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Lunedì, 1 Febbraio 2016
Il punto
Locomotive
Innovazione
Tra Ubi e il Monte
c’è il rischio
Antonveneta
Bonifiche Ferraresi,
storia e rinascita
di un numero uno
La corsa delle startup:
adesso ci supera
anche la Campania
2
5
7
IMPRESE
TOSCANA
UOMINI, AZIENDE, TERRITORI
L’accordo
TRE FIRME
E DUE
PARTITE
di Francesco Colonna
Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera
U
n protocollo, tre
firme. Per legare
governo, Regione e
General Electric a un
piano di sviluppo
che dovrebbe portare il
Nuovo Pignone di Firenze a
essere il centro mondiale di
Ge per la ricerca su gas e
petrolio. Centinaia di milioni
e centinaia di nuovi assunti
in alcuni anni. Facile essere
d’accordo, tanto più che
questo è un vero
investimento dall’estero,
mentre in Italia il più delle
volte gli investimenti sono
acquisizioni di marchi
famosi, che così perdono la
testa, per avere qui solo il
corpo. Le acquisizioni
portano denaro che spesso
non rifluisce nell’economia
ma prende la strada della
finanza. Questa vicenda ci
dice un’altra cosa. Ge ha
invitato circa 300 aziende del
territorio per discutere come
far fruttare meglio il legame
che esiste, e per trovare la
via per una crescita
collettiva. Il metodo è molto
corretto. Ma richiede un
perno, un pivot, un centro
gravitazionale capace di
attrarre e organizzare medi e
piccoli. È quello che troppo
spesso manca a questa
regione, nella quale quasi
tutti fanno percorsi solitari,
soggetti alle intemperie
internazionali, incapaci di
avere la massa per agire al
meglio sul mercato
mondializzato. Anche il
governatore Enrico Rossi
incassa un buon risultato, le
sue ambizioni nazionali
hanno bisogno di queste
soluzioni che dimostrano
impegno e apertura, non
sempre evidente, verso il
mondo produttivo, senza
doversi occupare solo di crisi
aziendali. Un cambiamento
non piccolo.
Ge accende le turbine
Il colosso americano, che già produce da solo il 4,6 per cento del Pil toscano,
sigla con Regione e Governo un protocollo che rilancia gl investimenti:
400 milioni di dollari e 500 posti di lavoro per far crescere fatturato e produzione
È il Progetto Galileo, con la regia del Nuovo Pignone
a pagina 3 Fatucchi, Ognibene
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sguardi
QUEI MOCASSINI
ANTI DEMOCRATICI
di David Allegranti
M
iguel Gotor, senatore Pd, bersaniano,
le ha finalmente cantate a quello
scostumato (è il caso di dirlo) di
Denis Verdini: «Guardi com’è vestito. Guardi
come cammina. È antropologicamente
diverso da noi», ha detto Gotor a Fabrizio
Roncone del Corriere della Sera. Il novello
Gaio Petronio, arbiter elegantiarum, ha
opportunamente decretato come ci si deve
acconciare per essere del Pd: i mocassini
blu Verdini non vanno bene, perché fanno
un po’ cafoni, roba da (ex) berlusconiani
campigiani. Meno male dunque che a
spiegarci che cos’è di destra e cos’è di
sinistra, almeno stando all’estetica, c’è
Gotor, che però purtroppo per lui arriva
parecchio dopo Giorgio Gaber. «Fare il
bagno nella vasca è di destra / far la
doccia invece è di sinistra / un pacchetto
di Marlboro è di destra / di contrabbando è
di sinistra. Ma cos’è la destra cos’è la
sinistra… Una bella minestrina è di destra
/ il minestrone è sempre di sinistra / tutti i
films che fanno oggi son di destra / se
annoiano son di sinistra». Ora, non
sappiamo bene che cosa preveda il vestiario
sinceramente democratico, aspettiamo di
leggere il manuale Gotor. Di sicuro, però,
la sinistra antropologica si candida a
perdere le elezioni per i prossimi vent’anni.
@davidallegranti
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2
Lunedì 1 Febbraio 2016
Corriere Imprese
FI
IL PUNTO
di Silvia Ognibene
UBI, IL MONTE E IL RISCHIO ANTONVENETA
«N
on c’è nessun dossier
aperto su Mps».
Parola di Victor Massiah, Ad
di Ubi Banca. «Non c’è stato
nessun contatto». Parola di
Fabrizio Viola, Ad di Mps. I
due hanno parlato sabato, ai
lavori del Forex, l’incontro
annuale dei banchieri
italiani. Nel tentativo di
stoppare la celebrazione a
mezzo stampa delle nozze
fra la banca bergamasca e
quella senese. Se davvero è
MODA
MA CHE ALLARME,
IN CINA FERRAGAMO
CRESCE ANCORA
N
E
W
S
Piazza Affari
CHL S.p.A.
