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Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVII - 26/01/2016
A cura di Bruno Pastorelli
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Sommario
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Giorni decisivi per l'operazione che potrebbe innescare il risiko bancario - Bpm-Banco, avanti sui concambi Resta aperta l'alternativa Ubi. L'ad Castagna esclude un intervento su Mps. Oggi si riunisce il cds Via alle
manovre per le liste in vista dell'assemblea. E intanto si rafforza la Fabi con nuovi iscritti
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CORRIERE DI AREZZO martedì 26 gennaio 2016
Fabio Faltoni, segretario Fabi: "Era un prodotto autorizzato da Banca d'Italia Italia" - Il sindacato e il caso
Mifid: "Non c'erano premi collegati alla vendita dei bond"
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LA NUOVA SARDEGNA lunedì 25 gennaio 2016
voli low cost I bancari della Fabi: «La Regione deve intervenire»
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Al pettine i nodi dell'autoriforma delle 360 bcc italiane
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Schiaffo Ue all'Italia su debito e sofferenze
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Governance agile e assetto stabile alla base di tutte le fusioni
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
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Anno XVII - 26/01/2016
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
Credito cooperativo. Pronto il testo che andrà giovedì all’esame del Consiglio dei ministri - Riforma delle Bcc
verso il decreto
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Tra buoni e cattivi, i tanti volti dei crediti deteriorati
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
A Piazza Affari tensione sul settore bancario
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Banche, gli appelli alla razionalità che cadono nel vuoto
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Quello che i numeri non dicono
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Good bank, arrivano le offerte
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Nicastro: «I clienti sono già in sicurezza»
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Banche. Approvato in via definitiva il contributo «volontario» degli istituti italiani - Via libera finale al
salvataggio di Tercas
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Rossi (Bankitalia): Il sistema è solido
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Equita passa a Profumo e ai manager - Il presidente: «Pronti a realizzare una financial holding per sostenere
le imprese»
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Prelios e Akros lanciano la «bad bank» privata
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Argomento particolarmente delicato per le due corporate bank Akros e Aletti ad esempio che
comunque potrebbero restare autonome almeno per qualche anno all'interno del nuovo gruppo
prima di arrivare a un'integrazione e forse, sostiene qualcuno, a una quotazione.
Ufficialmente, comunque, resta aperta anche la strada di una fusione tra Bpm e Ubi. Il gruppo
guidato da Victor Massiah sta corteggiando in maniera serrata Piazza Meda, anche se al momento il
Banco resta favorito. Per Equita le maggiori chance di successo sono rappresentate dalla fusione fra
il Banco e Bpm «che continua ad avere il 65% delle probabilità di chiudersi e essere annunciata
entro febbraio». Ieri invece il consigliere delegato Giuseppe Castagna ha escluso l'ipotesi di una
successiva fusione con il Monte dei Paschi : «Io non ne ho mai parlato. Le strade sono due (Banco e
Ubi, ndr) e sono quelle».
Se insomma il lavoro degli advisor procede serrato, in Piazza Meda l'attenzione è concentrata anche
sull'assemblea di aprile. L'appuntamento è atteso dagli stakeholder anche perché il consiglio di
sorveglianza sarà rinnovato. Se è quasi certa la presentazione di una lista da parte del leader dei
soci non dipendenti Piero Lonardi, non è ancora chiaro quali saranno le mosse degli altri soggetti.
Raffaele Mincione, azionista di maggioranza relativa con Athena Capital, potrebbe farsi avanti con
una propria formazione e non è escluso che anche l'attuale presidente della sorveglianza Piero
Giarda coalizzi i propri fedelissimi. La grande incognita, però, riguarda i sindacati nazionali. Non è
ancora chiaro se le grandi sigle intendano ripetere l'esperienza del listone del 2013 oppure
muoversi in autonomia. Di certo sono in corso importanti trasformazioni, come il passaggio di un
cospicuo numero di iscritti dalla Uilca alla Fabi che, se non mette in discussione la collaborazione
tra le due sigle, modifica comunque la geografia dei poteri in Piazza Meda. (riproduzione riservata)
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CORRIERE DI AREZZO martedì 26 gennaio 2016
Fabio Faltoni, segretario Fabi: "Era un prodotto autorizzato da Banca d'Italia Italia" - Il
sindacato e il caso Mifid: "Non c'erano premi collegati alla vendita dei bond"
Guardano al caso dei Mifid sollevato in questi ultimi giorni e aspettano di conoscerne gli sviluppi.
Su quei profili di rischio che secondo alcune denunce sarebbero stati "forzati" per dare il via libera
all'investimento il sindacato FABI, nell'attesa fa scudo sui dipendenti. "Vogliamo prima
approfondire. Ne siamo venuti a conoscenza dai giornali, aspettiamo innanzitutto che sia fatta
chiarezza" ribadisce Fabio Faltoni, segretario provinciale FABI e dipendente di Banca Etruria. Al
centro di tutto oggi ci sono le obbligazioni subordinate azzerate dal decreto del 22 novembre. "Non
c'era nessun premio diretto collegato alla vendita di queste subordinate" ci tiene a sottolineare per
l'ennesima volta Faltoni. colleghi erano tutti in buona fede. Non bisogna mai dimenticare che
quello era un prodotto della banca, autorizzato dalla Banca d'Italia che tra l'altro in quel periodo
stava effettuando le ispezioni". su quei bond subordinati c'era anche il "bollino" della Consob.
Quelle obbligazioni sono diventate 'pericolose' ribadisce il sindacato quando è stato dato il via
libera al bailin. Un concetto che lo stesso presidente delle good bank Nicastro ha ribadito ieri nel
corso di un'intervista a Radio 24, ricordando che oltre la metà dei subordinati sottoscritti dai clienti
retail sono stati acquistati "addirittura sei anni prima della direttiva europea sul bail in, in quanto
la percezione comune era che le banche non potessero fallire". Faltoni poi ci tiene a ricordare che
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"anche 400 colleghi - direttamente o i loro familiari - avevano investito in obbligazioni subordinate
e che 1.200 dipendenti su 1.650 erano soci di Banca Etruria. Il nostro auspicio è che tutti i
possessori di obbligazioni subordinate siano rimborsati. Noi stiamo male per questi nostri clienti
con i quali si è instaurato nel tempo un rapporto di amicizia, un legame che andava ben oltre il
semplice rapporto cliente- No alla caccia alle streghe. "Nella vicenda banche le streghe - conclude
Faltoni - non sono dietro il bancone delle filiali". B M.A.
