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*
Pensare qualsiasi pensiero
sancisce divisioni che sfociano
in Olocausti
per un mondo migliore,
avere una concezione
dell’esistenza, reclamare ideali,
sostenendoli con la presunzione
di servire a uno scopo,
è di per sé crimine che pretende
spargimento di cadaveri.
L’arroganza di scimmia settaria
decreta melodiosi ergastoli,
lo scannatoio è condizione
ecumenica nella quale
ci sorprendiamo aborti dogma
rigorosi, stancamente esangui.
La ricerca di fede, l’affermarsi
di civiltà, il semplice fatto
di respirare, producono
corruzione, superstizioni
mediatiche dai bastoni chiodati
sorvegliano i cani arrendevoli.
Nuovi profeti sferrano il ghigno
collaborazionista nel candore
del Mattatoio Positivo.
Gangster della partecipazione
mi chiedono di collaborare,
farmi prossimo, proprio a me,
in vacanza devozionale nella
lirica assenza dei Rinnegati.
1
*
È meraviglioso tremare,
vibrare nell’incertezza,
nel periglio.
Asserragliato in camera
d’apprensione col proiettile
in canna, la sicura sbloccata,
il colpo alla nuca immanente.
Sragionare su come stare
al mondo, stando al mondo,
ignorando di stare al mondo.
Esaltante, sentirsi in balia
di milioni di locuste bianche
attaccate alle palpebre
e alla giugulare, trovarsi
costantemente col batticuore,
in allarme persistente,
circondato da microcefali
detenuti nel reclusorio
del gorgo maligno inveterato.
È tenero, romantico, sapere
che posso rimanere deficiente,
immaginare qualsiasi abrasiva
sobillazione, tanto vivrò
per sempre da cumulo di macerie
senza scopo, ignavia costernata,
ombra differita larvale,
anacoreta rinchiuso nello scettico
continuato, fatto di solido Nihil.
2
*
Trascorro le mie giornate
d’avventuroso guerriero
sdraiato sul divano,
esercitandomi nel solo
cimento per cui ho vocazione:
contemplare soffitti.
Ad Atene Solone istituì
la legge che proibiva l’ozio
ai cittadini.
Facile, pienamente d’accordo,
persino io mi sarei dato una
mossa, se, invece,
di annichilirmi nell’alienante
quotidiano avessi potuto
incontrare Socrate,
ascoltare i dialoghi di Aristotele,
sostare nel Giardino di Epicuro,
la cui Scuola era frequentata
da schiavi e dalla etera Leonzia.
Avrei seguito Pan, col mio piede
equino, nei suoi possedimenti,
la foresta abitata da Driadi
e Ninfe, scelto a dimora i monti
d’Arcadia, dove sarei stato
esonerato dal faticare,
così da potermi
più agevolmente interrogare:
cento miliardi di esseri umani
transitati sulla Terra, mio padre
e mia madre perché vissero?
La loro presenza fu davvero
necessaria?
Lo sapevano di avere messo
al mondo uno schiavo?
3
Mi hanno mollato negandomi
il chiarimento, se ne sono
andati, lasciandomi nelle grinfie
di me stesso, e, ancora, non so
dove mi è capitato di finire,
scheggia di vetro conficcata tra
i denti, dopo una notte di rancori
post festum.
4
*
Il dio del Pentateuco proibisce
di cibarsi con carne di porco
in quanto immonda,
contemporaneamente nutre la casa
d’Israele coi dolci impastati
negli escrementi, e getta Giobbe
nel guano.
L’Amante del Sacro Cuore,
santa Marguerite-Marie Alacoque,
lecca il pus dei malati, ripulisce
il vomito ai sofferenti,
non riesce a trattenersi e lo fa
con la lingua,
ingurgitandolo avidamente.
Louise de Bellère du Tronchay,
“Luisa del Nulla”, vuole solo
il suo Sposo, non conosce
che il suo Sposo.
Guardatela nel magnifico abito
nuziale di lucentezza abbacinante,
cilicio a pelo caprino e crine.
Due volte a settimana gusta
le ulcere per dissetarsi usa il teschio,
mangia dal pavimento.
Le Mistiche tarantolate alimentano
feticismi isterici, fomentano
manicomio, non le puoi riprendere,
non le puoi giudicare, godono come
pazze, raggiungono l’orgasmo
che le manda in estasi, scopano da dio.
5
*
Quando si comunica,
anche il mutismo può avere
carico eccessivo di frasi,
l’afasia risultare bagarre
assordante.
Non credo nella parola,
nella bontà della conoscenza
reciproca, ritengo insidioso
lo scambio tollerante,
infido il dialogo costruttivo,
la cessione di Opinioni
mi fa schifo.
Il pensiero, tutto il pensiero,
ci rende infelici,
avvilendoci nell’analisi
psicologica dei morituri.
Più ricaviamo consapevolezza,
maggiormente cresce in noi
l’afflizione, la dolorosa
scia lavica che crea laceranti
escoriazioni al godimento,
alla disperata promessa
d’appagamento che mai sarà
nostro, in quanto bastonati
alla catena.
Ingiungo all’intelligenza
di starmi lontana, le analisi
approfondite moltiplicano
concetti criminogeni:
quando ho incrociato tesi
filosofiche erudite, ho sparato
a bruciapelo.
6
Più cose metto dentro di me,
più s’innalza la stratificazione
del Niente.
La vicenda umana è inutile
corsa, tragica fuga, verso
l’inetto irraggiungibile.
Mettiamoci d’accordo tra
persone civili: è vietato
incrociare il proprio simile
a una distanza inferiore
ai mille chilometri,
evitiamo incresciose collisioni
tra bare infervorate,
dal midollo cerebrale asinino.
7
*
Ho visione che l’individuo
schiatti, finisca di apparire,
lasci il posto a vapori leggeri
che volino lontano,
e che gli umani ritornino
a condizioni di preesistenza.
Un rientro meditato, convinto,
remissione spontanea, per chi
ha potuto sperimentare,
in migliaia d’anni, l’assoluta
infondatezza, l’inutilità
a permanere ulteriormente,
data l’impossibilità di far parte
del genere vivente senza
contrarre gravi aritmie omicide.
Gli uomini mi fanno così
tanta pena che quasi mi spiace
dovergli sputare in faccia,
tuttavia, anche oggi, devo
pur trovare il modo di passare
la giornata, e, conoscendo
i soggetti, devo fare attenzione.
Un mio atteggiamento troppo
clemente potrebbe all’istante
dare alito a equivoci, scatenare
l’insubordinazione di chi si
è montato la testa,
tanto è propenso a credersi
- qualcosa.
8
*
Decomposizione a ruota libera:
cercare se stessi.
Quanta damnatio memoriae
nei licantropi eloquenti,
fautori di neurosi ottimistiche,
portatori di aspirazioni
indecifrabili per il beota spossato,
che conducono al down da crack
buio e comatoso, allo svilimento
per troppa aspettativa,
svuotato in tristitia post coitum.
Conoscere se stessi, partire da se
stessi, modellare se stessi, rivelare
se stessi, sordida ars, il cielo me
ne scampi, lenocinio!
Scandagliare se stessi è indagine
da scherano, satanismo incline
ad ansia funebre.
Agostino, padre della loro Chiesa,
invitava a non uscire da se stessi,
a rientrare in noi stessi:
l’iniquo maestro che incoraggiava,
la frequentazione scriteriata
di cattive compagnie!
Non voglio avere a che fare
con me stesso, nessuna teologia
intimista, non voglio ritrovarmi
con me stesso.
Ammettendo pure che sia
possibile rintracciare se stessi,
cosa potremmo scoprire,
cosa si potrebbe mai scovare,
se non l’ennesimo stronzo
che galleggia?
9
*
Perché tanta ferocia sull’empio
seguace di Aristippo, affinché
bruci i tizzoni ardenti della sua
mente scellerata sull’Ara del Senso?
Vai a capire com’è andata quella
volta che, spinti da estro,
si è arrivati a maturare Spiegazione.
Non è passato giorno in cui non
l’abbia interrogata, provato
a stanare nei recessi dei riscontri
fantasmatici, in fondo
a incrostazioni di porcilaia dotta.
A dispetto del mio orgoglio
luciferino, il risultato è stato
impietoso: niente da dire,
niente da capire.
Nonostante i miei biasimevoli
tracolli nei confronti dei
virtuosismi mentali, l’indagine
è chiarissima.
Spiegazione, raggiunta la cima delle
sue risposte, ricade in basso
nell’altro versante, Sisifo blaterante
costretto a riprendere la sua fatica,
senza sosta, ogni qualvolta
si convince d’aver soddisfatto
un quesito.
Rassegnamoci con classe, non c’è
narrazione che possa ricondurci
a com’è potuto accadere
che l’esistenza si sia manifestata, così,
dal nulla, un giorno in cui l’intero
universo obbedì al Dolore.
10
*
Fatto d’arsura deviante, lordura
fecale, composto molecolare
d’anatema, reprobo d’etnia
sconosciuta, carattere contundente,
arma impropria d’assalti nefandi.
Non possiedo ethos per abbracciare
una fede, sono rettile sensista,
il martirio non è compatibile con la
tempra dell’Ammutinato.
Per riuscire a convivere con la mia
estromissione devo aggrapparmi
dove posso, lupo haereticus,
agguato cellulare, vilipendio
transgenico, baro obsoletus, infima
contumelia.
Ho posto Meta nel sopraggiungere
profondo di corsa senza arrivo.
Sono il classico tipo che ha tutto in
testa, ma che al momento del bisogno
non riesce mai a trovarla.
Sono l’Usurpatore Esausto dell’inerte
nulla operante, il dileggiatore di cibo
nel Pasto della Belva.
11
*
Non siamo condannati all’amore,
possiamo vivere senza, così com’è
possibile spassarsela molto bene
anche senza dio.
In tutta la mia vita non ho mai
detto ti amo a una donna.
Non per sfortuna o recalcitrante
predisposizione alla follia, neanche
per il contagio di un batterio
disgraziato, o per colpa grave
da espiare, come non ho mai avuto
neppure un motivo recondito,
impronunciabile, da collegare al mio
increscioso delitto.
Dire ti amo a una sola donna è un
crimine che non ho mai voluto
commettere, perché non sono poi così
spietato, da fare torto a tutte le altre.
Gli amanti sono monoteisti,
essi affermano: non avrai altro
amore all’infuori di me.
Un Gentiluomo non può infangare
la sua onorabilità assumendo
un comportamento ingiurioso
nei confronti delle altre donne,
egli non rinnegherà
mai l’inderogabile dovere
di ossequiare sempre e ovunque
- l’Amore.
12
*
Non ce la faccio a vivere
senza Ossessione, mi è
insopportabile l’assenza
di psicosi, posso tentare
di esistere solo come fobia,
ombra d’ansia, depositario
di patema.
Mi è indispensabile
un’Ossessione da coltivare
adesso, subito, oggi stesso,
un assillo che possa far
ripartire questo cervello
in défaillance.
Avendo esigenze realistiche
accetterei di buon grado
anche un’Ossessione
modesta, pervenuta magari,
casualmente, oppure,
perché no, un’Ossessione
logora, provata, consumata,
di seconda mano, purché
mi sottragga all’infelicità
di essere felice.
13
*
Considero il vostro emettere
soffio, atto belligerante,
proditoria dichiarazione
d’ostilità nei miei confronti,
riconosco in voi il corredo
genetico dei kapò.
Carnefici della tolleranza
dispensano il sacramento
del rispetto,
ultimo Spectaculum
che giustifica il buonsenso
dei tagliagole.
Laida impudenza volersi
perpetuare fiacca utopia,
una sola risposta alla richiesta
di putredine: non rispettare
mai chi ti manda a lavorare
ogni mattina.
Incrociare lo sguardo con voi,
oppure ascoltare, seppure
da un altro emisfero, il tono della
vostra voce, mi getta fra i detriti
delle fosse comuni.
Ci sono istanti nei quali
ho il tremendo avviso
che qualcuno stia
per commettere l’imprudenza
di concedermi la sua fiducia.
Poi accade l’inevitabile,
in quel mentre,
ecco svanire l’impacciata
repulsione,
14
che lascia libero sfogo a caldo
sentore d’apostasia,
impadronendosi della mia
intera struttura ipnotica,
salvandomi dalla pur minima
intesa con l’Inconciliabile.
La guerra non ha mai risolto
nessun problema.
Impostura!
Solo il barrito della mattanza
ha determinato qualcosa,
inutile ogni compiacimento,
non l’ho voluto io l’uomo.
Esistere non è obbligatorio.
L’uomo all’epoca della vita
come Valore, disgustosa
prosopopea, psicopatologia
dell’opulenza, omertà
che occulta l’endemica
predilezione della specie
al Gulag.
15
*
Filosofi, guru, santi,
più s’innalzano, scalano
le vette della coscienza,
più disprezzano la fica,
tutti pongono a premessa
di comprensione,
alla rimozione dei propri
limiti, il superamento
del desiderio sessuale.
La fica è sempre stato
il Demone
degli Illuminati.
Una tale congiunzione
la giudicherete propria
di chi non può farsi
degno sulla via
del sapere,
con la dovuta severità,
e certamente
disapproverete
la mancanza d’ascesi,
di nobiltà.