0,0229
Settimana
dal 25 al 29
gennaio
I
l lusso è stato uno dei
motori dell’export toscano e
Ferragamo uno dei marchi
artefici dei successi del
Made in Italy. E i dati 2015
smentiscono «l’allarme Cina»
per la griffe, confermando
l’area Asia-Pacifico primo
mercato in termini di ricavi,
con un fatturato che
rappresenta il 36% del totale,
in crescita
del 4%. I
negozi in
Cina inoltre
hanno
registrato
una crescita
del 10%
rispetto al
MERCATI
2014, con un
incremento
nel quarto trimestre del 10%.
Le turbolenze insomma ci
sono, ed in parte hanno
pesato sulla crescita, ma non
hanno compromesso i ricavi
e gli investimenti della
maison in Asia. Ferragamo è
cresciuto anche in Giappone
(+14%) e Nord America
(+9,5%), con ricavi totali lo
scorso anno di 1.430 milioni
di euro, +7,4% rispetto
all’anno precedente.
Mauro Bonciani
tramontata l’ipotesi della
fusione a tre (Ubi, Bpm,
Mps) resta aperto il nodo
Monte. Viola dice che «da
un punto di vista industriale
è un’operazione che può
essere considerata». Massiah
ribadisce che il parametro da
ricercare è la creazione di
valore. Gli analisti di
Intermonte nei giorni scorsi
hanno definito «rischiosa
per Ubi» una fusione con
Mps, «visto che il profilo di
7,30
7,29
0,0242 0,0247 0,0239 0,0244
Dada S.p.A.
2,69 2,6980
2,68
El.En. S.p.A.
B & C Speakers S.p.A.
7,25
7,05
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.
0,7250 0,7030 0,7110
37,70 37,69
7,195
0,6550 0,663
rischio aumenterebbe ed
eventuali svalutazioni dei
crediti di Mps potrebbero
minare i capital ratios di
Ubi. Vediamo un deficit di
capitale per portare le
coperture all’80% di oltre 2
miliardi di euro». Dal
matrimonio fra Mps e Ubi,
nascerebbe il terzo gruppo
bancario italiano. Ma la
storia senese insegna quanto
sia rischioso creare giganti
dai piedi d’argilla, e quella
38,79
BioDue Spa
5,13
4,8740 4,8180 4,96 4,8020
Borgosesia
1
20,46 20,89 20,60 20,08 20,79
Sesa
0,066 0,066
1,0070 1,03
1
14,63 14,55 14,51
14,40 14,42
0,2790
0,73
0,7515 0,7480
0,7330
0,72
Softec S.p.A.
0,4815 0,4750 0,4750
0,4644
6,32
6,32
6,32
6,32
6,32
Toscana Aeroporti S.p.A.
Intek Spa
0,2715 0,2715 0,2715 0,2715 0,2715
1,9490 1,90700 1,93
Salvatore Ferragamo S.p.A.
37,76 38,02
FrendyEnergy
0,4950
1,8880
0,2888 0,30100,3014 0,3068
Il 27 gennaio il Cda della Centrale del latte di Torino ha
approvato il progetto di fusione per incorporazione di
Mukki. Il rapporto di concambio è stato fissato in
un’azione Clt ogni 6,19 azioni Mukki, Il perfezionamento
dell’operazione avverrà entro il 30 settembre. Il Comune di
Firenze entrerà nel capitale di Clt, quotata in Borsa nel
segmento Star, con il 12,25% delle azioni. Fidi Toscana avrà
14,21 14,28 14,35
13,51 13,66
il 6,83% del capitale post fusione, il 5,26% sarà in mano al
Comune di Pistoia che ha già manifestato l’intenzione di
cederlo. Non sarà Palazzo Vecchio ad acquistare, spiega
l’assessore Lorenzo Perra: «Non prevediamo di crescere
nell’azionariato. Il Comune avrà un ruolo diverso», ovvero
«di controllo e di indirizzo». Clt ha chiuso la giornata di
venerdì in rialzo del 4,33%.
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AMBIENTE
GIÙ LA MASCHERA:
AL CARNEVALE
SERVONO SPONSOR
PHARMAVALLEY
IL FUTURO
PARTE DAI BANCHI
PIANTA UN ALBERO
MIGLIORA IL MONDO
(VIA INTERNET)
C
L
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La bussola della settimana
FORMAZIONE
Briefing
TRADIZIONI
oriandoli, carri e costumi.
È tutto pronto in
Passeggiata per l’edizione 143
del Carnevale di Viareggio al
via domenica con il primo
corso mascherato. Non è un
mistero che, tra le tante crisi
della perla della Versilia, più
volte commissariata, lo
storico Carnevale abbia
lanciato allarmi per i suoi
conti in rosso. In soccorso è
venuta la Regione Toscana
che quest’anno ha erogato
un milione di euro. Ma dalle
parti della
cittadella si
pensa al
futuro. E ci
si organizza.
Come? Gli
albergatori si
inventano
offerte e lo
ICONE
storico
torneo di
calcio giovanile slitta per la
prima volta a marzo. E poi?
Come ha detto col sorriso la
vicegovernatrice Monica
Barni «andranno battute
tutte le strade, ogni possibile
modalità di ricerca di nuove
risorse». Insomma, giù la
maschera: servono sponsor.
