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club milano

N.

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Giacomo Bulleri: «Milano mi ha accolto subito, ma l’Ambrogino d’oro mi ha reso milanese a tutti gli effetti» A Milano si sono moltiplicati i servizi di consegna a domicilio dei pasti. E c’è ancora margine di espansione Con San Valentino alle porte, abbiamo scelto tre capitali europee perfette per trascorrere romantici weekend Da piatto umile “inservibile” è diventato la nuova tendenza nella cucina di molti chef: spazio al quinto quarto

GENNAIO - FEBBRAIO 2016

Federico Buffa: “Berlino ’36 fu il momento in cui lo sport perse la verginità. E pure altre cose” − pagina 16

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EDITORIAL

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Milano mutante

Chi lo avrebbe detto. Nato quasi per caso, oggi Club Milano compie cinque anni. Un traguardo importante per noi, ma non solo. Se ci pensate bene mettere in piedi un giornale di carta nel 2011 poteva sembrare pura follia, e un po’ forse lo è stata. Eravamo in piena crisi economica. L’Italia stava implodendo, gli Italiani scoprivano la parola spread (quell’anno toccò i massimi assoluti a quota 575), l’UE ci commissaria va, Berlusconi scappava e arrivavano i governi tecnici. A Milano iniziava l’avventura di Pisapia e l’Expo era ancora un miraggio molto lontano. Nella nostra prima riunione di redazione ci ponemmo un obiettivo ambizioso: raccontare Milano ai milanesi. Ben consapevoli che Milano è la città meno scontata d’Italia e che la sua forza principale sono proprio i suoi abitanti, un mix di culture, dialetti ed etnie che trovano una sintesi in un dinamismo assolutamente unico, almeno nel nostro Paese. Se siamo ancora qua oggi a raccontarlo è perché Milano è una città per sua natura imprenditoriale, che sostiene l’imprenditoria. Quasi sempre senza bisogno dell’aiuto pubblico. Se siamo qua è perché dopo quella prima riunione di redazione le storie da racconta re e i personaggi da intervistare non si sono esauriti in pochi numeri, come avevamo temuto, ma sono cresciuti in maniera esponenziale. Milano è stata in questi anni una delle città più mutanti d’Europa. L’Expo ne è stato certamente il motore principale, ma non l’unico. Non esiste città al mondo dove i propri cittadini si muovono come a Milano. Il milanese se sta fermo si annoia, soffre. Ha bisogno dell’incontro, della scoperta, della conoscenza. Ma per sua natura il milanese ama condividere, e quelle conoscenze diventano patrimonio di tutti. Milano è esattamente questo: un labora torio costante di accumulo di conoscenze. Chi ci vive non dimentica mai da dove viene, ma guarda sempre oltre. Tutte le storie che abbiamo raccontato in questi anni lo testimoniano. Cinque anni fa non c’erano i nuovi barber shop per hipster di ultima generazione che affi ancano oggi i barbieri della vecchia Milano. Non c’erano la Fonda zione Prada, il Mudec e l’Armani Silos. Non c’era la nuova Darsena, punto d’incontro di una milanesità 2.0. Non c’era la linea 5 della metro e neppure piazza Gae Aulenti. Soprattutto non c’era lo skyline di oggi, che convive a fi anco a quartieri storici come Brera o Isola. Non c’erano tutti gli immigrati che rendono la città più ricca. Non c’erano Eataly e le mille proposte culinarie che ci sono oggi, dal ramen al thai, dalle hamburgerie alle cucine regionali. Vivere tutto questo è stata una fortuna e poterlo raccontare è stato per noi un privilegio. Se siamo ancora qua è soprattutto grazie a voi, perché prima ancora di essere nostri lettori siete cittadini milanesi che ogni giorno contribuiscono a cambiare il volto di questa città, regalandoci storie da raccontare.

Stefano Ampollini

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CONTENTS

point of view

L’amore a Milano

di Roberto Perrone inside

Brevi dalla città

a cura di Elisa Zanetti outside

Brevi dal mondo

a cura di Elisa Zanetti cover story

Federico Buffa

di Simone Sacco 10 12 14 16 interview

Giacomo Bulleri

di Marilena Roncarà focus

L’aroma della vita

di Chiara Temperato 26 28 portfolio

Urban Age

foto di Matteo Cherubino 20 interview

Manuela Ravalli

di Marzia Nicolini focus

La cena? La portiamo noi

di Enrico S. Benincasa interview

Carlo Gabardini

di Gemma Ghiglia double

E a te lui piace?

di Carolina Saporiti 32 34 36 40

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CONTENTS

double

Love Calling

di Alessia Delisi weeKend

Ti amo, ma non a Parigi

di Andrea Zappa style

From the front

di Luigi Bruzzone 42 44 46 overseAs

Leggende, deserti e cielo blu

di Micaela Zucconi 56 style

Alberto Candiani

di Carolina Saporiti wHeels

Due pedali e un motore

di Andrea Zappa desiGn

Abitare in alta quota

di Davide Rota 48 52 54 food

Scarti di gusto

di Filippo Spreafico food

Ernst Knam

di Simone Zeni free tiMe

Da non perdere

a cura di Enrico S. Benincasa 58 60 62 In copertina Federico Buffa Foto di Matteo Cherubino

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Viale Piave, 27 20129 - Milano P.IVA 12645280153 C.F. 07343480153

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POINT OF VIEW

roberto perrone Giornalista e scrittore dalle radici “zeneisi” si è occupato di sport, enogastronomia e viaggi al Corriere della Sera. Ora è freelance. Il suo sito è perrisbite.it. Ha da poco pubblicato

Manuale del Viaggiatore Goloso

(Mondadori): guida da leggere e consultare per mangiare e bere bene.

L’amore a Milano

Sapessi com’è strano / sentirsi innamorati a Milano / Senza fiori, senza verde / senza cielo, senza niente / fra la gente, (tanta gente) / Sapessi com’è strano / darsi appunta-

menti a Milano / In un grande magazzino / in piazza o in galleria, che pazzia. (Memo

Remigi, 1965). Il più grande successo di Memo Remigi ha appena compiuto 50 anni e va per i 51. E l’amore? Quello tira sempre anche e soprattutto a Milano, altro che pazzia (ma il primo a saperlo è proprio Memo). Se c’è una città dove trovare appigli per una storia d’amore, è proprio questa. Se permettete la citazio ne/pubblicità progresso (personale), io ho scritto un romanzo (Averti trovato ora, Mondadori, 2008) su un grande amore a Milano, «un amore di contrabbando», per dirla con Enzo Jannacci (Messico e nuvole). Mi ricordo che il mio mentore, Gianan drea Piccioli, uno dei grandi dell’editoria italiana in altri tempi, mi aveva stuzzica to: «Mi piacerebbe leggere un romanzo su una storia d’amore a Milano». E senza sentirmi strano, anche perché il verde c’è, basta guardare la città dal satellite e pure il cielo in certi giorni di tramontana, l’ho scritto. E qui vorrei fare una sintesi della storia, ma non attraverso il racconto del libro (compratevelo, tengo famiglia), quanto servendomi della sua topografia. Una specie di Monopoli dell’amore, per testimoniare un apprendistato amoroso a Milano. Il primo incontro in una strada di periferia, via del Turchino, dichiarazione su una panchina al parco Sempione, il primo bacio a un tavolino del mezzanino del bar De’ Cherubini a Porta Ticinese, insieme su un motorino una sera che piove, la casa di lei in via Anfossi, davanti ai giardini di largo Marinai d’Italia, la casa di lui in via Borgonuovo (oh, è uno con i

danè), cena in un famoso ristorante lungo il Naviglio Pavese, via Festa del Perdono

dove lui fa la posta a lei che esce dalla Statale, un appuntamento in una piazzetta dietro la Darsena in un baretto discreto, una mostra di design visitata insieme alla Triennale, un ristorante orientaleggiante in via Cadore, un caffè da Gattullo. E via così. Perché l’amore non ha un luogo preferito, certo, poi in tutte le storie che si ri spettino ce n’è uno che diventa il “segnalibro”, ma quello che fa la differenza sono sempre le emozioni che si creano tra due esseri umani. Non è strano innamorarsi a Milano e forse non lo pensava neanche Memo Remigi quando cantava la sua can zone. Perché anche chi, come me, non è nato qui ma c’è arrivato per una qualche ragione, poi si è innamorato prima di tutto della città e poi anche di qualcuno che ha incontrato tra la gente, tanta gente. Perché perdersi tra la folla ha il suo fascino e l’amore, là in mezzo, è l’àncora di salvezza che ci salva dall’estraniamento.

Roberto Perrone

INSIDE

Tudor 4 wonders

Colonne sonore dedicate e teche sospese avvolte da proiezioni

mapping

, sono le suggestioni create in occasione dell’evento Tudor 4 Wonders per presentare i modelli della casa orologiera svizzera e i mondi cui questi sono dedicati ovvero l’asfalto, la neve, il mare e lo stile. La serata è stata anche l’oc casione per scoprire due modelli inediti: Black Bay e Black Shield.

www.tudorwatch.com

La distilleria in città

Gli amanti del gin non potranno perdere The Botanical Club of Milano, la prima micro distilleria di questo spirito con fine dining e american bar in città. Dal lunedì al sabato, a partire dalle 19.30, all’11 di via Pastren go, gli avventori potranno degustare il menu di 15 piatti che la cucina rinnova ogni due settimane, mentre di giorno, a porte chiuse, il locale si trasforma in una distilleria, dove un team guidato dal master distil ler Baldo Balanini sperimenta nuove botaniche e ingredienti per creare prototipi di gin.

www.thebotanicalclub.com

More White

Un incremento dei compratori internazionali del 22%, un’area di 13mila metri quadrati e 233 espositori. Sono questi i numeri dell’ultima edizione di White Trade Show. Da poco conclusasi, la fiera dedicata alla moda contemporanea ha in trodotto un’interessante novità: oltre alle collezioni menswear ha presentato anche le pre-collezioni donna, raddoppiando il numero di aziende presenti.

www.whiteshow.it

Cos raddoppia

Cos si rifà il trucco: rinnovati e ampliati gli spazi dello store in corso Venezia e aperta una nuova boutique in corso Vercelli. Design minimal ed elementi naturali caratterizzano il nuovo negozio, rispecchiando i valori e l’estetica del brand. All’in terno complementi d’arredo di Yngve Ekstrom, Carl Hansen e del gruppo di design danese HAY, con cui il brand ha collaborato lanciando una serie di tavolini in edizione limitata.

www.cosstores.com

Viaggio nel Rinascimento

Le porte della casa museo Bagatti Valsecchi si sono aperte a fine gennaio e continueranno a farlo sino a giugno per speciali visite guidate gra tuite ogni terza domenica del mese (si paga solo l’ingresso). Accompagnati da un esperto fra mo bili, quadri, bronzi, gioielli e armi, sarà possibile scoprire tutti i segreti della vita in un’abitazione signorile della metà del Cinquecento.

www.museobagattivalsecchi.org

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LASCIATEVI GUIDARE DALL’ISPIRAZIONE.

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DS 4

Nasce Nuova DS 4, connubio perfetto di potenza e raffinatezza. Forte di un design elegante, audace e dinamico, Nuova DS 4 nasce all’insegna della cura di ogni dettaglio. Per regalarti il piacere puro della guida.

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27/11/15 09:45

OUTSIDE

Nella neve fresca

Continuano le discese mozzafiato dello Swatch Freeride World Tour. Partita il 23 gennaio, la ma nifestazione continuerà il suo viaggio attraverso le mete sciistiche più amate dagli sportivi fino ad aprile. Se non potete partire per godervi dal vivo una tappa non disperate: potrete comunque in dossare l’orologio che Swatch ha realizzato per l’evento e seguire in live streaming ogni discesa, fino all’ultimo brivido.

www.freerideworldtour.com

Lezioni di pogonotomia

Radersi è un’arte e il suo nome è “pogonotomia”: lo sa bene Davines, che si è fatta raccontare dallo specialist della rasatura, Francesco Cirignotta, tutti i segreti per una barba perfetta e ha poi abbinato ai gesti di questo rituale quotidiano una linea di prodotti dedicati. Preparazione, rasatura e protezione sono gli step imprescindibili di un’abitudine che si ripete in media 20mila volte nella vita di un uomo.

www.davines.com

Vizi di design

Il fumo e le donne sono piaceri verso i quali ogni Gentleman prova un’attrazione irresistibile: Al Pascià li ha celebrati entrambi creando Curvy, la pipa dalle sinuose linee femminili. Ispirata alla Calabash Africana, Curvy è una pipa da indossare e un oggetto di design che sa donare un tocco retro-contemporaneo a ogni look.

www.alpascia.com

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Fuochi australiani

Ci siamo trasferiti… in Australia! Probabilmente è questa la scritta affissa alla porta del Noma Copenaghen, il ristorante del celebre chef René Redzepi, che con il supporto di Tou rism Australia e Lendlease ha aperto un ristorante tempora neo nella terra dei canguri: il Noma Sydney. Fino al 2 aprile gli ospiti potranno provare le speciali ricette che coniugano l’estro culinario di Redzepi con i migliori prodotti locali, ri cercati dallo stesso chef in uno straordinario viaggio nei prin cipali stati del Paese.

www.noma.dk/australia

Sulla scena del crimine

Immagini di persone scomparse duranti le grandi purghe sovietiche,

still

tratti dal processo di Norimber ga o ancora fotografie realizzate a scopo umanitario per documentare gli attacchi coi droni sulla Striscia di Gaza. Sono le immagini dal grande impatto emotivo di

dalla Sindone ai droni www.camera.to

Sulla Scena del Crimine. La prova dell’immagine

in mostra fino al primo maggio a Camera, Centro Italiano per la Fotografia di Torino.

