Rassegna stampa 6 gennaio 2016

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Il Piccolo 6 gennaio 2016 Regione Esami e referti medici sullo smartphone La Regione sta lavorando a un’App che consenta di pagare il ticket, prenotare le visite e consultare i responsi sul telefonino di Marco Ballico. TRIESTE. Dal computer allo smartphone: la sanità del Friuli Venezia Giulia è sempre più digitale. Il 2016 segnerà altri passi avanti su consultazione liste d’attesa, prenotazione esami e referti online, ma sarà anche l’anno dello sviluppo di tecnologie “mobility app” per i principali servizi in rete. Il modello è in Toscana. A partire dalla Usl di Livorno, la sanità di quella regione è già sbarcata su cellulari, spartphone e tablet. Con la collaborazione di Telecom Italia è già attiva da un paio d’anni, inizialmente per il sistema Android, successivamente anche per iPhone, una App che consente di consultare in tempo reale i referti medici, accedere a servizi digitali e ottenere varie informazioni aggiornate. Un’ipotesi di lavoro anche per il Friuli Venezia Giulia scritta nelle Linee per la gestione del servizio sanitario e sociosanitario regionale per il 2016 approvate in via definitiva dalla giunta su proposta dell’assessore Maria Sandra Telesca. Al primo punto in agenda c’è infatti l’elenco degli obiettivi da raggiungere nel corso dell’anno con il coinvolgimento anche di Paolo Panontin, assessore delegato al digitale: estensione del servizio referti online, pagamento sempre online delle prestazioni, consultazione liste di attesa di tutte le prestazioni erogate, inclusi gli elenchi per i principali interventi chirurgici, con indicazione della prima data utile. E ancora monitoraggio dei tempi di accesso ai servizi di Pronto soccorso per codice triage (che definisce il grado di priorità per il trattamento), estendendo la procedure del Sei, sistema emergenza intraospedaliera, già adottata dalla maggior parte dei servizi della regione, anche per le rimanenti sedi di Ps. E, a semplificare il tutto, l’intenzione è di mettere a punto App che consentano al cittadino di accedere alle informazioni non solo dalla postazione computer, ma anche via smartphone o tablet. Tra le altre attività da consolidare o avviare nel 2016 le Linee guida prevedono pure l’estensione della ricetta dematerializzata, oltre che alla farmaceutica, alla specialistica ambulatoriale, per i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e gli specialisti convenzionati e dipendenti del Ssr, l’avvio del sistema software per la gestione della centrale operativa unica del 118 (programmata per metà anno) e, più in generale, interventi sull’intero sistema Ict del servizio sanitario regionale per gli adeguamenti previsti dalla riforma sanitaria (Lr 17/2014). Assecondando l’input di quella legge e le sollecitazioni nazionali contenute nel Patto “e-­‐health” cui le Regioni stanno iniziando a rispondere, la giunta ha infatti predisposto un vasto programma di sanità digitale. Per quanto riguarda le funzioni rivolte al sistema, si legge ancora nel documento della giunta, si lavorerà dunque anche sul Fascicolo elettronico, la cartella clinica del terzo millennio, «strumento indispensabile per perseguire la sicurezza dell’assistenza», rileva Telesca. Di fatto sarà un supporto informatico contenente l’intera storia sanitaria del paziente che fornirà ai professionisti le necessarie informazioni in ogni momento del percorso assistenziale, assicurando anche l’uniformità qualitativa dei servizi e la riduzione dei costi gestionali. Non manca, sempre nelle Linee guida, l’attenzione alla privacy. I cittadini avranno la possibilità di consultare il proprio Fascicolo elettronico online definendo le regole di consenso e gli eventuali oscuramenti nell’accesso ai documenti da parte degli operatori sanitari. La fase della liberatoria sarà il primo passo, cui seguiranno l’introduzione del sistema di identificazione sulla tessera sanitaria, l’integrazione del modulo di accesso al Fascicolo all’interno dei sistemi clinici già in uso nelle strutture ospedaliere e l’implementazione dell’interoperabilità con le altre regioni al fine di condivide i dossier. Nel 2016, infine, sarà obbligatorio l’uso della firma digitale per i referti di laboratorio e microbiologia, medicina trasfusionale, anatomia patologica, radiologia e elettrocardiogramma. 1 Faccia a faccia con i supermanager Serracchiani e Telesca a confronto con i vertici delle Aziende sulle priorità 2016 TRIESTE. Debora Serracchiani e Maria Sandra Telesca continuano a spron battuto gli incontri operativi con i supermanager della sanità. Ieri, a Udine, il confronto con il commissario dell’Azienda 4 del Friuli centrale Mauro Delendi e con il direttore dell’Azienda 3 dell’Alto Friuli-­‐Friuli Collinare-­‐Medio Friuli Paolo Benetollo. Nel Friuli centrale, in particolare, le priorità sono il proseguimento della riorganizzazione ospedaliera che ha già portato all’ampliamento del pronto soccorso di Udine e che vedrà rafforzato il presidio ospedaliero di Cividale, nonché il potenziamento della sanità territoriale. Per quanto riguarda il presidio di Cividale, in particolare, a gennaio è previsto un incontro con i responsabili distrettuali e i medici. Il programma di rafforzamento prevede l’attuazione del piano emergenza/urgenza, dopo che l’anno trascorso è stata ampliata 24 ore su 24 l’apertura Centro di salute mentale, sono stati attivati quattro posti hospice ed è stato potenziato il reparto di medicina a supporto della Residenza sanitaria assistenziale. Sul fronte territoriale, poi, l’Azienda 