Edoardo Lusena
a chiamano pharmavalley,
è il distretto regionale
delle aziende farmaceutiche
in Toscana, un motore da un
miliardo di euro solo per
l’export nel 2014. Attrae
cervelli e produce posti di
lavoro. E ora si «fabbrica» i
dipendenti del futuro. L’Its
Vita, l’istituto superiore nato
dalla fondazione Toscana Life
science, lancia i due nuovi
percorsi formativi Probits e
Probito. Il primo, con sede a
Siena, formerà operatori
specializzati in ricerca,
sviluppo e produzione di
molecole. Dal secondo, con
sedi a Pisa e Lucca,
usciranno tecnici per la
gestione e il controllo della
qualità. Un ponte diretto tra
i banchi e l’impresa, con un
assaggio di ciò che attende i
ragazzi già prima del
diploma. Tre socie della
fondazione Tls, Gsk Vaccines,
Menarini e Corima,
ospiteranno infatti gli stage
senesi mentre Kedrion
Biopharma sarà in campo a
Lucca. Le iscrizioni sono
aperte ai diplomati tra i 18 e
i 30 anni. Per informazioni
[email protected].
Ed.Lu.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RICERCA
Banche Popolari Unite e
Banca Lombarda (Ubi),
soltanto le ultime due hanno
realmente creato valore»,
osserva un esperto. Certo
non quella tra Banca Mps e
Antonveneta, l’inizio della
crisi del Monte. Oggi come
allora c’è una forte spinta
(politica) ad aggregarsi.
Bisogna evitare però che
invertendo l’ordine dei fattori
si ottenga lo stesso risultato
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COMUNI
0,8845 0,8845 0,8845 0,8845 0,8845
Snai S.p.A.
1,0360
SOSPESA
1,8280
2,4380 2,482
Eukedos
Banca Etruria
Piaggio & C. S.p.A.
Rosss S.p.A.
Ergy Capital
0,0702 0,0714 0,0714
della finanza mondiale che
solo il 50% delle fusioni è
riuscito a creare valore. La
tornata di aggregazioni che
ha interessato l’Italia fra il
2006 e il 2007 ha
sostanzialmente confermato
questa tendenza. «Dai
matrimoni tra Unicredit e
Capitalia, Montepaschi e
Antonveneta, Banco Popolare
di Verona e Banca Popolare
Italiana (Banco Popolare),
Sanpaolo Imi e Banca Intesa,
A
dotta un albero a distanza
per combattere
l’inquinamento nel mondo. È
il motto di Treedom, società
nata dall’idea di un gruppo
di giovani fiorentini che, nel
giro di pochi anni, si è
allargata in tutto il mondo
arrivando a un fatturato
annuo di un milione di
euro. Su www.treedom.net
chiunque può acquistare un
albero e piantarlo nel
mondo: baobab in Senegal,
avocadi in Camerun, aranci
in Sicilia. Ciascun albero,
scelto e curato grazie al
network di contadini creato
da Treedom, sarà fotografato
e l’acquirente potrà vederlo
sul proprio profilo Treedom
tramite Google Maps. Nata
nel 2010, Treedom finora ha
piantato oltre 220 mila alberi
tra Senegal, Camerun,
Malawi, Argentina, Haiti,
Italia, Kenya, Burkina Faso.
Quasi 40 mila clienti privati,
180 le aziende, tra cui
Swatch, H&M, Enel. In
collaborazione con Cospe è
partito poi il progetto delle
«Bomboniere solidali», con
alberi piantati in tutto il
mondo al posto dei confetti.
Jacopo Storni
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SOCIALE
IL PATTO SLACCIATO
E LO SPETTRO
DEL PAREGGIO
C
irca 355 milioni di euro a
disposizione dei Comuni
toscani per il 2016: è il
risultato dell’allentamento del
patto di stabilità interno per
i municipi virtuosi previsto
dalla legge di stabilità,
secondo quanto è emerso
durante l’incontro annuale
organizzato dall’Anci sulla
fiscalità locale. Nell’occasione
è stata presentata una ricerca
Irpet che mostra come i
Comuni toscani siano più
virtuosi della media: il 91%
ha rispettato i vincoli di
bilancio, contro l’88% in
Italia. Sono quindi 244 (su
267) i Comuni toscani che
potranno beneficiare
dell’allentamento del patto di
stabilità, con 355 milioni di
euro in più da destinare a
investimenti.
Secondo
Irpet «la
legge di
stabilità
riconosce
all’intervento
degli enti
locali, più
ROMA
vicini al
territorio,
una capacità
di attivazione
della ripresa
economica».
I Comuni
Sempre
toscani che
secondo lo
hanno
studio ci
rispettato i
sono però
vincoli del patto
anche
di stabilità
elementi di
debolezza: la manovra è
provvisoria (relativa solo al
2016) e nel 2017 incombe il
pareggio di bilancio
rafforzato. Su questo tasto ha
battuto Francesco Casini,
sindaco di Bagno a Ripoli e
responsabile Anci Toscana
per la finanza locale: il fatto
che il pareggio di bilancio
non sia stato cancellato, ma
solo rinviato, «rischia di
annullare gli effetti positivi
del patto di stabilità. Poiché
tante opere hanno un
programma pluriennale, si
rischierebbe di vanificare
quanto di buono è stato
fatto. Posticipare il pareggio
aiuterebbe gli investimenti».