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LA NUOVA SARDEGNA lunedì 25 gennaio 2016
voli low cost I bancari della Fabi: «La Regione deve intervenire»
Anche la Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) di Sassari aderisce all'iniziativa che punta al
mantenimento dei voli low cost da e per la Sardegna. «Vogliamo impedire a tutti i costi di trovarci
nella spiacevole condizione di essere isolani e isolati - scriva la Fabi in una nota -. Molte famiglie
sarde hanno congiunti che lavorano o studiano all'estero che si recano nella penisola per motivi
sanitari. Per questo auspichiamo un intervento autorevole e risolutivo della Regione, l'isola deve
servirsi di questo volano che continuerà a produrre sviluppo». A questo proposito la Fabi ricorda
che, grazie ai voli low cost, l'isola si è fatta conoscere in tutta Europa «e sarebbe follia perdere
questo patrimonio».
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Al pettine i nodi dell'autoriforma delle 360 bcc italiane
Contrarian
La riforma, o meglio l'autoriforma, delle circa 360 Bcc dovrebbe essere sottoposta al Consiglio dei
ministri del 28 gennaio. Non dovrebbero sussistere più contrasti sulla costituzione dell'unico
gruppo cooperativo nazionale al quale le banche, per migliorare la capitalizzazione, la governance,
la gestione dei costi e lo svolgimento di servizi innovativi, dovranno aderire con un contratto di
coesione, fermo restando che quelle Bcc che non volessero partecipare a tale gruppo dovranno
trasformarsi in banche popolari o in spa, oppure saranno poste in liquidazione. Sarebbe stata
superata l'ipotesi della rivisitazione della struttura del francese Crédit Agricole che avrebbe visto
una sorta di inquadramento degli istituti della categoria in un'unica grande banca. Questa
operazione, se andrà in porto, è la conseguenza di una scelta felice per avere chiamato a partecipare
direttamente le rappresentanze del settore con una proposta di autoriforma, che sottoposta poi alla
Banca d'Italia dovrebbe approdare all'esame del Governo che l'accoglierebbe nella sua interezza.
Non si tratterà di una rivisitazione indolore; ma gli istituti hanno capito che, diversamente, avrebbe
agito non tanto la scure di una revisione autoritativa, che pure sarebbe stata ineludibile, quanto
piuttosto avrebbero fatto sentire il loro peso le condizioni che influiscono sulla stabilità e sulla sana
e prudente gestione, soprattutto in un periodo di difficoltà. Insomma, le Bcc si sono rese conto che
uno sforzo di innovazione e di razionalizzazione era, innanzitutto, nel loro stesso interesse;
soprattutto avrebbe consentito, avendo le spalle coperte da una forte struttura nazionale quale sarà
la holding preposta al predetto unico gruppo, di continuare a mantenere quel dosato equilibrio tra
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funzione creditizia e mutualità, solidarietà, attenzione alla socialità. Se non vi saranno variazioni in
zona Cesarini, e ci si augura che non ve ne siano di negative, il giudizio complessivo sarà rinviato
alla fase attuativa per verificare compiutamente la bontà di una riforma che sulla carta dovrebbe
funzionare. Naturalmente per una revisione che interviene dopo 80 anni, le problematiche
realizzative non mancheranno, ma il percorso seguito è importante. Si differenzia nettamente da
quello adottato per le Popolari, la cui revisione è tuttora oggetto di vertenze in sede giurisdizionale,
e, responsabilizzando la categoria, meno facilmente potrà essere sottoposto a reazioni in sede
giudiziaria. La rivisitazione salva il pluralismo nel settore del credito e, implicitamente, enfatizza
l'apporto che le Bcc sono in grado di dare, a maggior ragione se parti di una più ampia realtà qual è
il gruppo in questione, alle economie del territorio. Se il settore, finora, sulla base dell'ordinamento
vigente, è stato in grado di risolvere i problemi delle difficoltà di alcune di queste banche agendo
all'interno della categoria, a fortiori sarà in grado di rispondere adeguatamente a fenomeni di crisi
e a problemi di stabilità aziendale una volta che gli istituti saranno inquadrati nella progettata
struttura. L'attuazione sarà importante perché darà riscontri sulla convivenza dei poteri della
holding nazionale con le attribuzioni delle singole banche e, in particolare, sulle conseguenze della
condizione di meritevolezza dei singoli istituti alla quale sarà parametrata l'estensione o la
ritrazione dei poteri della stessa holding. In sostanza, vi sarà un concorso di attribuzioni della
singola Bcc, della holding, della Federazione a livello territoriale, della Vigilanza nazionale e degli
indirizzi di quella europea. Resta il problema del concorso delle Regioni alla riforma, rientrando la
materia nella legislazione concorrente con lo Stato, che si spera il governo abbia considerato, a
meno che non faccia affidamento sulla riforma costituzionale che tale potere non contempla più:
ma potrebbe essere azzardato per i tempi dell'entrata i vigore delle rispettive innovazioni.
