Imprimitura, oli, ecc.
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Transcript Imprimitura, oli, ecc.
L’ IMPRIMITURA
Con il termine imprimitura si intende la preparazione cui sono sottoposte le superfici
che devono essere dipinte (tele, cartoni, tavole ...), per facilitare l’applicazione del
pigmento, garantire la durata e la buona conservazione nel tempo.
L’imprimitura in generale ha la funzione di assorbire moderatamente gli oli essiccativi
contenuti nei colori.
Ogni artista ha nei secoli provveduto a sviluppare formule proprie con vari prodotti sia
organici sia inorganici come gesso, uova, miele, oli sia seccativi che essenziali,
caseina, colle di vario tipo, farina, zucchero, ... Le formule sono decine e spesso
contengono materiali oggi in disuso, pertanto è opportuno spostare la nostra attenzione
sia sui componenti che sui prodotti di mercato attuali. Vi sono materiali già preparati,
facilmente reperibili, come stucchi da muro o gessi, che, stesi sulla superficie con una
spatola d’acciaio o con un pennello grosso, creano una buona imprimitura. In questo
caso sarà buona regola chiedere consigli d’uso al personale dei negozi specializzati in
prodotti artistici.
Per chi vuole fare da sé, si può utilizzare una mestica adatta a preparare superfici
grezze.
All’interno di una ciotola o di una tazza si impasti il seguente materiale:
- 3 cucchiai rasi di pan gesso,
- 2 cucchiai di colla vinilica,
- 3-4 gocce di olio di lino crudo.
Il pan gesso, solfato di calcio idrato, detto anche gesso di Bologna o gesso oro, è un
materiale impalpabile al tatto che ben aderisce alle varie superfici. La presenza
minima dell’olio di lino dona più elasticità all’imprimitura ed evita il rischio crepe.
Mescolando a lungo questi materiali con un cucchiaio, si ottiene uno stucco denso che
si può portare sulla tavola con una spatola d’acciaio.
Per ricevere l’imprimitura,
la superficie deve essere
liscia e pulita; per ottenere
questo si può usare della
carta vetrata da legno di
grana media.
Dopo aver dato una prima
mano
di
preparato,
muovendo la spatola sia
orizzontalmente
che
verticalmente (fig. 73), si
lascia asciugare.
61
Fig. 73.
A superficie asciutta si può dare una seconda e una terza mano.
Qualora si preferisca un impasto più cremoso, si può modificare la mestica precedente
aggiungendo acqua:
-
3 cucchiai rasi di pan gesso,
2 cucchiai di colla vinilica,
3-4 gocce di olio di lino crudo,
1 cucchiaio d’acqua.
Fig. 74.
Questo
miscuglio
può
essere
distribuito con maggiore facilità sulla
superficie con un grosso pennello
tondo o piatto (fig. 74).
Anche in questo caso sono
consigliabili diversi passaggi.
Terminata la preparazione, con una
carta vetrata media da legno, si dovrà
levigare la superficie trattata fino a
renderla perfettamente liscia.
L’imprimitura si presenterà traslucida, tendente all’ocra, a causa della presenza
dell’olio di lino.
Questa presenza, essendo molto discreta permette ai colori magri, cioè quelli ad
acqua, di aderire bene.
Se si desidera una base bianca, si passerà la superficie con un colore ad acqua come
una tempera o un acrilico; ciò consentirà di dipingere grasso su magro, cosa che non
potremmo fare se dipingessimo la base con un bianco a olio.
Occorre aggiungere che, se vogliamo proteggere il nostro lavoro nel tempo, dobbiamo
considerare anche il retro delle superfici, che va spalmato con il medium, di cui
parleremo nelle pagine successive, con o senza l’aggiunta del bianco di titanio.
GLI OLI SECCATIVI
Gli oli seccativi sono di origine vegetale: all’aria essiccano reagendo con l’ossigeno
atmosferico e danno origine a una pellicola dura e resistente. Il potere legante e la
resistenza si mantengono nel tempo.