4 lavora all’apertura di quattro centri di assistenza primaria, alla prosecuzione del sistema di integrazione con le farmacie e all’accorciamento delle liste d’attesa. L’attuazione del piano emergenza/urgenza e il rafforzamento della sanità territoriale in tutte le sue articolazioni sono peraltro le priorità anche dell’Azienda 3 dell’Alto Friuli. In agenda, nel dettaglio, l’integrazione fra gli ospedali di San Daniele e Tolmezzo e la prosecuzione dell’attività di day surgery a Gemona che ha già ottenuto brillanti risultati. Trieste Filmava le babypazienti. «È sano di mente» Depositata la perizia sull’infermiere del Burlo Mauro Cosolo finito sotto accusa per atti sessuali: può essere processato di Corrado Barbacini. Mauro Cosolo, 59 anni, l’insospettabile infermiere del Burlo accusato di atti sessuali su minorenni, non solo era capace al momento dei fatti di intendere e di volere e di capire la gravità delle azioni commesse, ma può partecipare coscientemente al processo. Lo scrive a chiare lettere lo psichiatra Bruno Norcio al quale il gip Luigi Dainotti ha affidato, accogliendo l’istanza dei difensori, gli avvocati Raffaele Leo e Marta Silano, una perizia tecnica. E sarà proprio questa perizia al centro dell’udienza fissata davanti allo stesso gip il prossimo 20 gennaio. Il dottor Norcio rileva tuttavia che l’infermiere accusato di atti sessuali su minorenni soffre di un disturbo depressivo che al momento risulta essere in fase di attenuazione ma comunque necessita di un adeguato trattamento terapeutico. «Non ci si trova davanti a un imputato che ammette le proprie colpe o responsabilità e cerca di giustificare i propri comportamenti illegali. Ci si trova invece di fronte a un imputato che nega in modo categorico di aver commesso gran parte dei reati», scrive ancora il consulente del gip. Nella sua lunga e articolata relazione tecnica -­‐ è stata depositata nei giorni scorsi -­‐ il perito fa iniziare la vicenda psicologica di Cosolo nel 2000 con quella che definisce una sindrome post traumatica da stress relativa alle conseguenze emotive dell’assassinio del fratello Bruno. La spy pen con la quale Mauro Cosolo ha poi filmato per anni i corpi nudi dei bambini e delle bambine e in particolare le loro parti intime mentre si trovavano nella sala gessi dell’ospedale infantile sarebbe stata acquistata in quel periodo per essere utilizzata tra il 2012 e il 2013. «L’esame psichico -­‐ osserva ancora lo psichiatra -­‐ ha evidenziato che nel paziente tutti i requisiti per la capacità processuale sono presenti». In sostanza secondo il consulente Cosolo «sa quali sono i reati di cui è imputato e ha in sostanza portato avanti una propria linea difensiva». La vicenda è esplosa nel settembre del 2014 anche se esistono due differenti segnalazioni che risalgono al 2007, oggetto di un procedimento stralcio nel quale sono indagati per omessa denuncia gli ex direttori sanitari Mauro Delendi e Giampaolo Canciani e la dottoressa Daniela Dibello. A settembre appunto era giunta al Burlo, accompagnata dalla 2 mamma, una ragazzina di 12 anni che si era rotta una gamba. La giovanissima era stata accolta nell’ambulatorio del reparto di ortopedia e, dopo la visita dello specialista, era stata affidata all’infermiere addetto alla sala gessi: Cosolo, appunto. L’uomo, secondo la denuncia presentata dalla mamma della ragazzina, si era comportato in modo sospetto. La stessa mamma, infatti, aveva visto che l’infermiere teneva in mano una particolare penna che sembrava una telecamera. E pertanto si era rivolta al medico responsabile della struttura Marco Rozzo che, a sua volta, aveva attivato la direzione sanitaria di via dell’Istria. Era partita la segnalazione e gli investigatori della squadra mobile, su incarico del pm Pietro Montrone, avevano immediatamente attivato le indagini. Per avere la conferma dei sospetti della madre della dodicenne, era bastato aspettare ed effettuare alcuni accertamenti sulle ultime visite. Pochi giorni dopo un’altra bambina, che si era rotta un braccio, era arrivata all’ospedale infantile ed era stata sistemata sul lettino della sala gessi dove Cosolo, in pochi minuti, era entrato in azione con la sua telecamera inserita in una penna, passandola sotto il lenzuolino. Nessuno se n’era accorto. Ma tanto era bastato ai poliziotti. Che nell’abitazione dell’infermiere del Burlo, perquisita per ordine del pm Montrone, avevano trovato dopo pochi giorni 251 video e oltre duemila fotografie scattate a ignare e inconsapevoli bambine durante le visite nell’ambulatorio di Ortopedia. In tali immagini si vedono le parti intime delle piccole pazienti. E Cosolo era stato subito arrestato. Lucinico, «ridateci il centro prelievi» Chiuso da fine giugno Il presidente del Consiglio comunale Roldo alza i toni della protesta ma Moretti (Pd) rassicura: «Serve soltanto un po’ di pazienza» di Francesco Fain. Era il 13 dicembre scorso. Il consigliere regionale Diego Moretti, che si occupò personalmente della questione, annunciò che la vicenda dell’ambulatorio prelievi de “La Salute” stava andando verso la sua conclusione positiva. Insomma, il servizio sarebbe stato riattivato in tempi brevissimi per la soddisfazione dei tanti utenti (soprattutto anziani) dell’ambulatorio. Ma il tempo è passato e il servizio è ancora chiuso. A Lucinico, la pazienza ha raggiunto ormai il livello di guardia. Le proteste nei confronti dell’amministrazione regionale e dell’Aas Bassa Friulana-­‐Isontina (rei di aver “stoppato” l’attività) stanno crescendo a dismisura. A farsene portavoce Rinaldo Roldo, presidente del Consiglio