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COVER STORY

FEDERICO BUFFA

IL CANTASTORIE OLIMPICO

Nella vita doveva fare l’avvocato, ma poi è diventato uno dei volti più conosciuti della televisione italiana, senza mai trascurare il suo culto del basket NBA, primo vero amore di questo “ragazzo” milanese del ‘59. Volto e storyteller Sky (Sky Sport e Sky Arte) dopo il teatro è arrivato alla prova più ambiziosa: la pagina scritta. Sotto forma di romanzo con “L’Ultima Estate di Berlino”, un libro ambientato nell’inquietante Germania del Terzo Reich

di Simone Sacco - foto di Matteo Cherubino

COVER STORY

Perdonateci la sicumera, ma L’ultima

estate di Berlino è un libro che conqui-

sta. Trecento pagine scritte con uno sti le telegrafico nel senso più nobile del termine. Ovvero sotto forma di parole secche, e spesso figlie della miglior lin gua italiana, che sanno creare immagini e sensazioni. Non una scrittura cine matografica né teatrale, ma che in quei luoghi dell’anima saprebbe esattamen te come ambientarsi o sublimarsi. Un romanzo a due voci: quella del militare nazista Wolfgang Fürstner – esistito re almente – e quella del cronista statu nitense Dale Warren, personaggio in vece di fantasia che narra i retroscena, immaginati o meno, della famigerata Olimpiade berlinese dell’agosto 1936. L’ultima kermesse globale in tempo di pace prima dello stop causato dall’im mane tragedia bellica (difatti l’edizione di Tokyo 1940 non avverrà mai). La so rella sgradita di Londra 1948 dove lo sport provò faticosamente a rimettere assieme i suoi pezzi intesi come gene razioni affogate nel sangue e atleti resi inattivi dal corso brutale degli eventi. Berlino ’36, insomma, è tuttora car ne viva e palpitante. Manifestazione breve come tutte le Olimpiadi – due settimane appena – ma eterna nel suo trasmetterci i muscoli d’ebano di Jes se Owens, quattro medaglie d’oro nei 100, 200, 4X100 e salto in lungo o le scarpette mai dome del maratoneta co reano Sohn Kee-Chung. Storie, le loro, che andrebbero insegnate a scuola ora che Rio 2016 è davvero a un passo, ma il mondo non ha ancora smesso di odia re, differenziare popoli, tirar su confini. «Berlino ’36 fu lo snodo cruciale del ‘900, il momento esatto in cui lo sport perse definitivamente la sua verginità. E pure tante altre cose…» come spie ga Federico Buffa, uno dei due autori del libro. L’altro è Paolo Frusca. Soffer miamoci sul primo: Buffa, classe 1959, è milanese (e milanista) al di sopra di ogni sospetto. Nella vita ha fatto un po’ di tutto: l’avvocato, il procurato re di giocatori di basket, il giornalista alla nobile scuola di Aldo Giordani, il telecronista in coppia con l’amico fra terno Flavio Tranquillo, lo “storyteller” su Sky Sport e Sky Arte e ultimamente pure l’attore a teatro e tutto sempre egregiamente. La nostra conversazione, in questo caso, non poteva che partire dalla metropoli post Expo. A quell’e state tedesca di circa 80 anni fa, si arri verà per gradi.

Federico Buffa e Milano restano un binomio indissolubile. Come dire: Fa brizio De André e i caruggi di Geno va, Kobe Bryant e le luci dello Staples Center, i Led Zeppelin e l’atmosfera bucolica di Bron-Yr-Aur. È così?

Sì, sono nato e cresciuto in via Savona 94. E poi, da adulto, mi sono trasferito poco distante, al numero 45. In mezzo c’era – e fortunatamente c’è ancora – lo storico Cinema Mexico che di quella via prossima ai Navigli è sempre stato l’emblema. Ora non vivo più a Mila no, mi sono trasferito fuori città. Però il cuore batte sempre da quelle parti.

Non sei nuovo ai trasferimenti. A fine anni Settanta, per motivi di studio, vo lasti per la prima volta fino a UCLA, California...

Già, e pur vivendo e preparando esami in quello che è sempre stato il tempio del “college basket losangelino”, para dossalmente mi mancavano gli amici di via Vezza d’Oglio. Il nostro caro play-

ground meneghino…

Immagino che al tuo ritorno sarai sta-

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COVER STORY

“L’ultima estate di Berlino è un libro animato da grande passione e da cui emergono le nostre personalità. Mi basterebbe che la critica notasse questo”

COVER STORY

to accolto come una star. Erano i primi anni Ottanta: l’NBA, allora, stava an cora in un altro universo?

Ogni volta che rimettevo piede in via Vezza, più che altro, mi divertivo a stu pire i miei compagni di squadra con alcuni trucchetti imparati sui campi statunitensi. Piccole mosse che avevo scippato ai frequentatori di UCLA, tutti atleti fortissimi.

La cosa non ti suggerisce nulla?

Eh, hai ragione. Forse già allora mi piaceva comunicare/esportare cultura americana… (sorride, NdR).

Quella che poi avresti sciorinato du rante le tue telecronache e nei due vo lumi di “Black Jesus”. Quelli originali, intendo usciti tra il 1999, “Black Jesus” su Castelvecchi e il 2002, “Black Jesus 2” su Libri di Sport.

Già, ma fammi sfatare un mito: Black

Jesus fu una sorta di “confezione”, non

un libro vero e proprio. Erano raccol te di articoli, scritti dal sottoscritto e pubblicati su magazine quali “Super basket”, “American Superbasket” o sul sito di “Telebasket”.

Molti però ci sono cresciuti su quelle tue antologie. Così viscerali nel rac contare la palla a spicchi e i suoi tanti, incredibili protagonisti…

Di quelle opere conservo ovviamente una bella emozione di fondo. Ricordo che le assemblai al Caffè della Pusterla di via De Amicis, proprio qui a Mila no. Il mio tavolo privato era l’ultimo in fondo alla sala: non per tirarmela da scrittore, ma semplicemente perché là c’era la presa dove poter attaccare il computer portatile!

Nel 2014 sei tornato in libreria con “Storie Mondiali”...

Un altro “non-libro” firmato Federico Buffa perché – dicono – il mio volto in copertina aiuta a vendere più copie… D’accordo, ma anche quelli restano ar ticoli calcistici, grandi articoli calcistici, scritti dal brillante Carlo Pizzigoni. Tra l’altro ho saputo da poco che lo stesso Carlo è al lavoro su un nuovo proget to editoriale, questa volta suo al 100%. Sono felice per lui.

Nel frattempo è uscito per Rizzoli “L’ultima estate di Berlino”. E stavolta stiamo parlando di un romanzo vero e proprio scritto a quattro mani. Le tue e quelle di Paolo Frusca. Un nuovo traguardo?

Perdonami l’anglicismo, ma a me piace più vederlo come una sorta di spin-off de Le Olimpiadi del ’36, ovvero lo spet tacolo teatrale (con la regia di Emilio Russo e Caterina Spadaro, NdR) che sto portando in giro all’incirca da un anno. La Rizzoli assistette alla prima milanese del gennaio 2015 e, qualche tempo dopo, mi chiese di approfondire quella vicenda tramite un libro. Ovvia mente non me lo sono fatto ripetere due volte…

Perché?

Essenzialmente perché la propaganda politica, sotto il Terzo Reich, arrivò a livelli talmente chirurgici che lo sport ne sarebbe uscito cambiato per sempre. Goebbels, in occasione di quei giochi berlinesi, sottopose il mondo a un la vaggio del cervello oggi fortunatamen te irripetibile.

E dire che, appena prima di Berlino, c’era stata Italia ’34. Alias il mondiale nostrano voluto da Mussolini. Nessu na somiglianza?

Sì, qualcosa di simile si intravide anche in quei nostri Mondiali “di regime”, ma Berlino ’36 andò ben oltre; come poi le tremende conseguenze della Seconda Guerra Mondiale ci avrebbero triste mente mostrato.

Come hai conosciuto Paolo Frusca?

Di lui avevo già intercettato altre cose. E, a livello di pura scrittura, l’ho subi to considerato almeno cinquanta volte più bravo di me. Sai, credo che grazie alla sua penna incantevole abbiamo tradotto su pagina le nostre personalità opposte. E realizzato un libro animati da grande passione. Mi basterebbe che la critica notasse questo: la passione che ci abbiamo messo.

Tu parli di passione, ma cosa ne pensi delle tue imitazioni, un po’ irriverenti, passate in TV e sul web?

Quella andata in onda sulla Rai me l’hanno raccontata, ma io non l’ho mai 18 Volto e storyteller di Sky, Buffa ha da poco pubblicato un romanzo sulle Olimpiadi del ’36 vista (Buffa è impersonato dal comico Ubaldo Pantani, NdR). La cosa che mi lascia un po’ basito è: perché la televi sione pubblica manda in onda una mia imitazione se il 90% dei suoi abbonati nemmeno conosce il mio nome? La pa rodia de Gli autogol, invece, l’ho becca ta su Internet e il ragazzo che “clona” la mia voce è semplicemente bravissimo.

Torniamo alla tua Milano: qual è sta to l’evento sportivo locale più emozio nante vissuto in prima persona?

Milan Real Madrid 5-0, leggenda ria semifinale della Coppa Campioni ’88/’89. Ero a San Siro quella sera ad esultare per i ragazzi di Arrigo Sacchi. E il mese dopo andai anche a Barcello na per la finale vinta contro la Steaua Bucarest, terminata 4-0 per il Diavolo.

C’è un personaggio meneghino che ti piacerebbe esplorare meglio durante uno dei tuoi “Federico Buffa racconta” in onda su Sky?

Enzo Jannacci, giusto per restare in ot tica Milan! Sono venuto a sapere degli aneddoti su di lui parecchio toccanti. Storie talmente belle che andrebbero finalmente raccontate. Chi lo sa? Ma gari un giorno…

Allarghiamo il discorso: che 2016 sarà per te?

Mi piacerebbe proseguire con la tour née delle Olimpiadi berlinesi, dedicarmi ad altre produzioni per Sky Arte e pos sibilmente cominciare a pensare pure al mio nuovo spettacolo teatrale.

Niente basket a stelle e strisce, vero? Quello ormai rappresenta il passato, nonostante i tuoi fan non demordano e tu ti sia ricongiunto con Flavio Tran quillo la notte di Natale...

Beh, gli americani dicono: «Amico, se funziona… non stare ad aggiustarlo!». L’NBA su Sky sta vivendo un periodo d’oro: va benissimo a livello di ascolti, è commentata da grandi professionisti, in pratica è perfettamente funzionan te e non capisco proprio perché dovrei metterci le mani io… Con che diritto poi? Comprendo l’affetto del pubbli co, ma nelle grandi aziende le cose non vanno così: ci sono dei ruoli predefiniti, dei progetti che si decidono anni pri ma, e che vanno rispettati.

A giugno ci saranno gli Europei di cal cio in Francia. Sarebbe eccitante se tu raccontassi qualche vecchia edizione di quel torneo come già avvenne per i Mondiali…

Lo so, ma i diritti di Francia 2016 mi pare appartengano alla Rai. Io sono onorato di lavorare per Sky e non pos so concedermi di narrare qualcosa che il mio editore non potrà mandare in onda.

Capisco, ma come la vedi l’Italia di Conte in vista dell’appuntamento transalpino?

Non farmi parlare di calcio, dai… (sor ride, NdR). Mancano ancora parecchi mesi agli Europei e questa, oltretutto, non mi sembra neppure la sede adatta.

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PORTFOLIO

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URBAN AGE

Se si traducessero i nomi delle città, Hong Kong ne uscirebbe benissimo: il suo significato è infatti “porto profumato”. È una delle due regioni amministrative speciali della Repubblica Popolare Cinese insieme a Macao e si trova sulla costa meridionale della Cina tra il delta del fiume delle Perle e il mar Cinese Meridionale. È uno dei posti più densamente popolati al mondo e la maggior parte dei suoi 7 milioni di abitanti vive in enormi grattacieli stretti tra il porto e la montagna. La sua conformazione geografica infatti non permette l’espansione, se non verso l’alto. Frenetica, stratificata e affollata, Hong Kong soffre di un pesante inquinamento atmosferico

testo di Carolina Saporiti - foto di Matteo Cherubino

PORTFOLIO

In questa pagina Una via secondaria del quartiere Central in Hong Kong Island Nella pagina a fianco Veduta da Victoria Peak Sul lato opposto della baia si possono vedere i quartieri residenziali dove l’edificazione ad alta densità ha preso il sopravvento sul territorio e sulla natura 21

PORTFOLIO

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PORTFOLIO

In questa pagina La strada che conduce dal quartiere Central a North Point, passando da Wanchai e Causeway Bay Nella pagina a fianco Foto sopra Percorrendo questa strada si arriva alla collina da dove si gode di una bella vista su Victoria Peak Foto sotto In un budello tra i quartieri di Central e Soho i taxi si accalcano uno dietro l’altro 23

PORTFOLIO

matteo cherubino Laureto in disegno industriale lavora e vive a Milano. Fotografo e videografo, è rappresantato da 2DM come

videomaker

pubblicato su Vogue Hommes Japan, Milk Tai wan, Vestal NY, D Repubblica e Io Donna. Nel 2015 è stato selezionato per la proiezione del suo lavoro al Milano Fashion Film Festival.

www.matteocherubino.com

trombetta . Come fotografo ha 24

PORTFOLIO

In questa pagina Tra i grattacieli di Kowloon Bay la dimensione umana si annulla davanti alla potenza dell’edilizia ad alta densità Nella pagina a fianco Un anziano lavoratore aspetta il passaggio della metropolitana alla fermata di Kowloon Bay, quartiere della città che si trova sulla terraferma 25

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INTERVIEW INTERVIEW

GIACOMO BULLERI

QUELL’IMMANCABILE SAVOIR-FAIRE

Classe 1925, toscano d’origine ma sotto il cielo della Madonnina dal 1958, in quasi 60 anni di lavoro, il cuoco di Collodi (non chiamatelo chef, per carità) ha dato vita al gruppo Giacomo Milano, un riferimento importante nella ristorazione meneghina, tanto che è stato insignito dell’Ambrogino d’oro lo scorso dicembre

di Marilena Roncarà Lui l’Ambrogino d’oro lo dedica alla moglie «che non c’è più, ma che lo ha sempre supportato». Inizia con questa precisazione la nostra chiacchierata con Giacomo Bulleri, per tutti Giacomo, patron di svariati locali nel capoluogo lombardo: dal prestigioso Arengario Duomo a Giacomo caffè a Palazzo Re ale, dal Ristorante da Giacomo in via Sottocorno al Bistrot, e poi ancora alle omonime Pasticceria e Tabaccheria. Ma le sfide non finiscono mai, dato che a breve ci sorprenderà con una nuova apertura, una sorta di ritorno alle ori gini. Le anticipazioni però si fermano qui, perché il resto è ancora top secret.

Cosa ha pensato quando ha ricevuto l’Ambrogino d’oro?

Ne sono stato orgoglioso. Abito a Mila no da tanto tempo e questo premio è come se mi rendesse milanese a tutti gli effetti: è un riconoscimento per tutto quello che ho dato a questa città in cir ca 60 anni di lavoro tra sacrifici, passio ne e attività imprenditoriale. Ma la ve rità è che Milano mi ha accolto bene fin da subito e poi mi ha restituito ancora di più: mi ha consentito di realizzarmi, mi ha fatto capire che le cose si pos sono fare, solo occorre crederci molto.

Facciamo un passo indietro: come ha deciso di lavorare nel mondo della ri storazione?