Gli oli seccativi più importanti usati per la macinazione e l’impasto dei colori sono:
l’olio di lino crudo, l’olio di papavero e l’olio di noce. L’olio di lino crudo è il più
utilizzato nella pittura artistica. Esiste anche l’olio di lino cotto, di un colore assai più
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scuro e di un effetto seccativo molto più pronunciato: esso è utilizzato nella
produzione di vernici industriali.
GLI OLI SEMI SECCATIVI
Gli oli semi seccativi sono sostanze oleose vegetali con potere essiccativo meno
accentuato rispetto all’olio di lino. Gli oli semi seccativi, come cartamo e papavero,
durante l’essiccazione, sono soggetti a cambiamenti dimensionali più consistenti
rispetto all’olio di lino, dovuti all’insorgenza di varie reazioni chimiche. Mentre un
bianco a base di olio di cartamo è perfettamente idoneo nelle normali applicazioni e
nella miscelazione dei colori, non risulta adatto per la pittura del fondo.
L’olio di cartamo è un prodotto vegetale che si ottiene dalla spremitura dei semi del
Carthamus tinctorius detto anche zafferanone per la sua somiglianza con la pianta più
conosciuta. Grazie al colore più chiaro, l’olio di cartamo è usato nella macinazione di
molti bianchi e colori chiari. Si essicca più lentamente, ma può essere miscelato con
sicurezza con l’olio di lino.
GLI OLI ESSENZIALI
Si chiamano oli essenziali alcune sostanze volatili di origine vegetale o minerale.
Le principali essenze per uso pittorico sono: l’essenza di trementina e l’essenza di
petrolio. Queste servono per la diluizione dei colori a olio e donano una grande
fluidità.
Con il termine di spirito o essenza di trementina s’intende l’essenza distillata due
volte; con il termine acqua ragia s’intende un’essenza meno pura.
L’essenza di trementina è la più usata e la più conosciuta nella pittura a olio: si ottiene
dalla distillazione delle parti resinose di alcuni alberi come i pini, gli abeti, i larici,
ecc. Molti affermano che sia preferibile all’essenza di petrolio perché lascia i colori
più morbidi ed elastici, ma sviluppa un forte odore.
L’essenza di trementina, come tutte le essenze, ha il difetto di resinificare a contatto
con l’aria, cioè di addensarsi, ingiallire e non essere più volatile. A questo punto è
bene rinnovarla senza esitazione.
L’essenza di petrolio si ottiene dalla distillazione del petrolio. Questo prodotto deve
essere purissimo per essere utilizzato nella pittura a olio. Le sue caratteristiche sono
l’ottima volatilità, la solubilità negli oli, la mancanza di residui e l’assenza di odore.
La presenza di valide caratteristiche in entrambe le essenze ha spinto molti pittori a
miscelarle.
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I SECCATIVI O ESSICCANTI
Si considerano seccativi tutte le sostanze che concorrono a rendere più rapida
l’essiccazione dei colori a olio. La presenza di seccativi nella pittura può creare
alterazioni di vario genere, come screpolature, alterazione dei toni o diminuzione di
luminosità: è bene quindi utilizzare queste sostanze in quantità molto ridotte.
In commercio si trova un preparato, chiamato “medio essiccante”, che contiene olio di
lino, essenza di petrolio, essiccanti e altre sostanze. In esso la quantità di seccativo
può essere considerata troppo elevata: è consigliabile perciò utilizzarlo mischiato ad
altre sostanze. Alla voce medium, riprenderemo l’argomento.
I MEDIUM
I colori a olio possono essere utilizzati così come escono dal tubetto oppure
aggiungendo oli, essenze o seccativi per modificarne la fluidità. Queste sostanze
possono essere utilizzate singolarmente oppure combinate tra loro, dando origine a dei
medium che possono essere composti secondo l’esigenza dell’artista.
In commercio esistono dei prodotti, chiamati “olietto diluente”, formati dalla
combinazione di oli ed essenze; se aggiungiamo a questo preparato un 20% circa di
“medio essiccante”, possiamo ottenere un medium di buona qualità.