comunale. «Evidentemente, il Pd conta come il due di briscola se eminenti personaggi di quel partito (Moretti, ndr) non riescono a farsi valere con l’amministrazione regionale del loro stesso colore. “La Salute”, negli anni, ha ricevuto anche dei finanziamenti pubblici per crescere e svilupparsi e oggi fanno di tutto per affossarla. Stanno boicottando “La Salute”: scrivetelo a carattere cubitali». Roldo ripercorre la triste vicenda. «Alla fine di giugno, l'attività dell'ambulatorio prelievi -­‐ rammenta -­‐ venne sospesa direttamente dalla onlus di Lucinico a causa dell'improvvisa interruzione delle forniture da parte dell'Azienda sanitaria del materiale necessario a effettuare i prelievi: quindi fiale, aghi, campane, vasetti e altri contenitori speciali. A questa interruzione seguirono le rassicurazioni da parte dell'Aas e l'annuncio che il servizio sarebbe potuto essere riattivato dopo all'elaborazione di un protocollo di sicurezza. Poi, venne tirata in ballo la convenzione che già c'era e non era assolutamente in scadenza. Si disse che bisognava rivederla. Il tempo è passato ed è arrivata una bozza di dodici righe. Sembrava fatta». Sembrava talmente fatta, denuncia Roldo, che la stessa Ass fece sapere che il servizio poteva riaprire nell'arco di pochissimi giorni. «Ma così non è stato. Il servizio continua a rimanere chiuso con tutte le conseguenze e i disagi per i cittadini che ben possiamo immaginare. È ora di finirla. Ripeto: siamo pronti a dare vita a una manifestazione di protesta se le cose non cambieranno». La risposta di Diego Moretti? «Le carte sono tutte pronte: queste, almeno, sono le rassicurazioni del direttore sanitario dell’Aas 3 Bassa Friulana-­‐Isontina -­‐ sottolinea il consigliere regionale targato Pd -­‐. Ci vuole ancora un po’ di pazienza». Messaggero Veneto 6 gennaio 2015 Attualità In grembo la figlia morta Nuova inchiesta a Piacenza Una donna di 26 anni ha perso la bambina a pochi giorni dal parto programmato Altro caso a Cava de’ Tirreni: odissea tra ospedali prima di conoscere la verità di Marianna Bruschi. PIACENZA. Volevano essere mamme. Ma la loro gravidanza è diventata un lutto, un dolore. A Piacenza una ragazza di 26 anni ha scoperto di portare in grembo un feto morto a pochi giorni dal parto programmato. A Cava de’ Tirreni un’altra donna ha girato di ospedale in ospedale prima di riuscire a farsi visitare e fare la stessa scoperta: il suo bambino era privo di vita. Due casi che rimandano a quanto accaduto negli ultimi giorni, con cinque donne morte di parto insieme ai loro bambini. Cosa è accaduto in tutti questi casi lo accerteranno le indagini e gli ispettori del ministero. Sulle cinque donne morte il ministro Beatrice Lorenzin ha sottolineato che «sono tutti casi diversi uno dall’altro e avvenuti in grandissime strutture ospedaliere che son considerate di eccellenza nel nostro Paese». E ha aggiunto: «Mi auguro che non ci sia stata alcuna omissione nel soccorso, ma d’altra parte bisogna dare delle risposte alle famiglie e se ci sono degli errori nel percorso vanno corretti immediatamente». Al ministro Lorenzin è rivolto l’appello delle associazioni di ginecologi per risolvere «problematiche strutturali e di organico». L’entrata in vigore anche in Italia della normativa Ue su riposi e orari di lavoro in sanità, hanno spiegato Nicola Colacurci, Paolo Scollo e Vito Trojano, presidenti rispettivamente dell’associazione ginecologi universitari, della Società italiana di ginecologia e ostetricia e dell’associazione ostetrici ginecologi ospedalieri, ha acuito la carenza nelle dotazioni di organico. Quello che è accaduto a Piacenza è in attesa di risposte. La visita medica era andata bene ed era stata programmata la data del parto cesareo, perché il feto era in posizione podalica. Era il 31 dicembre. A metà gennaio una donna di 26 anni sarebbe diventata mamma. Poi non ha più sentito i movimenti della sua bambina. E gli esami, una volta ritornata in ospedale il 3 gennaio, hanno spiegato perché: la piccola era morta. Doveva essere la sua prima figlia. L’azienda sanitaria di Piacenza ha ripercorso il caso della donna, le sette visite a cui è stata sottoposta, le tre ecografie. «Era tutto nella norma», hanno spiegato i medici. Ma la ragazza ha sporto denuncia e la polizia di Piacenza ha avviato le indagini, con il sequestro della cartella clinica. Si farà l’autopsia sul feto. La coppia vuole capire cosa è accaduto, vogliono sapere se nella visita del 31 dicembre -­‐ quella in cui tutto sembrava nella norma -­‐ siano state compiute delle irregolarità. «La morte fetale endouterina, ossia la morte del feto dopo la ventiduesima settimana -­‐ ha spiegato Giacomo Biasucci, direttore del Dipartimento materno infantile -­‐ ha un’incidenza in Italia di 3,5 ogni mille gravidanze, e può dipendere da diversi fattori. Le cause più frequenti sono il distacco intempestivo di placenta e tutte quelle situazioni in cui viene a mancare l’apporto di ossigeno al feto». Una storia di dolore arriva anche da Cava de’ Tirreni: i timori di una donna si sono trasformati in realtà dopo un’odissea tra diversi ospedali. Era alla sua seconda gravidanza. Si è rivolta a un primo ospedale e da lì è stata mandata in un’altra struttura dove è stata visitata e ha ricevuto la notizia che portava in grembo un feto morto. Si è rivolta allora alla sua ginecologa, in una clinica privata, che vista la situazione ha preferito rimandare la donna in ospedale per essere sottoposta a un parto cesareo. Storie diverse che hanno però in comune le 4 speranza distrutte di donne che volevano solo