Cosa volete che vi dica,
a ognuno l’illusione
che merita, io vivo
per sentito dire, ragiono
col cazzo, provo gusto
a spolpare miraggio,
tacco 12.
Per buona sorte ho solo
bassi desideri,
la generosa ventura
mi esenta da impegni
snervanti, compreso
il gravoso esercizio,
pensare.
16
Se medito mi macchio di
misfatti raccapriccianti,
filosofia, dio, amore,
perciò mi sono disfatto
di tali orrendi delitti
alla maniera dei Teddy Boy,
a tutta velocità con l’auto
schizzata, contromano.
Secoli di coprofagia
meditativa hanno istillato
il vezzo malavitoso,
discernere, vano
occultamento di coda
tremula nell’avvilente,
bigotta, resistenza
a Tabula Rasa.
Dimostrazione lampante
che nessuna cognizione
è possibile, viene dal fatto
che sussistiamo, recidivi,
in flagranza di reato,
morbi inestirpabili,
metastasi che inglobano
agenti patogeni refrattari
a ogni trattamento
dissuasivo,
ceppi robusti che fanno
sempre tornare la stessa
infezione - vita.
17
*
Non si può dire
che vi fosse Silenzio
prima della creazione,
del resto è impossibile
affermare che sarà
Silenzio
alla fine dei tempi.
Almeno da non affidare
quel poco di cervello
che ancora ci resta
all’ammasso dei soliti
squilibrati dell’ascetismo
sclerotizzato.
Non si può sentire Silenzio.
L’ansimare simoniaco
di usurai dell’avvento,
la frenesia inesauribile
dell’intelligenza in azione,
la caduta dei singhiozzi
nel lacrimatoio,
impediscono di percepirlo.
Non avremo Silenzio
finché concederemo,
anche al più lieve
e impercettibile battito
del cuore, di mantenere
attivo l’ambizioso
congegno ritmico della
sua Losca Funzione.
18
*
Cerco di convincermi
che un unico
amore è soddisfacente,
addomesticato da voracità
e possesso, normalizzato
dal timor panico di restare
solo, ma non ci riesco.
Non posso vivere con un
unico amore, non ce la faccio,
sono ciò che sono,
cosa soggiogata ai capricci.
Ringraziando il cielo ho indole
sgualdrina.
Me ne frego dei panegirici
amorosi elaborati nei secoli,
sono oggetto usa e butta via
di guerriglia sessuale,
ho ereditato appetiti ingordi,
vezzi multipli, sincronici.
Il prossimo amore non
si scorda mai.
È da pericolosi psicolabili
idolatrare la facoltà
di leccare la stessa fica,
succhiare lo stesso cazzo,
per anni, addirittura
tutta la vita, e pretendere
che Noia non ce la faccia
pagare cara.
19
*
Gli dèi, sfasciati dalla
tediosa immortalità,
amano provocare
gli umani, e in special
modo giocano con chi
si batte dimostrando
la tenacia di autentici
combattenti.
Del resto,
che soddisfazione
è infierire su chi vive
da turista spaesato,
che si arrende subito
al primo apparire
del fantasma dai mille
nomi?
L’ordine spontaneo,
fuori controllo,
dei Vandali Coltivatori
di Rose, mi fa vagabondare
tra gli ammiratori
delle Nuvole.
20
*
Sono nato nei laboratori
farmaceutici
da Albert Hofmann
e il DNA TV.
Sorridente, minaccioso,
disordine, nel tepore
di Lobotomia.
Il mio solo obiettivo
è divenire tripudio,
non riesco a tenere
la testa sopra le spalle,
vivo la vita sollevato
per aria, cospiratore
inafferrabile,
guerriero fatuo.
Spaventa più cambiare
che distruggersi.
Vivo perdendo tempo,
non contate su di me,
lasciatemi fuori
dal democratico pogrom
umanista.
Sono l’Arciere Storpio
gravato dal Ritardo,
che vigila lungo i bastioni
disobbedienti di Sparta.
Gravemente colpevole
per aver disertato
moderazione, equilibrio,
unendomi al Ruggito
della Tigre Viola,
canaglia che ha irradiato
Lunghi Sogni Divini
nell’acquedotto a Sodoma
e Roma.
21
Onniscienti e saggi,
vi offro, lacrime sante,
delirio benedetto,
se promettete
di non rivelare il fulcro,
la quintessenza della vita,
vi prego, lo sconforto
sarebbe insopportabile.
Non date occasione al boia
scuoiato di sfogare
bestialmente la perfidia
incontrollabile, facendo
accoppiare con i dobermann
le vostre madri.
Ridatemi il buco del Culo
Ovazione, per annullarmi
nella versatile unità d’oblio
velleitario, c’è letale
attitudine al rifiuto nel mio
software insurrezionale.
Duole la protesi di filo
spinato applicato ai piedi
dei Danzatori Impensati.
22
*
Senza origini,
privo di radici attuali,
invoco Saturno perché
mi renda lieve il dedalo
che crea e distrugge
la bile nera.
Unicorno Argenteo
della Sera immolato
sul ciglio della rupe
di coscienza illusa,
nella pietà impietosa
dell’assenza presenza.
Contraddittoria,
Indivisibile Melanconia,
conoscitrice d’eventi,
che non possono
appartenere al mondo,
ma alle fibre stesse
della fierezza,
errabonda e scura,
del Gelido Fuoco.
Malum eccentrico,
disarmonico splendore,
di una vita abbattuta,
esaltata, depressa, eccitata.
Congiunzione incendiaria
di Labbra d’Estasi.
23
*
Sto lontano dai raggiri
dell’inconscio, rifuggo
dissennate introspezioni,
desisto da ogni velleità
di risolvere rebus.
Vivo in quanto gioioso feretro
decapitato nel solco oltranzista
di stirpe borderline.
Applico il mio ingegno,
in ricreazione permanente,
in ciò che di buono so fare,
il buono a niente.
Non sono in grado
di asciugare lacrime
ad alcuno, sono troppo
occupato con le mie,
una sola distrazione,
una impercettibile svista,
un’imperdonabile
negligenza, potrebbe
irrimediabilmente
sciuparle.
Credetemi, meglio così,
guardate dove finiscono
coloro che non si
consegnano al disincanto:
tra i clerico-comunisti
metafisici, nel sudiciume
conformista, coi mafiosi
dei Destini Ultimi.
24
*
L’uomo, l’uomo, l’uomo,
chi se ne fotte, che crepi!
Provate a domandare
agli Oceani cosa
importerebbe loro
se venisse a mancare
l’Immonda Placenta.
Chiedete alle Stelle,
all’intero Universo,
se potrebbero
mai cessare di brillare,
fermare l’immensità,
per mancanza
del Dogliante
inaccessibile al sublime.
Interrogate i Sogni
se potrebbero
sospendere, in qualche
modo, il flusso
Phantastikòs per il vuoto
lasciato dal Tronfio Suino.
Ecco allora, il solo
interessato all’uomo
è l’uomo, il Raggiante
Omicida imploso
per correità col Superfluo.
25
*
Non puoi domandare
all’Oceano le ragioni
del suo tormentato
impeto, mentre accoglie,
tra le braccia, benevolo
e devastante, le tue lacrime
d’Uragano.
26
*
Fango psichedelico crepuscolare.
Affronto demoni possenti
a mani nude, e la sola certezza,
l’Ignoto, ripudiando rimorsi
e memoria.
La memoria è innocenza
compulsiva che serve
a meglio frignare, procurando
alibi perché l’essenza
sanguinaria si possa indignare
in adulazione di Pregevole
Demenza.
Rapace dai rostri e adunchi
artigli al titanio, sbandato,
in balia della sorte, braccato
dal Castigo.
Ho una sola chance alla nausea:
che le Tentazioni mi perseguitino.
27
*
Sono stato fidanzato a lungo
con una ragazza che non era
la mia fidanzata, con la quale
ero fidanzato, anche se
non proprio fidanzato, stavamo
insieme, anche se lontani,
facevamo coppia non avendolo
mai stabilito, a nostra insaputa.
Innamorati?
In tredici anni nessuno
ne parlò mai.
Per chi ci conosceva Emily era
la mia fidanzata, e del resto
ci vedevano nella stessa topaia,
dormivamo nello stesso letto,
ci occupavamo dei medesimi
interessi.
Emily era quasi sempre distante,
stava con me senza stare con me,
stando con chi voleva, viaggiava
continuamente, trascorse
la maggior parte degli anni
in diverse città, altri continenti.
Per improrogabili impegni
di lavoro?
No, per suo piacere.
Attraversava Bolivia, Colombia,
poteva fermarsi a New York,
oppure impegnata a inseguire
un uomo che le piaceva
in Messico, entrare in Brasile,
visitare Cuba.
28
Spesso alle prese con emozioni
e incontri che la catturavano
emotivamente e consegnavano
a situazioni minacciose,
estreme, sperimentando stati
d’animo ed episodi di cui
discorrevamo con una certa
consuetudine.
Ogni suo viaggio poteva
durare tre, cinque, otto mesi,
e così andò avanti per tutti
gli anni della nostra intesa.
In ogni caso i ritorni di Emily
erano comunque occasione
di sesso travolgente, nuovi
progetti artistici.
Capitò di accompagnarla
al consultorio e all’ospedale.
Vedendomi in sala d’attesa
le dottoresse chiedevano:
- E’ lui il padre?
- No, non è lui.
29
*
Compiere gesta d’ordinaria
divinazione sportiva, arte
lisergica di prendere la Metro,
almeno per una volta,
senza piagnucolarsi addosso.
Sì lo so, c’è da salvare
l’umanità, ma qui troppa
gente è convinta
che basti essere deboli
per stare dalla parte giusta.
Sterminati campi di sterminio,
sconfinati campi di dominio.
Mio padre mi ha insegnato
come affrontare il plotone
d’esecuzione:
morto per morto, mi raccomando,
sempre ben pettinato.
Alla vigilia dello scontro
impari alle Termopili,
fu inviato
un Cavaliere Persiano
in perlustrazione col compito
di scrutare l’accampamento
di Leonida.
Il Cavaliere riuscì a scorgere
l’attendamento dei
Guerrieri Spartani: alcuni tra
questi praticavano esercizi
ginnici, altri si… pettinavano.
30
*
Sono di sola Carne, tutto ciò che
mi serve è ciò che si può comprare,
il resto non ha Incantazione in
cattività fugace.
Il disfacimento della materia
è la fine, fine completa,
polvere su polvere,
senza ricompensa, né ritorno.
Mi sta bene così, non mi
serve altro, lungi da me
stuzzicare i centri d’energia
psichica cosmica.
Non sarò certo io a effettuare
la risalita cosciente, consapevole
Kundalini, tengo com’è la base
della colonna vertebrale, la corona
nella testa, inutile fomentare
discordia tra me e il mio Io,
quei due non li ho mai frequentati.
Mi dissocio dal voler raggiungere
supernova, il colmo felicità,
pura beatitudine, altezze
inusitate, niente Bodhi, condizione
che non è giudizioso affidare a un
tipo, smodato come me, il Risveglio
potrebbe innescare fulgori
onnipotenti, capaci d’aizzare il pitbull
in agguato nella mia rabbia suburra.
Ho bisogno almeno di un po’
di fanatismo per meglio sopportare
vicinanze antropomorfe.
31
Nessun corpo esoterico di pietra
preziosa, Corpo Glorioso,
né attraversamento
di comprensione finita, che mi
tramuti nel sé trascendente.
Lasciatemi al primo Chakra, livello
sul quale intonare Mantra
del Cazzo Duro, nel plesso sacro
tra l’Ano e i Genitali.
32
*
Un uomo dalla visione espansa,
sa che ogni donna possiede
in sé un mondo tutto suo,
motivo per cui non si arrocca
in difesa bigotta e integralista
dell’amore a due, rinunziando
alla molteplicità degli incontri.
Se dev’essere amore, che sia
davvero senza esclusioni
di colpi, audace, spavaldo,
spericolato, pronto a tutto,
guerriero temerario,
amore volubile, plurimo.
Non posso stare con una sola
donna, m’innamoro appena
esco da casa, attraverso piazze,
supero vie, un balordo come
me diventa pazzo osservando
incedere ondulatorio, passo
tellurico modulazione sismica,
rigido assetto
da combattimento.
Fasciate da soffice chiffon,
carezzevole satin,
mi consegnano a lubrifico
fervore votato a deriva,
furibondo, insaziabile
stordimento, Feroce Idolatria.
33
Il Corpo Femminile non
si discute, nessun astruso
groviglio filosofico,
esso ci dice chi siamo
realmente, costringendoci
alla resa per manifesta
inferiorità.
Il Corpo Femminile è la sola,
autentica prova che,
anche privi di fede, si può
assurgere a Preghiera.
Cupidigia inestinguibile,
sfrenata servitù volontaria,
visibilio assurto
a suscitatore di supremo
vizio osannante, feticcio,
morbosa venerazione.
Nella ghiotta vampa bordello,
carne e sangue si fanno verbo,
umido, anale, postribolo frusta.
Esaltato nel reciproco plagio
di voluttà e grido, ebbrezza
del volo, invoco genuflesso
coitus perpetuus,
e che a nessuno salti in mente
di venirmi a soccorrere,
trovereste il sibarita vituperio,
sperma demiurgo, daemonium
infoiato da commozione
e pornografia.
34
*
Splendidum vitium, splendidum vitium,
splendidum vitium.