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Schiaffo Ue all'Italia su debito e sofferenze
di Andrea Pira
L'Italia corre rischi per la mole di sofferenze in pancia al proprio sistema bancario. Il problema è
sul tavolo da tempo ed è diventato nelle ultime settimane uno dei temi di frizione sull'asse RomaBruxelles. E proprio alla vigilia dell'incontro odierno tra il ministro dell'Economia, Pier Carlo
Padoan, e la commissaria europea alla Concorrenza, Margrethe Vestager, sulle regole per una
istituzione di una bad bank, l'esecutivo comunitario, che in passato ha bloccato varie possibili
soluzioni, ha messo l'accento in poche battute sugli impatti che i non performing loan potrebbero
avere sulle finanze italiane. La quota di npl «potrebbe rappresentare una fonte importante di rischi
di passività a breve termine», taglia corto il Fiscal Sustainability Report 2015 pubblicato ieri dalla
direzione generale Affari economici della Commissione Ue. Più articolata è invece l'analisi sul
debito pubblico, fardello che rappresenta la «principale fonte di vulnerabilità dell'economia
italiana» nel medio periodo perché «limita la capacità del Paese a rispondere agli shock economici
e lo lascia esposto al rialzo dei tassi d'interesse dei titoli di Stato». Il ministero dell'Economia
ricorda però che inizierà a calare da quest'anno. Il documento, che per il Mef conferma la
sostenibilità dei conti pubblici italiani, riconosce che il debito diminuirà dal 133% del pil nel 2015 al
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aiuti di Stato, lontana dalla considerazione del punto 3 dell'articolo 107 del Trattato Ue. Dalla bad
bank unica nazionale si è ora passati alla pluralità di veicoli della specie, istituibili da ciascun
istituto che vi abbia interesse, a fronte del quale sarebbe ammessa la garanzia pubblica; ma nel
confronto odierno restano aperti i problemi del prezzo della cessione dei prestiti al veicolo, del
costo della garanzia e dell'ammontare complessivo stanziabile da parte dello Stato o dell'ente
pubblico chiamato a concedere tale facilitazione. Saranno questi gli argomenti su cui si incentrerà
la discussione, che si svolgerà sulla base di pure simulazioni non sussistendo prezzi di mercato per
le cessioni e per la garanzia, al di là della valutazione che è stata fissata per le sofferenze (17,6% del
loro valore) cedute alla bad bank dalle quattro bacche salvate, che tuttavia non può essere assunta a
cogente parametro di riferimento. L'aspetto singolare è che una struttura preposta al controllo e
alla tutela della concorrenza, qual è quella alla quale sovrintende la commissaria Ue, pensi di
fissare ex auctoritate i prezzi da stabilire: una patente contraddizione con la funzione istituzionale.
Discende da ciò che dopo tanto tempo, se si vorrà veramente arrivare a una conclusione oggi o nei
prossimi giorni, si dovrà per forza optare per una scelta pragmatica, bandendo prezzi-ombra e altre
astruserie di cui si è parlato in questi mesi. Anche la burocrazia brussellese, che in questo caso si è
illustrata per una vacua testardaggine, avrà finalmente capito che oltre non si può andare con il
rigorismo, non di rado a senso unico, anche perché i danni provocati sono enormi. E, se
malauguratamente non si dovesse arrivare a una conclusione oggi stesso, sarà doveroso darne
immediata spiegazione indicando nel contempo il modo in cui si pensa di proseguire. Resta anche
la necessità che, se gli ostacoli che continuassero a emergere da pare della Commissione
risultassero particolarmente rilevanti, il governo riprenda la propria autonomia e provveda a
emanare la misura che ha ipotizzato. Inseguire ancora un placet di Bruxelles sarebbe a questo
punto massimamente deleterio per tutti, a cominciare dallo stesso esecutivo. (riproduzione
riservata)
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Good bank, arrivano le avances - Secondo indiscrezioni Bper si sarebbe fatta avanti per
Carife. Dubbi sulla partecipazione di Ubi, Bnp e Agricole. Tra gli interessati anche alcuni
fondi. Bc Partners punta al pacchetto completo
di Luca Gualtieri
La macchina per la cessione delle quattro good banche messe in sicurezza con il decreto
salvabanche si è messa in moto. Alle 18 di ieri è scaduto il termine per la presentazione delle
manifestazioni di interesse all'advisor Société Générale , primo passo in vista della dismissione.
La lista ufficiale dei pretendenti non c'è ma, secondo quanto si apprende da fonti di mercato, la
platea comprenderebbe sia banche che fondi d'investimento. Del resto proprio il presidente degli
istituti Roberto Nicastro aveva ventilato la presenza di diverse categorie di investitori, lasciando il
tendere che il dossier sta arrivando su molte scrivanie sia in Italia sia all'estero. Secondo quanto
risulta, la Banca Popolare dell'Emilia Romagna si sarebbe fatta avanti per la Cassa di risparmio di
Ferrara, istituto territorialmente attiguo alle direttrici di espansione del gruppo modenese. C'è
invece la concreta possibilità che alcuni soggetti su cui molto si è speculato nelle scorse settimane
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non abbiano partecipato alla gara. Si tratterebbe delle due grandi banche francesi, Bnp Paribas e
Crédit Agricole, e di Ubi Banca . Il gruppo lombardo, si sa, sta corteggiando serratamente la Banca
Popolare di Milano e, in ogni caso, sembra più interessato a una grande operazione che a
un'acquisizione di piccole dimensioni. Per quanto riguarda gli istituti francesi invece, si sa invece
che l'Agricole preferirebbe crescere nei canali dell'asset management e del private banking
piuttosto che nel retail. La gara comunque non coinvolge solo istituti di credito. Come annunciato
da Nicastro, diversi fondi di investimento avrebbero preso in esame il dossier delle quattro good
bank. Tra gli altri sono circolati i nomi di Apollo Capital management, Centerbridge e Anacap. Il
private equity inglese Bc Partners avrebbe presentato una propria manifestazione di interesse per i
quattro istituti in blocco.
La gara insomma appare ben avviata, anche se ancora agli inizi, e per oggi sono attese nuove
comunicazioni ufficiali in relazione alle prossime tappe del processo.
Le attività in vendita prevedono in maniera preferenziale la cessione in un blocco unico
complessivo, ma saranno valutate attentamente anche possibili offerte separate per una o più good
bank ed eventuali partecipazioni strategiche. Ben capitalizzate e forti di una solida presenza
nell'economia del territorio, le good bank lentamente ma progressivamente stanno tornando alla
piena e operatività. Lo testimoniano i risultati raggiunti nelle scorse settimane sia per quanto
riguarda le erogazioni di mutui, oltre 3.600, sia dei fidi, oltre 10.500, a dimostrazione della
rinnovata fiducia dei clienti. La manifestazione d'interesse, spiega il bando scaduto ieri, deve tra
l'altro contenere una «attestazione circa la piena conoscenza e, anche all'esito di valutazioni
effettuate con i propri advisor, sussistenza dei requisiti previsti dalle disposizioni nazionali e
comunitarie applicabili ai fini dell'acquisizione degli enti ponte e delle non core entity interessate, e
dell'ottenimento delle necessarie autorizzazioni della Bce e delle altre autorità competenti, anche
con riferimento alla solidità finanziaria del progetto di acquisizione e del soggetto acquirente.
Bankitalia si riserva la facoltà di esperire ogni idoneo accertamento della veridicità delle
dichiarazioni rese, nonché di richiedere ogni ulteriore documentazione utile o necessaria in ordine
a quanto dichiarato». Nella manifestazione d'interesse, prosegue il bando, si dovrà inoltre fornire
«ogni informazione utile a dare evidenza dell'attività svolta dal soggetto che manifesta interesse e
della sua capacità di garantire la continuità operativa ed economica degli enti ponte».
(riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA martedì 26 gennaio 2016
Imprese, la richiesta di credito torna ai livelli del 2008
di Anna Messia
Nell'ultimo trimestre dell'anno scorso il numero delle domande di finanziamento presentate dalle
imprese italiane (ditte individuale e società) è stato il più alto dal 2008. Il dato è emerso dal
consueto barometro Crif e mostra un aumento dell'8,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso
anno, che porta l'incremento nell'intero 2015 a un +4,5% rispetto all'anno precedente. Peraltro
l'analisi di Crif evidenza che negli ultimi anni è cambiata anche la finalità per la quale i
finanziamenti sono stati richiesti, passando dal prestito per sostenere l'attività corrente, che ha
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Anno XVII - 26/01/2016
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capitale e sulla governance introdotte con l’unione bancaria. Nuovo quadro normativo che sta
producendo reazioni a catena anche negli altri paesi europei. In Olanda le 106 banche cooperative
di Rabobank hanno deciso la fusione in unica entità perdendo le singole licenze bancaria a
decorrere dall’inizio di quest’anno. Anche nel Crédit Agricole, modello che sembrava dover essere
imposto al sistema italiano, è in corso un profondo cambiamento: da anni ormai le banche
provinciali avevano perso la licenza bancaria, lasciandola solo a 39 grandi banche regionali. Ora
queste ultime, che controllano il 56% del Crédit, ora vogliono più potere di controllo e stanno per
dare vita a una nuova società intermedia per riprendere le funzioni di indirizzo e vigilanza sul
sistema. Nel Crédit Mutuél si assiste a un processo di fusione tra una federazione nazionale, che
aveva già funzioni di controllo prudenziale, con la cassa nazionale. Anche in Germania, dove il
sistema cooperativo è organizzato in 1.047 banche che nel corso di 80 anni hanno costituito un
fondo volontario molto consistente (tentativo in cui il sistema italiano ha fallito), è in corso la
fusione tra le due banche di secondo livello (come è Iccrea holding) Dz Bank e Wgz Bank. È di ieri
intanto la notizia che la Bcc di Roma, primo istituto del settore in Italia, ha richiesto a Bankitalia
l’autorizzazione per la fusione per incorporazione di Banca di Capranica Credito Cooperativo. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA Laura Serafini
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Tra buoni e cattivi, i tanti volti dei crediti deteriorati
I crediti deteriorati o non-performing loans accumulati dal sistema bancario italiano dallo scoppio
della Grande Crisi bancaria del 2008 ad oggi vengono spesso paragonati a una montagna, data la
loro grandezza spropositata che orbita oramai attorno ai 350 miliardi. Ma più propriamente
somigliano a un iceberg, o meglio ancora a una montagna di ghiaccio che si può sciogliere
parzialmente in certe condizioni climatiche, e quindi diminuire, ma che può anche ingrandirsi. I
NPLs sono una voce di bilancio dinamica, i prestiti cattivi seguono il ciclo economico e aumentano
con il calo del Pil, ma lievitano anche a causa del modello di business sbagliato, e per colpa dalla
cattiva gestione del management. È per questo che il faro degli organi di controllo, tra Bce e Banca
d’Italia, resta acceso sui prestiti non più in bonis, e non solo quelli italiani: non basta infatti
ridimensionare la dimensione dello stock, una tantum, con cessioni, cartolarizzazioni e bad banks,
ma occorre fare in modo che il bacino dei NPLs non si riformi con la stessa velocità degli ultimi
anni. In tempi di vacche grasse (che devono ancora arrivare in Italia) le banche saranno chiamate
ad effettuare accantonamenti prudenziali ulteriori proprio per evitare crisi future scatenate dalle
sofferenze.
I crediti deteriorati, oltretutto, con la nuova definizione in vigore dal primo trimestre 2015 e
introdotta dall’Eba (European banking authority) per armonizzare il reporting in Europa,
raggruppano oramai ben quattro categorie di prestiti cattivi: le sofferenze (bad loans e cioè i
prestiti per i quali il debitore è già in default e la banca ha già avviato le procedure di recupero
crediti) che ammontano a 200 miliardi; gli incagli (una valutazione soggettiva che riguarda i
prestiti sui quali le banche giudicano molto improbabile la possibilità che il debitore riesca a
ripagare il debito integralmente e puntualmente); i crediti past-due (una misurazione oggettiva
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cui il prestito non è più in bonis, cosa succede fino al recupero del credito. A questo percorso, già
lungo, in Europa manca ancora l’ultima tappa, quella che consentirà alle banche di poter contare su
un
mercato
delle
cartolarizzazioni
efficiente,
trasparente
e
profondo.
[email protected] .@isa_bufacchi- © RIPRODUZIONE RISERVATA Isabella
Bufacchi
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
A Piazza Affari tensione sul settore bancario
Le parole di Mario Draghi, che al direttivo Bce di settimana scorsa ha aperto alla possibilità di
rivedere in senso espansivo le misure di stimolo monetario, hanno impresso una decisa inversione
di rotta ai mercati la scorsa settimana. E così le Borse mondiali, che mercoledì 20 avevano toccato
il loro minimo da inizio anno, tra giovedì e venerdì hanno messo a segno uno spettacolo recupero.
In Europa (+4,99% lo Stoxx 600) e nel resto del mondo (+3% l’indice Msci World). Un exploit che
tuttavia ha registrato una battuta d’arresto ieri.
Tutte le asset class che avevano sofferto nelle ultime settimane e che, dopo le parole di Draghi,
avevano registrato importanti rimbalzi, ieri sono state bersaglio preferito dei ribassisti. Tra queste
non sono mancate le azioni delle banche italiane. L’indice settoriale Ftse Italia Banche, dopo essere
sprofondato del 20% (26 miliardi di capitalizzazione persa) nei primi 20 giorni del mese e dopo
aver messo a segno uno spettacolare balzo del 7% tra giovedì e venerdì, ieri è tornato sotto
pressione. Il ribasso del 3,99% registrato a fine seduta dall’indice settoriale ha pesato molto sulla
performance dell’intero listino milanese Ftse Mib. Il paniere delle società a maggior
capitalizzazione della Borsa di Milano ieri ha aperto gli scambi in positivo per poi scivolare in
negativo dopo la prima mezzora di scambi. Un rosso che è andato ampliandosi con il passare delle
ore. E in particolare dopo l’avvio negativo di contrattazioni a Wall Street quando la perdita del
listino ha superato il 2%, soglia su cui si è mantenuto anche a fine giornata.
