Che aria tira? - Respiro News

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Che aria tira?
20 articoli su RESPIRO 2011 – 2016 di
Gianguido Palumbo PAGI
Prefazione di Francesca Salcioli
MIDIA ed. Trieste
Febbraio 2016
1
INDICE GENERALE
- Prefazione e Introduzione
pag. 3
- Mario respira
4
- Respiro: un film
6
- L’Italia respira
8
- Respirare Cultura
10
- Apnea
12
- Democrazia Globale
14
- La favola di MONDITA
16
- Europa 8 marzo 2013
18
- Cittadini-e Italiani-e
20
- L’ultimo respiro
22
- Il respiro del Cielo
24
- Oltre il razzismo per non soffocare
26
- Il Futuro è troppo grande?
28
- Vite in tregua
30
- Pasolini
32
- Je suis…?
34
- Abou senz’aria
36
- Migrando a tutti i costi
38
- Il respiro di Pasolini
40
- Scacciapensieri scaccia Crisi
42
- Informazioni sull’Autore
44
2
Trieste 15 febbraio 2016
Prefazione per la rubrica “Che aria tira?”
Il respiro è, in primo luogo, l’atto del fare entrare il mondo dentro di sé. È un luogo di scambio fra
ciò che è dentro di noi e ciò che è fuori: un comprendere (da cum prendere, prendere insieme) il
mondo, per vivere. Nell’ottica di una rivista che si occupa di salute e corretti stili di vita a 360 gradi,
ci sembra utile riservare uno spazio alla “salute sociale”, alla riflessione sul benessere dei popoli,
della politica, della cultura.
Con questo e-book gratuito celebriamo oggi il primo lustro (20 articoli in 5 anni) di Che aria tira?,
rubrica che parla di identità, disagio, minori, immigrazione, globalizzazione, economia, Europa e
mondo, con la sensibilità e professionalità che contraddistingue l’autore e amico Gianguido Palumbo,
operatore culturale esperto in cooperazione internazionale e immigrazione, che ha curato e svolto
progetti e missioni dai Balcani all’Africa, dall’Asia all’America Latina.
Con Gianguido Palumbo vediamo allora “che aria tira” e ha tirato negli ultimi 5 anni, lasciandoci
ispirare dai suoi spunti e riflessioni sull’attualità nazionale e internazionale, ricordandoci di come la
salute sociale, emotiva e relazionale è parte integrante, insieme a quella fisica e psichica, del pianeta
uomo. E di come aprire la finestra per vedere “che aria tira” fuori dalla nostra comfort zone sia già
una prima apertura per spalancare molte porte.
Francesca Salcioli, Redazione RESPIRO.
Roma 15 febbraio 2016
Introduzione alla raccolta dei 20 articoli
Quando cinque anni fa l’amico Antonio Schiavulli mi propose di curare una piccola rubrica nella
Rivista RESPIRO, rimasi interdetto e lusingato. Immaginare di essere letto su una rivista di salute
con appunti di cultura generale mi sembrava un po’ un azzardo, ma proprio per questo, superato
l’imbarazzo e la indecisione iniziale, accettai ben volentieri quella piccola nuova sfida.
Scrivere mi piace sempre più e lo pratico da anni giornalmente, sotto varie forme e funzioni: per
lavoro, per progettare, per articoli di varia natura, per brevi saggi o per racconti, romanzi, poesie,
appunti. Leggere e scrivere sono decisamente ormai le mie attività principali quotidiane, che svolgo
dalla mattina presto alla sera cambiando spesso motivazioni e obiettivi.
Scrivere ogni tre mesi un breve articolo per RESPIRO con grande libertà è stata ed è tuttora una
occasione periodica di riflessione sul rapporto fra ciò che sto facendo per lavoro o nella vita e il tema
del “respiro”, della salute, fisica e mentale di una persona.
Rileggendo i 20 articoli scritti fino ad oggi mi ha stupito piacevolmente ritrovare alcune riflessioni
che sono nate proprio ad hoc per la rivista e quindi per me stesso significative, come spero lo siano
state e lo siano adesso per chi leggerà, forse per la prima volta, questi brevi testi uno dopo l’altro.
È un esercizio intellettuale, creativo, critico davvero stimolante, per il quale ringrazio Antonio
Schiavulli e tutta la redazione della Rivista a partire da Francesca Salcioli.
Gianguido Palumbo PAGI
3
Roma 25 maggio 2011
Che aria tira?
Un Re accartocciato e sofferente. FotoPAGI 2011
Mario respira
4
Mario respira
“Mario, respira lentamente e rilassati”.
Il padre di mio padre a Palermo durante la Guerra quando vedeva il figlio, già nervoso di suo,
irrigidirsi troppo, lo faceva sedere o sdraiare e prendendogli una mano amorevole e autorevole gli
diceva lentamente e con voce sinuosa questa piccola frase magica. Mio padre fra l’intimorito e il
rassicurato accettava un po’ supinamente la proposta del padre e provava a rilassarsi con qualche
buon risultato.
Dopo molti anni il figlio cresciuto e divenuto a sua volta mio padre, ogni volta che ancora bambino
mi vedeva sovraeccitato, nervoso, rabbioso, sudato, mi prendeva per mano e come il nonno, suo
padre, mi diceva calmo calmo: “Gianguido, fermati respira lentamente e rilassati”.
A volte purtroppo mi svegliavo con dei brutti incubi e chiamavo i miei sapendo che mio padre sarebbe
arrivato per provare a calmarmi allo stesso modo: la respirazione lenta, ripetuta e profonda per
rilassare il corpo e ossigenare il cervello funzionava bene.
Mio padre aveva anche imparato la tecnica del Training Autogeno basato proprio sul respiro e l’auto
rilassamento. Io non ho mai imparato o usato tecniche particolari per rilassarmi se non quella di
fermarmi a pensare seduto o sdraiato o in cammino lento.
Ma tutto dipende da “Che aria tira” dentro me, dentro ognuno di noi, fuori di noi, attorno a noi in
famiglia, al lavoro, in città, nella società in cui viviamo, nel Paese in cui stiamo, e nel Mondo intero.
Questa nuova strana finestra aperta in una rivista che si occupa scientificamente di RESPIRO,
cercherà di raccontare “Che aria tira” in qualsiasi senso lo si voglia intendere, a partire dalla
sensibilità dei miei polmoni, del mio sangue che si ossigena, del mio corpo irrorato, del mio cervello,
del mio pensiero.
Buona Lettura.
5
Roma 12 settembre 2011
Che aria tira?
Avvistamento Terra- FotoPAGI 2011
Respiro un film
6
Respiro un film
Nel 2002 un giovane regista italiano di origini siciliane, Emanuele Crialese, esordì con il suo primo
film interamente girato a Lampedusa con un titolo poetico simbolico “Respiro”. Un bellissimo film
con Valeria Golino, la valorizzazione paesaggistica e culturale dell’isola e un tema delicato come la
“diversità” l’“alterità umana” la “follia” rispetto alla normalità individuale. Il titolo indicava la
funzione vitale e simbolica del Respiro, della libertà di vivere se stessi concentrata nella scena finale
girata sott’acqua dove la protagonista in apnea nuota libera mentre il marito e gli abitanti la ritrovano
dopo la sua scomparsa da casa per fuggire alla cure mentali propostele.
Nel 2006 lo stesso regista aveva realizzato un secondo film molto bello dedicato agli emigrati siciliani
e italiani nelle Americhe verso il “Novomondo”. Quest’anno Crialese ha appena presentato alla
Mostra del Cinema di Venezia un nuovo film dedicato agli Immigrati ed alla difficile relazione fra
italiani e altri popoli in arrivo: “Terraferma”, girato in parte ancora a Lampedusa e soprattutto
nell’isola vicina, Linosa. Purtroppo questa volta a mio parere questo terzo film non ha “Respiro”, non
riesce a raccontare l’incontro scontro fra immigrati africani e cittadini isolani italiani, se non in
qualche breve momento efficace e intenso. Il film non respira perché troppo preoccupato da una parte
di definire banalmente il conflitto generazionale e socioculturale fra Solidarietà antica e moderna e
Consumismo-Egoismo e dall’altra di creare delle “belle immagini” cinematografiche, che sono un
giusto obiettivo artistico se non diventano forzate e cercate quasi con freddezza. Eppure la sensibilità
per concepire il film Crialese l’ha avuta e questo gli va riconosciuto come ad altri registri e autori
italiani molto diversi che hanno dedicato altri film al tema dell’Immigrazione, tutti presentati a
Venezia a da vedere con curiosità.
7
Roma 20 dicembre 2011
Che aria tira?
Bandiera italiana standard
L’Italia respira
8
L’Italia respira
Questo non è un articolo partigiano ma credo sia vero che una grande maggioranza degli italiani e
delle italiane da alcuni giorni respira meglio, si riempie i polmoni d'aria nuova per la conclusione di
un periodo storico di quasi 20 anni coincidente con il protagonismo di Silvio Berlusconi. Non parlo
di Destra Centro e Sinistra, di partiti e di potere: parlo di aria, di clima, di stili di vita individuali e
collettivi, di tensioni nervose, di rabbie, di nevrosi.