Credo che sia stato questo mestie re a scegliere me, più che il contrario. All’inizio non avevo le idee chiare. Da Collodi, il mio paese natale in Toscana, sono andato a Torino, dove ho imparato a fare il cuoco. Poi c’è stata la guerra e un intermezzo in cui ho lavorato per le Ferrovie dello Stato. Nel ’58 sono arri vato a Milano dove ho aperto la Trat toria da Giacomo, in via Donizetti. Lì sono rimasto per 33 anni e, complice la vicinanza di Camera del Lavoro e Con servatorio, in breve la trattoria è diven tata il ritrovo del sindacato milanese e di tanti cantanti: da Giancarlo Pajetta al tenore Giuseppe Di Stefano, per in tenderci. Dopodiché è arrivato lo sfrat to e mi sono spostato in via Sottocorno.

E qui è iniziata una nuova avventura.

Sì, prima con il Ristorante da Giacomo, quindi la Tabaccheria, la Pasticceria, il Bistrot, fino al ristorante Giacomo Arengario, sopra il Museo del Nove cento, quasi abbracciato al Duomo, aperto nel 2010, e a Giacomo Caffè nel cortile centrale di Palazzo Reale. Nella vita ho rischiato molto, mi sono butta to a capofitto in tante avventure met tendo in gioco tutto quello che avevo, ma alla fine ha funzionato. Da qui sono passati tutti.

Ci faccia qualche nome…

Da Jacqueline Kennedy ad Angela Merkel, da John Kerry a Vladimir Pu tin, da Bono Vox a Mick Jagger, fino a Michelle Obama che in visita all’Expo ha pranzato all’Arengario con le figlie.

Qual è il segreto del successo?

Grande costanza, grande sacrificio e tanta passione, anche perché le cose all’inizio non sono semplici e non si arriva alla meta dalla mattina alla sera. Bisogna soffrire una volta, poi oggi e anche domani, perché se non soffri non arriva niente. Un po’ come in amore.

E il segreto della sua cucina?

Io sono un cuoco di sostanza, non uno chef, uno di quelli della vecchia scuola, mi piace offrire odori e sapori autentici. Nella mia cucina comandano olfatto e palato, ovvero i piatti della grande tra dizione toscana, lombarda e italiana in genere: è questo il trait d’union di tutti i miei locali. Il resto, vedi anche tutta la questione della cucina bio, sono mode passeggere. In Italia abbiamo prodotti che il resto del mondo ci invidia, pun tiamo su quelli.

In tutti questi anni ha formato circa mille dipendenti, come li ha scelti?

Quelli bravi li vedi subito, da come si muovono, dal comportamento, dalla pulizia, dalla testa che mettono nelle cose che fanno. Poi noi abbiamo i no stri piatti e chi lavora qui li deve acqui sire. Ma la cosa importante è che con ognuno di loro ho ancora un rapporto speciale, fatto di rispetto reciproco e amicizia.

Come è cambiata la città dal punto di vista della ristorazione?

È un altro mondo. Prima si poteva sce gliere solo tra le cucine regionali italia ne: friulana, veneta, toscana… Ora l’of ferta è internazionale: dal giapponese, al messicano, al coreano e avanti su questa strada, eppure noi, con il grup po Giacomo, ci teniamo a garantire una presenza tradizionale. Io non cambio, in fondo resto quel ragazzo di una volta con cervello e anima toscani e la stessa voglia di continuare a proporre piatti tipici italiani.

Come passa la sua giornata a 90 anni compiuti?

Mi alzo, vado al mercato a fare la spesa, poi vengo qui al Ristorante in via Sot tocorno, quindi mi sposto in centro... Insomma, passo in rassegna i vari locali. Qualche volta vado in cucina e preparo un piatto. Non sono ancora pronto per restare a casa. In fondo i miei ristoranti sono la mia casa, perché se è vero che dalla vita ho avuto tanto, penso di aver dato ancora di più. Ed è questo che mi rende contento.

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FOCUS FOCUS

L’AROMA DELLA VITA

La bevanda dal tradizionale colore ambrato approda nei salotti di mezzo mondo, incrocia culture, ispira rituali. A Milano, tra aperitivi e brunch, il tè del pomeriggio si reinventa e si fa chic

di Chiara Temperato indirizzi L’Essenza del the via Cerva 12 La teiera eclettica via Melzo 30 Arte del ricevere via Macedonio Melloni 35 Chà Tea Atelier via Marco d’Oggiono 7 Taveggia Milano 1909 via Uberto Visconti Di Modrone 2 Château Monfort corso Concordia 1 Palazzo Parigi corso di Porta Nuova 1 02 01 28 Gli abitanti del Sol Levante lo bevono anche mangiando il sushi, in India il suo speziato coc ktail di odori ubriaca le strade, i turchi lo degusta no in bicchierini di vetro a forma di tulipano e in Inghilterra, se anche non sono le consuete “5pm”, ogni momento è buono per una tazza di tè e qual che biscottino. Una bevanda millenaria, dalle ori gini misteriose, che ha dato vita a un cerimoniale unico, quasi un rito magico in Giappone, dove la scrupolosa preparazione del matcha (tè verde) sposa i valori zen. Il tè ci fa viaggiare con la mente attraverso il mondo, perché in ogni suo sorso, in ogni suo rituale, è racchiusa la storia di una cultu ra, il volto di un popolo. In Cina è quasi una forma d’arte e di cortesia verso l’ospite al quale si offre il pregiatissimo Oolong in ciotole di terracotta. Il chai indiano viene insaporito con le tradizionali spezie, quello tibetano aromatizzato con la noce di burro yak e in Inghilterra il consueto english

breakfast tea è accompagnato con il latte e una

scorpacciata di scones. Nato come rito elitario e soprattutto spirituale, l’atto di consumare il tè ha acquisito nel tempo i contorni di una rivoluzione: un infuso raffinato che impone un codice com portamentale, un kit per la sua degustazione e an che un outfit en pendant ma, allo stesso tempo, il tè è anche la bevanda del popolo, da sorseggiare in pantofole nel salotto della nonna, sui treni india ni nei tradizionali thermos e ai baracchini cinesi lungo le strade. Anche in Italia è scattata l’ora del tè e natural mente Milano, sempre alla ricerca di nuove ten denze, non si è fatta trovare impreparata. La città sta aprendo le porte a veri templi del tè, alcuni dal design minimal postmoderno, altri dallo stile ba rocco elegante, per conciliare sia il gusto dell’oc chialuto intellettuale critico d’arte sia quello della

sciura milanese. Milano reinterpreta questo rito in

chiave contemporanea: l’infuso a base di teina di venta glamour e va perfino alle sfilate, diventando il fil rouge degli eventi della settimana della moda, in raffinati Temporary Tea Bar, allestiti per ingenti lire i palati modaioli. In città le sale da tè si anima no di teiere, tazze vintage e moltissime tipologie diverse: ad aprire le danze sono state le maison

du thé francesi, Kusmi tea in zona Brera e Dam-

man Frères in piazza XXV Aprile, raffinati atelier del gusto che vendono i loro prodotti, nel primo caso, in particolari latte dal design pop-barocco, espressione della russia zarista. Un altro punto di 01. 02. Differenti gli uni dagli altri, esistono diversi rituali legati al tè: ognuno di essi custodisce la storia di una cultura Nella pagina a fianco foto di Prudence Styles In questa pagina foto di Richard Lee 29

FOCUS

ALL’ULTIMA TAZZA La passione per il tè non ha confini, tanto che a questo infuso dalla sto ria antica sono dedicati numerosi festival in giro per il mondo. Chi avesse intenzione di organizzare un viaggio si segni in agenda i due prossimi appuntamenti di Toronto e New York. Il primo è in programma il 30 e 31 gennaio: per due giorni i visitatori avranno la possibilità di sfidarsi all’ultima tazza di tè, con alcune gare di degusta zione. Grazie a una serie di incontri dedicati i

tea lovers

potranno inoltre scoprire tutti i segreti della cerimonia del tè cinese, giappone se e coreana. Per chi amasse anche il caffè, l’evento da non perdere è invece il Coffee&Tea Festival NYC. Giunto alla sua ottava edizione ani merà la Grande Mela il 19 e il 20 marzo con lezioni di degustazione, consigli per preparare un ottimo infuso anche a casa e una serie di incontri per imparare a imbandire una perfetta tavola da tè. 03 03. Nato come rito elitario, l’atto di bere il tè è diventato nei secoli una pratica diffusa anche tra il popolo Nella foto gli scaffali de La teiera eclettica di Milano riferimento è L’essenza del the, una piccola bot tega a due passi da San Babila, i cui scaffali, simili a quelli di una biblioteca, traboccano di diverse specialità, ordinate con enciclopedica precisione.

Se siete in zona Porta Venezia e vi sentite a vostro agio in ambienti, che privilegiano forme geome triche e colori pastello, potete fare un salto a La teiera eclettica, un delizioso shop con sala da de gustazione annessa, in via Melzo, dove è possibile imbattersi in pregevoli varietà e in una congerie di biscotti e gelatine a base di tè. In zona, un’altra eccellenza è L’arte di offrire il Thè, una bottega che propone infusi personalizzati, da cerimonia e da ufficio, e offre un pratico servizio a domicilio. Per chi invece vuole catapultarsi in Inghilterra con un solo sorso lo Ye Olde England, in corso Italia, è la soluzione. Dall’arredo alla varietà di tè e dolci, tutto trasuda di inglesità, fino alla particolare og gettistica rigorosamente made in England. Il Chà Tea Atelier in zona Sant’Agostino, invece, è il pri mo laboratorio pensato per apprenderne tutti i se greti e le tecniche di preparazione. E per gli animi più old style? Gli ambienti classical chic sono die tro l’angolo: dal Taveggia, con le sue sontuose sale in via Visconti di Modrone, agli Hotel Chateau Monfort in corso Concordia e Palazzo Parigi nel cuore di Brera, rinomati per le loro degustazio ni in pieno stile regale, con alzate di madeleine e

cupcake a sfilare tra le stanze, flûte di champagne a

inebriare le menti e con consigli di bon ton per gli amanti dell’etichetta. Sembra proprio che questa antica bevanda abbia fatto innamorare anche l’I talia e che Goethe avesse ragione quando diceva: «La vita è troppo breve per bere tè mediocri».

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INTERVIEW INTERVIEW

MANUELA RAVALLI

LA NUOVA FRONTIERA DELLA BENEFICENZA

CharityStars porta nuovi elementi nel mondo del non profit. Sempre più social, condivisa e trasparente, l’esperienza di fare del bene passa da tre ragazzi under 35 appassionati di fundraising, per creare occasioni e sinergie di intenti

di Marzia Nicolini Beneficenza nel 2016? Chi meglio di Manuela Ravalli, 30 anni, potrebbe parlarne? Lei è una delle tre fondatrici del gruppo CharityStars, un progetto giovane, lanciato due anni fa a Milano e oggi approdato anche Londra, con ancora moltissimi progetti in cantiere e «Live a Dream, Make a Change» come motto. Con la loro startup digitale, che unisce vip, fan e Onlus, i tre vogliono rivoluzionare il settore del non pro fit, senza dimenticare il fine benefico, «vero motore del progetto, in grado di renderlo sempre entusiasmante».

Come nasce la storia di CharityStars?

Sono già passati più di due anni dal giorno in cui la piattaforma è andata finalmente online. Io e i miei due soci, Francesco Nazari Fusetti e Domenico Gravagno, abbiamo lavorato a lungo prima del lancio ufficiale. L’idea ini ziale è stata di Francesco: di ritorno da un soggiorno negli USA, ha pensato di ideare un sito Internet specializzato nel

fundraising digitale attraverso aste onli-

ne. Noi abbiamo contribuito con il no stro know-how: Domenico ha fornito le sue competenze in ambito tech e infor matico, mentre io mi sono concentrata sulla creazione e sul consolidamento dei contatti con celebrities e non profit.

In che modo avete rivoluzionato il mondo del non profit?

Nel nostro Paese sono ancora pochissi me le realtà specializzate e accreditate nel fare raccolta fondi in maniera così innovativa. Il mondo del terzo settore (Onlus, associazioni e fondazioni) è sempre alla ricerca di strumenti nuovi ed efficaci in grado di reperire proventi per finanziare i progetti. Per riuscirci noi di CharityStars mettiamo in con tatto il mondo del terzo settore con quello delle celebrities e delle grandi aziende che si mettono all’asta o met tono all’incanto oggetti ed esperienze esclusive legate al loro operato per so stenere l’associazione scelta.

Che feedback avete ricevuto?

Molto positivo: a oggi abbiamo avuto il sostengo di oltre 300 persone o so cietà. Big tra cui Laura Pausini, Emma Marrone, Jovanotti, Eros Ramazzot ti, Ligabue, Elisabetta Canalis, Carlo Cracco, ma anche aziende, come Fer rari, squadre di calcio, tra cui Inter e Milan, passando per le case di moda, con Costume National, Alberta Ferret ti e Trussardi, fino alle più importanti strutture ricettive italiane, tra cui Prin cipe di Savoia e Borgo Egnazia.

Qual è il vostro obiettivo principale?

Puntiamo a ottenere un riscontro sem pre più ampio, cercando di raggiungere personaggi e imprese che ancora non hanno preso parte al nostro progetto. L’adesione è totalmente gratuita: non ci sono costi né per le onlus beneficiarie, né per i vip o le aziende che si mettono all’asta.

Invece, ci puoi spiegare qual è il tuo ruolo nella società?

Sono co-fondatrice e Managing Direc tor. Al momento mi divido tra Milano e Londra, dove CharityStars ha aperto la sua seconda sede da meno di un anno.

Puoi darci qualche numero per capire l’entità del vostro successo?

Abbiamo raccolto oltre due milioni di euro e aiutato più di 250 associazioni tra cui Telethon, Cesvi, Terre des Hom mes, Save the Children, Amici di Sean e moltissime altre.

Il pubblico che vi segue sembra molto affezionato. Non è così?

È vero, ogni giorno gli iscritti alla piat taforma aumentano e con loro i parte cipanti alle aste. La risposta dei nostri

follower ci fa ben sperare in una crescita

continua e progressiva. Crescono anche le richieste degli utenti che ci contatta no e ci scrivono proponendoci la cosid detta “asta nel cassetto”: c’è chi sogna di ricevere un video-messaggio da Ales sandra Amoroso, chi una cena con Mat teo Renzi, chi un selfie con Madonna. Ce lo comunicano e ci indicano la cifra che sarebbero disposti a spendere. A quel punto noi cerchiamo di contattare i vip indicati: il più delle volte accetta no di buon grado.

Sogni nel cassetto da realizzare ce ne sono ancora?