essere madri. E che ora cercano la verità. @mariannabruschi L’appello «Servono personale e sedi attrezzate» Organici, turni, formazione, ma anche strutture. Le associazioni dei ginecologi si rivolgono al ministro Lorenzin per chiedere un intervento, anche alla luce degli ultimi casi: «Bisogna garantire punti nascita adeguati per struttura, attrezzature e personale e con un numero di parti non inferiori a 500 l’anno», poi aggiornamento continuo per il personale e «il rispetto di linee guida condivise da tutta la comunità ostetrico ginecologica». Udine La Quiete aumenta le rette venti euro in più al mese Rispetto allo scorso anno sono rincarate dell’1 per cento, 0,70 centesimi al giorno Analoghi i ritocchi previsti dal gruppo Caris. A Lovaria 693 euro in più all’anno di Giacomina Pellizzari. Case di riposo più care. Dal primo gennaio ricoverare il nonno all’Azienda per i servizi alla Persona “La Quiete” costerà circa 20 euro in più al mese. L’aumento è minimo: mediamente si attesta intorno a 0,70 centesimi di euro al giorno. In percentuale, rispetto a un anno fa, non supera l’1 per cento. Incide poco anche sul fatturato che raggiunge i 17 milioni all’anno. È però indispensabile per fronteggiare gli aumenti Istat e garantire la qualità dei servizi. Analogo l’aumento previsto dal gruppo Caris che in città gestisce la struttura di via Montello e la Sant’Anna di via Tellini, a Cussignacco. Anche qui i rincari per l’utenza si aggirano attorno all’1 per cento. Più importante l’aumento applicato dalla Fondazione Muner De Giudici che gestisce la casa di riposo di Lovaria: in questo caso le rette per l’ospitalità in struttura residenziale, nel 2016, costeranno 1,9 euro in più al giorno. Circa 57 euro al mese. Certo è che per ricoverare un anziano in casa di riposo bisogna mettere in conto, alla Quiete, almeno 2.050 euro al mese, 2.130 se si opta per una stanza singola. La cifra è al netto del contributo (16 euro al giorno) riconosciuto dalla Regione a tutti gli ospiti delle case di riposo. L’importo giornaliero può scendere al massimo di 1,5 euro nel caso di famiglie meno abbienti con redditi Isee bassi o di residenti che nell’azienda di via Sant’Agostino usufruiscono di uno sconto. Nella struttura di Lovaria (Pradamano), invece, si arriva a spendere più di 2.200 euro al mese per una stanza singola e circa 2.080 euro, sempre al mese, per una doppia. Si tratta di cifre importanti per una famiglia costretta a far tornare i conti a fine mese. Generalmente li fa tornare detraendo dalla spesa per la casa di riposo anche l’assegno mensile (la cosiddetta accompagnatoria) che riceve per assistere l’anziano. Senza dimenticare il fatto che per le famiglie bisognose interviene il Comune. Ecco perché ad alcuni gestori non dispiacerebbe se la Regione destinasse i contributi non solo in funzione all’Isee, ma anche della gravità dei pazienti. È fuori dubbio, infatti, che l’assistenza per un paziente allettato costa di più rispetto a quella garantita a uno che riesce ancora a muoversi. Questo consentirebbe ai gestori delle case di riposo di applicare tariffe uniche anziché suddividerle per padiglioni come avviene alla Quiete. La crisi economica ha colpito solo in parte le case di riposo perché se da un lato ha costretto molte famiglie, soprattutto se uno dei suoi componenti ha perso il lavoro, ad assistere l’anziano in casa, dall’altro è anche vero che quel tipo di servizio non conosce crisi. Alla Quiete il tasso di occupazione sfiora il 100 per cento e le liste d’attesa permangono nonostante non siano più lunghe come un tempo. Il nuovo vertice dell’Azienda ora è impegnato nella predisposizione del bando unico per l’affidamento dei servizi di pulizia e lavanderia per i prossimi cinque anni. Stiamo parlando di una gara d’appalto con un importo a base d’asta pari a 9 milioni di euro. Di fronte alle difficoltà delle famiglie colpite dalla crisi economica c’è anche chi ha deciso di ridurre le rette dello 0,70 5 centesimi di euro al giorno che si traduce in un risparmio annuo di circa 250 euro. Stiamo parlando del consiglio di amministrazione della casa di riposo Umberto I di Latisana. Ecco la cittadella della salute Un’opera da 23,7 milioni a Sant’Osvaldo. L’Aas4 presenta il piano di fattibilità alla Regione di Alessandra Ceschia. Ci sono voluti anni per arrivare a uno studio di fattibilità, oggi, a distanza di oltre un secolo dalla sua realizzazione, il vecchio ospedale psichiatrico provinciale di Sant’Osvaldo si candida a diventare una vera a propria “cittadella della salute”. Un progetto da 23,7 milioni di euro complessivi che l’Azienda per l’assistenza sanitaria 4 del Friuli Centrale ha presentato alla Regione. Lo Studio di fattibilità è stato approvato con decreto del commissario straordinario Mauro Delendi nei giorni scorsi e prevede la riqualificazione, il recupero edilizio funzionale e la valorizzazione del comprensorio di via Pozzuolo 330. Le origini Il complesso fu realizzato fra il 1902 e il 1904 su un territorio di 50 ettari, ben superiore agli attuali 22, e costituisce uno dei maggiori insediamenti di psichiatria asilare d’Italia. Il manicomio fu collocato nel quadrante sud occidentale del territorio comunale, su un territorio agricolo segnato dal tracciato della Roggia di Udine e dei roielli. Conta sulla presenza di 33 edifici, dei quali solo 13 sono utilizzati al momento, gli altri sono vuoti da tempo e per questo soggetti a un progressivo deterioramento. La copertura «Lo studio che abbiamo presentato comprende interventi di recupero edilizio, opere di urbanizzazione, di recupero del