Nella storia italiana dei 150 anni di unità, che stiamo finendo di ricordare in questo vorticoso 2011,
ci sono stati molti momenti di "respiro" più o meno ampi e profondi e questa metà di novembre 2011
sarà ricordata certamente come uno di quelli. E' vero che forse una parte della popolazione italiana
invece sta vivendo giornate di delusione, depressione o rabbia per la conclusione del ciclo storico
berlusconiano nel quale hanno vissuto o hanno creduto di vivere bene, ma ritengo che ormai una
maggioranza ampia stia "respirando" a pieni polmoni.
In questo stesso periodo io sto presentando in giro per l'Italia il mio nuovo libro con Video annesso,
dedicato proprio alla storia d'Italia: "Cortissima STORIADITALIA 1860-2010". E' una proposta
multimediale (Film a puntate di un'ora e venti + Libro + Radio edizione +Sito internet) che offre una
sintesi della storia degli ultimi 150 anni, fino alla metà del 2011, per scoprire in poco tempo (un'ora
di lettura o un'ora e poco più di film o di ascolto radiofonico) la sequenza delle vicende storiche grandi
e piccole del nostro Paese in tutte le sue componenti positive e negative. Uno "strumento" di
informazione giornalistica anomala, di formazione di base per i più giovani, per gli italiani all'estero
e per gli stranieri in Italia: un modo originale e semplice per suggerire una memoria collettiva
condivisa che in Italia è quasi assente o carente. Le prime reazioni di pubblici molto diversi per età e
formazione sono di stupore, di piacere e interesse: "Ma perché non ci aveva pensato nessuno prima a
raccontare con semplicità e fantasia la nostra storia completa di questi 150 anni?". Eppure è così e mi
fa piacere ovviamente.
Il bello è che per casualità o meno stiamo vivendo una coincidenza storica molto interessante : nello
stesso anno in cui abbiamo celebrato, analizzato, ricordato, studiato, scritto, rielaborato
pubblicamente e privatamente i 150 anni di unità d'Italia, sta avvenendo il passaggio da una fase
storica comunque importante e influente durata circa 20 anni con la caratterizzazione data da Silvio
Berlusconi e i suoi alleati e collaboratori e collaboratrici, ad una nuova e diversa fase ancora tutta da
vivere, capire e cui partecipare attivamente.
Una bellissima canzone del cantautore Francesco De Gregori si intitolava "La storia siamo noi" e
vorrei ricordare uno dei passaggi più significativi per la sua carica poetica: "la storia siamo noi,
attenzione, questo piatto di grano". Il "respiro" di ogni nostro corpo, la sua intensità, profondità e
durata, indica contemporaneamente due condizioni psicofisiche classiche: il rilassamento necessario
dopo una fatica o la tensione nervosa accumulata e il caricamento di ossigeno nel sangue necessario
per recuperare energia.
Respiriamo profondamente, respirate anche voi italiani e italiane che magari apprezzavate
Berlusconi: cambiare aria farà bene a tutti anche e solo per sentire come reagisce il fisico, il cervello,
provando a cambiare passo e direzione di marcia. Buon fine anno a tutti e tutte, comunque la pensiate.
www.cortissimastoriaditalia.it
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Roma 15 marzo 2012
Che aria tira?
Perugia – FotoPAGI 24 ottobre 2011
Respirare Cultura
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Respirare Cultura
Si può e si deve anche “respirare” cultura. Nel nostro Paese purtroppo stanno invecchiando e morendo
grandi personalità che sono state e sono ancora il nostro ossigeno essenziale per vivere e crescere.
Due maturi intellettuali, professori di due ambienti diversi ma non troppo lontani, con due piccoli e
preziosi libri usciti da poco, ci fanno davvero respirare e ossigenare il cervello suggerendo come
essere italiani migliori riscoprendo ideali e idee portanti per il presente futuro.
“Il nuovo dell’Italia è nel passato” (ed. Laterza 2012 – Andrea Carandini) e “Contro le radici” (ed. Il
Mulino 2011 – Maurizio Bettini). Il primo è un grande Archeologo e appassionato di storia e di
politica, il secondo è un grande Antropologo dell’Antichità. In entrambi i libri, brevi quanto densi, ci
viene ricordata la ricchezza e la forza della storia complessa della Penisola Italiana che va rivalutata
e rivalorizzata conoscendola meglio oltre gli stereotipi e scoprendone proprio le caratteristiche
positive.
Uno, Bettini, ci ricorda che “Se c’è qualcosa che caratterizza la Cultura è la sua capacità di mutare,
di trasformarsi” e che quindi l’identità, le radici, sono troppo spesso delle forzature ideologiche che
bloccano la ricerca e le aperture al mondo in continua mutazione e connessione.
L’altro, Carandini, ci ricorda che “il Passato è il nostro unico Futuro certo, ma nessuno se ne accorge
quando si parla di Sviluppo” e che quindi la Cultura, la Storia, il Paesaggio, l’Arte, sono patrimoni
vivi e sempre più adatti al mondo contemporaneo che ha sete di conoscenza, di condivisione, di
scoperta e non solo di turismo passivo e consumistico.
Entrambi questi due grandi italiani ci dimostrano in poche pagine quanto l’Italia e il suo Popolo
meticcio (per storia) sono fatti di varietà, di diversità, di incroci, di ricchezze nate e accumulate nel
tempo degli incontri e degli scontri, ricchezze che sono ancora vive e cariche di stimoli e opportunità
non solo come ricordi, cimeli, morti ma proprio come fonti di nuove energie, nuovi cambiamenti,
nuove ricchezze anche economiche.
Per vivere bisogna respirare, per respirare bisogna avere aria carica di ossigeno ma a quel punto il
cervello è pronto per funzionare e dipende da cosa ascolta, vede, legge, tocca, e mangia: la qualità
crea vita vera, attiva, produttiva, innovativa, generativa.
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Roma 12 giugno 2012
Che aria tira?
Murales – FotoPAGI 3 settembre 2011
Apnea
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Apnea
Apnea: “Sospensione temporanea o patologica dei movimenti respiratori” (vocabolario Zingarelli)
In Italia (e non solo) stiamo vivendo in “apnea” da mesi: si tratta di capire al più presto se questa
sospensione delle nostre vite, chi più chi meno, sia temporanea e quindi di possibile controllo o
patologica e quindi a rischio di vita. Non respiriamo di fatto, sospesi in un passaggio storico fra un
quasi ventennio di degenerazione e depauperamento e una nuova epoca ancora da creare, da definire,
travolti da crisi mondiali, crisi europee, crisi nazionali, terremoti naturali, terremoti politico sociali,
terremoti culturali in cui Economia, Società, Politica, Chiesa ed anche Sport “crollano” per
smottamenti individuali e collettivi.
Apnea: continueremo a lavorare o ci licenzieranno? I pochi soldi che abbiamo in banca avranno
ancora lo stesso valore o l’Euro crollerà? Per mantenere l’Euro i governi europei imporranno altre
tasse ingiuste o riusciranno in altro modo? I nostri figli troveranno un lavoro decente? I nostri nonni
riusciranno a sopravvivere con un po’ di dignità? Quanti altri terremoti, dove e quando avverranno e
noi come faremo?
Il Governo Tecnico Italiano sta cercando di gestire l’Apnea Nazionale ma ancora non vediamo
l’Ossigeno e non riusciamo a respirare, circondati da altri Popoli e Paesi in affanno, in carenza di
ossigeno, che rischiano di svenire o morire per mancanza d’aria. Non credo però che l’“ARIA” di cui
abbiamo bisogno sia fatta solamente di molecole di Euro! Non credo che basterebbero più soldi per
risolvere le nostre crisi nazionali, europee e internazionali.
L’Aria che ci manca è fatta anche e per molta parte di ideali, di speranze, di futuro immaginato: nuovi
orizzonti di vita individuale e collettiva. Risparmiare, non sprecare, razionalizzare, distribuire meglio,
riorganizzare la vita di ogni famiglia, di ogni comunità e città, di ogni Paese europeo (e non solo) è
certamente sempre più necessario ma senza motivazioni, senza nuovi o vecchi e rinnovati ideali,
senza Progetto, la sola contabilità quantitativa non dà respiro, non ossigena, non provoca nuove
energie ed anzi le reprime e spesso le blocca.
Un’Apnea non può durare molto se no diventa asfissia e i corpi cedono.
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Roma 12 settembre 2012
Che aria tira?
Napoli 4 sett.2012 per strada FotoPAGI
Democrazia Globale
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Democrazia Globale
Nuove idee, nuove iniziative per respirare aria fresca in un mondo in affanno? Eccone una, anche se molto
teorica e ancora da trasformare in proposte operative progressive: un Manifesto per la Democrazia
Globale. Lo hanno promosso e presentato questa estate a Londra alcuni-e intellettuali di origini diverse,
fra i-le quali: Zygmunt Bauman, Jacques Attali, Ulrich Beck, Noam Chomsky, Susan George,
Abdullahi Ahmed An-Na’im, Daniele Archibugi, Lucio Levi, Giacomo Marramao, Saskia Sassen,
Fernando Savater, Roberto Saviano, Vandana Shiva.
“Globalizzare la democrazia è l’unico modo per democratizzare la globalizzazione… Vogliamo essere
cittadini del mondo e non solo i suoi abitanti. Perciò esigiamo democrazia non solo a livello locale e
nazionale, ma anche una democrazia globale, ci impegniamo a lavorare per il suo sviluppo e chiamiamo
tutti i leaders politici, intellettuali e civili del mondo, tutte le organizzazioni, partiti e movimenti, e tutte
le persone di convinzioni democratiche del pianeta a partecipare attivamente della sua costituzione”.