Non ho una ragione per esistere,
ci pensa il corpo a farmi
riprendere i contatti, ci pensa
il corpo a ricordarmi perché
mi sono così necessario.
Splendidum vitium, splendidum vitium,
splendidum vitium.
Resterò elegante debosciato
che evita di sciogliersi nella
grevità, autocreandosi presenza
ridondante, squilibrio
che implora di essere disturbato.
Splendidum vitium, splendidum vitium,
splendidum vitium.
Assimilo capacità di prodotto
sintetico, artificiale,
vedo macchine con intelligenza
biologica scrivere biografie
degli arcangeli.
Splendidum vitium, splendidum vitium,
splendidum vitium.
Guai per me se il mondo
non fosse così,
l’insoddisfazione non potrebbe
più alimentare la mia
efferata avidità.
Splendidum vitium, splendidum vitium,
splendidum vitium.
35
*
Sì, io vivo nel regno dello
stupendamente inutile, sì, è lì
che risulto formidabile.
Ascolto l’urlo del prolungato
indugio, gusto la mia triviale
alterigia di scotennato
in tempeste traboccanti rischi
da spendere, inconcepibili
gesta di Strepitosi Accidenti.
Evirato del mio isterismo
di bestia in calore, lascio
che la vita s’insinui
nelle piaghe pruriginose
di ferventi deviazioni
barbariche.
Non c’è gioco d’azzardo
che possa capovolgere
le sorti viscerali dei miei
viluppi labirintici.
La Speranza ha il compito
di far funzionare i morti.
Mi agito scarnificato
da coltelli di redenzione,
eunuco voglioso,
rappresaglia nevrastenica
in esercizio d’igiene tra inutile
teschio e liturgia degli addii.
Rivendico il precetto
che predispone il ripristino
del Comandamento,
tanto in voga ai bei tempi
andati, quando bastava
una sola parola sbagliata,
per sprigionare congenita
fragranza di Sabba Rosso.
36
*
Chissà qual è il meccanismo
psicologico per cui la donna
decida di aderire a Religione,
da cosa è spinta la sua mente
per farle accettare tanta
mortificazione?
Nel Corano si proclama
che l’uomo è superiore alla
donna, poiché dio ha fatto
eccellere alcuni sopra altri,
e che le donne buone sono
quelle ubbidienti,
per chi non vuole capacitarsi
della propria condizione,
dio ordina di porle in letti
separati e di batterle.
La Torah impone
tassativamente al fedele
di ringraziare ogni giorno
il Creatore per avergli
risparmiato l’obbrobrio
di nascere donna.
La donna soggiace a Religione
nel gioco di Piacere Colpevole:
non mi piace, ma lo voglio,
non mi piace, ma m’interessa,
ripugna, disgusta, ma seduce.
Nell’Antico Testamento,
la donna porta il peccato,
la morte, femina instrumentum
diaboli, la sua sopravvivenza
dipende dalla generosità
maschile, colei che si macchia
di tradimento
deve subire l’infibulazione,
la macellazione dell’utero.
37
*
Niente di me è certo,
sicuro, provato, esisto
solo nel mio cervello
bacato, ma anche
questo non lo giurerei.
Identificarmi è impresa
che supera ogni mia reale
capacità, lo sfavillio della
mia smorfia di bagascia
beffarda infatuata
d’inconcepibile,
m’impedisce di citare
il nulla, il vuoto, le lande
impervie del distacco.
Nella tormenta ho provato
a interiorizzare clemenza,
ma il tentativo ha prodotto
in me tribolazioni
da fuggiasco colto nel
naufragio.
Le fiamme mi circondano
veementi, anche
il firmamento è minato,
l’ultima scusa si è arresa,
non ho più un posto
dove fuggire.
Non so cosa farmene di me.
Potessi costruirmi
un Cosmo personale nel quale
riversare idee, superstizioni,
qualsiasi esse siano,
invece resto carcassa fasulla,
pianto atavico truffaldino.
38
Non voglio nascondermi
dietro il pretesto del dolore,
agnello sacrificale d’ogni
nostalgico patimento.
La mistica del dolore implica
visione, aspettativa, tensione
morale, che io sicuramente
non sono in grado di sostenere.
Mi resta solamente l’ammasso
ambiguo d’ossa e nervi incapaci
di vincere, tanto meno aspirare
a Gloria della Sconfitta.
39
*
Il mio Destino è lo Sfarzo
dell’Innocuo.
*
La calunnia più grave
che circola sul mio conto:
respira.
*
Non mi fido di questi bambini
che non vedo più giocare
per strada.
*
Chiunque tracci i confini
di una Nazione, di una Patria,
è un bestemmiatore.
*
Mangiare vegetariano non
è questione animalista,
ecologista, men che meno
ideologica o religiosa,
ma scelta solamente estetica:
nutrirsi di carcasse,
affondare i denti nei cadaveri,
divorare i morti, è Chic?
40
*
Grazie, a chi ha
inventato TV, computer,
perché fagocitati
dai simulacri evitiamo
di parlarci,
d’interrompere il muto
silenzio smorzato,
che allontana ogni
pericoloso
slancio d’intimità.
Ci sopportiamo solo
restando ombre vuote,
squartate, rivolgersi
al proprio simile
è di per sé terrifica
epifania, fetida unio
mystica doversi anche
riconoscere per ciò
che siamo, davvero,
cortina virale
del dolorismo spastico
condiviso.
Io non esisto, tu non ci sei.
Possiamo così
legittimare il fasto
della nostra inservibilità,
l’ultima cosa di cui
abbiamo bisogno
è curiositas,
la cognizione l’uno
dell’altro, dei nostri
abbracci d’odio.
Il vero delitto dell’uomo
è avvenire, patologica
necrofilia nel bazar
dell’impudicizia di esserci.
41
*
Capelli corvini a ciocche, sopracciglia
scurissime, occhi neri sporgenti, naso
un po’ schiacciato, labbra tumide.
Voglio uccidere! Uccidere!
Stanerò voi che prevedete l’imprevedibile,
smaschererò voi che schedate i sospiri,
ucciderò senza distinzione di razze.
Mi avete imposto centinaia di doveri,
concedetemi un solo diritto, uccidere!
Chiedo forse troppo?
I miei amici più giovani di me uccidono
da anni, anch’io voglio uccidere,
ucciderei con tatto e obiettività.
Sferisterio, pallacorda, Campo
Marzio, Roma.
Caravaggio affronta Ranuccio
Tomassoni con la spada e lo uccide
nella polvere, per debiti di gioco.
Martirio di San Matteo.
Nelle osterie fra bagordi e scandali,
in mezzo a bastardi, feccia,
arrogante, rissoso, sempre pronto
a insultare, aggredire, Barbaro
Visionario della Luce Tagliente.
Fanciullo Morso dal Ramarro.
Duelli all’arma bianca tra bande
rivali, Colosseo, Trinità dei Monti,
Saint Louis des Français.
Caravaggio si lancia nella mischia,
ferito alla gola e all’orecchio,
angelo sterminatore eretico, fazioso,
eversivo, Medusa urlante col capo
cinto d’aspidi.
42
Voglio uccidere! Uccidere!
Non ci tengo a far star bene, voglio
innescare lo scompiglio, a sentirla
nominare la pace mi fa l’effetto
di Hiroshima.
Voglio uccidere! Uccidere!
Per sapere se esisto realmente.
Luce che squarcia l’ordine costituito,
accentua l’intensità,
l’oltraggiosa beatitudine dei corpi
infocati.
Decollazione del Battista,
Sacrificio d’Isacco.
Ricercato, inseguito dagli sbirri,
costretto a fuggire da Roma, Napoli,
Valletta, in fuga sulla Chevrolet
ruggine alla ricerca del rifugio sicuro.
Fasci luminosi intermittenti fendono
drammatici la Statale 666, che,
dalla città di Cortez, porta fino
a Gallup, New Mexico.
Sui rilievi circostanti, battuti nella
sera dal diluvio, scie lucenti lasciano
intravedere:
Estasi di San Francesco,
Narciso, Riposo nella fuga in Egitto.
Entra nel bar della stazione
di rifornimento, rappresentazioni
vive:
Giuditta che Decapita Oloferne,
Amore Vittorioso,
Salomè con la Testa del Battista.
43
La radio trasmette composizioni
liturgiche a più voci, in fondo
al locale aggredisce Mickey
e Mallory Knox, Natural Born Killers.
Si aggrappa al collo di Mickey
impegnato a schiacciarsi foruncoli
dal mento riflesso nel vetro della
bottiglia di whisky, lo scaglia sul
pavimento, cammina sopra
la sua faccia con gli stivali cromati.
Scaraventa Mallory tra il bancone
e i videogame, colpisce col cacciavite
nel basso ventre.
Bambina selvatica, compassionevole.
Je t’adore, baby.
Caravaggio lascia la Statale
addentrandosi nel centro abitato.
Madonna dei Palafrenieri, Bacco,
Vocazione di San Matteo.
Costeggia il caseggiato col liuto sotto
il braccio, nota una finestra
spalancata, balza dentro.
Le due donne presenti sono atterrite,
ingaggiata una breve colluttazione,
lega la giovane al lavandino,
poi tenta di penetrare col suo membro
l’anziana, ma fallisce a causa
dell’eccessiva eccitazione,
allora blocca pure lei.
Sfodera il liuto, stupendo, ed esegue
un brano delicatissimo.
Le donne strillano come dannate,
non riesce a suonare, il chiasso
mpedisce la concentrazione.
Constatato che la buona musica
non è apprezzata si cala da dove
era salito e se la svigna.
44
Blue screen in tutta la strada.
Cattura di Cristo,
Ragazzo con Canestro di Frutta,
David.
Si nasconde sotto il pullman ma,
probabilmente, qualcuno deve
averlo intercettato,
dato che da lì a poco sente le canne
dei mitra della polizia premere
nelle costole.
Voglio uccidere! Uccidere!
Chi vuole provare per primo?
Fatevi avanti, non siate timidi,
date il buon esempio,
abbattete l’ultima riserva,
lasciatevi andare al fremito
smisurato, avete tutto
da guadagnare, visto che non
sapete vivere, avrete, almeno,
l’opportunità d’imparare
a morire.
45
*
Vorrei crescere infedele, tradire
me stesso, l’assurda piovra capace
di frenare la spia che si agita in me,
vendere al miglior offerente
la chimica neurologica, spostata,
degenere, che trattiene la mia
- fuoriuscita.
Consegnare al nemico la linfa
dei pensieri espressi, impedendo
l’insolenza di un altro soprassalto
puerile estorto all’ingenuità
di - cedevolezza.
Diventare delatore del mio sistema
nervoso centrale, vendicare
l’indebita occupazione di spazio
nelle vene, attraverso
la quale faccio leva sul tarlo
malsano del diritto a - manifestarmi.
Tradire, perché io possa ingiuriare
Io, tradire, affinché niente resti
intentato, tradire, per non
alimentarmi d’acredine compiacente,
tradire, per desistere da ogni
convincimento,
denunziare il furore banditesco
di - perdurare.
46
*
Sono assurto a luogo comune,
piegato ai colpi di sferza che mi
hanno reso autopsia flagellata,
rumore di fondo nell’inconsulto
anelito di meglio cadere
nell’odierno.
Non proteggo la mente, non la
dirigo, la faccio andare dove vuole,
pacificato nell’accidia iconoclasta,
oltrepasso l’estremità dell’Iinviolato,
sposto il limite, sposto il limite,
sposto il limite.
Mi rallegro, finalmente la vita
è cripta vuota, senza ossigeno,
benvenuta alba di giubilo, la vita
è resa inservibile, perciò non potrà
più angustiare la piccola cagna.
Non è più dovuta nessuna risposta
a vocazioni, il finalismo ha cessato
di umiliare, d’ora in avanti
l’incandescenza si occuperà del
perfido maligno segregato nel mio
singulto tiranno.
Le parole sono il risultato di ferrea
disciplina, addestramento al pestaggio,
bastonatura impietosa, poiché non
è possibile assecondare la convivenza
pacifica: le parole che non uccidono
lavorano per il nemico.
47
*
Sulle labbra di Lautréamont
sangue e camelie, eloquenti
linciaggi, fiele d’absentia.
Avvoltoi tengono nei becchi
Serpenti Stellati della Notte,
reminiscenze ad accesso
peyote.
Battito d’ali lungo la linea
d’orizzonte, brivido
che precede la perdita di sé,
ritrovandosi, co’ sang,
riverbero d’argento su sfondo
di scenari laser
da Primo Mattino del Mondo.
Turpitudine ludica, edonismo,
Ode a Diserzione.
Fender Stratocaster, feedback,
tumulto di battaglia, Talismano
d’Accensione, No Gravity,
levitazione, musica che non c’è,
dardo orgiastico,
Electric Ladyland/Jimi Hendrix,
regalità impetuosa, fastosa luxuria,
macchina-rumore nel crepitio
d’Acciaio e Seta, acid trip, ogiva
psicochimica, Stormi di Bianchi
Falchi nel Vento
48
*
Osservare la vita è avvilente,
inesorabile sgomento,
addentrandosi nei suoi
limacciosi anfratti, scopriamo
difformità valutative,
discrepanze, dissimilitudini.