parco e di viabilità con la creazione di una rotonda che renderà meno pericoloso l’accesso al comprensorio» anticipa il commissario Delendi. «Opere che potranno essere realizzate man mano che verrà trovata una copertura finanziaria» aggiunge. Il progetto complessivo sfiora i 24 milioni, al momento solo due sono disponibili, ma, attraverso la vendita degli immobili dismessi in via Del Pozzo, quelli al civico 1 e 3 (e presto 5) di via Manzoni e di quello in via San Valentino si potrebbero ricavare 8 milioni di euro. Ora bisognerà attendere il riparto della Regione per assicurare la copertura del progetto. Chiesa agli ortodossi Alcuni interventi, comunque, sono già finanziati. Fra questi il recupero della palazzina numero 6 destinata a diventare un centro di formazione per l’intero comprensorio, per il quale è già stato stanziato un milione di euro ed esiste già un progetto esecutivo. È già stato assicurato anche l’utilizzo del piccolo edificio religioso, sistemato e ceduto alla Comunità russo ortodossa, che lo ha trasformato nel proprio centro di culto al quale affluiscono anche molti cittadini provenienti da diversi paesi dell’Est europeo. Al momento, nel complesso lavorano circa 250 persone suddivise fra la Direzione dell’Aas4, il Sert, Il Csm Udine sud, i Centri diurni e le residenze protette, ma il complesso potrebbe ospitare altri 300 o 400 lavoratori. Arrivano i veterinari Stando ai progetti predisposti dall’Aas4, infatti, tutti, o quasi, i padiglioni dovrebbero trovare una nuova destinazione. Già dal primo febbraio una delle palazzine sarà occupata dall’Ufficio veterinario per gli adempimenti comunitari del Ministro della Salute che prima aveva sede a Gorizia. A illustrare i contenuti dello studio di fattibilità è il direttore amministrativo Saverio Merzliak, da tempo impegnato nel progetto. «L’utilizzo della palazzina 12 non dovrebbe comportare costi a carico dell’Aas4, visto che l’Istituto zooprofilattico dovrebbe firmare una convenzione con l’Aas4 in base alla quale si sobbarcherà i costi di ristrutturazione dell’immobile pari a 4 milioni di euro» anticipa. Il distretto «I padiglioni 3, 5 e 7 del lato sud dovrebbero essere destinati al Distretto di prevenzione e ai servizi per l’area materno infantile – continua Merzliak – dotati di una serie di parcheggi, mentre sul retro dovrebbe essere collocata la sede dell’Arpa che ha presentato un’istanza alla Regione in tal senso e che potrebbe riunire nel complesso le sue sedi provinciali». Nella palazzina che ospita l’ufficio del personale, i servizi tecnici e la ragioneria dovrebbe trovare sede l’Ente per gestione accentrata dei servizi condivisi. Il manicomio Per non dimenticare una realtà storica soppressa con la legge Basaglia nel 1978, nello studio di fattibilità è stato inserito anche un restauro filologico dell’ex padiglione degli “agitati”. «Si tratta – spiega 6 Merzliak – del padiglione 10, un tempo adibito a manicomio maschile che mantiene ancora la distribuzione in piccole celle e spazi comuni e che vorremmo convertire in una struttura museale». Per il recupero della struttura teatrale, inoltre, sarebbe già stata trovata un’intesa con il Centro edile per la formazione e la sicurezza disposta a farne un cantiere di formazione e a concorrere al ripristino dell’area. Per la destinazione di altri quattro edifici l’Aas4 ha programmato un concorso di idee. Sarà recuperato anche il parco da 22 ettari Realizzato agli inizi del Novecento, ospita 184 specie di piante e attende interventi di potatura Una città nella città, inserita in una griglia di viali alberati dove i percorsi ortogonali disegnano delle insulae per i differenti reparti. Il sito manicomiale udinese, immerso in un parco immenso e ricchissimo, nacque facendo seguito alle istanze psichiatriche del professor Giuseppe Antonini, ideatore e direttore fino al 1911, e dell’ingegnere capo della Provincia Cantarutti. Progettato senza mura, ma solo con recinto leggero, per contrastare l’idea della segregazione, fu dotato di una colonia agricola, di un panificio e di un pastificio. Ma il tempo e la scarsità di fondi per la manutenzione del vasto parco con un impianto planimetrico all’italiana (nelle insulae) e all’inglese (nei boschetti perimetrali) impone urgenti interventi di restauro. Servono vigorose potature lungo la griglia viaria dei tigli in doppia alberatura, come del resto nella doppia dorsale di viali di platani che scandisce gli isolati. Nel parco sono state censite 184 specie di alberi e arbusti dal botanico Valentino Verona che si snodano su 22 ettari orlati da siepi di bosso. «Sarà necessario – anticipa il direttore amministrativo Saverio Merzliak – avviare un intervento di manutenzione straordinaria e un ripristino del sistema parco. Interventi che sono stati inseriti nello studio di fattibilità». Esistono inoltre due progetti da 40 mila euro complessivi già finanziati. Il primo conta sull’apporto della Facoltà di Agraria e punta al recupero delle serre storiche. L’altro è connesso allo sviluppo dell’orto sinergico, gestito dalla cooperativa sociale all’interno del quale vengono prodotti diversi frutti e ortaggi.