C’è proprio bisogno di respirare a pieni polmoni superando l’afasia a volte troppo provinciale di idee
piccole, minute, troppo strette o ristrette, nate dal timore di sognare e rischiare. Ed invece forse si
possono rompere le catene dell’emergenza locale e planetaria proprio elaborando idee e proposte alte.
Quando nel 1941-2, segregati nell’isola di Ventotene dal regime fascista italiano, mentre ancora
infuriava la Guerra Mondiale con milioni di morti e distruzione di intere città, Spinelli Rossi e Colorni
concepirono e scrissero il famoso Manifesto per una Europa Unita e Federale, ruppero l’incantesimo
del “realismo” politico, della “compatibilità” storico economica e sociale e soprattutto ideologica ed
ebbero la forza e il coraggio di immaginare un’altra Europa futura, in un misto straordinario di pace,
di uguaglianza, di libertà e socialismo, di sviluppo e di reinvenzione culturale e sociale.
Oggi, in piena crisi mondiale ed europea, proporre un Manifesto per la Democrazia Globale ricorda
quella temerarietà anche se per loro e nostra fortuna i firmatari non sono al confino. Nel mio piccolo
l’ho controfirmato anch’io. www.globaldemocracymanifesto.com
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Roma 15 novembre 2012
Che aria tira?
Nuova Bandiera Italiana Multicolore – www.mondita.it
La favola di Mondita
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La favola di Mondita
Mondita ha appena un anno ma lei stessa non se ne rende conto: è ancora troppo piccola. E’ nata in
Italia, in quella strana penisola in mezzo al Mar Mediterraneo, in mezzo al Mondo fra Occidente e
Oriente, fra Nord e Sud. Forse è figlia proprio d’Italia e Mondo: Lei madre un po’ apprensiva quanto
generosa e amorosa, Lui padre grande e complicato ma pronto a tutto. Papà e Mamma sono orgogliosi
di… Mondita. Ma gli altri e le altre la guardano in modo strano o almeno così le sembra. Già il nome
suscita un certo stupore nella penisola mediterranea dove si è perso il gusto e l’abitudine a nomi
insoliti che non siano quelli inventati da programmi tv.
A lei piace molto chiamarsi… Mondita. Le piace il suono e le piace il senso che quel suono sembra
emanare, come di un insieme di serietà iniziale (MON) e di leggera squillantezza finale (DITA). Ma
lo sguardo degli altri non è fatto solo di dubbi per il nome della Bambina di appena un anno ma anche
e soprattutto di stupore per come è fatta, corpo e viso, e per come si comporta. I suoi capelli lunghi
sono di tanti colori diversi fino a creare un arcobaleno molto più ricco di quelli del cielo illuminato
dopo una grande pioggia. Il viso è tondo, proprio tondo come una pallina, come il mondo: un cerchio
segnato dagli occhi, dal naso e dalla bocca. L’iride degli occhi tondi anch’essi, è come il riflesso dei
capelli: mille colori che cambiano alla luce, la penombra o il buio. Il naso è piccolo e misurato, la
bocca è rosata con due labbra equilibrate. La pelle del viso cambia con la luce del sole passando di
ora in ora da un bianco pallido di luna ad un rosso acceso di mezzogiorno ad un giallo e rosato di
prima mattina verso un bruno la sera.
Non si può dire che sia una bambina Bianca o Nera o Gialla o Rossa: è… Mondita. Non solo i capelli
e gli occhi variopinti, alla Bambina piace molto vestirsi sempre coloratissima, dalla testa ai piedi. La
guardi e tutti quei colori ti mettono allegria. Parla molto e soprattutto parla tutte le lingue del mondo,
davvero! Può capire e comunicare con chiunque di qualsiasi Popolo e Paese. Ascolta tutti e gioisce
degli incontri. È allegra senza essere stupidamente contenta. È pronta a tutto senza essere
stupidamente incosciente. È generosa senza essere stupidamente eroica.
È ancora una Bambina senza essere stupidamente una falsa donna adulta. Come crescerà, chissà?
Respira bene ed è Mondita.
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Roma 8 marzo 2013
Che aria tira?
Euro Mediterraneo
8 Marzo d’Europa 2013
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8 Marzo d’Europa 2013
La parola "Europa" è di origine incerta. La teoria più accreditata è che derivi dal greco antico eurus,
che significa "ampio" e “ops”, che significa "occhio, viso", quindi "largo sguardo". Altra ipotesi è che
sia basata su un termine semitico dall'accadico erebu "occidente", come il fenicio 'ereb. Nella
mitologia greca Europa era la figlia di Agenore Re di Tiro, antica città fenicia colonia greca e in area
mediterraneo-mediorientale. Zeus, innamoratosi di lei, decise di rapirla e si trasformò in un toro.
Mentre coglieva dei fiori Europa vide il toro che le si avvicinava e si spaventò ma il toro si sdraiò ai
suoi piedi ed Europa si tranquillizzò. Vedendo che si lasciava accarezzare, Europa salì sulla groppa
del toro che però si gettò in mare e la condusse fino a Creta. Zeus si ritrasformò in dio e le rivelò il
suo amore. Ebbero tre figli: Minosse, Sarpedonte e Radamanto. Minosse divenne Re di Creta e diede
vita alla civiltà cretese, culla della civiltà europea. Il nome Europa, da quel momento, indicò le terre
a nord del Mar Mediterraneo. Insomma una bella Donna sedotta e ingannata da un Dio Maschio
trasformatosi in Toro, animale simbolo del maschile che però la conquistò con la mansuetudine e con
subalternità, si lasciò accarezzare… e poi con la fanciulla in groppa ormai conquistata scappò e si
rivelò in quanto Zeus!
Un’EUROPA sedotta e abbandonata?
“Quali sono gli elementi che costituiscono la civiltà europea? La Civiltà Europea è in primo luogo
una civiltà pluralista. Essa è il luogo della diversità delle opinioni, delle contrapposizioni, dei valori
contrastanti e della dialettica che non arriva ad una sintesi. Il contributo più importante alla civiltà
umana mi sembra sia quel Pluralismo che è sempre stato alle fondamenta della nozione di Libertà
europea. In questa fase l’Europa è chiusa in un quadro rigido all’interno del quale non riesce a
respirare. L’Europa ha bisogno di respiro, di grazia, di modi di pensare che non siano provinciali.
Abbiamo difficoltà ad avere contatti e conoscenze, a contaminare quanto basta le nostre idee affinché
si fecondino mutualmente i valori erranti che sono isolati nei nostri rispettivi Paesi. Bisogna lottare
per riuscire a superare gli ostacoli e fare l’Europa che finalmente potrà svolgere un suo ruolo nella
storia di domani” (da Albert Camus “ Conferenza di Atene” 1955). Un grande intellettuale ed artista
francese oltre cinquant’anni fa in una famosa Conferenza svoltasi in Grecia, invitava al Respiro della
Libertà, che però sia basata su diritti e doveri perché “la Libertà senza limiti non viene vissuta da tutti
ed ha come prezzo la morte degli altri”.
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Roma 27 maggio 2013
Che aria tira ?
Bruxelles- Museo del Parlamento-FotoPAGI
Cittadini-e Italiani-e
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Cittadini-e Italiani-e
Esseri Umani, essere umani, essere italiani-e? Che vuol dire oggi “essere italiani”? Esiste una
relazione fra “sentirsi” italiani, “essere” italiani ed essere riconosciuti giuridicamente come “italianie”? Il dibattito pubblico che si è scatenato nell’ultimo mese in Italia sul Diritto di Cittadinanza italiana
per i figli di genitori “stranieri” è molto importante.
Non si tratta solamente di votare una nuova legge sulla Cittadinanza, si tratta anche di verificare a
che punto sia nel nostro Paese la coscienza, la cultura dell’identità di Popolo a 152 anni dalla nascita
dell’Italia come Stato unico. Separato per un attimo l’estremo del Razzismo vero e proprio che fa
considerare non italiana qualsiasi persona non abbia la pelle che oscilli in una limitata scala cromatica
dal rosa pallido all’olivastro chiaro, il problema dell’Identità collettiva di un Popolo e di una Nazione
è davvero complesso e difficile da affrontare in un mondo sempre più intrecciato, a partire dagli
affetti, dagli amori, dalle amicizie e da molte famiglie.
La crisi oggettiva di molti Paesi europei, dove la percentuale di cittadini di origine straniera è più alta
della nostra e da più tempo (Francia, Inghilterra, Germania, Svezia..) indica che la mondializzazione
stia inevitabilmente provocando
reazioni di autodifesa locale, a volte iper-locale.
Contemporaneamente alcuni studi recenti di genetica e antropologia stanno raccontando che nelle
Città più grandi le differenze genetiche e antropologiche tendono a diminuire molto, proprio come
effetto dell’urbanizzazione: della condivisione di luoghi, spazi, abitudini, regole, lavori, ritmi,
tradizioni meticciate.