Un miscuglio personalizzato potrebbe essere il seguente:
- olio di lino
40%
- essenza di trementina 40%
- medio essiccante
20%
Questo medium ci permette di avere l’essiccazione dei colori in circa tre giorni. Con
esso si ottiene una pittura fluida e di ottimo effetto. Se inseriamo l’essenza di petrolio
al posto dell’essenza di trementina, abbiamo un prodotto quasi inodore, ma
aumentiamo lievemente l’opacità del colore e riduciamo l’elasticità della pittura.
L’utilizzo diretto del colore dal tubetto comporta un’essiccazione ovviamente più
lenta che può arrivare alle due o tre settimane per alcuni colori, come il bianco di
titanio, i gialli e i verdi.
LA VERNICE FINALE
La vernice protettiva è uno strato pittorico privo di pigmenti: è essenzialmente
composta da un legante naturale o sintetico, veicolato in un solvente che è destinato ad
allontanarsi dopo l’applicazione.
In commercio troviamo vernici lucide come la Dammar, che si ottiene da una resina
vegetale ricavata da grossi alberi di alto fusto (Agathis loranthifolia), oppure vernici
opache che contengono resine acriliche e silice opacizzante. Alcune di queste, a
temperatura ambiente, formano un fondo denso per cui è necessario metterle a
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bagnomaria e scuoterle ripetutamente prima dell’uso. La scelta tra queste due
soluzioni è strettamente legata al gusto personale.
Dal punto di vista estetico, la vernice finale conferisce alla pellicola pittorica una
brillantezza uniforme e fa apparire più saturi i colori. La sua funzione protettiva si
manifesta attraverso la formazione di una pellicola che, sovrapposta a quella pittorica,
la protegge dalle abrasioni, dalle radiazioni della luce solare, dall’umidità, dagli agenti
e inquinanti atmosferici.
La vernice finale va applicata quando la superficie pittorica è perfettamente asciutta e
pulita: è opportuno verificare con la pressione di un dito la completa essiccazione dei
vari colori del dipinto. Nel passato si attendeva circa un anno e nel frattempo si usava
dare al dipinto una vernice provvisoria di facile rimozione; oggi, poiché i colori di più
lenta essiccazione impiegano circa tre settimane, è bene provvedere alla sua
applicazione non prima di un paio di mesi.
La vernice deve essere data in clima temperato-secco, poiché l’umidità può causare
opacità, screpolature e ingiallimenti.
Durante l’applicazione il dipinto deve essere su una superficie orizzontale; si versa il
liquido in una ciotola e lo si stende sul dipinto utilizzando una pennellessa pulita e
flessibile di circa 30 millimetri, incrociando le pennellate. La vernice deve essere
tirata e stesa in modo uniforme, in un velo sottile, senza eccedere nella quantità.
Infine, è opportuno osservare di scorcio, controluce, l’uniformità dello strato e la
completa copertura della superficie; ad asciugatura avvenuta si può stendere una
seconda mano. Terminata l’operazione, il pennello può essere pulito con essenza di
trementina o acquaragia.
LA TELA
In commercio esistono tele di diversa qualità: esse vanno giudicate per il tipo di fibra
usata, per l’imprimitura e per la costruzione del telaio.
Le tele usate nel passato, per la pittura a olio, erano di lino; oggi sono state sostituite
da quelle in cotone. La scelta è fra tre tipi di trama: grossa, media e fine. Per la pittura
a velature, di cui parleremo in questo libro, è bene utilizzare la trama fine. Se ci
troviamo a lavorare su una tela a trama grossa, sarà opportuno dare una nuova mano di
imprimitura, utilizzando la formula consigliata per la preparazione delle tavole.
Il telaio deve essere costruito con i
regoli, provvisti di una certa inclinazione,
più spessi sull’esterno del telaio e meno
nella parte interna; in questo modo,
durante la pittura, la pressione del
pennello non metterà la tela a contatto
con i regoli, evitando così di lasciare,
sulla superficie pittorica, linee non
desiderate (fig. 75).
Fig. 75.
65
Per una buona protezione della tela nel tempo, sarà bene passare sul retro uno strato di
quel medium che utilizziamo per la diluizione del colore, con o senza l’aggiunta di
bianco di titanio.
Qualora la tela sia stata appoggiata male e la superficie abbia subito una
deformazione, sarà sufficiente inumidire il retro perchè ritorni piana e in tensione.