(a.c.) Latisana Nati 444 bambini, ma si chiude Nel 2015 l’Ostetricia di Latisana ha registrato un aumento dei parti. Il comitato: ripensateci di Paola Mauro. LATISANA. Chiude l’anno con un + 10%, il punto nascita di Latisana che registra 444 bambini nati nel corso del 2015, contro i 408 del 2014. E l’exploit lo ha registrato proprio in concomitanza con la chiusura del reparto maternità di Portogruaro. Lo conferma un semplice paragone fra i nati dei mesi di gennaio e febbraio (ma il trend è stato simile per tutto il primo semestre) con una cinquantina di parti sul bimestre e il raddoppio esatto segnato dai mesi di agosto, settembre e ottobre, i mesi dello stop a Portogruaro, quanto a Latisana sono nati 150 bambini. Se novembre e dicembre non fossero stati caratterizzati da un continuo rimbalzo di notizie che davano per imminente la chiusura del punto nascita di Latisana, il trend di crescita sarebbe continuato e il dato finale sarebbe stato molto più vicino alla soglia dei 500 parti. Insomma il Veneto continua a caratterizzare il futuro del reparto di Latisana, soprattutto in queste ore quando è data ormai per scontata la riapertura del reparto, con la nomina del nuovo primario: «la presidente Serracchiani lo aveva anticipato al comitato e poi lo ha ribadito rispondendo in diretta a una trasmissione televisiva – scrive la presidente del comitato Nascere a Latisana, Renata Zago -­‐ ma stiamo aspettando di lasciar riaprire al Veneto per poter dire che Latisana non serve. In questo modo però, sarà la Regione Veneto a guadagnare quel milione di euro che finora ha rimborsato al Friuli solo per le prestazioni ostetriche e pediatriche, ai quali adesso si sommeranno gli ulteriori rimborsi che il Friuli andrà a pagare per le nostre mamme e i nostri bimbi che si faranno curare in Veneto. Ma non c'è nessuna “istituzione” in Friuli Venezia Giulia che si scandalizza per questo ?». E’ quanto si 7 chiede la Zago e il messaggio è chiaramente diretto al sindaco di Latisana, Salvatore Benigno, invitato, non solo dal comitato, ma anche da una parte del consiglio comunale, a ricorrere alla Corte dei Conti, per il danno erariale, per i mancati introiti. Ma anche per i soldi spesi per il reparto nuovo dell’ospedale di Latisana, mai aperto, a favore di un punto nascita, quello di Palmanova, dove l’Azienda sanitaria 2 intende concentrare tutta l’attività, ma che necessita di interventi di ristrutturazione. Sulla questione il sindaco prende tempo, ma ciò che manca alla vicenda del dipartimento materno infantile dell’ospedale di Latisana è proprio il tempo: a quanto pare per il mese di gennaio i turni dei pediatri sono garantiti, poi si arriverà allo stop dell’attività. Medici di base, via alla rivoluzione Ci saranno ambulatori che dovranno restare aperti otto ore al giorno e almeno due centri di prima assistenza di Christian Seu. Medici di famiglia organizzati in gruppo, con ambulatori aperti almeno otto ore al giorno. Istituzione di due centri di assistenza primaria (Cap) in provincia, a Cormons e Grado, animati da equipe mediche multiprofessionali. E, infine, raggruppamenti di medici (uno ogni 20-­‐30 mila pazienti) che avranno il compito di valutare e raggiungere gli obiettivi assistenziali fissati dal distretto di riferimento. I medici di base goriziani si preparano alla piccola rivoluzione prevista dall’accordo integrativo regionale siglato lo scorso dicembre tra le organizzazioni sindacali e l’assessorato alla Salute. Un percorso che coinvolgerà circa cento professionisti nella nostra provincia e che porterà a significative novità anche per gli utenti. Medicina di gruppo Di fatto, in base all’accordo, ciascun paziente avrà più di un medico di famiglia. Già, perché il medico di base selezionato con le consuete modalità sarà affiancato da almeno cinque colleghi, che daranno vita alla Medicina di gruppo integrata (Mgi), sede unica in cui per otto ore al giorno gli utenti troveranno un professionista a disposizione. «Il 15 per cento degli studi medici si convertirà già entro il 2016 -­‐ spiega il segretario provinciale della Federazione che raduna i medici di medicina generale (Fimmg), Roberto Vallini -­‐, anche se nel Goriziano le esperienze simili sono già numerose. Poi, entro un triennio, tutti dovremo migrare al sistema delle Mgi, per dare un servizio più completo al cittadino, che troverà sempre un medico collegato in rete con altri medici, che potranno accedere ai dati clinici del paziente». Una riforma che toccherà anche i medici che ancora non operano in forma associata «che coordinandosi con altri colleghi dovranno garantire l’apertura per almeno otto ore -­‐ conferma la vicaria provinciale della Fimmg, Adriana Fasiolo -­‐. In futuro non è escluso che l’orario venga prolungato sulle dodici ore, chiaramente in accordo con l’Aas». I Centri di assistenza primaria La nuova articolazione prevede anche la creazione di Centri di assistenza primaria (Cap), aperti per dodici ore (dalle 8 alle 20) nei giorni lavorativi e due ore (dalle 8 alle 10) nei sabati e prefestivi. Il Cap si fonda sul lavoro multi-­‐ professionale in cui sono coinvolti medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti, infermieri, assistenti sociali, amministrativi, allo scopo di costituire un riferimento unitario per i pazienti e le loro famiglie. «In una prima fase ne avremo due in provincia, uno a Cormons e uno a Grado, ma non è escluso che in futuro la dotazione possa raddoppiare nel caso in cui venissero individuate le strutture idonee ad accogliere i centri», evidenzia Vallini. Le Aft Saranno inoltre varate -­‐ già nei primi mesi dell’anno -­‐ le aggregazioni funzionali territoriali (Aft), ovvero raggruppamenti funzionali di medici di Medicina generale che avranno lo scopo di realizzare le condizioni per l'integrazione professionale delle attività dei medici e per il conseguimento degli obiettivi di assistenza, creando azioni coordinate per affrontare un determinato problema. «In generale -­‐ spiega Fasiolo -­‐ l’approccio è quello di iniziare a favorire una medicina di iniziativa, rispetto a quella d’attesa: puntiamo, con l’ausilio dei collaboratori, a dare l’impulso per coinvolgere i pazienti, per incrementare lo screening e migliorare la prevenzione». 