In Italia dovremmo riuscire contemporaneamente a trovare presto soluzioni giuridiche più moderne
e rispondenti ad una realtà oggettiva e influente (un milione di bambini e adolescenti figli di stranieri
con le loro famiglie non possono essere lasciati in una condizione frustrante di attesa di un diritto
essenziale); e al contempo però dovremmo promuovere un grande e lungo impegno educativo e
socioculturale formativo (scuole e media) che ci aiuti a riscoprire le nostre antichissime radici
meticcie (il Popolo Italiano è frutto storico millenario di continui arrivi di “Migranti” originari
dall’Africa, dall’Asia, dal Nord Europa) per capire finalmente che siamo stati grandi e importanti per
il mondo intero proprio perché gli esseri viventi meticci e ibridi sono molto più ricchi di energie e di
risorse fisiche e mentali. Non si tratta quindi solo di accettare l’Altro che arriva e sforzarsi di
“integrarlo”, ma dobbiamo accettare prima Noi Stessi assieme ai così detti Altri.
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Roma 3 settembre 2013
Che aria tira?
Corpo vegetale sulla spiaggia di Ostia - FotoPAGI
L’ultimo respiro
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L’ultimo respiro
Il tabù della Morte: il grande regista teatrale Pippo Del Bono (www.pippodelbono.it) sta presentando
in Italia la sua nuova opera video, Sangue, dedicata proprio alla morte. Nel film si intrecciano la morte
di una Città, l’Aquila, la morte di una vittima del terrorismo delle BR, e soprattutto la morte della
madre del regista.
Oltre ad alcuni premi e singoli giudizi positivi, in Italia la reazione più diffusa è stata critica sia per
la strana decisione di filmare la morte progressiva per cancro della propria madre sia per il
coinvolgimento dell’ex brigatista Sanzani. Il film, al di là dei suoi limiti e fragilità artistiche, ha il
grande merito di provocare reazioni e riflessioni su uno dei più forti tabù contemporanei, in
particolare in Italia: la Morte.
Anni fa un altro film, un documentario antropologico, faceva vedere un funerale festoso di una
comunità africana in Mozambico dove tutti si ubriacavano, giovani, adulti e anziani, suonavano e
danzavano perché credevano che l’altra vita fosse molto migliore di questa sulla terra.
Nel 1966 un grande filosofo francese di origine russo-ebrea, V. Jankelevich, scrisse un piccolo libro
“La Morte”, nel quale proponeva la sua visione originale e quasi ironica di questo grande tabù.
Nel mio nuovo libro di prossima pubblicazione “UBUN uomo nero uomo bianco - Dialoghi sulla vita
fra un Europeo e un Africano” discuto di sette grandi temi con un amico senegalese e fra questi
proprio la Morte: io non credente e lui musulmano e animista. Nella tradizione islamica sembra che
la Morte sia all’origine della Vita e non il contrario.
Quanti modi abbiamo elaborato per affrontare, accettare la mortalità di noi Esseri Umani, la nostra
limitatezza, il nostro ultimo respiro? La Morte però rischia di essere una astrazione se non ci
confrontiamo con le singole morti, le morti collettive, vicine o lontane: quelle dei propri cari, quelle
di singole persone (quante donne uccise da uomini!), quelle migliaia degli ultimi anni nei Paesi in
crisi (Iraq, Afganistan, Tunisia, Libia, Egitto, Siria) quelle provocate da disastri “ambientali”
(Fukuschima, L’Aquila). Il dolore, la paura, la preghiera, la speranza, l’illusione, la festa: reazioni e
rielaborazioni diverse ed opposte alla naturale limitatezza della vita umana.
L’Ultimo Respiro è inevitabile quanto il Primo Respiro della nascita che quasi sempre inizia con un
urlo: il dolore del primo ossigeno nei polmoni. La Vita come sofferenza o la Vita come energia? La
pace della Morte o la morte della Pace?
Già nel 500 a.C. in due mondi lontani Lao Tze in Cina elaborava la teoria dello Ying e Yang, ed
Eraclito nella penisola Turca la sua Armonia dei Contrasti.
23
Roma 1 gennaio 2014
Che aria tira?
In volo fra Roma e Palermo FotoPAGI 1 gennaio 2014
Il respiro del cielo
24
Il respiro del cielo
Buon 2014 e buon volo!
L’anno che inizia speriamo possa essere migliore del precedente per molte persone che il 2013
l’hanno vissuto male, in apnea, senza respirare bene, senza ossigenarsi a sufficienza. Per cominciare
meglio si dovrebbe ogni tanto volare, il più in alto possibile, sopra ogni nuvola fisica e psichica:
nuvole fuori, nel cielo, vere di ogni tipo, meravigliose da guardare e nuvole dentro di noi, vere
anch’esse, di ogni tipo, minacciose o misteriose. Volare davvero in un aereo, a prescindere dalla
destinazione, volare anche solo per un’ora ma guardando fuori dal finestrino l’orizzonte, il cielo in
ogni direzione, guardando in giù verso la terra come un astronauta. Volare per staccarsi dalla vita
senza morte, per respirare il cielo, per distanziarsi dai problemi, per considerarli relativi, per capirli
meglio a cinque mila metri di distanza, osservando le case e le città piccole piccole, le macchinine
semoventi come in un plastico, ripensando alle crisi, ai terremoti, alle guerre, alle alluvioni, alle paure
e alle speranze, ai progetti, ai sogni e gli incubi, ai governi, alle leggi, alle normative, alle bollette, ai
lavori, alla famiglia, alla solitudine, all’amore difficile o facile, ai malanni, agli anni, a chi è proprio
lì, giù, in ufficio a telefono, a scuola, a letto a dormire o ad amare o a soffrire, ad arare i campi, a
badare alle mucche, a sciare, a cercare lavoro… Guardare li giù con possibile e necessario distacco,
quasi freddezza e paradossale razionalità disumana.
“Sole e Acciaio” è il titolo di uno degli ultimi libri (1970) di Y. Mishima (1925-1970), grande e
controverso scrittore giapponese, neofuturista, per alcuni neofascista, per altri genio solitario, suicida
per coerenza e narcisismo estremo. In Sole e Acciaio si racconta il piacere, l’eccitazione del volo ad
alta velocità in un jet militare. Sole è la Natura per eccellenza che brilla, riscalda e acceca nel cielo e
Acciaio è la Tecnica per eccellenza, l’aereo supersonico, il jet che sfreccia a oltre 2000 km l’ora.
Icaro sognò di volare: cadde e morì con le ali squagliate dal sole ma aveva provato a sfidare la natura
umana. Leonardo progettò delle ali per umani che alcuni secoli più tardi sono state realizzate come
alianti per il volo a caduta libera.
I paracadutisti, i parapendisti e i volatori liberi quando si lanciano da una montagna o da un aereo
lanciandosi nel vuoto trattengono il respiro per poi riprendere a un ritmo particolare dettato
dall’emozione e dalla pressione atmosferica. La loro visione del mondo sottostante, anche parziale, è
comunque speciale e li porta a sentirsi “staccati” da terra, ma anche e soprattutto dalla vita umana
quotidiana, sospesi nello spazio e nel tempo.
Il Volo e il respiro speciale che provoca potrebbero aiutarci ogni tanto, ogni anno, a vivere meglio e
forse a vivere anche di più.
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Roma 10 marzo 2014
Che aria tira?
Particolare di un graffito per strada, FotoPAGI Parigi ottobre 2013
Oltre il Razzismo per non soffocare
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Oltre il Razzismo per non soffocare
Il corpo dello schiavo nero penzolava dall’albero nel cortile ma riusciva ancora a respirare pur a fatica
perché con le punte dei piedi toccava terra e si sforzava di evitare il soffocamento e la morte: una
tortura punitiva del suo “Badante” Bianco alle dipendenze del Padrone. Tutt’attorno la vita della Villa
continuava imperterrita in quella grande Proprietà dell’America del Sud a metà ‘800.
E’ l’unica scena forte e significativa del film “12 anni schiavo” immeritato Premio Oscar 2014. Negli
Usa recentemente molti altri film hanno affrontato il tema del Razzismo e dello Schiavismo. Anche
in Italia sono sempre di più i film dedicati alla Società Multi Etnica, alle difficoltà del dialogo e della
convivenza ed alle sue potenzialità. Film, Libri, Iniziative, Proposte, Dibattiti, Manifestazioni,
continuano a susseguirsi da anni sul tema dell’Identità, della Multi Etnicità, delle Migrazioni, delle
Convivenze, del Razzismo.
Forse però si parla, si crea, si scrive, troppo poco degli aspetti più profondi, intimi, delicati, delle crisi
di identità, degli incontri di culture, di singole persone, di storie diverse che si trovano accanto a
vivere in un palazzo, in un quartiere, una scuola, un ufficio, un cantiere con le loro diverse concezioni
dell’identità, del genere, della povertà e della ricchezza, dell’amore, della morte, del tempo, della
fede.
Affrontare temi e aspetti della vita umana a partire da diverse origini geo-culturali, storie personali e
collettive, è proprio necessario, urgente per potere cambiare insieme, crescere, maturare, diventare
cittadini nuovi, oltre il razzismo ma anche oltre l’indifferenza, la tolleranza, la solidarietà,
l’accoglienza, l’integrazione, per un meticciato sociale inevitabile e proficuo e possibilmente anche
piacevole e non solo problematico. Se non affrontiamo mai le profonde intimità culturali delle
diversità contemporanee, con un po’ di coraggio ed anche un po’ di paura, rischieremo di votare leggi,
regolamenti, regole, e di organizzare pratiche di vita comune, troppo freddamente, razionalmente, per
dovere etico politico ma senza empatia, senza verifica umana e quindi con possibili rigetti, fallimenti
e relativi effetti “boomerang” individuali e collettivi.
