza con cui vi rispondiamo».
Il predicatore ha concluso con un pensiero di
un antico padre del deserto, Giovanni Cassiano,
il quale diceva che la nostra mente è come un
mulino. «Il primo grano che vi viene messo al
mattino — ha spiegato — quello continua a macinare per tutto il giorno». Perciò è necessario
mettervi, «fin dal primo mattino, il buon grano
della parola di Dio, altrimenti viene il demonio e
vi mette la sua zizzania e per tutto il giorno la
mente non farà che macinare zizzania».
ferenza internazionale organizzata
dalla Conferenza episcopale tedesca
in collaborazione con l’università di
Monaco di Baviera dal titolo: «Fra
trasformazione della società mondiale e regionale: cristiani, Chiese cristiane e religione in un Medio oriente che sta cambiando».
Dopo un’ampia premessa sulle
problematiche esistenti nella regione
dal punto di vista della Congregazione per le Chiese orientali, il prefetto ha fatto notare come l’esistenza
e la collaborazione tra le Chiese nel
Medio oriente pongano delle domande molto precise e a molteplici
livelli. A cominciare dal mondo politico internazionale. «Va smascherato
— ha detto — ogni tentativo più o
meno velato di voler scomporre e ricomporre gli equilibri istituzionali
della regione in base a convenienze
di alleanze strategiche ed economiche». È davvero singolare «la miopia di chi non li riconosce come lievito delle società» e non li ritiene
capaci «di far crescere sentimenti
più orientati alla dimensione migliore della democrazia», senza doverla
«importare o imporre con la forza
dall’esterno, come gli ultimi decenni
ci hanno fatto tristemente sperimentare».
Per questo, il cardinale ha sottolineato come è indispensabile che ai
cristiani sia concesso di «restare e ritornare, se sono dovuti fuggire contro la propria volontà». Infatti, come
persone umane, «valgono più di
ogni giacimento noto o ancora ignoto di petrolio, di gas o del traffico di
armi». Purtroppo, è l’impressione
del porporato, vedere «indebolita o
addirittura estinta la presenza cristiana come storicamente configurata»
contribuirebbe «all’esacerbarsi ulteriore dello scontro intra-confessionale nel mondo islamico che sembrava
sopito da secoli».
Una domanda poi il cardinale ha
rivolto idealmente soprattutto alle
Chiese d’Europa: «Quanto siamo ca-
paci di pensarci autenticamente
Chiese in comunione?». Se ormai —
ha incalzato — «hanno trovato stabile accoglienza tra noi decine di migliaia di fratelli siro-cattolici, caldei,
melkiti, armeni, maroniti, per citare
soltanto le Chiese cattoliche del Medio oriente, quanto stiamo provvedendo loro chiedendo dei sacerdoti
ai rispettivi patriarchi?». E se necessario, «siamo disposti a collaborare
sinceramente perché si possano erigere delle strutture quali esarcati
apostolici» oppure corriamo il rischio «di auto-comprenderci come
unici depositari dell’istituzione ecclesiale?».
D’altronde, ha sottolineato il porporato, la presenza cristiana nei Paesi arabi rispecchia la multiconfessionalità. Gli inizi e la pienezza della
storia della salvezza affondano infatti le loro radici in Medio oriente.
Pertanto, antiche sono le Chiese che
sono sorte per la predicazione degli
apostoli, e «verso di esse tutti noi
siamo debitori del Vangelo». Allo
stesso modo, antiche sono le divisioni che «tra esse si svilupparono per
controversie dottrinali e anche per
fattori politici nelle diverse epoche»,
come antica è la convivenza che
«andò imponendosi con l’avvento
dell’islam, oltre che con le comunità
ebraiche superstiti nei secoli prima
della costituzione dello Stato di
Israele nel 1948».
Lungo il corso della storia si sono
visti «non pochi periodi di violenza,
stato di minoranza, e talora di vera e
propria persecuzione». Dinanzi a
questi dati di complessità — ha messo in evidenza il cardinale Sandri —
«siamo di fronte a elementi nuovi».
E «l’ecumenismo del sangue», già
anticipato da Giovanni Paolo II e ripreso poi con forza da Francesco, fa
oggi «da cornice a eventi davvero
storici nella storia delle Chiese anche
non cattoliche e nei rapporti ecumenici».