La ragione per cui gli investitori continuano a vendere è la stessa di una settimana fa: l’incertezza
sulla soluzione dell’annoso problema dei crediti deteriorati. Una partita in cui Unione europea e
Governo proseguono il loro confronto ma su cui non si intravede una soluzione chiara e definitiva.
In attesa di avere lumi i ribassisti, che la scorsa settimana avevano colpito soprattutto le azioni
degli istituti di credito più gravemente penalizzati dal problema sofferenze (Mps e Carige), ieri
hanno puntato ad un bersaglio ben più consistente: Unicredit. Le azioni della seconda banca per
capitalizzazione ieri hanno chiuso gli scambi in calo del 6,41% dopo essere state più volte sospese
per eccesso di ribasso. Non è andata troppo bene neppure ai titoli di Bpm (-6,7%), Banco Popolare
(-7,09%) mentre ancora una volta ha perso meno della media il titolo Intesa Sanpaolo (-3,23%). Il
saldo finale, come accennato, è stato negativo per il 2,03% per l’indice Ftse Mib. La piazza di
Milano si è contesa con quella di Madrid (-1,78% a causa dello stallo sulla formazione del nuovo
governo) il primato negativo in Europa in una giornata in cui Parigi ha perso lo 0,58%, Francoforte
lo 0,29% e Londra lo 0,39 per cento.
Nel resto dei mercati a dominare è stato ancora una volta il tema delle materie prime e del petrolio
in particolare. Il prezzo del greggio, protagonista di uno spettacolare rimbalzo (+14,5% tra giovedì e
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venerdì) ieri è tornato a scendere. Un po’ perché evidentemente una parte del mercato ha voluto
subito monetizzare la performance delle ultime due sedute della scorsa settimana, e un po’ perché
le ragioni per vendere nero restano ancora tutte in piedi. A partire dai fondamentali di domanda e
offerta in cui gli squilibri restano immutati come ha ricordato la scorsa settimana l’Opec, il cartello
dei Paesi produttori. Non stupisce che, dopo il comparto bancario (-2,92% la performance
dell’indice Stoxx europeo di settore), a perdere di più siano stati ancora una volta i settori
minerario e petrolifero, entrambi in calo dell’1,29% a fine seduta. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Andrea Franceschi
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Banche, gli appelli alla razionalità che cadono nel vuoto
A fare il “pompiere” qualcuno ci prova, ma a vedere dalla reazione del mercato non sempre ci
riesce. A esercitarsi sul tema delle sofferenze delle banche italiane ha provato ieri Mediobanca che,
in un report, ha calcolato quanto il mercato sta scontando riguardo ai crediti dubbi e quanto invece
dovrebbe essere prezzato nella peggiore delle ipotesi, per concludere che la reazione del mercato è
stata eccessiva.
Il ragionamento, semplificando, è il seguente. Il ribasso di Borsa sconta che le sofferenze valgano il
15% del loro valore nominale, peggio di quanto siano stati valutati i crediti di Banca Etruria & C.:
con ciò evidenziando che mancherebbero all’appello 37 miliardi di coperture. Gli analisti di
Mediobanca hanno osservato che questa tipologia di crediti viene invece negoziata al 30%, hanno
scontato 200 miliardi di garanzie tenendone buone solo 40, pari a 27 punti aggiuntivi di copertura
rispetto al 59% attuale, arrivando a concludere che mancano 14 punti di copertura per salire al
100%. Questo, nelle elaborazioni del report, suggerisce che basterebbe arrivare al 73% di
accantonamenti sulle sofferenze per essere sufficientemente a riparo: nel qual caso all’appello
mancherebbero 21 miliardi. Aggiungendo i crediti dubbi che statisticamente finiscono in sofferenza
e quelli che tornano in bonis, gli analisti arrivano a stimare in 27 miliardi gli accantonamenti
aggiuntivi e in 13 miliardi le esigenze di ricapitalizzazione, già abbondamente scontate nei corsi di
Borsa. Peccato che però nelle stesse ore siano usciti anche altri report che andavano in direzione
opposta e che sia uscito un rapporto Ue che mette in dubbio la sostenibilità a medio-lungo termine
del debito italiano, additando a riguardo anche il problema delle sofferenze. Un mercato già
provato non ha perso tempo a ragionare, azionando le vendite. Due in particolare i timori
ricorrenti. Uno è l’instabilità per il sistema generata dalla situazione Mps che stenta ad accasarsi,
mentre qualcuno ritiene concreta l’eventualità di una nazionalizzazione. L’altro è dietrologico: una
supposta ostilità nei confronti dell’Italia che, non riuscendo a sfogarsi sui BTp, se la prende col
“succedaneo” banche. Di fatto, comunque la si pensi, una situazione critica se l’ondata ribassista
non si arresterà. © RIPRODUZIONE RISERVATA Antonella Olivieri
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Quello che i numeri non dicono
La vigilanza unica europea dovrebbe elaborare una batteria di indicatori più esaustivi sui reali
fattori di rischio delle banche.
Continua pagina 19 di Marco Fortis
Continua da pagina 1 Reali fattori di rischio, che sono rappresentati, oltre che da una leva
eccessiva, dai derivati e dai rischi di controparte derivanti dalla crescita delle intermediazioni con i
Paesi emergenti (e non certo dai titoli del debito pubblico). Se la Bce facesse un simile
fondamentale passo in avanti, sia il mercato sia i risparmiatori avrebbero un quadro più chiaro
della solidità complessiva delle nostre banche rispetto ai loro competitor europei.
L’importanza di un tale intervento da parte della Vigilanza trova conferma in quanto sta
accadendo sui mercati finanziari. La scorsa settimana il sistema bancario italiano ha vissuto un
momento difficile in borsa anche per un affollarsi di voci poi rivelatesi inesatte e per una
confusione informativa sui dati patrimoniali e finanziari dei nostri istituti non degna di un Paese
avanzato come l’Italia.