Uomini Bianchi, Uomini Neri, Gialli, Rossi, Donne Bianche, Nere, Gialle, Rosse, secoli fa ma anche
anni fa e giorni fa, si sono odiati, uccisi, respinti, circondati, assediati, per difendere proprie sicurezze,
territori, economie, famiglie. Ma il processo storico di sempre maggiore mondializzazione ci obbliga
sempre più a conoscerci e convivere e mescolarci quanto e più di prima: può e deve essere bello, non
solo difficile. Per questo ho scritto il piccolo nuovo libro, per respirare meglio, per non soffocare:
“UBUN Uomo Bianco Uomo Nero - sette dialoghi sulla vita fra un Europeo e un Africano” - ed.
YCP nov. 2013.
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Roma 25 giugno 2014
Che aria tira?
Studenti palestinesi di Hebron in gita FotoPAGI 2014
Il Futuro è troppo grande?
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Il Futuro è troppo grande?
Il nostro futuro, fra un anno, fra dieci anni? Il “nostro” di chi? Avere 60 anni o 20 è certamente diverso
così come essere un cittadino italiano o essere un migrante eritreo o siriano appena sbarcato, è ancora
più diverso. Oggi, forse più di prima, il Futuro mette ansia a quasi tutti, fa respirare a fatica perché
ognuno di noi, pur diverso per età, condizione, origine, non può sapere cosa succederà al mondo, al
suo paese, alla sua città, alla sua famiglia, a se stesso-a addirittura nei prossimi mesi e non solo anni.
Questa condizione di precarietà, insicurezza, ansia, mancanza di respiro, di fatto accomuna miliardi
di persone, pur con privilegi e attese di vita molto diverse.
Il titolo di un video-film documentario italiano in circolazione (alternativa) molto particolare è
proprio “Il Futuro è troppo grande” (www.ilfuturoetroppogrande.it) : una frase molto bella, quasi
poetica, che uno dei due protagonisti dice a metà del doppio racconto, confessando che la sua angoscia
del futuro di giovanissimo ventenne in Italia cerca di superarla sforzandosi di concentrarsi nel vivere
al meglio il Presente, con impegno e ricerca di soddisfazioni sperando possano essere la base di un
futuro possibile. Questo ragazzo è figlio di una coppia filippina di Roma, parla un italiano con cadenza
romana e si sente parte integrante dei giovani romani vivendo in pieno il suo presente e forse il futuro
in questa città.
La storia parallela che racconta il film è quella di una ragazza cinese, sempre di Roma, che vive una
crisi di identità e prova a superare la sua ansia di futuro scegliendo invece di “giocare a ping pong”
fra l’Italia e la Cina, valorizzando le sue competenze linguistiche e universitarie al servizio del
commercio internazionale. Storie parallele che i due giovani registi italiani, Giusy Buccheri e Michele
Citone, hanno filmato coinvolgendo anche i due protagonisti nelle auto riprese di lunghi momenti
delle loro vite.
Un racconto di tenerezza, delicatezza, rispetto e semplicità, che riesce sia a proporci due frammenti
di vita delle nuove generazioni di Italiani di origine straniera (le cosiddette G2) sia e forse soprattutto
a metterci in comunicazione con la vita intima dei Giovani contemporanei pieni di sensibilità, energia,
intelligenza, capacità, ma quasi bloccati dalle difficoltà solo in parte tutte italiane e romane e
soprattutto in attesa di essere valorizzati-e e resi protagonisti del rinnovamento sociale, culturale,
economico. La relazione individuale e sociale fra gli adulti e i giovani oggi rischia di saltare da parte
degli adulti per mancanza di ideali chiari e forti e relative società organizzate e da parte dei giovani
per mancanza di fiducia nel loro stesso futuro visto come “troppo grande”, troppo impegnativo,
troppo incerto e imprevedibile.
Ma senza la relazione fra le energie delle nuove generazioni e le esperienze delle vecchie una società
migliore rischia davvero di non maturare. Speriamo di farcela assieme in qualche modo: il Futuro è
davvero troppo grande?
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Roma 27 agosto 2014
Che aria tira?
Autoritratto -Biennale Architettura –Venezia – FotoPAGI 2012
Vite in Tregua
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Vite in Tregua
Le tregue nelle nostre vite umane. Finalmente è “tregua” prolungata fra Palestinesi e Israeliani (in
realtà fra Hamas e il Governo Israeliano). Il Mondo è ancora pieno di guerre ed anche di tregue più o
meno durature. La “Tregua Olimpica” (in greco antico ἐκεχειρία "le mani ferme"), era dichiarata in
tutta la Grecia per chiunque partecipasse alle grandi feste e ai giochi nazionali: in quel periodo di
tempo dovevano cessare tutte le inimicizie pubbliche e private e nessuno poteva essere molestato,
specialmente atleti e spettatori che dovessero attraversare territori nemici per recarsi ad Olimpia. Oggi
questo termine insieme positivo e negativo (esprime la sospensione di un fatto negativo ma non la
sua fine) è spesso usato metaforicamente in diversi contesti non bellici: tregua in una crisi economica,
tregua climatica, tregua sociale.
Già Primo Levi nel suo La Tregua (1963) raccontava proprio di quello strano, straziante e straniante
periodo da lui vissuto fra la liberazione dei Lager nazisti e la riconquista della sua vita “normale” in
Italia. Un interregno psicofisico e temporale fra la prigionia terribile e l’arrivo a casa a Torino dopo
35 giorni di viaggio attraverso mezza Europa.
Sono molti anni che penso all’importanza di questo termine, TREGUA, e di questa condizione umana
non solo come collettiva ma anche individuale: ognuno di noi di fatto vive sempre in “tregua” con se
stesso-a, in una progressiva sospensione di conflitti fra i diversi Sé interiori, proprio per non
soccombere, per non morire, per non impazzire: sospende, tace dentro sé, prova ad ignorare e spostare
in là, domani, fra mesi o anni, le guerre interiori imponendosi delle tregue progressive. E nelle coppie,
nelle amicizie, nelle relazioni fra più persone, noi umani non viviamo continuamente in tregua con
gli altri, sospendendo i conflitti più seri e gravi senza risolvere i problemi, senza vincere o perdere
ma appunto stabilendo silenziosamente tregue progressive per sopravvivere, per vivere meglio o
almeno così pare.
La Tregua mi sembra da anni come la più importante tecnica di sopravvivenza umana che ci permette
da secoli di non risolvere tutte le nostre “guerre” cercando e trovando degli equilibri provvisori di
sospensione dei conflitti. Viviamo in Tregua perenne e nel mondo contemporaneo in cui, dopo le tre
grandi Guerre Mondiali, gli Olocausti e le Repressioni feroci, il Pacifismo si è molto diffuso creando
sensi di colpa e di responsabilità, “usiamo” le Tregue sempre più. Io però non sono mai riuscito a
credere nella Pace, a sentirmi e dichiararmi “pacifista”: la Pace mi sembra quasi disumana se non
come utopia e desiderio legittimo ma non come possibile e vero obiettivo umano o addirittura sociale.
Certo c’è una bella differenza fra la vita di miliardi di persone nelle aree di conflitti storici e violenti
e quella di chi da decenni vive in Canada o in America o in Giappone o in Europa o in Cina. Ma come
dimostrano le improvvise eruzioni sociali, le rivoluzioni, le rivolte, le crisi gravi e i forti conflitti pur
brevi nei diversi continenti e Paesi, la Pace è quasi sempre una Tregua più lunga.
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Roma 4 novembre 2014
Che aria tira?
Vivaio e venditore di statue - Roma - FotoPAGI 2014
Pasolini
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Pasolini
Ancora Pasolini?! Ancora o di nuovo. Il 2 novembre 1975 è stato ucciso e ancora non si sa bene da
chi e perché. Uno dei tanti misteri insoluti della storia d’Italia rispetto ai quali lo stesso Pasolini nel
1974 sul Corriere della Sera scriveva uno dei suoi pezzi più famosi e provocatori Io So: “Io so i nomi
dei responsabili, io so, perché sono un intellettuale……ma non ho le prove e nemmeno gli indizi”.
Ancora e di nuovo Pasolini dopo 50 anni dai suoi primi capolavori di scrittura e di cinema.
Pasolini e la Tregua. “Tra i due mondi, la tregua in cui non siamo” (Le ceneri di Gramsci - 1954). I
due mondi allora erano quello occidentale capitalista e quello russo sovietico quasi orientale
comunista.
Oggi i due Mondi potrebbero essere quello cristiano e quello islamico, o quello benestante e quello
malestante. La non Tregua, quella in cui non siamo, è la Guerra o quasi.
Pasolini e l’Africa con la sua visionarietà, la sua potenza quasi divinatoria in Alì dagli occhi azzurri
del 1964, dove immaginava masse di migranti africani, giovani e travolgenti, che sbarcavano nel sud
Italia e arrivavano a Parigi, Londra, New York, attraverso Roma, sconvolgendo il “nostro” mondo,
europeo, occidentale, già in crisi.
Pasolini e l’Eros e il Corpo con la sua energia e supremazia sulla mente, con la sua omosessualità
scandalosa.
Pasolini e la Sinistra e il Comunismo e la sua idea di rivoluzione, di anticapitalismo poetico
inafferrabile allora.
Pasolini e la Religione, con la sua tensione morale senza fede, con il suo cristianesimo senza dio.