8 Il virus Influenza, il picco a fine mese ma in centinaia sono già a letto Sono centinaia i goriziani che hanno passato a letto le festività natalizie. E, complice, il freddo intenso di questi primi giorni dell’anno, il fenomeno è in crescita. «Ma per l’influenza vera e propria bisognerà aspettare ancora qualche settimana», indica la vicepresidente provinciale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), Adriana Fasiolo. «Ci sono parecchi casi di virus parainfluenzale, con diversi pazienti costretti a casa da forme gastroenteriche e virosi delle alte vie respiratorie», indica il vicario della Fimmg isontina. «Ma il picco dell’influenza è ancora lontano ed è atteso per le prossime settimane», aggiunge Fasiolo. I goriziani che hanno passato le feste alle prese con fazzoletti, aspirine e sciroppi non possono dunque considerare ancora scampato il pericolo. Complici le feste, gli scambi di auguri e i momenti conviviali in famiglia, i virus parainfluenzali si sono certamente diffusi a ritmo più sostenuto, costringendo parecchie persone a barricarsi in casa e armarsi di medicine e termometro: secondo le stime dell’Università di Milano, sono circa 200 mila gli italiani che in queste a ore sono alle prese con sindromi parainfluenzali, favorite come detto anche dall'arrivo del grande freddo, che dopo aver risparmiato il nostro Paese in dicembre, è arrivato intenso nei primi giorni del 2016, accompagnato da precipitazioni nevose e venti anche intensi. Il consiglio dei medici è sempre quello di vaccinarsi, per chi non l’avesse ancora fatto: la profilassi è particolarmente indicata per le categorie più a rischio, ovvero anziani e bambini. Per chi ha già i sintomi di influenza o sindromi parainfluenzali, gli esperti consigliano riposo, pasti equilibrati e non troppo ricchi di grassi e bottiglia dell’acqua sempre a portata di mano: fondamentale, in questi casi, è infatti una corretta idratazione. (chr.s.) Pordenone La piazzola dell’elicottero adeguata ai voli notturni Stanziati 90 mila euro per i dispositivi luminosi. L’elisuperficie è ancora chiusa Pianificati gli investimenti per gli ospedali del territorio: ecco cosa succederà di Donatella Schettini. Adeguamento dell’elisuperficie dell’ospedale di Pordenone ai voli notturni e manutenzione nei tre ospedali della provincia: è quanto prevede il piano di investimenti della Aas 5 licenziato dalla direzione generale e inviato alla Regione per il parere del nucleo di valutazione. «In considerazione della decisione relativa al nuovo ospedale e delle attuali risorse finanziarie disponibili per i piani di investimento – premette la Aas 5 nella relazione che accompagna il piano –, la Regione ha chiesto di dare priorità ad interventi di manutenzione straordinaria volti alla messa in sicurezza e all’adeguamento degli edifici di proprietà». Elisuperficie. È la novità dovuta all’approvazione del piano regionale dell’emergenza che stabilisce che l’elicottero del 118 possa operare anche nelle ore notturne. L’attuale elisuperficie dell’ospedale di Pordenone, sulla copertura del padiglione C che è stata recentemente sottoposta ad intervento di riqualificazione e non è ancora operativa, sarà adeguata al volo notturno e all’atterraggio dell’eliambulanza. Mancano i dispositivi di segnaletica luminosa e l’impianto di illuminazione. Spesa stimata in 90 mila euro, da assegnare ai bilanci 2016 e 2017. Manutenzione. Quella straordinaria è prevista per i presidi ospedalieri di Pordenone, San Vito al Tagliamento e Spilimbergo. Diversi gli interventi con una spesa stimata per ciascuno di 200 mila euro. Si tratta di salvaguardare la funzionalità delle strutture, degli impianti meccanici ed elettrici e lavori in materia di sicurezza. In questo settore rientra anche la rimozione dell’amianto. Complessivamente sono stati stanziati 800 mila euro. San Vito al Tagliamento. L’ospedale fa la parte del leone con una serie di investimenti, alcuni già programmati, come il proseguimento dell’accreditamento avviato alcuni anni fa in stralci. In programma anche l’adeguamento antisismico dell’edificio principale. Un milione 500 mila euro sono stati stanziati per l’adeguamento alla normativa antincendio che non riguarda solo San Vito, ma anche Spilimbergo. Intervento spalmato su più 9 anni, come anche l’adeguamento dei locali della fisioterapia di San Vito. Sacile. Una quota di investimenti se ne andrà per il nuovo centro di procreazione medicalmente assistita, mentre un milione 600 mila euro sono destinati alla nuova sede del centro salute mentale (si ipotizza alla ex colonia agraria) che potrà operare sulle 24 ore. Territorio. Previsti investimenti anche sul territorio, ovvero adeguamenti per Maniago e Sacile e per le strutture distrettuali. Polemica sul riscaldamento Un termostato regolato sui 26 gradi e un cartello che invita a non abbassare. Si trova all’ospedale di Pordenone e la foto ha suscitato un dibattito sulla pagina Facebook “Sei di Pordenone se...”