Un problema di inadeguata comunicazione. Innanzitutto, è accaduto che un esercizio di routine
della vigilanza unica europea per l’acquisizione di conoscenze sulle procedure di gestione dei crediti
deteriorati (avente la forma di un questionario diffuso a varie banche in tutta Europa e non solo in
Italia) è stato scambiato per una imminente richiesta di nuovi capitali alle banche italiane. Ipotesi
poi smentita al più alto livello dallo stesso Presidente della Bce Mario Draghi.
Ma intanto, come ha stigmatizzato il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, su Piazza Affari ha
pesato «una gestione della comunicazione poco accorta della vigilanza della Bce». E in un clima già
pesante sui mercati internazionali per la frenata dei Paesi emergenti e il crollo del petrolio, dopo i
primi rilevanti ribassi in particolare di Banca Mps e Carige, l’intero comparto bancario italiano,
inclusi istituti che hanno bilanci da far invidia in tutto il mondo, è rimasto contagiato da flessioni
significative.
Come se non bastasse, è divampata una vera e propria psicosi collettiva sul problema dei crediti
deteriorati delle banche italiane. Un problema certamente rilevante (soprattutto perché frena
l’erogazione del credito) ma arcinoto da tempo a chi ha dimestichezza con l’economia e segue i
mercati. È da almeno un anno, infatti, che si dibatte costantemente dell'alto livello dei non
performing loans (NPLs) delle nostre banche ma questo non ha impedito alla Borsa di Milano di
essere la “regina” del 2015.
Di colpo, invece, Piazza Affari è sembrata finire dall'altare alla polvere. E lo choc è stato forte,
investendo in modo ampio l’opinione pubblica perché in economia il credito e il risparmio sono le
basi della fiducia. Nella fattispecie, tante persone non esperte di finanza, cioè famiglie, pensionati,
semplici risparmiatori (che nel 2011 avevano almeno avuto qualche settimana di tempo per
familiarizzarsi con il minaccioso “spread”) questa volta sono state rapidamente raggiunte da uno
tsunami inedito, fatto di nuovi concetti inquietanti come le sofferenze e gli incagli, proprio mentre
stavano ancora cercando di digerire un altro recente boccone pesante come quello del bail in.
Poiché l’intera vicenda è stata trattata spesso in modo pericolosamente approssimativo (dato che la
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crediti non performing. In particolare, in base agli ultimi bilanci disponibili del 2012 e 2013 il
valore totale di copertura dei crediti dubbi di Carife, Carichieti, Banca Marche e Banca Etruria
evidenzia, in media, valori analoghi a quelli delle principali banche italiane. Ossia le 4 banche
“salvate” hanno sì distrutto capitale (ed è per questo che hanno dovuto essere “salvate”) ma i loro
bad loans risultano ben coperti da rettifiche e garanzie reali.
Si può aggiungere che la risoluzione intervenuta sulle quattro banche ha, evidentemente, operato
riguardo alle sofferenze in una pura ottica di cessione. Viceversa, se ci poniamo in una logica di
valorizzazione dell'intero perimetro delle vecchie banche, osserviamo che nessuna quantificazione
è stata fatta con riferimento al fair value dei crediti diversi dalle sofferenze. In quest'ottica, dati gli
attuali bassi livelli dei tassi di mercato, ne può conseguire una rivalutazione degli attivi e, quindi,
anche del valore dei crediti in bonis. In particolare, quanto più elevata è la componente di medio
lungo termine erogata in anni passati che pesa sul totale dei crediti, tanto più il fair value degli
stessi può riservare differenze positive di valore.
La solidità complessiva del sistema bancario italiano. I recenti risultati dello Srep della vigilanza
unica europea hanno certificato che al 30 settembre 2015 tutte le banche italiane oggetto di
sorveglianza presentano rapporti di capitale pregiato sul totale degli attivi ponderati per il rischio
(CET1 ratio) superiori ai requisiti richiesti dalla Bce, con le sole eccezioni di Popolare Vicenza e
Veneto Banca (che hanno peraltro entrambe in programma aumenti di capitale finalizzati alla loro
stabilizzazione). E' importante sottolineare due aspetti. Il primo è che in non pochi casi gli istituti
bancari italiani superano i requisiti di capitale richiesti dalla Bce (nella definizione fully loaded di
Basilea 3 a regime) non di poco, bensì anche di 2-3 punti percentuali. Il secondo aspetto è che se si
confrontano le performance di CET1 ratio alla stessa data delle nostre banche maggiori
(escludendo sempre le due popolari venete non quotate) con quelle dei big del credito europei, il
sistema bancario italiano non sfigura affatto. Anzi, le nostre banche più performanti hanno valori
superiori a quelli di molte grandi banche tedesche, francesi, inglesi e spagnole.
Ancor migliore risulta il confronto tra le nostre banche maggiori e i principali istituti europei per
quanto riguarda la leva, che è particolarmente elevata e, quindi, rischiosa nel caso di parecchie
banche straniere del Nord Europa (figura in alto a sinistra). Il rapporto tra capitale pregiato e leva
vede infatti le banche italiane con i migliori indici. Se poi si rappresentano su uno stesso grafico il
CET1 ratio e il leverage ratio (figura in alto a destra), si può osservare chiaramente che gli istituti
bancari italiani affollano la parte più esterna del grafico con un buon bilanciamento in entrambi gli
indici di valori elevati e più che rassicuranti.
Conclusioni. Se la vigilanza unica europea si adoperasse per costruire una batteria di indicatori più
esaustivi sui reali fattori di rischio delle banche, che sono, oltre alla leva eccessiva, i derivati e i
rischi di controparte derivanti dalla crescita delle intermediazioni con i Paesi emergenti (e non
certo i titoli del debito pubblico), gli istituti italiani figurerebbero comparativamente molto più
solidi di quanto già non dicano gli attuali database. © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Fortis
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La strada preferita dalle Authority prevede la cessione in un unico blocco complessivo delle
quattro banche. Una eventuale fusione tra i quattro istituti è quindi una decisione che potrebbe
eventualmente competere al partner che le rileverà.
Tuttavia saranno valutate attentamente anche possibili offerte separate per una o più delle good
bank, soprattutto da parte di quei soggetti industriali che punteranno a creare delle sinergie
geografiche.
Si attendono dunque i prossimi passaggi. Entro metà febbraio verrà inviato ai soggetti interessati
un info memo, quindi non appena le quattro banche approveranno i bilanci del 2015.