I PENNELLI
I pennelli sono strumenti molto importanti per la buona riuscita di un dipinto e quindi
vanno tenuti con cura. Sul mercato troviamo pennelli costruiti con varie tipologie di
setole, naturali e sintetiche. Noi possiamo utilizzare quelli fabbricati con pelo di bue o
con fibre sintetiche. Anche per quanto riguarda la forma, vi sono diverse soluzioni; il
nostro interesse è verso quelli tondi e quelli piatti.
I pennelli tondi, da possedere come primo corredo, sono delle seguenti misure: 00 – 2
– 5 – 8 – 14; le misure minori devono essere ben appuntite.
Per i pennelli piatti la base è la seguente: 4 – 10 – 16.
In genere per gli sfondi si utilizzano i pennelli piatti, mentre nei particolari spesso si
usano i tondi. In ogni caso si procede secondo le esigenze e il gusto di ognuno di noi.
I pennelli si lavano con più saponate fino alla scomparsa di ogni traccia di colore. Il
materiale di lavaggio può essere costituito dagli avanzi dei comuni saponi, cui sarà
aggiunta acqua; il tutto raccolto in un vasetto di vetro.
OLTRE I PENNELLI
Nell’attività artistica pittorica, i pennelli non sono l’unico strumento utilizzabile.
Tutto è ammesso: l’uso delle dita, degli stracci, della carta, di pezzi di legno, di punte
di vario materiale, di spugne e di qualsiasi oggetto atto a dare un gradevole aspetto
all’opera.
In quest’ultimo paragrafo voglio prendere in considerazione alcuni di questi
strumenti meno ortodossi:
-
dita,
pezzi di legno e punteruoli,
penne d’istrice,
vecchie spugne.
LE DITA
Fin dai tempi più remoti della pittura, le dita sono state utilizzate in alternativa al
pennello. L’abitudine di maneggiare i colori senza precauzioni ha causato la morte o
l’intossicazione di molte persone, soprattutto nel passato. I componenti tossici di
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alcune tinte giungevano, attraverso i pori delle mani, all’interno dell’organismo
avvelenandolo. Il killer peggiore è stato il carbonato basico di piombo, la così detta
biacca, sostituito, agli inizi del millenovecento, dal bianco di titanio. Fortunatamente
oggi i colori non sono più così pericolosi, per cui possiamo manipolarli con maggiore
sicurezza, ovviamente sempre con qualche cautela; in certi casi l’uso delle dita, oltre
a dare buoni risultati, è anche sensualmente gradevole.
Nell’analisi dei colori di questo testo, tutte le sessantasei prove di coloritura sono
state da me sviluppate con le dita.
Riporto qui a fianco la figura 70 per
osservarla da un diverso punto di vista,
quello della sfumatura tra vari colori.
Partendo da quattro tinte differenti, in
pochi secondi, il dito mi ha permesso di
avere una nuova coloritura al centro.
Risultati simili si possono ottenere
attraverso il sistema delle velature: prima
si prepara un colore di base che sarà
lasciato asciugare. Sopra di questo si potrà
intervenire con pochissima tinta più chiara
o più scura, non diluita, creando ottimi
effetti di chiaro-scuro.
Fig. 70.
PEZZI DI LEGNO E PUNTERUOLI
Oltre l’utilizzo di parti del nostro corpo, possiamo usare materiali che abbiamo
quotidianamente sottomano. La realizzazione dello sfondo di questo lavoro (fig. 77)
mi ha creato molti problemi e indecisioni, finché, un giorno, stanco di non concludere,
ho schiacciato direttamente dai tubetti sulla tela vari colori; quindi ho estratto dalla
cassetta un punteruolo e un tenditela (fig. 76) e li ho utilizzati per spargere le tinte.
Fig.
67
76.
Fig.
Fig. 78
77.
Ho lavorato sulla parte superiore della tela, girando e rigirando il punteruolo con
un’inclinazione di venti o trenta gradi, come per disegnare delle stelle filanti, evitando
il contatto diretto della punta con la tela (fig. 78). Nella parte inferiore dello sfondo,
ho usato il tenditela che ha la forma di un trapezio rettangolo: l’ho impugnato dalla
base maggiore e l’ho utilizzato con una buona inclinazione.