Ogni sguardo, giudizio
considerazione sull’esistenza
è condizionato dalla nostra
parzialità di pensiero,
per cui è impossibile stabilire
certezza, acquisire sapere.
Non siamo attrezzati per una
visione univoca, non possiamo
vedere la vita tutti quanti
per quella che è, anche perché
ciò che è, non sappiamo cosa sia.
Pirrone di Elide, la chiama
acatalepsia, impossibilità
di conoscere le cose nella loro
radicale, insita natura, noi non
siamo in grado di stabilire
quale opinione è corretta,
non si può condividere alcuna
verità, ciò che viviamo accade
per convenzione.
L’Affermazione è indimostrabile,
ipotesi personale, mero assunto
soggettivo, la differentia esplode
in divisioni e scontri ferini,
la chiamano Coscienza: grugnito
identitario, bordelleria predicante,
compenetrazione caustica,
sangue bituminoso di carcame
schiumante.
49
*
Progressisti e conservatori si rubano
i marciapiedi a vicenda, ottenebrati
negli obitori del consenso,
nelle strade idillio inverecondo tra
presenze ingiustificate e annientate.
Il vantaggio di vivere in un mondo
corrotto è dato dal fatto che prima
o poi incontro sempre qualcuno
più corrotto di me.
Ascolto enfasi per idioti, sei vivo,
prezioso, utile, indispensabilità
del solito minchione,
incensamento per nobile causa:
efficienza produttiva del bestiame
prostituito.
Più si agita l’ideologico marcescente
della nostra corale attestazione,
più coliamo a picco nell’informe
danza sepolcrale del - Sé.
Vedo lazzaretti utopici, necropoli
di gaudio morale, e mi convinco
di sapere sempre meno della
mia vita, condizione irrilevante
se non fossi continuamente
molestato dalla superbia degli
Squadristi di dio.
50
*
All’improvviso vidi accanto a me
mio fratello Antonio, allora
quindicenne, sgomitare per farsi
largo nella baraonda creatasi
intorno al Vigorelli, entro cui era
stato organizzato, da emeriti
imbecilli, il concerto dei Led Zeppelin.
Si trattava della serata finale di una
kermesse canora nazionale,
durante la quale, una folta pattuglia
di miserrimi cantanti nostrani,
avrebbero dovuto propinare i loro
gracchianti gargarismi.
Questi imbarazzanti schiamazzatori
appena salivano sul palco,
venivano sbeffeggiati, coperti da una
marea d’insulti provenienti
dal pubblico confluito al Velodromo
milanese da diverse città per la prima
italiana del Dirigibile.
Noi stavamo col solito gruppuscolo
di bulli, privi di biglietto.
I Led Zeppelin suonarono ventisei
minuti, quel 5 luglio 1971,
poi dovettero arrendersi,
abbandonare la scena nella
confusione-sarabanda:
bolgia di sirene, manganellate,
lancio di lacrimogeni, pioggia
di sassi, cariche dentro e fuori
di oltre duemila agenti in assetto
antisommossa.
51
Il fumo asfissiante si propagava
nell’aria, superando il perimetro
del Vigorelli, espandendo l’aspra
nube nelle strade adiacenti.
Io e Antonio, per sfuggire alle
aggressioni poliziesche, metterci
al sicuro dai caroselli
delle camionette di celere
e carabinieri, trovammo riparo
accucciati dietro una siepe
in Corso Sempione.
Fu in questo nascondiglio, sotto
arbusti provvidenziali, che,
guardando mio fratello, pensai
a molti anni addietro, quando
condividevamo la cantina
con un’altra famiglia,
e, per sfuggire all’umido tugurio
infestato dai topi, il pomeriggio
andavo al bar a guardare la TV
dei Ragazzi, a volte passava mia
madre con Antonio in braccio.
Appena faceva il suo ingresso
un uomo di mezza età, ben vestito,
dai modi cordiali e signorili,
l’avvicinava facendole sempre
la stessa proposta.
Signora, rifletta, nelle vostre condizioni...
io e mia moglie siamo disposti a offrirle
tanto oro quanto pesa il bambino.
52
Penso con infausto avvilimento,
apprensione sgomenta,
alla congiuntura in cui mia madre
avesse accettato il baratto.
Il panico mi opprime ancora oggi,
rigetta il mio piagnisteo meschino
nella più lugubre costernazione,
non in quanto scosso da remore
d’ordine etico, ma bensì per
convenienza, mero opportunismo.
La cara mancanza avrebbe per me
significato dovermi affaticare
in prima persona a respirare, far
scorrere sangue nelle vene, incarichi
micidiali che in tutti questi anni mio
fratello ha svolto al posto mio,
dandomi, così, la possibilità
d’interpretare il personaggio che
meglio mi si attaglia, il - Pappone.
53
*
Dubito di ogni volontà che lotta
contro i mali del mondo,
un uomo accorto, custode prudente
del suo Esibizionismo Acclamante,
detesta la sola idea di gettarsi via
per così poco.
Mi rifiuto di battermi per un
mondo migliore, non è fattibile,
è sempre possibile un mondo
peggiore.
E poi la responsabilità sarebbe
oltremodo gravosa se dovessi,
per un malcapitato intrigo,
ricoprire il ruolo disdicevole
d’insegnare, trasmettere idee,
risultare propedeutico.
Vorrei invece scongiurare
di trovarmi a dettare messaggi
contribuendo all’orrenda
proliferazione di spiriti liberi,
alla calamità angosciosa
di moltiplicare, per dolo e colpa
grave, gli stramaledetti processi
interiori, la bieca creazione di
una nuova anima.
54
*
Sembra vi sia una regola ormai
scritta, non si sa bene da chi,
da osservare tassativamente,
preferibilmente quando si è
giovani: fare i rivoltosi deficienti.
Generazioni imbottite di tritolo
ideologico, che hanno fatto uso
di Parole d’Ordine ribelliste,
indotti, manus militaris, a sogni
per coglioni ammaestrati.
Sono i danni collaterali,
messianismo da marmaglia,
arma di distruzione di massa,
utilizzata dallo sventrato,
dal malfattore spinto
da passione fideistica, che si
crede il prescelto, il nuovo
Edificante, ennesimo apologo
dello schiavo elettrizzato.
Quanto sperpero di tempo!
Trovandomi implicato,
avrei più utilmente impiegato
gli anni della mia giovinezza
sbattendo il cranio contro
un muro, addestrandomi
per la rapina definitiva,
oppure andando a prenderlo
nel culo da qualche parte.
55
*
Il Destino predilige l’essenziale,
imbolsiti affondiamo per soverchia
eccedenza, ci uniamo, in osmosi
diabolica, nella Danza Macabra
del nostro livore urticante,
invincibile, non resta che perdere.
Tuttavia, arroventati dal fanatismo
della Verità assoluta, continuiamo
a confondere certezze, con i nostri
squilibri neurologici.
Incaponiti sosteniamo che Verità
ci sopravvivrà, che essa è più Alta
di noi, non faccio fatica a crederlo,
non ci vuole poi molto a stare
un palmo sopra la merda.
Profusi in effusioni con l’eternità,
dimentichiamo che il nostro segno
distintivo è il vigore decrepito dei
furfanti in flagranza di lapidazione
analgesica.
Epigoni addestrati abbiamo
marchiato nelle carni e negli occhi
l’asfissia dei sorpassati, cui non
rimane che il sollievo di venire
- liquidati.
56
*
Sono fregato, ho un punto di vista,
peggio per me, così imparo:
sentimenti, passioni, misticismo,
ognuno s’inietta la sua overdose
di pathos, il veleno che predilige.
La vita è fatta della stessa sostanza
dell’Odio, ordita, orchestrata
da Dada, sul Boulevard dei mai
pervenuti.
A volte ho bisogno di Vento,
necessità di vanesio stordito
senza terra né cielo,
raffica che sradichi il deleterio
scetticismo, sconvolga i campi
di distorsione del non so cosa sia,
un Vento che spazzi via
il miope lacchè rappresentato
nello show della mia stessa
messa in Scena.
L’imprudente maneggio
dello Sgomento di Morte, espone
noi babbei a scorribande belluine
del Confortorio.
Mi salverò da questa pestilenza
quando gli dèi imporranno su di me
il loro imperativo categorico,
che cancelli il ripugnante grugnito
saccente, concedendomi il vantaggio
di Cecità Sociale.
57
*
Se vi capita d’incamminarvi lungo
la strada che porta alla città
d’Alessandria, dove, probabilmente,
vi prefiggete di percorrere,
per vostro lodevole interesse,
il IV secolo, e vi addentrerete tra le
sue mura con spiccata curiosità,
fate attenzione.
Potreste avere l’ineguagliabile sorte
di trovarvi dinnanzi alla Signora
della Scuola Neoplatonica,
che insegna matematica, astronomia,
filosofia, sappiate che ella è Ipazia,
la Suprema Altezza.
Se vedrete che incute timore
reverenziale di Maestra della
helleniké diagogé, la via ellenica,
e si muove con gesto nobile,
siate certi di trovarvi al cospetto
di Ipazia, l’Eminenza.
Quando resterete incantati da occhi
d’oliva nera, da un volto seducente
e misterioso, dal colorito della pelle
a sfumature brune, impreziosito
da fluente chioma di lucido corvino,
considerate che vi trovate innanzi
Ipazia, l’Acutezza.
La vedrete, l’ascolterete, nel Serapèo,
lo splendido santuario innalzato
al dio Serapide, formato da colonnati
infiniti, statue che paiono viventi.
58
Il cristianesimo, imposto con la spada
da Teodosio, proibisce i sacrifici agli
dèi, i riti pagani, equiparati, con legge
speciale, a lesa maestà:
chi non accetta l’amore di Stato
del Cristo, viene condannato a morte.
Scrive, Paolo nella prima lettera
ai Corinzi: tacciano le donne
in assemblea, ma Ipazia non ha timore
di levare la voce in corso di riunioni,
durante le quali si trova a dissertare
in mezzo a soli uomini.
Veni daemon ferox, veni daemon ferox,
veni daemon ferox.
Su Alessandria imbrunire carico
di sentore, stormire di vento tra gli
alberi, dal deserto la sabbia s’insinua
nelle strade, ricopre i volti, secca la
bocca di Ipazia, mentre i carnefici
di dio impugnano attrezzi di carità.
Veni daemon ferox, veni daemon ferox,
veni daemon ferox.
Su ordine del vescovo Cirillo,
il gruppo cristiano, guidato
dal monaco lettore Pietro, si apposta
per sorprendere Ipazia nel suo
ritorno a casa.
Veni daemon ferox, veni daemon ferox,
veni daemon ferox.
Aggredita sul carro, la trascinano
giù fino alla chiesa Cesareo,
le strappano la veste, la scarnificano
59
con cocci affilati, e, nel momento
in cui respira appena, le cavano
gli occhi, quindi viene smembrata,
fatta a pezzi, gettata nel Cinerone,
dove si brucia la spazzatura.
Veni daemon ferox, veni daemon ferox,
veni daemon ferox.
Gli assassini esultano con le parole
del padre santo della loro chiesa,
Agostino:
la donna è immondizia.
Veni daemon ferox, veni daemon ferox,
veni daemon ferox.
60
*
Decido di vivere nel mondo
sospeso tra baratro, asfalto
magnetico su pelle irrequieta,
mani randagie disegnano
conturbante abuso di fascino,
l’aria ipnotizzane,
ingovernabile, Sorpresa Fatale.
Inutilmente, religioni e società,
cancrene della Guerra Interna,
cercano di aprirsi un varco
nel mio irriducibile egoismo,
ed ecco la potenza: possedere
me stesso ricavandone
l’indifferenza di essere Unico.
Sono equivoco impeccabile,
puro agglomerato d’anchilosi,
embolia predatoria,
inezia subdola, abiura sfibrata,
forfait inappuntabile, verve
cauterizzata nel capestro.
Un tipo come me, facile
a vacillare, ritrova il suo centro
gravitazionale in rappresaglie
d’affanni, raptus rigeneranti
al calor bianco, scisma fecondo
di Soccorrevoli Rovesciamenti.
61
*
Non è mia prerogativa
realizzare il pieno Fallimento,
sapete, non giungere mai
al traguardo,
fallito per Grazia Ricevuta.
Il vero Fallimento esclude
la pur minima traccia
d’opportunità,
io invece, a ben vedere,
combino sempre qualcosa,
malgrado la disponibilità
ad arrendermi, qualcosa
in me riesce, si realizza.
Non fosse altro che per
l’accettazione del trascorrere
delle ore, dei mesi, degli anni.
Non avendo perciò alcuna
predisposizione per il totale
Fallimento, mi ritrovo ibrido
affanno, un quasi non-definito,
figura quasi non-vivente,
quasi non-niente.
62
*
Embolo letale, supponente,
pensiero illecito pazzo di Verità,
medicalizzato dall’umanesimo,
fetente altero, borioso,
che signoreggia su sconfinata
masnada, interminabili cortei
striscianti di cervelli marci.
Fine esegeta dell’epilessia bovina,
malarazza scannata avviluppata
in chimera inestricabile, costi
quel che costi.
Non sono tenuto ad alcuna
rispettabile armonia tra le parole
che pronunzio e le mie azioni,
coerenza è triste, noiosa, lapidea.
Mi prendo astuta licenza
d’imbrogliare, mi curo di non
risultare sincero, per eludere
la iattura di venir preso sul serio,
scambiato per colui che tutti
vorrebbero fosse come potrebbe.