Ne abbiamo da poco esaudito uno: non siamo più presenti solo sul web. Da qualche mese ci siamo infatti aperti al mondo offline, tramite la divisione eventi. In occasione di serate di gala o manifestazioni benefiche organizzate dalle Onlus, offriamo la nostra consu lenza e i nostri servizi per fare al meglio raccolta fondi. Concretamente abbia mo brevettato una tecnologia chiamata Live Bidding che, attraverso tablet e smartphone, permette agli ospiti in sala di partecipare alle nostre aste aggiudi candosi gli oggetti all’incanto. Il nostro auspicio più grande è questo: essere presenti in maniera solida e massiccia online e offline.

Il più bel complimento ricevuto per il vostro lavoro?

Riccardo Luna ha definito CharityStars «un circolo virtuoso per fare benefi cenza». Amo questa definizione per ché rappresenta al meglio quello che facciamo. CharityStars è un facilitato re di relazioni: mettiamo in contatto mondi diversi che vorrebbero parlarsi e cerchiamo l’occasione perfetta per farli incontrare. Generiamo contatti e occasioni.

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FOCUS FOCUS

LA CENA? LA PORTIAMO NOI

Negli ultimi mesi in città si sono moltiplicati i servizi di consegna a domicilio, soprattutto nel settore food. Un mercato in espansione, destinato a crescere ancora in una Milano sempre più interessata a tutto ciò che riguarda il mangiare bene anche a casa

di Enrico S. Benincasa sul web

www.deliveroo.it

www.foodora.it

www.justeat.it

02 01 01. Alcuni biker di Foodora alle prese con le consegne nel centro di Milano Milano nel 2015 è stata la città del cibo grazie a Expo, ma anche a sipario calato sul “mega evento” dedicato all’alimentazione non è sceso l’interesse sull’argomento. Si continua a parlare di food non solo per le aperture di nuovi ristoranti, ma anche per fenomeni come quelli legati alla consegna del cibo. A novembre hanno debuttato Amazon Prime Now, il servizio dell’azienda di Seattle che consegna generi alimentari in un’ora, e il primo punto vendita italiano di Domino’s Pizza, un co losso della pizza a domicilio presente in 70 Paesi del mondo con 12 mila ristoranti. Per quanto nomi importanti, le novità maggiori non sono state portate da queste aziende, ma da alcune startup che hanno offerto un nuovo ser vizio di consegna attraverso biker in tutta la città e in tempi molto ristretti. A differenza di quelli già esistenti in precedenza, come per esempio Just Eat e MyFood, queste nuove società si occupano di tutto ciò che accade al pasto da quando è stato cucinato fino a quando arriva a casa del cliente, lasciando a chi cucina il compito di fare il suo la voro al meglio. Difficile non notare i tanti ragazzi in bicicletta che, non solo all’interno della circon vallazione, pedalano per portare a destinazione gli ordini selezionati direttamente dalle piattaforme online di Deliveroo, Foodora e Foodinho, i più im portanti player di questo nuovo mercato. Tutto, infatti, avviene tramite i loro siti e app, scegliendo tra i ristoranti della zona in cui ci si trova. Tecno logia applicata al cibo, o meglio, a come fruirne nell’epoca degli smartphone e in una città che ha voglia di sentirsi sempre al passo con le novità. I primi mesi sono stati un successo, a giudicare dal numero dei biker in giro e dalle parole di chi questi servizi li ha “cuciti” su misura per Milano come Matteo Sarzana, General Manager di Deli veroo Italia: «Deliveroo è nato a Londra nel 2011 34 ed è l’inventore di questo approccio al mercato del food delivery. Abbiamo debuttato a novembre e in questi due mesi la risposta della città è stata estremamente positiva, sia da parte dei ristoran ti, oggi più di 200 sulla nostra piattaforma, sia da parte dei clienti. Abbiamo avuto ottimi feedback anche per ciò che riguarda il servizio clienti, che gestiamo al 100% internamente». Il settore è giovane e nessuno vuole ancora parlare di numeri ma la sensazione, come ci confermano le parole di Gianluca Cocco, uno dei due Country Manager di Foodora Italia, è che ci siano margini di crescita: «Dal debutto di ottobre a oggi siamo cresciuti su tutti i fronti: dipendenti, ristoranti e fattorini. Non so gli altri, ma noi stiamo lavoran do tanto». Foodora è presente anche a Torino ed è di proprietà dell’incubatore di startup tedesco Rocket Internet. Il suo è un approccio basato sui dettagli, come ci conferma Gianluca: «Per noi l’at tenzione al cliente è fondamentale, quindi inve stiamo tempo e risorse nel formare i biker e nella selezione dei ristoranti. Difficilmente un McDo nald’s lavorerà con noi, non è qualitativamente allineato al nostro brand». La scelta dell’offerta è un altro capitolo importante di questo processo: «Per Deliveroo il ristorante è un partner al quale dobbiamo generare degli ordini. Per questo sce gliamo con chi lavorare basandoci sulla qualità e sulla tipologia, evitando di creare dei doppioni all’interno delle zone», puntualizza Matteo. Un’ulteriore conferma delle possibilità che offre questo mercato ce la fornisce chi ci opera da più tempo come Just Eat, per bocca del suo Marke ting Manager Nicolò Grosoli: «L’arrivo di nuovi concorrenti non ha influito sulla nostra mole di lavoro. Bisogna considerare che sono ancora pochi gli ordini che passano tramite la rete rispetto a quelli che avvengono di persona o per telefono. Personalmente considero un bene che investitori stranieri entrino nel mercato italiano del food deli-

very, aiuterà a cambiare le abitudini delle persone

e a velocizzare il passaggio al digitale». Anche Just Eat, però, ha approntato delle novità: «Non siamo stati a guardare: sulla nostra piattaforma stiamo fornendo un servizio di consegna uguale a quello dei nuovi competitor per un numero selezionato di ristoranti di fascia medio-alta. Offriamo que sto servizio in quattro città, tra cui Milano». Una piccola rivoluzione è in atto. Solo il tempo dirà quanto ci metteremo a dimenticarci del volantino del pizzaiolo attaccato al frigo per sostituirlo con una app sul nostro smartphone.

02. Ecco come si presenta l’interfaccia di Deliveroo su uno smartphone. Il servizio di food delivery è stato creato a Londra nel 2011 35

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INTERVIEW

CARLO GABARDINI

MANO NELLA MANO CON LA VITA

Conosciuto dal grande pubblico per Camera Café, ha studiato alla Paolo Grassi e ha lavorato con grandi comici italiani. Nel 2013 ha fatto comingout su YouTube e nel 2015 ha pubblicato un memoir incentrato sul rapporto con il padre e ha vinto l’Ambrogino d’Oro. Ma sente di avere ancora la testa di un dodicenne

di Gemma Ghiglia

INTERVIEW

«Ciao papà, non so se ti spedirò mai questa lettera, ma intanto la scrivo. Ti devo dire delle cose perché qua la vita si fa complessa» inizia così il libro di Carlo G. Gabardini edito da Mondadori È difficile trovare persone in grado van tare una milanesità plurigenerazionale. Carlo Gabardini è una di quelle, tanto che un suo trisnonno fu sindaco della città a fine Ottocento. Tra i fondatori del Milano Film Festival nel 1995, lo scorso dicembre è stato premiato con l’Ambrogino d’Oro. Autore, attore,

youtuber, militante per i diritti LGBT,

inserirlo in una sola categoria è impos sibile. L’anno scorso ha pubblicato Fossi

in te io insisterei. Lettera a mio padre sul-

la vita ancora da vivere (Mondadori):

un libro coraggioso che parla di tanti coming out e del saluto al padre morto.

Il tuo libro ha riscosso molto successo dalla sua pubblicazione. Lo stesso si può dire in generale della tua vita?

Il risultato del libro mi rende molto felice, però la mia vita mi sembra sem pre appena cominciata e totalmente imprevedibile, non riuscirei proprio a parlare di successo, mi sembra un po’ prematuro trarre conclusioni. E poi, se mi passi una battuta, più che al succes so sono interessato a ciò che deve anco ra succedere.

Alla fine cosa ti ha convinto a scrivere questo libro?

Da tempo alcuni editori mi chiedevano di pubblicare qualcosa, ma io non an davo agli appuntamenti perché temevo che volessero “il libro di Olmo”, il mio personaggio in Camera Café. Poi ho capito che l’unica cosa che volessi scri vere era una lettera a mio padre. Senti vo che la mia vita era in standby e che dalla sua morte avevo cominciato con lui un dialogo poco sano nella mia te sta, ed è sbagliato: i morti vanno lasciati andare, altrimenti diventano mostri per giustificare le nostre paure.

Nel libro ti metti a nudo. A partire dal rapporto con tuo padre, così speciale e per te sempre più raro da trovare oggi. Qual è l’insegnamento più importante che ti ha lasciato?

Quando cerco di descrivere mio padre con un solo aggettivo, scelgo “giusto”. Però dire che il suo più grande lascito è stato il senso di giustizia è riduttivo. Gran parte di quello che sono ora lo devo a lui. Al momento non ho figli, e la mia paura è quella di essere un pa dre nettamente meno bravo del mio. Quando nel libro mi è scappato: «Io vo glio un figlio» la lettera stava agendo su di me: dovevo ammazzare dolcemente e simbolicamente mio padre, per smet terla di essergli figlio e poter finalmente essere padre a mia volta.

Nel libro parli molto dell’importanza psicologica del comingout.

Sì, perché so che fare comingout è di una potenza inaspettata, ti cambia la vita. Non dovrebbe essere un’esclusiva di noi omosessuali, ma di tutti, perché “venire fuori” e urlare cosa si desidera per la propria esistenza non concerne solo la sfera sessuale, ma il nostro senso di stare al mondo.

Il tuo impegno per i diritti LGBT co mincia nel 2013, dopo il video vira le “La marmellata e la nutella. Ci si innamora di chi ci s’innamora”. Sono passati tre anni, che conquiste ti aspet ti dal 2016?

Intanto mi aspetto quelle che l’attuale governo ci aveva promesso nel 2015 e non ha ancora realizzato. Però non vor rei parlare di conquiste: questo centel linare i diritti – potete baciarvi ma non sposarvi, non sappiamo se potete dona re il sangue, magari potete prendere un bimbo in affido ma non adottarlo – è profondamente discriminante.

Parliamo invece del tuo rapporto con Milano, che nel libro è quasi un perso naggio comprimario...

Milano è la mia città, da sempre, come da sempre è la città della mia famiglia. È ovvio quindi che con lei abbia un rapporto di odio-amore. Da ragazzino erano più le cose che non mi piacevano, ora devo ammettere che quando non sono in città, Milano mi manca tantis simo. Per me è casa, con tutto ciò che comporta.

Quali sono i luoghi della città più si gnificativi per te?

Per me Milano è poco una questione di luoghi, è più sentirsi parte di qualcosa di più grande di te. Poi potrei elencarti decine di posti legati a mie personali memorie o avvenimenti collettivi della cittadinanza, come descriverti decine di scorci inaspettati e incredibili, per ché Milano sa essere bellissima anche se ci tiene molto a tenerlo nascosto, quasi fosse un segreto che si può tra mandare solo oralmente.

Tornando a “Fossi in te io insisterei”, è un libro che racconta come prendere in mano la propria vita. Ora che ci sei riuscito, sei felice?

Felicità è una parola grossa, forse così grossa da essere inservibile e poco comprensibile. Io penso che «prendere la propria vita in mano» più che por tarti felicità ti faccia cominciare a vive re, l’unico punto di partenza possibile. Cercare di passare la vita indenni, mi sembra molto poco saggio.

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ADVERTORIAL

Lì, dove tutto è cominciato

L.G.R torna in Africa per sostenere Amref Flying Doctors con una special edition. Con la vendita di questi occhiali il brand italiano sostiene i piloti che portano cure e assistenza sanitaria in alcuni dei villaggi più remoti africani.

DOUBLE

L.G.R ha un legame speciale con l’A frica. Le sue radici si trovano proprio in quel continente, grazie al quale nel 2007 tutto è partito e che rimane tut tora una fonte d’ispirazione fondamen tale per il marchio di occhiali. Non è quindi una stranezza che il marchio di Luca Gnecchi Ruscone abbia annuncia to una special edition in collaborazione con Amref Flying Doctors, reinterpre tando il modello Dahlak. Gli occhiali sono stati reinventati chiedendo anche suggerimenti ai piloti e sono dotati di lenti rese speciali grazie a un trattamen to anti riflesso, da un potente filtro per la protezione dai raggi UV ad alta quo ta e paraocchi in pelle per evitare river beri. Con questa collezione speciale il marchio sostiene una delle più impor tanti organizzazioni non profit, Amref (in Africa dal 1957) e in particolare ai piloti che portano cure e assistenza sa nitaria nei villaggi più remoti africani, attraverso una piccola flotta di aerei per garantire, quanto più possibile, il diritto alla salute ai più deboli.

La Special Edition si chiama L.G.R for

Amref Flying Doctors: Charity Evacua-

tion e una percentuale del ricavato delle

vendite sarà quindi destinata ad Amref per aumentare il numero dei voli gra tuiti effettuati al fine di salvare le per sone che versano in gravi condizioni di salute. L.G.R dal 2007 produce occhia li artigianalmente e interamente fatti a mano, in Italia, tramite metodi di lavo razione tradizionali che riservano una particolare attenzione al comfort, al design e alla sostenibilità. Il fondatore, Luca Gnecchi Ruscone, nato a Roma nel 1982 da una famiglia italiana con un legame molto profondo con l’Afri ca, deve il suo successo imprenditoriale a un viaggio fatto ad Asmara che lo ha condotto a visitare il negozio di ottica appartenuto al nonno che aveva avviato in Eritrea, tra gli anni Trenta e Settanta, un’attività di importazione di occhiali da sole. I modelli ritrovati nel magaz zino sono stati riportati in Italia dove hanno conquistato il gradimento degli amici per il design esclusivo proposto, tanto da spingere il giovane imprendi tore romano a riavviare la produzione e a creare il brand L.G.R.

www.lgrworld.com

GESTI D’AFFETTO

La scusa è San Valentino, ma parlare d’amore non vuol dire solo sussurrare parole sdolcinate, significa ammettere che non si è gli unici a provare certe cose, pur non sapendo descriverle. L’amore si riconosce nei gesti, nei silenzi, nelle frasi: come diceva Elsa Morante è chiedere «Hai mangiato?». Ma vale anche per i Millennials alle prese con Tinder? Se alle app preferite altro, vi consigliamo fughe d’amore e idee per regali a effetto (o affetto)

illustrazione di Virassamy 39

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E A TE LUI PIACE?