Molti osservatori sottolineano
che comunque il 2016 si
presenta meno traumatico
rispetto agli anni precedenti.
Secondo Diego Mazzotta,
esperto di finanza degli enti
locali, «nella speranza che
per il futuro l’assetto della
finanza locale si stabilizzi, i
Comuni farebbero bene ad
abituarsi ad approvare il
bilancio di previsione entro
il 31 dicembre,
indipendentemente da
eventuali differimenti».
S.O.
91%
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Corriere Imprese
Lunedì 1 Febbraio 2016
3
FI
PRIMO PIANO
Qui Firenze, Connecticut
(una Toscana formato Ge)
General Electric rilancia, d’intesa con Regione e Governo: investimento da 400 milioni
e 500 posti di lavoro con l’obiettivo di aumentare del 50% il fatturato del colosso Usa
Nuovo Pignone regista del Progetto Galileo: subito la ricerca, dal 2019 la produzione
di M.Fatucchi e S.Ognibene
L’evento
L
e turbine di Ge Oil&Gas
hanno spinto l’economia toscana per 22 anni,
ora la Regione e il Governo danno la spinta
perché la multinazionale Usa
riesca ad aggredire un mercato
Si apre oggi al
Teatro
dell’Opera di
Firenze il 17°
Annual di Ge
Oli & Gas. Apre
i lavori il Ceo di
Jeff Immelt,
Ceo di General
Electric
cazioni offshore e del 15% i dispositivi per la liquefazione
del gas. La Toscana avrà un
ruolo centrale in questa strategia di sviluppo, con il «Progetto Galileo».
La firma di ieri tra Regione,
Governo e vertici Ge (alla vigilia dell’Annual Meeting del colosso, che si apre oggi al TeaFirenze
350.000 metri quadrati
L'identikit
iCenter
DIPENDENTI
4.500
Firenze
300
in più del
2011
(+7%)
4.900
totali in
Toscana
AvenzaCarrara
Florence
Learning
Center
Nuovo Pignone
Entra nel gruppo nel '94. È il centro d'eccellenza
mondiale per turbine a gas, compressori e pompe
che, nonostante le difficoltà
dovute all’eccesso di petrolio
disponibile, promette investimenti per 500 miliardi di dollari a livello mondiale nel medio e lungo periodo.
Ge, già leader del settore,
nei prossimi dieci anni punta
a incrementare del 20% la produzione di pipeline (grandi
condutture), del 10% le appli-
Ge Oil & Gas
Lorenzo
Simonelli,
seguito dagli
interventi del
ministro per lo
Sviluppo
economico
Federica Guidi
e del Ceo di Ge
Jeff Immelt
IMPRESE
A cura della redazione
del Corriere Fiorentino
Direttore responsabile:
Paolo Ermini
Vicedirettore:
Eugenio Tassini
Caporedattore centrale:
Carlo Nicotra
Cantiere di Avenza
Assemblaggio dei
moduli industriali
Massa
350.000 metri
quadrati
Lavorazione
e assemblaggio
330 di grandi macchine
Massa e compressori
70
Technical
Training
Academy
Editoriale Fiorentina s.r.l.
Presidente: Marco Bassilichi
Amministratore Delegato:
Massimo Monzio Compagnoni
Sede legale: Lungarno delle Grazie 22
50122 Firenze
Reg. Trib. di Firenze n. 5642
del 22/02/2008
Responsabile del trattamento dei dati
(D.Lgs. 196/2003): Paolo Ermini
Profitti
1,4 mld di dollari
Ordini
circa 7 mld di dollari
tro dell’Opera di Firenze) non
è solo un protocollo d’intesa
per ottenere nuovi finanziamenti europei, statali e regionali. È la creazione di una Toscana a turbina, con il marchio
Ge e Nuovo Pignone, che ruoterà attorno a un nuovo «centro di eccellenza globale per
turbine e compressori». Per la
realizzazione del «Progetto
Galileo» servono in totale 600
milioni di dollari: Ge ne metterà 400 a disposizione del
Nuovo Pignone, altri 200 vanno trovati con finanziamenti
pubblici. La fetta principale (il
70%) sarà destinata alle attività
di ricerca e sviluppo che partiranno nel 2016, il restante 30%
alla produzione dal 2019. Saranno impiegate 500 persone
tra ingegneri e altre figure di
elevato profilo, per produrre
circa 300 turbine a gas e 400
compressori. Obiettivo: aumentare del 50% gli attuali volumi produttivi e il fatturato
(che si stima crescerà di 1,7
miliardi di dollari in 5 anni).