I tempi per la cessione, secondo le attese, dovrebbero essere abbastanza brevi. L’Unione europea
preme infatti perchè la cessione delle quattro banche salvate dal governo siano vendute in tempi
brevi e l’obiettivo è di arrivarci entro la primavera inoltrata.
Alla fine dell’asta sarà però necessario il via libera di Banca d’Italia. L’intenzione, come indicato fin
dall’inizio del processo, è di andare verso un collocamento sul mercato nei confronti di attori di
primario standing che saranno comunque soggetti all'autorizzazione di via Nazionale.
In questo contesto il desiderio è quello di ottimizzare le condizioni di cessione e prestare
attenzione al territorio: ad esempio alle tematiche di tipo occupazionale. © RIPRODUZIONE
RISERVATA Luca Davi e Carlo Festa
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Nicastro: «I clienti sono già in sicurezza»
«Chiediamo trasparenza, un impegno condiviso verso il nostro territorio, il risarcimento totale dei
risparmiatori e la salvaguardia dei livelli occupazionali». Sono le richieste avanzate ieri dai
consiglieri della Regione Emilia a Roberto Nicastro, a Bologna in audizione in commissione
Bilancio.
Vesentini u pagina 22
«Chiediamo trasparenza, un impegno condiviso verso il nostro territorio, il risarcimento totale dei
risparmiatori e la salvaguardia dei livelli occupazionali». Sono le richieste avanzate ieri pomeriggio
dai consiglieri della Regione Emilia-Romagna a Roberto Nicastro, chiamato a Bologna in audizione
in commissione Bilancio. A formalizzare l'invito in viale Aldo Moro al presidente della nuova Carife
e all'ad Giovanni Capitanio era stato nei giorni scorsi il gruppo del Carroccio, con il presidente della
commissione Bilancio, Massimiliano Pompignoli.
Quasi due ore di audizione che hanno avuto lo scopo primario di rasserenare il clima sul caso del
primo e più importante istituto bancario del Ferrarese -177 anni di storia alle spalle e mille
dipendenti - ma da cui Nicastro è uscito ribadendo che la strada intrapresa per il salvataggio è
difficilmente modificabile e Ferrara non fa eccezione rispetto alle altre tre banche, CariChieti,
Banca Marche e Banca dell'Etruria e del Lazio. Rispondendo di fatto al capogruppo leghista Alan
Fabbri, che sul caso Carife ha presentato anche un dossier-esposto al presidente della Repubblica
per chiedere di scorporare Carife dal “salva-banche”. «Il decreto di novembre – ha spiegato
Nicastro – nasce in un contesto in cui gli istituti, per quanto stabilizzati dal punto di vista
manageriale e dei processi erano di fatto poco attivi, con capitale vicino allo zero e la liquidità
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provare a dare un contributo per superare uno degli annosi temi legati alla dimensione delle
imprese italiane. Intervento che si sposa con un altro aspetto che nelle recenti vicende di Borsa ha
mostrato il lato più negativo: la scarsa presenza di investitori italiani sul listino di Piazza Affari.
«Alla Borsa di Londra il peso degli investitori inglesi è al 55% da noi quelli italiani valgono appena
il 20%». Soglia che, è l’auspicio di Profumo, deve aumentare.
Sul valore della transazione il numero uno, nonché azionista di peso, ha preferito non dare
indicazioni, anche se in passato erano circolate cifre che valorizzavano l’intera Equita tra i 60 e gli
80 milioni di euro. Quanto alla governance, Turati 9 verrà gestito grazie a un patto parasociale che
impone il via libera unanime su alcuni temi chiave mentre per altri richiede il voto favorevole di
almeno cinque dei sei partner. © RIPRODUZIONE RISERVATA Laura Galvagni
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
Prelios e Akros lanciano la «bad bank» privata
Prelios lancia la prima «bad bank» privata in Italia: una iniziativa finora mai sperimentata che
potrebbe fare da apripista per consentire alle banche di fare pulizia dei «cattivi» crediti nei loro
bilanci.
Così, mentre si discute ancora animatamente a livello italiano ed europeo di come fare la «bad
bank» pubblica, dovrebbe nascere proprio oggi la prima piattaforma aperta per la cartolarizzazione
dei crediti in sofferenza da parte delle banche italiane. A lanciarla, con l’avvio del programma
multiseller non performing loan (Npl), saranno Banca Akros, in qualità di arranger, e Prelios Credit
Servicing come master e special servicer mentre lo studio Orrick ha agito da advisor legale.
L’operazione, che ad oggi conta l’adesione di sei istituti di credito italiani, consiste nell’emissione
di due classi di titoli fra loro subordinate: il fondo specializzato statunitense Christofferson Robb &
Company ha sottoscritto la classe junior, mentre le banche cedenti (tra le quali ci sarebbero alcune
Popolari come Bpm) hanno sottoscritto i titoli senior.
La piattaforma multiseller Npl permetterà alle banche di vendere i crediti in sofferenza, secondo
una modalità innovativa per il mercato italiano. I crediti (in gran parte immobiliari) di natura
ipotecaria dovrebbero costituire circa il 99% del portafoglio multiseller oggetto della prima
cessione.
L’operazione avrebbe la forma di programma aperto, in modo da consentire ulteriori cessioni di
crediti sia da parte delle sei banche che hanno partecipato al suo avvio, sia da qualsiasi altra banca
residente in Italia disponibile ad aderire. È infatti previsto che il veicolo multiseller Npl possa
acquistare celermente, grazie a una procedura standardizzata, crediti in sofferenza fino a circa 5
miliardi di euro di valore lordo contabile, da qualsiasi banca interessata a cedere portafogli di
crediti in sofferenza, sia ipotecari sia chirografi.
Continua pagina 24 Carlo Festa
Continua da pagina 21 La nuova «bad bank» privata lanciata da Prelios e Akros avrebbe come
obiettivo finale di fornire con la propria piattaforma alle banche italiane di ogni dimensione una
valida soluzione per una riduzione del proprio stock di crediti in sofferenza.
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Infatti secondo il piano studiato da Prelios Credit Servicing, società guidata dall’amministratore
delegato Riccardo Serrini, da Banca Akros e dall’investitore internazionale Christofferson Robb &
Company, la nuova iniziativa dovrebbe consentire agli istituti bancari più piccoli di cedere
portafogli di crediti di ridotta dimensione, che per loro natura non avrebbero una massa sufficiente
a suscitare l’interesse degli investitori internazionali.