Con la diffusione delle app di appuntamenti sono cambiate le modalità di incontri e corteggiamenti. Se in meglio o in peggio sarà il tempo a dirlo, ma intanto godersi quello che si ha e i momenti che si vivono in compagnia diventa sempre più difficile

di Carolina Saporiti 01 01. Con la diffusione delle app di dating sono cambiati i rapporti interpersonali e i modi di entrare in contatto con persone nuove. Oggi i Millennials si affidano a Internet per trovare l’anima gemella o qualcuno con cui passare del tempo

Il romanticismo è morto. Si intitola così un artico-

lo uscito sul “The Guardian” qualche mese fa che parla di come Tinder abbia rivoluzionato gli incon tri online. Scritto dal giornalista Tomas Chamorro Premuzic, il pezzo spiega perché l’app dei record sia una “figata” (sì viene definita proprio così). Lo sarebbe per almeno due motivi: la sua ampia diffusione ha reso meno imbarazzante ammette re di aver conosciuto una persona su Internet e il suo funzionamento ha accorciato le distanze tra incontro digitale e di persona, «assicurando una gratificazione immediata». Ma che Tinder sia una “figata” è tutto da dimostrare, o meglio sarà il tem po a dirlo, l’unico in grado di decretare il successo di qualcuno o qualcosa. I dati però parlano chiaro.

Nel mondo, Tinder è usato in 196 Paesi, avven gono 1 miliardo e 400 milioni di swipe al giorno (gli swipe sono i movimenti che con il pollice ci fanno decidere se una persona ci interessa – destra – o non ci interessa – sinistra). Ogni giorno, poi, avvengono 26 milioni di match (quando due per sone si piacciono a vicenda) e in totale, nella storia di Tinder, le compatibilità sono state 9 miliardi in soli tre anni dal suo lancio sul mercato. Non che ogni match si trasformi in un appuntamento o, an cora meno probabile, in una relazione, ma questi numeri fanno capire l’entità del fenomeno e so prattutto perché sempre più persone, sessuologi, psicologi, sociologi e pure scienziati siano inte ressati a studiarne le dinamiche. Perché, una cosa è certa, Tinder & Co. hanno cambiato i rapporti interpersonali a sfondo affettivo-sessuale. Dato per assunto che la maggior parte dei single, e non solo, dotati di smartphone e di un account Fa cebook, abbiano provato anche solo per curiosità qualche app di dating, la verità è che molti, soprat tutto tra i più giovani, hanno ammesso una sorta di dipendenza dal gesto (lo swipe) che si compie per scartare o per tentare di entrare in contatto con qualcuno. Si può immaginare qualcosa di più gratificante della possibilità di decidere se una per sona è alla tua altezza senza dover dare spiegazio ni? O qualcosa di più sicuro del proprio schermo del telefono per conoscere una persona? 40 02 Gli incontri via smartphone sono diventati un fe nomeno di massa da circa cinque anni e già nel 2012 avevano superato quelli via computer; a feb braio 2015 erano quasi 100 milioni le persone (50 solo su Tinder) che tutto il giorno e tutti i giorni usavano il telefono per cercare e chattare con altri cuori solitari come loro, alla ricerca di un po’ di affetto o solo di sesso. Perché questo sono Tinder, Happn, OkCupid, Hinge e simili: «Sono l’econo mia di mercato applicata al sesso» usando le parole di Nancy Jo Sales che ha pubblicato un’inchiesta sul sesso ai tempi di Tinder sull’edizione america na di Vanity Fair. Siamo di fronte a un cambiamen to epocale, in uno dei campi rimasti più inviariati nel tempo: il corteggiamento, pur con modalità diverse, ha seguito nei secoli sempre certi canoni. Si incontravano persone tramite i propri contatti, i propri spostamenti e le proprie frequentazioni; poi un bel giorno sono arrivate le app di appun tamenti e niente è stato più come prima, perché in pochi secondi siamo stati messi in contatto con persone sconosciute, che scegliamo solo in base all’aspetto fisico e a qualche interesse in comune. Se in Italia e tra la generazione dei 30/40enni Tin der è usato come diversivo per trovare qualcuno con cui passare piacevoli serate, tra i più giovani – soprattutto all’estero – le dating app hanno pre so piede in maniera molto più ampia. Non sono percepite come amplificatori di connessioni, ma piuttosto di possibilità. Al bar in una sera si ha l’opportunità di conoscere un paio di ragazze tra le 50 presenti? Su Tinder i numeri sono diversi e, soprattutto, dicono i giovani «non costa nulla». E a furia di scartare o mettere un like a persone sco nosciute – un elenco che sembra infinito – diventa sempre più difficile capire se quel ragazzo o quella ragazza con cui si ha parlato o con cui si è usciti piaccia o meno. È quanto ha spiegato lo psicolo go Barry Schwartz nel suo libro The Paradox of

Choice: più scelta abbiamo, più siamo in difficoltà

a prendere una decisione. La libertà ha anche un “lato oscuro”, perché la sovrabbondanza ci rende ansiosi ancora prima di aver fatto una scelta. Non solo, più possibilità abbiamo, più crescono le no stre aspettative e più la delusione sarà grande in caso di fallimento. Facendo un esperimento agli eventi di speed dating, Schwartz ha scoperto che i partecipanti avevano più chance di avere un in contro positivo dovendo scegliere tra otto partner che non fra venti, perché più occasioni abbiamo più ci preoccupiamo di prendere la giusta deci sione. Dal momento che sul nostro schermo pos siamo scorrere centinaia di ragazzi o ragazze, ogni volta la reazione sarebbe: «ma se il prossimo fosse meglio?» e una volta arrivati potremmo già pensa re a quello successivo che «magari sarà migliore». Insomma invece di chiedersi: «Sono felice dopo questa serata?» oggi è più frequente domandar si: «È il meglio che posso avere?». E pensare che quando una figlia svelava alle mamma che un ra gazzo le aveva chiesto di uscire, l’unica domanda che lei le faceva era: «A te piace?».

02. Di tutte le app disponibili sul mercato, Tinder è la più famosa e diffusa: ogni giorno avvengono 26 milioni di match su questa piattaforma Foto di Tamara Mambelli su Flickr 41

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Non solo cuori

Una serie di oggetti e complementi per celebrare San Valentino e l’amor cortese

LOVE CALLING

Ogni anno, nel giorno di San Valentino, milioni di coppie festeggiano l’amore romantico con regali e versi innamorati: un revival del Medioevo, della cavalleria e di un tempo in cui era la donna a intrecciare con l’universo maschile il gioco della seduzione

di Alessia Delisi È senz’altro uno dei baci più celebri e romantici della storia quello catturato attraverso lo specchietto retrovisore di un’automobile dal grande fotografo della Magnum, Elliott Erwitt In origine erano i Lupercalia, una festa pagana ce lebrata a metà febbraio tramite sacrifici animali e corse di donne e uomini nudi. Fu un papa ad abo lirla in favore del giorno dedicato a San Valentino – il martire decapitato per avere convertito dei pagani e celebrato matrimoni cristiani – passando così da un’idea di amore carnale a una decisamen te più casta. La nozione moderna di San Valentino inizia però a prendere forma nel Medioevo, con la nascita dell’amor cortese che va oltre gli im pedimenti di natura sociale, come la lontananza fisica, il matrimonio dell’amata o la rivalità tra le famiglie della coppia. Il romanzo d’amore e d’av ventura di Tristano e Isotta, nonché la tragedia di Romeo e Giulietta, sono esempi di passioni vis sute oltre ogni ostacolo e interdizione e che, per questo motivo – per avere sfidato le leggi della città – porteranno i due amanti fatalmente alla ro vina. Così, inseparabili e infelici, diversi ma simili, ostacolati e tuttavia uniti, questi amanti vivono una passione unica e travolgente che si nutre di parole, discorsi e lettere d’amore, di versi innamo rati in cui è la donna a farsi desiderare, ottenendo dall’uomo il consenso al proprio anelito. Ma com’è che dall’amor cortese e cavalleresco si è arrivati al marketing delle emozioni, ai regali o anche solo ai gadget a forma di cuore? Niente di strano, perché nella nostra società – molto più simile alle civiltà antiche di quello che potremmo immaginare – lo scambio dei doni è un modo per comunicare re ciprocità: siamo portati a recepire un regalo come significante di emozioni più che come transazione commerciale. Non stupisce quindi che da quasi duemila anni, il 14 febbraio gli innamorati di tut to il mondo si scambino non solo parole struggen ti, ma anche oggetti, meglio se a forma di cuore. A offrire numerosi spunti in questo senso è oggi l’industria del design, con prodotti quali la Heart Cone Chair progettata nel 1959 da Verner Panton per Vitra o la lampada Love di Gaetano Pesce per Meritalia. E mentre Antonini, marchio di alta gio ielleria fondato a Milano nel 1919, lancia una cap-

sule collection dedicata a San Valentino, lo studio

francese La Tête Au Cube realizza per Christo fle la collezione Graffiti, in cui messaggi d’amore sono incisi sull’argento.

42 Antonini Milano - Aurea collection Per gli innamorati nasce una capsule collection in oro giallo e diamanti champagne, declinati anche nella versione in oro e diamanti bianchi

www.antonini.it

Christofle + La Tête Au Cube - Graffiti Strizza l’occhio all’avanguardia dei graffiti metropolitani questa cornice dove custodire la foto della persona amata

us.christofle.com

Vitra - Heart Cone Chair Forma a cuore per la poltrona progettata nel 1959 da Verner Panton mixando l’eleganza degli anni Cinquanta con il design degli anni Sessanta

www.vitra.com

Diptyque Paris - Rosaviola Disponibile da gennaio, la collezione di candele create dalla franco-inglese Olympia Le-Tan unisce ai fiori una miriade di baci

www.diptyqueparis.com

Meritalia - Love Disegnata nel 1979 da Gaetano Pesce, ha la forma di due cuori trafitti questa lampada che celebra Cupido

www.meritalia.it

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WEEKEND WEEKEND

TI AMO, MA NON A PARIGI

Sebbene la Ville Lumière sia considerata la città degli innamorati per eccellenza, ci sono altre capitali europee, altrettanto affascinanti, che possono essere scelte come meta per un weekend romantico

di Andrea Zappa 02 sul web

www.visitstockholm.com

www.barcelona.cat

www.czechtourism.com

01 01. Un’immagine del fiume Moldava a Praga e dei numerosi ponti che lo attraversano. Il più celebre, il Ponte Carlo, ospita artisti, musicisti e venditori di fiori La festa di San Valentino può piacere o non piace re, ciò non toglie che rappresenta spesso un’ottima scusa per organizzare un fine settimana diverso dal solito, magari fuori dall’Italia, con un pizzico di romanticismo in più. Se avete già ammirato

Le mur des je t’aime, l’opera di Frédéric Baron a

Montmartre che raccoglie lungo una parete di 10 metri la frase «Ti amo» scritta in 311 lingue e dia letti diversi, perché non accantonare l’inflazionata Parigi e geolocalizzare il proprio amore verso altre destinazioni? Per chi non soffre particolarmente il freddo e desi dera immergersi in uno scenario da favola fantasy, Stoccolma, e in particolare il suo centro storico, è sicuramente la città di elfi e fate per eccellenza. Durante il mese di febbraio è spesso imbiancata dalla neve e le acque che la circondano si cristal lizzano per il freddo, dando luogo a un’infinita di stesa di ghiaccio. Una superficie inedita sulla qua le passeggiare ammirandone le architetture e, per chi ama pattinare, proprio il giorno 14 si svolge la Vikingarännet, una storica “maratona su lame” di 80 km che unisce la capitale svedese a Uppsala. Se non si hanno le gambe per un tracciato così lungo, si può scegliere l’itinerario ridotto di 35 o di 15 chilometri. Nel caso in cui la prospettiva dal ghiaccio non vi soddisfi c’è anche la possibilità di ammirare romanticamente Stoccolma dall’alto: è infatti una delle poche città europee sorvolabili in mongolfiera. Dopo l’esperienza tra le nuvole è d’obbligo una sosta al 4 di Vasaplan, per promet tersi amore eterno davanti a un cocktail nel fa moso IceBar, il cui ghiaccio proviene direttamente dal Circolo Polare Artico. Al suo interno non si può restare per più di 40 minuti dato che la tem peratura è costantemente a -5°C. Per godere di un soggiorno più isolato, ma non lontano dal cen tro storico, si può prenotare al Mälardrottningen Yacht Hotel & Restaurant, un elegante yacht di 73 metri ancorato permanentemente presso l’isola di Riddarholmen. Dagli oblò delle sue cabine si gode di una splendida vista sulla baia. Una cena a lume di candela nel ristorante del ponte di prua circon dato da pareti in vetro renderà indimenticabile qualsiasi brindisi.

Altrettanto indimenticabile la vista che si può invece avere da una delle suite del moderno W Hotel di Barcellona, chiamato comunemente dai 44 catalani la “vela”, proprio per la sua forma, sor ge al lato della spiaggia di Barceloneta. Dal letto di alcune stanze si può ammirare il mare aperto su tre lati. Di solito il connubio mare e stelle ha sempre un suo fascino, per questa ragione dopo una passeggiata tra il quartiere gotico e lo shop ping nelle boutique del Born, si può organizzare per il tardo pomeriggio una visita all’Observatori Fabra, un osservatorio centenario situato in cima a una collina dal quale si ammirano gli astri ma anche l’intera città illuminata. A metà febbraio Barcellona è ancora più brillante, dato che dall’11 al 14 si tiene il Llum Bcn, il festival della luce. Tre gli itinerari possibili: Mar, Catedral e Rambla che portano i visitatori a camminare per Barcellona ammirando installazioni e giochi di luce di grande suggestione. Perdersi tra le vie del centro però fa venir fame, non resta che picar qualche succulen ta tapas, per esempio da El Bitxo nel quartiere Gotico, una delle taperie più caratteristiche della zona. Un luogo ideale per cenare, magari prima o dopo aver assistito a un concerto di musica clas sica all’interno dell’elegante Palau de la Música, situato esattamente di fronte.