Voglio dirla fino in fondo,
non mi è chiaro ciò che dico,
non per quel che dico,
ma piuttosto perché si sono
via via introdotte nel mio
discernimento pruderie, che in
fondo in fondo indicano
come anche il contrario di ciò
che affermo non è detto che non
mi vada a meraviglia.
63
Perciò, l’inverso, il contrario
di ciò che penso, risulta
lusinghiero al manigoldo
sicofante.
Mi sono gettato in pasto alla
follia quando ho accettato
di vivere con me stesso, cerebro
collassato, rectum estorsivo,
sbocco di Sangue Infingardo.
64
*
Stare al mondo senza paranoia
sarebbe come vivere senza
mangiare, trovarsi privo di
malesseri in un mondo che abbia
superato angosce risulterebbe
un duro colpo, il Delitto Perfetto
ai miei danni.
Vivere liberato da crucci brucianti,
insidiosi spettri, nemesi malevola,
mai più afflitto da mitomanie
cruenti, indotto ad andare contro
natura a causa della cacciata
di terrori ancestrali, infiniti sfaceli,
estinzione del Tragico.
È questo il pericolo più grosso
che mi si paventa all’orizzonte:
trovarmi nel mondo con la vita
in forma smagliante, che vorrebbe
eliminare tribolazioni,
e che corre il rischio di riuscirci.
65
*
Giorgia, intrigante, alta, testa carica
di riccioli rossi, gonfi lapilli roventi,
occhi verdi, carnagione bianchissima
d’alabastro.
Una sera di rigido inverno andai
a prenderla, andammo al bar Ragno,
nel quartiere di Brera.
In preda agli effetti dell’alcol,
accettò senza esitazione, la proposta
di trasferirci a casa mia.
Inutile dire che per la mia mente
trifolata fu il segnale indubitabile
che finalmente ci sarebbe stata.
Loquace e ammiccante, la fissavo
affascinato, pregustando il momento
in cui l’avrei succhiata afferrandola
da dietro, leccandole il buco del culo
con lingua prensile.
Ma Giorgia seppe tenere a freno i miei
ormoni sconsiderati cominciando
a raccontarmi ciò che sessualmente
la eccitava, piaceri carnali che mi
lasciarono sbigottito:
ho per amanti due vecchi nani alti così.
Tentai di restare impassibile,
cercando di non far trasparire
lo sconcerto.
Adoro le donne, però irsute, molto pelose,
mi eccito con la bruttezza, devo toccare
il mostruoso, tu sei troppo un bel ragazzo
per i miei gusti, non fai per me, non sei
per nulla deforme, io invece voglio
addosso un uomo a due teste, che con una
mi sussurri dolci frasi sul collo,
mentre con l’altra inciti il branco all’orgia,
squartandomi.
66
*
Non c’entriamo niente con la vita,
non siamo adatti a esistere,
la vita non ci vuole, siamo nocivi
ai nostri simili, privi di freni inibitori
riveliamo innata, genuina attrazione
dell’assassino che è in noi
per l’arcano istinto Crematorio.
Incapaci di lealtà agonistica,
non ammettiamo che la vita è bene
di consumo futile, fine a se stesso,
per tutta idiozia invece,
non sappiamo fare altro che
produrre atroce seme, beffa cremosa,
supplizio spermatico, narcisismo
da testosterone lugubre con obbligo
di futuro.
In un mondo integro, senza abuso
di necromanzia ortopedica mentale,
lo Shock Primigenio sarebbe vietato,
interdetto, non potrebbe circolare
ammirato, posto improvvidamente
a fondamento dell’Inganno Gaudioso.
La vita non dona la vita, fornisce
animali alla greppia.
Chiedo che il primo vagito, l’aprirsi
della fessura degli occhi,
siano proibiti, inseriti tra i crimini
contro l’umanità, proclamati illegali,
fuorilegge, perseguitati
come malviventi in quanto fautori
di Nascimento a tabù - euforico.
67
*
Merce sa cosa mi ci vuole,
più cose possiedo, maggiore
è la mia Significanza.
Il Denaro è un’entità spirituale
che alimenta la Gioia di Vivere.
Non sono persona che vuole
farsi apprezzare per la sua
esperienza vitale, ma per quello
che ha, quando mai la garrotta
di giaculatorie etiche d’invasati
hanno saziato?
La necessità pleonastica nobilita,
genera fervida vivezza, indica
precipuo arché, la causa prima,
il limo originario, sublime
transito magnificato nei cessi.
Consiglieresti la vita a chi ancora
non è venuto al mondo?
Io non toccherei la vita nemmeno
col bastone elettrico per i porci,
a coloro che ci sono già,
dico vivete ignari, consumandovi
consumando.
Per i neonati venti milioni di euro
ciascuno posati sotto la culla,
da grandi, ogni qualvolta
si porranno quesiti esistenziali,
avranno modo di mitigare
la brutale delusione andando
a fare Shopping.
68
*
Considero benefico
il non avere colloquio
con l’anima,
nessuna vociferazione
col divino.
Valuto la fortuna
di non conoscere il mio
nome, di non sapere
mai come comportarmi,
sottraendomi
alla minaccia di restare
invischiato nella guerra
civile del Senso di Colpa.
Non credo nel peccato
perché non credo in me.
Ogni volta che lascio
gli arresti domiciliari,
cedo alle lusinghe
del cupo Riflettente,
pretenzioso soliloquio
bastardo.
Soltanto perché inseguo
Desiderio capita di lenire,
almeno per alcuni istanti,
i rantoli che precedono
Cenere.
La liberazione dal Desiderio
è l’ennesima religione dello
- stupro.
69
*
Il Sogno della razza umana
è l’esercizio del potere di vita
e di morte, l’universale
caccia grossa al proprio simile.
Solo il timore delle manette,
la paura della galera, esercitata
dalle leggi dei ricchi sugli
sfruttati, tenuti al guinzaglio
dal sistema finanziario debitorio,
limitano la proclive
volontà d’ammazzamento.
Studi effettuati ipotizzano che
la specie umana derivi dai pesci,
ritengo l’eventualità alquanto
bizzarra, stravagante, non fosse
per altro che i pesci puzzano
dopo tre giorni,
mentre l’umano emana tanfo
imputridito molto prima,
da subito, nasce già andato a male.
70
*
Sesto Vario Avito Bassiano,
dalla Siria, Gran Sacerdote
nel Tempio del dio Sole
a Emesa, prestante, di rara
bellezza, seppur effeminata,
conosciuto nei secoli
con l’appellativo El-Gabal,
Eliogabalo.
Acclamato dalle truppe
orientali, Imperatore Romano
all’età di quattordici anni
col nome di Marco Aurelio
Antonino, grazie alle
macchinazioni spregiudicate
della nonna, Giulia Mesa.
Il Senato ricevette dal giovane
Imperatore, in viaggio
dalla Siria col caravanserraglio
al seguito, il suo ritratto.
Abiti da Supremo Sacerdote
nella foggia tipica dei Fenici,
in seta, ricamata d’oro, alta
tiara sul capo, adornato da
collane e ciondoli d’inestimabile
valore e pregio, il volto appariva
con le sopracciglia marcate
nere, le guance imbellettate
di rosso e di bianco.
La madre Giulia Semiamira aveva
fascino esotico, sapori, profumi
sensuali, libera di costumi,
oltremodo dissoluta, considerava
la pudicizia femminile inutile,
ridicolo retaggio.
71
Fu a causa della condotta
licenziosa della madre che lo
si apostrofò col nome di Vario,
di padri vari, incerti.
L’occupazione principale
di Eliogabalo era convogliare
a Palazzo i ragazzi più dotati
per godere delle loro attività
sessuali.
Divideva le sue libidini
con la madre, mentre affidò
il governo di Roma alla nonna,
prima donna a sedere sugli
scranni senatoriali.
Le sue perversioni risultavano
insopportabili persino ai più
dissoluti viziosi,
viveva fremebondo, alla ricerca
continua di amanti maschili
che chiamava onobeli,
uomini forniti di attributi virili
simili agli asini.
Vestiva da donna, indossava
parrucche, si depilava, lo vedevi
girare nelle taverne e nei bordelli
per prostituirsi.
Nel Palazzo Imperiale stava
sempre nudo, ammiccava sulla
porta della camera, e con voce
melliflua provocava chiunque
passasse.
Ebbe una relazione con Ierocle,
schiavo biondo,
auriga proveniente dalla Caria,
che sposò, del quale si deliziava
a farsi chiamare moglie, Regina.
72
Sposò anche Zotico, atleta
di Smirne, per il quale organizzò
la cerimonia nuziale pubblica
nel centro di Roma.
Schifati dalla lercia Belva
Iimmonda, i Pretoriani, istigati
dalla regia lungimirante
della nonna dell’Imperatore,
si schierarono contro di lui.
Al Castro Pretorio
lo assassinarono insieme alla madre,
complice e partecipe delle sue
dissolutezze, raggiungendolo
nel luogo in cui si era rifugiato,
e che spesso frequentava, la latrina.
Aveva diciotto anni.
73
*
La vista degli efficienti, dinamici,
ambiziosi Incarogniti Rampanti,
suscita la mia supplica
a Napalm, perché svolga scrupoloso
la sua missione.
Nessuna concessione all’eutanasia
perbenista, niente Pietas per i forzati
della Consolazione,
hanno saputo concepire persino vita,
a questo punto si abbatta su di essi
la collera micidiale di Lucidità.
74
*
Evoluzione.
Hobby fetish, allegria luttuosa
d’intrapresa che banchetta tutti
i giorni grazie al potere d’apartheid
planetario messo in sicurezza
dalla supremazia degli Eserciti.
Cos’è questa fregola di voler
inventare Nuovi Mondi,
non ne avete avuto a sufficienza
di quello che abbiamo per capire
che è preferibile non uscire da casa
ed evitare di fare altri danni?
Non vi è bastato Zeus che ha
partorito Atena nel mondo
già adulta, senza che vi fosse
intervento femminile,
estraendola dalla propria testa,
e che ella, con un sol colpo,
appiattisse il gigante Encelado,
facendolo diventare un’isola,
la Sicilia?
O che l’orrendo mostro Tifone
scagliasse contro il re dell’Olimpo
lunghissime fiammate che non
andarono a segno, ma che in
conseguenza formarono i deserti
del Sahara e dell’Arabia Saudita?
L’avanguardismo evoluzionista
mutante si scalmana sempre
nelle retrovie: Zeus, dopo essersi
unito a Semele, strappò il frutto
75
del congiungimento non ancora
maturo, cucendoselo in una coscia,
portando egli stesso a termine
la gestazione, e cavando Dioniso,
il dio del Delirio, dalla coscia
dopo il periodo regolare.
Nessuna evoluzione nella caverna
web per gli antropofagi finanziari,
i primati on-line accasciati su display,
se al supposto evoluto giunge voce
che sua moglie si fa sbattere da un
altro, impugna ancora la Clava.
Cos’è questa foia di cambiamento
antropologico, non basta l’uomo
così come lo conosciamo, Midolla
Rabbiosa, per comprendere
che una sua ennesima versione
non potrebbe altro che rinnovare
Mal de Vivre?
È una calamità poter disporre
di ulteriori Spettacoli umani prodotti
con nuova carne, riproduzioni
mutanti, contaminazioni,
neo-organismi, espansioni cellulari,
intelligenze cibernetiche, replicazioni
di personalità, biotecnologie
transumane: raccapriccianti virus
creazionisti, portatori della vecchia
fistola verminosa, l’Ente.
Il favoreggiamento da parte
degli evoluzionisti fautori di entità
ibride, che imprimono
nell’individuo il marchio mutante
e che vogliano, altresì, offrire
76
copertura sociale, artistica, religiosa,
all’infame marmaglia, sappiano,
costoro, che si rendono complici
del reato più abietto:
allestire Sale di Rianimazione.
Tecnica, Arte, commoventi,
propizi divertissement,
che non possono farci scordare
che non c’è progresso, avanzamento,
poiché siamo sopraffatti da teologie
tribali d’Homo Ideologicus
preregistrato, masterizzato, remixato.
I modernisti fautori del genere Splatter,
dal corpo inquinato, squarciato,
cicatrizzato, amputato, smembrato,
sottoposto a decine d’interventi
chirurgici necessitano di continua
manutenzione per modificare Identitas.
Che tutte le Identità vadano a farsi fottere!
Scordiamoci che ci sia alcunché
da fare, tanto meno da essere,
progettare Mondi, sognare mutazioni
della specie in una realtà più reale
del reale, da non saperla distinguere.
Non c’è bisogno di altra realtà,
bisognerebbe non accedere
ad alcuna realtà, intanto non
riusciamo a evolverci, siamo così,
inabili a ogni palingenesi,
razza senescente, beoti hi-tech,
oppositori della sola, vera, forma
d’evoluzione:
spappolare il Perpetuo Circuito.
77
*
Fermate il tracimatore d’amore
prezzolato, bloccate
il Turpe Vanitoso, che crea a sua
immagine e somiglianza,
popolando la Terra di fan spocchiosi,
sinistri apoplettici, invertebrati
satanisti deboli di mente, dei quali
decreta l’assassinio,
nascosto in torbida foschia
di Sicario Schizofrenico.