La multinazionale con sede
in Connecticut già produce il
4,6% del Pil della Toscana,
dando lavoro direttamente a
oltre 4 mila dipendenti e indirettamente ad altri 34 mila
nella filiera. Dopo gli stabilimenti di Firenze e Avenza
(Carrara), l’investimento nel
porto di Livorno e in futuro in
quello di Piombino, ora
l’obiettivo è fare qualcosa di
più. C’è bisogno di un «ulteriore salto di qualità nella
partnership pubblico-privata»,
per evitare «l’attrazione del
Progetto Galileo verso altri Paesi in grado di offrire condizioni competitive sotto il profilo dei costi industriali, quando
invece esso risulta realizzabile
COMITATO SCIENTIFICO
Paolo Barberis
fondatore di Nana Bianca e Dada,
consigliere per l’ innovazione della
Presidenza del Consiglio
Fabio Pammolli
Professore di Economia
e Management IMT Alti Studi
Lucca
Fabio Filocamo
Presidente Harvard Alumni Italia,
CEO Dynamo Venture, Member of
Board Principia SGR
Alessandro Petretto
Professore Ordinario di Economia
Pubblica Università degli Studi
di Firenze
in Italia». Perché qui c’è il terreno giusto: «Un contesto locale con favorevoli fattori competitivi come un sistema di ricerca all’avanguardia, la disponibilità di competenze
specialistiche con un rapporto
qualità-costi migliore rispetto
ad altri Paesi occidentali ed
asiatici, un sistema di fornitori
flessibili e specializzati, relazioni industriali costruttive
con i propri lavoratori, una
crescente stabilità istituzionale, nonché un’elevata qualità
della vita e dei servizi». È il
mix perfetto.
Ge da anni guarda con interesse alla Toscana. Allo storico
stabilimento fiorentino del
Nuovo Pignone acquisito nel
‘94, si sono aggiunti gli interventi per i «maxi moduli» che

Protagonista
La multinazionale
già produce da sola
il 4,6 per cento del Pil
della nostra regione
«Qui il miglior rapporto
tra costi e qualità»
partono direttamente da Avenza. Poi l’annuncio dell’investimento aggiuntivo a Livorno e
di quello, una volta completati
i lavori nel bacino, a Piombino, dove si parla di 120 persone assunte (con picchi fino a
300). Ma in realtà è la «rete»
creata da Ge Oil&Gas (grazie
anche ai copiosi investimenti
pubblici che finora sono stati
pari a 21 milioni solo per ricerca e sviluppo) a funzionare:
creata negli anni grazie ai rapporti con moltissimi dipartimenti universitari, in collaborazione con Pmi su cui l’azienda co-investe e con centri come il Sesta Lab di Radicondoli
(Siena), laboratorio di analisi
dei combustori delle turbine a
gas (nato sulle ceneri di quello
di Enel, acquistato poi da un
consorzio pubblico, e con il
quale Ge ha già lavorato per
una commessa da 105 milioni). Oltre ai centri di formazione e ricerca presenti a Firenze,
anche Sesta diventerà un’antenna della rete di Ge. Non basta, però, la firma di un protocollo.
Se Ge Oil&Gas ha scelto il
Nuovo Pignone come regista
dell’operazione, alla Regione è
affidato il compito di ripetere
le «buone pratiche» svolte finora per trovare, assieme al
governo, i fondi, attivare
«strumenti di alta formazione
come assegni di ricerca, Ph.D
program regionali combinabili
con iniziative nazionali, sistemi di apprendistato e duali
per le attività di industrializzazione» e «opportuni interventi
formativi, anche attraverso
agevolazioni nazionali e regionali finalizzate all’assunzione e
secondo le usuali procedure di
evidenza pubblica». Perché
prima di produrre, per due anni si farà praticamente solo ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di creare alcuni nuovi prodotti che riescano a scalzare i
concorrenti anche in fasce di
mercato al momento non coperte o «deboli» per Nuovo Pignone.
Il protocollo coinvolgerà anche gli altri siti produttivi di
Nuovo Pignone in Italia (in Puglia, Calabria, Lombardia e
Piemonte), con i quali saranno
stilate altre intese simili. Ma
anche Sace, la società della
Cassa depositi e prestiti che
garantisce gli investimenti all’estero. E dopo che l’Italia ha
stretto accordi con l’Iran per 17
miliardi di euro, difficile non
pensare che anche quello sia
uno dei mercati di riferimento.
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legge.
4
FI
Lunedì 1 Febbraio 2016
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 1 Febbraio 2016
5
FI
LOCOMOTIVE
Se il salotto dell’imprenditoria
scommette sulla terra. E vince
Passa dalla Toscana la rinascita di Bonifiche Ferraresi, il più grande player agricolo
Cinque anni di investimenti, grazie agli azionisti: da De Benedetti a Cariplo a Dompé
Centrosedia
35
Un’azienda, due Papi
(da Montelupo
alla Cappella Sistina)
Milioni di euro
di investimenti
previsti
nel piano
quinquennale
2015-2019
6,3
H
a una struttura snella e un fatturato
importante. «La nostra prossima
mossa sarà aggredire il mercato
estero», dice Romano Mancini, general
manager di Centrosedia, che ha sede e
cuore a Montelupo Fiorentino. Quindici
dipendenti e un fatturato di 3 milioni e
mezzo per un’azienda che è finita anche
dentro il Vaticano, fornendo al pontificato
di Papa Francesco duemila sedie per la
Cappella Sistina. «Un’emozione unica e un
traguardo professionalmente importante»,
dice Mancini. Il Centrosedia in realtà ha
una certa consuetudine con il Vaticano:
nel 2013 Papa Ratzinger aveva voluto una
fornitura di 1.200 sedie per
l’aula delle benedizioni.