Un’altra valida alternativa al romanticismo della Ville Lumière è Praga, conosciuta non a caso in tutta Europa come la Parigi dell’est. Passeggiare per le sue strade corrisponde a fare un salto in dietro nel tempo, così come attraversare il Karluv Most, il ponte di pietra simbolo della città sospe so sopra il fiume Moldava. Costruito nel 1360 da Carlo IV, da sempre chiama a raccolta musicisti, innamorati e venditori di fiori. Qualsiasi angolo della città ceca lascia incantati, dalle case dai tetti rossi del piccolo quartiere Malà Strana, alla gran de piazza Staromestske Namesti dove si erge il vecchio municipio con la sua torre quadrata. Qui, sulla facciata sud, a ogni ora si muovono i com ponenti di un gigantesco orologio medioevale, meccanismo che lascia praghesi e turisti sempre con il naso all’insù. Un modo affascinante per cenare e farsi stregare dalla bellezza del luogo è anche quello di scegliere di visitarlo in battello, magari all’ora del tramonto, accompagnati rigoro samente da musica dal vivo. Chi invece preferi sce restare con i piedi per terra può scegliere il ristorante Vzatisi: vi stupirà non solo per la sua cucina raffinata ma anche per i suoi ambienti lus suosi e particolari. Prima di abbandonare Praga, però, si consiglia a chi si tiene per mano di salire sulla “Collina degli innamorati”, dove sorge anche la Torre Petrin (ottimo punto di osservazione per ammirare la città), e cercare la statua di bronzo dello scrittore del XIX Karel Hynek Mácha: la leggenda narra che chi si bacia abbracciando la statua del poeta si amerà in eterno. Date le ragioni del viaggio, meglio approfittare della “romantica benedizione”.

02. Alcune barche avvolte dalla nebbia nel freddo Mar Baltico, a Stoccolma. Spesso in inverno le acque che circondano la città si cristallizzano creando una suggestiva distesa di ghiaccio sulla quale è possibile pattinare 45

STYLE STYLE

Field jacket

Capospalla versatile d’ispirazione militare, must have per la primavera

superduper Cappello modello Chattanooga in canvas blu hats

Tatras

Field jacket in nylon giapponese

www.tatras.it

Timberland

Field jacket in cotone con quattro tasche frontali

www.timberland.it

Herno

Field jacket in poliestere della Rain Collection

www.herno.it

g -star Camicia militare a maniche corte campomaggi Sacca in tessuto mimetico con maxi stampa logo Campomaggi rocco p .

Sneaker senza lacci in pelle di cervo perforata 46

Sealup

Field jacket in gabardina di nylon impermeabile

www.sealup.it

Blauer

Field jacket in nylon con scudetto sulla spalla

www.blauer.it

Bogner Fire+Ice

Field jacket in tessuto tecnico con quattro tasche

www.bogner.com

FROM THE FRONT

Un uomo avventuroso che si divide tra battaglie su rotte tropicali e porti di Paesi lontani. La collezione primavera estate di Antonio Marras evoca con tocco poetico il ricordo dei racconti immaginati dallo stilista durante l’infanzia

di Luigi Bruzzone

Hackett London

Field jacket in nylon con tasche frontali

www.hackett.com

Zerosettanta Studio

Field jacket in microfibra impermeabile e antivento

www.lrlandi.it

K-way

Field jacket in nylon spalmato idrorepellente

www.k-way.com

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ALBERTO CANDIANI

IN MEZZO A TANTA CONFUSIONE

Nonostante il grande rumore dei concorrenti, Candiani Denim ha saputo mantenere salda la solidità del marchio che oggi, con Alberto, è in mano alla quarta generazione. Da piccola azienda di tessuti per abiti da lavoro, grazie alla continua ricerca su materiali e processi lavorativi, è diventata leader mondiale nella produzione di denim stretch

di Carolina Saporiti

STYLE

I cinque capi realizzati da Candiani insieme a Sartoria Diletto di Andrea Diletto che hanno vinto i Global Denim Awards 2015 ad Amsterdam

Candiani Denim è un marchio stori co. Come si mantiene l’appeal di un brand così specializzato?

Ci sono metodi legati al marketing e altri relativi all’etica aziendale. Per mantenere solidità e profilo alto ci at teniamo alla nostra filosofia, siamo ab bastanza rigidi dal punto di vista com merciale, non abbiamo mai effettuato manovre bizzarre e non abbiamo mai delocalizzato. Il proseguimento organi co di una strada precisa, dopo 78 anni, porta al consolidamento dell’identità. Poi subentra la comunicazione: fino a qualche anno fa la evitavamo, oggi però è necessaria perché sul mercato c’è tanto rumore e tanta confusione che si rischia di scomparire. Noi pun tiamo sulla nostra storia e sul prodotto che sono i nostri punti di forza. Siamo leader per lo stretch denim (che equi vale all’80% della nostra produzione) e che richiede criteri di produzione su periori al denim. Abbiamo anche stru menti più specifici per alcuni selezio nati clienti a cui forniamo un’etichetta che cita l’origine del materiale. È uno strumento molto interessante. Per una cerchia ancora più ristretta abbiamo un rivetto placcato oro, che usiamo sui nostri cinque tessuti più preziosi.

Made in Italy, innovazione e sosteni bilità sono i valori di Candiani De nim. Del made in Italy si parla mol to, mentre innovazione e sostenibilità sono temi più rari nel nostro Paese. Come vi impegnate a innovare ed es sere sostenibili?

Il made in Italy sviluppato qui non sa rebbe trasferibile fuori e questa espe rienza contribuisce all’innovazione. Il denim è un tessuto piuttosto demo cratico, ma la nostra produzione ha un livello molto alto di innovazione. Ne gli anni Novanta c’era un solo tipo di denim stretch, oggi ne abbiamo undici. Da un punto di vista contemporaneo, poi, innovazione e sostenibilità vanno finalmente d’accordo e di pari passo; fino a qualche anno fa parlare di soste nibilità voleva dire cose di sinistra, che però costavano di più, ma non è così: le performance devono migliorare conti nuamente e bisogna avere un atteggia mento sempre più coscienzioso.

Essere sostenibili ripaga nel tempo?

Alla lunga sì, queste pratiche servono a massimizzare la produzione. Noi però ci troviamo nel Parco del Ticino e non abbiamo fatto grandi sforzi per anda re in quella direzione, la mentalità è questa: reuse and recycle per avere un prodotto diverso.

Un’altra particolarità è che vi occupa te internamente anche della produzio ne del filato. Come mai?

Era fondamentale. Con il passaggio dell’azienda dal nonno al papà, quando è stato deciso di passare interamente alla produzione di denim, entrambi erano concordi nella sua verticalizza zione. Negli anni Novanta è diventato fondamentale e negli anni Zero, apren do lo stabilimento di Malvaglio, abbia mo raddoppiato la produzione.

La vostra azienda ha sede in una zona dove la tessitura è molto svillup pata. Che vantaggi ci sono a lavorare in un distretto produttivo?

I distretti produttivi funzionano me glio all’estero, i contatti veri e propri sono così frequenti, soprattutto quan do ci sono attori verticali come noi. L’unico vantaggio è quando c’è biso gno di manodopera, soprattutto in un periodo storico come questo, in cui molte aziende hanno chiuso.

Perché, secondo lei, il denim resiste nei decenni e alle mode?

Direi per il suo fattore democratico: il denim è stato bandiera e icona di gran di cambiamenti sociali, dal Flower Po wer, al femminismo, fino al Rock’n’Roll e ha sempre rappresentato il mondo li bero in Occidente e in Giappone. Si è trasformato da tessuto di lavoro a capo casual, fino a entrare nel mondo della moda e nel guardaroba per la sera. Alla fine è diventato anche sexy, soprattut to con lo stretch.

Candiani, insieme ad Andrea Dilet to, nel 2015 ha vinto i Global Denim Awards. Cosa significa questo ricono scimento?

Rappresenta lo sforzo italiano per fare le cose bene: in questa competizione i produttori di tessuto devono sponso rizzare un designer per la realizzazio ne di cinque capi, noi abbiamo scelto Andrea perché è italiano e perché è un sarto. Con lui ci siamo sforzati di portare il denim a un livello elegante: in passato chi ci ha provato si è fatto male, Andrea è stato molto bravo. Da parte nostra abbiamo messo a dispo sizione la nostra manualità e abbia mo usato le macchine in modo semi manuale per la realizzazione di nuovi denim e il denim moderno è fatto pro prio così.

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HI TECH HI TECH

Minimalismi

Design sobrio, tonalità neutre: ecco le tendenze notate al Ces

Nikon - KeyMission 360 Definizione 4K, la più alta disponibile, e video a 360° per la prima, innovativa action cam del marchio nipponico. Robusta e stabilizzata, può riprendere a 30 m di profondità

www.nikon.it

BACK TO BLACK & WHITE

Dal drone all’action cam, dall’impianto domestico per la realtà virtuale allo smartwatch, quest’anno al Ces di Las Vegas si riscopre l’eleganza del bianco e nero

di Paolo Crespi Si chiama H.ear go il diffusore wireless super compatto e fedele di Sony per lo streaming musicale Chi la frequenta da anni sostiene che sia un ap puntamento imprenscidibile per il mondo dell’e lettronica di consumo. Chi la segue a distanza ha, a volte, l’impressione che da un’edizione all’altra i temi si ripetano e che agli annunci planetari non seguano poi effettive innovazioni per i prodotti che arrivano nei mesi successivi sul mercato. Al meno negli ultimi tempi. Una cosa però è certa: il Consumer Electronic Show (Ces) che si è appena concluso, come ogni anno, a Las Vegas e che ha una manifestazione sorella (minore) a Shanghai nel mese di maggio, è una vetrina eccezionale e ri esce a ottenere, a livello mediatico, quello che ben pochi altri eventi fieristici nell’era di Internet rie scono ormai a riscuotere: calamitare l’attenzione generale e fare tendenza. Al punto che, per qua lunque produttore, lanciare da lì la propria line-up è garanzia di visibilità, se non proprio di successo. Nel 2016 le novità di cui si parla di più sono an cora la realtà virtuale, i droni, le wearable technolo-

gies. Ma anche le nuove frontiere della tv, sempre

più sottile, definita e “smart”, e le auto elettriche o ibride iperconnesse, che però non sono un pro dotto da impacchettare e portarsi a casa, tenuto anche conto che in molti casi si tratta di prototipi. Se a questi filoni mainstream aggiungiamo i sem plici restyling di prodotti già affermati, la vasta schiera dei “cloni” e la vera e propria valanga di gadget hi-tech, che in genere fanno notizia an che se non hanno poi un effettivo riscontro nelle vendite, ecco che la portata della vetrina risulta davvero impressionante. Nel nostro piccolo ab biamo individuato sei prodotti facendo una scel ta estetica fra quelli di marca e buon design che sicuramente arriveranno in Italia, quando non già disponibili, di qui a pochissimo tempo. Og getti che, a dispetto dell’aspetto sempre saturo e ipercolorato delle nostre moderne visioni, più o meno virtuali, ci riportano a un design più sobrio, a volte minimalista, in total black o in bianco e nero, con un adeguato numero di sfumature di grigio. Si tratti di un drone, di un’action cam, di uno smartwatch o di un impianto audio, questi oggetti ci fanno riposare la vista. E quando un bell’oggetto di colore irromperà sulla scena… Lo apprezzeremo di più.

50 Bang & Olufsen - BeoSound 35 Il nuovo speaker audio wireless di alta gamma può essere utilizzato da solo oppure inserito nel sistema multiroom della casa (Beolink)

www.bang-olufsen.com

Parrot - Disco Non il solito drone ma un’ala volante per viaggi immersivi nella natura, grazie alla telecamera frontale che riesce a catturare il volo degli uccelli. Senza disturbarli

www.parrot.it

Fitbit - Blaze Un orologio dedicato al fitness che strizza l’occhio al glam. Con molte funzioni avanzate come notifiche di chiamate, alert, SMS e smart track, che riconosce gli esercizi

www.fitbit.com

HTC - Vive Pre La seconda generazione del dispositivo di realtà virtuale ha un casco completamente ridisegnato e fotocamera frontale per includere nella visione oggetti reali

www.htc.com

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WHEELS WHEELS

DUE PEDALI E UN MOTORE

Le bici a pedalata assistita, più comunemente dette biciclette elettriche, iniziano a ritagliarsi una fetta di mercato importante. Le ragioni? La loro fruibilità, i costi di mantenimento ridotti e, finalmente, un design sempre più accattivante e “integrato” con il ciclista

di Andrea Zappa 02 01 01. Il motore integrato nel mozzo della Smart eBike si trasforma in un generatore, quando si frena, e l’energia prodotta viene convertita per alimentare nuovamente il mezzo Fino a qualche tempo fa le e-bike erano mezzi di trasporto funzionali, ma nella maggior parte dei casi dal design approssimativo. Le aziende produttrici non vi dedicavano molto interesse, credendo poco nel loro successo, mentre quelle che ci mettevano anema e core nella realizzazione davano vita a degli esercizi di stile affascinanti ma dai costi proibitivi, a causa anche di una tecnolo gia e di un mercato che non avevano ancora trova to un loro specifico sviluppo. In questi ultimi anni però la mobilità sempre più caotica nelle città, la crisi economica che ha tagliato in modo conside revole le possibilità di chi desiderava acquistare e mantenere un mezzo motorizzato, e anche una maggiore attenzione all’ambiente hanno dato il via a una vera trasformazione da bruco a farfal la delle bici elettriche. Le grandi case produttrici nel mondo delle due ruote (a pedali e a motore) hanno aperto gli occhi e sono anche nate nuove aziende specializzate esclusivamente in e-bike, in grado di fare concorrenza ai marchi più noti. A dimostrazione di questa tendenza la presenza ormai costante di numerose proposte nelle più importanti fiere di settore come l’Eurobike di Friedrichshafen in Germania e l’ultimo EICMA di Milano. A favorire la crescita di questo filone i notevoli progressi fatti nella tecnologia delle bat terie, cuore pulsante di qualsiasi e-bike. Quelle di ultima generazione hanno dimensioni più ridotte, una potenza notevole e una durata che permet te di sfruttare la bicicletta per un’intera giornata, sia nel tragitto casa-lavoro-shopping-aperitivo, sia per una gita fuori porta. Anche i tempi di ricarica si sono ridotti considerevolmente e i telai, più leg geri, spesso nascondono interfacce per gestire al meglio il proprio mezzo. Nota dolente è il prezzo iniziale di acquisto, ancora alto rispetto alle bici “normali”, ma contrariamente a uno scooter, per esempio, non necessitano di casco, bollo e assi curazione. La e-bike philosophy sta conquistando il mercato e anche lo storico marchio Piaggio ha deciso di lanciare la sua Wi-Bike, che sarà dispo nibile da questa primavera. Un modello in cui motore e batteria sono perfettamente integrati in un design dalle linee moderne e accattivanti. Il telaio è in alluminio e sono disponibili due mo tori (da 350 W o 450 W) mossi da una batteria da 400 Wh. Tramite la connessione Bluetooth si 52 sul web