Egli non è riuscito a concretizzare
l’annuncio del Paradisiaco, non ha
mantenuto la promessa del Giardino
di Delizia, realtà che invece hanno
saputo cagionare i sensi.
Pulsioni-deliquio svelano visioni
dell’Eden, il Coito è l’Eucarestia,
la mensa salvifica, Cannibale.
Egli resta il più mostruoso manufatto
voluto dal genere umano, pur non
essendo mai stato avvistato da alcuno,
presenzia, pervade, determina
la Substantia della nostra mente, C’è.
Per suo crudele disegno devo già
andarmene e ancora non ho capito
se esisto, ogni giorno infatti
chiedo il permesso di circolazione
in quanto - Presunto.
78
Forse avevo altre opzioni,
ma è andata così, riesco
a vivere privo di visione mistica,
pur mancando di coscienza
conservo il mio buon umore.
Il torvo Signore ci lascia Parola
sempre sotto dettatura, è chiaro
che egli non sa scrivere,
quindi si tratta di un analfabeta.
Che ne sa un analfabeta di ciò
che è scritto?
Chi l’ha inventato, incrementando
umbra mortis terroristica, ha ideato
la formula capace di metterlo
nel culo a moltitudini, iniziando
dalla più tenera età.
Pedofilo con lingua biforcuta nel giro
di poker del bluff metaphysico.
79
*
Ho un solo modo per scongiurare
imbarazzanti complicità, vivere
da disadattato.
Quale onta reagire, ribattere,
quale oscenità spingersi all’attacco,
che mortificazione realizzare che
non puoi stare fermo.
Mi hanno riadattato in politica
di Riduzione del Danno,
privato dell’ora d’aria nel coma
dinamico ambizioso,
segregato nel vagone piombato
del pensiero cinereo fidente.
Ho consegnato le mie mani
a un Portiere di Calcio, affinché
dimostri al pubblico degli Stadi,
che non si può afferrare ciò che
non è mai stato.
Distogliersi da percorsi obbligati,
instaurare condizioni di Precipizio,
attraversare padiglioni itineranti
di mente inespiabile, vaste plaghe
d’egemonia scagliate nell’unità
di misura del Tempo Disciplinato.
Il Visibile è la manifestazione
del Patibolo Ritrovato.
80
*
Sia lode agli dèi per tanta
prodigalità, volgiamo i nostri
deferenti omaggi alle copiose
attribuzioni di Miserie,
esse ci significano, sostanziano,
prefigurano finitudine.
Inducono a relazioni, fondano
comunità, incensano i nostri
prodi flagelli nevrastenici,
paradigmi insulsi entro i quali
stimarsi Occorrenza del Fato.
Bassezze irrinunciabili, Miserie
che accudiscono neuropatologie
astiose, scongiurano solitudini,
colmano d’attenzione,
sgretolano i muri d’esclusione.
Privi di Miserie il nostro volto
scompare, resta insostanziale,
inorganico, non trova Destino
alcuno che accarezzi la bragia
reietta, renda sopportabile
il Collare di Pietra dei Tumulati.
81
*
Diffido dei programmi formativi,
giudico biasimevole impegnare
la vista sottoponendola a scurrili
esercizi d’investigazione e studio,
analizzare, indagare, sviscerare,
apprendere, potrebbero condurci
al sordido imbroglio, a scoprire
chi siamo, sicuri che ci convenga?
Decisamente meglio applicarsi
con maestria nell’arte del furto
con destrezza, perfezionarsi
a fregare gli allocchi, spiccare
nelle opere speculative
mandando a lavorare gli altri.
Incrocio le carte, lancio i dadi,
sarei contento di tenermi fuori
dai pasticci una volta per tutte,
ma appena adotto escamotage,
non faccio altro che esasperare
la mia sorte di sbranato
con mordacchia.
Il pensiero umano è un lungo,
tortuoso ricovero psichiatrico,
controllato da gendarmi evolutivi,
impegnati nella caccia alla preda
Scettica, guardiani che hanno
sancito la vita bene venerabile,
accusandomi di sabotaggio,
lasciando scivolare nelle mie
tasche tre bossoli d’avvertimento.
Non voglio compromissioni con
la cultura, il suo scopo è leccare
il culo a speranza,
rendere eterno il - Disastro.
82
Pago con l’insania scorgere
che non c’è compiutezza vivibile
dove sedimenta l’intelletto,
ammattisco nel constatare che
finché c’è vita non c’è speranza.
Mi accorgo che non è questione
di quale idea in particolare, ma che
in ogni caso è sempre nocivo offrire
eccellenza all’Idea in quanto tale.
Pensare, teorizzare, è sempre
ingiurioso, esiziale, mendace,
possiamo enunciare ottimismo,
divulgare pessimismo, farci alfieri
del piagnisteo materialista,
oppure farsi irretire da fatalità
radiose, vivremo sempre vessati
da torbidi felloni,
che accatastano cadaveri dopo
averli gasati d’Idealismo.
Possiamo esistere intelligenti
o morire scemi, è lo stesso,
la vita, non ha preferenze,
non fa caso, se ne fotte di noi,
incontestabilmente essa ha cose
più importanti di cui occuparsi
che curare i nostri Te Deum
geriatrici.
Non c’è niente di raffinato
nell’esercitare la vita,
questa vita è volgare, lercio
esercizio di Trucidazione,
sconcio madrigale
d’avvilimento, poltiglia
neuro-anale che rigurgita
dal pozzo di chiavica.
83
*
Non ne posso più dell’Anima,
Ibis Egizia, cardine intramontabile,
basta sovranità Ba, fonte spirituale,
facciamola finita, vi scongiuro,
coi morti stesi sul dorso affinché
Anima possa volare via dalla bocca,
Popol Vuh.
A sentire gli Indiani d’America
del Sud, forse potrei scamparla,
per un po’.
A loro dire, sonno, estasi, catalessi,
causano precaria assenza d’anima,
e io, quando si tratta di catalessi,
non temo rivali.
Nessuna requie, devo tornare
alla realtà, ridestarmi dalla pia
illusione di farla franca,
e prontamente vengo malmenato
da Ubyr, Anima dei Tartari
del Volga, lugubre fascinazione,
che esala dai cadaveri
per succhiare sangue agli esseri
addormentati.
Basta, con la duplice Anima cinese:
Kuei, desiderio che rende la vita
opprimente, pesante, e che resta
sempre nei dintorni della tomba,
e Shen, particella divina, genio
elevato, basta con l’insopportabile
dualismo Yin-Yang.
Socrate inventa Psyché, indica
nella cura dell’Anima il primo
compito dell’uomo, ma almeno
ha il ritegno di limitare la frode
astenendosi dal riconoscerla
immortale.
84
Platone invece, più presuntuoso
del Maestro, definisce Anima
simbolo di purezza e spiritualità,
ne conosce pure la provenienza,
il Soffio Divino, la descrive
non avente inizio, ingenerata,
incorporea, Immortale.
Come faccia a dirlo con tale
sicumera lo sa solo lui, io ritengo
che egli sia la dimostrazione
evidente di come troppo talento
possa dare alla testa.
Ognuna delle nostre anime
compone l’universale Anima
Mundi, maciullamento mentale
proveniente da Oriente, Atman.
Per Platone Grande Anima, Megàle
Psyché, qui il lestofante afferma
che Anima, calata da dio nel corpo,
risulta contaminata da malvagità
intrinseca alla materia stessa.
Così bestemmiando serve su piatto
d’argento aggressioni,
rastrellamenti, cervello per cervello,
messi in atto dai cristiani che,
al Concilio di Efeso, stabilirono,
la Condizione Maligna della Carne.
Basta Anima, vi esorto, è ora
di finirla, basta Logos,
abbandoniamo il farabutto Senso
sulle autostrade in fiamme,
diamolo in pasto
ai lupi e agli sciacalli.
85
*
Si può avere la fortuna di nascere
Pietra, pur tuttavia è ovvio
riconoscere che miriadi sono
le pietre nel mondo, come anche
detenere il vanto inestimabile
di essere Acqua,
ma pure la presenza di questa
nobiltà la si riconosce abbondante
nei fiumi, nei mari, nel fresco
nettare di Castalia.
Potresti persino, da dio, incarnarti
uomo, nascere Salvatore, Messia,
Profeta, da una virgo intacta,
elargire miracoli, morire crocifisso
e resuscitare per mondare
dai peccati gli umani, se non fosse
che questa missione è stata affidata
numerose volte attraverso
i millenni: Virishna, Beddou, Mitra,
Sakia, Quetzalcoatl, Cadmo, Odino,
Zoroastro, Osiride, Quirino, Gesù,
Maometto.
Il solo fatto strabiliante, mai visto
nella storia dell’umanità è capitato
a me che ho trascorso gran parte
dell’esistenza lamentandomi
per la condizione ordinaria, calma
piatta avvilita dalla banalità
dell’ordine, conseguenza straziante
del tirare a campare.
Sia chiaro, nessuna leggenda,
metafora di perdizione umana,
io e il mio Socio, sin dal primo
contatto con la Roulette e le Carte,
abbiamo avuto chiaro l’intento
da perseguire, raccogliere i soldi
e fiondarsi a spenderli nei lupanari.
86
Gli dèi pietosi hanno voluto
colmarmi, oltre ogni mio auspicio,
attirando su di me l’invidia
di Fëdor Michajlovic Dostoevskij,
inginocchiato, in lacrime, ai piedi
della giovane moglie
Anna Grigor’evna, che chiede
il denaro sufficiente per giocare
al Casinò.
Egli ha di che lacerarsi
nell’incredulità, avendo avuto
dettagliata notizia del mio
inimmaginabile caso unico nella
storia dei giocatori:
il mio Socio mette i suoi soldi
per giocare, se perdiamo,
perdiamo i suoi soldi, se vinciamo,
dividiamo a metà.
87
*
Darsana, visione indiana del mondo,
non può fare a meno d’indicarci
supposti metodi, pratiche, formulare
Significato, non ha la forza di tacere,
anche lei pretende di dirci chi siamo,
come dobbiamo vivere.
Tutte le volte che si effonde Scibile,
avanzano teogonie, conflitti,
si scavano trincee, s’ impone rinunzia
all’Io, per ottenere liberazione, Moska.
Ma per me è vitale non abbandonare
l’Io, il solo trauma che mi caratterizza,
privato del mio più acerrimo inimicus,
cosa potrei mai essere, come potrei
mai vivere?
Non canto inni Rgveda,
non declamo la Sruti, rivelazione,
contorsioni cerebrali per acquisire
sciocca minuzia: beatitudine.
Senza tante estenuanti nenie
spiritiste consiglio dei metodi molto
più rapidi, efficaci, spararsi LSD 25,
che ha il merito di Viaggio assai
divertente risultando nel contempo
massimamente cimentoso.
Oppure praticare la sola beatitudine:
la testa tra le cosce di una diciottenne
mentre miagola.
Mi direte, è banale, tutti sono stati tra
le gambe di una diciottenne !.
Sì è vero, ma non è detto che tutti
abbiano capito cosa ci stavano a fare.
88
Nemmeno Siddartha Gotama ce l’ha
fatta a trattenersi, si accanisce contro
la donna il misogino razzista,
ritenendola soggetto incompatibile
con l’Ascesi.
La seduzione che esercita la fica
porta all’attaccamento, alla bramosia,
al desiderio, attraverso la donna
instauriamo la perpetua condizione
d’incatenare l’individuo al mondo,
quindi al suo dolore, alla torbida
ignoranza, mantenendo in circolo
la ruota di Rinascite.
Il Risvegliato considera l’unione
sessuale la forma primordiale nella
quale più si manifesta la sete di vita,
per cui nega che la donna possa
giungere al Nirvana, almeno che non
estingua, dentro di sé, tutto quanto
è femminile, sviluppando
al contempo un pensiero maschile,
al fine di poter ottenere il Dono
di rinascere Uomo.
89
*
Per millenni mi sono impiccato
al nodo scorsoio dei pronunciamenti,
alle circonvoluzioni declamatorie,
sottoposto al monologo eruttato da
slogan d’infimo profluvio discorsivo.
Da qualche tempo, però,
ogni forma mentis m’imbarazza come
lapsus internato per smisurata
prudenza, risolvendomi a vivere
rinunziando alla inopportuna
conservazione di materia cerebrale.
Sostanza che, per dirla tutta, non ha
di certo giovato alla mia previdenza,
e, che, ormai, penoso riconoscerlo,
occupa il mio cranio da ospite non più
gradito, increscioso ossimoro, in uno
status da separato in casa.
Ho chiuso col cervello infestatore,
invasivo, dissipatore fumoso,
pertinace, lascio questo guitto
pleonastico abbandonandolo alle
sue apologetiche fratture scomposte.
Con lui ho raccolto presunzioni
sbudellate, delle quali mi dolgo
di cui voglio il rapido disfacimento,
avvalendomi dell’arbitrio a non
sillabare più alcunché.
E’ finita l’epoca del grumo
raziocinante, il mio cervello deve
rimanere senza mente, priva
di materia grigia, ponendomi nella
circostanza ottimale per affrancarmi
da Dottrine di Sepoltura.
90
*
Schiere d’onesti bevitori di sangue
scortano neuroni d’ippocampo,
area cerebrale interessata
a risolvere problemi,
fanno quadrato, serrano le fila
intorno al nero barrito
d’incoercibile esuberanza:
fiducia nel genere umano.