«Siamo sul mercato da
venti anni — dice Mancini
— Io credo che il lavoro si
debba fare passo passo».
Lo scorso anno ha venduto
circa 120 mila pezzi, tra
sedie e tavoli. Nel suo
Le sedie nella
portafoglio clienti ci sono il
Cappella Sistina Politecnico di Milano, la
Rai, Villa Borghese, Prada,
la Fondazione Biennale di Venezia, la
Comunità ebraica di Roma, Cinecittà e il
Ministero della Difesa. «All’inizio sono
partito con qualche debito e mille
difficoltà. La nostra prima sede era uno
scantinato — ricorda il general manager
— Poi siamo cresciuti col tempo». Fino a
mettere un piede negli Stati Uniti,
diventando distributori esclusivi in Italia
per Life Time, azienda americana che
produce tavoli pieghevoli puntando sul
design e la praticità. Mancini riassume
con gli stessi termini la filosofia della sua
azienda: «Il core business della nostra
azienda è proprio questo: grandissima
attenzione al design ma anche alla
praticità dei nostri prodotti». Ed è con
questo programma che Centrosedia si
appresta ad affacciarsi sul mercato
europeo. Conservando il cuore a
Montelupo. (Simone Innocenti)
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Milioni di euro
i ricavi
registrati nei
primi nove
mesi dello
scorso anno
160
Dipendenti
della Bonifiche
Ferraresi
tra fissi (40)
e stagionali
(120)
U
n’agricoltura industriale che sappia
mixare le tecniche
tradizionali con ricerca e sviluppo. È questa la missione di Bonifiche
Ferraresi, il più grande player
agricolo italiano quotato sul
mercato Mta di Borsa Italiana:
5.200 ettari georeferenziati,
tra Jolanda di Savoia (Ferrara)
e Santa Caterina (Cortona),
1.440 di pregio in Val di Chiana: «Il nostro obiettivo — afferma l’ad Federico Vecchioni
— è la trasformazione e la valorizzazione del prodotto finito all’interno della filiera alimentare italiana. La Toscana è
la sede ideale di produzioni
agricole di qualità». L’azienda
ha da poco varato un piano
quinquennale, 2015-2019, du-
rante il quale investirà 35 milioni di euro, tra aumento di
capitale e finanziamenti (3
milioni) ad hoc, tra cui anche
1,5 milioni della Banca Popolare di Cortona.
Nata nel 1871 (con un atto di
associazione sottoscritto in Inghilterra) per la bonifica di laghi, costruzione e acquisto di
canali, lavori d’irrigazione, Bonifiche Ferraresi raggiunge
nel 1929 la sua massima
espansione. Nel 1942 Banca
d’Italia diventa l’azionista di
maggioranza e nel 1947 la società si quota in Borsa. Tra il
1953 e il 1958 le proprietà terriere si dimezzano (passando
da 16 mila a poco più di 8 mila
ettari) per effetto della riforma
agraria. La sua rinascita è recente. Nel 2014, infatti, la cor-
data Bonifiche Ferraresi Holding, guidata da Federico Vecchioni, ha rilevato le quote di
Palazzo Koch (60,3%) e ha varato un aumento di capitale al
servizio del piano di investimenti. Fondazione Cariplo, famiglia Gavio, Gruppo Farchioni, Bios Line, Carlo Debenedetti e Sergio Dompè sono tra
La Leopoldina
di Cortona
che diventerà
sede aziendale
dopo il restauro
Sopra,
la mappatura
dei terreni
con il Gps
i principali azionisti, che hanno aderito all’aumento di capitale che si è chiuso con successo il 14 gennaio. «C’è una
componente imprenditoriale
autorevole che ha deciso d’investire nella terra, che dà garanzia di reddito e sicurezza
finanziaria — sottolinea Vecchioni — In Italia non c’è mai
stato niente di uguale e Bonifiche Ferraresi rende valore a
tutto il sistema».
Nel 2014 il valore della produzione è stato di 13,4 milioni
di euro (più 19,4% rispetto al
2013), i ricavi sono saliti del
26% (13,6 milioni), mentre
l’indebitamento finanziario è
sceso da 8,5 a 4,8 milioni di
euro. Nei primi 9 mesi del
2015 i ricavi sono stati di 6,3
milioni di euro e il valore della produzione 11,1 con una crescita dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’intervento a Santa Caterina prevede lo sviluppo di
produzioni orticole, la coltura
dell’olio e delle piante officinali, insieme alla ristrutturazione di quattordici Leopoldine, una diventerà la sede
aziendale, per le altre ci sarà
un indirizzo turistico ma non
agrituristico: «Non siamo né
un operatore turistico né immobiliare, inoltre la legge regionale pone limiti rigidi: a
Cortona non mancano la
clientela e i target per diversi
tipi di ricezione», aggiunge
Vecchioni.
