Debiti per 13,6 miliardi Roma con l`acqua alla gola

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Transcript Debiti per 13,6 miliardi Roma con l`acqua alla gola

BAGHERIA
Il sindaco grillino Cinque contro l’ex netturbino: «Ti strappo il cuore»
— Resta nell’occhio del ciclone il sindaco di
Bagheria Patrizio Cinque. Dopo la questione
delle case abusive di famiglia e del suo assessore
all’Urbanistica che è stato costretto a rassegnare
le dimissioni, adesso la lite in consiglio comunale
tra insulti e velate minacce. La vicenda risale a
novembre, ma un esposto alla polizia e un video
divenuto virale ha riacceso lo scontro. In aula un ex
netturbino del consorzio Coinres che aveva perso
il lavoro, aveva esposto una serie di striscioni in
uno dei quali si leggeva «Patrizio Cinque il sindaco
del clientelismo». Ne era seguito un aspro scambio
verbale tra i due, fino alla violenta reazione del
primo cittadino: «Ti strappo il cuore», la minaccia
gridata dal sindaco. Cinque, via Facebook, si è
giustificato spiegando di aver reagito a «velate
minacce» alla sua famiglia «dopo mesi e mesi
di offese, appostamenti, avvicinamenti». «Il
soggetto in questione è noto alle forze dell’ordine.
Evidentemente non lo è alla stampa», ha concluso
il sindaco minacciando querele.
Debiti per 13,6 miliardi
Roma con l’acqua alla gola
Il ruolo
di una Capitale
Chicco Testa
Il Commento
N
VIA “DESTRA” DAL NOME
Lorenzin: «Ncd cambia
e sostiene Marchini»
Alle elezioni amministrative a
Roma il Nuovo Centrodestra
sosterrà Marchini. Lo ha
affermato il ministro della salute
Beatrice Lorenzin durante la
trasmissione “Otto e Mezzo”.
«Noi sosteniamo Marchini», ha
affermato Lorenzin, che alla
domanda su chi appoggerebbe
il partito in un eventuale
ballottaggio Giachetti-Bertolaso
ha preferito non sbilanciarsi.
«Mi sembra che Bertolaso
abbia cominciato malissimo e
Giachetti deve ancora vincere le
primarie», le parole del ministro.
Lorenzin, poi, ha anticipato
che il partito di Alfano sta per
cambiare nome. Probabile, ha
anticipato, la scomparsa del
termine “destra”. «Noi siamo in
una fase di rinnovamento del
partito, pensiamo di lanciare
un nuovo soggetto politico e
spero che avremo la possibilità
di presentarci in una fase
storica che deve affrontare
problematiche non solo italiane
ma mondiali», ha spiegato il
ministro della Salute, che alla
domanda se il termine ”destra”
sparirà dal nome ha risposto:
«Fate bene a pensarlo».
Segue dalla prima
elle città si giocherà la carta dell’integrazione e
della tolleranza. Le città sono in competizione
fra di loro. Scegliere la città in cui vivere
era una volta una opportunità solo per ceti
privilegiati. Oggi, per vari motivi , quote sempre maggiori
di popolazione possono scegliere. Ancor più aspra è la
competizione per gli investimenti di ogni genere. Quelli a
prevalente contenuto economico, che vedono protagoniste
le imprese, ma anche quelli “sociali”. Dove installare
aziende, ma anche moderni ed avanzatissimi ospedali
piuttosto che Università o centri di formazione e ricerca.
Investire in infrastrutture urbane sarà decisivo. Reti di
trasporti, acqua, energia, telecomunicazioni e reti digitali.
Come arrivano le città italiane a questa sfida? Male,
molto male. Lo dico esplicitamente. A parte Milano e
qualche città di media grandezza del Centro-Nord nel
resto di Italia l’elaborazione e i progetti sono all’anno
zero. Il Sud è completamente assente . E forse varrebbe
la pena che il Governo ripensasse alla possibilità di
un Ministero dedicato alle aree urbane o per lo meno
ad un visibile impegno e di un “cervello”, presso
il Ministero delle Infrastrutture. Particolarmente
preoccupante è la situazione della Capitale.