www.piaggio.com/wi-bike www.smart.com

www.carter.bike

www.besv.com

www.klaxon-mobility.com

03 ha un totale controllo del mezzo attraverso lo smartphone e, con l’app apposita, sono registra bili distanze, tempi e velocità dei percorsi fatti. Si possono inoltre scegliere e impostare tre moda lità di assistenza (city, hill e standard) a seconda del tracciato che si deve affrontare. La bici, che prevede vari allestimenti come quello con borse in pelle vintage, manopole e selle in tinta, è dota ta di ricevitore GPS, così da poter essere sempre monitorata ovunque la si parcheggi. Già presenti sul mercato sono invece gli ultimi modelli della Smart eBike. Il conducente può stabilire con un pulsante sul manubrio quattro livelli di potenza e l’interfaccia USB a portata di mano consente il collegamento di numerosi dispositivi mobili. Un aspetto interessante è il suo funzionamento: quando si frena il motore integrato nel mozzo si trasforma in un generatore e l’energia prodotta viene convertita per alimentare nuovamente il mezzo. A seconda della potenza scelta si può ar rivare fino a 100 km di autonomia. Chi invece si preoccupa sempre di abbinare i propri accessori al vestito deve puntare sulla Carter e-volution bike, la cui scocca in alluminio è intercambiabi le, disponibile in 11 colori, volendo anche per sonalizzabile. Due le motorizzazioni: da 250 W o 500 W, la cui batteria al litio è alloggiata nel portapacchi. Dal design ultramoderno la Besv LX1, il cui software Smart Mode calcola il livello di potenza necessaria per ottimizzare il comfort di guida, tenendo conto sia delle condizioni del tracciato sia della forza di chi pedala. La batteria estraibile Sony garantisce un’autonomia di 80 km e spinge un motore da 500 W situato nel mozzo posteriore della ruota, i freni a disco Tektro Au riga garantiscono poi una frenata estremamente sicura. Completamente in controtendenza e dal lo stile totalmente rétro è invece la single speed Clubman Zeus prodotta da Klaxon Mobility, che abbina al telaio in acciaio Columbus dalle linee classiche inserti, parafanghi e manubrio in bambù e una sella Brooks di tipica ispirazione vintage. Il motore brushless Zehus alla ruota posteriore da 250 W assiste il ciclista tramite una trasmissione a cinghia in carbonio Gates. Un modello estrema mente leggero che per le linee e i suoi 13 kg di peso può essere scambiato per una bici comune. Che dire, a ognuno la sua farfalla.

02. La Wi-Bike di Piaggio è disponibile sul mercato da questa primavera. Motore e batteria sono integrati in un design accattivante 03. Carter e-volution bike è l’ideale per un pubblico più esigente. La scocca in alluminio è disponibile in undici colori e intercambiabile 53

DESIGN DESIGN

Mentre fuori nevica

Oggetti indispensabili per vivere la montagna con stile

Super-ette - Cocon Armchair Una via di mezzo tra una poltrona e un divanetto, utile per scaldarsi restando fermi a leggere un libro di fronte al fuoco

www.super-ette.com

Ak47 - Artù Un braciere a legna per esterno, pensato per i momenti di convivialità. Ideale per giardini o terrazze

www.ak47design.com/it

ABITARE IN ALTA QUOTA

Caldo o freddo? È finalmente arrivata la stagione invernale e molte persone si preparano a passare sempre più fine settimana tra i monti. Perché non farlo all’insegna del buon design?

di Davide Rota Il rifugio Carlo Mollino a Gressoney Saint Jean, nato da un progetto di ricerca promosso del dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino su progetto della Casa Capriata del 1954 Foto di AltaVisione Fino a qualche decennio fa le vacanze invernali erano una routine più o meno consolidata in tut te le famiglie, da nord a sud la settimana bianca era l’equivalente dell’ancor più classica settima na al mare con parenti, amici e prole al seguito. Purtroppo i tempi sono cambiati e sempre più persone prediligono location marittime durante i mesi estivi, a discapito delle tantissime locali tà sciistiche sparse in tutta Italia. Ma i fortunati che continuano a tramandare questa usanza di generazione in generazione affollano, soprattutto a gennaio e febbraio, i comprensori più gettona ti dell’arco alpino, dove sono sicuri che potranno trovare relax e piste abbondantemente innevate. E come spesso succede, protagoniste indiscusse di questo periodo sono le seconde case, in affitto o di proprietà che diventano vere e proprie succursali delle abitazioni cittadine, con le quali condividono stile e personalità. Ai bordi di uno dei più famosi comprensori italiani, a un’altitudine di 2.050 me tri tra le cime del Monterosa, e più precisamente a Gressoney Saint Jean, si trova quella che potrebbe essere da molti considerata la “casa di montagna” per eccellenza: il Rifugio Carlo Mollino. Un’a bitazione nata dallo studio del Comune e di un gruppo di architetti del Politecnico di Torino e realizzata su modello del progetto Casa Capriata di Mollino, l’architetto-designer-fotografo-pilota e scrittore che nel 1954 per la X Triennale di Mila no progettò una casa in quota completamente in legno e ispirata alle tradizionali abitazioni d’alta montagna in legno e pietra. Una suggestiva archi tettura a capanna che, affacciandosi su un laghetto artificiale domina la vallata sottostante e che rap presenta «la casa per gli sciatori “estremisti”, (...) è la casa portata addirittura sul luogo di lavoro, sul campo di sci», come è descritta sulle pagine di un numero della rivista Domus del 1948. Un rifugio perfetto insomma per staccare dalla routine e im mergersi in un contesto completamente isolato e rilassante, dimenticando gli affanni della vita quo tidiana. Ancora meglio se circondati da oggetti di design che, dopo una dura giornata con gli sci ai piedi, accolgano al meglio i suoi abitanti, perché come era solito spiegare Carlo Mollino parlando dei suoi oggetti: «Tengo per fermo che la miglio re spiegazione della propria opera sia la silenziosa ostensione dell’opera medesima».

54 Zanotta - Gilda Una poltrona progettata nel 1954 dall’architetto e designer Carlo Mollino in legno di frassino e regolabile in quattro posizioni per ogni tipo di relax

www.zanotta.it

Vitra - Plywood Chair Un pezzo classico disegnato da Charles e Ray Eames per Vitra. Tra le molte varianti disponibili, anche quella con rivestimento in pelo

www.vitra.com

SMA - Mobili Sharpei Un letto matrimoniale circondato da una testiera e una struttura completamente imbottita in tessuto che donano un senso di calore e accoglienza

www.smamobili.it

MCZ - Tube Una stufa a pellet di forma rotonda e dal design minimale, priva di bocchette frontali. Fondamentale per gli inverni più rigidi

www.mcz.it

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OVERSEAS OVERSEAS

LEGGENDE, DESERTI E CIELO BLU

Memorie della via della seta, passato sovietico e un presente intriso di ambizione per il futuro. L’Uzbekistan, nel cuore dell’Asia centrale, vive di colori, sviluppo e contrasti

di Micaela Zucconi - foto di Machi Di Pace 01 01. In Uzbekistan convivono 130 etnie e le diverse religioni professate convivono pacificamente. Questo mix di tradizioni e storie millenarie rende questo paese ricco di fascino per i viaggiatori Samarcanda con la sua enorme piazza del Regi stan e le sue madrase monumentali del XV secolo scintillanti di mosaici evoca fasti da Mille e una

notte, si raggiunge con un moderno treno super

veloce dalla capitale Tashkent. Buchara con i suoi tappeti e i preziosi ricami suzani in seta conserva intatte tradizioni secolari grazie ad artigiani che tramandano di padre in figlio, o figlia in alcuni casi, saperi raffinati. Veri e propri maestri, ognuno con il suo stile incomparabile, che firmano ogni pezzo con un piccolo errore: la perfezione, dal la quale si ritraggono con umiltà, spetta infatti solo ad Allah. Chi vuole imparare la tecnica del ricamo a uncinetto, tipica dei Suzani, può seguire dei corsi sul posto. Khiva, gioiello del XVI secolo, sembra ferma a qualche secolo fa con imponenti bastioni di fango e paglia lunghi oltre due chilo metri. Dietro la sua ammirevole conservazione si nasconde una storia: Stalin la svuotò di tutti i suoi abitanti e ne fece un unico enorme magazzino di cotone. Solo negli anni Sessanta la popolazione potè tornare alle proprie case e la cittadina, ora di ottocento abitanti, venne restaurata con cura maniacale. O ancora, Nukus, sperduta nel deserto, che rivela la sorpresa di un museo unico al mondo dedicato alle avanguardie russe degli anni Trenta e Quaranta, sottratte all’oblio e alla persecuzio ne sovietica dal coraggioso studioso, Igor Savitsky. Decine di migliaia di opere “proibite”, quadri e sculture solo in parte esposti, più una collezione di abiti, gioielli e reperti etnici che testimoniano la vita delle popolazioni nomadi locali. Lo spirito 56 02 del Paese non traspare unicamente dalla visita a città che evocano l’epopea della via della seta o atmosfere letterarie e avventurose, sotto un cielo di smalto blu. Qui, nel profondo cuore dell’Asia, per secoli si sono intrecciati i destini di popolazio ni diverse: Uzbeki, Kazaki, Kirghisi, Tagiki, Slavi e Coreani, “introdotti” tra il 1937 e il 1938 dal regime sovietico. Il fascino dell’Uzbekistan emana anche dalla capacità di convivenza, almeno appa rente, tra genti (130 etnie) e religioni diverse, dal mix di tradizioni che raccontano storie millenarie nell’arte come nella gastronomia. Oggi, un Islam moderato e persino laico (a parte quello più radi cale della valle del Ferghana), antiche comunità ebraiche, una minoranza cristiana e una manciata di buddhisti, ciascuno con i propri luoghi di culto, prosperano l’uno a fianco all’altro. L’eredità sovie tica ha fatto sì che esista una scuola dell’obbligo mista fino ai 15 anni, imponendo così di fatto una scolarizzazione paritaria per maschi e femmine, salvando queste ultime dall’oscurantismo reli gioso. Non è il solo lascito: burocrazia e sistemi agricoli ne sono ancora succubi. La coltivazione e produzione di cotone, per esempio, di cui l’Uz bekistan è leader, è totalmente controllata dallo Stato. L’anima dell’Asia si ritrova nei suoi mercati colorati, soprattutto nella mitica Samarcanda. Un portale monumentale introduce a un vasto bazar suddiviso per settori. Su tutti, per colori e aromi, vince quello delle spezie e della frutta e verdura. Un trionfo cromatico e di profumi con venditrici accuratamente truccate, dalle sopracciglia nere di pinte di fresco. In Uzbekistan le donne camminano libere per la strada e poche di loro portano il velo in testa. Le più emancipate guidano l’automobile, studiano all’università, accedono alle professioni, anche se l’attaccamento alle tradizioni è ancora molto vivo. Tashkent guida la modernizzazione del Paese con le sue architetture contemporanee in un tripudio di marmi e cristalli senza risparmio, in continua evoluzione. Il Paese ha assistito a una crescita economica importante negli ultimi dieci anni e il presidente uzbeko, Islam Karimov, recen temente confermato alla guida del Paese, detiene il potere sin dal 1991, anno dell’indipendenza, ottenuta dopo il dissolvimento dell’Unione So vietica. Data la sua età – 77 anni – si comincia a pensare alla non facile successione. Con uno sguardo all’amato Tamerlano, Timur Khan, guer riero implacabile e protettore nello stesso tempo delle arti (particolarmente ammirato da Karimov) e uno alla modernizzazione l’Uzbekistan conser verà la sua orgogliosa libertà?

Informazioni: per Uzbekistan Airways, www.gsair.

it e per l’organizzazione del viaggio Dolores Tra vel Tour Operator, www.sambuh.com.

02. Un tour dell’Uzbekistan non si esaurisce con una visita a Samarcanda: Buchara con i suoi tappeti e i preziosi ricami, Khiva, gioiello del XVI secolo, e Nukus sono altre mete imperdibili quando si visita questo Paese 57

FOOD FOOD

SCARTI DI GUSTO

Considerato per lungo tempo un piatto troppo umile per essere portato in tavola, il quinto quarto trova finalmente lo spazio che merita: frattaglie e interiora conquistano il mondo della ristorazione e trovano nuova vita tra i fornelli in città

di Filippo Spreafico indirizzi Trippa via Giorgio Vasari 3 Mangiari di Strada via Lorenteggio 269 Al Mercato via Sant'Eufemia 16 La tavernetta di Elio via Fatebenefratelli 30 Al’Less viale Lombardia 28 01 01. Il bancone del ristorante Trippa che ha aperto nel 2015. Lo chef Diego Rossi studia il menu in base a quello che offre il mercato Chi ha avuto la fortuna di crescere con una non na lombarda regina della cucina (e non è certo cosa da poco) si sarà certo ritrovato sulla propria tavola alcuni piatti dall’aspetto poco invitante e dal nome abbastanza drammatico. Cuore, fegato, rognone, animelle e trippa sono stati per molti di noi durante la nostra infanzia un appuntamento fisso del pranzo della domenica: una tradizio ne che assomigliava più che altro a un ricordo, a quando la cucina era povera davvero e non c’era spazio né per i tagli più pregiati, né per portate dall’estetica elaborata. Eppure il quinto quarto, chiamato così perché comprende tutto ciò che rimane dopo la vendita dei due quarti anteriori e dei due posteriori dell’animale, nasconde un uni verso di possibilità gastronomiche. Ecco che, complice una sempre più diffusa street

food mania, negli ultimi anni frattaglie, musetti,

zampe e zamponi hanno smesso di essere consi derati umili scarti e sono invece tornati a far ca polino tra i banchi dei macellai e sui menù dei ristoranti, incontrando nuovamente i favori di cuochi e gourmet italiani. E se tutte le città d’Italia propongono le loro specialità, Milano riporta in tavola il suo pezzo da novanta: la trippa. È un inno a questo piatto e in generale una dichiarazione d’amore a un modo di cucinare antico e casalingo il ristorante Trippa, osteria giovane e creativa che rientra tra le più interessanti aperture del 2015 in città. Il calore delle cucine domestiche passa an che attraverso la valorizzazione delle materie pri me, a cominciare proprio da trippa e frattaglie, per le quali la freschezza è condizione essenziale. Così il menu dello chef Diego Rossi cambia in base alle disponibilità del mercato, con proposte del gior no sempre diverse: sulla carta, ma anche fuori da questa, è possibile trovare trippa fritta, coda di vitella, matrice o tagliata di diaframma. Hanno in vece tutto il sapore dello street food le proposte di Mangiari di Strada e del suo “spin off” Macelleria Popolare, recentemente aperto nel mercato della nuova Darsena. I due locali propongono un mix di tutto quello che la tradizione gastronomica po polare italiana è in grado di offrire, da nord a sud: dal lampredotto toscano alla coda alla vaccinara laziale fino al pane con la milza siciliano, per poi 58 frattaglie cinesi Non è solo la gastronomia tradizionale italiana a regalare soddisfazioni: chi cerca delicatezze più esotiche può infatti rivolgersi anche alla cucina cinese, da sempre uno scrigno di sorprese per i nostri palati. Alla Trattoria Hua Cheng in zona Sarpi troverete in menu an che zampe, lingua e testa d’anatra, zampe di pollo, lingua di maiale e una vasta scelta di intestini di maiale fritti o saltati, la vera trippa cinese.