Questa sagoma di legno presenta delle
venature impercettibili che lasciano sul
colore dei segni quasi regolari, i quali
accompagnano le volute in modo
elegante e gradevole (fig. 79).
Sui bordi del punteruolo e del tenditela,
si formano dei cumuli di colore che
devono essere eliminati, perché
l’eventuale reinserimento di tinte, già in
parte mischiate tra loro, renderebbe
meno apprezzabile la brillantezza e la
purezza dei colori.
Fig. 79.
68
PENNE D’ISTRICE
L’uso di oggetti diversi dai pennelli e
dalle spatole, probabilmente, è sempre
stato praticato dagli artisti.
Tempo fa una mia allieva ha voluto
riprodurre la Dama con l’ermellino di
Leonardo. Giunta al ricamo della veste
si è fermata, poiché non riusciva a
dipingerla con i pennelli. Il quadro è
stato realizzato dal grande Maestro su
una tavola di legno di modeste
dimensioni. Con molta probabilità
l’artista ha sfruttato la tecnica delle
velature preparando, nella zona
ricamata, un fondo di ocra chiara da far
seccare.
Leonardo da Vinci, La dama con
l’ermellino, 1485/90, olio su tavola, 54x39
cm, Cracovia, Czartoryski Muzeum.
Dopo alcuni giorni ha rivestito con un’ocra
rossastra scura il corpetto e con una terra
d’ombra il suo bordo. Mentre le tinte erano
ancora fresche, ha inciso con una punta,
forse di penna d’istrice, la superficie: il
colore sottostante è così emerso e ha creato
le sembianze di un ricamo. La stessa
tecnica è stata utilizzata in altre parti
dell’opera, come nella testa del furetto e
nei capelli raccolti della ragazza.
Leonardo da Vinci, La dama con
l’ermellino, particolare.
69
Fig. 80.
La penna d’istrice (fig. 80) è dotata di
due punte diverse: una grossa, inserita
nella cute dell’animale, e una molto
fine, appuntita, che ferisce con
facilità. Queste due forme permettono
di incidere il colore fresco con effetti
differenti.
Con una di queste penne, l’allieva ha
terminato con piena soddisfazione la
riproduzione della
Dama con
l’ermellino.
Fig.
81.
Di tanto in tanto utilizzo la penna in particolari dove il pennello ha difficoltà a
realizzare l’effetto voluto.
Qui riporto la frangia di una tovaglia da me dipinta con questa tecnica (fig. 82).
Fig. 82
70
VECCHIE SPUGNE
Altri oggetti, che possono essere utili per ottenere effetti particolari con i colori, sono i
vecchi spazzolini da denti e le spugne non più utilizzate. Le spugne possono essere
naturali, sintetiche o metalliche; ognuna di queste presenta effetti differenti.
La cosa importante è utilizzare
abbondanza di colore senza
diluizione. La leggerezza del tocco è
fondamentale.
La figura 83 rappresenta una
classica spugna da cucina
tagliata a pezzi. Questa presenta
una parte più morbida e una più
rigida; utilizzando entrambi i
lati si possono ottenere buoni
risultati.
Fig. 83.
Ad esempio, nella pittura di paesaggi con alberi o cespugli, lo sfondo può essere
realizzato con la parte morbida della spugnetta, che stenderà sulla tela colori poco
vivaci e alterati, per rilevare la qualità dell’aria. È bene utilizzare il pennello per i
tronchi e i rami, mentre le fronde, dipinte in seguito con l’utilizzo di tinte non diluite,
potranno essere realizzate con la parte rigida della spugna. Naturalmente gli alberi in
primo piano avranno i colori più puri; per generare la sensazione di lontananza, le tinte
perderanno gradualmente intensità.
Fig,
84
Fig. 85
Gli strumenti e i materiali per dipingere possono essere ancora tanti, ma qui mi fermo
affermando che la sperimentazione, per chi desidera affrontare l’espressione di sé
nell’arte, è vitale e non finisce mai.
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