Da anni non una sola idea o un solo grande progetto di
ammodernamento sono stati messi in agenda. Nè si ha
una minima condivisa idea di che cosa debba essere la
Capitale e la più grande città d’Italia nel prossimo futuro.
Si possono fare molte critiche alle Amministrazioni di
centro sinistra di Rutelli e Veltroni, ma non vi è dubbio che
esse hanno discusso, immaginato e progettato. Le ultime
realizzazioni , ma anche le ultime elaborazioni, risalgono
a ormai 7 -8 anni fa. Un’epoca geologica per la velocità con
cui si muovono le cose. Alemanno non si è mai nemmeno
posto il problema e Marino si è pavoneggiato in poche
sparse, estemporanee e inefficaci idee. La città e la sua
opinione pubblica sono fagocitate da scandali e scandaletti,
che sono l’unico argomento di discussione. Sarebbe l’ora
di lasciar fare ai Tribunali e tornare a discutere di Roma.
La stessa competizione per il futuro Sindaco non decolla
per ora, sul lato delle idee. Appare più come una lotta
fra correnti del centrodestra e del centrosinistra, con in
più il folclore senza idee dei 5Stelle, che come una gara a
mettere in campo idee per il futuro. Né mi convincono più
di tanto le molte iniziative di “ascolto delle città”. Quali
sono i problemi è noto . Quel che mancano sono le idee
per affrontarli. Compito dei leader, degli intellettuali ,
delle classi dirigenti. Di partiti come cervelli collettivi e
non di “notabili” come li chiama Walter Tocci in un utile
e provocatorio libro su Roma, unicamente interessati alla
costruzione di sparpagliati consensi elettorali e clientelari.
Forse vale la pena di tornare a pescare nel passato. Cura del
ferro, densificazione di una città, che ha un concentrazione
della popolazione ( un terzo rispetto a Milano) quasi da
borgo agricolo, cento piazze, vale a dire progetti mirati
di riqualificazione urbana, capitale culturale e quindi
gestione del sistema museale - espositivo, futuro della
Fiera e attrattività congressuale, rapporto città/litorale,
destino dei grandi contenitori come caserme e ministeri
e della città politica, stato delle reti fisiche ( trasporti,
energia, acqua...) e digitali, assetto istituzionale della
futura area metropolitana e del suo rapporto con una
Regione quasi residuale rispetto alla Capitale, rifacimento
della macchina comunale e delle aziende di servizio,
ecc. ecc. E poi le Olimpiadi, che possono dare una mano
decisiva, se impostate anche al servizio della città.
La mia è solo una lista, un’agenda su cui lavorare, i
capitoli di un libro da scrivere. Nemmeno esauriente.
Qualcuno la completi e soprattutto la riempia di idee.
Naturalmente ci vuole anche una nuova classe dirigente.
Purché non sia priva di memoria e di cultura e non si
accontenti di slogan facili. Quelli lasciamoli ai 5Stelle,
il cui rapporto con le idee deve ancora nascere.
● La relazione del commissario straordinario inviata al Ministero
dell’Economia. Giachetti: «Responsabilità di tutti, ora troviamo soluzioni»
Il debito della Capitale somiglia sempre più ad un mare di cui appare a
tutt’oggi complicato intravedere le
coste. Lo dicono le cifre contenute nella relazione sulla gestione commissariale del debito inviata nei giorni scorsi ai tecnici del ministero dell’Economia dal commissario del governo, ed
ex assessore al Bilancio della giunta
Marino, Silvia Scozzese ed anticipata ieri da Il Messaggero. Tredici pagine in cui il monte debitorio di Roma
Capitale, quello precedente al 2008
quando il governo Berlusconi ha creato la gestione commissariale trasferendoci i conti in rosso in modo da
sgravare il bilancio del nuovo sindaco Gianni Alemanno, è quantificato nella cifra monstre di 13,6 miliardi contro i 22 certificati a luglio 2010.
Una montagna colossale, nonostante i sacrifici dei cittadini romani che
pagano l’aliquota Irpef più alta del
paese e non possono godere certo di
servizi all’altezza, su cui non sembrano aver influito molto le azioni intraprese negli ultimi anni visto che nel
dicembre l’allora commissario straordinario Massimo Varazzani stimava in 14,8 miliardi i debiti restanti della gestione.