Pasolini e la Moda con quella sua quasi mania, ossessione di usare in pubblico quasi sempre la giacca
e la cravatta, anche in Africa, e invece indossare giubetti di pelle nelle sue vite notturne.
Pasolini e la Città contro la Campagna, come un consulente sotterraneo di Celentano per la canzone
fortemente pasoliniana “Il Ragazzo della via Gluck” del 1966.
Pasolini e la Morte, con l’attesa che prima o poi sarebbe arrivata: “Quando gli anni sessanta saranno
perduti come il Mille……cosa conterà? Conteranno le mie tenerezze, sarò io, dopo la morte, in
primavera, a vincere la scommessa, nella furia del mio amore per l’Acqua Santa al sole” (località
della periferia sud est di Roma dove fu girato il film La Ricotta) (Da Poesia in forma di Rosa 1961
).
Oggi Pasolini ci serve ancora, può essere ancora vivo, abbiamo ancora bisogno della sua “disperata
vitalità”, del suo respiro libero anche se affannato. “Io sono una forza del Passato… ed io, feto adulto,
mi aggiro più moderno di ogni moderno a cercare fratelli che non sono più”.
(Dal film La Ricotta – 1963).
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Roma 25 gennaio 2015
Che aria tira?
2009 opera del pittore F. Favia - Roma FotoPAGI 2015
Je suis…..?
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Je suis..?
I fattacci di Parigi del 7 e 8 gennaio, affiancati a quelli forse ancor più drammatici della Nigeria e
prima ancora dell’Afganistan, ci hanno davvero lasciato senza respiro, pieni di angosce per ore e
giorni. Un redattore di una rivista, non quella protagonista, d’istinto e di professione ha inventato un
cartello con la frase JE SUIS CHARLIE che in poche ore e giorni è diventato il simbolo grafico e
identitario di milioni di persone non solo a Parigi. Per reazione, ma copiando la grafica, è stato usato
un altro cartello di contrapposizione JE SUIS PAS CHARLIE.
Ho vissuto in diretta l’evento, ho seguito le reazioni locali e mondiali, ho scritto subito un mio
commento in rete, ma non mi sono mai sentito CHARLIE e neanche ANTICHARLIE. Mi chiedo da
giorni ormai CHI SONO io?
Il quadro che ho scelto come abbinamento a questo articolo è una perfetta immagine simbolica del
caos identitario umano contemporaneo con tutti quei frammenti di vita e di storia dell’arte e quel viso
di Uomo in basso a destra che guarda stupito e quasi rassegnato. Il pittore romano autore del quadro
è un signore che ho conosciuto grazie al suo commerciante: un venditore di strada con una bancarella
fissa in cui propone tuttora libri e quadri. Favia è un artista “vero”, molto particolare, che vive solo
nella ex casa della sua famiglia borghese in un quartiere elegante di Roma, lui ormai senza reddito,
senza luce, acqua e gas, con le candele in un appartamento pieno di sue opere. Anni fa ho comprato
cinque suoi quadri e me ne ha regalato un altro e i suoi sono gli unici che abbiamo in casa. Un giorno
per strada mi ha detto: “Sto andando a mangiare alla Caritas e poi vado da due signore che regalano
vestiti e poi andrò per un mese a lavorare in campagna per la vendemmia”. Lo guardavo in quel suo
vestito scuro completo, quasi elegante. Gli ho offerto un caffè e prima di salutarci mi ha detto: “Se
vuoi ti insegno ad essere povero”. Non lo vedo da circa due anni: spero che abbia continuato a creare
e ogni tanto a vendere.
La libertà, l’identità, la fede, la religione, la laicità. I quadri di Favia mi appaiono oggi ancora più
forti, espressivi e molto più significativi e trasgressivi di qualsiasi vignetta di un pur bravo disegnatore
satirico e provocatorio italiano o straniero. L’Arte è necessaria perché è proprio il respiro libero di un
Popolo: per questo sono tremende le distruzioni avvenute anni fa e mesi fa di monumenti, di statue,
di opere da parte di fanatici mediorientali. Ma è sempre più difficile decidere, condividere la
valutazione su quale opera di qualsiasi genere sia definibile Arte, chi è definibile Artista e quindi cosa
e chi sia da difendere in una Società, in un Popolo, un una Nazione, figurarsi a livello internazionale,
mondiale. L’Arte è comunque espressione di un Cultura, di una Storia, ma nella globalizzazione
spinta al massimo la condivisione di Storia e Cultura e quindi anche di Arte non sono così facili,
ovvie da praticare e gestire.
Ad esempio, nella grande tradizione cristiana la raffigurazione di Dio è sempre stata non solo
permessa ma promossa, finanziata, incoraggiata dalla Chiesa e dalla Comunità: era ed è un segno di
devozione e di condivisione della fede e dell’Arte. Nella grande tradizione islamico musulmana
invece tale raffigurazione è al contrario scoraggiata e proprio vietata ed al suo posto si è sviluppata
moltissimo l’espressione artistica astratta, geometrico floreale assieme alla grafia, alla calli grafia
attraverso la quale l’esaltazione di Dio e del suo Profeta potevano e dovevano essere amati, venerati,
rispettati. Questa grande differenza di culto si è trasformata nei secoli in grande differenza estetica e
di espressione artistica.
Dimenticare, ignorare, far finta che questa non sia Storia, Arte, Cultura, parti integranti di mondi
paralleli sempre più in contatto, è sbagliato e molto controproducente proprio a fini dello scambio e
della reciproca inter-azione mondiale.
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Roma 13 maggio 2015
Che aria tira?
Scanner Polizia spagnola di Ceuta 2015
Abou senza respiro
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Abou senza respiro
Abou, otto anni, della Costa d’Avorio, è stato trovato dentro una piccola valigia alla frontiera fra il
Marocco e la Spagna a Ceuta. Nei primi giorni di maggio ne ha parlato e scritto tutto il mondo
soffermandosi sulla storia della famiglia di appartenenza, il padre e la madre che vivono già in Spagna
e che, per accelerare o aggirare le pratiche di ricongiungimento familiare, hanno pagato una donna
per portare il figlio Abou in Spagna. I media hanno raccontato che la donna e il padre sono stati
arrestati, analizzando la tragedia sia delle migrazioni sia delle leggi europee inadeguate ad affrontare
una situazione storica davvero complessa e però di tali dimensioni che richiede appunto nuove
modalità di soluzione e di gestione.
E Abou, con i suoi otto anni e la sua esperienza di “viaggio” clandestino dentro una valigia?
Proviamo a immedesimarci in lui. Era separato dai genitori e da altri due fratelli sorelle non si sa da
quando. Suo padre dal 2007 era titolare di un permesso di soggiorno e risiedeva a Las Palmas de Gran
Canaria, in Spagna, già ricongiunto con la moglie e due figli. Altri due bambini erano rimasti in Costa
d’Avorio: il ricongiungimento con loro è stato negato dallo stato spagnolo, perché per legge un
lavoratore deve guadagnare 722 euro per ricongiungere i primi due familiari – che in questo caso
sono stati la madre e un figlio-, e altri 266 per ogni altro membro della famiglia. In questo caso, per
portare “il resto” della propria famiglia in Spagna compreso Abou, il suo padre avrebbe dovuto
dimostrare di avere uno stipendio mensile di circa 1250 euro che, evidentemente, non aveva. Per
questo ha deciso di provare a farlo arrivare da loro clandestinamente pagando una giovane
marocchina.
Abou viene avvertito che proveranno a farlo passare dalla frontiera di Ceuta dentro una valigia: lui
reagisce probabilmente con un misto di paura e di eccitazione per quel “gioco” rischioso ed anche
per la speranza di tornare dalla sua famiglia. Viene scelta la valigia, si fanno le prove e Abou entra e
viene chiuso: ma deve anche respirare e quindi con un coltello vengono fatti dei buchi delle fessure
per non farlo stare troppo male. Fatte le prove la ragazza marocchina impaurita arriva alla frontiera
con la valigia e una sua borsa ma al controllo è molto nervosa. Nel frattempo dentro quella valigia
Abou è rannicchiato, respira a fatica è sballonzolato qua e là durante il percorso prima in auto e poi a
piedi verso il posto di Polizia. La valigia si ferma e lui sente le voce flebile della ragazza e quelle
sempre più minacciose dei poliziotti: anche una poliziotta si rivolge seccamente alla ragazza. Abou
non è più eccitato ma solamente terrorizzato e gli manca il respiro. Dopo un bel po’, non si sa quanto,
finalmente i poliziotti insospettiti dal nervosismo della ragazza, credendo che trasporti droga o armi
in quella valigia così pesante, le impongono di aprirla…. E scoprono Abou! Lui esce piano piano con
le mani e le braccia che proteggono il viso e la testa per istinto e tutto il corpo bloccato dalla posizione
dentro la valigia e dal terrore e infine anche dal dolore di essere stato scoperto e quindi non potere
rivedere la sua famiglia come sperava dopo poche ore.
Il tentativo è fallito drammaticamente: il padre e la donna marocchina rischiano da 4 a 8 anni di
carcere e sono in arresto con l’accusa di “delitto contro i diritti di uno straniero”, con l’aggravante di
aver messo in pericolo la vita di un minore. Abou è stato preso in carico dall’assistenza sociale
spagnola di Ceuta. A questo punto, un padre è in carcere, un figlio, finalmente nella stessa terra in cui
vive la famiglia, è però affidato ai servizi sociali: respira normalmente ma chissà come sta e come
starà nel futuro. E chissà come sta sua madre.