02 continuare con spiedini di rognone, animelle frit te, panino con cuore trifolato o pastrami. Il titola re, Giuseppe Zen, punta su carni di prima qualità, tutte rigorosamente biologiche, biodinamiche e

grass fed. Nel punto vendita di Macelleria Popo-

lare è possibile sia consumare sul posto la carne cotta su piastra rovente sia scegliere e portare a casa i tagli migliori. Celebre per i suoi hamburger alti una spanna, Al Mercato affianca al suo Burger Bar anche un ristorante particolarmente innova tivo, capace di fare ricerca partendo proprio dalla tradizione. La carta del Ristorante Al Mercato, del golden duo Nespor e Roncoroni, è un omaggio a quei piatti antichi e in parte dimenticati della no stra gastronomia: dal piccione alle lumache gratin, dai cardi all’oca, fino a giungere a un utilizzo qua si sperimentale di frattaglie e interiora, come le animelle di vitello in salsa bernese, il rognone nel suo grasso, le rigaglie di pollo che accompagnano un classicissimo risotto alla milanese o ancora i wanton di cervella e la salsiccia di fegato al pi menton. Lontana dalle mode e fedele a un tipo di cucina rigorosa e verace, La Tavernetta da Elio è uno dei ristoranti toscani più antichi in città, insignito del la targa di Bottega Storica di Milano e Negozio Storico della Regione Lombardia. Nel suo menu non si fanno sconti ai trend fusion e alle conta minazioni in voga: qui hanno casa il lampredotto toscano, la trippa fiorentina e soprattutto la cion cia, piatto tipico della città di Pescia (Pistoia) che permette di recuperare tutti gli scarti di carne de rivati anticamente dalla lavorazione della pelle e successivamente cotti per ore e ore insieme a testa e coda. Ha invece una storia gastronomica fortemente ra dicata nel nord Italia il ristorante Al’Less – Bolliti dal mondo: il locale, ricavato all’interno di una serra ancora funzionante, propone un menu che più classico non si può, in cui fanno la loro com parsa la trippa tradizionale, il rognoncino trifolato e la cassoeula di maiale con la sua cotenna, uno dei veri must dell’inverno lombardo. Del resto dalla punta del muso fino alla coda, l’antico ada gio non si smentisce mai: del maiale (e non solo) non si butta davvero via niente.

02. Mangiari di strada ha sede a Lorenteggio con un ristorante e in Darsena con la Macelleria Popolare 59

FOOD

ERNST KNAM

Poco distante da piazza Cinque Giornate, la pasticceria che porta il nome del suo titolare è una vera e propria mecca per gli amanti dei dolci. Il maître patissier, formatosi tra Germania, Scozia, Londra, grandi città asiatiche e infine approdato in Italia, racconta il suo locale rinnovato e l’amore per la città che l’ha adottato dal 1989. E per rendere omaggio a Milano ha di recente creato una collezione di dieci torte chiamate Extreme Knam

di Simone Zeni FOOD

La ricetta dello chef

È una delle torte che più rappresenta lo chef, una crostata con confettura e ganache di cioccolato fondente

Torta l’antica

Partiamo dal principio. Com’è iniziata la sua passione per la cucina e nello specifico per la pasticceria?

È cominciato tutto quando ero bambi no, mentre ero immerso nei profumi e nei sapori dei biscotti fatti in casa da mia mamma.

Certamente importante, nel suo per corso, è stato Gualtiero Marchesi. Che cosa ha imparato da lui?

Una cosa fondamentale. Mi ha insegna to che per preparare un piatto perfetto devi sempre togliere e non aggiungere.

Ha avuto altri maestri o riferimenti cui si è ispirato durante il percorso che l’ha portata fin qui?

In ogni posto in cui ho lavorato ho trovato dei punti di riferimento im portanti, e nel bene o nel male, penso che si impari sempre, basta prendere dalle persone ciò che si ritiene che vada meglio per sé. Ho fatto un percorso ben preciso, scegliendo con cura dove lavorare, in modo da fare esperienze che si differenziassero l’una dall’altra. Per esempio, ho svolto l’apprendista to di pasticceria al Kressbronn Caffè Marshall, dove ho costruito le “fonda menta del mio palazzo”. Poi, mano a mano, ho eretto i muri, iniziando dal Bayerischer Hof in Germania, conti nuando con il The Gleneagles Hotel in Scozia, dove ho approntato grandi buf fet, passando poi al Dorchester di Lon dra con Anton Mosimann, in cui cura vo i dolci al piatto nel ristorante 2 stelle Michelin, per arrivare poi al Noga Hil ton a Ginevra e alla pasticceria francese classica nel ristorante 2 stelle Michelin Le Cygne. A Tokyo, Hong Kong e Sin gapore, nei grandi alberghi a 5 stelle con cucina asiatica, è nato l’amore per il Giappone. Alla fine sono approdato al ristorante di Gualtiero Marchesi, con 3 stelle Michelin, qui in Italia, da dove non me non sono più andato.

Ha appena elencato una notevole se rie di esperienze all’estero, a partire dalla Germania, suo Paese d’origine, fino all’Asia. Cosa l’ha portata in Ita lia nel 1989?

Oltre a Gualtiero Marchesi che mi chiamò a lavorare al suo fianco, direi la passione per la lingua italiana e per l’Inter.

Il suo punto vendita di via Anfossi 10 a Milano ha da poco rinnovato i pro pri spazi. Cos’è cambiato nel locale in questa sua nuova versione?

Tutto! Ma bisogna venire a constatare di persona, ci vorrebbero troppe parole per raccontare tutte le novità.

È cambiata la sua clientela da quando è diventato un personaggio del piccolo schermo?

Decisamente sì. Entrare in casa di mi lioni di italiani significa che tutto il Pa ese ti conosce ed eventuali errori nelle preparazioni sono più visibili. Inoltre ci sono molte persone che vengono solo per visitare il negozio e per conoscer mi e questo ovviamente non può farmi che piacere.

Usciamo dal campo professionale e parliamo di salato. Quali piatti le piacciono?

Non saprei dire un piatto che predili go rispetto ad altri, dire tutti quelli che sono preparati bene.

C’è un ristorante a Milano che ama particolarmente?

Per cena, il ristorante Wicky’s in corso Italia 6, il più giapponese dei giappone si; per pranzo preferisco i manicaretti di mia suocera a casa.

Cosa le piace della zona in cui si trova il suo locale?

Che è come un piccolo paese dentro Milano, mi sento a casa.

È la zona di Milano cui è più legato? Perché?

Sì, anche il ristorante di Gualtiero Marchesi era qui nelle vicinanze. Come zona è perfetta: in dieci minuti sono in Duomo, in altri dieci a Linate, le au tostrade sono vicinissime, così come il verde. Il nostro locale storico, è qui da 23 anni e tutti mi conoscono, quando dico di sentirmi a casa, è proprio così.

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Ingredienti per sei persone: 300 gr di pasta frolla integrale, 300 gr di ganache al cioccolato, 80 gr di confettura di lamponi, 200 gr di lamponi freschi

Preparare la pasta frolla integrale e la ganache. Imburrare una tortiera, da ri vestire con un disco di frolla spesso non più di 3 mm. Con una forchetta buche rellare il fondo della torta per evitare che si formino bolle d’aria. Sulla base stendere la confettura di lamponi e cuocere a 175°C per 18-20 minuti. Per un perfetto equilibrio di consistenze, la frolla dovrà risultare friabile. Sfornare e lasciare raffreddare prima di riempi re con la ganache fino quasi al bordo della tortiera. Decorare con i lamponi freschi prima di servire.

dolce e fantasia Non solo una pasticceria, ma un vero paradiso per gli amanti del cioccolato in ogni sua declinazione e sperimentazione. Il locale mila nese di Ernst Knam, che porta il suo nome, è sinonimo di creatività ed eccellenza a livello internazio nale da 23 anni. Un biglietto da visita che è valso al titolare anche la nomina di Chef Ambassador durante i sei mesi di Expo. I locali e gli spazi recentemante rinnovati di via Anfossi 10, in zona Cinque Giornate, sono moderni e pensati per accogliere i clienti sempre più numerosi, dopo le esperienze televisive dello chef pâtissier.

Pasticceria Ernst Knam via Augusto Anfossi 10 - Milano www.eknam.com

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FREE TIME

Da non perdere...

Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città nei prossimi mesi

a cura di Enrico S. Benincasa

FREE TIME

Battiato e Alice

La poesia delle cose

33 anni, milanese, Davide Genna presenta presso Slow Wood in Zona Foro Bonaparte la sua perso nale

La poesia delle cose

. La mostra è composta da opere tridimen sionali realizzate in tecnica mista, dove la forma è protagonista, sia quando essa è ispirata alle figure geometriche, sia quando invece lo è alla figura femminile. Particolare l’allestimento in uno spazio pieno di oggetti unici o in serie limitata, realizzati interamente in legno da artigiani.

Slow Wood - Milano dal 22 febbraio al 15 marzo www.slowwood.net

Casa di Bambola

Picasso, capolavori incisori

Conosciamo tutti Picasso per le sue grandi opere su tela e sculture, ma nella sua vita il maestro spa gnolo si è cimentato con l’incisione e la litografia. Una mostra alla Galleria Deodato Arte affronta la sua produzione con una serie di opere litografiche realizzate dagli anni Venti agli anni Settanta a cui si aggiunge una selezione di incisioni delle serie

Voillard e La Celestine

.

Galleria Deodato Arte - Milano dal 12 febbraio al 30 marzo www.deodato.com

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Teatro Franco Parenti - Milano dal 28 gennaio al 24 febbraio www.teatrofrancoparenti.it

L’inizio dell’anno riporta sul palco del teatro Franco Parenti Filippo Timi con uno spettacolo di Henrik Ibsen scrit to nel 1879 e ormai rappresentato in tutto il mondo. Il tema centrale che attraversa la pièce del drammaturgo norvegese è assolutamente universale: il rapporto e il confronto tra il mondo maschile e quello femminile. Alla regia c’è la stessa direttrice del teatro di via Pier Lombardo, Andrée Ruth Sham mah, che ha curato anche la traduzione e l’adattamento. Gli spazi scenici sono stati curati dallo scenografo (nonché tatuatore) Gian Maurizio Fercioni, collaboratore di lunga data della regi sta milanese. I costumi, invece, sono di Fabio Zambernardi, creative director di Prada, che si è avvalso della colla borazione di Lawrence Steele, mentre le musiche sono di Michele Tadini. Protagonisti di Casa di Bambola sono Torvald e Nora (interpretati rispettiva mente da Filippo Timi e Marina Roc co), con quest’ultima che nel corso degli eventi prende coscienza di come sia sostanzialmente trattata dal marito come fosse una bambola. Nella visione qui proposta, però, Nora non è vittima sacrificale, anzi, scopo della Shammah è quello di mettere in luce la sua natura ambigua e a tratti manipolatrice. Si de butta alla fine di gennaio, con repliche per tutto il mese di febbraio.

Live Wine

Torna a Milano il Salone del vino artigianale, con oltre 100 produtto ri dall’Italia e dall’estero pronti a far assaggiare i loro prodotti biologici e biodinamici espressivi della varietà di produzioni, vitigni e territori. È possibile anche partecipare a de gustazioni guidate, basta prenotarsi online sul sito del produttore.

Palazzo del Ghiaccio - Milano dal 5 al 7 marzo www.livewine.it Teatro degli Arcimboldi - Milano l’8, il 9 e il 10 marzo www.battiato.it

Ritorna sui palchi di tutta Italia un so dalizio artistico che ha segnato i primi anni Ottanta ovvero quello tra Franco Battiato e Alice. Il felice incontro tra i due, infatti, ha prodotto brani come Per

Elisa, canzone vincitrice del Festival di

Sanremo del 1981, e ha contribuito a far uscire dai confini nazionali la musi ca italiana. L’affinità tra i due non è ve nuta meno anche quando le loro strade si sono separate, tanto che oggi tornano assieme per uno spettacolo che li vede protagonisti sui palchi di tutta Italia. Sono una ventina le date in program ma in tutte le principali città della pe nisola, con anche uno sconfinamento a Lugano. A Milano i concerti saranno tre e si terranno ai primi di marzo presso il Teatro degli Arcimboldi. Lo spettacolo sarà diviso in parti diverse ma comuni canti tra loro, la costante sul palco sarà l’Ensemble Symphony Orchestra diret ta da Carlo Guaitioli che accompagnerà entrambi gli artisti. Non mancheranno momenti in cui Alice e Battiato saranno sul palco contemporaneamente, per ri cordare brani che li hanno visti assieme come Chanson Egocentrique e I Treni di

Tozeur. Spazio ovviamente agli ultimi

lavori dei due, Weekend per la cantante di Forlì, uscito nel 2014, e la retrospet tiva Le Nostre Anime del maestro cata nese. Prevendite aperte, le possibilità di sold out non sono poche.

Ray Gelato

Uno show coinvolgente come pochi, a ritmo di swing e di rhythm and blues, torna al Blue Note di Milano. Stiamo ovviamente parlan do dello spettacolo di Ray Gelato, che sarà nel locale di via Borsieri insieme ai The Giants alla metà di febbraio. Cinque giorni e dieci spettacoli per goderselo almeno una volta, anche nel giorno di San Valentino.

Blue Note - Milano dal 10 al 14 febbraio www.bluenotemilano.com

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Milano Eyewear Show

27-28-29 Feb

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2016

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Puoi trovare Club Milano in oltre 200 location selezionate a Milano

night & restaurant : Al fresco Via Savona 50 Angolomilano Via Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Caffè Savona Via Montevideo 4 Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origam i Via Rosales 4 Ozium t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 3Jolie Via Induno 1 stores : Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive

Via Burlamacchi 11 Ana Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Fgf store Piazza xxv Aprile1 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Joost Via Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia Naviglio Grande 36 Open viale Monte Nero 6 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99 showroom : Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 Bagutta Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via Burlamacc hi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s Who Via Serbelloni 7 beauty & fitness : Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Palestre Downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 art & entertainment : PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni 8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31 hotel : Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42 inoltre : Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di Pre Saint-Didier (AO) 65

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