Nella sua relazione Scozzese spiega
che oltre il 75% del debito è rappresentato da mutui che il Comune ha contratto prima del 2008 mentre la metà
circa dei debiti restanti sono riferiti
a espropriazioni seguite a vertenze
giudiziarie. Come quella relativa al
Sistema Direzionale Orientale di Pietralata, progetto ancora in altissimo
mare che però è già costato salatissimo alle casse del Comune. Nel documento inviato ai ministeri, Scozzese
propone anche soluzioni, come quella di separare definitivamente le casse delle gestione commissariale e di
Roma Capitale e quella di approntare
, nella struttura commissariale, una
struttura amministrativa e contabile autonoma per le attività di gestione del debito che oggi vengono espletate dagli uffici del Comune.
A leggere la relazione, insomma, la
situazione del debito di Roma appare di fatto ingestibile e non migliore è quella dei conti di Roma Capitale, tenuti in sostanzialmente in piedi
dai 500 milioni di contributo annuale
straordinario del Governo alla gestione commissariale, a cui si aggiungono i 110 milioni stanziati per sostenere gli extra-costi legati al ruolo di Capitale. Senza dimenticare dei costi che
pesano sulle tasche dei cittadini che
pagano l’addizionale Irpef record dello 0,9 per mille (lo 0,5 finisce nelle casse del Comune, il resto serve invece a
pagare la rata annuale di 200 milioni
per affrontare il debito) e che a que-
sto punto, nonostante i tagli al bilancio paventati dal commissario Tronca (180 milioni è la stima), possono
nutrire ben poche speranze di vederla ridotta.
Ovviamente, la notizia dei13,6 miliardi ha riacceso un polemica che si trascina da anni fra accuse incrociate e versioni contrapposte. Materiale infiammabile su una campagna
elettorale non ancora entrata nel
vivo. «Bisogna chiamare il Pd alle sue
responsabilità - ha accusato Francesco Storace, candidato sindaco de La
Destra - Se sarò sindaco chiamerei
l’opposizione, chiamerei Giachetti e
direi: “Spiegaci cosa è successo”. Perché Giachetti sicuramente sa cosa è
accaduto in quegli anni e perché si sia
dilapidata una marea di soldi». «La
relazione sulla gestione commissariale del debito di Roma firmata da Silvia Scozzese evidenzia due elementi di pura emergenza - ha commentato invece Guido Bertolaso, candidato (forse, visti gli ultimi sviluppi) del
centrodestra - una città dimenticata e
i suoi cittadini ridotti a parco buoi da
tartassare, ovvero l’esigenza non più
Il debito
pregresso
separato
nel 2008.
La
«bad company»
fu creata
dal governo
Berlusconi .
Foto: Ansa
rinviabile di mettere mano ai conti del
Campidoglio».
Alle accuse di Storace ha risposto il
comitato elettorale di Roberto Giachetti. «Storace, chiamato “Mister 10
miliardi di debiti”, chiede a Giachetti
di rendere conto del debito del Comune? - le parole di Ileana Argentin, presidente del comitato - Sull’onda della
smania dichiarativa, Storace dimentica di chiarire le sue responsabilità
dirette per i 10 miliardi di debito che la
Regione ha dovuto pagare con mutui
trentennali da centinaia di milioni
e che continueremo a pagare fino al
2034, bloccando di fatto gli investimenti in Regione nei prossimi anni».
Dal canto suo Giachetti ha preferito
evitare ulteriori polemiche. «Ci sono
evidentemente responsabilità sia del
centrosinistra sia del centrodestra
nella situazione in cui troviamo, è evidente e negarlo è stupido - ha spiegato
-. Anche in questo caso bisogna guardare avanti, trovare una soluzione e
fare in modo che maggioranza e opposizione creino le condizioni affinché
la morsa di questo debito possa essere pagata fino in fondo, ma allentata».