Attualmente Bonifiche Ferraresi ha 40 dipendenti fissi e
120 stagionali, con il piano
quinquennale si prevede un
aumento dell’occupazione intorno al 10-20%, considerando
soprattutto il comparto delle
piante officinali. A Jolanda di
Savoia sarà sviluppato un eco
distretto zootecnico su 1.650
ettari, con bovini da carne
francesi: «Francesi perché il
ristallo italiano ha subito una
forte riduzione. Utilizzeremo
poi la sostanza organica per
concimare, a latere della chimica di sintesi, e m’immagino, in un prossimo futuro,
l’allevamento della razza Chianina a Santa Caterina. Biologico? I regolamenti lo impediscono, non possiamo fare
1.440 ettari di biologico».
D’accordo con la Regione, per
l’irrigazione sarà utilizzata
l’acqua della diga di Montedoglio che con una portata di
440 litri al secondo permetterà d’irrigare 800 ettari.
Francesco Caremani
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FI
Lunedì 1 Febbraio 2016
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 1 Febbraio 2016
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FI
INNOVAZIONE
La grande frenata delle startup:
Toscana battuta dalla Campania
Noi camminiamo, le altre regioni corrono: il 2016 si apre con un netto sorpasso
Mancano gli investimenti, l’accesso al Fondo di garanzia è ai minimi. E c’è il caso Fidi
Cos’è
Il Fondo
di garanzia
per le Pmi
fornisce
a professionisti
e imprese
le garanzie
necessarie
ad accedere
al credito.
È finanziato
con i soldi
del ministero
per lo Sviluppo
economico
e con risorse
europee
Il fondo
garantisce
ciascuna
impresa per
un importo
massimo
di 2,5 milioni
di euro
Il fondo
non interviene
nel rapporto
tra l’impresa
e la banca, che
stabiliscono
tra di loro
i termini
del credito
In Toscana,
a differenza
che in altre
regioni,
l’accesso
al Fondo
di garanzia
è mediato
da Fidi
Toscana,
finanziaria
partecipata
dalla Regione
di Gaetano Cervone
I
nnovativi ma non troppo. Il
2016 inizia con la Toscana
che cede il passo alla Campania per numero di startup ad alto valore aggiunto:
302 contro 290, arrivederci sesto posto nella speciale graduatoria delle regioni con il
maggior numero di startup
che vede al comando, a quota
1.111, la Lombardia. La Toscana
continua a restare dietro anche ad Emilia-Romagna (562),
Lazio (497), Veneto (379) e
Piemonte (342) ed ora è superata anche dalla Campania,
proprio nel mese in cui Apple
ha annunciato che sarà Napoli
la sede del centro europeo di
sviluppo di App e nell’anno
che — gli analisti sono certi
— vedrà protagoniste le nuove
imprese. L’innovazione (e l’occupazione) passano da qui,
ma le idee per diventare imprese, magari sufficientemente solide da reggere l’urto del
mercato, necessitano di investimenti. E il problema toscano, a leggere i numeri, sta
proprio qui: gli investimenti
sono troppo pochi e compromettono la crescita e lo sviluppo delle startup.
Gli ultimi dati sull’accesso
al Fondo nazionale di garanzia
— messo a disposizione delle
piccole e medie imprese dal
ministero per lo Sviluppo economico con i soldi dell’Unione europea — non sono confortanti e anzi confermano
una tendenza negativa già evidenziata alla fine dello scorso
anno: nel 2015 sono stati solo
44 i finanziamenti concessi attraverso il Fondo di garanzia,
per un totale di 7.736.180 euro. Numeri che piazzano la
Toscana all’undicesimo posto
tra le regioni italiane, superata
non solo dall’inarrivabile
Lombardia e dalle inseguitrici
Emilia Romagna e Veneto, ma
anche da regioni come Campania, Sicilia ed Abruzzo dove
l’accesso al fondo è diretto e
dunque più veloce, rispetto
Il confronto
NUMERO STARTUP INNOVATIVE PER REGIONE
(dati al 25 gennaio 2016 - fonte Infocamere)
ITALIA
5.048
1.111
Lombardia
Emilia Romagna
562
Lazio
497
Veneto
379
Piemonte
342
Campania
302
Toscana
290
Investimenti di Venture Capital realizzati
nel 2014 (fonte: AIFI)
Lombardia
103
Emilia Romagna 39
Veneto
25
Lazio
23
Toscana
21
Piemonte
18
Campania
13
Investimenti di Venture Capital realizzati
nel I semestre 2015 (fonte: AIFI)
64
Lombardia
19
Veneto
Emilia Romagna 16
Piemonte
9
Toscana
8
Lazio
6
Campania
5
Accesso al fondo di garanzia 2015
Finanziamenti
Lombardia
109.208.994
29.970.688
2
Lazio
4
80
16.734.783
5
3
52
12.116.470
8
71
12.711.000
1
6
9.898.000
11
12
Abruzzo
39
11.835.860
9
21 10.800.000
Marche
Toscana
55
26.057.851
119
Piemonte
Sicilia
Trentino
10
121
Friuli
Campania
7
Veneto
Emilia Romagna
264
1
Euro erogati
44
7.736.180
39
7.129.725
12
Puglia
(+ 2.775.000 rispetto
ai dati giugno 2015,
+14 finanziamenti)
19 6.635.000
13
(Fonte Ministero Sviluppo Economico)
Style
Il «chiodo»
perde la pelle
N
ostalgia e voglia di
vestire rock. Le sfilate
appena concluse hanno
reso omaggio al «chiodo»
il giubbotto di pelle per
antonomasia, reso celebre
da tante star
della musica.