Schiere d’onesti bevitori di sangue
circondano il tempo-luce,
che viaggia a trecentomila
chilometri al secondo, cercano
di azzannare il Sole ma non lo
trovano perché, a ogni colpo
di mascella che essi sferrano,
il Sole sfugge loro poiché lo
vedono com’era otto minuti prima.
Allora si riversano su Andromeda,
la galassia più vicina a noi,
ma ogni volta che la inquadrano
essa sfugge alle zanne delle Schiere,
Andromeda, circondata da braci
a spirali, la vedono com’era
due milioni di anni fa.
Schiere d’onesti bevitori di sangue
vigilano su Vacanze Romane,
pietoso Amore Cristiano,
vegliano alti prelati della Cultura
Tollerante lungo il suggestivo
itinerario Misericordioso
dei Tribunali Ecclesiastici:
Piazza Campo de’ Fiori, esecuzioni
di eretici al rogo, Trastevere, taglio
delle mani, Ponte Castel Sant’Angelo,
impiccagioni, squartamenti,
decapitazioni, Piazza del Popolo,
martellate sulle tempie.
91
Schiere d’onesti bevitori di sangue
estendono, in tutti gli angoli
dell’Antichità perlustrazioni
per catturare Ceneo, primo
transessuale, Ermes, che ha
generato, con Afrodite, un figlio
metà uomo e metà donna,
Ermafrodito, dio di tutti i Transiti.
Cercano Teognide di Megara,
cantore elegiaco a cui si attribuisce
l’amore per l’eromenos Cirno.
Le Schiere vogliono stanare Socrate
innamorato di Alcibiade, il quale
tenta invano di sedurre il Maestro,
e che si getta in battaglia vestito
da donna, combattendo da uomo
col suo scudo d’oro.
92
*
Nata dalle profondità degli Oceani,
dalle caverne ataviche d’impervie,
ostili Montagne, tra Sirene
e deportati d’Africa, chiusa nella
stanza di bordello a Baltimora,
ascoltando Bessie Smith e Satchmo.
Venere Nera incisa da Benvenuto
Cellini, prostituta sacra, Harlem.
Strange Fruit.
Alcool, eroina, jazz, amori disperati,
impronte digitali, nera per i bianchi,
troppo bianca per i neri.
Federal Reformatory for Women,
Alderson, Virginia.
The Man I Love.
Segue Canto sulla Nave degli
Argonauti, sottomette l’Orrida Bestia
a guardia del Vello d’Oro,
incantandola col suo dolce veleno.
I’m A Fool To Want You.
Apollo Theather, New York City.
Il sax tenore di Lester Young,
Lady Day,
dove la 131ma taglia la Settima
Avenue.
70 centesimi in banca, 750 dollari
fissati alla gamba col nastro adesivo.
Glad To Be Unhappy.
Splendore sulla 52ma Strada,
gardenia bianca tra i capelli.
Correre sulla Lama in preda alla
Febbre, agonizzante e già Divina.
93
*
Bambino sedizioso dagli occhi blu
pervinca, cullato dal Bateau Ivre
nelle lande impervie di plenitudine.
Guance dal colorito roseo, lunghi
capelli irsuti biondo rossiccio,
voce incrinata, sguardo nitido,
sprezzante.
Maudit, veggente beffardo, altero,
orgoglioso, che placa il ricordo
con assenzio, oppio, tutto quanto
può forzare i ferri coattivi,
frantumare accortezza e coscienza,
ha incastonato nel petto la gemma
impertinente, charmant,
del biscazziere.
Arthur compone dai sedici
ai diciannove anni, Une Saison
en Enfer dei sensi,
poi abbandona, la vita è altrove.
Giunto “altrove” diventa mercante
d’armi, indicando che è meno
ripugnante trafficare in strumenti
di morte, anziché insozzarsi
coll’Io Lirico.
Arthur s’ammala gravemente alla
gamba destra per troppo camminare,
il morbo si estende rapidamente
dalla coscia fino al polpaccio.
Fra dolori strazianti parte da Harar
sulla lettiga trasportata da sedici
uomini sotto il diluvio plumbeo.
Dopo centinaia di chilometri
la carovana si smembra, sopraffatta
dalla bufera.
Arthur cade riverso, giace sui sassi
privo d’aiuto, ormai completamente
94
paralizzato, reso scheletrico, l’arto
in cancrena, viene soccorso
in Piazza Tien’ammen da eunuchi
di Corte, che lo trasportano,
radenti il muro rosso del lato nord
nella Città Proibita.
Arthur e i suoi soccorritori entrano
nel vasto cortile ove si erge
il Padiglione della Suprema Armonia,
dal Portico della Sala Imperiale
vede correre belve mitologiche
imbizzarrite sotto una discesa
di petali cremisi.
Dal Fiume dalle Acque d’Oro,
tra due ali di folla, Paul Verlaine
sale la rampa centrale di granito
calcando i Draghi Fluttuanti
Tra Le Nuvole.
Dagli scalini laterali lo seguono
numi Persiani, Greci, Romani,
raggiungono il Porticato,
Verlaine avvicina il Revolver
dei diecimila anni al bambino
- sans Coeur.
95
*
Spinto dai miei stessi lavacri
frantumati sono destinato a morire
con in testa stupide idee,
oltraggiato dallo sgravare horridus
del fanatismo della mia giovinezza,
truce esaltazione presto diffusa
come nuova infezione del potere
manipolato da istrioni buoni per
tutte le debilitazioni,
festa triste di scagnozzi convertiti
a ogni gerarchia di tramortimento.
Eccomi, vorace arpia, tragica
declinazione residuale, congettura
chimica spuria, ferita meccanica
raggrumante invasa da papaveri
neri, intenta a imitare lapsus
tumescenti, disponendo florilegi
medicamentosi.
Voyeur in disfazione assisto allo
sgomento di moralisti indignati:
a questo mondo apparire è più
importante che essere!
E allora?
Senza voler scadere in risse tra
bifolchi, posso dire che Essere
è tenia aggrovigliata sulla
vacuità del sensus finis, disturbo
dissociativo d’omelia scurrile,
requisitoria nella nube sulfurea
nozionistica, memento venefico
dialogico, ignobile sedimento
riflessivo effervescente, vipera
d’eloquio, dislessia sofista.
96
Essere, mazziere che pianta chiodi
nell’Insolubile, cosca malversatrice
impegnata nella compravendita
del reale, elaborata in secoli e secoli
di Gestazione della Polvere.
97
*
Occorre scrivere per gesto infamis,
ingiuriosa adrenalina che imprima
il sigillo rovente al piombo fuso
col quale marchiare il lettore come
si fa nella selezione del bestiame
da ammazzatoio.
Scrivere sia atto terroristico,
sabotaggio luddista,
posto di blocco che fermi ogni
Centralità Umana,
si scriva da estremisti demolendo
il vetusto arnese Mentalista,
vergando frasi palindrome,
in modo che, anche leggendole
al contrario, non si trascuri
di mantenere inalterato l’identico,
stato convulsivo.
La scrittura dovrà essere fuoco
di sbarramento, fucilazione
alla schiena, Giostra di Morte
per pendagli da forca, esortatrice
decerebrata, capace di tracciare
sulla pagina Grido d’Esistenza
- Irrimediabile.
Lo scrivente sia Nemico Pubblico,
zizzania, arte del malefizio,
si dissoci da remissiva licenza
a empatia, crei invece disgrafia,
diffonda disturbi che impediscono
di scrivere in maniera leggibile
come se compilasse il Manuale
Segreto della Madre Sicario,
lanci bombe scriteriate al minimo
cedimento a Communitas.
98
Scrivere non sia più salario
dei docili alla catena,
ma istigazione iellata, malessere,
bagno di fuoco di chi ha cessato
di piagnucolare.
I piagnistei sono stati banditi
con l’Harakiri dell’ultimo
svenevole piscialletto artista
incompreso, chi scrive avvelena
i pozzi, tira cazzotti in faccia,
spolpa vivo.
Chiunque si arroghi il diritto
di generare scrittura giurerà
solennemente che la sua non
sarà mai ricerca spirituale
tesa alla conoscenza di se stesso,
e tanto meno dovrà porsi
Cecchino Educativo del con-senso.
Allo scrittore sia lasciata mano
libera, pratichi l’omicidio seriale,
disponga imboscate, rapimenti
in strada dei più fedeli seguaci,
avendoli egli stesso creati,
gli venga consentito di eliminarli
a suo piacimento, avendo altresì
premura di soggiogare nuovi,
ulteriori proseliti, ai quali, avrà,
preventivamente, estorta la vista,
cavato gli occhi.
99
*
Esisto come presenza in eterna
incubazione, occulto, latente,
come anacronismo virile,
mi rifugio nel calore avvolgente
d’Infelicità, con la quale non posso
dire di essermi mai sprecato.
Con Infelicità ho desiderato
l’ante-nascita, ho capito
che Morte è sovvertitrice austera,
se ne infischia di noi, impegnata
com’è nella sua commendevole
attività, per dare retta al delirium
tremens di chi vorrebbe, in un orgia
di mondanità sadica, Rinascere.
La Morte è oscurità del sangue
seria, dalle sue parti, al di là di
ogni favolistica, nessuno è così
rimbambito da voler fare Ritorno.
Voglio riavere la mia Infelicità,
adesso, prima che vita vada via,
mi sfugga tra le dita per sempre,
prima che sia troppo tardi.
Infelicità mi confortava, quando
giacevo tra i tormenti delle sue
tenaglie io ero qualcosa: Infelice.
Poi è arrivata l’espropriazione,
ho perduto il beneficio d’Infelicità,
un lusso che ormai mi è negato,
senza poter seguire il mio
trasognare , gusto solo il sapore
aspro della mia - malerba.
100
*
Lungo l’interminabile scia
di sangue e orrore, edificata
per sua gloria,
di dio ho conosciuto solamente
il terrore del suo - pseudonimo.
*
Prediligo le epoche nelle quali
i figli si rivolgono, deferenti,
ai genitori dandogli del Lei,
giustamente, come si conviene
tra estranei.
*
La pettinatura di Elvis ha deciso
della mia vita più delle stimmate
del Crocifisso.
*
I Credenti non la raccontano giusta
sul conto del Paradiso, sono i primi
a non esserne convinti,
altrimenti come si spiega che alla
morte di un congiunto
non assistiamo mai ad applausi
scroscianti, a Standing Ovation?
*
Ammettiamo pure:
le Gioie della Maternità.
E se poi la piccola,
adorabile peste, non volesse
più morire?
101
*
Sono il Mancato, cuoio e preghiera,
gonfia scimmia abusiva, allegoria
traslucida d’emorragia e ruggine,
nostalgico dolore perduto nelle fauci
di crisalide.
Sono sopravvissuto grazie
alla rassicurazione che i miei vizi
si trovino in mani sicure: Voglie,
individualiste, pragmatiche,
lontane da principi teoretici.
Non muovo un dito cercando
l’uomo servendomi della lanterna,
gesto perverso del quale non sarò
connivente, atto inconsultus
che sottovaluta il giogo inesorabile:
il genere umano è inadatto a se stesso.
Resterò enfant terrible, sottratto
alla gogna del mea culpa, in Laguna
Rosso Shocking, adagiato
su broccati, ametiste, velluti pregiati,
melancholia avvolta nel deliquio
rarefatto del dormiveglia,
pigra lentezza, rifrazione rallentata.
Guardo attraverso vetrate
opalescenti,
geoglifici graffiati nella roccia,
visibili in volo con unghie protese
dodicimila anni.
Possiedo Occhi, insano potere
del Vedere, al quale ho indirizzato
vigorosa disdetta dei suoi servigi
obsoleti, ma che si ostina
nell’impertinenza di mantenere
- spalancati.
102
*
Non c’è consonanza tra la mia
testa e il mondo, per me
il mondo è il ritorno sul luogo
del delitto, qui si esplicitò
l’esecranda bestemmia
dell’avvento del Topo da Fogna.
Sono legato alla catena
del mastino disfunzionale,
pingue molestatore di sfintere
allo stremo, calcificato
nel bunker delle mie Omelie
suppurate.
Dovrei sancire un patto
con le Moire, filatrici del destino
umano, scrutare il tempo
della fine, riconciliarmi
con lo spettro esondato del mio
alter-ego.
Le mie insanabili divergenze
con la vita risalgono
al momento stesso in cui,
da povera illusa,
iniziò a vaneggiare la necessità
di perseguire l’ostinata ricerca
del vero Ente.
Non si può avere tanta
sfacciata, sbandata stoltezza,
affermando che la vita esiste
in quanto sostanza perché
- pensata.
103
*
Innamoramenti, metempsicosi
unificatrici, riflessioni
escatologiche che s’interrogano
sulla specie umana e sull’universo.
Parafrasi auliche sull’Ente
sconfinato, non hanno corrisposto
alla fine di logoi, ragionamenti,
bravate fiaccate da millantato
credito all’arma bianca, che invece
continuano ad infierire su di me,
appeso come sono, necrotizzato,
al gancio da macellaio.
Ho esortato Cielo a farsi vivo,
ma esso non ha espresso atarassia,
sollievo imperturbabile da paure,
sconquassi, anch’esso non ha
potuto fornire Prova.