I giorni del coccodrillo: i dolori del Pd dopo il caso Marino
In un documentario il
racconto, corale, della crisi che
ha portato alle “dimissioni”
Carmine Fotia
Nella vicenda che ha travolto il Pd
di Roma e portato alla rimozione del
sindaco Ignazio Marino più che una
“narrazione” – ce ne sono tante e tutte di parte - manca piuttosto un’elaborazione del lutto. Se non lo fai,
il dolore per una perdita si incista
nell’anima e spesso diventa rancore, odio, rabbia. Ciò vale per le persone singolarmente prese ma anche,
nel tempo dei social e della psicopolitica, per una comunità politica. Il bel
documentario di Claudia Daconto,
giornalista free-lance, collaboratri-
ce di Panorama on-line, “Il giorno del
Coccodrillo” (in cerca di distributore) realizzato con un gruppo di giovani filmaker di Ostia, Take This Mood,
colma questa lacuna con sobrietà e
rispetto per i suoi interlocutori. Spiace che in questa specie di seduta di
autocoscienza collettiva manchi (per
sua scelta) la voce dell’ex-sindaco.
Parlano i militanti smarriti e
incazzati, i dirigenti, gli ex-assessori, gli ex-consiglieri, ognuno con la
sua parziale verità. Ognuno racconta come l’ha vissuta ma una “narrazione” condivisa, come chiede l’exassessore Marta Leonori, non emerge. Ma non è detto che sia un male.
Raccontando il proprio punto di vista
ognuno mette in gioco se stesso, e
allora più che i ragionamenti conta-
no i sentimenti. E così, finalmente,
arriva lo sfogo liberatorio del pianto:
piangono sperimentati politici come
l’ex-capogruppo Fabrizio Panecaldo,
piangono giovani presidenti di Municipio come Paolo Marchionne e le ex
consigliere Giulia Tempesta, Erika
Battaglia e Valeria Baglio, quando
raccontano gli insulti ricevuti sul
web: “Giuda”, “Vi auguro di diventare sterili”, dopo la vicenda delle dimissioni depositate dal notaio.
Non c’è retorica in quella commozione, ma l’irrompere del fattore umano
che racconta meglio di tante parole
la ferita che si è prodotta dentro una
comunità. Io non so dire quante e
quali responsabilità abbia avuto nella vicenda di Ostia, il bubbone infetto di Mafia Capitale, l’ex-assessore
Emanuela Draghei, ma la sua sofferenza quando racconta che qualcuno
ha tirato in ballo persino la sua bambina ci dice come, prima il commissariamento del partito e poi lo scioglimento del consiglio, siano arrivati come un colpo di maglio spietato,
che ha travolto vite e persone. Certamente necessario, ma che ha toccato
Lo smarrimento
dei militanti, le voci
dei protagonisti
e gli errori. Di tutti,
anche del partito
la carne viva.
C’è bisogno di ragionare sugli errori, secondo me speculari, commessi dal sindaco e dal partito. L’errore
di Marino è stato quello di non aver
costruito una squadra e un rapporto
con la città che mobilitasse le migliori energie e le indirizzasse a questo
scopo, isolandosi in una visione
titanica del ruolo del primo cittadino. Quello del Pd affonda nel periodo della giunta Alemanno, quando
si è seduto al tavolo della spartizione
consociativa degli affari e del potere che è la vera radice del coinvolgimento del Pd in Mafia Capitale. Questo partito, «pericoloso», come dice
Fabrizio Barca nel documentario, ha
ostacolato l’azione della giunta Marino. «Sembravamo essere non il prin-
cipale partito di governo, ma di opposizione», dice senza mezzi termini il
commissario Matteo Orfini, che poi
rivendica però il merito di aver invertito questa tendenza.
Oggi il Pd cerca il riscatto nelle primarie dove concorrono due candidati come Roberto Giachetti e Roberto Morassut che a quella deriva sono
estranei. Il documentario di Claudia
Daconto può essere utile perché tutto
questo dolore che emerge è il segno
di una vitalità che permane, e che
è la base di ogni possibile riscatto.
Intanto perché il Pd è l’unica comunità politica che i conti con Mafia
Capitale li ha fatti e li sta facendo sul
serio. Ma la rottura è stata profonda
e la ricostruzione non sarà semplice
né breve, temo.
l’Unità
Venerdì, 19 Febbraio 2016
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