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Roma 3 settembre 2015
Che aria tira?
Un migrante nel vano motore – Spagna 2015
Migrando a tutti i costi
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Migrando a tutti i costi
“È stato trovato nel vano motore di una macchina. Un giovane ha tentato di varcare il confine a
Ceuta, enclave spagnola in Marocco, celandosi all’interno del cofano di un’auto, ma è stato scoperto
dagli uomini della Guardia Civil” (Da Il Secolo XIX del 31 agosto 2015).
Forse finalmente alla fine di questo 2015 governi e cittadini di quasi tutta Europa capiranno che le
Migrazioni non sono un problema di poche migliaia di persone in poche parti del mondo da cui si
parte e in cui si arriva e non è solamente un problema organizzativo di accoglienza e di sicurezza: il
MONDO si muove, decine di milioni di persone migrano e altrettanti milioni devono affrontare i loro
arrivi e passaggi, le loro vite, culture, paure, speranze, energie. I Migranti, uomini, donne, bambini,
adolescenti e perfino anziani, non sono affatto tutti uguali, per motivazioni, per origini, per
programmi differenti che li spingono a lasciare i loro paesi. In questi ultimi anni e mesi la
maggioranza parte dal Medio Oriente (Siria e non solo), dall’Africa orientale (Eritrea e non solo) e
dal NordAfrica (Egitto e non solo). La novità è che mentre continuano i viaggi disperati via mare
sono aumentati i viaggi via terra attraverso i Balcani per evitare proprio l’Italia e la Grecia e puntare
direttamente sul Nord Europa. Ma ciò che sempre ci lascia senza respiro sono le storie individuali
estreme di chi, soprattutto giovani, tentano vie e modi di entrare in Europa quasi sempre morendo in
modo atroce: dentro valige, sotto camion, dentro container, sotto aerei, sotto treni, dentro cofani di
auto e perfino in mezzo al vano motore. Milioni di persone spendono soldi accantonati o prestati dalle
famiglie per poi, imbrogliati o meno dai trafficanti, rischiare le proprie vite in mezzi di trasporto e
condizioni di viaggio disumane, spesso morendo. La disperazione accumulata delle vite individuali e
familiari di milioni di abitanti è tale che porta alla conclusione che sia meglio spendere soldi e
rischiare di morire piuttosto che continuare a sopravvivere o forse anche morire nelle terre travolti da
guerre, dittature, crisi ambientali, crisi economiche e sociopolitiche. La quantità e la qualità (varietà)
dei Migranti verso l’Europa degli ultimi anni, mesi e giorni è tale ormai che non possiamo più
affrontare questa realtà con leggi, procedure, fondi, strutture, gestioni locali, nazionali, più o meno
efficacemente e dignitosamente, come negli anni precedenti. Anche le vite individuali di ognuno di
noi, europei, italiani, sono quotidianamente coinvolte sia come “spettatori-lettori” dei media sia come
abitanti di quartieri, di città, di scuole, di uffici e ospedali. Le responsabilità di reazione-azione sono
verticali e orizzontali e coinvolgono tutti a tutti i livelli, e da questo coinvolgimento dipenderà il
prossimo futuro dei nostri Paesi, delle nostre vite, accanto a quelle di chi “arriva”. In Islanda, 320.000
abitanti, il Governo a fine agosto aveva dichiarato che era disponibile ad accogliere ufficialmente 50
Profughi e invece grazie ad un appello di una donna via Facebook, 12 mila cittadini islandesi hanno
dichiarato pubblicamente che erano pronti ad ospitare provvisoriamente privatamente dei profughi!
La sfida delle Società multi e inter-etniche, nell’accelerazione dei movimenti di popolazioni sia nei
continenti sia fra continenti, è una delle grandi questioni epocali che stiamo vivendo ogni giorno e
che ci chiede coscienza, conoscenza, capacità reattive e creative, responsabilità, adattamento,
innovazione, azione. “Chi vive veramente non può non essere cittadino. L’Indifferenza è Aboulia, è
parassitismo, è vigliaccheria, non è vita, perciò odio gli Indifferenti” (Da Odio gli Indifferenti di
Antonio Gramsci 11 febbraio 1917). Io oggi non odio nessuno ma questa sfida epocale deve
“muovere” anche Noi e ci può arricchire umanamente come singoli e come popoli, non tanto e solo
per il moto possibile di misericordia e amore del prossimo ma per l’apertura delle nostre menti con
culture bloccate, impoverite da troppe sicurezze, staticità e privilegi anche viziati, crisi di modelli di
vita e di economia. O ci rigeneriamo assieme a chi per disperazione si sta muovendo o saremo travolti
dalla loro disperazione fisica e psicologica. O si cambia assieme o si muore assieme: migrando e
convivendo… a tutti i costi.
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Roma 10 novembre 2015
Che aria tira?
Una “Pietà Pasolini” in una strada di Roma FotoPAGI sett.2015
Il respiro di Pasolini
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Il respiro di Pasolini
Ho già scritto di Pasolini sulla Rivista RESPIRO proprio un anno fa in vista del 2 novembre, giorno
in cui è stato ucciso a Ostia nel 1975 e quest’anno ne riscrivo per due motivi connessi. Si celebrano
in tutto il mondo e non solo in Italia i 40 anni di quell’omicidio brutale e sento il dovere civile di
ricordarlo ancora dopo un anno in queste pagine. Inoltre, assieme a MONDITA associazione
interetnica italiana, ho anche realizzato un Video e un Libro dedicato proprio a Pasolini collegandolo
ad un’altra grande scrittrice morta invece da appena un anno e mezzo: Nadine Gordimer (Pagina
FaceBook dedicata: “Per Pasolini 1975-2015”). In questo progetto abbiamo proposto un intreccio fra
Pasolini e Gordimer per due aspetti molto importanti e delicati che li connettevano di fatto senza che
i due probabilmente lo sapessero pur essendo della stessa generazione nati nel 1922 e 23: da non
credenti avevano scelto la figura di Cristo per esprimere la loro critica e sfiducia nel futuro
dell’Umanità. La Gordimer nel suo racconto del 2007 “La seconda venuta” e Pasolini nel suo film
del 1964 “Il Vangelo secondo Matteo”.
Studiando per oltre un anno Pasolini per questo progetto, leggendo o rileggendo sue opere ed anche
articoli o testi critici su di lui, rivedendo alcuni dei suoi film e documentari e interviste, a 40 anni
dalla sua uccisione e dopo i miei ultimi 40 anni di incoscienza e ignoranza relative alla sua grandezza
artistica e umana, ho scoperto da iper-adulto a 63 anni quanto fosse ed è importante Pier Paolo
Pasolini non solo per l’Italia ma credo per tutto il mondo. Non a caso in quest’anno di celebrazioni
della sua morte si sono svolti molti convegni, mostre, retrospettive, ristampe, incontri in America, in
Europa e perfino in India.
Ma perché è stato ed è ancora così importante?
Certamente sono diversi i motivi della sua fama e grandezza artistica quasi “neo-rinascimentale”:
poeta, pittore, sceneggiatore, drammaturgo, attore, romanziere, saggista, documentarista, regista,
autore televisivo. In questi mesi in Italia sono stati pubblicati molti articoli nuovi e molte ristampe di
vecchi articoli da parte di storici, critici, scrittori, registi, politici C’è chi sottolinea la sua carica critica
verso la società moderna capitalistica e consumistica e la sua distanza critica anche verso la Sinistra
Italiana, tradizionale e radicale, dei suoi anni. C’è chi sottolinea la carica trasgressiva della sua
omosessualità e del suo rapporto personale ed anche artistico con la sessualità. C’è chi sottolinea la
poeticità della scrittura e c’è chi analizza l’insieme della produzione cinematografica. C’è anche chi
né indica il ruolo della fisicità, del Corpo come “strumento” essenziale di vita e di arte del suo viso
particolare, della sua voce strana, del suo fisico piccolo ma proporzionato, energico, scattante,
prestante. C’è chi ha testimoniato come fosse davvero pieno di energia vitale (“la mia disperata
vitalità”) capace di scrivere e lavorare continuamente a tutte le ore e di passare da un progetto ad un
altro sempre concentrato, di considerare la notte quasi come uno spreco. La sua passione per il Calcio,
non solo teorica, intellettuale o da tifoso, era una vera pratica sportiva vissuta ad ogni occasione
possibile o casuale per strada o programmata e quasi professionale con la squadra composta da
personaggi della cultura e dello spettacolo italiani.
A volte dichiarava che le sue passioni erano tre: la scrittura, l’eros il calcio. Credo che proprio la
dimensione fisica della sua vita, l’importanza del Corpo mai separato dalla Mente, fosse la sua
eccezionale caratteristica nell’essere non solo un grande artista trasversale ma anche un testimone
fisico delle sue idee e delle sue opere. La morte violenta, la deturpazione del suo Corpo con la fine
della sua mente, ha moltiplicato il valore simbolico e storico della sua vita e della sua arte.
Il suo RESPIRO interrotto per sempre ci ha impoveriti e non ce ne accorgevamo abbastanza anni fa
e forse ancora oggi banalizzando la sua figura.
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Roma 10 febbraio 2016
Che aria tira?