Non contengo deflusso d’infinito,
privo d’entità sovraumana
reagisco come antropoide
assemblato nel finito, estraneo
all’insolenze del verbo mortificato
dai magnaccia della Creazione.
Sono riuscito a sfuggire,
non avendo alcun merito, ma solo
per fiuto animale, alle puttanate
dell’ordine sopra-individuale,
al metafisico inferiore e superiore.
Ho mandato affanculo conoscenza
della verità divina, gli stati alterati
di coscienza, la sfera non ordinaria
di consapevolezza, come pure
la fottuta Vera Natura, la stronzata
del mondo luce totale, Prakriti,
sostanza universale, degl’idioti.
104
Tale ira ha causato dinamiche
manicomiali che mi fanno vivere
nel terrore dell’Eden Sperato.
Allora ho confidato nella concreta,
pragmatica, realtà scientifica,
affascinato dall’opportunità
d’ottenere almeno aponia, fine,
soppressione del dolore fisico,
ma anch’essa non ha premiato.
Nonostante la mania di dimostrare
ogni cosa, Scienza non è riuscita
a fornire la Verifica Regina
che indicasse il principio, l’orizzonte
possibile, che scongiurasse in me
- l’Autocombustione.
105
*
Questa mattina di tiepido maggio
mi sono svegliato con una fessura
abnorme, protuberanza cerulea
aggiuntiva, posta sopra
le sopracciglia, al centro esatto
della fronte, connessa
direttamente all’attivazione
del fiuto, dell’istinto,
sesto Chakra, ghiandola pineale
in disuso da tempo immemore,
il Terzo Occhio.
Dovrei sentirmi toccato dalla
grazia avendo ricevuto in dono
il raro beneficio di attivare
il Chakra presagio, folgorazione,
intuito, per cogliere
il lampo rivelatore senza
l’utilizzo funambolico di Logica.
Tuttavia, non mi ci vedo varcare
la porta interiore del Medium,
a sovraintendere l’arte
del presentimento, non sono
adatto a vedere anche altre realtà,
oltre il tangibile fisico, non sono
il tipo che può frequentare entità
disincarnate, auree.
Non pratico il Volo Astrale,
sperimentare magia nera o bianca
che sia, non sono poi così avvilito
da volermi affidare a superstizioni,
non elargisco guarigioni
miracolose né pratico esorcismi.
106
Mi rendo conto della mia
sconcertante ritrosia, della bieca
ingratitudine, nonostante sappia
perfettamente che i Greci
ritenevano la Sensazione Visiva
essere la più intellettuale.
Anche Paracelso perorava
i poteri della vista interiore,
la Seconda Vista, per meglio
penetrare i segreti della natura,
giungendo a una più intima
percezione delle malattie proprio
attraverso chiaroveggenza,
divinazione.
Quello che Esoterismo non vuole
capire è che ogni elemento
aggiuntivo, l’incremento di triade
visiva, l’Ultra Assimilazione
Cosciente del Terzo Occhio, sono
per me una calamità squassante,
vi assicuro che già con due occhi
ho sufficienti applicazioni,
tali da non farmi mancare un
sacco di guai.
107
*
Tu conosci i languori simulati
nell’intrigo, ieratica in gramaglie
sulfuree, riversa nel boudoir,
avvolta da profumi Vestigia,
tra cipiglio castigatore
e magnificenze sdegnose.
I tuoi amor fati custoditi nello
scrigno d’Armageddon,
nel tempo in cui questa fesseria
del vivere non ricattava
la straziante particella indivisibile
che ci lega alla vita, mirabile
lubricità d’oracolo Indicibile.
C’incontrammo stando al passo
di Erik Satie, mentre andava
componendo da Arcueil
a Montparnasse.
Lo vedevamo fermarsi sotto
le luci fioche dei lampioni
ad annotare modulazioni,
voli pindarici.
E noi sempre dietro, in boulevard
Rochechauart per ascoltarlo
suonare Gymnopedies al Chat Noir.
Fosti tu, encomiabile mentore hard
crade, a istigare James Joyce affinché
manifestasse, senza alcuna remora,
le sue inclinazioni all’ondinismo,
impulso a urinare sul partner,
e all’escrotofilia, implorando nelle
missive a Nora, di cagare, durante
i loro scostumati amplessi.
108
La tua voce è phonè sincopata
da Tempesta, nei tuoi occhi
c’è lucore, iperboreo, le labbra
trattengono meteoriti di diaspro
rosso, dai capelli scarlatti
scendono a picco cascate quarzo
madera, pietre d’agata, pioggia
zaffiro.
Non hai formato Famiglia,
interrompendo l’infernale
transumanza da Grembo a Cibo
per Moloch.
Uniti nell’abiettezza, ci siamo
scambiati l’anello nuziale
ante lucem, del cui turbamento
fece tesoro Tantalo, colui che ha
incontrato tutti i peccati.
109
*
Adelaide ama i fiori, ma non si
accorge che suo figlio Giacomo
non vuole guardarsi allo specchio.
Mater tenebrosa, agisce nel buio
con polso ferreo, gelida lama che
recide ogni accenno di pulsione
emozionale.
Puritana, integralista, impone
ai figli il suo ciarpame religioso,
i vostri dolori offriteli a Gesù.
Quando alcuni di essi muoiono
per Adelaide è giorno lieto,
gioioso, saperli volati in paradiso.
Giacomo, intimorito, rinunzia
ai piaceri giovanili, è dono a Gesù,
nella biblioteca di Recanati cresce,
si sviluppa deforme.
D’aspetto dispregevolissimo,
non si lava per non scorgere,
seppure nella penombra,
il corpo raccapricciante,
alto 1 metro e 41 centimetri.
Schifato, verme impestato, deriso,
insultato per strada, angustiato
da patimenti smisurati, che si
sviluppano in aggiunta a gibbosità
umilianti:
insufficienza respiratoria, impotenza,
oftalmia che lo rende quasi cieco,
disturbi digerenti, emicranie, reumi
a gola e petto, emorragie al naso,
stitichezza, asma bronchiale, dolori
addominali, gonfiore a ginocchia
e caviglie, liquido purulento nel cavo
pleurico, inattività ghiandolare,
tubercolosi ossea, depressione psicotica.
110
Leopardi a Napoli, passeggia
con indosso il soprabito consunto,
il bavero alzato, diretto al Caffè
delle Due Sicilie, per gustare
una granita, l’amatissimo gelato.
Percorre il lungo mare, si ferma
davanti la ricevitoria del Lotto,
gli scommettitori si accalcano,
circondando la Gobba veneranda,
si fanno dare i Numeri Fortunati
da - ‘o rannavuottolo.
111
*
C’era da saccheggiare
il supermercato a Quarto
Oggiaro, non sapevo altro,
vi posso dire che nessuno
pianificò l’azione,
girò la voce, il passaparola.
Entrammo a scaglioni
di tre o quattro alla volta,
in pochi minuti
ci ritrovammo a decine.
Prendevamo a casaccio
dai ripiani, arraffavamo
ogni cosa, ripulimmo
gli scaffali con tale velocità
che la direzione,
colta di sorpresa, non ebbe
modo di adottare
contromisure efficaci.
Stavo raggiungendo l’uscita
quando vidi un energumeno
alto due metri in camice
bianco, il macellaio, afferrare
una delle ragazze del nostro
gruppo proprio sull’uscio.
Provammo invano
a sottrarla dalla morsa
del mastino tirandola
per le braccia,
ma il molosso non mollava
la presa, allora, senza
nemmeno pensarci,
gli sferrai un tremendo
calcione nei testicoli
che lo fece piegare in due,
rantolare, ululare,
stramazzare al suolo.
112
Avevamo così tanta roba
nei carrelli, nelle auto,
da non sapere più dove
metterla, così iniziammo
a rifornire parenti e amici,
quindi ci disfacemmo
del bottino avanzato
distribuendolo ai passanti.
Nelle settimane successive
le pagine dei giornali diedero
il via ad attacchi furibondi,
sorsero tentativi d’imitazione,
lo scontro ideologico prese
una piega che non piacque
a nessuno di noi.
Fascisti rossi in attesa della
Dittatura del Proletariato,
piazzisti dell’Olio di Ricino,
zombie della Proprietà
Privata, diedero prova
di loro stessi accapigliandosi
come bifolchi, incominciò
a circolare la tesi
dell’Esproprio Proletario.
A noi la propaganda populista
disgustava perché sapevamo
fin troppo bene chi fossero
le masse proletarie: un padrone
lancia l’osso da rosicchiare
e subito si mettono a cuccia.
Noi agivamo soltanto
per divertimento,
solo per divertimento.
Ballo Lisergico di Gatti Selvaggi.
113
*
Per buona pace di Iside,
che rimise insieme le membra
di Osiride, non ho mai cercato
di riunire ciò ch’è sparso,
me la sbrigo opponendomi
alle blandizie dei Maestri,
dubitando dei loro sermoni
rivelati sulla presunta
energia primordiale che avrei
dentro me.
Non ho seguito iniziazione
magica, reviviscenza arcaica,
né acquisito dominio cosmogonico,
ho accolto come scemenza
dozzinale il sei Uno,
quindi puoi essere anche molti,
essendo molti, diventare Uno.
Tutte le volte che sollevo
le palpebre, traccio una piega
sul viso, muovo un semplice
gesto, oppure mi chiudo
nell’armatura dei miei Canoni,
mi avvalgo della virtù di non
stare al passo coi tempi.
In me non troverete alcun
consenso solidale verso
l’assoluta necessità di battersi
per la Smagliante Sciagura.
Implodo nella dismisura,
suite di pallida strage che ha
consegnato il raggelante
ectoplasma all’Irrimediabile.
Ho denunziato, senza esitare,
la mia faccia per apologia
di reato, mi è sempre piaciuto
diventare Tutto e il contrario
di Tutto.
114
Anche perché non sono così
fesso da essere certo
di qualcosa, e poi proprio
adesso, scusatemi, ho altre
priorità: l’Attaccante
Avversario avanza minaccioso
diretto verso la mia porta,
e non ci sono santi
che tengano, per fermarlo
dovrò inventarne una più
di Lev Jascin.
115
*
Poco a poco dentro me ogni
sapere è svanito, dissolto,
sono rimasto antro vuoto,
metabolizzato nuovi stati
d’aridità, ormai la concretezza
della mia figura la si può
rintracciare soltanto
negli smaniosi colpi di testa
riconducibili al fatto che non
ho domicilio nel sistema solare.
Nozioni stabilizzate
con ostinazione hanno causato
effetti collaterali, sorta di rigetto,
ripulsa che ha cancellato
rudimenti, punti, fatti, questioni
dell’esistere sparite, perdute
per sempre.
Tale carenza ha determinato
l’azzeramento dei miei apostolici
fini, della mia farmacopea
idealista, il disfacimento delle
facoltà cognitive, manda in tilt
intendimenti, svuota il mare
magnum delle mie congetture
illusorie, feto gettato nel tunnel
d’afflizione della saga uterina,
resettato spoglia di guerra,
amnesia decostruita, trapasso
desertificato.
Scomparsa consapevolezza,
esistere è zavorra quasi
sopportabile nelle spire delle mie
ambizioni nullificate, telos, finalità,
non aggiunge, ma opera
per sottrazione, secerne doxa,
opinione, dal ventre torbido
di pistis, credenza, sfatando il mito:
non c’è più bisogno di vita per vivere.
116
*
Non si decidono a cadere
abilmente, lo squittio di sorci
dello scoramento accompagna
il permanente lamentarsi
di frotte di magnaccia,
la vita fa schifo,
non riuscendo a togliersi
di mezzo, credono doveroso
importunare chiunque.
Lo so anch’io che la vita fa
schifo, lo so bene, io che ho
subito la vita per sfinitezza.
So di essere un tipo corrivo,
superficiale, che confabula
sull’ascensore, in presenza
d’estranei, della situazione
metereologica su base lunare.
Esigo, tuttavia, che per
contenere le intemperanze
di questi incantatori
di molluschi dallo sfintere
militarizzato, si adottino
provvedimenti allo scopo
d’attutire l’assordante
schiamazzo d’apologo,
di cantilene nel tintinnare
dei loro bisturi lagnosi.
Si provveda, una volta
per tutte, alla messa fuori
gioco del lamento,
non ne posso più, ovunque
mi volgo c’è sempre qualcuno
che si ritiene autorizzato
a rompermi i coglioni solo
perché non riesce a farla finita.
117
S’imponga una costumatezza,
si chiuda la bocca al mugugno,
le ferite di una disfatta
bisogna sapersele meritare
allibiti nell’onore, oltre ogni
aneddotica d’invalidità funebre
posta sul sacrario dell’attesa
di - sé.
118
*
Stiamo utilizzando solo il dieci
per cento delle facoltà cognitive
del nostro cervello, aprite
la vostra mente!
Scardinate le Porte della Percezione!
No, cazzo, no!
Già con l’embolo parzialmente
aperto abbiamo inventato Antropo,
Imperio Vitae, il Ventesimo Secolo
bollito vivo nello strutto di maiale
del Fanatismo Ideologico.
Non oso immaginare, non oso
prefigurarmi, di cosa saremmo
mai capaci, se un giorno
bastardo, dovessimo sviluppare,
ampliare, risvegliare,
la percentuale inutilizzata,
aizzare il Cane che Dorme.
119