Alle banche medio-grandi potrebbe invece offrire la possibilità di dismettere crediti a prezzi
superiori rispetto a quelli ottenibili con le operazioni di cessione (anche su base competitiva) viste
fino ad oggi sul mercato, grazie alla struttura finanziaria e alla natura diversificata della
piattaforma.
La strategia del nuovo veicolo sarà concentrata sopratuttosulle sofferenze di natura ipotecaria, sia
residenziale sia commerciale, che rappresentano circa il 45 per cento dei 200 miliardi di euro di
Npl delle banche italiane, cioè più o meno 90 miliardi di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Carlo Festa
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IL SOLE 24 ORE martedì 26 gennaio 2016
La ricerca di lavoro corre su algoritmi e internet - In Italia 50 milioni di euro alle startup del
recruiting
Ricco, ma non saturo. Il mercato delle piattaforme digitali per domanda e offerta di lavoro si è
allargato, secondo alcune stime, fino a picchi di oltre 80 miliardi di dollari su scala globale. Le
opportunità del business non sembrano in discussione, se si considera il traffico generato da
qualsiasi portale, applicazione o algoritmo capace di intercettare il boom di ricerche di impiego
online. Meno facile capire il grado di sostenibilità di startup che si affacciano in una scena già
densa di player e dominata, nelle cifre, da colossi del calibro di LinkedIn o Monster. LinkedIn, il
gigante dei social network professionali, conta su una rete di quasi 400 milioni di utenti, macina
ricavi da 3 miliardi di dollari e ha acquisito 15 start up complementari alla sua attività dal 2010 ad
oggi. Monster, piattaforma classica di recruiting, impiega 4mila persone in tutto il mondo e ha
chiuso i primi nove mesi dell'anno scorso con ricavi per 507 milioni di dollari.
Numeri così potrebbero schiacciare i margini delle imprese innovative. E invece sono i nodi lasciati
in sospeso delle stesse piattaforme tradizionali a offrire terreni di sviluppo, magari con exit
milionarie come quelle messe a segno dall'italiana Jobrapido (vedi sotto). Quali sono le carte da
giocare? Se si guarda al lato della domanda, le aziende lamentano il rischio di “vetrine” troppo
generiche per i propri annunci, senza filtri preliminari sulla qualità dei curricula o altri fattori
decisivi nella scelta, dalla sede di provenienza dei candidati alle competenze extracurricolari. Se si
guarda ai candidati, il limite sta soprattutto in processi di selezione percepiti come poco trasparenti
- se non del tutto inefficaci, a giudicare dal rapporto medio tra curricula inviati e risposte ricevute.
Le premesse spiegano bene gli exploit registrati da marchi Usa come ZipRecruiter, piattaforma che
cerca di accelerare le assunzioni con una tecnica essenziale: distribuire un unico annuncio su più di
100 portali e social network, “moltiplicando” la visibilità dei contenuti. La start up ha raccolto 63
milioni di dollari raccolti in un solo round nel 2014, un picco con pochi emuli nel settore.
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private equity" ha detto ai microfoni di Radio24 E intervistato da BloombergTv ha sottolineato di
aspettarsi "a very long list". Che, tradotto dall'inglese sta per una lista di nomi bella lunga. Le
indiscrezioni, nelle ultime settimane, non sono mancate. I nomi di banche italiane e fondi stranieri
si sono rincorsi. L'ultimo ieri, annunciato dal sito Milanofinanza.it che indicava tra le
manifestazioni d'interesse presentate anche quella di Bc Partners, un grande operatore inglese del
private equity che si sarebbe fatto avanti per tutte e quattro le good bank. Nicastro, sempre a
Bloombergtv, ha ribadito di preferire la vendita in un unico blocco, ma le offerte "separate" saranno
ovviamente tenute nella medesima considerazione. Di quella preferenza, d'altronde si trova traccia
nello stesso bando: "La presentazione di offerte relative a tutte e quattro le good bank e l'attenzione
ai territori sono elemento positivo di valutazione". Bloomberg, ieri mattina, ha buttato lì anche una
valutazione: un miliardo di euro per acquistare in blocco Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e
CariFerrara Valutazione che, è bene precisarlo, non è stata confermata dallo stesso Nicastro. E
adesso, che succede? Da ieri pomeriggio i potenziali acquirenti si sono fatti avanti. Non hanno
preso nessun impegno, hanno solo manifestato il loro interesse per le quattro banche.
Manifestazioni che ora saranno prese in esame dall'advisor Tempi non ne sono stati fissati, ma
nelle ultime settimane si era parlato di una vendita da concludersi entro la prossima primavera.
Quindi, se in una settimana è stato annunciato e chiuso il bando, chissà che non ci sia un'altra
"accelerata" da parte di Nicastro. Che ieri ha ribadito una serie di punti chiave di questo delicato
quanto atteso percorso che porterà ad una nuova proprietà per le banche. "Questo - ha sottolineato
il presidente delle good bank - è un primissimo passaggio, poi si capirà meglio nelle fasi successive.
Il primo stadio è in linea con queste procedure improntate alla trasparenza e alla maggior
competitività possibile". Quattro istituti che "hanno iniziato di nuovo a lavorare e sostenere i
territori. A questo punto le banche si sono messe a lavorare con sprint sul credito: per dare un'idea
Nicastro ha fornito le cifre - sono stati di fatto erogati circa diecimila fidi e sono stati concessi
tremila mutui casa". "C'erano quattro banche con capitale vicino allo zero e inattive relativamente
al contributo che potevano dare sul territorio. Così nasce il decreto del governo. Abbiamo riattivato
il lavoro delle banche sul territorio - ha ricordato il presidente poche ore prima della chiusura del
termine per la presentazione delle manifestazioni d'interesse ora ha preso il via il processo di
cessione, il ricollocamento in mani private in tempi rapidi. Il decreto ha da una parte messo in
sicurezza i clienti, 200mila imprese e settemila posti di lavoro. Certo però il decreto ha azzerato le
azioni e le obbligazioni subordinate". questo Nicastro ha voluto sottolineare: "Si sta facendo un
lavoro complicato e non si stanno risparmiando energie con le banche che forniscono informazioni
al progetto di ristoro per i risparmiatori colpiti. Bisogna verificare le singole posizioni di tutti i
risparmiatori che sono diverse. L'indennizzo va deciso caso per caso".
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