Alcuni tipi di Scacciapensieri di origini svariate nel mondo
Scaccia Crisi
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Scaccia crisi
Respiriamo a fatica, in ansia, pieni di pensieri cupi, sempre più pessimisti, in questo lungo periodo di
Crisi mondiale, epocale, sociale, individuale. Sono in aumento i consumi di ansiolitici, calmanti di
ogni tipo e immagino anche di “droghe” di ogni tipo, dall’alcool alle erbe, alle polveri, alla chimica,
fino ad altre tecniche di distrazione di massa!
Eppure basterebbe ogni tanto riscoprire antichissimi metodi di rilassamento per respirare meglio, per
ossigenare i polmoni e il cervello, per staccare la spina dell’ansia e della paura, attraverso il suono e
il ritmo, ed in particolare alcuni suoni e ritmi primordiali che gli Esseri Umani sperimentarono
creando strumenti musicali molto semplici. La Musica e il Canto si sa che sono nati per esprimersi
ma anche per farsi compagnia, per consolarsi da soli in un bosco, in una caverna, in una spiaggia e
oggi in una camera, in una macchina, ovunque se ne senta il bisogno. Oggi si incontrano migliaia di
giovani che camminano per strada, che vanno in bus, in treno ovunque con le cuffie nelle orecchie
ascoltando musiche preferite, proprio per isolarsi dal mondo anche per pochi minuti. Ma suonare uno
strumento è un’altra cosa. Non come musicisti professionisti: proprio suonare da soli, per se stessi.
Alcuni strumenti ancestrali sono nati in tutte le parti del mondo con poche varianti e continuano ad
accompagnarci: i tamburi e i flauti tra i più essenziali oltre alla voce umana. Ma c’è n’è un altro nato
proprio per se stessi più che per gli altri, che è stato inventato non si sa bene dove e quando e che poi
si è diffuso con varianti e nomi diversi mantenendo però la sua caratteristica strutturale: una lamella
di ferro o di legno di bambù da far vibrare in o sulla bocca modulando suoni e ritmi amplificati dalla
bocca medesima. In italiano lo SCACCIAPENSIERI, nome appropriato che però non ha corrispettivi
semantici in altre lingue del mondo dove comunque il piccolo e prezioso strumento esiste da secoli.
Chissà perché proprio in Italia è stato così denominato con grande efficacia anche se i nomi dialettali
delle regioni dove è più diffuso non si riferiscono a quella funzione possibile di strumento psicofisico
per scacciare i pensieri, per rilassarsi o concentrarsi sul suono e il ritmo prodotti da chi lo suona. In
Sicilia si chiama “Marranzanu”, in Sardegna “Trunfa”, in Calabria “Malarruni”. Con ulteriori
denominazioni in Europa: “Maultrommel” in Germania e “Jew's harp” in Inghilterra, in Francia
“Guimbarde”, e nei Paesi Baschi “Muxukitarra” (chitarra di bocca). Per non citare lo studio del
musicologo olandese Phons Bakx che di nomi del medesimo strumento nel mondo ne ha classificati
1157!
Sicuramente l’unico aspetto negativo che limita il successo terapeutico di questo semplicissimo
strumento è la sua parziale difficoltà e pericolosità nel suonarlo per il rischio che la lamina vibrante
tocchi la lingua e le labbra provocando ferite. Ma stando attenti e con un po’ di pratica l’effetto
rilassante anti Crisi è davvero assicurato.
Perché ve ne scrivo? Perché fin da giovanissimo, essendo un musicista mancato, lo Scacciapensieri è
stato uno degli strumenti che ho imparato a suonare facilmente convinto che fosse orgogliosamente
parte esclusiva del patrimonio culturale regionale siciliano. Ed è successo che pochi giorni fa,
utilizzandolo nel Progetto ETHNOMUSIC di educazione interculturale nelle Scuole Medie di Roma,
realizzato
da
due
associazioni
www.mondita.it
e
migras.org,
https://www.facebook.com/APSMIGRAS/, ho presentato lo strumento come “tipico” siciliano. In
verità mi sono reso conto che questo orgoglio siciliano era un tipico caso di Etno Centrismo: lo
Scacciapensieri è anche parte della tradizione musicale siciliana ed è diventato componente dello
stereotipo folklorico, ma lo stesso strumento è appunto uno dei più antichi e diffusi in tutto il mondo.
E in tutto il Mondo era e sarebbe un ottimo “scaccia pensieri, scaccia crisi”, almeno per qualche
minuto mentre lo si suona, ci si rilassa, e si respira meglio.
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Gianguido PAGI Palumbo
www.pagi1953.it - [email protected]
Nato a Palermo nel 1953, si è laureato in Architettura a Venezia nel 1976 con una tesi storicoeconomica sulle Cooperative di abitazione e di lavoro. Dal 1976 al 2001 ha vissuto a Venezia
lavorando come libero professionista Consulente in Comunicazione per numerosi enti pubblici e
privati italiani.
Dal 1992 si occupa di Cooperazione Internazionale e Immigrazione curando progetti e svolgendo
missioni di lavoro nei Balcani (Bosnia Erzegovina, Serbia-Montenegro, Albania), in Africa (Etiopia,
Somalia, Marocco, Senegal), in Asia (Vietnam), in America Latina (Guatemala, Nicaragua,
Salvador), per Comuni, Regioni, Associazioni, lavorando anche come “esperto esterno” del MAE
Ministero Affari Esteri e collaboratore dell’ANCI nazionale, dell’OICS (Osservatorio delle Regioni
per la Cooperazione allo Sviluppo ), dell’Osservatorio Balcani di Trento, del CESPI Centro Studi
Politiche Internazionali. In particolare dal 1995 al 2000 è stato Consulente del Comune di Venezia
per la Cooperazione Decentrata e nel 2001 ha vissuto e lavorato a Belgrado per il Min. Aff. Esteri nel
Team Italo-Serbo di consulenza diretta della Ministra degli Affari Sociali nel primo Governo post
Milosevic.
Dal 2002 vive e lavora a Roma come Consulente in Cooperazione Internazionale-Immigrazione,
come promotore di eventi culturali connessi, formatore in corsi e seminari dedicati alla Cooperazione,
pubblicista e scrittore. Nel 2007 ha partecipato attivamente alla nascita della associazione nazionale
MASCHILE PLURALE di cui è stato socio cofondatore e da cui però si è allontanato nel 2010. Dal
2008 al 2011 assieme allo scrittore senegalese di Milano Pap Khouma ha creato e codiretto la rivista
on line Italo-Africana www.assaman.it. Nel 2009-10-11 ha collaborato con AMREF- Roma per
alcuni progetti di educazione nelle scuole ed anche con la Associazione Le Ragazze di Benin City
contro la Tratta delle ragazze africane in Italia.
2011 è promotore a Roma e Presidente di MONDITA Associazione Interetnica Italiana
www.mondita.it.
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Autore di romanzi, racconti, poesie, saggi:
--Andrej a Belgrado ed. Ediesse - Roma 2002, dedicato agli anziani di Belgrado, con prefazione di
Sergio Cofferati;
--Amparo dove vai? Storie romane di badanti e badati ed. Ediesse - Roma 2004, dedicato agli
immigrati di Roma, con prefazione di Walter Veltroni;
--Amina di Sarajevo ed. Ediesse - Roma 2005 dedicato ai giovani di Sarajevo, con prefazione di
Predrag Matvejevic;
--Come un pomodoro al sole di sempre ed. Adhoc 2007 con 50 fotografie e 50 poesie dell’autore
selezionate fra il 1977 e il 2007.
--Teresina, una storia vera ed. Ediesse-Roma 2008, dedicato al 25 novembre Giornata Mondiale
contro la Violenza sulle Donne, con un prologo di Gualtiero Bertelli.
--Favole senza età ed. Adhoc 2010 dieci racconti fantastici con presentazione di Furio Scarpelli.
--Noitaliani ed. Infinito 2010, raccolta di articoli su Identità, Politica, Razzismo e Maschilismo, per
i 150 di Unità d’Italia, con una prefazione di Nando Dalla Chiesa e introduzione di Pap Khouma.
- CORTISSIMA Storiaditalia 1860-2010 ed. Ediesse 2011 Libro + DVD, un Video di 80 minuti
composto da 10 puntate che assieme ai 10 capitoli del libro illustrato, raccontano sinteticamente la
storia dell’Italia Unita. Uno strumento didattico e informativo per Giovani italiani, per Stranieri in
Italia e Italiani all’estero.
- UBUN Uomo Bianco Uomo Nero - dialoghi sulla vita fra un Europeo e un Africano – ed. YCP ott.
2013, con la trascrizione di 7 dialoghi fra l’autore e l’amico senegalese attore e regista Mandiaye
Ndiaye su Povertà, Identità, Genere, Amore, Morte, Fede, Arte.
- PASOLINIGORDIMER2015 Cerco qualcuno che guardi assieme a me – Libro e Video in
memoria di Pasolini per i 40 anni della morte – ed. ADHOC ott. 2015 Roma – in collaborazione con
MONDITA assoc. e la Regia Video di C.Bertoni.
Sta scrivendo:
-CORTISSIMA StoriadeiPopolitaliani Libro + DVD dedicata alla storia delle migrazioni in Italia
dall’antichità ad oggi.
-DNA dovrei nascere ancora un nuovo romanzo, dedicato alle crisi di identità.
-Ciao Mondo un libro su venti anni delle sue esperienze in Cooperazione Internazionale.
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