Tra le idee
più sfiziose
dell’ultimo
Pitti Uomo il
«chiodo eco» di Patrizia
Pepe, con tessuto tecnico
al posto della pelle ma
con zip e taglio fedeli
all’originale. (L.A.)
patriziapepe.com,
prezzo su richiesta
invece al caso della Toscana
dove a fare da intermediario
tra aziende e mondo bancario
c’è Fidi Toscana, consorzio
formato da Regione (46%), Camere di Commercio e istituti
di credito. Un passaggio in più
che per alcuni rappresenta un
ostacolo, secondo Fidi è invece una maggiore garanzia.
La certezza è che mentre gli
altri corrono, la Toscana cammina. «C’è una lacuna importante nel sistema regionale ed
è legata alla quasi totale assenza di seed capital, ovvero
disponibilità di capitale nelle
fasi di lancio dell’impresa innovativa — spiega l’economista Andrea Bonaccorsi, docente di Ingegneria gestionale all’Università di Pisa e membro
del Gruppo di esperti Innovation for Growth (I4G) che supporta la Commissione europea — Le startup hanno bisogno di chi investe soldi, non
di chi li presta, di chi crede
nella propria crescita e dunque la sostiene, di una vera e
propria rampa di lancio che in
questo momento invece manca». È il compito dei Venture
Capital, gruppi che finanziano
lo stadio iniziale di un’ impresa (o la sua espansione) con
forme di partecipazione al capitale azionario. Sono investimenti in capitali di rischio,
nulla a che vedere con prestiti.
Per molti è l’unico reale strumento di crescita per le startup e — a fatica — comincia
a prendere piede anche in Italia: i dati 2014 e I semestre
2015 forniti dall’Agenzia italiana di Private Equity e Venture
Capital (Aifi) che raggruppa i
soggetti attivi nel nostro Paese
fanno da cartina di tornasole
sul fronte della crescita delle
startup. Il numero delle operazioni è infatti più alto in
Lombardia (167), in EmiliaRomagna (55) e Veneto (44),
la Toscana (29) è praticamente
a pari merito con Lazio e Piemonte (27): «L’azione dei Venture Capital è tanto più efficace quanto è più ampia la pos-
Andrea
Bonaccorsi,
Università Pisa
Alessandro
Sordi,
Nana Bianca
sibilità di poter investire su
soggetti già lanciati, puntando
quindi sulla più remunerativa
espansione piuttosto che sull’idea o lo sviluppo di questa
— avverte Bonaccorsi — Occorre razionalizzare gli strumenti di intervento, avviare
un modello che consenta, anche con investimento pubblico in attività più rischiose, di
finanziare il lancio delle startup in modo da fare una preselezione che è ciò che poi
attrae gli investitori che si
muovo con cifre di investimento milionarie, rispetto più
ridotte centinaia di migliaia di
euro di cui le startup hanno
bisogno nella fase di avvio».
Nel 2014 in Toscana le operazioni Early stage (quelle che
consentono di passare dall’idea al mercato) si sono fermate a dieci per un totale di
4,2 milioni di euro investiti
mentre nel primo semestre
2015 sono state la metà (cinque), ma per un totale di soli
500 mila euro. Insomma,
manca una leva fondamentale
per la crescita delle startup
che invece ha visto le altre regioni adeguarsi. In Piemonte,
Euroventures — che prevede
anche finanziamenti pubblici
— ha istituito uno specifico
fondo (fino a 50 mila euro)
per consentire lo sviluppo delle startup, in Lombardia a fare
una selezione delle idee più
promettenti ci pensa una rete
consolidata di investitori mentre in Emilia-Romagna operano numerose piattaforme di
private equity: «È chiaro che
in Toscana il modello mix privato e pubblico rappresentato
dal Sici che prevede una forte
presenza bancaria va ripensato» ammette Bonaccorsi. Serve maggiore fiducia (e liquidità) alle startup ed infatti anche Alessandro Sordi, co-fondatore dell’acceleratore Nana
Bianca, fa una vera e propria
chiamata alle armi degli investitori toscani: «Abbiamo un
potenziale di innovazione che
non possiamo perdere, serve
l’apporto di tutti, si torni ad
investire sul territorio favorendo la crescita delle startup —
spiega — Tutti parlando di
globale, ma poi la startup se
ben finanziata crea valore nel
territorio in cui cresce». Per
favorire questo processo Nana
Bianca è tra i co-fondatori di
«Club degli Acceleratori» che
punta ad indirizzare capitali
per consentire la crescita delle
startup, anche toscane.
@GaetanoCervone
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Lunedì 1 Febbraio 2016
Corriere Imprese