. Secondo alcuni cittadini, la temperatura in ospedale è troppo alta, con conseguente spreco di energia e di soldi. Coloro che intervengono si dividono tra favorevoli e contrari: per alcuni è troppo, tanto che in alcune stanze si aprirebbero le finestre, per altri è la temperatura giusta. «È chiaro che in ospedale rispetto a casa la temperatura deve essere più elevata – afferma il direttore sanitario della Aas 5 Giorgio Simon –. Dobbiamo pensare che c’è gente in pigiama e che, per visite magari improvvise, i pazienti debbano essere spogliati. Non è pensabile tenere un ospedale a 18 gradi. Non credo che siano 26 gradi, ma qualche grado di più che a casa, sicuramente». Ricorda, infine, che l’ospedale è vecchio e forse per scaldarlo tutto è necessario aumentare l’intensità. SAN QUIRINO Ambulatorio, sindaco furibondo: «Bet lancia accuse senza senso» SAN QUIRINO. Dure le accuse del segretario di Rifondazione comunista Giacomo Bet, altrettanto aspra la risposta del primo cittadino di San Quirino Corrado Della Mattia. Il motivo del contendere è la situazione in cui esercita la dottoressa Laura Da Ronc, medico di famiglia che sostituisce temporaneamente il dottor Mauro Marin, il quale è impegnato in un ruolo dirigenziale in azienda sanitaria. «Bet parla soltanto perché ha la bocca – tuona Della Mattia –. Come sempre, dichiara delle cose in modo approssimativo e disinformato». Nello specifico, Bet lamenta il fatto che «gli ammalati aspettano l’arrivo del medico e l’apertura dell’ambulatorio di primo mattino in piazza al freddo, con un muretto per sedersi. Il problema sembra non interessare sindaco e giunta». Oltre a ciò, l’ambulatorio si trova al primo piano, con due rampe di scale da salire che per gli anziani costituiscono un grosso problema (Bet riferisce anche di tre incidenti). “Giunta e sindaco vanno cacciati anche per la loro indifferenza verso i problemi degli anziani», continua Bet. Ma Della Mattia non sta ad ascoltare. «Mister 11 preferenze, tante quante ha raccolto nell’ultima tornata elettorale – sottolinea il primo cittadino – casca male. Non è così, perché San Quirino è tra i primi comuni in termini di servizi sociali e alla persona. Bet raccoglie qua e là queste provocazioni e spara a zero poco prima delle elezioni». Della Mattia sottolinea inoltre che gli ambulatori medici sono di competenza dei medici stessi e che la dottoressa Da Ronc è una sostituta del dottor Marin, la quale viene pagata da quest’ultimo per il lavoro che effettua nei confronti dei suoi pazienti in sua assenza. «Non mi risulta, inoltre, che l’ambulatorio sia piccolo o disagevole – prosegue il sindaco –. Prima di parlare Bet dovrebbe informarsi e chiedere informazioni all’Azienda sanitaria, non diffondendo notizie che non conosce»”. Sempre legata alla questione medica, Della Mattia accenna anche al progetto di realizzazione del poliambulatorio per la medicina di gruppo, nel quale opererebbero i medici di famiglia del paese. «Giace da tempo in Azienda sanitaria il progetto del poliambulatorio – spiega –. La Regione, laddove i Comuni si dichiarassero favorevoli, aveva dato il benestare alla realizzazione di questi ambulatori. Il suo avvio a San Quirino però è legato al recupero della piazza e, al momento, non ha avuto nessuno sbocco».(l.v.) 10 Lettere OSPEDALE. Cardiologia di Udine reparto eccellente Domenica 20 dicembre 2015: necessito urgentemente di assistenza sanitaria. Arrivo in ospedale e dopo un controllo in accettazione passo direttamente in una delle salette al pronto soccorso del Santa Maria della Misericordia di Udine. Sono in una situazione critica. Prontamente ricevo i primi soccorsi dal dottore di turno con una sua equipe e vengo immediatamente assistito per una prima stabilizzazione. Nel frattempo viene chiamata dal reparto di Cardiologia una dottoressa, una bella signora alta con capelli raccolti dietro la nuca, un volto rassicurante e dalle maniere affabili, uno dei tanti “angeli” che avrò modo di conoscere. Con tono caldo e gentile, molto professionale, mi mette subito in uno stato di tranquillità e serenità che apprezzo moltissimo. Dopo un’ora vengo trasportato in terapia intensiva, sala emergenze, e nuovamente l’angelo biondo interviene con i dovuti e appropriati interventi del caso, fino alla stabilizzazione in sicurezza. Terminata la prima fase vengo spostato in unità coronarica dove rimango per tre giorni in osservazione continua, 24 ore su 24, monitorato e controllato continuamente, nonchè già predisposto a qualsiasi evento potesse accadermi. Vengo assistito da dottori e infermieri con alta professionalità e rassicurante assistenza. Terminata questa seconda fase ed ottenuta una nuova situazione di miglioramento generale, vengo spostato nel reparto di Cardiologia ed ancora per dei piccoli interventi vengo portato al seminterrato, unità emodinamica, dove un’altra equipe fa quanto dovuto in un clima disteso e molto familiare. Terminati gli interventi torno in reparto di Cardiologia fino al termine della degenza ed ancora a congedarmi trovo la gentile signora bionda che ringrazio infinitamente per il trattamento ricevuto ed il ritorno a casa. Questa mia, per testimoniare ed apprezzare il lavoro svolto in questi quattro significativi momenti dove ho potuto vivere di persona assistenza e trattamento encomiabili e poter affermare con cognizione di causa che ho ricevuto il massimo, per cui nutro profonda stima e riconoscenza per la qualità, la professionalità e l’umanità dimostrata da tutti questi “angeli” della salute. Un sentito ringraziamento ai reparti collegati alla Cardiologia ed in particolare a tutto il personale medico e paramedico che quotidianamente si occupa di tanti pazienti bisognosi di assistenza sanitaria: la Cardiologia del Santa Maria della Misericordia di Udine, un’eccellenza fatta di figure altamente professionali con grande carica umana che ridà vita e speranza in questi momenti di criticità. A tutti un sentito, doveroso e riconoscente grazie. Franco Lavaroni 11